Il provvedimento di accertamento dell’inottemperanza all’ordine di demolizione e quello successivo d’acquisizione gratuita delle opere abusive e dell’area di sedime al patrimonio comunale

Consiglio di Stato, sezione sesta, Sentenza 10 settembre 2018, n. 5308.

La massima estrapolata:

Il provvedimento di accertamento dell’inottemperanza all’ordine di demolizione e quello successivo d’acquisizione gratuita delle opere abusive e dell’area di sedime al patrimonio comunale, si giustappongono nel procedimento sanzionatorio in rapporto di consequenzialità all’ingiunzione di demolizione: essendo soggetti a caducazione automatica in caso di annullamento del provvedimento presupposto, non necessitano d’autonoma impugnazione se non per vizi propri.

Sentenza 10 settembre 2018, n. 5308

Data udienza 19 luglio 2018

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale

Sezione Sesta

ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 805 del 2018, proposto dalla s.r.l. Ne., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati An. Pa. e Gi. Pe., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Gi. Pe. in Roma, corso (….);
contro
Il Comune di (omissis), in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Gi. Ag., con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, piazza (…);
per la riforma
della sentenza del T.A.R. per la Campania, Sede di Napoli, Sez. II, n. 5458/2017, con
la quale veniva dichiarato in parte inammissibile ed in parte irricevibile il ricorso n. 2712/2016 proposto per l’annullamento del provvedimento n. 7628/2016, a sua volta di irricevibilità della SCIA n. 7429/2016, relativa al ripristino dello stato dei luoghi, in esecuzione dell’ordinanza di demolizione n. 5/2014 ed in esito alla sentenza del Consiglio di Stato n. 1153/2016, relativamente al mutamento di destinazione d’uso a fini residenziali di talune unità immobiliari afferenti al compendio immobiliare de quo sito alla via Atellana, nonché dell’ordinanza di acquisizione n 5930 del 23 marzo 2015.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di (omissis);
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 19 luglio 2018 il Cons. Oreste Mario Caputo e uditi per le parti l’avvocato Gi. Pe. e l’avvocato Fr. Ma., in delega dell’avvocato Gi. Ag.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. E’ appellata la sentenza del TAR Campania – Sede di Napoli, sez. II, n. 5458/2017, con la quale veniva dichiarato in parte inammissibile ed in parte irricevibile il ricorso n. 2712/2016 presentato dalla s.r.l. Ne. per l’annullamento dell’atto dichiarativo d’irricevibilità della S.C.I.A. prot. n. 7628/2016 e dell’ordinanza di acquisizione n. 5930 del 23 marzo 2015.
2. Negli atti introduttivi si premette che:
– in data 30 luglio 2012 – nel richiamare l’art. 4, comma 7, della legge della Regione Campania n. 19/2009 – la s.r.l. Ne. avanzava l’istanza di permesso di costruire prot. n. 16219, relativa al mutamento di destinazione d’uso di talune unità immobiliari afferenti al compendio immobiliare sito alla via Atellana e, in particolare, alla palazzina uffici assentita con il permesso di costruire n. 57/2003 e la successiva variante n. 4/2004;
