In materia di responsabilità per attività medico-chirurgica

Corte di Cassazione, sezione terza civile, Sentenza 18 aprile 2019, n. 10812.

La massima estrapolata:

In materia di responsabilità per attività medico-chirurgica, ove si individui in un pregresso stato morboso del paziente/danneggiato (nella specie, deficit da surfactante o sindrome da distress o delle membrane ialine) un antecedente privo di interdipendenza funzionale con l’accertata condotta colposa del sanitario (nella specie, intempestivo intervento di taglio cesareo di fronte a sofferenza fetale acuta), ma dotato di efficacia concausale nella determinazione dell’unica e complessiva situazione patologica riscontrata, allo stesso non può attribuirsi rilievo sul piano della ricostruzione del nesso di causalità tra detta condotta e l’evento dannoso, appartenendo ad una serie causale del tutto autonoma rispetto a quella in cui si inserisce il contegno del sanitario, bensì unicamente sul piano della determinazione equitativa del danno, potendosi così pervenire – sulla base di una valutazione da effettuarsi, in difetto di qualsiasi automatismo riduttivo, con ragionevole e prudente apprezzamento di tutte le circostanze del caso concreto – solamente ad una delimitazione del “quantum” del risarcimento.

Sentenza 18 aprile 2019, n. 10812

Data udienza 19 aprile 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Presidente

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 11815/2015 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS) SA RAPPRESENTANZA GENERALE PER L’ITALIA, in persona del l.r.p.t. procuratore speciale Dott. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende giusta procura a margine del controricorso;
(OMISSIS), in persona del procuratore speciale Dott. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) che la rappresenta e difende giusta procura a margine del controricorso;
– controricorrenti –
e contro
ASSESSORATO SANITA’ REGIONE SICILIANA, (OMISSIS), REGIONE SICILIA, (OMISSIS), AZIENDA OSPEDALIERA (OMISSIS), (OMISSIS), AZIENDA UNITA’ SANITARIA LOCALE (OMISSIS);
– intimati –
avverso la sentenza n. 187/2014 della CORTE D’APPELLO di CALTANISSETTA, depositata il 22/12/2014;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 19/04/2018 dal Consigliere Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PEPE Alessandro, che ha concluso per l’accoglimento del 1 motivo; rigetto del resto;
udito l’Avvocato (OMISSIS);
udito l’Avvocato (OMISSIS);
udito l’Avvocato (OMISSIS).

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 22/12/2014 la Corte d’Appello di Caltanissetta, rigettato quello in via incidentale spiegato dal sig. (OMISSIS), in parziale accoglimento del gravame interposto dalla sig. (OMISSIS) e in conseguente parziale riforma della pronunzia – su riunite cause – Trib. Caltanissetta 22/7/2008, ha parzialmente accolto la domanda in origine proposta dai sigg. (OMISSIS) e (OMISSIS) -in proprio e nella qualita’ di esercenti la potesta’ sulla figlia minore (OMISSIS), nei confronti dell’Azienda Ospedaliera (OMISSIS), della Regione Siciliana, della Gestione Liquidatoria della UsI n. 16 di Caltanissetta, dei dottori (OMISSIS) e (OMISSIS), nonche’ delle chiamate in causa societa’ (OMISSIS) e (OMISSIS) s.p.a., ed altresi’ del medico curante (OMISSIS), di risarcimento dei danni rispettivamente sofferti in conseguenza dei “danni neonatali subiti da (OMISSIS)”, in occasione della nascita avvenuta l'(OMISSIS), presso la divisione di ostetricia e ginecologia dell’Ospedale (OMISSIS).
La corte di merito ha in particolare confermato la responsabilita’ ravvisata dal giudice di prime cure – della (OMISSIS), medico quel giorno in servizio presso la suindicata divisione di ostetricia e ginecologia dell’Ospedale (OMISSIS), “per non avere sottoposto la (OMISSIS) a tutti gli esami strumentali necessari ed imposti dai dati obbiettivi per accertare la grave sofferenza di un feto e le condizioni di un altro, in parto gemellare, al fine di assicurare un rapido trasferimento della puerpera per il parto presso altra struttura attrezzata con Unita’ di Terapia Intensiva Prenatale (UTIN)”.
Sulla base della CTU disposta ed espletata in sede di giudizio di appello, ha ravvisato non addebitabile “la sintomatologia dolorosa lamentata dalla (OMISSIS) al momento del ricovero… ad una minaccia di parto pre-termine, ma, piuttosto al distacco intempestivo di placenta, non diagnosticato e trattato con tocolitici, mentre sarebbe stato urgente il taglio cesareo, per scongiurare danni al feto”; ha per converso “accertato il nesso di causalita’ materiale tra la condotta omissiva colposa dei sanitari del (OMISSIS) – consistita nel non praticare il parto cesareo all’insorgere della sofferenza fetale connessa alla crisi di bradicardia, che i predetti non hanno neppure diagnosticato – ed il danno, essendosi la suddetta condotta posta come antecedente idoneo a generarlo, in base al criterio di probabilita’ relativa del piu’ probabile che non”.
Il giudice del gravame ha per altro verso riformato la sentenza del tribunale nella parte in cui ha ritenuto nel caso non rilevante anche il “distress respiratorio da deficit di surfattante – e, quindi la esistenza di un fattore naturale non imputabile idoneo a generare l’evento dannoso”, pervenendo ad assegnare a quest’ultimo un’incidenza “in misura preponderante sul danno”, nella misura di due terzi.
