Il requisito relativo all’obbligo di iscrizione del mediatore nei ruoli tenuti presso le camere di commercio

Corte di Cassazione, civile, Sentenza|9 febbraio 2023| n. 4019.

Il requisito relativo all’obbligo di iscrizione del mediatore nei ruoli tenuti presso le camere di commercio

Il requisito relativo all’obbligo di iscrizione del mediatore nei ruoli tenuti presso le camere di commercio è sottratto al principio di non contestazione, in quanto discendente da norma imperativa e al divieto di “ius novorum” in appello, essendo il contratto che ne sia sprovvisto affetto da nullità rilevabile d’ufficio.

Sentenza|9 febbraio 2023| n. 4019. Il requisito relativo all’obbligo di iscrizione del mediatore nei ruoli tenuti presso le camere di commercio

Data udienza 25 maggio 2022

Integrale

Tag/parola chiave: Mediazione – Compravendita immobiliare – Mediatore – Professione – Legge 39/1989 – Iscrizione nel relativo ruolo – Difetto – Sanzioni

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente

Dott. PAPA Patrizia – Consigliere

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere

Dott. MAURO Criscuolo – Consigliere

Dott. CAPONI Remo – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
Sul ricorso iscritto al n. 29775/2019, proposto da:
(OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avv. (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avv. (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avv. (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 343/2019 della CORTE DI APPELLO DELL’AQUILA, pubblicata il 26/2/2019;
Udita la relazione del cons. Dr. (OMISSIS) nella camera di consiglio del 25/5/2022;
lette le conclusioni del P.M., nella persona del Sostituto Procuratore Generale Dr. DELL’ERBA ROSA MARIA, che ha concluso per l’accoglimento del primo motivo di ricorso, l’inammissibilita’ del secondo motivo e l’assorbimento degli altri motivi.

 

Il requisito relativo all’obbligo di iscrizione del mediatore nei ruoli tenuti presso le camere di commercio

FATTI DI CAUSA

(OMISSIS) impugna in cassazione la sentenza che, in accoglimento dell’appello di (OMISSIS), titolare dello “Studio Immobiliare (OMISSIS)”, lo ha condannato al pagamento di 20,130,00 Euro di provvigioni per attivita’ di mediazione nella compravendita di un immobile di proprieta’ di (OMISSIS). A tal fine, per quanto rileva ancora in questa sede, (OMISSIS) lo aveva convenuto in giudizio dinanzi al Tribunale di Lanciano, allegando che l’affare non si era concluso per non avere (OMISSIS) dato seguito alla proposta d’acquisto da lui sottoscritta, gia’ accettata dal venditore. Nel costituirsi in giudizio, (OMISSIS) formulo’ una serie di difese, tra le quali si rivelo’ vincente quella dedotta in sede di precisazione delle conclusioni, ove egli eccepi’ il difetto di iscrizione dell’attore all’albo professionale dei mediatori tenuto dalla Camera di Commercio, come requisito del diritto alla provvigione. Infatti, il processo di primo grado si concluse con una sentenza di rigetto, a causa della mancanza di prova della iscrizione dell’attore nel ruolo dei mediatori. Inoltre, il tribunale affermo’ che comunque l’affare non si era concluso, senza che cio’ fosse addebitabile al convenuto.
In appello (OMISSIS) ha depositato una registrazione camerale relativa alla sua attivita’ di mediatore, ha eccepito che tale iscrizione era stata contestata tardivamente, ha censurato che l’accettazione della proposta di acquisto fosse stata ritenuta tardiva ed ha ottenuto pertanto la riforma integrale della sentenza di primo grado.
Il ricorso in cassazione e’ affidato a sei motivi, illustrati da memoria. Resiste (OMISSIS) con controricorso, parimenti illustrato da memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1. – Con il primo motivo, proposto ex articolo 360 c.p.c., n. 3, si deduce violazione e/o falsa applicazione degli articoli 115 e 167 c.p.c., articolo 1755 c.c. e L. n. 39 del 1989, articolo 6, per avere la Corte di appello ritenuto inammissibile, in quanto tardivamente proposta nella comparsa conclusionale in primo grado, l’eccezione di mancata prova dell’iscrizione del mediatore nel relativo albo professionale.
1.2. – Il motivo e’ fondato. Struttura, finalita’ e singole disposizioni della L. n. 39 del 1989 (che ha modificato la L. n. 253 del 1958, concernente la disciplina della professione di mediatore) rivelano che l’obbligo legislativo di iscrizione del mediatore nei ruoli tenuti presso le camere di commercio discende da norma imperativa, non derogabile dalla volonta’ delle parti (cosi’ come argomentato anche dal P.M. nelle sue conclusioni). Il contratto di mediazione stipulato in assenza di tale requisito e’ affetto da nullita’ che, in quanto tale, sul piano processuale, e’ rilevabile d’ufficio da parte del giudice (cosi’, Cass. 17478/2020 secondo cui l’eccezione di nullita’ del contratto di mediazione per difetto di iscrizione e’ eccezione in senso lato, quindi non soggetta al divieto di ius novorum in appello ex articolo 345 c.p.c.).
Conferma legislativa di tale imperativita’ si desume in particolare, oltre che dalla L. n. 39 del 1989, articolo 8 9, che assoggetta a pesante sanzione amministrativa chi eserciti attivita’ di mediazione senza essere iscritto nel relativo ruolo, dalla L. n. 39 del 1989, articolo 6, comma 1, ove si dispone che abbiano “diritto alla provvigione soltanto coloro che sono iscritti nei ruoli”.

