In tema di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni telefoniche

Corte di Cassazione, sezione quinta penale, Sentenza 22 aprile 2020, n. 12737.

Massima estrapolata:

In tema di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni telefoniche, la trascrizione delle stesse, anche quella effettuata nelle forme della perizia, non costituisce prova diretta di una conversazione, ma deve essere considerata solo come un’operazione rappresentativa in forma grafica del contenuto di prove acquisite mediante la registrazione fonica e può svolgersi, nel corso dell’istruttoria dibattimentale, contemporaneamente all’assunzione delle prove.

Sentenza 22 aprile 2020, n. 12737

Data udienza 17 febbraio 2020

Tag – parola chiave: Associazione di tipo mafioso – Principio del ne bis in idem – Aggravante di cui all’art.416 bis co 6 c.p. – Aggravante speciale ex art. 416 bis 1 c.p. – Narcotraffico – Associazione ex art.74 dpr 309/90 – Estorsione – Elementi distintivi dal reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni – Usura – Armi – Danneggiamento – Incendio – Concorso plurimo di persone – Condanna – Giudizio di legittimità – Caratteristiche – Motivi deducibili – Limiti – Intercettazioni – Perizia di trascrizione – Natura e caratteri – Valutazione delle conversazioni intercettate – Identificazione interlocutori – Testimonianza polizia giudiziaria – Trascrizione – Lita testimoniale del PM – Trattamento sanzionatorio – Sentenza Corte Cost. n. 40/2019 – Conseguenze – Prescrizione

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SABEONE Gerardo – Presidente

Dott. GUARDIANO Alfredo – Consigliere

Dott. CALASELICE Barbara – Consigliere

Dott. SESSA Renata – Consigliere

Dott. MOROSINI E. M. – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
1. (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
2. (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
3. (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
4. (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
5. (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
6. (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
7. (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
8. (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
9. (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
10. (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
11. (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
12. (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
13. (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
14. (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
15. (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
16. (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
17. (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
18. (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
19. (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
20. (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 03/10/2018 della CORTE di APPELLO di ROMA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Elisabetta Maria Morosini;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. LOY Maria Francesca, che ha concluso chiedendo: per (OMISSIS) l’annullamento senza rinvio per maturati termini di prescrizione per i reati di cui al capo A31 con eliminazione della pena di mesi 6 e rideterminazione della pena in anni 24; per (OMISSIS) l’annullamento senza rinvio con rideterminazione della pena in anni 20; per (OMISSIS) l’annullamento senza rinvio per maturati termini di prescrizione; per (OMISSIS) e (OMISSIS) l’annullamento con rinvio limitatamente alla rideterminazione della pena ed inammissibilita’ nel resto; per (OMISSIS) l’annullamento senza rinvio limitatamente alla rideterminazione della pena ed inammissibilita’ nel resto; inammissibilita’ per i restanti ricorsi;
uditi i difensori degli imputati che hanno cosi’ concluso:
l’avvocato (OMISSIS), per (OMISSIS), chiede l’accoglimento del ricorso;
l’avvocato (OMISSIS), per (OMISSIS), chiede l’accoglimento del ricorso;
l’avvocato (OMISSIS), per (OMISSIS), chiede l’accoglimento del ricorso; l’avvocato (OMISSIS), per (OMISSIS), chiede l’accoglimento del ricorso;
l’avvocato (OMISSIS), per (OMISSIS), chiede l’accoglimento del ricorso;
l’avvocato (OMISSIS), per (OMISSIS), chiede l’accoglimento del ricorso; l’avvocato (OMISSIS), per (OMISSIS), chiede l’accoglimento del ricorso e dei motivi di cui alla memoria depositata il 06/02/2020;
l’avvocato (OMISSIS), per (OMISSIS), chiede l’accoglimento del ricorso, insistendo in particolare sui motivi 2 e 6;
l’avvocato (OMISSIS), per (OMISSIS), in punto di associazione per delinquere, chiede che il reato venga qualificato come associazione di natura semplice e non di natura mafiosa; insiste per l’accoglimento del ricorso; l’avvocato (OMISSIS), per (OMISSIS), chiede l’accoglimento del ricorso;
l’avvocato (OMISSIS), per (OMISSIS), in punto di associazione per delinquere, chiede che il reato venga qualificato come associazione di natura semplice e non di stampo mafioso; insiste per l’accoglimento del ricorso;
l’avvocato (OMISSIS), per Cali Antonino, chiede l’accoglimento del ricorso; l’avvocato (OMISSIS), per (OMISSIS), chiede l’accoglimento del ricorso; l’avvocato (OMISSIS), per (OMISSIS), chiede l’accoglimento del ricorso e dei motivi aggiunti;
l’avvocato (OMISSIS), per (OMISSIS) e (OMISSIS), chiede l’accoglimento dei ricorsi;
l’avvocato (OMISSIS), per (OMISSIS), chiede che venga riconosciuta la fattispecie di lieve entita’ e si riporta ai motivi di ricorso; per (OMISSIS) si riporta ai motivi di ricorso; per l’imputato (OMISSIS) chiede l’annullamento della sentenza impugnata ed insiste per raccoglimento del ricorso; per (OMISSIS) richiama la memoria depositata ed insiste per l’accoglimento del ricorso; l’avvocato (OMISSIS), per (OMISSIS), chiede l’accoglimento del ricorso; l’avvocato (OMISSIS), per (OMISSIS), chiede l’annullamento della sentenza impugnata ed insiste per l’accoglimento del ricorso;
l’avvocato (OMISSIS), per (OMISSIS), chiede l’accoglimento del ricorso;
l’avvocato (OMISSIS), per (OMISSIS), chiede l’accoglimento del ricorso e rileva che nelle more e’ maturata prescrizione.

SOMMARIO:

Ritenuto in fatto:
1. La decisione impugnata pag. 6.
2-22. I motivi dei ricorsi proposti dagli imputati pag. 10.
Considerato in diritto.
1. Esiti della decisione pag. 46.
2. I caratteri del giudizio di legittimita’.
2.1 Casi e limiti del ricorso per cassazione pag. 47.
2.2 Considerazioni generali sui ricorsi proposti pag. 47.
3. Le questioni processuali comuni.
3.1 Intercettazioni pag. 50.
3.1.1 Premessa pag. 50.
3.1.2 Natura e caratteri della cd. “perizia di trascrizione” pag. 52.
3.1.3 Intercettazioni e testimonianza della polizia giudiziaria pag. 52.
3.1.4 Trascrizioni e testimonianza della polizia giudiziaria pag. 54.
3.1.5 Valutazione delle conversazioni intercettate pag. 54.
3.1.6 Identificazione degli interlocutori pag. 55.
3.2. La lista testimoniale del Pubblico ministero e ulteriori questioni sulla testimonianza della polizia giudiziaria pag. 56.
4. Le questioni sostanziali comuni.
4.1 L’associazione di tipo mafioso (capo A) pag. 58.
4.2 II principio del “ne bis in idem” pag. 66.
4.3 L’aggravante di cui all’articolo 416-bis c.p., comma 6, pag. 68.
4.4 L’aggravante speciale di cui articolo 416 bis.1 c.p. pag. 70.
4.5 L’associazione di narcotraffico, Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74 (capo B) pag. 71.
4.6 Il reato di estorsione e gli elementi distintivi dal reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni pag. 75.
5. Il trattamento sanzionatorio.
5.1 La sentenza della Corte Costituzionale n. 40 del 2019 pag. 77.
5.2 Determinazione della pena: i binari del giudizio di legittimita’ pag. 79.
6. (OMISSIS) pag. 79.
7. (OMISSIS) pag. 81.
8. (OMISSIS) pag. 90.
9. (OMISSIS) pag. 102.
10. (OMISSIS) pag. 106.
11. (OMISSIS) pag. 112.
12. (OMISSIS) pag. 119.
13. (OMISSIS) pag. 126.
14. (OMISSIS) pag. 127.
15. (OMISSIS) pag. 129.
16. (OMISSIS) pag. 133.
17. (OMISSIS) pag. 136.
18. (OMISSIS) pag. 139.
19. (OMISSIS) pag. 143.
20. (OMISSIS) pag. 145.
21. (OMISSIS) pag. 147.
22. (OMISSIS) pag. 149.
23. (OMISSIS) pag. 152.
24. (OMISSIS) pag. 154.
25. (OMISSIS) pag. 156.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Roma ha parzialmente riformato la sentenza di primo grado pronunciata nei confronti di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS).
La decisione ha ad oggetto:
– il reato di associazione di tipo mafioso ravvisato nella costituzione del sodalizio denominato “clan (OMISSIS)”, promosso, capeggiato e diretto da (OMISSIS) (capo A);
– i relativi delitti scopo o comunque i delitti collegati quali: violazione della misura di prevenzione (capo A1), riciclaggio (capo A2, A35, A37), reimpiego (capo A3), intestazione fittizia (capi A5, A34, A36, A38, A39, A42), estorsioni (capi A8, A9, A10, A11, A15, A18, A22, A23, A28, A29, A30), usure (capi A13, A14), detenzione e porto illegale di armi da fuoco (capi A16, A31), danneggiamento seguito da incendio (capo A21), false dichiarazioni sulla propria identita’ (capo A32);
– il reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74 configurato in relazione a una associazione, capeggiata da (OMISSIS), dedita al traffico di cocaina, hashish e marijuana, e finalizzata ad agevolare il “clan (OMISSIS)” (capo B);
– i relativi delitti scopo (capi B2, B3, B7, 69, B10, B11, B12, B13, B20, B21, B22, B23);
– il reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74 riferito a un’altra associazione criminosa finalizzata al commercio di cocaina e hashish nella piazza di spaccio del quartiere “Quarticciolo-Centocelle”, organizzata a diretta da (OMISSIS) (capo C);
– i delitti – scopo (capi C1, C4, C6, C12, C13, C14, C16);
– il reato di tentata estorsione addebitato a (OMISSIS) (capo F).
1.1 In particolare, per quanto qui interessa, la Corte di appello ha cosi’ deciso: – ha confermato la condanna di (OMISSIS) alla pena di anni trenta di reclusione in ordine ai reati di cui ai capi A, Al, A8, A15, A29, A32, B;
– ha confermato la condanna di (OMISSIS) in ordine al reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 4 (capo B9) alla pena di anni 7 di reclusione ed Euro 70.000 di multa;
– ha assolto (OMISSIS) dal capo C perche’ il fatto non sussiste e dichiarato non doversi procedere in relazione al capo C4 perche’ estinto per prescrizione; ha rideterminato la pena per i residui reati di cui ai capi C12, C13, C14, C16, in anni cinque, mesi sette di reclusione e Euro 33.000 di multa;
– ha ridotto la pena inflitta a (OMISSIS) (capo B11) in anni quattro, mesi sette di reclusione e Euro 42.000 di multa;
– ha assolto (OMISSIS) dal delitto di cui al capo B16 per non aver commesso il fatto e, qualificata l’ipotesi del capo B21 quale violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 4, ha rideterminato la pena per i residui reati di cui ai capi B, B3, B7, B9, B21, in anni ventuno di reclusione;
– ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di (OMISSIS) in relazione ai capi A34, A36 perche’ estinti per prescrizione ed ha rideterminato la pena per i residui reati di cui ai capi A35, A37 in anni quattro, mesi sei di reclusione e Euro 2.500 di multa;
– esclusa per (OMISSIS) l’aggravante della recidiva specifica e reiterata, ha rideterminato la pena per il reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 4 (capo B13) in anni sei, mesi quattro di reclusione e Euro 64,000 di multa;
– qualificato per (OMISSIS) il capo A quale concorso esterno nell’associazione, esclusa in relazione al capo A18 l’aggravante dell’articolo 628 c.p., comma 3, n. 3, ha rideterminato la pena per i residui reati di cui ai capi A, A8, A15, A18, A22, A23 in anni quattordici di reclusione e Euro 6.000 di multa;
– ha assolto (OMISSIS) dal delitto di cui al capo B13 per non aver commesso il fatto; esclusa la recidiva, concesse le circostanze attenuanti generiche, ritenute equivalenti alle aggravanti, ha rideterminato la pena per i residui reati di cui ai capi A, A5, A31, A42, B, B11 in anni ventiquattro, mesi sei di reclusione;
– ha assolto (OMISSIS) dal delitto di cui al capo F perche’ il fatto non sussiste; esclusa la recidiva, ha rideterminato la pena per i residui reati di cui ai capi A13, A14, A15, A16 in anni nove di reclusione e Euro 3.200 di multa;
– esclusa per (OMISSIS) l’aggravante dell’articolo 628 c.p., comma 3, n. 3 in relazione al capo A28, ha rideterminato la pena per detto reato e per quelli residui di cui ai capi B, B1 in anni dieci e mesi otto di reclusione;
– ha assolto (OMISSIS) dal reato ascrittogli al capo A39 per non aver commesso il fatto, esclusa la recidiva ha rideterminato la pena per i residui reati di cui ai capi A, A9, A10, A11, A21, A22, A34, A36, A38, B, B10, B12 in anni diciotto e mesi dieci di reclusione;
– esclusa la recidiva e l’aggravante di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 6, ha rideterminato la pena inflitta a (OMISSIS) in anni nove, mesi tre di reclusione e Euro 5.500 di multa (capi A15, A22, B23);
– esclusa la recidiva, ha ridotto la pena inflitta a (OMISSIS) in anni diciotto e mesi undici di reclusione (capi A, A9, A10, All, A21, A22, A34, A36, A38, A39, B, 510, B11);
– esclusa la recidiva, ha ridotto la pena inflitta a (OMISSIS) per il reato di estorsione di cui al capo A30 in anni cinque di reclusione e Euro 2.000 di multa;
– ha ridotto la pena inflitta a (OMISSIS) in anni cinque, mesi sei di reclusione (capi A, A2, A3, A5, A42);
– qualificato, nei confronti di (OMISSIS), il fatto di cui al capo B21 quale violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 4, ha ridotto la pena ad anni quattro di reclusione ed Euro 20.000 di multa;
– ha assolto (OMISSIS) dal capo C perche’ il fatto non sussiste e dal capo C4 per non aver commesso il fatto; qualificati i fatti di cui ai residui capi B20, B21, quale violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 4, ha rideterminato la pena in anni cinque, mesi otto di reclusione e Euro 28.000 di multa;
– esclusa quanto a (OMISSIS) l’aggravante della L. n. 203 del 1991, articolo 7 e la recidiva, ha rideterminato la pena in anni tre, mesi tre di reclusione ed Euro 900 di multa (capo A22);
– ha assolto (OMISSIS) dal capo C perche’ il fatto non sussiste; qualificati i fatti di cui ai capi B20, B21, B22 quali violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 4, ha rideterminato la pena per i residui reati di cui ai capi B, 520, B21, B22, C1, C4, C6 in anni sedici e mesi otto di reclusione.
1.2 Le sentenze di merito hanno ricostruito probatoriamente l’esistenza e l’operativita’ di un’organizzazione criminosa di stampo mafioso, insediata ed operante nella zona sud-est del Comune di Roma e nel quartiere “(OMISSIS)”, denominata “clan (OMISSIS)”, dal nome dell’esponente di vertice (OMISSIS) (capo A).
(OMISSIS), dopo aver militato a lungo nei ranghi della camorra, si e’ trasferito in “soggiorno obbligato” a Roma dove ha costituito uno stabile sodalizio con soggetti provenienti dalla Campania a lui legati sin dal passato, come (OMISSIS), coinvolgendo al contempo, grazie alle proprie conoscenze, rappresentanti storici della malavita locale come (OMISSIS), personaggio inserito nel traffico degli stupefacenti e nel riciclaggio, o (OMISSIS) dedito alle estorsioni. In tal modo (OMISSIS) ha dato vita a un gruppo criminale, di cui lui era il capo indiscusso, che agiva con modalita’ mafiose, modalita’ che costituivano l’eredita’ delle sue precedenti esperienze, ma che egli e i suoi sodali hanno saputo adattare al nuovo contesto, cosi’ da imporsi sul territorio esprimendo una forza di intimidazione, riconoscibile sia all’interno che all’esterno tanto da produrre assoggettamento del territorio e omerta’ diffusa.
Il clan (OMISSIS) ha stretto rapporti con i ” (OMISSIS)”, ha contrattato con i ” (OMISSIS)”, famiglia mafiosa di estrazione napoletana, si e’ imposto sulla criminalita’ locale risolvendo pregresse situazioni di conflitto.
L’associazione di (OMISSIS) si e’ dedicata stabilmente al traffico di stupefacenti, ricorrendo all’estorsione quale modalita’ di recupero dei corrispettivi e al riciclaggio dei profitti illeciti; ha cercato inoltre di insinuarsi anche in settori leciti dell’economia quali il commercio di orologi di pregio e l’installazione di slot machine.
Dell’associazione ha fatto parte anche (OMISSIS), condannato all’esito di giudizio abbreviato con sentenza divenuta irrevocabile.
Sono emerse le figure di (OMISSIS) e (OMISSIS), responsabili del recupero crediti e quella’ di (OMISSIS) che, divenuto consigliere di fiducia di (OMISSIS), sovraintendeva agli affari e gestiva il riciclaggio del denaro.
Gli associati rispondevano a (OMISSIS), figura apicale, con cui avevano rapporti diretti solo gli strettissimi collaboratori ( (OMISSIS) e (OMISSIS)). (OMISSIS) dirigeva l’associazione dettandone il programma d’azione ed esercitando un potere indiscusso sui propri uomini.
Il clan si e’ avvalso del contributo “esterno” di (OMISSIS), esperto nel settore degli orologi di pregio; nonche’ di quello di (OMISSIS) (condannato in primo grado come “partecipe”), dedito al recupero violento di crediti “per conto terzi”.
Lo stesso compendio istruttorio ha costituito il fondamento per l’affermazione di responsabilita’ degli imputati in ordine ad ulteriori, plurimi reati – sovente aggravati ai sensi dell’articolo 7, Decreto Legge n. 152 del 1991 – maturati nel medesimo periodo e nel medesimo contesto ambientale (capi A1, A2, A3, A5, A8, A9, A10, A11, A13, A14, A15, A16, A18, A21, A22, A23, A28, A29, A30, A31, A32, A34, A35, A36, A37 A38, A39, A42).
E’ stata poi accertata la costituzione di una associazione dedita al commercio di sostanze stupefacenti (capo 5), capeggiata da (OMISSIS), organizzata anche da (OMISSIS) e composta da (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), nonche’ da (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), condannati, questi ultimi tre, all’esito di giudizio abbreviato con sentenza divenuta irrevocabile.
In base alle pronunce di merito l’associazione, mediante il commercio di sostanze stupefacenti (capi B1, B3, B7, B9, B10, B11, B12, B13, B20, B21, B22, B23), ha garantito al sodalizio mafioso la sua principale fonte di guadagno; ha operato nelle piazze di spaccio di Roma; e’ stata promossa, finanziata e diretta da (OMISSIS) mediante l’accorpamento di soggetti e organizzazioni gia’ presenti sul territorio, come nel caso di (OMISSIS) e (OMISSIS), oppure mediante affiliazioni come nel caso di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS); l’incorporazione e’ avvenuta soprattutto mediante l’acquisizione di crediti vantati dai fornitori di stupefacenti.
La Corte di appello ha invece escluso l’esistenza di un’ulteriore associazione criminale promossa da (OMISSIS), finalizzata al commercio al dettaglio di stupefacente nei quartieri di Roma “(OMISSIS)” e “(OMISSIS)” (capo C), mentre ha confermato la responsabilita’ di (OMISSIS) (capi C1, C4, C6) e di (OMISSIS) (C12, C13, C14, C16) per singoli episodi di detenzione o cessione di sostanze stupefacenti.
2. Avverso la sentenza ricorrono tutti i predetti imputati, tramite i rispettivi difensori, articolando i motivi di seguito enunciati nei termini strettamente necessari ai sensi dell’articolo 173 disp. att. c.p.p., comma 1.
3. (OMISSIS) propone un unico motivo, con il quale denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in ordine all’accertamento della sua consapevolezza di far parte della associazione di narcotraffico di cui al capo B).
L’imputato si e’ reso responsabile di una sola cessione (capo B1); il suo eventuale coinvolgimento e’ circoscritto a un limitato arco temporale (dal febbraio 2009 al maggio 2009).
La sentenza valorizza i fatti di cui ai capi A28 e A29 che tuttavia riguardano episodi estorsivi non legati al traffico di stupefacenti.
4. (OMISSIS) si affida a diciassette motivi, con i quali oltre alla decisione impugna anche le ordinanze di rigetto delle eccezioni via via proposte.
4.1 Con il primo eccepisce la nullita’ del decreto di giudizio immediato in ordine al capo Al) per indeterminatezza dell’imputazione.