– in data 10 maggio 2013, con l’ordinanza di demolizione n. 25/2013, il Comune di (omissis) ingiungeva il ripristino dello stato dei luoghi relativamente al mutamento di destinazione d’uso delle medesime unità immobiliari;
– con il ricorso n. 3328 del 2013, la società impugnava l’ordinanza di demolizione e al contempo richiedeva l’accertamento dell’avvenuta formazione del silenzio assenso sull’istanza di permesso di costruire (prot. n. 16219 del 30 luglio 2012) e la conseguente declaratoria della sussistenza dei presupposti per l’assentibilità dell’intervento edilizio e l’avvio dei lavori;
– con l’ordinanza n. 1409 del 13 settembre 2013, la II sez. del TAR Campania, in accoglimento della domanda cautelare, sospendeva l’efficacia dell’ordinanza di demolizione;
– la società proponeva motivi aggiunti avverso il diniego del permesso di costruire n. 11670 del 1° luglio 2014 e l’ordinanza di demolizione n. 5 del 14 luglio 2014, con la quale l’amministrazione rigettava la domanda di sanatoria;
– il TAR con la sentenza n. 6032 del 2014 respingeva il gravame;
– avverso tale decisione veniva proposto ricorso in appello;
– nelle more del giudizio, in data 23 marzo 2015 l’amministrazione comunale adottava il provvedimento dichiarativo dell’acquisizione del bene al patrimonio comunale, stante l’inottemperanza alle ordinanze di demolizione n. 25/2013 del 10 maggio 2013 e n. 5/2014 del 14 luglio 2014;
– con l’ordinanza n. 1279 del 25 marzo 2015, il Consiglio di Stato sospendeva l’esecutività della sentenza di primo grado;
– con la sentenza n. 1153 depositata in data 21 marzo, 2016 il Consiglio di Stato definiva la controversia, respingendo nel merito il ricorso;
– in data 25 marzo 2016, la società manifestava all’amministrazione l’intenzione di ripristinare la precedente destinazione, riservandosi di presentare una S.C.I.A., effettivamente prodotta in data 30 marzo 2016 (prot. n. 7429);
– il Comune dichiarava irricevibile la S.C.I.A., ritenendo che si era già verificato l’effetto acquisitivo dell’intero cespite in proprio favore;
3. Per l’annullamento del provvedimento e la sospensione cautelare dello stesso, la società proponeva ricorso al TAR Campania.
3.1. Con l’ordinanza n. 1072 del 2016, il Tribunale adito rigettava la domanda cautelare, valutando non sussistenti i relativi presupposti, in specie tenuto conto della mancata impugnazione entro i termini di decadenza dell’ordinanza di acquisizione.
3.2. L’ordinanza del Tar veniva riformata dal Consiglio di Stato con l’ordinanza n. 4603 del 2016, per la gravità del pregiudizio dedotto.
4. Con la sentenza n. 5458 del 2017, il Tar per la Campania rigettava il ricorso, reputandolo, in parte, irricevibile per tardività laddove censurava l’ordinanza di acquisizione e, per l’altra parte – in quanto diretto a far caducare il diniego opposto alla SCIA per il ripristino dello stato dei luoghi – inammissibile per carenza di interesse essendo stato nel frattempo il manufatto acquisito al patrimonio del Comune.
5. Con l’appello in esame, la s.r.l. Ne. ha impugnato la sentenza del TAR, chiedendo in sua riforma il ricorso di primo grado, con i relativi motivi aggiunti.
Il Comune di (omissis) si è costituito in giudizio ed ha chiesto che l’appello sia respinto.
All’udienza del 19 luglio 2018, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