 

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Sotto questi profili, nulla e’ mutato dopo il Decreto Legislativo n. 59 del 2010, relativo ai servizi nel mercato interno. Nel sopprimere il ruolo dei mediatori, l’articolo 73 Decreto Legislativo cit. non ha infatti abrogato la L. n. 39 del 1989 ma si e’ limitato a disporre che: (a) i servizi di intermediazione commerciale e di affari siano soggetti a dichiarazione di inizio di attivita’, corredata da certificazioni attestanti il possesso dei requisiti prescritti, da presentare alla camera di commercio; (b) i richiami al ruolo dei mediatori contenuti nella L. n. 39 del 1989 si intendano riferiti alle iscrizioni nel registro delle imprese o nel repertorio delle notizie economiche e amministrative (REA). In questo senso, nella giurisprudenza di questa Corte, cfr. Cass. 3862/2015, 16147/2010.
Sotto il profilo squisitamente processuale, cio’ comporta che, rispetto al diritto alla provvigione, l’iscrizione del mediatore nei registri tenuti presso le camere di commercio e’ fatto costitutivo rilevabile d’ufficio e implica anche che, in punto di prova, trattandosi di norma imperativa, non possa operare il principio di non contestazione ex articolo 115 c.p.c., comma 1, u.p.. Cio’ e’ stato specificamente segnalato anche dal P.M. nelle sue conclusioni.
Pertanto, da un lato, e’ onere del mediatore, ove proponga domanda di pagamento della provvigione, provare l’iscrizione presso la camera di commercio. Dall’altro lato – si ripete – il difetto di prova di tale requisito e’ fonte di nullita’ del contratto di mediazione, rilevabile d’ufficio anche in appello, pure in assenza di contestazione ad opera della controparte (beninteso: entro i limiti segnati dalla formazione progressiva del giudicato).
1.3. – Nel sancire viceversa l’operativita’ del principio di non contestazione, la sentenza impugnata invoca il precedente di Cass. 1568/2013. Il precedente di questa Corte muove dall’affermazione che l’eccezione di nullita’ del contratto di mediazione per mancata iscrizione del mediatore nei registri tenuti presso le camere di commercio e’ eccezione in senso lato, rilevabile d’ufficio dal giudice, in grado di appello non soggetta al divieto di ius novorum ex articolo 345 c.p.c..
Senonche’, quando si sposta sul piano dei profili probatori, Cass. 1568/2013 svolge un discorso che non si mostra pienamente coerente con tali premesse. Lo si riporta per chiarezza nel capoverso seguente.
“Anche in materia di mediazione, relativamente al requisito dell’iscrizione al ruolo dei mediatori, si puo’ affermare che opera il principio della non contestazione. Nella specie i ricorrenti hanno eccepito la mancanza del requisito (…) solo nella comparsa conclusionale del giudizio di appello, non assolvendo all’onere di prendere posizione sui fatti costitutivi del processo come imposto dall’articolo 167 c.p.c., in vista anche del sistema delle preclusioni, il quale comporta per le parti l’onere di collaborare al fine di circoscrivere la materia controversa, e sia per il principio di economia, che deve informare il processo, alla stregua dell’articolo 111 Cost.. Di conseguenza l’atteggiamento difensivo protrattosi per due gradi di giudizio elimina il fatto dall’ambito degli accertamenti richiesti. (…) In conclusione (…) opera il principio della non contestazione, comportamento univocamente rilevante ai fini della determinazione dell’oggetto del giudizio, con effetti vincolanti per il giudice, che dovra’ astenersi da qualsivoglia controllo probatorio del fatto non contestato acquisito al materiale processuale e dovra’, percio’, ritenerlo sussistente, in quanto l’atteggiamento difensivo delle parti espunge il fatto stesso dall’ambito degli accertamenti richiesti” (cosi’, Cass. 1568/2013, paragrafi n. 7 e 8).