Ha pertanto rideterminato l’ammontare dal giudice di prime cure a titolo di risarcimento dei danni liquidato in favore della minore (OMISSIS), calcolandolo sulla base delle Tabelle di Milano, aggiornate al 2014, con aumento del 15% dell’individuato punto tabellare d’invalidita’ a titolo di personalizzazione e successiva riduzione di due terzi.
Ha altresi’ rideterminato in aumento quanto dal tribunale liquidato a titolo di danno morale in favore della madre (OMISSIS), “tenendo conto di tutti i profili relativi alla sofferenza soggettiva ed all’impegno connessi alla gravissima invalidita’ della figlia equiparabili a quelli derivanti dalla morte del congiunto”, respingendo viceversa la domanda di risarcimento del danno esistenziale, in quanto “compreso nel danno morale”.
Ha del pari rigettato la domanda di ristoro dei “costi connessi all’assistenza alla figlia, stante la mancata dimostrazione di esso”.
Ha infine posto la somma liquidata a carico della societa’ Zurich Assicurazioni, ma non oltre il massimale di polizza, “non essendo stata allegata, neppure, la mala gestio da parte della compagnia”, avendo l’Assessorato Regionale domandato “solo la condanna della compagnia a tenerlo indenne da quanto dovuto in conseguenza della eventuale pronuncia di condanna a proprio carico, senza riferimento alla mala gestio”.
Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito la (OMISSIS) e il (OMISSIS), quest’ultimo anche in qualita’ di tutore della figlia (OMISSIS), propongono ora ricorso per cassazione, affidato a 5 motivi, illustrati da memoria.
Resistono con separati controricorsi la societa’ (OMISSIS) Public Limited Company e la (OMISSIS) s.p.a..
Gli altri intimati non hanno svolto attivita’ difensiva.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il 1 motivo i ricorrenti denunziano “violazione e falsa applicazione” dell’articolo 1218 c.c., in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Con il 2 motivo denunziano “violazione e falsa applicazione” degli articoli 2697, 1218, 1223 e 1226 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Con il 3 motivo denunziano “violazione e falsa applicazione” degli articoli 2697, 1218, 1223 e 1226 c.c., articoli 61 e 192 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Con il 4 motivo denunziano “violazione e falsa applicazione” degli articoli 2697, 1218, 1223 e 1226 c.c., articoli 61 e 192 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Con il 5 motivo denunziano “violazione e falsa applicazione” degli articoli 2, 3, 13, 29 e 34 Cost., articolo 1226 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Si dolgono che la corte di merito abbia erroneamente escluso la “legittimazione contrattuale del padre”, laddove anch’esso deve ritenersi tra i soggetti protetti dal contratto, nei cui confronti la prestazione e’ dal medico dovuta.
Lamentano che erroneamente la corte di merito non ha riconosciuto preponderante rilevanza causale alla condotta negligente dei medici, anche in ragione della difettosa tenuta della cartella medica; alla mancata individuazione del feto morto; alla valutazione delle condizioni della paziente, che avrebbero richiesto la “cesarizzazione immediata”.
Lamentano non avere “nella specie l’Ospedale… fornito la prova di cui all’articolo 1218 c.c., considerate le divergenti conclusioni delle due consulenze tecniche”.
Si dolgono che la corte di merito non abbia liquidato il danno esistenziale, laddove “l’handicappato cognitivo ha un danno molto piu’ vasto rispetto al puro e semplice handicappato motorio, sia pure a parita’ di valutazione del danno biologico”.
I primi 4 motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono p.q.r. fondati e vanno accolti nei termini di seguito indicati.
Come risulta indicato nell’impugnata sentenza, e’ rimasto nella specie accertato che la odierna ricorrente (OMISSIS), “non riuscendo ad avere figli, dopo un primo nato nel 1980 a seguito di gravidanza naturale a termine e dopo una successiva interruzione volontaria della seconda gravidanza, si e’ rivolta al Dott. (OMISSIS), che l’ha sottoposta ad inseminazione artificiale omologa intraperitoneale, dalla quale e’ derivata la gravidanza gemellare per cui e’ causa… La (OMISSIS) era, ed e’, affetta da talassemia minor, che ne determina l’anemia. In occasione dell’ultimo controllo presso il suo studio professionale a Palermo la sera del 7 settembre 1993, il Dott. (OMISSIS)… dopo l’esame dei feti, uno corrispondente alla trentesima settimana e l’altro alla trentunesima, mentre la gravidanza era giunta alla trentaduesima settimana” e stante la riscontrata “differenza di peso tra gli stessi, uno dei quali di kg 1,50 e l’altro di kg. 1,00… le consiglio’ di sottoporsi ad un esame specialistico di flussimetria doppler”.
Risulta ulteriormente indicato che “il giorno successivo la (OMISSIS), intorno alle 12,00, ha cominciato ad accusare forti dolori addominali, con contrazioni uterine ad intervalli regolari, delle quali ha riferito telefonicamente, alle 12,30, al predetto Dott. (OMISSIS). Questi le ha consigliato di recarsi presso il piu’ vicino ospedale. Di qui la scelta di andare all’ospedale (OMISSIS), dove e’ giunta alle ore 14,00 circa e dove e’ stata visitata dal Dott. (OMISSIS), che ha riscontrato che il cerchiaggio era ben posizionato, prescrivendo un tracciato cardiotocografico, e terapia farmacologica cortisonica e tocolitica… Il Dott. (OMISSIS) ha cessato il turno alle 14.30 circa. La terapia e’ stata proseguita… dalla Dott. (OMISSIS), giunta in servizio nel turno successivo a quello del Dott. (OMISSIS). La predetta ha, inoltre, sottoposto la (OMISSIS) a tracciato cardiotocografico (con apparecchio non di ultima generazione e, quindi, non in grado di verificare contemporaneamente due feti), dalle ore 15,23 alle ore 15,58 e, inoltre, prescritto alla paziente assoluto riposo a letto.