4.2 Con il secondo deduce l’inammissibilita’ della lista testimoniale del pubblico ministero, perche’ inficiata dalla generica indicazione delle circostanze e dei temi di esame in relazione ai testi indicati dal numero 1 al numero 21.
4.3 Con il terzo fa valere la nullita’ delle deposizioni testimoniali rese dagli appartenenti alla polizia giudiziaria in ordine al contenuto delle intercettazioni.
Sostiene il ricorrente che il codice di rito prevede o l’ascolto dei nastri in aula oppure la lettura delle trascrizioni effettuate a norma dell’articolo 268 c.p.p., comma 7.
Secondo la giurisprudenza della Corte di cassazione le deposizioni testimoniali aventi ad oggetto il contenuto delle conversazioni intercettate sono affette da nullita’ a regime intermedio, che, nel presente processo, il difensore ha tempestivamente eccepito.
4.4 Con il quarto motivo deduce, ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1 lettera c), la violazione degli articoli 178 e 498 c.p.p., articolo 111 Cost. e articolo 6, lettera d) CEDU.
All’udienza del 17 febbraio 2016 il Tribunale anziche’ proseguire con il controesame del teste (OMISSIS), la cui audizione era iniziata il 10 febbraio e proseguita il 12 febbraio, aveva disposto che si procedesse alle audizioni di altri testimoni ( (OMISSIS) e (OMISSIS)) e cosi’ era accaduto alla udienza del 20 aprile 2016. In tale modo si sarebbe violato il diritto al controesame, quello di difesa, nonche’ il principio di parita’ delle parti.
4.5 Con il quinto lamenta vizio di omessa risposta rispetto alle numerose questioni devolute che vengono riprodotte in ricorso.
4.5.1 In premessa si evidenzia che:
– la Corte di appello avrebbe tenuto in considerazione anche gli episodi estorsivi non provati;
– sarebbe platealmente illegittima la trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica a carico di alcuni testi, dalla cui condotta processuale i giudici di merito hanno suggestivamente ricavato prova della forza di intimidazione del sodalizio criminale;
– i fatti di cui ai capi A7, A18, A19, A20, A46, A47 dimostrerebbero: “la presenza di un altro soggetto di nome (OMISSIS)”; la riferibilita’ dei soprannomi “(OMISSIS)” e “(OMISSIS)” ad altre persone; le imprecisioni contenute nei brogliacci e le forzature commesse dagli inquirenti; l’estraneita’ di (OMISSIS) alle vicende connesse al riciclaggio e alle intestazioni fittizie.
4.5.2 In secondo luogo si rappresenta che (OMISSIS) e’ stato assolto con sentenza irrevocabile pronunciata dal giudice per le indagini preliminari di Roma il 12 luglio 2010 dai reati di cui all’articolo 416-bis c.p. e Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74.
Tale decisione coprirebbe buona parte del periodo temporale (fino al 12 luglio 2010) in rilievo anche nel presente processo e si porre a conclusione di una serie di pronunce incidentali che avrebbero smentito l’assunto accusatorio in forza del quale (OMISSIS) avrebbe capeggiato un’associazione mafiosa a Roma.
A fronte di tanto la Corte di appello avrebbe dovuto adottare “una motivazione rafforzata” di cui tuttavia non vi e’ traccia.
4.5.3 Con il gravame il difensore aveva investito la Corte di appello del compito di selezionare, da un lato, gli elementi ritenuti probanti della associazione mafiosa (capo A) e, dall’altro, quelli sintomatici della associazione dedita al narcotraffico (capo B).
Cio’ non e’ stato fatto, alimentando la confusione e la sovrapposizione tra le condotte.
4.5.4 L’esito della perizia sulle intercettazioni telefoniche avrebbe ridimensionato il ruolo di (OMISSIS) rispetto a quanto emergente dai “brogliacci” redatti dagli investigatori, di talche’ nessuna valenza potrebbe avere la sentenza irrevocabile di condanna pronunciata nei confronti del coimputato (OMISSIS), che su quei “brogliacci” si fonda.
Il Tribunale avrebbe commesso una serie di errori: si e’ affidato solo alla deposizione dei testimoni; ha ascoltato direttamente le registrazioni, superando la trascrizione peritale; ha travisato il dato captativo; si e’ allontanato dal contenuto della perizia.
Si citano ad esemplificazione varie conversazioni, ponendone in evidenza i punti critici devoluti ma non risolti dalla Corte di appello.
A proposito della conversazione del 10 aprile 2010 si rileva che (OMISSIS) spende il nome di ” (OMISSIS)”, non del “clan (OMISSIS)”, e che dal colloquio risulta chiaramente come non sia stato (OMISSIS) a spostare (OMISSIS) dal settore del narcotraffico a quello dei videogiochi.
4.6 Con il sesto motivo il ricorrente denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al reato di cui all’articolo 416-bis c.p. e alla mancata derubricazione in quello di cui all’articolo 416 c.p..
Dopo aver richiamato la sentenza del 12 luglio 2010 con cui il giudice per le indagini preliminari ha escluso che, fino alla data della decisione, esistesse a Roma un’associazione mafiosa capeggiata da (OMISSIS).
Tale decisione rileva, ai sensi dell’articolo 238-bis c.p., nel presente procedimento che al capo A) riguarda una associazione mafiosa operante in Roma dal mese di novembre 2008 “con condotta perdurante”.
Per superare la pronuncia assolutoria concernente condotte analoghe e temporalmente sovrapponibili, si sarebbe dovuto disporre di emergenze probatorie particolarmente pregnanti ai sensi dell’articolo 416-bis c.p..
Cosi’ non e’: non sono emersi fatti di sangue; non si sono verificati fatti violenti, tranne il “banale incendio di un’autovettura” nel quale non e’ coinvolto (OMISSIS); difettano i “classici reati di mafia ai danni di imprenditori e commercianti”; le estorsioni commesse a Roma riguardano il commercio di sostanze stupefacenti e dunque l’associazione di narcotraffico.
L’organizzazione di (OMISSIS), a differenza di altre realta’ criminali, non e’ radicata sul territorio romano, non esprime all’esterno forza di intimidazione, che neppure le deriva dalla camorra insediata nelle province di Benevento e Avellino; non esige “il pizzo” dai commercianti (circostanza di cui si stupisce il “boss e capostipite (OMISSIS)”); non e’ inserita nel tessuto economico (il controllo della gestione delle slot machine si e’ esaurito in un’unica installazione “neppure sfociata in condanna”).
Difetta pertanto il requisito della “esteriorizzazione”, che i giudici di merito invece tentano inutilmente di ricavare da labili elementi privi di effettiva significativita’.
4.7 Con il settimo motivo denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al profilo del “ne bis in idem” rispetto a tre pronunce: sentenza pronunciata dal Tribunale di Benevento il 12 febbraio 2015; sentenza di assoluzione pronunciata dal giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Roma il 12 luglio 2010; sentenza del giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Napoli del 22 febbraio 2016.
Ricorrono i presupposti della identita’ del fatto secondo la sentenza n. 200 del 2016 della Corte Costituzionale, in quanto coincidono: reato, ruolo, clan, finalita’, zona di operativita’.
L’eccezione e’ stata respinta dai giudici di merito sulla scorta di dati e circostanze “non pertinenti” e comunque “non decisive”.
4.8 Con l’ottavo motivo lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla ritenuta configurabilita’ della circostanza aggravante di cui all’articolo 416-bis c.p., comma 6.
Dagli atti processuali non sarebbe possibile ricavare l’esistenza di un’attivita’ economica di cui gli associati avrebbero assunto o mantenuto il controllo, ne’ sul punto e’ stata fornita adeguata motivazione.
4.9 Con il nono denuncia violazione di legge in relazione alla L. n. 1423 del 1956, articolo 9 (capo A1).
La guida senza patente e’ sanzionabile in base alla relativa specifica previsione normativa.
Mentre e’ carente la motivazione sulla condotta di “associarsi abitualmente” con soggetti pregiudicati.
4.10 Con il decimo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74.
L’istruttoria dibattimentale avrebbe dimostrato l’estraneita’ di (OMISSIS) all’attivita’ di narcotraffico, tanto e’ vero che l’imputato:
– non e’ concorrente in alcuno dei delitti-fine;
– non e’ coinvolto dalle indagini sul traffico di stupefacenti;
– la sua figura non emerge in alcuna delle innumerevoli conversazioni intercettate aventi ad oggetto il commercio dl sostanze stupefacenti;
– e’ stato sottoposto a intercettazione ambientale dal novembre 2009 ad aprile 2010, all’interno della propria abitazione, che secondo l’accusa sarebbe la base dell’associazione, senza che emergesse un solo elemento indiziante;
– si e’ sempre dedicato alla commissione di reati di natura diversa;
– non e’ collocato nel settore del narcotraffico dai collaboratori di giustizia (OMISSIS) e (OMISSIS).
In ogni caso nessuna motivazione e’ offerta in punto di stabilita’ del contributo offerto dal (OMISSIS) alla associazione criminosa.
4.11 Con l’undicesimo, il dodicesimo e il tredicesimo motivo denuncia violazione di legge sostanziale e processuale, nonche’ vizio di motivazione sui capi A8, A15 e A29.
Rappresenta il ricorrente che non si dispone delle dichiarazioni delle persone offese, che non sono neppure state identificate, nonostante fosse agevole farlo.
La prova e’ integralmente affidata ai risultati delle intercettazioni, da cui tuttavia non emerge la causale del debito e, dunque, l’ingiustizia del profitto.
Gli esiti delle trascrizioni peritali dimostrerebbero il reale andamento dei fatti superando la diversa ricostruzione prospettata dalla polizia giudiziaria.
4.11.1 In particolare quanto al capo A8, la Corte di appello, accogliendo il motivo di gravame, ha seguito la perizia in merito alle parole profferite nel corso della conversazione (“uscimm in motocicletta a Fiumicino, scartamm pure i varchi” e non “scassam pure e varche” come ritenuto dal Tribunale in base all’ascolto diretto), tuttavia non ha portato il ragionamento a conclusione, confermando, nonostante tutto, la condanna.
4.11.2 Quanto al capo A15, la persona offesa (OMISSIS) avrebbe riferito: di non aver mai visto ” (OMISSIS) (OMISSIS)”; di non averne mai sentito parlare; di aver colto solo allusioni alla sua origine “calabrese”.
4.11.3 Sul capo A29, l’istruttoria svolta avrebbe dimostrato la completa estraneita’ di (OMISSIS) alla condotta estorsiva, posta in essere da (OMISSIS) e (OMISSIS) su incarico di (OMISSIS), il quale vantava nei confronti delle persone offese un credito connesso al commercio di stupefacente.
In ogni caso “le condotte in contestazione andavano inquadrate sotto il paradigma normativo di cui all’articolo 416-bis c.p. ovvero in quello di cui all’articolo 393 c.p.”.
4.12 Con il quattordicesimo motivo si assume che il reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74 dovrebbe essere ricondotto alla fattispecie di cui al comma 6 del medesimo articolo, poiche’: i sequestri di sostanza stupefacente non si riferiscono alla associazione; l’ambito di operativita’ e’ circoscritto a una zona limitatissima della citta’; il commercio illecito riguardava droghe cd. “leggere”.
4.13 Con il quindicesimo ci si duole del riconoscimento della circostanza aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, articolo 7 in relazione al capo A32.
Dopo aver premesso che il Tribunale pur avendo assolto l’imputato dal reato di cui al capo A33 non lo ha riportato in dispositivo, il ricorrente sostiene che rispetto al capo A32 “difetta la prova circa la sussistenza della aggravante mafiosa” come gia’ era stato osservato in sede di gravame senza ottenere risposta da parte della Corte distrettuale.
4.14 Con il sedicesimo motivo si duole della eccessiva severita’ del trattamento sanzionatorio e, in particolare, dell’ingiustificato aumento apportato per la recidiva.
4.15 Con il diciassettesimo motivo denuncia violazione di legge in ordine al mancato riconoscimento della “continuazione” tra i fatti oggetto del presente procedimento e quelli di cui alla ordinanza ex articolo 671 c.p.p. resa dalla Corte di appello di Napoli in data 14 dicembre 2006, la quale gia’ ha riconosciuto, in favore del (OMISSIS), il legame ex articolo 81 c.p., comma 2, tra l’associazione di cui al capo A) della sentenza n. 5383/05 e quella giudicata con sentenza della Corte di appello di Napoli in data 11 aprile 2001, come risulta anche dal casellario giudiziale.
Evidenzia il ricorrente che con l’atto di appello aveva gia’ sottolineato la ricorrenza di numerosi indici della identita’ tra le due associazioni:
– il medesimo contesto spazio-temporale: le condotte di cui alla sentenza del 5383/05 sono cessate, per fictio iuris, alla data di pronuncia della sentenza di primo grado (1 dicembre 2002), momento in cui (OMISSIS) sradica i suoi interessi dal territorio campano per indirizzarli verso la citta’ di Roma;
– la “collocazione cronologica e il locus”: Roma e Benevento;
– il programma del clan, dimostrato dalle condanne per estorsione;
– le modalita’ omogenee dell’azione (“minacce implicite derivanti dalla appartenenza di (OMISSIS), ruolo assunto nella condotta estorsiva”), la sistematicita’ della condotta, la tipologia dei reati e la causale (“azioni finalizzate a favorire il gruppo criminale di appartenenza”).
Nonostante gli elementi rappresentati, la Corte di appello ha respinto la richiesta sulla scorta di una motivazione scarna non pertinente alle argomentazioni difensive.
4.16 In data 11 febbraio 2020 l’avv. Vannetiello ha effettuato una produzione di documenti allegati con nota di accompagnamento.
4.17 In data odierna l’avv. (OMISSIS) ha depositato “nota di produzione di sopravvenuta sentenza emessa dalla Suprema Corte nonche’ richiesta di rinvio in attesa della decisione delle Sezioni Unite sugli articoli 629 e 393 c.p.”.
5. (OMISSIS) articola sedici motivi con l’atto a firma dell’avv. (OMISSIS); nonche’ sei motivi con l’atto a firma dell’avv. (OMISSIS).
5.1 Con il primo motivo del ricorso dell’avv. (OMISSIS) eccepisce l’inutilizzabilita’ degli esiti dell’attivita’ di intercettazione in conseguenza della mancata redazione dei processi verbali delle operazioni di registrazione, adempimento previsto a pena di inutilizzabilita’ dall’articolo 268 c.p.p., comma 1 e articolo 271 c.p.p..
In atti vi sono i processi verbali “di ascolto” e quelli di inizio e fine delle operazioni di ascolto, ma non quelli “di registrazione” che hanno la funzione di documentare modalita’, tempi, autori della “registrazione” vale a dire un’attivita’ diversa dalle prime due, considerato che registrazione e ascolto non sono operazioni contestuali, come invece hanno erroneamente ritenuto i giudici di merito.
La dedotta inutilizzabilita’ travolgerebbe la pronuncia di condanna dell’imputato, che si fonda esclusivamente sugli esiti dell’attivita’ di intercettazione.
5.2 Con il secondo motivo lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla configurabilita’ del reato di cui al capo A) e alla sua qualificazione giuridica ai sensi dell’articolo 416-bis c.p..
Sostiene il ricorrente che a differenza dei sodalizi criminali riconducibili alla âEuroËœndrangheta quelli di derivazione campana sono autonomi rispetto ai corrispondenti clan della regione di origine, sicche’, per i secondi, in assenza del vincolo con la “casa madre”, occorre dimostrare il possesso e l’esercizio “nei fatti” della forza di intimidazione derivante dal vincolo associativo espresso dalla “nuova associazione”.
Secondo la medesima giurisprudenza richiamata dal Tribunale, gli elementi costitutivi del reato di cui all’articolo 416-bis c.p. sono tre: il possesso e l’esercizio della forza di intimidazione che promana dal vincolo associativo; lo stato di soggezione ed omerta’ indotto nelle vittime; la relazione di implicazione reciproca tra i primi due elementi.
Tali presupposti difetterebbero nel caso di specie.
E’ pacifico che il gruppo facente capo al (OMISSIS) non aveva legami con la camorra beneventana di origine e non avrebbe potuto derivare da questa la propria forza intimidatrice.
Il Tribunale aveva individuato quattordici elementi di caratterizzazione mafiosa, tredici dei quali, pero’, privi di valenza tipizzante.
La Corte di appello avrebbe “ripiegato” su di un profilo soggettivo, valorizzando la figura del (OMISSIS), che sarebbe riuscito a dare vita alla associazione mafiosa gia’ a decorrere dal novembre 2008, vale a dire a distanza di appena due mesi dal suo trasferimento a Roma, avvenuto il 14 agosto 2008.
Il ricorso sistematico alla violenza non e’ dimostrativo della forza di intimidazione della associazione, ma semmai del contrario, proprio perche’ per le associazioni mafiose e’ sufficiente la “spendita del nome”, senza necessita’ di ricorrere alla violenza per imporsi sul territorio.
La “condizione di omerta’” cui fa riferimento l’articolo 416-bis c.p. non e’ l’omerta’ delle singole persone offese, ma uno stato “generalizzato” ossia relativo a un numero significativo di soggetti non necessariamente coincidenti con le vittime dei reati.
Le sentenze richiamano, invece, il requisito della “territorialita’” che e’ estraneo alla fattispecie tipica, cosi’ come irrilevante sarebbe la ricerca e l’esercizio di attivita’ lecite, che assumono significato non in se’ e per se’ ma soltanto qualora realizzate con “modalita’ mafiose”.
Infine le sentenze si concentrerebbero solo sul carattere della “mafiosita’” senza nulla dire della effettiva costituzione di un’associazione per delinquere.
5.3 Con il terzo motivo il ricorrente denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla sussistenza della associazione di narcotraffico contestata al capo B).
Irrealistica e priva di supporto probatorio sarebbe l’affermazione della conquistata egemonia nel traffico degli stupefacenti sulla piazza di Roma.
Difetterebbero gli elementi costitutivi del reato in rassegna ossia di un apparato organizzativo stabile.
I dati a sostegno dell’accusa sarebbero inconducenti, ne’ evidenze sintomatiche potrebbero trarsi dalla commissione dei delitti-scopo: solo due (capi B8 e 510) attribuiti a soggetti intranei all’associazione; distribuiti nel tempo in maniera parcellizzata, con significative e inspiegabili crasi.
Infine non sarebbero stati individuati i canali di rifornimento.
5.4 Con il quarto, il nono e il decimo motivo si denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla ritenuta partecipazione del (OMISSIS) ai reati di cui ai capi A) e B).
(OMISSIS) avrebbe commesso i delitti associativi attraverso le medesime condotte materiali.
I giudici di merito hanno ignorato la necessita’ di indagare la prova specifica in modo autonomo per ciascuna delle due contestazioni tanto sotto il profilo oggettivo quanto sotto quello soggettivo.
Sarebbe apodittica e priva di concreto fondamento l’affermazione che (OMISSIS) fosse un trafficante di rilevante livello. L’assunto troverebbe smentita sia nelle pregresse decisioni delle autorita’ giudiziarie (l’imputato ha riportato in passato solo una condanna per il reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5), sia in quella assunta in questo processo dal Tribunale che ha mandato assolto l’imputato da tutti i reati connessi con i suoi presunti rapporti con (OMISSIS). Caduto questo elemento di necessario ancoraggio, rimarrebbe sfornita di appigli logici e probatori la tesi della elezione del (OMISSIS) a “consigliere” e “braccio destro” del (OMISSIS).
I giudici di merito non indicherebbero il momento in cui (OMISSIS) entro’ a far parte dei due distinti gruppi criminali, tuttavia il primo fatto riferito a (OMISSIS) nell’ambito associativo riguarda la gestione del conto corrente di (OMISSIS) nel periodo tra marzo e luglio 2010.
La vicenda (OMISSIS) sarebbe irrilevante poiche’ si colloca in un periodo precedente alla ipotetica adesione dell’imputato ai sodalizi ed e’ stata risolta dal (OMISSIS) soddisfacendo le pretese del (OMISSIS).
Dunque a carico dell’imputato residuerebbero soltanto alcune intercettazioni telefoniche intrattenute dal (OMISSIS) con la propria moglie e con (OMISSIS), delle quali la Corte di appello avrebbe fornito una interpretazione unilaterale, ignorando il rapporto di amicizia con il (OMISSIS) e gli affari leciti che legavano i due.
5.4.1 In particolare quanto al capo A), (OMISSIS) risulta estraneo a tutti i delitti di usura ed estorsione rientranti nel programma criminoso dell’associazione.
Il ruolo attribuito all’imputato si esaurisce in vuote formule prive di concreto supporto quali: “consigliere del (OMISSIS)”; preposto al “supporto logistico operativo delle iniziative dell’associazione”; “cassiere dell’associazione”. Sotto l’ultimo profilo le uniche operazioni in contestazione successive al marzo 2010 (data di presunta adesione del (OMISSIS) alla associazione) sono quelle relative ai capi A 34) e A 42), il che tuttavia lascerebbe senza risposta l’interrogativo su chi avesse svolto il ruolo di cassiere nel periodo precedente.