5. Con il primo e secondo motivo d’appello, che in quanto strettamente connessi possono essere trattati congiuntamente, la società lamenta l’erronea applicazione dell’art 31 DPR 380/2001 in ragione dell’inesatta valutazione della portata precettiva dell’ordinanza cautelare del Consiglio di Stato n. 1279/2015, a seguito della quale i giudici di primo grado hanno dichiarato inammissibile il ricorso per mancata tempestiva impugnativa del provvedimento di acquisizione, affermando poi, in via consequenziale, l’improcedibilità dell’impugnativa del diniego di SCIA per carenza del titolo legittimante (proprietà del bene).
5.1. Al fine di superare tale impostazione, l’appellante pone l’accento sul particolare legame intercorrente tra l’ordine di demolizione e il provvedimento di acquisizione, evidenziando come i vizi fatti valere avverso l’ordinanza abbiano effetto caducante rispetto al consequenziale e connesso atto dichiarativo dell’acquisizione.
5.2 Poiché l’atto d’acquisizione, aggiunge l’appellante, non è suscettibile d’autonoma impugnazione se non per vizi propri, non rilevanti nel caso di specie, risulterebbe censurabile la pronuncia di primo grado laddove nega l’autonoma impugnabilità del rigetto della SCIA sulla base della mancata tempestiva impugnativa dell’atto dichiarativo dell’acquisizione.
5.3 Inoltre, osserva ancora la Società, in ragione del nesso intercorrente tra gli atti in questione, anche qualora il giudice respinga nel merito il ricorso, l’accoglimento dell’istanza di sospensione dell’ordine di demolizione non resta privo di effetti, sospendendo il termine perentorio di ottemperanza ed impedendo l’adozione dell’atto d’accertamento dell’inottemperanza, dichiarativo dell’acquisizione.
5.4 L’appellante sottolinea, inoltre, che il provvedimento giurisdizionale sospensivo dell’efficacia dell’ordinanza di demolizione sia ostativo al perfezionarsi dell’effetto acquisitivo automatico anche qualora intervenga – come nel caso di specie – dopo il decorso del termine di 90 giorni dall’ingiunzione.
Proprio in ragione della ponderata valutazione degli interessi in gioco ed alla luce dell’articolata vicenda processuale, nonostante fosse decorso di detto termine, con ordinanza n. 1279/2015, il Consiglio di Stato ha, per l’appunto, sospeso l’esecutività della sentenza appellata.
6. I motivi d’appello sono fondati.
7.1. Il provvedimento di accertamento dell’inottemperanza all’ordine di demolizione e quello successivo d’acquisizione gratuita delle opere abusive e dell’area di sedime al patrimonio comunale, si giustappongono nel procedimento sanzionatorio in rapporto di consequenzialità all’ingiunzione di demolizione: essendo soggetti a caducazione automatica in caso di annullamento del provvedimento presupposto, non necessitano d’autonoma impugnazione se non per vizi propri. Sicché la circostanza che la società appellante non li abbia impugnati tempestivamente non giustifica ipso facto la declaratoria d’inammissibilità del ricorso avverso il diniego di SCIA.
7.2 L’ordinanza cautelare concessa in grado d’appello ha spiegato i suoi effetti, l’amministrazione comunale, all’esito del giudizio di merito, avrebbe dovuto rinnovare l’ingiunzione a demolire o quanto meno assegnare un congruo termine per l’esecuzione.
7.3 In tale senso depone l’analitica ricostruzione della scansione cronologica degli atti del processo.
Il ricorso per motivi aggiunti avverso l’ingiunzione di demolizione n. 5 del 14 luglio 2014 è stato respinto dal TAR con sentenza n. 6032 del 21 novembre 2014.
Avverso la sentenza veniva proposto ricorso in appello, notificato prima dello spirare del termine di 90 giorni per eseguire l’ordinanza di demolizione decorrente dalla data di deposito della sentenza del TAR.
Nondimeno, in pendenza del giudizio d’appello, in data 23 marzo 2015, prima della delibazione della (già proposta e notificata) domanda incidentale cautelare di sospensione degli effetti della sentenza di prime cure, l’amministrazione comunale adottava il provvedimento dichiarativo dell’acquisizione del bene al patrimonio comunale, stante l’inottemperanza all’ordinanza n. 5/2014 del 14 luglio 2014.
Sennonché, con l’ordinanza n. 1279 del 25 marzo 2015, il Consiglio di Stato sospendeva l’esecutività della sentenza di primo grado, nonché l’efficacia dello stesso ordine di demolizione (definendo poi il giudizio con la sentenza n. 1153, depositata in data 21 marzo, 2016 di reiezione dell’appello).
A distanza di quattro giorni dal deposito della sentenza, il 25 marzo 2016, la società manifestava all’amministrazione l’intenzione di ripristinare la precedente destinazione, riservandosi di presentare una S.C.I.A., effettivamente prodotta in data 30 marzo 2016.