 

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1.4. – Il Collegio non condivide l’argomentazione di Cass. 1568/2013, riportata nell’ultimo capoverso del paragrafo precedente. Infatti, essa non e’ agevolmente conciliabile con Cass. SU 761/2002, che domina ancora oggi il tema del principio di non contestazione. Per quanto qui interessa, le Sezioni Unite hanno riferito l’ambito di operativita’ del principio di non contestazione ai “fatti giuridici costitutivi della fattispecie non conoscibili di ufficio, ovvero a circostanze dalla cui prova si puo’ inferire l’esistenza di codesti fatti”. Riferiscono cioe’ tale ambito ai fatti principali, la cui rilevanza giuridica (costitutiva, modificativa, impeditiva o estintiva del diritto dedotto in giudizio) sia rilevabile solo ad istanza di parte ovvero a fatti che, rispetto a codesti, siano qualificabili come secondari. Sebbene le Sezioni Unite si guardino dall’aggiungere che il principio di non contestazione operi esclusivamente con riferimento a tali fatti (potendo in effetti operare anche con riferimento a fatti rilevanti ipso iure, come ad esempio un modo di acquisto della proprieta’ oppure l’adempimento dell’obbligazione) e’ parimenti evidente, su altro versante, che la rigorosa impostazione di Cass. SU 761/2002 rechi con se’ che la cognizione giudiziale di fatti qualificati da una norma imperativa – come quella di cui al caso di specie – non possa essere coperta dal principio di non contestazione.
1.5. – Delle due l’una: una norma e’ imperativa o non lo e’. Se e’ imperativa, come sul piano sostanziale non e’ derogabile dalla volonta’ delle parti, cosi’ sul piano processuale i fatti cui la norma imperativa conferisce rilevanza giuridica non possono essere esclusi dal novero di quelli bisognosi di prova perche’ non sono stati contestati. E quand’anche – come sembra peraltro preferibile – si fondi il principio di non contestazione non gia’ sul principio dispositivo come proiezione processuale dell’autonomia privata delle parti, bensi’ sul principio di efficienza (in termini di economia e risparmio di attivita’ processuali), il rispetto di norme imperative non puo’ essere sacrificato sull’altare dell’economia e dell’efficienza processuale. Non puo’ darsi una “violazione efficiente” di norme imperative.
1.6. – Cosi’ non possono essere condivise nemmeno quelle pronunce successive che, prevalentemente sulla scia di Cass. 1568/2013, ma per lo piu’ in modo tralatizio e superfluo rispetto al caso di specie di volta in volta sotteso, invocano l’operativita’ del principio di non contestazione sul punto relativo all’iscrizione del mediatore nei registri presso le camere di commercio.
Sotto questo profilo esemplare e’ Cass. 20556/2021, ove si e’ (correttamente) esordito statuendo (in linea con Cass. 26292/2007) che l’onere della prova dell’iscrizione puo’ ben essere assolto anche per presunzioni, in particolare – come accaduto in modo risolutivo in quel caso di specie – mediante allegazione del fatto secondario del numero d’iscrizione nel ruolo degli agenti di affari in mediazione tenuto dalle camere di commercio. Tuttavia, la sentenza richiama poi – senza che esso sia rilevante in quel caso – il principio di non contestazione. Purtroppo, tale pronuncia – al pari di altre – si trova frequentemente massimata in modo incongruo su questo obiter dictum, piuttosto che sulla ratio decidendi che le e’ propria. Parimenti, Cass. 14971/2022 richiama l’operativita’ della non contestazione in un caso in cui cio’ non era necessario, poiche’ il cliente aveva contestato il difetto di iscrizione nella comparsa di costituzione in appello, ma il giudice aveva omesso di pronunciarsi sulla contestazione. Inoltre, Cass. 12653/2020 richiama l’operativita’ della non contestazione in una fattispecie in cui l’iscrizione del mediatore nei ruoli camerali era stata depositata gia’ in primo grado. Infine, nello stesso senso, cfr. Cass. 25319/2019.
1.7. – Viceversa, per l’impostazione che discende da Cass. SU 761/2002, qui accolta, v., in modo molto chiaro, Cass. 3862/2015, cit.: “Da un lato (…) e’ onere dell’attore, ove proponga domanda per il pagamento della provvigione (…), dimostrare di essere iscritto nel ruolo degli agenti di affari in mediazione; dall’altro, (…) rientra tra i doveri del giudice, prima di accogliere una domanda, verificare anche ex officio e in assenza di qualsiasi contestazione della controparte, la ricorrenza della ricordata condizione, assente la quale la domanda attrice non puo’ che essere rigettata”. Identicamente, in questo senso, cfr. Cass. 14076/2002, Cass. 20749/2004, Cass. 5953/2005, Cass. 11539/2013. Piu’ recentemente, ancora in questo senso, cfr. Cass. 10911/2021, che ha confermato una decisione della corte d’appello che aveva rilevato il difetto di iscrizione pur in assenza di contestazione della controparte sul punto. Fermo resta in capo al giudice di merito, si badi, l’apprezzamento sulla idoneita’ della prova offerta a dimostrare l’iscrizione, idoneita’ alla quale a volte afferisce, in caso di documentazione parziale, incerta o ambigua, il rilievo dato alla mancanza di specifici rilievi sul punto.