Neppure sarebbe stato chiarito se le associazioni di cui ai capi A) e B) abbiano avuto “casse distinte” e se il (OMISSIS) fosse stato consapevole della provenienza del denaro ricevuto dal traffico di stupefacenti e dalle attivita’ di usura ed estorsione.
I giudici di merito avrebbero ignorato la circostanza della infruttuosa l’attivita’ di intercettazione ambientale, protrattasi per nove mesi, presso l’abitazione del (OMISSIS), ritenuta la sede della associazione criminale, il che consentirebbe di dedurre che l’oggetto dei dialoghi fossero affari leciti.
5.4.2 Non sarebbe stata raggiunta dimostrazione adeguata della partecipazione dell’imputato al reato di cui al capo B).
Il ricorrente richiama argomenti analoghi a quelli spesi in relazione al capo A).
Quindi rileva come il ruolo assegnato al (OMISSIS) dalla Corte di appello non corrisponda a quello disegnato nella imputazione che fa riferimento a una condivisione di scelte strategiche con (OMISSIS) e alla gestione del denaro provento dell’attivita’ illecita, di cui tuttavia non vi sarebbe alcuna prova.
Mentre non sarebbe significativa la partecipazione ai delitti-scopo, molti dei quali ascritti a soggetti estranei al sodalizio, soprattutto considerato che (OMISSIS) e’ stato riconosciuto colpevole solo del delitto di cui al capo B11) e non per aver ideato, progettato, eseguito l’operazione, ma soltanto per essere intervenuto dopo il sequestro della sostanza stupefacente.
D’altro canto, come constatato in sentenza, e’ rimasta del tutto priva di riscontro fattuale l’affermazione per cui il (OMISSIS) riciclasse e reimpiegasse i proventi del narcotraffi’co, attraverso il conto corrente n. (OMISSIS).
5.5 Con il quinto, il sesto e il settimo motivo si denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla affermazione di responsabilita’ dell’imputato sui capi A5, A31 e A42.
5.5.1 In base alla stessa ratio decidendi il capo A5) costituirebbe una ipotesi di cd. “autoriciclaggio” che tuttavia non costituiva reato all’epoca del fatto, commesso prima della entrata in vigore della L. n. 186 del 2015.
In ogni caso non sarebbe stata spesa alcuna parola in merito alla provenienza illecita del denaro versato sul conto corrente intestato a (OMISSIS).
5.5.2 Il reato di cui al capo A31) si e’ prescritto prima della pronuncia della sentenza di secondo grado, non potendosi tenere conto della recidiva che e’ stata esclusa.
In ogni caso ricorrerebbero i presupposti di una assoluzione per insussistenza del fatto.
5.5.3 Il reato di cui al capo A42) e’ l’unico collegato al programma criminoso dell’associazione e riguarda le vicende e la gestione del conto corrente n. (OMISSIS), acceso presso l’agenzia n. (OMISSIS) della (OMISSIS) di Roma, ritenuto fondamentale nell’ottica accusatoria.
Tuttavia il conto e’ stato aperto il 20 gennaio 2010, prima della adesione del (OMISSIS) alle due associazioni (marzo – aprile 2010), sicche’ non poteva essere funzionale alle stesse.
In realta’ l’operazione era volta a soddisfare esigenze personali del (OMISSIS) il quale aveva deciso di lasciare al (OMISSIS) la custodia del capitale, in denaro e oggetti preziosi, della societa’ di compravendita di orologi che i due avevano insieme. In tal senso va letta la conversazione n. 1911 tra (OMISSIS) e la moglie.
Il conto, nato esclusivamente a questo scopo, avrebbe potuto essere successivamente destinato a cassa della associazione, ma di tale evoluzione i giudici di merito avrebbero dovuto occuparsi.
Il conto peraltro era costantemente “in rosso”.
In assenza di un’analisi sui flussi generati dal conto non si e’ potuto risalire all’origine illecita della provvista, ne’ alla individuazione dei successivi destinatari delle somme.
La totale assenza di rimesse, provenienti dal conto corrente n. (OMISSIS), in favore del (OMISSIS) o di altri sodali costituisce emergenza decisiva con la quale la Corte di appello ha evitato di confrontarsi.
In sostanza non vi sarebbe prova ne’ della intestazione fittizia ne’ della circostanza aggravante di cui all’articolo 416-bis.1 c.p..
5.6 Con l’ottavo motivo si denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al reato di cui al capo B11).
L’unico elemento a carico dell’imputato sarebbe un incontro casuale, al bar (OMISSIS), con il (OMISSIS), che neppure lo conosceva, avvenuto dopo la commissione del reato.
Ma l’episodio e’ del tutto irrilevante ai fini di illustrare un apporto concorsuale del (OMISSIS).
5.7 Con l’undicesimo motivo il ricorrente lamenta violazione di legge in merito alla configurabilita’ della circostanza aggravante di cui all’articolo 416-bis c.p., comma 6, richiamando le argomentazioni in precedenza svolte, idonee a confutare “implicitamente” la sussistenza di detta circostanza.
5.8 Con il dodicesimo deduce, ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1 lettera b) ed e), il difetto dei presupposti della circostanza aggravante di cui al Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7, data l’assenza di prova della consapevolezza in capo al ricorrente di favorire gli scopi della associazione mafiosa attraverso la commissione dei reati di cui ai capi A42 e B11.
5.9 Con il tredicesimo, il quattordicesimo, il quindicesimo e il sedicesimo motivo ci si duole: della mancata rinnovazione del dibattimento mediante espletamento di perizia sui conti correnti in rilievo; della immotivata determinazione in anni tre di reclusione dell’aumento di pena per il reato di cui al capo A); del diniego di un giudizio di prevalenza, invece che di mera equivalenza, delle circostanze attenuanti generiche; della affermata pericolosita’ sociale dell’imputato che non potrebbe essere desunta dalla presunzione assoluta della “qualita’ apicale del ruolo da lui svolto”.
5.10 Con il primo motivo del ricorso sottoscritto dall’avv. Spigarelli, si denuncia violazione e vizio di motivazione in ordine ai requisiti strutturali del reato di cui all’articolo 416-bis c.p., alla ravvisata partecipazione del ricorrente al sodalizio (capo A) e al ruolo assegnato allo stesso.
La doglianza ripropone questioni analoghe a quelle del codifensore, evidenziando come la sentenza impugnata si muova su due crinali differenti: per un verso fa leva sulla “esteriorizzazione” nella realta’ circostante del potere intimidatorio; per altro verso si richiama al filone interpretativo “piu’ largheggiante” sui requisiti delle “mafie derivate” e delle “piccole mafie”.
Secondo il ricorrente entrambi i modelli si rivelerebbero nella specie non conducenti.
L’impiego di metodi violenti e’ irrilevante; la mancata denuncia da parte dei presunti debitori estorti riguarda un numero limitato e determinato di soggetti; la capacita’ di entrare in relazione sul piano paritario con altre organizzazioni criminali senza necessita’ di ricorrere ad azioni eclatanti per imporsi sul territorio, grazie al carisma del (OMISSIS) e alla sua appartenenza alla camorra, e’ incoerente rispetto alla ipotesi della “esteriorizzazione” dovendosi piuttosto raccordare a quella della cd. “mafia derivata”.
D’altra parte la configurazione del sodalizio come “nuova mafia” da’ adito a rilevanti problematiche, irrisolte, rispetto alla concreta capacita’ di intimidazione di una associazione criminale rispetto a zone del paese che non hanno vissuto, nemmeno in parte, le condizioni di assoggettamento e omerta’ di cui all’articolo 416-bis c.p.. La definizione normativa non puo’ estendersi sino a includere nella categoria delle associazioni mafiose anche gli organismi esili, non strutturati, composti da un numero esiguo di partecipanti, svilendo i requisiti delle condizioni di assoggettamento e omerta’.
Per altro verso il fenomeno della “mafia derivata” e del processo di cd. “gemmazione” caratterizza storicamente la âEuroËœndrangheta, ma non la criminalita’ mafiosa campana.
Ne’ detta figura potrebbe attagliarsi al caso in esame, posto che “l’esportazione” riguarderebbe non una struttura organizzata, ma soltanto la persona del (OMISSIS).
In tale contesto le condotte del (OMISSIS) sarebbero estranee all’ambito precettivo dell’articolo 416-bis c.p. e l’apparato argomentativo posto a sostegno dell’accertamento di responsabilita’ si rivelerebbe inconsistente.
5.11 Con il secondo motivo si deduce violazione di legge e vizio di motivazione in ordine ai reati di cui ai capi A5) e A42) in termini sovrapponibili a quelli illustrati dal codifensore.
Si segnala inoltre che la misura di prevenzione patrimoniale della confisca e’ stata “annullata con rinvio” dalla sesta sezione penale della Corte di cassazione nel proc. n. 6225/19 r.g.
5.12 Con il terzo motivo si eccepisce l’intervenuta estinzione per prescrizione del reato di cui al capo A31) e comunque vizio di motivazione in ordine alla affermazione di responsabilita’ dell’imputato su detto capo.
5.13 Con il quarto si lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in punto di ritenuta colpevolezza dell’imputato per il reato di cui al capo B11).
La condanna si fonderebbe su un ragionamento illogico, basato su elementi privi di concludenza ai fini della partecipazione dell’imputato alla detenzione di circa 25 kg di marijuana, fatto materialmente ascrivibile ad altri soggetti.
Inoltre il riconoscimento della circostanza aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, articolo 7 si fonderebbe soltanto su un automatismo applicativo.
5.14 Con il quinto motivo si lamenta violazione e vizio di motivazione in ordine ai requisiti strutturali del reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, alla ravvisata partecipazione del ricorrente al sodalizio (capo B) e al ruolo assegnato allo stesso.
Si sviluppano argomenti nella sostanza sovrapponibili a quelli esposti nel ricorso a firma del codifensore.
Si pone l’accento su: la sostanziale inoperativita’ del sodalizio all’indomani dell’esautorazione del (OMISSIS); la datazione all’aprile 2010 dell’ingresso di (OMISSIS) nell’associazione; l’insussistenza di elementi che consentano di assegnare all’imputato un ruolo apicale; la ritenuta partecipazione soltanto ad uno dei reati-fine.
5.15 Con il sesto motivo ci si duole, ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), di vizi argomentativi in tema di trattamento sanzionatorio e segnatamente in punto di: commisurazione della pena; giudizio di mera equivalenza invece che di prevalenza delle circostanze attenuanti generiche rispetto alle contestate aggravanti; determinazione degli aumenti di pena apportati per la continuazione.
In ordine al capo B11) si denuncia l’illegalita’ della pena a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 40 del 2019.
5.16 In data 12 febbraio 2020 l’avv. (OMISSIS) ha depositato una memoria di sintesi.
6. (OMISSIS) articola sei motivi.
6.1 Con il primo denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla ritenuta appartenenza del ricorrente alla associazione finalizzata al narcotraffico di cui al capo B).
La pronuncia di appello, discostandosi da quella di primo grado, “sgancia” il reato sub B3) da quello associativo. Residuerebbero allora tre episodi di poco momento (capi B7, B9, B21), differenziati quanto alle condotte e non rispondenti al ruolo assegnato all’imputato all’interno della associazione criminale, dunque non dimostrativi dell’apporto fornito dal ricorrente al sodalizio.
Sin dal primo grado (OMISSIS) e’ stato assolto dal reato di partecipazione alla associazione di tipo mafioso di cui al capo A), ma l’associazione sub B) era compenetrata in quella sub A), dunque quella assoluzione avrebbe dovuto travolgere anche la condanna per il secondo reato. Il motivo di gravame sul punto non avrebbe ricevuto risposta.
6.2 Con il secondo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla nullita’ del capo B7) dell’imputazione per indeterminatezza.
E’ vero che la Corte di appello, in difetto di specificazione e di accertamento nella natura della sostanza oggetto di smercio, ha ritenuto di ricondurla alla tipologia di quelle “lievi”, tuttavia l’eccezione rimane in piedi in ordine al quantitativo di stupefacente, anch’esso indeterminato.
6.3 Con il terzo lamenta “violazione di legge ex articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e)” in relazione al riconoscimento della circostanza aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, articolo 7 in relazione al capo B3) della rubrica. Il fatto e’ stato ricostruito come “acquisto” di sostanza stupefacente in vista della futura commercializzazione, dunque difetterebbe una condotta agevolativa dell’associazione mafiosa.
6.4 Con il quarto (indicato con il numero 3, errore che si riverbera nella numerazione successiva) denuncia “violazione di legge ex articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e)” in relazione al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73 in ordine ai capi B3), B7), B9) e B21) e all’aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, articolo 7.
Nessuna reale risposta e’ stata fornita ai motivi di gravame che dubitavano che le conversazioni intercettate potessero provare la sussistenza dei delitti in rassegna, in particolare e’ del tutto assente lo scrutinio del capo B9).
L’aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, articolo 7 e’ stata ritenuta soltanto per il coinvolgimento del (OMISSIS) ed estesa al (OMISSIS) per una sorta di “proprieta’ transitiva” che non tiene conto della natura soggettiva dell’aggravante in parola.
6.5 Con il quinto motivo rileva l’erroneita’ del calcolo della pena finale, computata in anni ventuno di reclusione, anziche’ in quella di anni venti cui si giunge sommando alla pena di anni quindici e mesi otto di reclusione per il reato piu’ grave (capo 5) quella di anni quattro e mesi quattro di reclusione (anni uno e mesi uno per ciascuno dei quattro reati satellite di cui ai capi B3, B7, B8, B21).
6.6 Con il sesto motivo denuncia violazione dell’articolo 597 c.p.p., comma 3 in relazione all’aumento di pena apportato per l’aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, articolo 7.
Il Tribunale, muovendo da una pena base di anni venti, aveva aumentato la pena ad anni ventisette e mesi quattro, vale a dire in misura di un terzo, assestandosi sul limite minimo previsto dalla L. n. 203 del 1991, articolo 7.
La Corte di appello ha ridotto la pena base della meta’ (anni dieci di reclusione), quindi avrebbe dovuto ridurre della meta’ anche l’aumento di pena per la circostanza aggravante (anni tre e mesi otto) vale a dire avrebbe dovuto rispettare la stessa proporzione di “un terzo” scelta dal Tribunale, mentre invece, in violazione del divieto di reformatio in peius, ha aumentato la pena base della meta’ (anni cinque).
7. (OMISSIS) propone sei motivi.
7.1 Con il primo denuncia vizio di motivazione in punto di sussistenza della associazione di tipo mafioso di cui al capo A), nonche’ della ritenuta partecipazione dell’imputato.
La vita dell’associazione, nata nel 2008 e cessata nel 2011, e’ ricostruita in maniera disarticolata, ponendo in rilievo i rapporti di (OMISSIS) con personaggi via via incontrati.
In particolare (OMISSIS) ha incrociato (OMISSIS) soltanto perche’ in quel frangente storico si occupava del commercio di sostanze stupefacenti unitamente al proprio cognato (OMISSIS).
Il ricorrente entra nel processo a meta’ del mese di gennaio 2010 e vi rimane soltanto fino ad aprile 2010, per soli tre mesi, ovvero finche’ (OMISSIS) non viene arrestato perche’ trovato in possesso di 27 chilogrammi di hashish.
La scomparsa di (OMISSIS) dalle indagini si spiegherebbe non come ipotizzato dalla Corte di appello di una sua maggiore accortezza nei movimenti, ma con il semplice fatto che, una volta scoperto, egli abbia abbandonato il campo.
(OMISSIS) non ha mai intrattenuto rapporti con (OMISSIS), ne’ con (OMISSIS), ma soltanto con (OMISSIS); non ha mai esercitato violenza fisica nei casi di estorsione allo stesso ascritti; non ha avuto alcun ruolo nel commercio di orologi e delle slot machine, ne’ nel cd. “mantenimento” dei detenuti e dei loro familiari, tranne per il caso (OMISSIS) persona alla quale era pero’ legato da rapporti di amicizia.
Solo apparente sarebbe la motivazione su: esistenza della associazione, carattere della stabilita’, requisito della territorialita’, forza di intimidazione e omerta’.
7.2 Con il secondo motivo si evidenziano analoghi vizi in ordine al reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74.
La Corte di appello avrebbe ignorato i rilievi della difesa che, in sede di gravame, aveva evidenziato come i fatti fossero episodici e circoscritti in un ristretto torno di tempo, si’ da impedire di ravvisare i presupposti del reato associativo o, comunque, la prova della adesione dell’imputato alla eventuale associazione.
Gli elementi, portati a sostegno della tesi difensiva, sono stati confutati dal giudice di secondo grado con argomenti “incongruenti”, “logicamente equivoci” e sulla scorta di errori manifesti nella interpretazione delle conversazioni intercettate.
7.3 Con il terzo lamenta vizio di motivazione in relazione ai capi A9), A10), A11), A21) e A22) laddove viene affermata l’esistenza di una prova sulla natura illecita sottostante ai rapporti di credito con le persone offese.
E’ frutto di illazione la tesi per cui il (OMISSIS) sarebbe stato debitore della somma di 450 Euro per una “fornitura di stupefacenti”.
Mentre la causale illecita del debito del (OMISSIS) sarebbe una mera asserzione non supportata da alcun elemento.
In ordine al capo A10) si ritiene consumata una violenza ai danni di (OMISSIS) solo sulla scorta di narrazioni telefoniche prive di riscontri.
Circa il capo A22), le conversazioni telefoniche non consentirebbero di qualificare come illecito il credito vantato dal (OMISSIS).
7.4 Con il quarto si duole del vizio di motivazione in relazione alla responsabilita’ del (OMISSIS) per il reato di cui al capo B10).
Il fatto si collega all’arresto in flagranza di (OMISSIS).
Il concorso del ricorrente viene ricavato dal tenore di alcune conversazioni telefoniche in cui la parola chiave sarebbe “il puzzone” che dovrebbe identificarsi nell’hashish sequestrato a (OMISSIS).
Si tratta di un elemento molto fragile, disallineato rispetto alla tempistica cui si riferiscono i colloqui.
(OMISSIS) era legato da un rapporto di amicizia con (OMISSIS); di qui le ragioni dell’offerta, in favore della moglie dell’amico, di un aiuto economico, che non risulta mai essersi tradotta nella concreta corresponsione di somme di denaro e che non puo’ interpretarsi come “sostegno ai detenuti”.
7.5 Con il quinto motivo il ricorrente contesta la tenuta argomentativa della sentenza in punto di riconoscimento della circostanza aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, articolo 7.
In realta’ (OMISSIS) avrebbe avuto di mira esclusivamente il proprio guadagno personale.
7.6 Con il sesto si duole del diniego delle circostanze attenuanti generiche, motivate solo per “la complessiva gravita’ dei reati” senza tener conto degli elementi positivi evidenziati in sede di gravame: la scarsissima rilevanza del precedente penale risultante dal certificato del casellario giudiziale; il ristretto arco temporale in cui si sono sviluppati i contatti con i coimputati; la tipologia di sostanza stupefacente oggetto di commercia (hashish); il rapporto con i debitori improntato ad amicizia piu’ che a violenza; la limitata pericolosita’ sociale espressa dall’imputato.
8. (OMISSIS) coltiva dodici motivi.
8.1 Con i primi quattro denuncia violazione di legge sotto i seguenti profili: mancata indicazione nella lista testimoniale delle circostanze d’esame con conseguente inammissibilita’ della lista e inutilizzabilita’ degli esiti testimoniali raccolti; inutilizzabilita’ delle testimonianze rese dalla polizia giudiziaria sul contenuto delle intercettazioni; violazione degli articoli 111 Cost., articolo 178 c.p.p., comma 1, lettera c), articoli 191, 194, 195 e 500 c.p.p. per aver anteposto le testimonianze degli operanti di polizia giudiziaria agli esiti delle operazioni peritali; mancata espunzione della parte valutativa contenuta nei servizi di O.C.P. e piu’ in generale nei verbali concernenti l’attivita’ di indagine acquisiti al fascicolo del dibattimento, consentendo alla polizia giudiziaria, in sede di deposizione testimoniale, di leggere integralmente le informative “(OMISSIS)”, “(OMISSIS)” e “(OMISSIS)”.
8.2 Con il quinto motivo deduce vizio di motivazione in punto di ne bis in idem tra l’associazione di tipo mafioso contestata al capo A) e quella di cui alla sentenza del GUP di Roma relativa al “clan (OMISSIS)” (poi sent. 7681/11 Corte di appello di Roma, terza sezione penale del 16 dicembre 2011) che aveva escluso il carattere mafioso di una associazione composta da personaggi di origine campana, tra cui (OMISSIS), operante nel medesimo territorio e con i medesimi interessi economici di quella sub capo A), ma di gran lunga piu’ potente.