7.5 Sicché per effetto della richiamata scansione temporale, considerata sulla base degli effetti della sopra richiamata ordinanza di sospensione degli effetti dell’ordinanza di demolizione e alla luce dei principii di effettività della tutela e della garanzia che il decorso e la durata del processo non debbano riflettersi in danno degli interessi dedotti in giudizio (cfr., art. 111 Cost. e art. 1, commi 1° e 2°, c.p.a.), gli atti processuali si sono succeduti senza soluzione di continuità per un lasso di tempo inferiore al termine di 90 giorni per l’esecuzione dell’ordinanza di demolizione.
Di conseguenza, il presupposto stesso dell’acquisizione al patrimonio della res abusiva, vale a dire la volontaria inottemperanza all’ordinanza di demolizione oltre il termine di 90 giorni dalla comunicazione, non s’è affatto verificato.
7.3 Di fatto, il Comune, oltre a non indicare un nuovo termine, ha dichiarato improcedibile la SCIA presentata per l’esecuzione della sentenza di appello, senza tenere conto del contenuto della sopra richiamata ordinanza cautelare (sia pure poi caducata a seguito del rigetto dell’appello), che ha comportato un legittimo affidamento dell’appellante sulla sospensione degli effetti dell’ordine di demolizione.
7.4 Di pari passo, la decisione di prime cure non pondera correttamente le peculiarità della vicenda processuale in esame.
7.5 Pur richiamando, di per sé correttamente, la regola fondamentale per la quale per effetto del decorso del termine di novanta giorni, decorrente dall’ingiunzione si verifica senz’altro ex lege l’effetto acquisitivo, il TAR ha ritenuto che tale effetto si sia verificato in considerazione dalla data di adozione dell’ordinanza cautelare del Consiglio di Stato, senza rilevare come tale ordinanza abbia fatto venir meno, sia pure provvisoriamente, l’efficacia dell’ordine di demolizione, così consentendo alla interessata di porre in essere le iniziative conseguenti a tale misura.
7.6 Il Comune non ha dunque fissato il nuovo termine entro il quale si sarebbe potuto dare adempimento all’ordinanza di demolizione – sospesa nelle more del giudizio – (ri)tornata efficace (e da considerare inoppugnabile in questa sede), in ragione della definizione del giudizio e del processo,.
7.7 La società Ne., confidando negli effetti spiegati dall’ordinanza di sospensione cautelare, non appena conosciuta la statuizione nel merito, ai fini della reductioad legitimitatem del fabbricato, ha presentato apposita SCIA, che è stata respinta dal Comune, con un atto che l’ha privata della possibilità di evitare la sanzione acqusitiva.
7.9 Tale atto, nel considerare non rilevante la SCIA proposta dalla società all’esito del precedente giudizio, è stato dunque emesso senza il previo effettivo accertamento, richiesto dalla norma, della volontaria inottemperanza protrattasi ininterrottamente per novanta giorni dall’ingiunzione, in assenza di un idoneo impedimento di diritto o di fatto alla demolizione delle opere nell’anzidetto termine.
8. L’accoglimento dei motivi d’appello proposti in via principale consentono d’assorbire le residue censure proposte in via subordinata, ossia i motivi che deducono la sussistenza dei presupposti di ammissibilità del beneficio della remissione in termini per errore scusabile di cui all’art. 37 c.p.a.; la violazione dell’art 145 c.p.c. e dei principi in tema di notificazione degli atti amministrativi, sostenendo che l’ordinanza di acquisizione non sia mai stata ritualmente notificata; ed infine la violazione della L.241/90 e dell’art. 31 DPR 380/2001.
9. Conclusivamente l’appello è fondato e, per l’effetto, in riforma dell’appellata sentenza, il ricorso di prime cure deve essere accolto, con annullamento del provvedimento n. 7628 del 2016.
10. La novità delle questioni dedotte in giudizio e i fatti che hanno condotto alla sua proposizione giustificano la compensazione delle spese di lite del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sull’appello n. 805 del 2018, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, in riforma della sentenza impugnata, annulla il provvedimento n. 7628 del 2016.
Spese del doppio grado compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 19 luglio 2018, con l’intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti – Presidente
Silvestro Maria Russo – Consigliere
Marco Buricelli – Consigliere
Oreste Mario Caputo – Consigliere, Estensore
Dario Simeoli – Consigliere

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