Intorno alle ore 19,00, in presenza di forti e dolorose contrazioni uterine, il primario, Dott. (OMISSIS), nel frattempo sopraggiunto, ha eseguito un esame ecografico, in sala operatoria, praticandole, dopo circa novanta minuti, il taglio cesareo, da cui e’ nata, alla ore 20,30 circa, la piccola (OMISSIS), nonche’ un secondo feto morto… Risulta, altresi’, che subito dopo la nascita (OMISSIS) ha subito una crisi di ipossia prolungata, superata a seguito di intervento di rianimazione, con massaggio cardiaco, ossigenoterapia e cortisone… La neonata e’ stata trasferita in autoambulanza… all’ospedale Aiuto Materno di (OMISSIS), Divisione di neonatologia e terapia intensiva. Ivi e’ giunta poco dopo le ore 2.00 del giorno (OMISSIS). Durante il viaggio ha subito altre due crisi di ipossia, di cui una con arresto cardiaco, risolto con massaggio cardiaco e stimolazione… Dal contenuto della cartella clinica redatta dai medici della divisione di neonatologia e terapia intensiva dell’ospedale Aiuto Materno di (OMISSIS) si evince che la causa della grave encefalopatia della minore e’ stata individuata nelle crisi ipossiche subite dopo la nascita, a loro volta causate da deficit da surfactante, o malattia da distress (o delle membrane ialine)”.
Orbene, va anzitutto osservato che giusta principio consolidato nella giurisprudenza di legittimita’ la struttura sanitaria risponde a titolo contrattuale dei danni patiti dal paziente: a) per fatto proprio, ex articolo 1218 c.c., ove tali danni siano dipesi dall’inadeguatezza della struttura; b) per fatto altrui, ex articolo 1228 c.c., ove siano dipesi dalla colpa dei sanitari di cui essa si avvale (cfr. Cass., 3/2/2012, n. 1620; Cass., Sez. Un., 11/1/2008, n. 577; Cass., 13/4/2007, n. 8826; Cass., 24/5/2006, n. 12362).
Si e’ al riguardo precisato che la responsabilita’ contrattuale della casa di cura non rimane esclusa in ragione dell’insussistenza di un rapporto contrattuale che leghi il medico alla struttura sanitaria, in tale ipotesi operando il principio dell’appropriazione o dell’avvalimento dell’opera del terzo di cui all’articolo 1228 c.c. (v. Cass., 27/8/2014, n. 18304).
Va pertanto ribadito che in base alla regola di cui all’articolo 1228 c.c. (come quella di cui all’articolo 2049 c.c.) il debitore che nell’adempimento dell’obbligazione si avvale dell’opera di terzi risponde dunque anche dei fatti dolosi o colposi di costoro (v. Cass., 24/5/2006, n. 12362; Cass., 4/3/2004, n. 4400; Cass., 8/1/1999, n. 103), ancorche’ non siano alle sue dipendenze (v. Cass., 11/12/2012, n. 22619; Cass., 21/2/1998, n. 1883; Cass., 20/4/1989, n. 1855).
La responsabilita’ per fatto dell’ausiliario (e del preposto) prescinde infatti dalla sussistenza di un contratto di lavoro subordinato, irrilevante essendo la natura del rapporto tra i medesimi intercorrente ai fini considerati, fondamentale rilievo viceversa assumendo la circostanza che dell’opera del terzo il debitore comunque si sia avvalso nell’attuazione della propria obbligazione, ponendo la medesima a disposizione del creditore, sicche’ la stessa risulti a tale stregua inserita nel procedimento esecutivo del rapporto obbligatorio.
La responsabilita’ che dall’esplicazione dell’attivita’ di tale terzo
direttamente consegue in capo al soggetto che se ne avvale riposa infatti sul principio cuius commoda eius et incommoda, o, piu’ precisamente, come detto, dell’appropriazione o “avvilimento” dell’attivita’ altrui per l’adempimento della propria obbligazione, comportante l’assunzione del rischio per i danni che al creditore ne derivino (cfr., con riferimento a diverse fattispecie, Cass., 14/2/2019, n. 4298; Cass., 22/11/2018, n. 30161; Cass., 12/10/2018, n. 25374; Cass., 12/10/2018, n. 25373; Cass., 6/6/2014, n. 12833; Cass., 26/5/2011, n. 11590).
Ne’, al fine di considerare interrotto il rapporto in base al quale il debitore e’ chiamato a rispondere, vale distinguere tra comportamento colposo e comportamento doloso del soggetto agente (che della responsabilita’ del primo costituisce il presupposto), essendo al riguardo sufficiente (in base a principio che trova applicazione sia nella responsabilita’ contrattuale che in quella extracontrattuale) la mera occasionalita’ necessaria (v. Cass., 17/5/2001, n. 6756; Cass., 15/2/2000, n. 1682).