 

Il requisito relativo all’obbligo di iscrizione del mediatore nei ruoli tenuti presso le camere di commercio

1.8. – In conclusione, il primo motivo e’ accolto. In altri termini, poiche’ non opera il principio di non contestazione con riferimento all’iscrizione del mediatore nel relativo albo professionale, l’eccezione di difetto di prova di tale requisito, pur proposta per la prima volta nella comparsa conclusionale in primo grado, anche solo quale sollecitazione a verificare d’ufficio la sussistenza del requisito, va esaminata.
2. – Con il secondo motivo, proposto ex articolo 360 c.p.c., n. 4, si deduce la violazione dell’articolo 345 c.p.c., comma 3 e articolo 2697 c.c., per avere la Corte di appello posto a fondamento della propria decisione la visura camerale prodotta dall’appellante per la prima volta con l’atto di appello.
Il motivo e’ da dichiarare inammissibile, poiche’ non bersaglia la ratio decidendi. Come si desume dall’esame del primo motivo, la Corte d’appello ha (seppure erroneamente) posto a fondamento della propria pronuncia, sulla questione della iscrizione del mediatore nei registri camerali, la non contestazione da parte del cliente protrattasi in primo grado fino al deposito della comparsa conclusionale, non gia’ la visura camerale depositata in appello.
Peraltro, la questione dell’applicabilita’ dell’articolo 345 c.p.c., comma 3 con riferimento alla visura camerale prodotta in appello da (OMISSIS) e’ destinata ad acquisire rilevanza a seguito dell’accoglimento del primo motivo di ricorso.
A tale proposito, il giudice di merito dovra’ considerare se non vi siano i presupposti per concedere la rimessione in termini in appello nella produzione di tale documentazione, perche’ il giudice di primo grado ha omesso di rilevare d’ufficio ex articolo 183 c.p.c., comma 4 la questione relativa all’iscrizione del mediatore nei ruoli della camera di commercio e cio’ avrebbe sollecitato l’attore a produrre la relativa documentazione tempestivamente rispetto al maturare delle preclusioni collegate alla chiusura della fase introduttiva del processo.
In conclusione, il secondo motivo e’ inammissibile.
3. – Con il terzo motivo, proposto ex articolo 360 c.p.c., n. 3, si deduce la violazione degli articoli 1326, 1335, 1392 e 1393 c.c. per avere la Corte di appello ritenuto perfezionato l’accordo fra le parti pur in mancanza della forma scritta dell’accettazione della proposta d’acquisto.
Il terzo motivo e’ infondato. Secondo gli accertamenti compiuti dalla Corte di appello, il mediatore ha comunicato al proponente entro la scadenza, prima oralmente e poi per telegramma, l’accettazione della proposta di acquisto da parte del venditore. La Corte ritiene perfezionato il contratto, (o meglio, per quanto qui interessa, concluso l’affare), invocando Cass. 25923/2014, secondo cui il contratto e’ concluso nel momento in cui chi ha fatto la proposta ha conoscenza dell’accettazione dell’altra parte (articolo 1326 c.c., comma 1), senza che sia necessario che il documento recante l’accettazione sia trasmesso al proponente.
Parte ricorrente si duole innanzitutto che gli articoli 1326 e 1335 c.c. non siano stati messi in relazione con l’articolo 1392 c.c. (forma della procura) e articolo 1393 c.c. (giustificazione dei poteri del rappresentato), ma il rilievo non coglie nel segno, poiche’ l’intermediario ha operato come nuncius, non come rappresentante. L’attribuzione a un soggetto della qualita’ di nuncius puo’ desumersi anche da un comportamento concludente, fermo rimanendo che la volonta’ che il nuncius e’ incaricato di trasmettere oralmente rivesta gia’ una forma scritta (al momento della trasmissione) per essere valida, laddove tale requisito – come in questo caso – sia previsto dalla legge. Questo e’ il senso dello “sveltimento” che Cass. 25923/2014 ha adottato nello sganciare le modalita’ della “conoscenza” ex articolo 1326, comma 1 c.c. dalla necessaria trasmissione del documento scritto recante l’accettazione.
Parte ricorrente nega la congruita’ del rinvio a tale precedente, attraverso un distinguishing che fa segno alla circostanza che nel caso sotteso a Cass. 25923/2014: “Le parti avevano espressamente previsto nella proposta irrevocabile di acquisto che l’accettazione della stessa avrebbe potuto essere trasmessa dall’intermediario”.
Si tratta tuttavia di una circostanza accidentale rispetto al contenuto della decisione, ove si ponga mente alla seguente, ampia, ratio decidendi di Cass. 25923/2014: “Appare decisiva in proposito la formulazione dell’articolo 1326 c.c., comma 1 in base al quale se il contratto e’ concluso nel momento in cui chi ha fatto la proposta ha “conoscenza” dell’accettazione dell’altra parte e tale conoscenza si puo’ realizzare anche senza la sua (id est: dell’accettazione) trasmissione al proponente. Se il legislatore avesse ritenuto indispensabile tale ultima circostanza, la previsione della “conoscenza”, di cui all’articolo 1326 c.c., comma 1 sarebbe superflua, in quanto inutile ripetizione dell’articolo 1335 c.c.. Cio’ porta a ritenere che l’articolo 1326 c.c., comma 1 deroga in parte all’articolo 1335 c.c., nel senso che, fermo restando che l’accettazione, ove diretta al proponente si reputa conosciuta nel momento cui giunge all’indirizzo del destinatario, se questi non prova di essere stato, senza sua colpa, nell’impossibilita’ di averne notizia, il contratto si deve ritenere ugualmente concluso quando, pur non essendo stata l’accettazione indirizzata al proponente, questi ne abbia comunque avuto conoscenza”. Pertanto, Cass. 25923/2014 ben si presta a proteggere la ratio decidendi della sentenza impugnata, che resiste quindi alle censure della parte ricorrente.