8.3 Con il sesto lamenta vizio di motivazione in ordine al capo A).
Il ricorrente individua un travisamento della prova, anche per omissione sui seguenti punti: sussistenza dell’organizzazione criminale; partecipazione di (OMISSIS), dedito al “recupero crediti” per proprio conto, mai entrato in rapporti con (OMISSIS) ma solo con (OMISSIS) “compare di anello di (OMISSIS)”; sussistenza delle circostanze aggravanti di cui all’articolo 416-bis c.p., comma 6 e di cui alla L. n. 203 del 1991, articolo 7.
8.3.1 In particolare ricorrerebbe un travisamento evidente ed incontestabile dei dati ricavabili dalle intercettazioni telefoniche in punto di elementi costitutivi del reato di associazione di tipo mafioso concernenti la stabilita’, il ricorso alla violenza, la territorialita’, la struttura gerarchica, la partecipazione agli utili, i mezzi e i beni dell’associazione.
8.3.2 Il “collaudato binomio (OMISSIS) – (OMISSIS)” non avrebbero mai offerto alcun consapevole contributo alla associazione, peraltro qualunque tipo di rapporto si sarebbe esaurito nell’arco di appena sei mesi, da gennaio 2010 ad aprile 2010, quando (OMISSIS) viene arrestato.
Il “recupero crediti” era diretto ad ottenere, nel proprio interesse, risorse per l’acquisto di 27 kg di hashish, in un’ottica che non era quella associativa, ma quella del perseguimento del proprio personale tornaconto.
Tuttalpiu’ la condotta di (OMISSIS) potrebbe assumere i caratteri del cd. “concorso esterno”.
8.3.4 Il metodo violento non puo’ considerarsi ex se espressione di “metodo mafioso” L. n. 203 del 1991, ex articolo 7.
8.3.5 Quanto alla circostanza aggravante di cui all’articolo 416-bis c.p., comma 6 tutti gli elementi di prova raccolti condurrebbero ad escludere un inserimento in qualsivoglia ramo economico.
8.4 Con il settimo motivo il ricorrente denuncia vizio di motivazione in ordine al reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74 contestata al capo B).
8.4.1 Secondo la tesi accusatoria (OMISSIS) e (OMISSIS) sarebbero stati addetti alla ricezione, commercio e custodia di stupefacente non piu’ a titolo personale, come era in precedenza, ma per conto della associazione criminosa alla quale avrebbero aderito.
Di tale mutata veste non vi sarebbe, pero’, riscontro alcuno, mentre ne riceve molti la tesi di segno opposto secondo cui (OMISSIS) e (OMISSIS) non aderirono mai ad un patto associativo con il (OMISSIS) ma continuarono a collaborare tra loro e con il solo (OMISSIS) “in autonomia”: assenza di contatti con altri imputati; contenimento a un mese e mezzo del periodo temporale in rilievo; scomparsa del (OMISSIS) dopo l’arresto del (OMISSIS); perseguimento dell’intento di raggranellare dai propri debitori la somma occorrente per l’acquisto di 27 chilogrammi di hashish.
8.4.2 La formulazione delle imputazioni ai capi B1, B3, B4, B5, B6, B7, B8, B14, B21 e B22 e’ generica, non essendo indicata ne’ tipologia ne’ quantitativo della sostanza stupefacente in contestazione; tale indeterminatezza si riverbera sul capo B) che parla di associazione dedita al commercio di hashish, marijuana e cocaina, quando quest’ultima sostanza sarebbe stata sequestrata solo in un’occasione, mentre per il resto si tratterebbe di droga cd. “leggera” di “pessima qualita’”.
8.5 Con l’ottavo e il nono motivo il ricorrente denuncia vizio di motivazione sui capi A9) e A10) con riguardo a: “identificazione vocale” operata a suo carico nel rit. 1388/10; prova della causale del credito vantato; consumazione del reato di estorsione; diniego della circostanza attenuante del danno di particolare tenuita’.
8.5.1 La identificazione vocale del (OMISSIS) viene attribuita ad un agente di polizia giudiziaria che non puo’ averla effettuata, poiche’ nel periodo di riferimento non puo’ aver udito parlare ne’ dal vivo ne’ al telefono (OMISSIS) in quanto ristretto in carcere.
8.5.2 Le vittime o hanno negato i fatti o non sono state sentite in dibattimento, sicche’ non vi sarebbe prova “della spendita del nomen mafioso”, della natura illecita del profitto, della effettiva corresponsione del denaro richiesto.
8.5.3 Il danno economico sarebbe inconsistente, dato che non sarebbe dimostrato l’effettivo esborso peraltro relativo a somme di denaro di entita’ esigua.
8.6 Con il decimo motivo denuncia analoghi vizi sui capi A21 e A22.
8.6.1 In assenza di prova, non puo’ affermarsi che l’incendio della autovettura di (OMISSIS) (capo A21) sia stato doloso.
Ne’ risulta dimostrata l’estorsione ai danni di (OMISSIS) (capo A22).
Dal verbale redatto dai vigili del fuoco, allegato al ricorso, risulta che “non fu possibile determinare le cause dell’incendio” e che gli operanti non fecero ulteriori accertamenti “perche’ mancava l’evidenza di un incendio doloso”.
I giudici di merito ricavano la prova del dolo dalle intercettazioni telefoniche che, tuttavia, vengono lette in maniera erronea, mentre “la prova regina e’ la linea temporale tratteggiata dai rilievi del GPS e dalla rete telefonica, sincronizzati tra loro”.
8.7 Con l’undicesimo e il dodicesimo motivo denuncia vizi motivazionali sulla ritenuta responsabilita’ del ricorrente in ordine ai reati di cui ai capi B11 e B12.
Non sarebbe dimostrato alcun contributo partecipativo del (OMISSIS) rispetto all’approvvigionamento dei 2 chilogrammi di hashish e dei 375 grammi di cocaina caduti in sequestro.
8.8 Con memoria del 15 luglio 2019 i difensori dell’imputato chiedono l’applicazione della sentenza della Corte Costituzionale n. 40 del 2019 in relazione ai capi B 10) e B12).
9. (OMISSIS) articola cinque motivi nel ricorso a firma dell’avv. (OMISSIS) e cinque motivi in quello sottoscritto dall’avv. (OMISSIS). Gli argomenti sono sovrapponibili e dunque suscettibili di esposizione congiunta.
9.1 Con il primo motivo si denuncia violazione di legge e vizio di motivazione sulla ritenuta configurabilita’ del reato di associazione mafiosa.
L’essenza del delitto contestato riposa sul “metodo mafioso” che, secondo gli insegnamenti della giurisprudenza di legittimita’, non puo’ consistere solo nell’impiego della violenza, ma richiede l’evocazione della appartenenza da parte del soggetto agente a una consorteria di tipo mafioso.
Ne’, ai fini in rassegna, sarebbe sufficiente la caratura mafiosa del capo clan, nella specie (OMISSIS), poiche’ in tal caso difetterebbe il presupposto tipico della forza intimidatrice come promanazione dal vincolo associativo e non come espressione dallo “spessore mafioso” del singolo componente.
La sentenza si fonda precipuamente sul contenuto di una conversazione in cui (OMISSIS) parla di “quelli della (OMISSIS)” o fa riferimento alla (OMISSIS) come “la zona di (OMISSIS)”, ma non si fa carico di indicare e valutare gli elementi attraverso i quali il gruppo criminale avrebbe preso il controllo di quel territorio, assoggettandolo e creando un clima di omerta’ diffusa.
9.2 Con il secondo motivo (e anche con il terzo del ricorso avv. (OMISSIS)) si deduce violazione di legge processuale (articolo 192 c.p.p.) e sostanziale, nonche’ vizio di motivazione, in punto di affermazione di responsabilita’ dell’imputato a titolo di “concorso esterno” nel reato di associazione mafiosa.
Le prove documentali offerte dalla difesa offrivano un elemento storico, certo e inconfutabile dell’impossibilita’ del verificarsi dell’evento ascritto all’imputato. La Corte di appello ha desunto l’apporto concorsuale del (OMISSIS) da un colloquio telefonico in data 30 novembre 2009 che faceva riferimento a un episodio occorso (OMISSIS) che vedrebbe (OMISSIS) partecipare a un tentativo di estorsione presso una concessionaria, quando invece a quel tempo (OMISSIS) si trovava sottoposto all’obbligo di dimora nel Comune di Rocca di Papa e dunque non poteva essersi recato a Roma.
La condotta del (OMISSIS), inoltre, sarebbe circoscritta ad appena tre mesi (da ottobre/novembre 2009 al gennaio 2010), periodo di tempo troppo esiguo per consentire di ravvisare i presupposti del reato di cui agli articoli 110 – 416-bis c.p..
Inoltre la sentenza impugnata ignora il tema essenziale dell’elemento psicologico del reato; essa non investiga la sussistenza in capo al (OMISSIS) della volonta’ di fornire, sia pure, da esterno, il proprio contributo all’associazione mafiosa; profilo di particolare valenza laddove la medesima Corte ha escluso la condotta partecipativa, riconoscendo che (OMISSIS) agiva per fini personali.
9.3 Con il terzo motivo (il quarto del ricorso avv. (OMISSIS)) ci si duole di analoghi vizi (richiamando anche gli articoli 192 e 533 c.p.p.) in relazione alla condanna per i delitti di estorsione.
Il ricorrente pone in evidenza la contraddizione intrinseca della decisione che da un lato esclude l’inserimento del (OMISSIS) nella struttura del clan mafioso, ma dall’altro lato gli ascrive i reati-fine.
Censura inoltre la sentenza impugnata per non aver risposto alla richiesta di derubricazione del fatto nel delitto di cui all’articolo 393 c.p..
9.3.1 Questa caduta logica sarebbe manifesta nel costrutto argomentativo relativo al capo A8, in cui il coinvolgimento del (OMISSIS) sarebbe limitato a una telefonata e lo stesso testimone di polizia giudiziaria avrebbe ammesso che l’ipotesi investigativa prospettata non aveva trovato riscontro.
9.3.2 Lo stesso accade in riferimento al capo A15, in cui le conversazioni intercettate parlano di “debito nostro”.
La lacuna probatoria non potrebbe essere colmata dalle dichiarazioni del (OMISSIS), imputato di reato connesso, dunque assoggettato alla regola valutativa di cui all’articolo 192 c.p.p., comma 3.
Il fatto si sviluppa nell’arco di un anno, mentre il (OMISSIS) compare solo nelle fasi conclusive.
Peraltro il reato non sarebbe mai giunto a consumazione.
9.3.3 Circa il capo A18, si ribadisce che verrebbe in rilievo un credito personale del (OMISSIS) e che il reato di estorsione sarebbe insussistente “per non avere le minacce profferite dall’imputato alcuna valenza intimidatoria”.
9.3.4 In ordine al capo A22, attinente anch’esso a un credito personale del (OMISSIS), dalle intercettazioni telefoniche risulterebbe che tutte le conversazioni con la persona offesa si concludono con “toni sostanzialmente amichevoli”. L’assenza di intimidazione sarebbe dimostrata dal fatto che (OMISSIS) non ha partecipato al danneggiamento della vettura del figlio della vittima.
9.3.5 Quanto al capo A23, la illegittimita’ della condanna sarebbe resa manifesta dal fatto che la persona offesa non e’ mai stata ascoltata e neppure si e’ mai dato corso alla richiesta avanzata dalla difensa di riapertura dell’istruttoria dibattimentale ex articolo 603 c.p.p. per sentire “il vero (OMISSIS)”; peraltro i dialoghi intercettati verrebbero definiti “ambigui” dalla stessa sentenza che neppure si preoccupa di verificare quale sia la ragione del credito e di quali aspettative goda il titolare.
9.4 Con il quarto motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione della legge penale con riferimento alla L. n. 203 del 1991, articolo 7 e all’articolo 628 c.p., comma 3, nn. 1 e 3.
Nel commettere i reati estorsivi, (OMISSIS) avrebbe sempre agito con l’intenzione di favorire se’ stesso, come riconosce la stessa Corte di appello in relazione ai capi A18 e A22, e non il clan camorristico capeggiato dal (OMISSIS), dunque l’aggravante non sarebbe configurabile sotto nessuno dei suoi due aspetti.
In merito alla aggravante prevista dall’articolo 628 c.p., comma 3, nn. 1 e 3, (OMISSIS) e’ stato riconosciuto estraneo al sodalizio mafioso, dunque deve escludersi che la violenza o minaccia sia stata posta in essere da una persona appartenente all’associazione di cui all’articolo 416-bis c.p..
9.5 Con il quinto si censura la sentenza impugnata in punto di trattamento sanzionatorio e di riconoscimento della recidiva.
Nessun sostegno argomentativo sarebbe stato fornito alla decisione di negare le circostanze attenuanti generiche e di infliggere una pena in misura tanto severa, senza spiegare le modalita’ di determinazione dei singoli aumenti di pena per i reati satellite, trattati allo stesso modo pur nella diversa gravita’ dei fatti (estorsioni consumate e tentate).
Ne’ la Corte di appello avrebbe tenuto conto delle doglianze esposte dal (OMISSIS) in sede di gravame circa l’assenza dei presupposti per riconoscere la recidiva. Invero dal certificato penale in atti risultano: due annotazioni degli anni âEuroËœ80 per fatti depenalizzati, una condanna per il delitto di furto, una condanna, successiva di sei anni, per lesioni personali lievissime; un’ultima annotazione, risalente al 2004, concernente una sentenza ex articoli 444 per i reati di resistenza e lesioni, reati estinti ai sensi dell’articolo 445, comma 2 c.p.p. e dunque irrilevanti ai fini della recidiva.
10. (OMISSIS) articola sei motivi.
10.1 Con il primo e il secondo motivo eccepisce l’intervenuta estinzione per prescrizione del reato a lui ascritto (capo 12).
La condotta e’ stata riqualificata, gia’ in primo grado, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 4, reato punito con la pena edittale massima di sei anni di reclusione ed Euro 77.468,00 di multa.
Il termine massimo di prescrizione, pari ad anni sette e mesi sei, tenuto conto della data di commissione del reato ((OMISSIS)) e’ maturato il 29 settembre 2017, prima della decisione di secondo grado.
In tal senso erano state rassegnate le conclusioni dalla difesa e anche dal Procuratore Generale come inserite nello “specchio delle richieste”, depositato all’udienza del 3 ottobre 2018.
Ciononostante la Corte di appello ha omesso di rilevare ex articolo 129 c.p.p. il prodursi della causa estintiva, senza nulla motivare sul punto.
10.2 Con il terzo motivo deduce vizio do travisamento della prova in ordine alla ritenuta responsabilita’ dell’imputato per il reato di cui al capo B12.
Le argomentazioni dispiegate dalla Corte di appello sul punto non corrispondono alle risultanze probatorie riportate nella sentenza di primo grado e criticate con i motivi di appello, nei quali si dubitava che la corretta lettura delle conversazioni intercettate potesse condurre ad identificare il (OMISSIS) come il soggetto che aveva consegnato a (OMISSIS) i 27 kg di marijuana sequestrati a quest’ultimo.
10.3 Con il quarto fa valere la nullita’ del decreto di citazione in appello dell’imputato.
La notifica e’ stata effettuata ai sensi dell’articolo 161 c.p.p., comma 4, senza che tuttavia risultasse una effettiva inidoneita’ del domicilio eletto in (OMISSIS), poiche’ dalla nota dei Carabinieri che avevano tentato la notifica emergeva soltanto che quel domicilio era disabitato e dunque una momentanea assenza del destinatario.
10.4 Con il quinto motivo deduce la nullita’ delle testimonianze rese dal maresciallo (OMISSIS) e dal maggiore (OMISSIS) in quanto: hanno deposto leggendo in maniera pressoche’ integrale atti di indagine da loro non sottoscritti; hanno riferito sul contenuto delle conversazioni intercettate; hanno espresso valutazioni e pareri personali.
10.5 Con il sesto lamenta violazione di legge per l’applicazione in appello della circostanza aggravante di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 6, che era stata gia’ esclusa in primo grado.
11. (OMISSIS) coltiva due motivi.
11.1 Con il primo denuncia violazione di legge e vizio di motivazione sul capo B13, in punto di riconoscimento della circostanza aggravante dell’ingente quantitativo Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, ex articolo 80.
La motivazione della sentenza, che fa riferimento al “mercato di destinazione”, non sarebbe rispondente al criterio ponderale indicato dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 36258 del 2012, Biondi.
Inoltre non terrebbe conto che il correo (OMISSIS), giudicato dal Tribunale di Pavia, sarebbe stato ritenuto colpevole soltanto del reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, commi 1 e 1bis con esclusione dell’aggravante di cui al successivo articolo 80. Il rilievo della Corte di appello per cui nel processo di Pavia l’aggravante non poteva essere ritenuta dal giudice perche’ non contestata, e’ smentito dal principio dettato dall’articolo 630 c.p.p. in tema di revisione per contrasto di giudicati.
11.2 Con il secondo motivo il ricorrente lamenta analoghi vizi in ordine al riconoscimento della “recidiva infraquinquenriale”.
Il reato cd. “fondante” sarebbe stato individuato in un fatto commesso il (OMISSIS) giudicato con sentenza divenuta irrevocabile il 23 gennaio 2014, dunque un episodio commesso e giudicato successivamente a quello oggetto del presente procedimento.
11.3 In data 6 febbraio 2020 il difensore dell’imputato ha depositato una memoria con tre documenti allegati.
12. (OMISSIS) propone tre motivi.
12.1 Con il primo denuncia violazione e falsa applicazione della legge penale processuale per inosservanza degli articoli 192 e 533 c.p.p., violazione della legge penale sostanziale con riferimento all’articolo 644 c.p., nonche’ vizio di motivazione.
In relazione al capo A13, si sostiene che a fondamento della pronuncia di condanna militerebbero soltanto le dichiarazioni del (OMISSIS) che tuttavia, provenendo da persona imputata di reato connesso, avrebbero dovuto essere vagliate ai sensi dell’articolo 192 c.p.p., commi 3 e 4; senonche’ nulla e’ detto al riguardo dalla Corte di appello nonostante la questione fosse stata posta alla sua attenzione soprattutto con la memoria depositata in data 19 luglio 2016 e nonostante fossero emersi vari profili di mendacio nella deposizione resa da (OMISSIS), rilevati dal giudice di merito a proposito del traffico di sostanze stupefacenti.
Ne’ soccorrerebbero le intercettazioni telefoniche erroneamente interpretate dal giudice di merito e comunque assolutamente generiche, si rimanda a titolo esemplificativo alla intercettazione n. 1949 del 11 dicembre 2009 tra (OMISSIS) e (OMISSIS).
In difetto di prova sul tasso di interesse praticato dall’imputato, verrebbe meno la configurabilita’ del delitto di usura.
Quanto al capo A14, e’ la stessa persona offesa ad aver dichiarato di essere non gia’ debitore, bensi’ creditore del (OMISSIS).
12.2 Con il secondo motivo il ricorrente denuncia analoghi vizi sui capi concernenti i reati di estorsione, detenzione e porto d’arma (A15 e A16).
Anche in questo caso la prova troverebbe alimento solo nelle dichiarazioni del (OMISSIS), per le quali valgono le medesime critiche sopra esposte.
Le intercettazioni sarebbero prive di concludenza.
La Corte distrettuale avrebbe immotivatamente svalutato le dichiarazioni del (OMISSIS), definendole “irrilevanti”.
Inoltre non avrebbero ricevuto risposta le questioni sollevate con il gravame in merito alla riconducibilita’ del fatto alla ipotesi tentata (valorizzando il dato della mancata formalizzazione del trasferimento delle quote della societa’) e alla sua derubricazione nei reati di violenza privata o di esercizio arbitrario delle proprie ragioni.
12.3 Con il terzo motivo lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in punto di diniego delle circostanze attenuanti generiche e di eccessiva severita’ della pena inflitta.
13. (OMISSIS) articola quattro motivi.
13.1 Con il primo denuncia mancata assunzione di prova decisiva e vizio motivazionale in ordine alla identificazione dell’imputato.
Il ricorrente dubita della tenuta logica della pronuncia di condanna nella parte in cui individua come uno degli interlocutori delle conversazioni intercettate (OMISSIS), in assenza di prove sul punto.
Non sono mai state intercettate utenze telefoniche a lui direttamente riconducibili, ne’ sarebbe mai emerso un “oggettivo e diretto elemento di congiunzione tra “quel” (OMISSIS) e il (OMISSIS)”.
