In caso di condotte colpose indipendenti

Corte di Cassazione, penale, Sentenza|28 aprile 2021| n. 16132.

In caso di condotte colpose indipendenti, non può invocare il principio di affidamento l’agente che non abbia osservato una regola precauzionale su cui si innesti l’altrui condotta colposa, poiché la sua responsabilità persiste in base al principio di equivalenza delle cause, salva l’affermazione dell’efficacia esclusiva della causa sopravvenuta, che presenti il carattere di eccezionalità e imprevedibilità (fattispecie in cui, ravvisato il reato di lesioni colpose in danno di una paziente, a carico di un’infermiera cui si addebitava di non averla assistita adeguatamente e con la dovuta cura ed attenzione, la Corte ha condiviso il ragionamento del giudice di merito, che aveva escluso rilievo esimente alle pur esistenti, acclarate gravi carenze strutturali della struttura di ricovero).

Sentenza|28 aprile 2021| n. 16132

Data udienza 29 gennaio 2021

Integrale

Tag – parola chiave: Lesioni colpose – Articoli 113 e 590 cp – Condanna – Presupposti – Articoli 40 e 41 cp – Nesso di causa – Articoli 192 e 546 cpp – Elementi probatori – Valutazione del giudice di merito – Criteri – Insindacabilità

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SERRAO Eugenia – Presidente

Dott. BELLINI Ugo – Consigliere

Dott. RANALDI Alessandro – Consigliere

Dott. PAVICH Giuseppe – Consigliere

Dott. DAWAN Daniela – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 24/01/2019 della CORTE APPELLO di GENOVA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. DANIELA DAWAN;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott. TASSONE Kate, che ha concluso chiedendo annullamento senza rinvio per essere il reato estinto per prescrizione.

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di appello di Genova ha confermato la sentenza del Tribunale di Massa che dichiarava (OMISSIS) e (OMISSIS) responsabili del reato di cui agli articoli 113 e 590 c.p., perche’ la prima (unitamente a (OMISSIS), non ricorrente), in qualita’ di infermiera professionale e la seconda, in qualita’ di operatrice sanitaria, tutte in servizio presso la (OMISSIS) RSA (sita in (OMISSIS)), per colpa, consistita in negligenza, imprudenza ed imperizia, non accudendo con attenzione e cura (OMISSIS), di anni 89, ospite della struttura e, comunque non avvedendosi delle ingravescenti condizioni generali di salute della donna ed omettendo le dovute informazioni al medico o ai responsabili della struttura residenziale ovvero al medico di fiducia dell’ (OMISSIS), le cagionavano lesioni personali gravi, costituite da stato di incoscienza, dispersione di urina, edemi declivi, ulcere da decubito con aree necrotiche, grave compromissione della pressione arteriosa, grave ipernatremia con disidratazione, infezione delle vie urinarie con ematuria e piuria, condizioni che esponevano a pericolo la vita della persona offesa (accettato in (OMISSIS)).
2. Nella querela, sporta dal figlio della persona offesa, si rappresentava che questa, in buone condizioni di salute prima del ricovero presso la predetta Residenza per Anziani, aveva subito un progressivo, palese, peggioramento, apparendo sempre piu’ assente, con evidente gonfiore alle gambe, nonche’ in pessime condizioni igienico-sanitarie, al punto che, in data (OMISSIS), il figlio recatosi presso l’anzidetta struttura, la trovava distesa sul letto e in coma; il personale gli riferiva che la madre sarebbe morta di li’ a poco. Gli accertamenti medici effettuati al Pronto Soccorso, ove la donna veniva trasportata per volere del figlio, rilevavano lo stato piu’ sopra richiamato.
3. Avverso la sentenza di appello ricorrono le imputate, a mezzo dei rispettivi difensori.
2.1. Nell’interesse della (OMISSIS), si sollevano due motivi con entrambi i quali si deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli articoli 113, 40, 41 e 590 c.p. e articoli 192 c.p.p. e ss. Il peggioramento delle condizioni di salute della signora (OMISSIS) e’ avvenuto in maniera repentina ed imprevedibile. L’imputata non aveva mai ricevuto segnalazioni da parte delle RSA al riguardo della persona offesa, atteso che non era suo compito occuparsi di spogliarla, lavarla e cambiarla. Il giudice di appello non ha adeguatamente valutato le ricadute della cattiva gestione della RSA; la carenza organizzativa in cui versava la struttura costituisce un’esimente per il sanitario che si trovi ad operare in assenza di strumenti e direttive, considerato altresi’ che l’imputata doveva gestire, insieme a sole altre due infermiere, ben 41 pazienti.
2.2. Il ricorso dell’imputata (OMISSIS) consta di un solo motivo con cui si deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli articolo 113, 40, 41, 42, 590 c.p. e articolo 192 c.p.p., articolo 546 c.p.p., comma 1, lettera e); insussistenza dell’elemento oggettivo e soggettivo del reato; contraddittorieta’ e illogicita’ della motivazione. La Corte territoriale non ha adeguatamente considerato la gravissima situazione di carenza di organico in cui l’imputata si trovava ad operare. Non corrisponde al vero che le condizioni della persona offesa si siano progressivamente aggravate nel corso dei venti giorni di ricovero presso la struttura sanitaria, posto che dalle stesse dichiarazioni della nuora della donna si evinceva che non era cosi’ evidente il progressivo peggioramento delle sue condizioni. Al momento dell’ingresso della (OMISSIS) nella RSA non era stato affatto prescritto un piano di mobilizzazione della degente. La motivazione non rispetta i principi del ragionamento probatorio di cui all’articolo 192 c.p.p., comma 1 e articolo 546 c.p.p., comma 1, lettera e), non essendosi la Corte territoriale domandata se, nel caso concreto, poteva esigersi dall’imputata il rispetto della regola cautelare idonea ad evitare l’evento.