La struttura sanitaria risponde allora direttamente di tutte le ingerenze dannose che al dipendente o al terzo preposto (medico), della cui opera comunque si e’ avvalso, sono state rese possibili dalla posizione conferitagli rispetto al creditore/danneggiato, e cioe’ dei danni che ha potuto arrecare in ragione di quel particolare contatto cui e’ risultato esposto nei suoi confronti il creditore (nel caso, la gestante/partoriente e il feto/neonato).
La struttura sanitaria e’ infatti direttamente responsabile allorquando l’evento dannoso risulti come nella specie da ascriversi alla condotta colposa posta in essere (quand’anche a sua insaputa: cfr. Cass., 17/5/2001, n. 6756) dal medico (cfr. Cass., 27/8/2014, n. 18304), della cui attivita’ essa si e’ comunque avvalsa per l’adempimento della propria obbligazione contrattuale.
Deve ulteriormente porsi in rilievo che, come questa Corte ha gia’ avuto modo di affermare, la responsabilita’ contrattuale del medico e della struttura sanitaria oltre che nei confronti del paziente e’ configurabile anche relativamente ai soggetti terzi cui si estendono gli effetti protettivi del contratto, e in particolare ai prossimi congiunti, tra cui il padre, anche qualora il contratto sia stato stipulato tra una gestante e una struttura sanitaria e/o un medico, avente in particolare ad oggetto la prestazione di cure finalizzate a garantire il corretto decorso della gravidanza (cfr. Cass., 11/05/2009, n. 10741; Cass., Sez. Un., 11/11/2008, n. 26972; Cass., 22/7/2004, n. 13634. Con riferimento al danno c.d. da nascita indesiderata scaturente dalla mancata rilevazione di malformazioni congenite del concepito, cfr. altresi’, da ultimo, Cass., 21/8/2018, n. 20829; Cass., 29/1/2018, n. 2070; Cass., 2/10/2012, n. 16754; Cass., 2/2/2010, n. 2354).
Va per altro verso posto in rilievo che come questa Corte ha gia’ avuto modo di porre in rilievo, la relazione materiale designa invero il derivare di un evento da una condotta (dolosa o) colposa, dovendo propriamente qualificarsi come nesso di causalita’ (non gia’ meramente materiale bensi’) giuridica quantomeno in ragione dell’essere essa rilevante per il diritto (v. Cass., 29/2/2016, n. 3893. Cfr. altresi’ quanto al riguardo sostanzialmente adombrato da Cass., 21/7/2011, n. 15991), il (successivo) diverso ed autonomo momento della determinazione del risarcimento dovuto attiene in realta’ propriamente non gia’ al piano della c.d. causalita’ equitativo-proporzionale (“apportioment of liability”) (in argomento v. Cass., 16/1/2009, n. 975) bensi’ a quello dei criteri di delimitazione dell’ambito del danno risarcibile, come risulta confermato (anche) dall’interpretazione che riceve l’articolo 1223 c.c..
Tale norma (richiamata dall’articolo 2056 c.c.) viene infatti ormai da tempo -in accordo con la dottrina – dalla giurisprudenza di legittimita’ intesa come da riferirsi non solo alle conseguenze dal danno evento derivanti in via immediata e diretta, ma anche quelle mediate ed indirette (v. Cass., 19/1/1999, n. 475; Cass., 9/5/2000, n. 5913; Cass., 16/2/2001, n. 2335; Cass., Sez. Un., 1/7/2002, n. 9556; Cass., 19/8/2003, n. 12124; Cass., 4/7/2006, n. 15274. E gia’ Cass., 6/5/1966, n. 1173; nonche’, da ultimo, Cass., 22/10/2013, n. 23915), facendosi in particolare ricorso al criterio della regolarita’ causale e considerando risarcibili i danni rientranti nel novero delle conseguenze normali ed ordinarie del fatto (v. Cass., 20/10/2014, n. 22225; Cass., 12/2/2014, n. 3207; Cass., 24/4/2012, n. 6474; Cass., 16/6/2011, n. 13179; Cass., 23/12/2010, n. 26042; Cass., Sez. Un., 11/1/2008, n. 576; Cass., 31/5/2003, n. 8828; Cass., 1/12/1998, n. 12195; Cass., 11/11/1986, n. 6607. E gia’ Cass., 9/4/1963, n. 910), nell’avvertita la necessita’ di non lasciare priva di ristoro l’ipotesi in cui l’evento lesivo sia conseguenza necessitata del fatto lesivo quand’anche statisticamente anomalo, sicche’ il criterio della prevedibilita’ va distinto da quello della normalita’ delle conseguenze (v. Cass., 29/2/2016, n. 3893).
Come questa Corte ha gia’ avuto occasione di porre in rilievo, la norma di cui all’articolo 1223 c.c., si risolve in realta’ nell’indicazione di un mero criterio (da utilizzarsi unitamente a quelli posti agli articoli 1225, 1226, 1227 e 2056 c.c.) di delimitazione dell’ambito del danno risarcibile (cfr. gia’ Cass., 15/10/1999, n. 11629) causalmente ascritto alla (“cagionato” dalla) condotta qualificata dalla colpa (o dal dolo) del soggetto responsabile, non essendovi necessariamente coincidenza tra danno arrecato e danno risarcibile (v. Cass., 29/2/2016, n. 3893, ove si pone in rilievo come la stessa richiamata Cass., 21/7/2011, n. 15991 faccia a tale significato in realta’ sostanzialmente riferimento laddove evoca la “selezione del pregiudizi risarcibili”).