Gli elementi identificativi, addotti dalla Corte di appello, non sarebbero concludenti: (OMISSIS) gestiva un bar assieme a (OMISSIS), tuttavia nelle conversazioni si assegna a ” (OMISSIS)” un grado di parentela con il (OMISSIS) che non appartiene al (OMISSIS); in occasione di una riunione davanti al bar era presente anche (OMISSIS), ma la circostanza e’ irrilevante posto che l’imputato in quel bar lavorava; il (OMISSIS) ha parlato del ” (OMISSIS) del bar dell'(OMISSIS)”, salvo poi non riconoscere in fotografia il (OMISSIS); gli operanti hanno riconosciuto la voce del (OMISSIS) ma non e’ mai stato indicato il contenuto comparativo riferibile con certezza all’imputato; dalle indagini e’ emerso il coinvolgimento in alcuni episodi delittuosi di tale (OMISSIS) chiamato ” (OMISSIS)”.
La Corte di appello ha respinto la richiesta formulata dalla difesa di procedere a perizia fonica, quindi il punto sarebbe rimasto irrisolto.
13.2 Con il secondo motivo il ricorrente deduce violazione di legge e vizio di motivazione sugli episodi estorsivi di cui ai capi A15 e A22.
13.2.1 In merito al capo A15 si osserva che il fatto investe una serie di condotte delittuose ai danni di (OMISSIS), alla maggior parte delle quali l’imputato e’ estraneo.
L’antecedente logico e’ il reato di usura di cui al capo A14, ma l’imputato non ha alcun rapporto ne’ collegamento con il creditore, quindi sarebbe inspiegabile la ragione del suo coinvolgimento.
Nessuna condotta di violenza o minaccia viene ascritta all’imputato, la cui unica colpa sarebbe quella di aver partecipato all’incontro del (OMISSIS), presso il bar che cogestiva con (OMISSIS), asseritamente funzionale alla conclusione della vicenda estorsiva.
Tuttavia la presenza al bar e’ giustificata dal fatto che l’imputato li’ lavorava; inoltre la persona offesa ha escluso che l’oggetto di quell’incontro fosse la cessione delle quote, avvenuta in precedenza, e non ha riconosciuto il (OMISSIS).
Pretestuoso sarebbe il collegamento tracciato dalla Corte di appello tra il fatto in esame e un asserito credito vantato da tale (OMISSIS) nei confronti di (OMISSIS) per la cessione di stupefacente di cui al capo B23.
Il profitto dell’estorsione di cui al capo A15 sarebbe andato a beneficio del (OMISSIS) e non avrebbe soddisfatto l’ipotetico credito del (OMISSIS), il quale, pertanto, anche sotto questo profilo non avrebbe avuto interesse a partecipare all’azione illecita.
13.2.2 Circa il capo A22, risulterebbero similari cadute motivazionali con riguardo all’apporto concorsuale fornito dal ricorrente.
Anche in questo caso la Corte di appello richiama un “interesse” dell’imputato collegato a un pregresso credito vantato nei confronti del (OMISSIS), formulando solo congetture.
Nessuna valenza assumerebbe il capo A24, dal quale l’imputato e’ stato assolto, ne’ il capo A15 che attiene a tutt’altra vicenda.
L’incendio dell’autovettura del figlio del (OMISSIS) non e’ stato neppure contestato al (OMISSIS).
13.3 Con il terzo motivo si duole di analoghi vizi circa l’affermazione di responsabilita’ dell’imputato sul capo B23).
13.3.1 Secondo l’accusa (OMISSIS) avrebbe ceduto 200 grammi di cocaina a (OMISSIS), che, a sua volta, l’avrebbe consegnata al (OMISSIS) il quale provvedeva alla distribuzione agli spacciatori da lui gestiti.
Tuttavia la ricostruzione offerta dalla sentenza impugnata non colma le lacune prospettate in sede di gravame, si affida a mere supposizioni e non da’ conto delle emergenze contrarie. In particolare: (OMISSIS) non ha riconosciuto (OMISSIS) in fotografia; (OMISSIS) qualifica il fornitore del (OMISSIS) come “cognato” di (OMISSIS), rapporto di affinita’ che (OMISSIS) non vanta; (OMISSIS) riferisce di aver parlato con ” (OMISSIS)” di droga precisando di “aver solo pensato” che quella ricevuta dal (OMISSIS) provenisse da (OMISSIS).
Peraltro le cessioni sono rimaste indeterminate nelle loro coordinate spazio-temporali, nonche’ incerte quanto alla natura e al quantitativo di sostanza stupefacente.
13.3.2 Nell’ambito di questo motivo il ricorrente espone che l’approssimazione con la quale e’ stata esaminata la posizione del (OMISSIS) emergerebbe anche dalle contraddizioni rilevabili in punto di riconoscimento della circostanza aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, articolo 7.
Il Tribunale aveva escluso l’aggravante per il capo B23, mentre l’ha stimata sussistente in relazione al capo A15, salvo poi non considerarla nel computo della pena.
La Corte di appello, investita di apposita censura, ha dichiarato inammissibile la doglianza perche’ l’aggravante speciale era gia’ stata esclusa dal Tribunale; al contempo pero’ ne ha affermato la ricorrenza in relazione al capo A22, salvo poi non tenerne conto, come il giudice di primo grado, ai fini della determinazione della pena.
13.4 Con il quarto motivo si censura l’omessa motivazione sul diniego delle circostanze attenuanti generiche.
14. (OMISSIS) propone cinque motivi con il ricorso a firma dell’avv. (OMISSIS) e due con quello a firma dell’avv. (OMISSIS).
14.1 Con il primo e il secondo motivo del ricorso sottoscritto dall’avv. Contrada si lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in punto di ritenuta sussistenza della circostanza aggravante di cui all’articolo 629 c.p., comma 2, in relazione all’articolo 628 c.p., comma 3, nn. 1 e 3.
I giudici di merito hanno ravvisato l’aggravante in parola ritenendo che il tentativo di estorsione era stato commesso “da piu’ persone tra le quali anche il (OMISSIS), condannato con sentenza irrevocabile per il delitto in esame e l’associazione di cui al capo A”.
14.1.1 Sostiene il ricorrente che la decisione si porrebbe in contrasto con il principio dettato dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 21837 del 29/03/2012, secondo cui nel reato di estorsione la circostanza aggravante speciale delle piu’ persone riunite richiede la simultanea presenza di non meno di due persone nel luogo ed al momento di realizzazione della violenza o della minaccia.
Nel caso di specie tale condizione difetterebbe poiche’ la telefonata dal (OMISSIS) al (OMISSIS) del 14 dicembre 2009 non e’ stata effettuata alla presenza di piu’ persone.
Mentre, nel rispondere al motivo di gravame che rilevava l’assenza di “piu’ persone riunite”, la Corte di appello persisterebbe nel richiamare il fatto “commesso da piu’ persone” condizione che, come visto, non integra l’aggravante in rassegna.
14.1.2 Quanto alla configurabilita’ della circostanza aggravante di cui all’articolo 628 c.p., comma 3, n. 3, si pone in evidenza come il (OMISSIS) non faccia parte di un’associazione di tipo mafioso.
Si sostiene inoltre che: “non si potrebbe parlare di comunicabilita’ della predetta aggravante perche’ il (OMISSIS) (rectius (OMISSIS)) agisce in modo autonomo e comunque completamente scisso dai presunti sodali (o comunque dai presunti correi)”.
E’ pacifico che (OMISSIS) non conoscesse, ne’ potesse conoscere, la qualifica soggettiva di alcuni correi e cio’ per le medesime ragioni per le quali, nei suoi confronti, e’ stata esclusa la circostanza aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, articolo 7.
14.2 Con il terzo motivo si deduce violazione di legge in ordine al diniego della circostanza attenuante di cui all’articolo 114 c.p., comma 2.
Una volta esclusa l’aggravante di cui all’articolo 629 c.p., comma 2, verrebbe meno anche la condizione opposta dalla Corte di appello al riconoscimento della circostanza attenuante in esame.
La tentata estorsione sarebbe stata perpetrata anche in assenza del contributo, minimale, del (OMISSIS).
14.3 Con il quarto e il quinto motivo si censura, ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), la sentenza impugnata vuoi per violazione dell’articolo 69 c.p. laddove il giudizio di “equivalenza” tra le circostanze e’ motivato soltanto alla luce dei precedenti penali dell’imputato, omettendo invece di valutare l’entita’ della condotta criminosa; vuoi per violazione degli articoli 132 e 133 c.p..
14.4 Con il primo motivo del ricorso dell’avv. (OMISSIS) si denuncia violazione di legge in merito alla affermazione di responsabilita’ dell’imputato per il reato di tentata estorsione di cui al capo A22).
La condanna del (OMISSIS) si fonda soltanto sul contenuto di due telefonate: la prima del 12 dicembre 2009 che lo stesso giudicante dubita possa essere riferita all’imputato, considerato che la polizia giudiziaria non aveva mai affermato che l’interlocutore del (OMISSIS) fosse il (OMISSIS); la seconda avvenuta il 14 dicembre 2009, in cui l’interlocutore si presenta con il nome di ” (OMISSIS)” e si esprime “in dialetto napoletano”.
In ogni caso le espressioni utilizzate dal (OMISSIS) sarebbero prive di efficacia intimidatoria nei confronti del (OMISSIS), avvezzo a frequentazioni nell’ambito della criminalita’, il quale, per nulla intimorito dalla telefonata del (OMISSIS), chiede di parlare con (OMISSIS): “a te non ti conosco, il rapporto ce l’ho con (OMISSIS), e con (OMISSIS) me la vedo… e lo conosco da trent’anni se me permetti”.
14.5 Con il secondo motivo del ricorso dell’avv. (OMISSIS) ci si duole della eccessiva severita’ della risposta sanzionatoria.
15. (OMISSIS) si affida a otto motivi.
15.1 Con il primo denuncia l’inutilizzabilita’ degli elementi probatori posti a base della affermazione di colpevolezza per violazione dell’articolo 406 c.p.p..
Il nominativo di (OMISSIS) risulta iscritto nel registro degli indagati soltanto nel mese di aprile 2010, tuttavia e’ pacifico che le indagini sono state svolte nei suoi confronti a partire da maggio 2009 e che si sono protratte fino a febbraio 2010, dunque risulta violato il termine di indagine di sei mesi, non risultando in atti alcuna proroga.
L’eccezione e’ stata superata dalla Corte di appello formulando un principio di diritto inaccettabile: “si indaga un soggetto nell’anno 2009 senza iscriverlo; non si proceda alla richiesta di proroga delle indagini; non si delimitano i tempi di investigazione sanciti dal legislatore; si procede alla iscrizione dopo circa sei anni dal verificarsi dei fatti in contestazione”.
15.2 Con il secondo motivo il ricorrente eccepisce l’inutilizzabilita’ della perizia di trascrizione delle conversazioni intercettate, perche’ gli esperti nominati dal Tribunale avrebbero redatto i propri elaborati attingendo ai dati forniti dalla polizia giudiziaria e segnatamente da un documento in cui la polizia aveva riportato “gli abbinamenti nomi/numeri e i cd. “cartellini” che identificavano i brogliacci, nonche’ i brogliacci stessi”.
Il difensore aveva proposto gravame sul punto, richiedendo che venisse disposta una nuova perizia.
La Corte di appello non risponde all’eccezione di inutilizzabilita’ e si limita a dichiarare “inutile” la perizia, senza fornire alcuna motivazione a sostegno della decisione.
15.3 Con il terzo motivo lamenta l’inutilizzabilita’ delle dichiarazioni testimoniali rese dalla polizia giudiziaria, assunte in violazione delle disposizioni del codice di rito: i testimoni hanno letto integralmente le informative di reato; hanno riportato e interpretato il testo delle conversazioni telefoniche e ambientali; hanno letto e riferito sul contenuto di atti non sottoscritti dal dichiarante.
La Corte di appello ha affermato il principio secondo cui il contenuto delle conversazioni intercettate potesse essere provato per testimoni, cosi’ incorrendo nella violazione dell’articolo 178 c.p.p., lettera c), articoli 194, 266 e 499 c.p.p..
15.4 Con il quarto e il quinto motivo il ricorrente deduce violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla configurabilita’ della fattispecie di partecipazione alla associazione Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, ex articolo 74 e dell’aggravante di cui al Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7.
A carico di (OMISSIS) sarebbero stati accertati soltanto tre episodi di acquisto di sostanza stupefacente da (OMISSIS) e da (OMISSIS).
15.4.1 Non risultano ulteriori emergenze dimostrative della consapevolezza e volonta’, in capo al (OMISSIS), di essere partecipe del sodalizio al quale appartenevano i due fornitori. Invero non sarebbe provato: che l’imputato conoscesse o avesse avuto rapporti con (OMISSIS) o con gli altri associati; che avesse mai consegnato denaro ad alcuno di essi; che avesse partecipato a riunioni o incontri; che avesse fornito il proprio contributo alla vita associativa; che fosse stato cosciente di far parte di un gruppo organizzato.
15.4.2 Ne’ in quei tre episodi, circoscritti in un arco di tempo di venti giorni, sarebbero ravvisabili i presupposti che la giurisprudenza di legittimita’ individua come integranti la circostanza aggravante di cui alla Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7.
D’altra parte l’iniziale ipotesi investigativa postulava che (OMISSIS) si rifornisse in maniera continuativa di stupefacente per riversarla nella piazza di spaccio di cui al capo C), reato che la Corte di appello, pero’, ha ritenuto insussistente.
15.5 Con il sesto motivo il ricorrente lamenta violazione di legge e vizio di motivazione sui capi B20, B21, B22.
15.5.1 In ordine al capo B20, l’unica fonte di prova e’ rappresentata dal contenuto delle conversazioni intercettate che tuttavia nulla dicono sulla effettiva natura dell’oggetto della contrattazione, sulla tipologia e quantita’ della sostanza stupefacente in ipotesi indicata come “zii”, sul pagamento di un prezzo, sull’effettivo verificarsi di uno scambio, sulla sussistenza della circostanza aggravante di cui al Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7.
La Corte di appello farebbe discendere l’integrazione del reato solo dalla fissazione di un appuntamento.
15.5.2 Quanto al capo B21, anche in questo caso le conversazioni sono anodine e, per il gergo utilizzato, potrebbero riferirsi all’attivita’ lavorativa svolta dall’imputato.
Difetta in toto la motivazione sulla circostanza aggravante contestata.
15.5.3 Circa il capo B22, i colloqui valorizzati dai giudici di merito in senso accusatorio non forniscono dati sufficienti per delineare la condotta nei suoi termini essenziali di tempo, luogo, oggetto, ne’ gettano luce sulla effettiva configurabilita’ della circostanza aggravante della agevolazione mafiosa.
15.5.4 In tutti tre i casi si verserebbe in ipotesi di “droga parlata” che non raggiungerebbero la soglia probatoria sufficiente per sostenere una affermazione di colpevolezza.
15.6 Con il settimo motivo si fa valere una violazione di legge in ordine alla sussistenza oggettiva dei reati di cui ai capi C1, C4 e C6.
La responsabilita’ in merito al capo Cl viene desunta da una conversazione telefonica in cui si fa riferimento a un “cane”; in realta’ il colloquio sarebbe coerente con il contesto laddove si parla di “libretto”, “vaccini”, “veterinario”.
La condanna per il reato di cui al capo C4, viene invece ricavata dal tenore di due colloqui in cui si parla della somma di “novantacinque” che i giudici di merito riferiscono al peso della sostanza oggetto di compravendita, senza tuttavia che sia stata raggiunta la prova della tipologia della sostanza e della effettiva consegna della stessa.
Analogamente per il capo C6, nessuna reale portata dimostrativa potrebbe essere assegnata alle intercettazioni tra soggetti sconosciuti che trattano gli argomenti piu’ disparati e fissano appuntamenti per incontrarsi.
15.7 Con l’ottavo motivo si censura la motivazione sul trattamento sanzionatorio per inosservanza dei criteri dettati dall’articolo 133 c.p..
Si eccepisce inoltre il decorso dei termini di prescrizione per i reati qualificati ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, commi 4 e 5, tenuto conto della concessione delle circostanze attenuanti generiche equivalenti alle contestate aggravanti si’ che il tempo necessario a prescrivere, pari ad anni sette e mesi sei, sarebbe decorso prima della pronuncia della sentenza in grado di appello.
15.8 In data 31 gennaio 2020 il difensore dell’imputato deposita una memoria (comune anche ai ricorrenti (OMISSIS) e (OMISSIS)) con la quale espone due ulteriori motivi.
15.8.1 Con il primo evidenzia che, nel determinare il trattamento sanzionatorio nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS), il giudice di merito avrebbe applicato aumenti di pena in continuazione anche per reati estinti per prescrizione.
Relativamente alla posizione di (OMISSIS), la Corte di appello richiama per i capi B20 e B21 le argomentazioni relative al (OMISSIS) esposte a pag. 321. In quella sede si da’ atto della intervenuta prescrizione del reato di cui al capo B21. Nonostante cio’ al momento della determinazione della pena verrebbe applicato un aumento in continuazione anche per il capo interessato dalla prescrizione.
Se poi si analizza la posizione di (OMISSIS) si puo’ verificare che l’imputato e’ stato prosciolto dai capi B21 e B22 perche’ estinti per prescrizione.
Lo stesso accade per il capo C1, che vede il concorso tra (OMISSIS) (prosciolto) e (OMISSIS) (condannato).
Il difensore chiede l’annullamento della sentenza impugnata affinche’ si possa procedere alla rideterminazione della pena inflitta a (OMISSIS) con esclusione dei reati B20, B21, B22, C1, C4, C6, estinti per prescrizione.
15.8.2 Con il secondo motivo invoca l’applicazione della sentenza della Corte costituzionale n. 40 del 2019 che ha dichiarato l’illegittimita’ costituzionale del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 1 nella parte in cui per i fatti non di lieve entita’ aventi ad oggetto le cosiddette “droghe pesanti” prevedeva come minimo edittale la pena di anni otto di reclusione anziche’ di anni sei.
16. (OMISSIS) propone cinque motivi.
16.1 I primi tre motivi riproducono testualmente i medesimi argomenti del ricorso (OMISSIS) a firma del medesimo difensore.
16.2 Con il quarto motivo denuncia violazione di legge e vizio di motivazione sul giudizio di responsabilita’ per i capi C12, C13, C14 e C16.
La condanna per il reato di cui al capo C12 viene desunta da una intercettazione tra soggetti non identificati che si scambiano frasi sconnesse.
Sostiene il ricorrente che non sarebbe stato possibile determinare la tipologia della sostanza stupefacente e che per tale ragione la Corte di appello avrebbe dovuto riqualificare il fatto ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5.
Analoghe censure vengono mosse al costrutto argomentativo relativo ai capi C13, C14 e C16, richiamando le medesime considerazioni svolte nel ricorso (OMISSIS) a proposito della cd. “droga parlata”.
16.3 Con il quinto motivo si duole del trattamento sanzionatorio, del giudizio di bilanciamento tra circostanze aggravanti e recidiva espresso in termini di mera equivalenza.
Eccepisce l’estinzione dei reati per prescrizione intervenuta prima della sentenza di secondo grado.
16.4 Con memoria depositata il 31 gennaio 2020 (comune a (OMISSIS) e (OMISSIS), cfr. sopra paragrafo 15.8) il difensore sollecita la declaratoria di prescrizione e invoca l’applicazione della sentenza della Corte costituzionale n. 40 del 2019.
17. (OMISSIS) articola due motivi.
17.1 Con il primo denuncia erronea applicazione della legge penale in relazione agli articoli 192 e 533 c.p.p.,. nonche’ mancanza di motivazione in relazione all’articolo 192 c.p.p..
Il provvedimento impugnato dedica poche righe alla posizione dell’imputato e fonda la pronuncia di colpevolezza per i reati di riciclaggio di cui ai capi A35 e A37 su un travisamento degli atti del processo ed in particolare delle dichiarazioni di (OMISSIS), vicedirettore della filiale di (OMISSIS) della Banca (OMISSIS), diretta da (OMISSIS), e di quelle di (OMISSIS), impiegato della medesima dipendenza.
Costoro infatti, diversamente da quanto ritenuto in sentenza, non hanno mai affermato che l’interesse del (OMISSIS) non fosse giustificato da regole o da prassi bancarie, ne’ che il direttore di banca non potesse di abitudine intervenire personalmente nella gestione dei conti correnti; al contrario, i testimoni hanno riferito che rispondeva a una diffusa prassi bancaria quella di contattare i clienti “in sofferenza” al fine di consentire loro un ripianamento dello scoperto.
I medesimi testimoni hanno poi confermato che la direzione centrale di Banca (OMISSIS) promuoveva una politica di espansione, raccomandando ai direttori delle agenzie di procacciare clienti, il che avveniva anche invitando i clienti gia’ acquisiti a presentare i propri parenti, amici o conoscenti.
Il denunciato travisamento mina in radice la tenuta logica della decisione impugnata.
17.2 Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione di legge e vizio motivazionale in relazione all’articolo 648-bis c.p..
Nel reato in rassegna l’oggetto del dolo deve estendersi a tutti gli elementi del fatto tipico e dunque deve abbracciare anche la consapevolezza della provenienza delittuosa di denaro, beni o altre utilita’ oggetto di riciclaggio.