CONSIDERATO IN DIRITTO

 

1. I ricorsi sono inammissibili.
2. Entrambi, infatti, sviluppano generiche valutazioni in fatto, precluse in quanto tali al vaglio di legittimita’, le quali, peraltro, sono anche manifestamente infondate. Occorre ricordare che contenuto essenziale dell’atto di impugnazione e’, innanzitutto e indefettibilmente, il confronto puntuale (cioe’, con specifica indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che fondano il dissenso) con le argomentazioni del provvedimento che si contesta. A fronte delle puntuali e corrette argomentazioni svolte dalla Corte di appello di Genova, le ricorrenti, senza illustrare le ragioni di diritto che le sorreggono, si limitano a censure oltremodo generiche e aspecifiche, ripropositive di censure gia’ adeguatamente vagliate e disattese dai giudici di merito.
3. Le doglianze espresse nei ricorsi sono sovrapponibili e possono, pertanto, essere trattate congiuntamente. Cosi’ come era avvenuto per i rispettivi atti di appello, i ricorsi fanno leva, al fine di escludere la responsabilita’ penale delle imputate, su un duplice ordine di ragioni: l’inadeguatezza organica della struttura per la ridotta presenza di personale rispetto al numero eccessivo e fuori regola dei ricoverati e il decadimento repentino ed imprevedibile delle condizioni della donna. Argomentazioni, entrambe, che la Corte territoriale confuta con motivazione congrua e corretta in diritto.
Occorre premettere che, come tutti gli operatori di una struttura sanitaria, quale e’ una R.S.A., l’infermiere – e valga anche per l’operatore sanitario – e’ ex lege portatore di una posizione di garanzia, espressione dell’obbligo di solidarieta’, costituzionalmente imposto dagli articoli 2 e 32 Cost., nei confronti dei pazienti/degenti, la cui salute egli deve tutelare contro qualsivoglia pericolo che ne minacci l’integrita’; l’obbligo di protezione perdura per l’intero tempo del turno di lavoro (Sez. 4, n. 39256 del 29/03/2019, Parkhomenko Inna, Rv. 277192; Sez. 4, n. 2192 del 10/12/2014, dep. 2015, Leonardi, Rv. 261776; Sez. 4, n. 9638 del 02/03/2000, Troiano e altri, Rv. 217477).
L’affermazione di colpevolezza delle odierne ricorrenti, sintonica nelle due sentenze di merito, poggia su un compendio probatorio, ampio e convergente. Nella sua testimonianza, il medico curante aveva escluso che le gravi condizioni cliniche (impossibilita’ a camminare, difficolta’ di deglutizione) rappresentassero evoluzione delle originarie patologie, affermando che le stesse erano insorte successivamente al ricovero nella struttura, atteso che in precedenza la donna si trovava in una situazione stabile e ben controllata attraverso un’adeguata terapia; alle medesime conclusioni era pervenuto il consulente del pubblico ministero il quale aveva, altresi’ affermato, che il quadro clinico della degente era ascrivibile alle gravi carenze gestionali della struttura e che i sintomi da questa mostrati da alcuni giorni erano immediatamente percepibili; la nuora della persona offesa riferiva di aver assistito ad un graduale peggioramento della suocera, attestato altresi’ dal medico del Pronto