In difetto di una specifica classificazione della strada

Consiglio di Stato, sezione sesta, Sentenza 2 luglio 2019, n. 4517.

La massima estrapolata:

In difetto di una specifica classificazione della strada, avente carattere costitutivo, questa non può essere considerata implicitamente appartenente ad una categoria agli effetti della disciplina sulle distanze, sulla scorta delle sue caratteristiche concrete.

Sentenza 2 luglio 2019, n. 4517

Data udienza 6 giugno 2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7124 del 2015, proposto da
Co. Ti. S.p.A ed altri, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall’avvocato Su . Sa., con domicilio eletto presso lo studio Cl. Gu. in Roma, corso (…);
contro
Comune di (omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Ra. Fe. ed An. Fe. Be., con domicilio eletto presso lo studio Il. Br. in Roma, via (…);
nei confronti
Ca. S.R.L. Italiana, rappresentato e difeso dagli avvocati An. Ne. e Re. Pe., con domicilio eletto presso lo studio Al. Pl.in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del T.A.R. per le Marche n. 248 del 2015.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di (omissis) e di Ca. S.R.L. Italiana;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 6 giugno 2019 il Cons. Giordano Lamberti e uditi per le parti gli avvocati Ga. St., su delega dell’avv. Su. Sa, An. Ab., in dichiarata sostituzione dell’avv. Ra. Fe., At. Bi., in delega dell’avv. An. Ne.
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1 – Con il ricorso al T.A.R. per le Marche, parte appellante ha impugnato il permesso di costruire n. 68 del 27 aprile 2011, rilasciato in sanatoria a It. Ca. S.p.A., per l’ampliamento di un impianto di distribuzione Ca., unitamente al permesso di costruire n. 8 del 18 gennaio 2012, in variante al primo permesso, deducendo, tra l’altro, il mancato rispetto della disciplina delle distanze rispetto alla via (omissis), che dovrebbe essere classificate tra le strade di tipo “D” ai sensi del codice della strada; nonché la carenza del parere preventivo dei Vigili del Fuoco.
2 – Il T.A.R, con l’ordinanza istruttoria dell’8 maggio 2014 n. 490, ha ordinato una verificazione, per valutare: a) la classificazione attuale di via (omissis) del Comune di (omissis) ai sensi degli artt. 2 e 18 del d.lgs 285/1992 e 28 del DPR 495/1992, nella parte dove dovrà sorgere l’opera; b) se sussista, in base al vigente P.R.G. e alla vigente programmazione urbanistica, una fascia di rispetto stradale sull’area citata; c) la consistenza delle opere già realizzate dalla contro interessata e previste dai provvedimenti impugnati all’interno dell’eventuale fascia di rispetto stradale e, comunque, nei 20 metri dal confine stradale.
3 – All’esito della istruttoria, con sentenza n. 248 del 2015, il T.A.R. ha rigettato il ricorso.
4 – Con il primo motivo di appello, si deduce la violazione dell’art. 18 del d.lgs. 285/1992, la violazione dell’art. 28 del DPR 495/1992, la violazione e falsa applicazione, nonché l’eccesso di potere per sviamento, delle previsioni di cui al Piano Direttore DCC n. 43 dell’11 luglio 2005 e della DGC n. 529 del 2011.
A tal fine, si richiamano i provvedimenti che hanno interessato la strada sulla quale sorge l’impianto e precisamene: l’ampliamento fino a quattro corsie disposto nel 2005 con D.C.C. n. 43 dal Comune di Civitanova e il successivo D.G.C. n. 529/11 con il quale il Comune ha approvato il progetto esecutivo dell’ampliamento a “Quattro Corsie” di Via (omissis) nel tratto che va dal Casello Autostradale all’imbocco con la S.S. 77 Civitanova-Foligno.
L’appellante evidenzia inoltre che le parti, compreso il Comune, non contestano la tipologia della strada e quindi la classificazione del tipo “D” ai sensi del codice della strada; da ciò deriverebbe l’obbligo di rispettare la relativa fascia di rispetto, che nel caso di specie sarebbe stata violata.
5 – La decisione del giudice di primo grado – secondo cui il fatto che la strada non sia stata qualificata formalmente di tipo “D” con provvedimento apposito rende inapplicabile la normativa sulle distanze che dispone la fascia di rispetto di 20 mt per le costruzioni dal ciglio della strada – merita integrale conferma.