Sostiene il ricorrente che non vi sarebbe traccia della “perfetta consapevolezza”, da parte del (OMISSIS), circa la provenienza da delitto del denaro versato sui conti correnti di cui ai capi A35 e A37.
Anzi risulta esattamente il contrario, posto che la direzione centrale della Banca (OMISSIS) non aveva mai disposto accertamenti sui rapporti bancari in parola a riprova del fatto che non vi fossero movimentazioni idonee a ingenerare sospetti di alcun genere.
Ne’ il dolo potrebbe evincersi da ipotetiche elusioni delle norme bancarie in tema di omessa o ritardata chiusura dei conti correnti poiche’, come riferito dal teste (OMISSIS), nessun accertamento e’ stato svolto al riguardo.
Non potrebbe sostenersi neppure la percezione di un compenso, poiche’ non e’ stata espletata alcuna indagine sui rapport bancari riconducibili all’imputato.
Infine si evidenzia come il direttore non effettua operazioni di cassa: i versamenti in contanti erano ricevuti dal cassiere; dunque su di questi e non sull’imputato incombeva l’obbligo di segnalazone scritta delle operazioni sospette, e comunque eventuali anomalie avrebbero potuto essere rilevate direttamente dall’organo di vigilanza, evenienza mai verificatasi nel periodo in rilievo (anni 2009-2010).
18. (OMISSIS) propone due motivi.
18.1 Con il primo deduce violazione di legge e vizio di motivazione sul reato di estorsione di cui al capo A30.
Il giudice di primo grado aveva immotivatamente ritenuto che il credito vantato dall’imputato nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS) scaturisse dalla cessione di sostanza stupefacente, a dispetto delle dichiarazioni rese dalla persona offesa (OMISSIS), dai testi (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), secondo i quali invece il debito nasceva dal mancato pagamento della vendita di numerosi capi di abbigliamento del fallimento (OMISSIS).
L’imputato investiva della questione la Corte di appello che ha superato l’obiezione con una motivazione apodittica, valorizzando un elemento (“e’ tutta roba scaduta”) non considerato dal Tribunale e privo di reale portata dimostrativa.
Anche dopo la decisione di secondo grado sarebbero rimasti irrisoli i quesiti posti dall’imputato circa: l’origine lecita del debito riferita dalla persona offesa, che aveva anche esibito le fotografie dei capi di abbigliamento acquistati; l’assenza di un comportamento violento o minaccioso direttamente ascrivibile all’imputato; l’impossibilita’ di estendere al credito vantato dal medesimo le modalita’ di riscossione attribuite all’ (OMISSIS).
Si tratta di passaggi decisivi poiche’ segnano il discrimine tra il reato di estorsione e quello di esercizio arbitrario delle proprie ragioni.
Distinzione che, secondo l’insegnamento della Corte di cassazione, poggia non gia’ sulla condotta materiale, ma sull’elemento soggettivo.
18.2 Con il secondo motivo il ricorrente denuncia vizio argomentativo in punto di applicazione della misura di sicurezza.
Il giudizio di pericolosita’ sociale a carico dell’imputato viene formulato sulla scorta di dati formali e risalenti nel tempo (la pregressa sottoposizione a misure di prevenzione) o di circostanze prive di valenza perche’ relative a scelte di terzi soggetti (“attenzione resa da (OMISSIS) che di persona tratto’ con (OMISSIS) il debito di (OMISSIS)”).
19. (OMISSIS) propone un solo motivo con il quale denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli articoli 1, 2, 416-bis, 648-bis, 648-ter, 649 e 192 c.p.p., articolo 111 Cost..
Si lamenta anzitutto la mancata risposta su natura e caratteri della associazione ricondotta al paradigma dell’articolo 416-bis c.p., esponendo argomenti analoghi a quelli dei difensori di coimputati: associazione di nuova creazione o derivazione della camorra campana; forza intimidatrice promanante dal vincolo associativo o solo dalla storia giudiziaria di (OMISSIS); assenza di stabilita’ per il ristretto arco temporale di vita (dal 2009 al 2011); assenza di una reale struttura gerarchica e di un territorio di riferimento; confusione tra le condotte rilevanti ai sensi dell’articolo 416-bis c.p. e quelle afferenti alla associazione di narcotraffico, a quest’ultima dovendosi riferire gli incontri a casa di (OMISSIS), i resoconti di (OMISSIS) e (OMISSIS), la gestione dei guadagni.
Si stigmatizza la qualifica di “imprenditore colluso” assegnata dai giudici di merito al (OMISSIS), quando e’ pacifico che l’imputato da oltre un decennio fosse: “un commerciante con negozio in (OMISSIS), in societa’ formale (OMISSIS) di (OMISSIS), costituita nel 1998, ma con socio di fatto quale unico e vero finanziatore ed acquirente la merce fornita il (OMISSIS)”.
Si evidenzia la contraddizione insita nella circostanza che i beni costituenti l’eredita’ di (OMISSIS), affidati a (OMISSIS), si siano trasformati in due milioni di Euro liquidi provenienti dal traffico di sostanza stupefacente, evenienza che renderebbe incomprensibile la ragione per cui (OMISSIS) e (OMISSIS) non si siano spartiti il denaro invece di correre il rischio che le somme potessero essere loro sottratte da “qualsivoglia (OMISSIS)”. La risposta sta nel fatto che non si trattava di denaro liquido ma di orologi di grande valore facenti parte della collezione del (OMISSIS).
Gli orologi sarebbero stati rivenduti e il relativo guadagno in parte sarebbe stato in parte versato alla famiglia (OMISSIS) e per la restante parte suddiviso tra (OMISSIS) e (OMISSIS). Quest’ultimo avrebbe poi impiegato la somma per l’acquisto della “villa di cui al capo A3”.
In difetto di prova della provenienza illecita del denaro reinvestito, cadrebbero le ipotesi di riciclaggio e reimpiego illecito addebitate al (OMISSIS).
Non sarebbe configurabile un “concorso esterno” nella associazione mafiosa, poiche’ (OMISSIS) avrebbe agito ponendosi in rapporto con il solo (OMISSIS).
I delitti di intestazione fittizia di cui ai capi A5 e A42 sono insussistenti.
L’esistenza di una delega in favore di (OMISSIS) da parte di (OMISSIS), intestataria del conto di cui al capo A5, renderebbe palese la riferibilita’ del rapporto bancario al (OMISSIS) e insussistente l’ipotesi di un “mascheramento”.
Allo stesso modo, per il conto di cui al capo A42, l’intestazione del conto a (OMISSIS) non servirebbe a mimetizzare i capitali illeciti del (OMISSIS), essendo chiaro e immediatamente percepibile il legame tra i due.
20. (OMISSIS) introduce due motivi.
20.1 Con il primo lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla affermazione di responsabilita’ per il reato di cui al capo B21), ricondotto dai giudici di appello alla fattispecie di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 4.
20.1.1 Anzitutto ripropone l’eccezione sulla corretta identificazione della persona che utilizza l’utenza (OMISSIS) intestata a (OMISSIS).
La individuazione del (OMISSIS) e’ stata effettuata in dibattimento dal cap. (OMISSIS), il quale tuttavia non aveva ascoltato le telefonate e dunque non aveva potuto riconoscere la voce degli interlocutori.
Il riconoscimento vocale era stato compiuto dai testi (OMISSIS) e (OMISSIS) che tuttavia non sono stati sentiti a seguito di rinuncia alla loro audizione da parte del Pubblico ministero.
La problematica e’ stata proposta alla Corte di appello che, come il Tribunale, ha continuato a far leva su un riconoscimento vocale che non c’e’ mai stato.
Il dubbio sulla identificazione dell’interlocutore avrebbe dovuto condurre il giudice di merito alla assoluzione dell’imputato.
20.1.2 Il ricorrente reitera la censura sulla acquisizione della requisitoria scritta del Pubblico Ministero.
L’atto riproduceva nella sostanza l’ordinanza cautelare e riportava il contenuto di numerosi atti di indagine mai acquisiti in sede dibattimentale (brogliacci di intercettazioni, dichiarazioni di presunti collaboratori), cosi’ da far confluire nel fascicolo processuale prove formatesi fuori dal contraddittorio delle parti in violazione dell’articolo 111 Cost..
20.1.3 Inoltre la ricostruzione della vicenda concernente il capo 521 sarebbe lacunosa e contraddittoria.
L’unico elemento a carico del (OMISSIS) sarebbe ricavato da una telefonata con il (OMISSIS) diretta a fissare un appuntamento.
Sarebbe frutto di mera congettura la tesi, propugnata dalla Corte di appello, per cui l’incontro tra (OMISSIS) e (OMISSIS) fosse destinato alla cessione dello stupefacente in precedenza acquistato dal primo da (OMISSIS) e (OMISSIS).
I contatti del (OMISSIS) con il (OMISSIS) troverebbero spiegazione nel rapporto di parentela.
(OMISSIS) e’ del tutto estraneo al contesto associativo oggetto del processo e non risulta coinvolto in alcun altro episodio di spaccio.
La sostanza stupefacente non e’ stata sequestrata, sicche’ se davvero l’ipotesi di una cessione di stupefacente fosse stata ritenuta attendibile sfuggirebbe alla logica la decisione della polizia giudiziaria di non intervenire per impedire o reprimere la commissione di un delitto.
20.2 Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al mancato riconoscimento della ipotesi di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5.
La Corte di appello ha ricondotto il fatto alla fattispecie di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 4, non potendo stabilire, in assenza di sequestro, la tipologia di sostanza stupefacente; allora, per le medesime ragioni, la Corte avrebbe dovuto riconoscere l’ipotesi del fatto di lieve entita’ ignorandosi quale fosse il quantitativo di stupefacente oggetto di smercio; tanto piu’ che (OMISSIS) ne ha ricevuto solo una parte.
21. (OMISSIS) propone cinque motivi con il ricorso principale e due ulteriori motivi con la memoria depositata il 31 gennaio 2020.
21.1 I motivi sono comuni al (OMISSIS) sulle questioni processuali (i primi tre), sulla configurabilita’ e riferibilita’ al (OMISSIS) dei reati di cui ai capi B20 e B21 e dell’aggravante della agevolazione mafiosa (il quarto), sulla intervenuta prescrizione dei reati (quinto motivo del ricorso e primo della memoria), sugli effetti della pronuncia della Corte costituzionale n. 40 del 2019 (il secondo della memoria).
21.2 Il ricorrente si duole anche della entita’ della pena inflitta che non terrebbe conto delle doglianze difensive esposte con il gravame.
22. (OMISSIS) si affida a due motivi.
22.1 Con il primo eccepisce l’inutilizzabillita’ delle “parti ripetibili” delle due annotazioni di servizio datate 2 dicembre 2009 (riferite ad OCP del 6 e 7 novembre 2009) e della annotazione di servizio del 3 dicembre 2009 (relativa a un OCP del 10 novembre 2009).
Sostiene il ricorrente che secondo l’insegnamento delle Sezioni Unite della Corte di cassazione (sent. n. 41281 del 17 ottobre 2006) le relazioni contenenti gli esiti dei pedinamenti e delle operazioni di controllo non potrebbero essere acquisite al fascicolo del dibattimento in quanto le attivita’ svolte dagli operanti possono essere rievocate in dibattimento.
22.2 Con il secondo motivo deduce vizio di motivazione per “travisamento della prova” in punto di responsabilita’ dell’imputato sul capo B9 allo stesso ascritto.
In sede di gravame si era posta in luce l’assenza di prova sulla riconducibilita’ all’imputato dell’utenza (OMISSIS) che sarebbe stata contattata dal (OMISSIS) tra le ore 13:12 e le ore 13:18 del (OMISSIS).
La Corte di appello sostiene che l’unica persona con cui (OMISSIS) si sarebbe potuto incontrare e’ (OMISSIS), poiche’ (OMISSIS) e’ stato pedinato ininterrottamente dalla polizia giudiziaria fino all’arresto del (OMISSIS) e non ha fatto altri incontri.
In realta’ dalla annotazione del (OMISSIS) risulterebbero circostanze opposte:
– l’appostamento non era incentrato sulla persona di (OMISSIS), ma sul luogo: (OMISSIS);
– l’attivita’ di osservazione e controllo del (OMISSIS) fu interrotta in quanto alle ore 15:04 lo stesso venne definitivamente perso di vista mentre (OMISSIS) fu ritrovato alle ore 15:25 e tratto in arresto alle 15:35.
Ne consegue che (OMISSIS), sfuggito al controllo degli operanti sin dalle ore 15:04, ben si sarebbe potuto incontrare alle 15:30 con la persona, diversa da (OMISSIS), con la quale aveva preso appuntamento per detta ora contattandola sull’utenza (OMISSIS).

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso di (OMISSIS) comporta che l’unico reato allo stesso ascritto (capo B11) debba essere dichiarato estinto per prescrizione.
La medesima causa estintiva opera a favore di (OMISSIS) per i reati di cui ai capi C13, C14 e C16, mentre il capo C12 e’ colpito, in punto di trattamento sanzionatorio, dalla declaratoria di illegittimita’ costituzionale di cui alla sentenza della Consulta n. 40 del 2019.
Questo ultimo profilo investe anche le posizioni di (OMISSIS) per il capo B12 e di (OMISSIS) per il capo B23. Nel resto i ricorsi di detti imputati sono infondati.
Sono estinti per prescrizione i reati ascritti a (OMISSIS) al capo A31, mentre il ricorso del predetto imputato e’ infondato nel resto.
Il ricorso di (OMISSIS) e’ infondato, tuttavia deve essere rilevata di ufficio l’intervenuta declaratoria di parziale illegittimita’ costituzionale della norma incriminatrice di cui al Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 75 (capo A1).
Il ricorso di (OMISSIS) e’ fondato limitatamente alla quantificazione della pena.
Quello di (OMISSIS) e’ fondato solo sul punto della ritenuta recidiva.
I ricorsi di (OMISSIS) e (OMISSIS) sono infondati.
I ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) sono inammissibili.
2. I caratteri del giudizio di legittimita’.
2.1 Casi e limiti del ricorso per cassazione.
Il sindacato del giudice di legittimita’ sul discorso giustificativo del provvedimento impugnato deve mirare a verificare che la relativa motivazione sia: a) “effettiva”, ovvero realmente idonea a rappresentare le ragioni che il giudicante ha posto a base della decisione adottata; b) non “manifestamente illogica”, ovvero sorretta, nei suoi punti essenziali, da argomentazioni non viziate da evidenti errori nell’applicazione delle regole della logica; c) non internamente “contraddittoria”, ovvero esente da insormontabili incongruenze tra le sue diverse parti o da inconciliabilita’ logiche tra le affermazioni in essa contenute; d) non logicamente “incompatibile” con altri atti del processo muniti di una autonoma forza dimostrativa tale da vanificare o radicalmente inficiare, sotto il profilo logico, la motivazione.
Il giudice di legittimita’ e’, pertanto, chiamato ad effettuare un controllo sulla persistenza o meno di una motivazione effettiva, non manifestamente illogica e internamente coerente.
Tale controllo, per sua natura, e’ destinato a tradursi in una valutazione, di carattere necessariamente unitario e globale, sulla reale “esistenza” della motivazione e sulla permanenza della “resistenza” logica del ragionamento esposto. Alla Corte di cassazione resta preclusa, invece, la pura e semplice rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, preferiti a quelli adottati dal giudice di merito, perche’ ritenuti maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacita’ esplicativa.
2.2 Considerazioni generali sui ricorsi proposti.
La sentenza impugnata e’ strutturata secondo un modello esemplare: esposizione del fatto e delle ragioni della decisione di primo grado; puntuale enunciazione dei motivi di appello; attenta, analitica, scrupolosa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto su cui la decisione si fonda.
Di contro molti ricorsi (non tutti) soffrono di evidenti errori di impostazione e prospettiva, che finiscono per relegare nell’alveo della inammissibilita’ buona parte delle doglianze proposte.
2.2.1 Essi riversano sulla Corte di cassazione, “per accumulo”, tutte le questioni che si sono presentate nei precedenti gradi di giudizio, senza alcuna cernita di rilevanza, efficacia e deducibilita’, ignorando le risposte gia’ ottenute, ma, soprattutto, dimenticando che il ricorso per cassazione richiede un confronto critico non con ogni singola scansione processuale e con le prove raccolte ma con l’esito decisorio conclusivo e con l’apparato argomentativo della sentenza impugnata, in un’ottica di sintesi.
Emerge un sostanziale errore di fondo che permea il costrutto impugnatorio, quasi che il giudizio di legittimita’ rappresenti non uno strumento di controllo della coerenza logica dei ragionamenti decisori della Corte di appello, ma piuttosto una sorta di nuovo grado di giudizio destinato a revisionare il merito delle opzioni valutative adottate nel giudizio di secondo grado.
2.2.2 Questo vale certamente per la deduzione di vizi motivazionali, posto che i motivi di impugnazione sono inammissibili quando risultano intrinsecamente indeterminati e, altresi’, quando difettino della necessaria correlazione con le ragioni poste a fondamento del provvedimento impugnato (per tutte Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, Galtelli, in motivazione).
In tale ottica e’ inammissibile il ricorso per cassazione che si risolve nella pedissequa reiterazione dei motivi gia’ dedotti in appello e motivatamente disattesi dal giudice di merito, in quanto non assolve la funzione tipica di critica puntuale avverso la sentenza oggetto di ricorso (Sez. 5, n. 25559 del 15/06/2012, Pierantoni; Sez. 6, n. 22445 del 08/05/2009, Candita, Rv. 244181; Sez. 5, n. 11933 del 27/01/2005, Giagnorio, Rv. 231708).
Basta scorrere la sintesi dei motivi di appello alle pagine da 133 a 216 della sentenza impugnata per accorgersi che i ricorsi per cassazione qui in esame reiterano, in larga misura, quelle medesime doglianze.
E’ del tutto evidente che, a fronte di una sentenza di appello che ha fornito analitica risposta alle questioni devolute (esaminate una a una), la pedissequa riproduzione di esse nei ricorsi per cassazione non puo’ essere considerata come critica argomentata rispetto a quanto affermato dalla Corte d’appello: in questa ipotesi, pertanto, i motivi sono necessariamente privi dei requisiti di cui all’articolo 581 c.p.p., comma 1, (Sez. 6, n.:20377 del 11/03/2009, Arnone, Rv. 243838).
2.2.3 Va aggiunto che il problema della “genericita’” involge, in qualche modo, anche le denunce di violazione della legge processuale.
Se e’ vero che in ipotesi di “error in procedendo” cio’ che rileva e’ la correttezza della decisione e non della motivazione che la sorregge, e che sulle questioni processuali la Corte di cassazione e’ “giudice del fatto”, non puo’ dimenticarsi che grava a carico della parte l’onere di indicare, a pena di inammissibilita’, gli atti specificamente affetti dal vizio e, soprattutto, chiarirne l’incidenza sul complessivo compendio probatorio gia’ valutato, si’ da potersene inferire la decisivita’ in riferimento all’epilogo decisorio (Sez. U, n. 23868 del 23/04/2009, Fruci, Rv. 243416).
2.2.4 Ancora sul piano generale, ed al fine della verifica della consistenza dei rilievi mossi alla sentenza della Corte di appello, e’ necessario ricordare, che tale decisione non puo’ essere isolatamente valutata, ma deve essere esaminata in stretta correlazione con la sentenza di primo grado, dal momento che la motivazione di entrambe le pronunce si dispiega secondo l’articolazione di sequenze logico-giuridiche pienamente convergenti.
Siffatta integrazione tra le due motivazioni si verifica non solo allorche’ i giudici di secondo grado abbiano esaminato le censure proposte dall’appellante con criteri omogenei a quelli usati dal primo giudice e con frequenti riferimenti alle determinazioni ivi prese ed ai passaggi logico-giuridici della decisione, ma anche, e a maggior ragione, quando i motivi di appello non abbiano riguardato elementi nuovi, ma si siano limitati a prospettare circostanze gia’ esaminate ed ampiamente chiarite nella decisione di primo grado (tra le ultime Sez. 2, n. 19619 del 13/02/2014, Bruno, Rv. 259929).
2.2.5 Va ulteriormente rammentato che, in caso di cd. “doppia conforme”, non possono giustificare l’annullamento minime incongruenze argomentative o l’omessa esposizione di elementi di valutazione che, ad avviso della parte, avrebbero potuto dar luogo ad una diversa decisione, sempreche’ tali elementi non siano muniti di un chiaro e inequivocabile carattere di decisivita’. In argomento si e’ spiegato che non costituisce vizio della motivazione qualsiasi omissione concernente l’analisi di determinati elementi probatori, in quanto la rilevanza dei singoli dati non puo’ essere accertata estrapolandoli dal contesto in cui essi sono inseriti, ma devono essere posti a confronto con il complesso probatorio, dal momento che soltanto una valutazione globale e una visione di insieme permettono di verificare se essi rivestano realmente consistenza decisiva oppure se risultino inidonei a scuotere la compattezza logica dell’impianto argomentativo, dovendo intendersi, in quest’ultimo caso, implicitamente confutati (Sez. 5, n. 3751 del 23/3/2000, Re Carlo, Rv. 215722; Sez. 5, n. 3980 del 15/10/2003, Fabrizi, Rv. 226230; Sez. 5, n. 7572 del 11/6/1999, Maffeis, Rv. 213643).