Si tratta allora di delineare i criteri valevoli a delimitare la giuridica rilevanza delle conseguenze dannose eziologicamente derivanti dal danno evento costituenti integrazione del rischio specifico posto in essere dalla condotta (dolosa o) colposa del debitore/danneggiante, che a tale stregua solo a carico del medesimo, e non anche sul creditore/danneggiato, debbono conseguentemente gravare.
Orbene, in presenza di danni conseguenza (aggravamento/morte) costituenti effetto a) delle eccezionali condizioni personali del danneggiato (es., emofilia, cardiopatia, rara allergia) ovvero b) del fatto successivo del terzo, e in particolare del medico (cura errata, errato intervento medico), non puo’ invero pervenirsi a ridurre o escludere anche il relativo risarcimento in favore della vittima.
Il danneggiato rimane infatti agli stessi specificamente esposto in conseguenza dell’antecedente causale determinato dalla condotta colposa (o dolosa) del debitore/danneggiante (come posto in rilievo anche da autorevole dottrina, che lo indica quale “danno diretto”), quest’ultimo dovendo pertanto risponderne (anche) sul piano risarcitorio (v. Cass., 21/8/2018, n. 20829; Cass., 20/11/2017, n. 27254; Cass., 29/2/2016, n. 3893; Cass., 3/2/2012, n. 1620; Cass., 21/7/2011, n. 15991).
Diverso e’ viceversa il caso in cui come nella specie si sia in presenza di un pregresso fattore naturale non legato all’altrui condotta colposa da un nesso di interdipendenza causale.
Allorquando come nella specie un pregresso fattore naturale non imputabile venga individuato quale antecedente che, pur privo di interdipendenza funzionale con l’accertata condotta colposa del sanitario, sia dotato di efficacia concausale nella determinazione dell’unica e complessiva situazione patologica riscontrata, ad esso non puo’ attribuirsi rilievo sul piano della ricostruzione della struttura dell’illecito, e in particolare dell’elemento del nesso di causalita’ tra tale condotta e l’evento dannoso, appartenendo ad una serie causale del tutto autonoma rispetto a quella in cui quest’ultima si inserisce.
Al medesimo puo’ assegnarsi rilevanza unicamente sul piano della determinazione equitativa del danno, e conseguentemente pervenirsi -sulla base di una valutazione da effettuarsi, in difetto di qualsiasi automatismo riduttivo, con ragionevole e prudente apprezzamento di tutte le circostanze del caso concreto – alla delimitazione del quantum del risarcimento dovuto dal responsabile (v. Cass., 29/2/2016, n. 3893).
In altri termini, confermata la validita’ del principio causale puro (c.d. all or nothing), non essendo ammissibile la comparazione tra causa umana imputabile e causa naturale non imputabile ma solo tra comportamenti umani colposi (v. Cass., 21/7/2011, n. 15991, e conformemente Cass., 6/5/2015, n. 8995; Cass., 29/2/2016, n. 2893; Cass., 20/11/2017, n. 27254; Cass., 21/8/2018, n. 20829; Cass., 21/8/2018, n. 20836), deve nel caso ribadirsi che la valutazione equitativa attiene propriamente non gia’ all’accertamento del fatto costitutivo del danno risarcibile, e in particolare ad uno degli elementi della struttura dell’illecito e dell’inadempimento qual e’ – unitamente alla condotta e all’evento – il nesso di causalita’, bensi’ alla – logicamente successiva (all’accertamento dell’an dell’illecito o dell’inadempimento) – fase della determinazione del quantum (articolo 1226 c.c.) del danno-conseguenza risarcibile.
Unicamente all’esito dell’accertamento della sussistenza del nesso di causalita’ – sulla base del criterio del “piu’ probabile che non” – tra condotta (dolosa o) colposa e danno evento lesivo, la considerazione del pregresso stato patologico del creditore/danneggiato puo’ invero valere a condurre ad una limitazione dell’ammontare dovuto dal debitore/danneggiante, in occasione del diverso e successivo momento della delimitazione dell’ambito del danno risarcibile e della determinazione del quantum di risarcimento.
Nell’avvertita necessita’ di non lasciare priva di ristoro l’ipotesi in cui il danno sia conseguenza necessitata del fatto dannoso quand’anche statisticamente anomalo, il criterio della prevedibilita’ dovendo tenersi invero distinto da quello della normalita’ delle conseguenze (v. Cass., 29/2/2016, n. 3893), si e’ da questa Corte sotto ulteriore profilo posto in rilievo doversi procedere a delineare la giuridica rilevanza delle conseguenze dannose eziologicamente derivanti dal danno evento costituenti integrazione del rischio specifico posto in essere dalla condotta (dolosa o) colposa del debitore/danneggiante, che a tale stregua solo a carico del medesimo, e non anche sul creditore/danneggiato, debbono conseguentemente gravare (v. Cass., 21/8/2018, n. 20829).
Si e’ al riguardo affermato che sono a carico del debitore/danneggiante, costituendo integrazione del rischio specifico posto in essere dalla sua antecedente condotta (dolosa o) colposa, le conseguenze costituenti effetto: a) delle eccezionali condizioni personali del danneggiato; b) del fatto successivo del terzo.
Ove sia possibile pervenire ad attribuire a tale antecedente una concorrente – seppure autonoma – incidenza causale nella determinazione dell’unica e complessiva situazione patologica del paziente/danneggiato, trattandosi di ipotesi di concorso di piu’ cause efficienti nella determinazione del danno (cfr. Cass., 3/3/2010, n. 7618; Cass., 9/11/2006, n. 23918. e, da ultimo, Cass., 9/4/2014, n. 8372. Cfr. altresi’ Cass., 11/5/2012, n. 7404), va invero escluso che possa farsene derivare l’automatica riduzione dell’ammontare risarcitorio dovuto alla vittima/danneggiato in proporzione del corrispondente grado percentuale di incidenza causale.