Non valgono a scalfire tale conclusioni le considerazioni dell’appellante, secondo cui l’orientamento accolto violerebbe la ratio delle norme citate, che è quella di garantire la sicurezza e la incolumità degli abitanti e i possibili interventi che di volta in volta si possano rendere necessari per opere di manutenzione (in altri termini, dovrebbe essere mantenuta un’area contigua all’arteria stradale utilizzabile in qualsiasi momento dall’Ente proprietario per l’esecuzione di lavori senza limiti connessi alla presenza di costruzioni, nonché a salvaguardia della circolazione).
5.1 – La giurisprudenza ha già avuto modo di precisare che in difetto di una specifica classificazione della strada, avente carattere costitutivo, questa non può essere considerata implicitamente appartenente ad una categoria agli effetti della disciplina sulle distanze, sulla scorta delle sue caratteristiche concrete (cfr. Cons. St., sez. V, n. 776 del 2005).
In questa sede, deve essere ribadito che il codice della strada si limita a prevedere, in astratto, le caratteristiche strutturali e funzionali delle strade, mentre la classificazione in concreto dell’opera viaria risulta riservata dalla normativa primaria (e, segnatamente, dagli artt. 13 e 36 d.lgs. n. 285/92) all’iniziativa provvedimentale dell’ente proprietario.
Difettando detta classificazione, deve escludersi la diretta applicabilità della relativa disciplina normativa, spettando al Comune la verifica della compatibilità del progetto edilizio in rapporto alla locale normativa urbanistica e non in rapporto ad un regime normativo applicabile solo in presenza della prevista classificazione.
5.2 – A fronte delle difese svolte da parte appellante, deve solo aggiungersi che la necessità di un provvedimento formale, che includa la strada in una specifica categoria, si pone quale imprescindibile elemento di certezza al fine di stabilire a priori la disciplina concretamente applicabile. Diversamente, se si dovesse aver riguardo alle caratteristiche materiali della strada, indipendentemente dalla sua classificazione formale, verrebbe evidentemente frustrata tale imprescindibile esigenza di conoscibilità a priori, con evidenti ripercussioni, per quel che rileva in questa sede, in tema di rilascio dei titoli edilizi.
5.3 – In fatto, non può inoltre trascurarsi che, come si evince dalla verificazione disposta durante il giudizio di primo grado e come del resto ammesso dalla stessa parte appellante, la strada in questione è interna al centro abitato, con quanto ne consegue a norma dell’art. 16 del codice della strada, in base al quale il vincolo di rispetto stradale non è applicabile per l’edificazione nei centri abitati (cfr. Cons. st., Sez.VI, n. 843 del 2019).
6 – Deve essere rigettato anche il secondo motivo di appello con cui si deduce la violazione degli artt, 6, 10 e 11 commi 1, 2 e 3 del regolamento regionale n. 2/2011, che secondo parte appellante non sarebbero applicabili al caso in esame.
In particolare, secondo l’appellante, l’art. 10 del citato regolamento consentirebbe la realizzazione dell’impianto di distribuzione Ca. e degli edifici relativi alla attività accessorie, ricadenti all’interno della fascia di rispetto stradale, soltanto nel caso in cui la localizzazione del nuovo impianto interessi un’area sita fuori del perimetro dei centri abitati. Nel caso di specie, invece, l’area in cui è localizzato l’impianto è interna al perimetro del centro abitato e l’impianto di Ca. e i n. 2 edifici destinati ad ospitare le attività accessorie all’impianto, autorizzati con i permessi oggetto di impugnativa, non costituirebbero un complesso unitario come richiesto invece dall’invocato art. 10.
6.1 – La verificazione svolta durante il giudizio di primo grado ha già disatteso l’esposta contestazione, rilevando che sull’area non esiste alcun vincolo a fascia di rispetto stradale in base al P.R.G. o comunque alla vigente programmazione urbanistica.