 

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Ne’, infine, aiuta l’ultimo passaggio del motivo, ove la parte ricorrente scrive: “All’opposto, nel caso che ci occupa, l’ultimo giorno utile per l’accettazione il (OMISSIS) (sprovvisto di procura) si presentava dall’ (OMISSIS) per comunicare verbalmente l’avvenuta accettazione verbale del (OMISSIS)”. In disparte l’irrilevante cenno al difetto di procura, tale affermazione non coincide con la ricostruzione dei fatti compiuta nella sentenza impugnata (cfr. p. 3, primo capoverso, di cui si e’ riassunto il contenuto al secondo capoverso di questo paragrafo).
In conclusione, il terzo motivo e’ rigettato.
4. – Con il quarto motivo, proposto ex articolo 360 c.p.c., n. 4, si deduce violazione degli articoli 112 e 115 c.p.c., articoli 1353 e 1358 c.c. per avere la Corte di appello omesso di pronunciarsi sul mancato avveramento della condizione sospensiva prevista nella proposta di acquisto.
Il motivo e’ fondato. La proposta di acquisto, dopo aver indicato il prezzo, prevede che esso sia pagato in parte attraverso l’accollo del mutuo ipotecario della Banca Unicredit, la quale pero’ nego’ l’accollo all’ (OMISSIS), precisando che in ogni caso le condizioni sarebbero state piu’ gravose rispetto a quelle in essere. A causa del diniego, (OMISSIS) allega di non essere stato in condizione di corrispondere il prezzo. Egli ritiene che l’accollo previsto nella proposta presupponga l’avverarsi di una condizione sospensiva, data dall’adesione della banca, come indicato dalla citazione dell’articolo 1358 c.c. (“Il prezzo offerto (…) s’intende corrisposto a corpo e non a misura, con riferimento all’articolo 1358 c.c. e sara’ corrisposto come segue. 1) accollo mutuo ipotecario della Banca Unicredit (…)”). Egli allega inoltre che tale interpretazione non e’ stata contestata da (OMISSIS). Nel controricorso, questi replica invece che si tratti di una mera modalita’ di pagamento e che, in ogni caso, la mancata adesione della banca dipenda da scarsa credibilita’ bancaria di (OMISSIS).
Da un accesso alla comparsa di costituzione e risposta in appello di (OMISSIS) (p. 14-16) si desume che e’ fondata ex articolo 112 c.p.c. la censura di omessa pronuncia sull’interpretazione dei profili della proposta di acquisto teste’ riassunti e controversi. Nella sentenza impugnata non vi e’ alcuna traccia di risposta sul punto, che quindi e’ da affidare al giudice di rinvio.
In questo senso, il quarto motivo e’ accolto.
5. – Con il quinto motivo, proposto ex articolo 360 c.p.c., n. 4, si deduce violazione degli articoli 112 e 115 c.p.c., articolo 1755 c.c. e L. n. 39 del 1989, articolo 6 per avere la Corte di appello omesso di pronunciarsi sull’impiego del criterio equitativo per la quantificazione della provvigione, in mancanza di accordo delle parti e di allegazione e prova di usi.