La relativa valutazione sul piano del nesso di causalita’ e’ infatti volta solo ad accertare la valenza assorbente dell’una rispetto all’altra (cfr. Cass., 21/7/2011, n. 15991).
Anziche’ sul piano dell’accertamento in via equitativa della frazione di nesso di causalita’ (c.d. criterio equitativo proporzionale del nesso di causalita’), il pregresso fattore non imputabile puo’ – come detto – in tale ipotesi assumere allora se del caso rilievo, in ossequio al principio affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte (v. Cass., 11/11/2008, n. 26972) in base al quale il danneggiante risponde di tutto il danno ma solo del danno cagionato, meramente sul diverso (e successivo) piano della delimitazione dell’ambito del danno risarcibile e di determinazione dell’ammontare del quantum risarcitorio dovuto mediante valutazione equitativa ex articolo 1226 c.c..
Spetta al giudice del merito individuare, dandone congrua motivazione, l’idoneo criterio di valutazione equitativa del danno da utilizzare nel caso concreto.
Va al riguardo peraltro considerato che, essendo volta a determinare “la compensazione economica socialmente adeguata” del pregiudizio, quella che “l’ambiente sociale accetta come compensazione equa” (cfr. Cass., 7/6/2011, n. 12408; Cass., 30/6/2011, n. 14402), la valutazione equitativa (subordinata alla dimostrata esistenza di un danno risarcibile non meramente eventuale o ipotetico ma certo (cfr., da ultimo, Cass., 8/7/2014, n. 15478. E gia’ Cass., 19/6/1962, n. 1536), e alla circostanza dell’impossibilita’ o estrema difficolta’ (v. Cass., 24/5/2010, n. 12613. E gia’ Cass., 6/10/1972, n. 2904) di prova nel suo preciso ammontare, attenendo pertanto alla quantificazione e non gia’ all’individuazione del danno (non potendo valere a surrogare il mancato assolvimento dell’onere probatorio imposto all’articolo 2697 c.c.: v. Cass., 11/5/2010, n. 11368; Cass., 6/5/2010, n. 10957; Cass., 10/12/2009, n. 25820; e, da ultimo, Cass., 4/11/2014, n. 23425)) va effettuata con prudente e ragionevole apprezzamento di tutte le circostanze del caso concreto, e in particolare dei vari fattori incidenti sulla gravita’ della lesione.
Il danno non puo’ essere quindi liquidato in termini puramente simbolici o irrisori o comunque non correlati all’effettiva natura o entita’ del danno (v. Cass., 12/5/2006, n. 11039; Cass., 11/1/2007, n. 392; Cass., 11/1/2007, n. 394), ma deve essere congruo, dovendo pertanto tendere, in considerazione della particolarita’ del caso concreto e della reale entita’ del danno, alla maggiore approssimazione possibile all’integrale risarcimento v. Cass., 30/6/2011, n. 14402; Cass., Sez. Un., 11/11/2008, n. 26972; Cass., 29/3/2007, n. 7740), sicche’ e’ necessario tenere conto a fini risarcitori, in quanto sussistenti e provati, di tutti gli aspetti (o voci) di cui si compendiano sia la categoria generale del danno patrimoniale (v. Cass., 14/7/2015, n. 14645) che la categoria generale del danno non patrimoniale (v. Cass., 12/6/2015, n. 12211).
E’ rimesso al giudice accertare l’effettiva consistenza del pregiudizio allegato, a prescindere dal nome attribuitogli, individuando quali ripercussioni negative si siano per il creditore/danneggiato verificate, provvedendo alla relativa integrale riparazione (v. Cass., 13/5/2011, n. 10527; Cass., Sez. Un., 11/11/2008, n. 26972), con indicazione dei criteri assunti a base del procedimento valutativo (cfr., da ultimo, Cass., 14/7/2015, n. 14645).
Ne consegue che in presenza di una liquidazione di ammontare non congruo, in quanto irragionevole e sproporzionato per difetto o per eccesso (v. Cass., 31/8/2011, n. 17879), e pertanto sotto tale profilo non integrale, il sistema di quantificazione adottato si palesa per cio’ stesso inidoneo a consentire di pervenire ad una valutazione informata ad equita’, fondando i dubbi in ordine alla sua legittimita’.
Vale d’altro canto sottolineare che ai fini della valutazione equitativa del quantum di risarcimento da ridursi a carico del danneggiato puo’ se del caso farsi ricorso anche al criterio (della gravita’ della colpa e dell’entita’ delle conseguenze) posto all’articolo 1227 c.c., dettato in tema di concorso colposo del danneggiato ma da ritenersi di portata generale, e pertanto utilizzabile anche in caso di concorso tra una pluralita’ di danneggianti autori di condotte autonome ed indipendenti.
A tale stregua, essendo stata nel caso accertata la sussistenza di una (eccezionale) ipotesi di pregresso fattore naturale non ascrivibile a condotta umana imputabile, priva di incidenza causale sulla (successiva e autonoma) condotta colposa dei sanitari che hanno assistito al parto, quest’ultima ritenuta concausa determinante di un piu’ grave stato d’invalidita’, alla riduzione dell’ammontare risarcitorio, in considerazione della peculiarita’ della fattispecie, ex articolo 1226 c.c., puo’ invero pervenirsi alla valutazione equitativa del danno anche in percentuale diversa da quella di ravvisata incidenza causale della condotta o del fatto (v. Cass., 21/8/2018, n. 20829; Cass., 29/2/2016, n. 3893; Cass., 21/7/2011, n. 15991).