Non può essere condiviso neppure il supposto carattere autonomo delle attività commerciali assentite, in quanto conformi alla normativa attualmente vigente in materia, rappresentata dalla L.R. n. 27/2009, nonché dal relativo Regolamento Regionale Ca. D.G.R. n. 125/2011, che consentono espressamente le attività a servizio dell’automobilista.
6.2 – In particolare, ai sensi dell’articolo 73, comma 2, della L.R. 27/2009, i nuovi impianti e gli impianti esistenti, anche in deroga alle norme di settore, possono essere dotati di autonomi servizi per l’auto e per l’automobilista, quali officina meccanica, elettrauto, gommista, lavaggio, servizi di lubrificazione, servizi informativi di interesse generale turistico, aree attrezzate per autocaravan, servizi igienici di uso pubblico, fax, fotocopie, rete internet e bancomat. Possono altresì essere dotati di autonome attività commerciali integrative, alimentari e non alimentari, qualificabili come esercizio di vicinato, ivi comprese la somministrazione di alimenti e bevande, le rivendite di generi di monopolio, la vendita di stampa quotidiana e periodica, nonché le attività ricettive.
La norma prevede espressamente le attività commerciali e integrative alimentari e non alimentari, che qualifica come esercizi di vicinato, implicitamente richiedendo la loro prossimità spaziale con la stazione di servizio.
6.3 – Infine, le doglianze di parte appellane risultano contraddette dal fatto che l’area nella quale sono stati insediati l’impianto di distribuzione Ca. ed i fabbricati allo stesso accessori, ivi compresi quelli autorizzati con i titoli edificatori oggetto di gravame, è stata identificata e qualificata dallo stesso PRG come area specificamente destinata a siffatte realizzazioni.
7 – Con il terzo motivo di appello si deduce la violazione dell’art. 1 e comma 1 del DPR 151/2011 per la mancanza del parere dei Vigili del Fuoco.
Gli argomenti a tal fine dedotti dall’appellante non possono essere esaminati, integrando una novità inammissibile nel giudizio di appello.
7.1 – Infatti, con il ricorso di primo grado ci si limitava ad argomentare che l’attività di distribuzione di Ca. rientra nell’ambito della disciplina volta a prevenire gli incendi di cui al D.M. 16 febbraio 2002. Ed in riferimento a tale attività si richiamava il D.P.R. n. 37 del 1998.
Tale censura è stata correttamente disattesa dal T.A.R., che ha evidenziato che: “il permesso di costruire principale e la successiva variante hanno ad oggetto la realizzazione dei due edifici e non il distributore di Ca. che è già esistente; i medesimi edifici non sono sottoposti al parere preventivo del Comando dei Vigili del Fuoco…”.
7.2 – Come anticipato, le considerazioni svolte solo con l’appello in esame, che richiamano la portata dell’art. 1 comma 1 del D.P.R. n. 151 del 2011, che nulla ha a che vedere con i disposti normativi di cui l’appellante deduceva la violazione in primo grado, non possono essere esaminate, in quanto introducono per la prima volta una censura al provvedimento impugnato mai avanzata durante il giudizio di primo grado, in violazione dell’art. 104 c.p.a.
Come noto, non possono essere proposti in sede di appello nuovi motivi di ricorso (cfr. Cons. St., ad. plen., 19 dicembre 1983, n. 26; Cons. St., ad. plen., 19 dicembre 1972, n. 8). Pertanto, non sono ammissibili nuove censure contro gli atti già impugnati, se era possibile proporle sin dal primo grado di giudizio, in quanto la novità dei motivi equivale ad una domanda nuova (cfr. Cons. St., Sez. IV, 16 giugno 2008, n. 2977).
8 – L’infondatezza del merito della domanda proposta da parte appellante consente di soprassedere all’esame delle eccezioni preliminari volte a contestarne la legittimazione e l’interesse a ricorre.
Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Sesta respinge l’appello e condanna parte appellante alla refusione delle spese di lite in favore delle controparti costituite, che liquida in favore di ciascuna di esse in Euro1.500, oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6 giugno 2019 con l’intervento dei magistrati:
Giancarlo Montedoro – Presidente
Diego Sabatino – Consigliere
Silvestro Maria Russo – Consigliere
Francesco Mele – Consigliere
Giordano Lamberti – Consigliere, Estensore

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