Il motivo e’ fondato. La parte ricorrente si duole di essere stata condannata al pagamento della provvigione nella misura del 3% del prezzo di acquisto come richiesto da (OMISSIS), senza che la Corte di appello si sia pronunciata sulla contrapposta richiesta da parte sua di quantificare la provvigione in via equitativa, in mancanza di accordo delle parti e di usi. La parte controricorrente obietta di aver prodotto nel giudizio di primo grado uno stralcio della raccolta degli usi della provincia di Chieti, tenuta dalla locale Camera di commercio. (OMISSIS) replica che tale stralcio nulla specifica in materia di mediazione nella compravendita di immobili ad uso abitativo.
Da un accesso alla comparsa di costituzione e risposta in appello di (OMISSIS) (p. 16-17) si desume che e’ fondata ex articolo 112 c.p.c. la censura di omessa pronuncia sull’impiego del criterio equitativo per la quantificazione della provvigione. Nella sentenza impugnata non vi e’ alcuna traccia di risposta sul punto, che quindi e’ da affidare al giudice di rinvio.
In questo senso, il quinto motivo e’ accolto.
6. – Con il sesto motivo, proposto ex articolo 360 c.p.c., n. 5, si deduce omesso esame di un fatto decisivo e controverso, e cioe’ le mutate condizioni di vendita dell’immobile, in relazione agli articoli 244, 245 e 345 c.p.c., articoli 1329 e 1362 c.c..
La parte ricorrente osserva che e’ stato oggetto di dibattito, in entrambi i gradi, l’incidenza da assegnare all’allegazione di mutate condizioni di vendita dell’immobile (con particolare riferimento alla richiesta di un corrispettivo di 650.000 Euro da parte di (OMISSIS)) sull’efficacia della proposta di acquisto.
Da un accesso alla comparsa di costituzione e risposta in appello di (OMISSIS) (p. 12-14), si desume che tale censura e’ fondata. Nella sentenza impugnata non si rinviene alcuna traccia di statuizione sull’incidenza da assegnare all’allegazione relativa alle mutate condizioni di vendita sull’efficacia della proposta di acquisto. Anche tale profilo e’ da affidare al giudice di rinvio.
In questo senso, il sesto motivo e’ accolto.
7. – In relazione all’accoglimento del primo motivo di ricorso, il Collegio enuncia i seguenti principi di diritto:
“Discendendo l’obbligo di iscrizione del mediatore nei ruoli tenuti presso le camere di commercio da norma imperativa, rispetto a tale requisito non opera il principio di non contestazione.
Il contratto di mediazione stipulato in assenza di tale requisito e’ affetto da nullita’ rilevabile d’ufficio da parte del giudice e quindi non soggetta al divieto di ius novorum in appello”.
8. – In conclusione, il ricorso e’ accolto nei motivi indicati in dispositivo e nei sensi indicati in motivazione; la sentenza impugnata e’ cassata con rinvio, in relazione ai motivi accolti.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo, quarto, quinto e sesto motivo di ricorso, nei sensi di cui in motivazione; dichiara inammissibile il secondo motivo; rigetta il terzo motivo; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa alla Corte d’appello dell’Aquila in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimita’.

 

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