Sono pertanto inammissibili le numerose doglianze congegnate nel senso di riproporre il motivo di gravame e lamentare la mancata risposta sia perche’ la sentenza impugnata risponde in maniera analitica e scrupolosa su ogni punto oggetto di devoluzione sia perche’ in ogni caso la confutazione dell’argomento, in quei rarissimi casi in cui non e’ specifica, si trae comunque dallo sviluppo della trama argomentativa in cui la motivazione si struttura.
2.2.6 Diversi ricorsi invocano, non di rado, il vizio di cui all’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera c), lamentando la violazione dell’articolo 533 o dell’articolo 192 c.p.p..
Secondo l’insegnamento della Corte di legittimita’ e’ inammissibile il motivo in cui si assume, a norma dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera c), la violazione dell’articolo 533 c.p.p. con riferimento al principio dell’oltre ogni ragionevole dubbio, in assenza di censure specifiche rivolte alla motivazione dell’impugnata sentenza, in quanto i limiti dell’ammissibilita’ delle doglianze connesse alla motivazione, fissati specificamente dall’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), non possono essere superati ricorrendo al motivo di cui all’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera c), nella parte in cui consente di dolersi dell’inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullita’, inutilizzabilita’, inammissibilita’ o decadenza. (Sez. 3, n. 24574 del 12/03/2015, Zonfrilli, Rv. 264174)
La mancata osservanza di una norma processuale in tanto ha rilevanza in quanto sia stabilita a pena di nullita’, inutilizzabilita’, inammissibilita’ o decadenza, come espressamente disposto dall’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera c), sicche’ non e’ ammissibile il motivo di ricorso in cui si deduca la violazione dell’articolo 192 c.p.p., con riferimento all’attendibilita’ dei testimoni dell’accusa, la cui inosservanza non e’ in tal modo sanzionata, atteso che il vizio di motivazione non puo’ essere utilizzato sino a ricomprendere ogni omissione o errore che concerna l’analisi di determinati e specifici elementi probatori. (Sez. 3, n. 44901 del 17/10/2012, F., Rv. 253567).
3. Le questioni processuali comuni.
3.1 Le intercettazioni.
Innanzitutto, per semplicita’, ci si riferira’ sempre alla disciplina delle intercettazioni anteriore agli interventi legislativi susseguitisi negli anni 2017/2020.
Verranno di seguito risolte le problematiche sollevate da piu’ ricorrenti, mentre l’eccezione sulla mancanza dei “verbali di registrazione” sara’ trattata nell’ambito dello scrutinio del ricorso di (OMISSIS), unico ad averla sollevata (cfr. infra paragrafo 8.1).
3.1.1 Occorre muovere da ineludibili principi cardine.
In diverse pronunce la Corte costituzionale ha avuto modo di evidenziare che, in sintonia con gli arresti della giurisprudenza di legittimita’ “la trascrizione non costituisce la prova diretta di una conversazione, ma va considerata solo come un’operazione rappresentativa in forma grafica del contenuto di prove acquisite mediante la registrazione fonica” (sentenze n. 336 del 2008 e n. 204 del 2012).
“L’espletamento nel dibattimento di una perizia di lunga durata o della trascrizione di intercettazioni non comporta necessariamente un prolungamento della fase dibattimentale, perche’ e’ ben possibile che l’attivita’ del perito si svolga contemporaneamente all’assunzione delle prove” (sent. n. 204 del 2012, cit.).
Le Sezioni Unite Greco spiegano che gli esiti delle attivita’ di intercettazione hanno carattere irripetibile e quindi vanno inseriti nel fascicolo del dibattimento: “l’esame delle fattispecie concordemente ritenute appartenere alla categoria degli atti non ripetibili consente di affermare che questi atti sono caratterizzati dall’esistenza di un risultato ulteriore rispetto alla mera attivita’ investigativa della polizia giudiziaria e dall’acquisizione di informazioni ulteriori derivate da questa attivita’; ma deve trattarsi di casi in cui questo risultato ulteriore non sia piu’ riproducibile in dibattimento se non con la perdita dell’informazione probatoria o della sua genuinita’. Insomma si deve trattare di un risultato estrinseco rispetto alla mera attivita’ d’indagine che, di per se’, puo’ sempre essere descritta nuovamente in dibattimento senza che alcuna informazione vada perduta. Cio’ appare evidente nel caso delle intercettazioni telefoniche. Chi le ha materialmente eseguite potrebbe, in astratto, descrivere in dibattimento le attivita’ svolte ed anche riferire il contenuto delle conversazioni intercettate, ma non potrebbe certo riprodurre le conversazioni captate: quello che in ipotesi potrebbe riferire sarebbe comunque diverso da quanto e’ stato captato e andrebbe dunque perduta un’informazione probatoria potenzialmente rilevante nel processo”.
Possono fissarsi, quindi, i seguenti concetti:
– la prova delle conversazioni intercettate e’ costituita dai nastri e dalle bobine;
– la trascrizione delle conversazioni, nelle forme della perizia, puo’ essere espletata anche durante il corso del dibattimento e parallelamente ad esso;
– la polizia giudiziaria puo’ descrivere in dibattimento le attivita’ svolte ed anche riferire il contenuto delle conversazioni intercettate, ma quello che prova il contenuto dei colloqui sono i supporti magnetici in cui gli stessi sono stati registrati.
Occorre solo precisare che in passato si parlava di “bobine e nastri”, ora i principi sono i medesimi anche se il sistema di registrazione e i supporti sono rispondenti alla tecnologia piu’ avanzata.
Le Sezioni Unite Carli (n. 36359 del 26/6/2008) seguite da altre pronunce (Sez. 5, n. 6846 del 21/1/2015, Biondo, P.v. 263430) hanno cosi’ delineato i caratteri delle operazioni di intercettazione.
Da alcuni anni, per la registrazione delle captazioni vengono utilizzati apparati multilinea (collegati cioe’ ad un flusso di linee telefoniche) che registrano dati trasmessi in forma digitale e successivamente decodificati in file vocali immagazzinati in memorie informatiche centralizzate. I dati cosi’ memorizzati vengono poi di regola trasferiti su supporti informatici per renderli fruibili all’interno dei singoli procedimenti. In pratica, dunque, i supporti costituiscono il corredo documentale in precedenza rappresentato dai nastri magnetici.
3.1.2 Merita poi chiarire che si suole parlare di “perizia di trascrizione” anche se non si tratta di “perizia” in senso tecnico.
Secondo l’articolo 268 c.p.p., comma 7, (prima della modifica del Decreto Legislativo n. 216 del 2017): “Il giudice dispone la trascrizione integrale delle registrazioni ovvero la stampa in forma intellegibile delle informazioni contenute nei flussi di comunicazioni informatiche o telematiche da acquisire, osservando le forme, i modi e le garanzie previsti per l’espletamento delle perizie”.
E’ pacifico che nello stesso modo puo’ procedere il giudice del dibattimento.
Orbene l’attivita’ di trascrizione si esaurisce in una serie di operazioni di carattere meramente materiale, non implicanti l’acquisizione di alcun contributo tecnico-scientifico (Sez. 6, n. 3027 del 20/10/2015, dep. 016, Ferminio, Rv. 266497). L’articolo 220 c.p.p., dispone che la perizia puo’ avere ad oggetto alternativamente: a) indagini; b) acquisizioni di dati; c) valutazioni. Il presupposto perche’ il giudice possa ordinare una perizia e’ che le suddette operazioni richiedano “specifiche competenze tecniche, scientifiche o artistiche”; invece la persona incaricata delle trascrizioni non deve possedere particolari competenze, non apporta una sua “conoscenza” al processo, non incrementa il materiale conoscitivo.
Il rinvio operato dall’articolo 268 c.p.p., comma 7 all’osservanza “delle forme, dei modi e delle garanzie, previsti per l’espletamento delle perizie”, e’ solo funzionale ad assicurare che la trascrizione delle registrazioni avvenga nel modo piu’ corretto possibile. Di conseguenza, non puo’ essere sollevato un problema di utilizzabilita’ delle trascrizioni, ma si puo’ unicamente eccepire la mancata corrispondenza tra il contenuto delle registrazioni e quello risultante dalle trascrizioni come effettuate (Sez. 1, n. 7342 del 06/02/2007, Rv. 236361).
In sintesi: la prova e’ rappresentata dalle registrazioni delle conversazioni intercettate, che, costituendo atti irripetibili, fanno parte del fascicolo del dibattimento; la trascrizione costituisce solo la modalita’ “principale” attraverso cui il contenuto di quella prova e’ resa “fruibile” nel processo.
Le parti e il loro difensori godono di un âEuroËœaccesso diretto” alla prova, potendo ottenere copia di tutte le registrazioni sin dalla fase delle indagini preliminari, al momento della c.d. discovery.
3.1.3 Diversi ricorrenti, con varieta’ di accenti, eccepiscono la nullita’ o l’inutilizzabilita’ della deposizione dei testimoni di polizia giudiziaria sul contenuto delle conversazioni telefoniche intercettate.
Le doglianze si espongono a plurime censure di inammissibilita’.
In via preliminare emerge un difetto di specificita’ rispetto all’onere, imposto ai ricorrenti dall’articolo 581 c.p.p., di allegare e chiarire quali dichiarazioni sulle intercettazioni (rese da chi e in quale precisa parte) sarebbero state utilizzate asseritamente contra legem e con quale effetto sull’epilogo decisorio. Invero tutte le impugnazioni in esame procedono ad una critica indifferenziata della validita’ delle deposizioni testimoniali senza indicazione alcuna della loro effettiva incidenza sulla decisione di condanna in relazione alle single imputazioni (cfr. sopra paragrafo 2.2.3).
In ogni caso il motivo e’ mal posto, risulta privo di reale attinenza alla situazione concreta e si rivela manifestamente infondato.
La deposizione testimoniale sulle intercettazioni non si presta a vizi di inutilizzabilita’ o di nullita’; invero non vi e’ alcuna norma di legge che ne imponga il divieto (articolo 191 c.p.p.), l’ipotesi non e’ espressamente prevista come causa di nullita’, ne’ e’ riconducibile alle ipotesi di nullita’ di ordine generale tipizzate dall’articolo 178 c.p.p. (Sez. 1, n. 41632 del 03/05/2019, Rv. 277139, Chan Wantong; Sez. 6, n. 25806 del 20/02/2014, Caia, Rv. 259675; Sez. 2, n. 13463 del 26/02/2013, Lagano, Rv. 254910; Ser. 1, n. 12082 del 06/10/2000, Rv. 217345).
Peraltro nella fattispecie in esame sono dirimenti i rilievi che:
– i risultati delle intercettazioni sono stati legittimamente acquisiti al fascicolo del dibattimento ed erano stati posti a disposizione delle parti sin dalla fase anteriore all’esercizio dell’azione penale;
– i giudici del dibattimento, in ossequio alle disposizioni del codice di rito e alla sentenza della Corte costituzionale n. 204 del 2012, hanno disposto la trascrizione delle conversazioni intercettate con le forme e le garanzie della perizia; hanno utilizzato, quindi, l’elaborato “peritale” come fonte di conoscenza per il contenuto delle conversazioni stesse.
In particolare la Corte di appello ha evidenziato a chiare lettere (cfr. pag. 211 sentenza di appello):
– che ha utilizzato, ai fini di prova del contenuto delle intercettazioni, quanto risultante dalla trascrizione “peritale” sul rilievo, assolutamente condivisibile, che: “la perizia costituisce l’operazione rappresentativa del contenuto della prova, che veicola la conversazione monitorata nel compendio probatorio”;
– che non ha utilizzato la deposizione del testimone “quale sovrapposizione alla trascrizione, essendo stata rimessa a quest’ultima la rappresentazione del mezzo di prova anche nell’ipotesi in cui non siano ravvisabili discrasie con l’elaborato peritale”;
– che, per altro verso, la deposizione del testimone ha fornito un apporto probatorio di conoscenza “in ordine alla materia investigativa che viene sottoposta al vaglio del giudicante e quindi ai collegamenti fra le conversazioni all’identificazione degli interlocutori”.
Si tratta di principi e metodologie assolutamente condivisibili.
A fronte di tanto nessuno dei ricorrenti lamenta (ne’ tantomeno prova) che le trascrizioni peritali gli abbiano nociuto rispetto ad elementi che invece emergevano dai brogliacci o dalle deposizioni dei testimoni, semmai, al contrario, invocano a proprio favore le trascrizioni peritali che, appunto, sono quelle utilizzate dai giudici di merito; ne’ si contesta in maniera specifica – indicando la conversazione e il diverso contenuto che in tesi dovrebbe avere- l’esistenza di difformita’ tra quanto trascritto dai periti e il reale contenuto delle conversazioni.
3.1.4 Sotto altro profilo alcuni ricorrenti hanno invocato una nullita’ di ordine generale, per violazione del diritto di difesa, derivante dalla circostanza che le deposizioni testimoniali sulla attivita’ captativa sono state raccolte prima del deposito della “perizia trascrittiva”.
Anche questa eccezione e’ palesemente destituita di fondamento.
La doglianza sembrerebbe trovare un qualche aggancio in una decisione della Quarta sezione della Corte di cassazione secondo cui: “costituisce causa di nullita’ della sentenza il rigetto dell’istanza di rinvio dell’udienza fissata per l’esame dei testimoni del pubblico ministero, motivata dall’esigenza del difensore di esaminare le trascrizioni delle intercettazioni in tempo utile per preparare il controesame dei testi, non essendo sufficiente a garantire il diritto di difesa la mera disponibilita’ del supporto informatico (Sez. 4, n. 39126 del 24/05/2018, Marku, Rv. 273825).
Si tratta pero’ di pronuncia isolata – resa in un caso peculiare (le conversazioni erano state trascritte, tuttavia l’elaborato non era stato posto a disposizione del difensore) – che va disattesa, poiche’ si pone in contrasto con i consolidati principi generali in premessa tracciati.
Sin dalla ostensione degli atti in sede di indagini preliminari, gli imputati e i loro difensori hanno potuto accedere al contenuto originale delle conversazioni registrate sui relativi supporti (in forza dell’articolo 268 c.p.p., comma 8), dunque non si vede come l’esame dei testimoni di polizia giudiziaria, che a quelle registrazioni legittimamente hanno fatto riferimento, abbia potuto ledere il diritto di difesa, che ben poteva esplicarsi in merito al senso e al reale contenuto dei colloqui (arg. da Sez. U, n. 18268 del 24/02/2011, E., in motivazione che richiama in analogo senso, Sez. 6, n. 4345 del 30/09/2003, dep. 04/02/2004, Arone, non massimata sul punto).
L’accesso al contenuto originale della prova, non lascia spazio per lamentare alcuna di lesione del diritto di difesa.
3.1.5 Quanto alle censure rivolte all’apprezzamento del compendio captativo, va ribadito come l’interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, costituisce questione di fatto, che, se risulta logica in relazione alle massime di esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di legittimita’ (Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715).
La doglianza, proposta da alcuni ricorrenti che lamentano come tale operazione fosse stata affidata ai testimoni, e’ generica, assertiva e palesemente smentita dal portato motivazionale della sentenza.
Per analogia di argomenti, e’ bene rammentare sin d’ora che le dichiarazioni auto ed etero accusatorie registrate nel corso di attivita’ di intercettazione regolarmente autorizzata hanno piena valenza probatoria e, pur dovendo essere attentamente interpretate e valutate, non necessitano degli elementi di corroborazione previsti dall’articolo 192 c.p.p., comma 3 (Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263714).
3.1.6 Ai fini dell’identificazione degli interlocutori coinvolti in conversazioni intercettate, il giudice ben puo’ utilizzare le dichiarazioni degli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria che abbiano asserito di aver riconosciuto le voci di taluni imputati, cosi’ come qualsiasi altra circostanza o elemento che suffraghi detto riconoscimento (tra le ultime Sez. 2, n. 12858 del 27/01/2017, De Cicco, Rv. 269900).
Nel caso in rassegna l’identificazione degli interlocutori e’ avvenuta grazie alla attivita’ di polizia giudiziaria di osservazione e controllo svolta in contemporanea e messa in correlazione con i dialoghi intercettati; alle testimonianze degli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria che hanno riconosciuto le voci degli interlocutori; al contenuto della conversazione laddove fornisce elementi utili in tale senso (nominativi, parentele, attivita’ svolta).
Sono manifestamente infondate le doglianze sollevate da alcuni ricorrenti in merito al compito “identificativo” asseritamente svolto dai periti “trascrittori”. Come chiarisce la Corte di appello, e come aveva gia’ spiegato il Tribunale, “gli interlocutori risultano indicati dai periti come voce1, voce2, voce3, con attribuzione di un nome o di un diminutivo, solo se e dopo che l’attribuzione avvenne da parte degli interlocutori medesimi”; i giudici di merito affermano, da un lato, la liceita’ della indicazione nei verbali delle operazioni dei nominativi degli interlocutori perche’ prevista, laddove possibile, dall’articolo 89 disp. att. c.p.p. e, dall’altro lavoro, ribadiscono espressamente “di non aver dato alcun rilievo all’indicazione dei nominativi degli interlocutori contenuti sui frontespizi di ciascuna conversazione periziata, ne’ conseguentemente ai cartellini presenti sui dischetti contenenti i file delle intercettazioni. Ne’ si ravvisa alcun vizio della perizia derivante dalla redazione da parte dell’ausiliario (OMISSIS) di un foglio excel di lavoro, costituente sostanzialmente un indice utile alla individuazione delle singole conversazioni recante l’indicazione dei RIT, dei progressivi, degli intestatari dei numeri, dei capi di imputazione, sulla cui scorta e’ stato suddiviso l’operato dei periti” (cfr. pag. 212 sentenza impugnata).
3.2. La lista testimoniale del Pubblico ministero e ulteriori questioni sulla testimonianza della polizia giudiziaria.
Sono inammissibili, per varie e concorrenti ragioni, le eccezioni variamente formulate dalle parti in tema di: genericita’ delle circostanze di esame riportate nella lista testimoniale del Pubblico ministero; modalita’ di assunzione delle testimonianze della polizia giudiziaria (lettura integrale di informative non sottoscritte dal testimone; riferimento di attivita’ compiuta da altri).
3.2.1 Anzitutto si tratta di eccezioni prive del requisito di specificita’ (cfr. sopra paragrafo 2.2.3, Sez. U, n. 23868 del 23/04/2009, Fruci, Rv. 243416). L’ottica del ricorso per cassazione non e’ quella di verificare se e come una prova sia stata acquisita, ma se e dove il risultato fornito da quella prova, asseritamente illegittima o invalida, sia stato utilizzato ai fini della pronuncia di condanna e se quel risultato di prova rivesta carattere essenziale nella struttura logica della decisione.
3.2.2 In secondo luogo le ipotetiche violazioni denunciate non prevedono sanzioni di nullita’ o di inutilizzabilita’.
In piu’, quanto alle doglianze concernenti asserite irregolarita’ nella richiesta di prova del Pubblico ministero, il potere di ufficio spettante al giudice ai sensi dell’articolo 507 c.p.p. comporta il regolare ingresso nel fascicolo del dibattimento della prova assunta, anche se genericamente o tardivamente dedotta.
Invero l’ammissione di prove indicate dalle parti nelle apposite liste in modo asseritamente irregolare (o perche’ generiche o perche’ tardive) “non comporta alcuna nullita’, ne’ le prove in questione, dopo essere state assunte, possono essere considerate inutilizzabili, posto che l’articolo 507 c.p.p. consente al giudice di assumere d’ufficio anche prove irregolarmente indicate dalle parti, ed in ogni caso non sussiste un divieto di assunzione che possa attivare la sanzione d’inutilizzabilita’ prevista dall’articolo 191 c.p.p.” (tra le tante Sez. 5, n. 8394 del 02/10/2013, dep. 2014, Tardiota, Rv. 259049).
Tale interpretazione si pone nel solco di un orientamento da tempo affermatosi nella giurisprudenza di legittimita’ (Sez. U. n. 11227 del 06/11/1992, Martin) che la Consulta ha riconosciuto conforme al dettato costituzionale (sent. n. 73 del 10 febbraio 2010).
3.2.3 Infine, e in ogni caso, le doglianze contrastano con i consolidati arresti della giurisprudenza di legittimita’, che, seppur richiamati e applicati nelle sentenze di merito, vengono trascurati dai ricorrenti che hanno reiterato in ogni grado di giudizio le medesime eccezioni senza neppure tentate di confutare la valenza giuridica dei principi seguiti dai giudici territoriali.