Soccorso, il quale aveva evidenziato, oltre allo stato di incoscienza e al grave quadro di shock settico, ulcere da decubito e necrosi, considerando la (OMISSIS) in imminente pericolo di vita. La sentenza impugnata ricorda, poi, che alcune dipendenti di (OMISSIS) avevano dichiarato che erano le infermiere a controllare, di solito, che gli ospiti non avessero piaghe da decubito e che le operatrici sanitarie segnalavano verbalmente eventuali problematiche, annotandole a fine giornata sul quaderno delle consegne; in caso di necessita’, le infermiere aiutavano le operatrici sanitarie anche nella cura generale dei pazienti.
Cio’ detto, alla Corte di appello non e’ certo sfuggito il dato costituito dalle gravi carenze strutturali, su piu’ piani, della R.S.A., cosi’ come accertato dalle successive indagini amministrative, ma ha esattamente ritenuto che esse non esimessero le odierne ricorrenti da responsabilita’. Durante la degenza della persona offesa, la (OMISSIS) risultava in servizio al mattino, la (OMISSIS) il pomeriggio. A loro viene, in particolare, rimproverato di non aver prestato la dovuta attenzione alle condizioni della (OMISSIS) il cui progressivo degrado, nel corso dei venti giorni da lei trascorsi nella struttura, era tale da poter essere colto anche dai profani.
La tesi difensiva, proposta da entrambe le ricorrenti, volta a dedurre responsabilita’ altrui, ivi compresa, come si e’ detto, quella della struttura, non puo’ trovare accoglimento, atteso quanto piu’ sopra si e’ ricordato con riguardo alla posizione di garanzia rivestita da ciascuna imputata. Peraltro, una volta acclarata la posizione di garanzia ricoperta dall’autore del fatto, eventuali ulteriori condotte o fattori che si innestino nel meccanismo causale sono di regola irrilevanti. Al riguardo, infatti, occorre richiamare il consolidato principio di questa Corte secondo cui, in caso di condotte colpose indipendenti, non puo’ invocare il principio di affidamento l’agente che non abbia osservato una regola precauzionale su cui si innesti l’altrui condotta colposa, poiche’ la sua responsabilita’ persiste in base al principio di equivalenza delle cause, salva l’affermazione dell’efficacia esclusiva della causa sopravvenuta, che presenti il carattere di eccezionalita’ e imprevedibilita’ (Sez. 4, n. 50038 del 10/10/2017, De Fina, Rv. 271521).
In conclusione, la Corte territoriale ha congruamente elaborato, sul piano logico e argomentativo, il complesso degli elementi probatori acquisiti al processo, e correttamente condotto la valutazione giuridica del comportamento dell’imputate, apparendo largamente irrilevante l’incidenza delle circostanze di fatto in questa sede dedotte dalle ricorrenti.
4. All’inammissibilita’ dei ricorsi segue la condanna delle ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila ciascuna in favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna le ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila ciascuna in favore della Cassa delle ammende.
Motivazione semplificata.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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