Va pertanto ribadito che al fattore naturale non imputabile privo di interdipendenza funzionale con l’accertata condotta colposa del sanitario, ma dotato di efficacia concausale nella determinazione dell’unica e complessiva situazione patologica riscontrata, non puo’ attribuirsi rilievo sul piano della ricostruzione del nesso di causalita’ tra detta condotta e l’evento dannoso, appartenendo ad una serie causale del tutto autonoma rispetto a quella in cui si inserisce il contegno del sanitario, bensi’ unicamente sul piano della determinazione equitativa del danno, potendosi cosi’ pervenire – sulla base di una valutazione da effettuarsi, in difetto di qualsiasi automatismo riduttivo, con ragionevole e prudente apprezzamento di tutte le circostanze del caso concreto – solamente ad una delimitazione del quantum del risarcimento (v. Cass., 21/8/2018, n. 20829; Cass., 20/11/2017, n. 27254; Cass., 29/2/2016, n. 3893; Cass., 3/2/2012, n. 1620; Cass., 21/7/2011, n. 15991. Contra v. peraltro Cass., 16/1/2009, n. 975).
Orbene, nell’impugnata sentenza la corte di merito ha invero disatteso i suindicati principi.
In particolare la’ dove ha affermato non essere “configurabile un rapporto contrattuale con il marito della gestante, e padre del neonato, il quale, al fine di ottenere il ristoro degli eventuali danni patiti in conseguenza della condotta colposa dei medici ospedalieri, avrebbe potuto agire ai sensi dell’articolo 2043 c.c.”.
Ancora, la’ dove e’ pervenuta a liquidare il quantum di risarcimento ritenuto spettante alla minore danneggiata (OMISSIS).
Nel confermare la responsabilita’ – ravvisata dal giudice di prime cure – della (OMISSIS), medico quel giorno in servizio presso la suindicata divisione di ostetricia e ginecologia dell’Ospedale (OMISSIS), “per non avere sottoposto la (OMISSIS) a tutti gli esami strumentali necessari ed imposti dai dati obbiettivi per accertare la grave sofferenza di un feto e le condizioni di un altro, in parto gemellare, al fine di assicurare un rapido trasferimento della – puerpera per il parto presso altra struttura attrezzata con Unita’ di Terapia . Intensiva Prenatale (UTIN)”, sulla base della CTU disposta ed espletata in appello la corte di merito ha ravvisato non addebitabile “la sintomatologia dolorosa lamentata dalla (OMISSIS) al momento del ricovero… ad una minaccia di parto pre-termine”, ma (privilegiando le conclusioni della 2 CTU disposta in sede di gravame in luogo di quelle cui e’ pervenuta la CTU espletata nel giudizio di 1 grado) ha ritenuto accertato “il nesso di causalita’ materiale tra la condotta omissiva colposa dei sanitari del (OMISSIS) – consistita nel non praticare il parto cesareo all’insorgere della sofferenza fetale connessa alla crisi di bradicardia, che i predetti non hanno neppure diagnosticato – ed il danno, essendosi la suddetta condotta posta come antecedente idoneo a generarlo, in base al criterio di probabilita’ relativa, del piu’ probabile che non (cfr. Cass. Civ., sez. III, n. 1591/2011)”.
Nel riformare, motivatamente discostandosene (“invece… reputa non esaustive le spiegazioni dei C.T.U…. circa la erroneita’ della diagnosi da distress respiratorio da deficit di surfattante – e, quindi, circa la esistenza di un fattore naturale non imputabile idoneo a generare l’evento dannoso – essendo insufficiente il richiamo all’epoca di gestazione (trentaduesima settimana), che non giustificherebbe la dedotta (dal C.Testo Unico Carbonaro) probabilita’ di danno derivante dalla malattia delle membrane ialine”. Cio’ in considerazione, per un verso, che nella fattispecie il feto aveva raggiunto uno sviluppo inferiore alla trentaduesima settimana, per altro verso, che una sua maggiore sofferenza derivava anche dalla complicata situazione connessa alla presenza in utero di un gemello in condizioni assai gravi, se non addirittura morto. I predetti consulenti, inoltre, non hanno considerato che l’anticipazione del parto di alcune ore avrebbe certamente comportato una situazione di sofferenza polmonare alla nascita ancora piu’ grave di quella riscontrata alle ore 20.30, dopo la terapia al cortisone. Una conferma della grave insufficienza polmonare nella piccola (OMISSIS) – su cui ha particolarmente insistito il C.Testo Unico (OMISSIS) – si ricava dalle annotazioni contenute nella cartella clinica dell’ospedale Aiuto Materno di (OMISSIS), in cui si da’ atto della grave insufficienza respiratoria a destra e dell’espandersi del polmone sinistro solo alle ore 9,00 del giorno – successivo alla nascita”: v. pagg. 24 e 25 della sentenza impugnata), la o’ sentenza del tribunale, ritenendo comprovata “in termini di certezza” la presenza di “un fattore naturale idoneo a generare le gravissime compromissioni alla nascita” costituita dalla “patologia delle membrane ialine” con “maggiore sofferenza” derivante “anche dalla complicata situazione connessa alla presenza di un gemello in condizioni assai gravi, se non addirittura morto” la corte di merito ha ravvisato difettare per converso “la prova che tale causa naturale abbia assunto efficacia determinante, si’ da escludere il nesso di causalita’ materiale tra la condotta omissiva dei sanitari ed il danno, non essendo possibile accertare, per le ragioni… relative alle lacune dei dati della cartella clinica, che non si fosse gia’ verificata la grave sofferenza ipossica intrapartale, che ha determinato la paralisi a livello encefalico e le ulteriori conseguenze riscontrate dopo la nascita”.
Ha dunque assegnato alla “sofferenza connessa alla malattia delle membrane ialine”, in ragione della “accertata gravita’”, incidenza “in misura preponderante sul danno, aggravandolo, avendo causato le gravi crisi ipossiche alla nascita…, non scongiurabili in una struttura sanitaria priva di UTIN”, riconducendo “il danno nella misura di due terzi alla causa naturale” e “il rimanente terzo alla condotta colposa dei sanitari dell’ospedale (OMISSIS)”.
Ha quindi rideterminato l’ammontare dal giudice di prime cure a titolo di risarcimento dei danni liquidato in favore della minore (OMISSIS), calcolandolo sulla base delle Tabelle di Milano, aggiornate al 2014, con aumento del 15% dell’individuato punto tabellare d’invalidita’ a titolo di personalizzazione, e ha quindi ridotto l’importo complessivamente determinato “di due terzi, in ragione dell’accertata incidenza del fattore naturale non imputabile ai sanitari”.
Emerge evidente come nella determinazione del quantum risarcitorio dovuto dai danneggianti la corte di merito ha pertanto fatto in realta’ luogo alla decurtazione in termini di automatica corrispondenza con la ravvisata percentuale incidenza causale nella determinazione del danno del fattore naturale non imputabile (nel caso, il deficit da surfactante, o malattia da distress o delle membrane ialine), in applicazione del diverso e non accolto criterio della c.d. causalita’ equitativo-proporzionale.
Avuto riguardo al 5 motivo, in ordine alla complessiva determinazione dell’importo del danno non patrimoniale liquidato in favore della minore danneggiata, va infine osservato che, diversamente da quanto dagli odierni ricorrenti sostenuto, la corte di merito ha nell’impugnata sentenza dato espressamente atto di avere proceduto “ad una nuova determinazione del danno non patrimoniale da lesione dell’integrita’ psico-fisica, in conformita’ al recente indirizzo giurisprudenziale… richiamato, tenendo conto delle diverse componenti distintamente valutate dal primo giudice, attinenti, rispettivamente, alla incapacita’ lavorativa generica, alla sofferenza soggettiva, sicuramente individuabile nonostante la gravissima compromissione delle facolta’ cerebrali, ed alla compromissione delle relazioni sociali e degli altri profili invocati a proposito del danno esistenziale”.
Facendo applicazione delle “tabelle del Tribunale di Milano aggiornate relative all’anno 2014”, la corte di merito ha tenuto conto “del valore per punto d’invalidita’… rapportato all’eta’ della persona danneggiata all’epoca del sinistro (1) ed alla percentuale dell’invalidita’ permanente accertata (100%)”, aumentando l’ammontare complessivo ottenuto “del 15% ai fini della personalizzazione”, in ragione “della gravissima menomazione, sia a livello fisico che psichico, che compromette irreparabilmente le funzioni ed attivita’ proprie della persona”.
A tale stregua, i giudici di merito hanno tenuto in effetti in considerazione, ai fini risarcitori, anche i profili relazionali del pregiudizio non patrimoniale subito dalla minore danneggiata, ivi ricompresi quelli di particolare gravita’ ed eccezionalita’ affettanti la medesima e integranti l’aspetto dinamico-relazionale del danno non patrimoniale indicato con la sintesi verbale di c.d. danno esistenziale, che questa Corte ha avuto ripetutamente modo di affermare dover essere – in caso di relativa accertata ricorrenza nello specifico caso concreto – anch’esso ristorato, oltre al pregiudizio ai rapporti della vita di relazione o c.d. pregiudizio dinamico relazionale normalmente conseguente, sulla base dell’id quod plerumque accidit, ad un determinato danno evento (cfr., in particolare, Cass., 30/10/2018, n. 27482; Cass., 31/5/2018, n. 13992; Cass., 29/1/2018, n. 2056; Cass.,17/1/2018,n. 901; Cass.,16/11/2017, n. 27229; Cass., 7/5/2018, n. 10912; Cass.,15/05/2018, n. 11754; Cass., 13/10/2017, n. 24075; Cass., 21/9/2017, n. 21939; Cass., 19/10/2016, n. 21060; Cass., 20/08/2015, n. 16992; Cass., 13/8/2015, n. 16788; Cass., 8/05/2015, n. 9320; Cass., 7/11/2014, n. 23778; Cass., 14/1/2014, n. 531; Cass., 17/04/2013, n. 9231; Cass., 13/5/2011, n. 10527).
Alla fondatezza dei primi 4 motivi del ricorso nei suesposti termini, consegue l’accoglimento p.q.r. del ricorso.
Dell’impugnata sentenza s’impone pertanto la cassazione in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla Corte d’Appello di Caltanissetta, che in diversa composizione procedera’ a nuovo esame, facendo dei suindicati disattesi principi applicazione.
Il giudice del rinvio provvedera’ anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie p.q.r. il ricorso. Cassa in relazione l’impugnata sentenza e rinvia, anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’Appello di Caltanissetta, in diversa composizione.

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