Come da tempo stabilito dalla Corte di cassazione, l’articolo 468 c.p.p., comma 1, ha soprattutto lo scopo di consentire alla controparte di dedurre la prova contraria, sicche’ – qualora le altre parti gia’ conoscano i fatti sui quali deve vertere la testimonianza, essendo essi analiticamente contenuti nel capo di imputazione e avendo costituito oggetto di esami regolarmente depositati – le esigenze difensive risultano soddisfatte anche se la deduzione testimoniale faccia generico riferimento ai fatti del processo, ben potendo ciascuno di tali fatti essere correlato senza equivoci alle circostanze (per tutte Sez. 1, n. 10795 del 25/06/1999, Rv. 214108).
Non viola il divieto di testimonianza indiretta previsto dall’articolo 195 c.p.p., comma 4, la deposizione di ufficiale o agente di polizia giudiziaria che riferisca non in merito a dichiarazioni di terzi, ma sulle attivita’ di indagine svolte da altri ufficiali o agenti nello stesso contesta investigativo (tra le altre Sez. 3, n. 6116 del 14/01/2016, Tartarelli, Rv. 266284; Sez. 6, n. 53174 del 27/09/2018, Rv. 274614).
In tema di esame testimoniale, per autorizzare l’ufficiale o l’agente di P.G. a consultare “documenti da lui redatti”, non e’ richiesto che questi li abbia personalmente redatti o sottoscritti, in quanto e’ sufficiente che abbia partecipato alle operazioni cui la documentazione si riferisce ovvero che tali operazioni siano state effettuate dall’ufficio di appartenenza (Sez. 3, n. 15056 del 25/02/2009, Gallo, Rv. 243406; Sez. 2, n. 3317 del 26/11/2010, dep. 2011, Guzzo, Rv. 249039; Sez. 1, n. 1364 del 08/11/2011, dep. 2012, Soccio, Rv. 251667).
Ai fini dell’applicazione del disposto di cui all’articolo 499 c.p.p., comma 5, secondo cui “il testimone puo’ essere autorizzato dal presidente a consultare, in aiuto della memoria, documenti da lui redatti”, non puo’ operarsi alcuna differenziazione tra il concetto di “aiuto totale” e quello di “aiuto parziale” nel ricordo di un fatto, atteso che la specificita’ della previsione rispetto a quella della “contestazione” di cui all’articolo 500 c.p.p. non e’ nella “parzialita’ dell’aiuto”, ma nelle modalita’ del medesimo, nel senso che l’aiuto, a norma del cit. articolo 499, viene dato al teste mostrandogli un documento da lui redatto, mentre la “contestazione” avviene mediante il ricordo al teste di dichiarazioni da lui precedentemente rese e sulle quali egli abbia gia’ deposto (Sez. 4, n. 26387 del 07/05/2009, Giunta, Rv. 244401; Sez. 6, n. 10938 del 01/03/2006, Capuano, Rv. 233735).
4. Le questioni sostanziali comuni.
4.1 L’associazione di tipo mafioso (capo A).
All’esito di un giudizio abbreviato, innestatosi su questo procedimento originariamente unitario, (OMISSIS) e’ stato condannato, con sentenza divenuta irrevocabile, per aver partecipato al sodalizio mafioso denominato “clan (OMISSIS)” (cfr. sentenza Sez. 6 n. 56731 del 19/07/2018).
Nel presente processo sono stati riconosciuti colpevoli del reato in rassegna (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), nonche’, a titolo di concorso esterno, (OMISSIS) e (OMISSIS).
Tutti i predetti imputati, denunciando violazione di legge e vizio di motivazione, contestano la riconducibilita’ del clan (OMISSIS) alla fattispecie prevista dall’articolo 416-bis c.p., oltre alle loro rispettive responsabilita’ (di queste ultime si trattera’ piu’ analiticamente nella disamina dei singoli ricorsi).
Merita svolgere, pertanto, un sintetico esame dei caratteri tipizzanti della associazione di tipo mafioso, con l’obiettivo di riscontrare la correttezza della decisione e la congruita’ della motivazione.
4.1.1 Il tema deve essere sfrondato da una serie di elementi non pertinenti.
Compito del giudice e’ quello di verificare se il fatto concreto sottoposto al suo esame sia sussumibile nella fattispecie tipica prevista dalla norma incriminatrice.
E’ necessario intendersi: un conto sono gli elementi costitutivi del reato, altro conto sono gli elementi di prova valorizzabili al fine di ritenere dimostrati i primi. Muovendosi sul piano probatorio, il giudice di merito puo’ legittimamente impiegare emergenze fattuali, non integranti ex se la fattispecie tipica, ma considerate sintomatiche e dunque dimostrative della sussistenza di uno o piu’ degli elementi costitutivi del fatto-reato, senza per questo esporsi a censure di inosservanza o erronea applicazione della legge penale sostanziale.
Sotto altro profilo va poi osservato che il tentativo, sperimentato da alcuni ricorrenti, di incasellare i fenomeni mafiosi in astratti modelli comportamentali (la âEuroËœndrangheta colonizza il territorio nazionale ed estero, la camorra e’ stanziale nella Regione Campania) si rivela, nell’ottica del processo, vano esercizio scolastico destinato ad essere smentito dalla molteplicita’ e complessita’ degli accadimenti reali.
4.1.2 Secondo il consolidato panorama giurisprudenziale ai fini della configurabilita’ di un’associazione di tipo mafioso e’ necessaria una effettiva capacita’ intimidatrice del sodalizio criminale da cui derivino le condizioni di assoggettamento e omerta’ di quanti vengano con esso effettivamente in contatto.
Il tema della esteriorizzazione del metodo mafioso ha trovato differenti declinazioni negli orientamenti di legittimita’ tanto da indurre, in due occasioni (nel 2015 e nel 2019), le sezioni semplici a rimettere la questione alle Sezioni Unite.
Gli atti, pero’, sono stati restituiti perche’, in sintesi, si e’ rilevato come il contrasto non involga i principi, ma afferisca al diverso tema della corretta valutazione delle evidenze probatorie.
Invero e’ presupposto ermeneutico comune a tutti gli indirizzi (come puntualizza il Presidente aggiunto della Corte di cassazione nel provvedimento di restituzione del 17 luglio 2019), quello della “riconducibilita’ delle forme di manifestazione della “delocalizzazione” della criminalita’ organizzata a due alternative: a) il nuovo aggregato costituisce una struttura autonoma ed originale, pur proponendosi di adottare la medesima metodica delinquenziale delle mafie storiche; b) il nuovo aggregato si pone come mera articolazione di una tradizionale organizzazione mafiosa, in stretto rapporto di dipendenza o, comunque, in collegamento funzionale con la “casa madre””.
La differenza tra le due manifestazioni attiene non alla capacita’ intimidatrice del sodalizio – che e’, comunque, una precondizione necessaria per la configurabilita’ del reato – quanto piuttosto alla forma di esteriorizzazione del metodo mafioso, richiedendosi solo nella “categoria a” la verifica di tutti i presupposti costitutivi del reato di cui all’articolo 416-bis c.p. e, dunque, l’esternazione del metodo mafioso con le sue ricadute nell’ambiente esterno in termini di assoggettamento e di omerta’.
Qualora, invece, si versi nella “categoria b”, la cellula viene considerata quale promanazione dell’originaria struttura delinquenziale, di cui non puo’ che ripetere i tratti distintivi, compresa la forza intimidatrice e la capacita’ di condizionare l’ambiente circostante.
Sulla “categoria b” il confronto dottrinario e giurisprudenziale e’ piu’ acceso e si ripercuote sul tema della cd. “mafia silente” (cfr. tra le ultime Sez., n. 56596 del 03/09/2018, Balsebre, Rv. 274753; Sez. 1, n. 51489 del 29/11/2019, Albanese, Rv. 277913).
Di contro sulla “categoria a” non sorgono problemi, proprio perche’ essa impone sempre e comunque la rigorosa verifica di tutti i presupposti costitutivi del reato di cui all’articolo 416-bis c.p. e postula l’esteriorizzazione del metodo mafioso.
4.1.3 L’associazione criminale che ha formato oggetto del presente processo si iscrive nella “categoria a”.
Invero, secondo la ricostruzione dei giudici di merito, il “clan (OMISSIS)” e’ una nuova aggregazione criminale, insediatasi nella zona sud-est di Roma, operativa dalla fine del 2008 fino al 2011, dotata di una propria struttura autonoma ed originale, che si propose di adottare, e di fatto adotto’, la medesima metodica delinquenziale della “camorra” beneventana, di cui (OMISSIS) era stato uno dei capi storici.
4.1.4 I fatti di rilievo, ripercorsi nella sentenza di appello (pagg. 220-229), vengono ricostruiti sulla scorta della trama dialogica delle intercettazioni, secondo il comune significato delle parole, calato nel lessico di riferimento, traendo ulteriori elementi ermeneutici dalla parallela attivita’ di osservazione, controllo e riscontro.
(OMISSIS), sottoposto alla misura di prevenzione dell’obbligo di soggiorno, si trasferi’ a Roma, su sua richiesta, nel mese di agosto 2008 e si circondo’ di persone di sua fiducia quali, (OMISSIS) e (OMISSIS), entrambi di provenienza campana.
(OMISSIS) conobbe prima (OMISSIS) e poi, nel periodo di Natale 2008, (OMISSIS) per il tramite di (OMISSIS) (rit 4697/09 del 7.2.2009).
I rapporti tra (OMISSIS) e (OMISSIS) si consolidarono, tanto che ogni sera i due si incontravano a casa del secondo per fare il punto degli affari della giornata (rit. 4697/09 del 10.1.2010). (OMISSIS) sapeva perfettamente chi fosse (OMISSIS) (rit 4697/09 del 10.1.2010) e d’altronde proprio sulla caratura criminale di questi aveva puntato per recuperare una ingente somma di denaro che gli era stata sottratta (rit. 4697/09 del 9.1.2010)
Nell’approccio con la realta’ romana (OMISSIS) si rese conto che il territorio di elezione era gia’ occupato da altre compagini delinquenziali, anche se di neoformazione o non strutturate e che la situazione economica non era florida, dunque indirizzo’ la principale attivita’ del gruppo verso il commercio di sostanze stupefacenti, mediante la costituzione di un apposita struttura organizzata (capo B), affiancata alla attivita’ di “recupero crediti” che il sodalizio svolse sia in danno degli acquirenti di droga, insolventi, sia come servizio offerto a terzi creditori; con mire espansionistiche anche nei settori leciti dell’economia (commercio di orologi di pregio e installazione di slot-machine).
Inizialmente l’associazione fece ricorso alla violenza anche quale strumento di affermazione sul “nuovo” territorio”, gli interlocutori furono inizialmente perplessi per i metodi violenti introdotti dai “napoletani”, la preoccupazione fu diffusa ed effettiva, ma ben presto tutti si adeguarono alle nuove strategie violente perche’ percepite nel territorio come inevitabili. (OMISSIS) avviso’ (OMISSIS) delle nuove regole violente che egli stesso subiva “io non ti posso parla piu’ (OMISSIS), non ti posso piu’ far da garante… questi ti sparano stasera eh… hanno… i ferri per venirti a spara eh”; (OMISSIS) comunico’ a (OMISSIS) il proposito di fuggire per timore del debito contratto con il gruppo: “Eh, sto âEuroËœn mezzo a âEuroËœn mare de guai…, M’e’ tornato âEuroËœndietro l’assegno… stanno avvelenati, avvelenati (OMISSIS) sta âEuroËœncazzato… lunedi’ je dovevo porta’ l’assegno,… lo me ne vado”.
Il ricorso alla violenza fu quindi sistematico e concreto, fu rimesso alla manovalanza di soggetti quali (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) e si espresse nei plurimi delitti di estorsione accertati nell’anno 2009 in danno di (OMISSIS) (capo A28) e di (OMISSIS) (capo A8), nel 2010 in danno di (OMISSIS) (capo A9) (OMISSIS) (capo A10), (OMISSIS) (capo A 11), (OMISSIS) (capo A21). L’estorsione in danno di (OMISSIS) “(OMISSIS)”, percosso prima da (OMISSIS) e poi da (OMISSIS) e (OMISSIS), esemplifica la metodologia impiegata nell’esazione dei crediti ( (OMISSIS): “andiamo a prendere a uno per uno per casa, solo cosi’ si possono risolvere i problemi… annamo a trova’ sta gente.. stamattina voglio a’ “(OMISSIS)”). L’estorsione in danno di (OMISSIS) attesto’ la strategia dell’associazione che assunse la forma di un’intimidazione tipicamente mafiosa qual e’ l’incendio di un’autovettura (capo A21).
Massima fu quindi la preoccupazione dell’associazione, attraverso il ricorso alla violenza, di acquisire, prima, e conservare, poi, il proprio prestigio, significativamente rappresentato dalla circostanza che nessuna delle vittime denuncio’ l’accaduto e le persone sentite in dibattimento negarono l’evidenza ( (OMISSIS), capo 22) quando non anche il rapporto di conoscenza con i propri aguzzini ( (OMISSIS), capo A9).
Queste emergenze si spiegano solo con la forte capacita’ intimidatoria del gruppo di appartenenza e confermano il radicamento dell’omerta’ sul territorio.
Sul versante dell’intimidazione interna, viene reputata emblematica la vicenda collegata alla estorsione consumata in danno di (OMISSIS) e (OMISSIS) (capo A29). Questi ultimi, nonostante il ruolo di “esattori”, subirono le ritorsioni del gruppo a cagione di un mancato versamento per una partita di stupefacente: furono picchiati e chiamati a rispondere del misfatto al cospetto del capo.
Ai fini della localizzazione sul territorio e della “percezione” dell’associazione, i giudici di merito si affidano alle parole di (OMISSIS) che, parlando con (OMISSIS) e (OMISSIS), disse: “e’ tutta roba nostra qua… a noi ci chiamano i napoletani della (OMISSIS)”.
La forza di intimidazione non promano’ del singolo, ma del vincolo associativo: gli affiliati “non mantennero alcuna individualita’ ma si posero nei confronti dei terzi quali espressione del gruppo mafioso”.
Quindi “la violenza nei confronti delle persone offese fu feroce, ma eventuale, dapprima prospettata e poi esercitata”, prima chiedere il denaro “con educazione”, in caso di rifiuto intervenire in maniera cruenta: “non veniamo piu'” (conversazione tra (OMISSIS) e (OMISSIS)); “tu pensa che la prossima volta che parlano, parlano senza parole eh” (colloquio tra (OMISSIS) e (OMISSIS))”.
L’associazione si strutturo’ secondo una gerarchia precisa.
(OMISSIS) intrattenne contatti quotidiani esclusiva mente con i suoi fedelissimi (OMISSIS) e (OMISSIS), interloqui’ con altri, anche se associati, solo in vista della soluzione di una questione importante o della irrogazione di una sanzione.
(OMISSIS) e (OMISSIS) furono i portavoce di (OMISSIS) sia all’interno, verso gli affiliati investiti di compiti esecutivi, sia all’esterno verso terzi.
(OMISSIS) sovraintese alla gestione del denaro, a lui i suoi sottoposti dovevano rendere conto, come rivelato da alcune conversazioni:
– quella in cui (OMISSIS) si rivolge a (OMISSIS): ” (OMISSIS) ha preso i soldi del guadagno nostri, giustamente che sia, e te li ha girati momentaneamente a te”;
– quella tra (OMISSIS) e (OMISSIS): “Poi (OMISSIS) a me lo tengo carta bianca quindi non tengo problemi perche’ (OMISSIS) lo sa, dice “(inc’) tanto quello i soldi da la’ li porta da la’, li prende da qua e… e porta i guadagni”;
– quella in cui (OMISSIS) riporta a (OMISSIS) le direttive di (OMISSIS) sulla spartizione dei guadagni.
La Corte di appello annota: “proprio l’assenza di condivisione diretta di guadagni fu conseguente alla struttura verticistica dell’associazione, poiche’ rimettere il denaro nelle mani del (OMISSIS) fui il presupposto logico della gestione dei guadagni e della ripartizione dei medesimi sotto la sua direzione”.
L’associazione inoltre, grazie alla valenza criminale espressa, senza necessita’ di ricorrere a episodi violenti eclatanti, ebbe la capacita’ e la forza di imporsi come interlocutore privilegiato nei rapporti tra i gruppi organizzati gia’ presenti sul territorio.
A tale riguardo vengono menzionati:
– la decisione assunta dopo l’incursione di alcuni “esattori”, nel marzo 2009, presso l’autosalone (OMISSIS): “sediamoci e organizziamoci”;
– gli accordi raggiunti con “i (OMISSIS)”, creditori di (OMISSIS); quest’ultimo, gestore di un autosalone, riceveva la protezione del clan (OMISSIS) perche’ ritenuto soggetto utile al sodalizio nel settore del narcotraffico;
– l’intervento a sostegno di (OMISSIS), “ingaggiato” nella associazione di narcotraffico, per la risoluzione delle problematiche insorte nel rapporto debitorio con (OMISSIS), capo di altro gruppo criminale attivo nel quartiere di Montespaccato (capo A30).
In tal modo il gruppo ha intessuto rapporti e guadagnato in “fama criminale”, assurgendo a clan di riferimento per l’esazione violenta di crediti, come testimonia la vicenda confluita nella contestazione del delitto di estorsione di cui al capo A15.
(OMISSIS) si rivolse a (OMISSIS) per tutelare il cugino (OMISSIS), temendo l’insolvenza del suo debitore (OMISSIS). (OMISSIS) spiego’ a (OMISSIS) che la soluzione del debito era stata affidato ai “napoletani”. La vicenda si concluse con la cessione delle quote del locale “(OMISSIS)”. (OMISSIS), inoltre, ritrovatosi debitore di un gruppo temibile al quale non avrebbe potuto sottrarsi e consapevole di non potere corrispondere la somma dovuta fuggi’ col proposito di uccidersi.
Commenta la Corte di appello che: “L’associazione capeggiata da (OMISSIS) intervenne per comporre contenziosi fra soggetti o di questi con clan diversi, con un ritorno in termini di affermazione di potere, accompagnato da una contropartita economica per l’attivita’ svolta, oppure con un ritorno conseguente all’inglobamento di forza lavoro e di rendite derivanti dall’acquisita posizione di creditore” (pag. 228).
4.1.5 I giudici di merito hanno ritenuto provato che gli imputati agirono in accordo tra loro per la commissione di un numero indeterminato di reati, investenti plurimi settori, compreso quello dell’accaparramento di attivita’ economiche, e hanno riconosciuto la connotazione mafiosa in ragione de:
– le estorsioni praticate dal clan e, segnatamente, le condotte di coartazione delle vittime a pagare le obbligazioni contratte, donde la notorieta’ dei metodi utilizzati dal clan e della loro efficacia;
– la condizione di totale assoggettamento dei sodali, proni ad un contesto gerarchizzato, permeato dalla percezione di ruoli e del rispetto dovuto al capo;
– il comportamento delle persone assunte quali testi nel corso del dibattimento, portate a negare persino la conclamata evidenza in relazione a contatti o interlocuzione;
– il riconoscimento “esterno” e il reciproco rispetto da parte delle altre organizzazioni presenti sulle zone circostanti: i (OMISSIS), i (OMISSIS), il clan (OMISSIS) di Montespaccato.
La Corte di appello fornisce una motivazione ineccepibile sul punto fondamentale della esternazione del metodo mafioso, della effettiva capacita’ intimidatoria del sodalizio criminale da cui sono derivate le condizioni di assoggettamento e l’omerta’ di quanti venivano con esso effettivamente in contatto (pagg. 230-231):
– “la violenza fu espressione di intimidazione interna e di intimidazione esterna concreta e diffusa, che fu attuata attraverso un’opera di controllo del territorio e di prevaricazione nei confronti di chi vi abitava, tale da determinare uno stato di soggezione e di omerta’ non solo nei confronti degli onesti cittadini, ma anche nei confronti di coloro che avevano intenti illeciti costringendoli ad aderire al sodalizio criminale e ad accettare come ineluttabile il dominio del gruppo dei napoletani”;
– “costituisce espressione del potere intimidatorio interno la circostanza che coloro che pure erano deputati a svolgere con modalita’ cruente l’attivita’ di recupero del credito a loro volta subivano le medesime pressioni, perche’ rispondevano in prima persona del credito che erano stati chiamati a riscuotere”;
– le parti offese non hanno sporto denuncia e, ascoltate in dibattimento “hanno negato, contro ogni evidenza, di essere tali”.
La riconoscibilita’ esteriore della forza intimidatoria trova conferma anche nella dimostrata capacita’ sodalizio di incistarsi nella c.d. “zona grigia”, vuoi assoldando come supporto “esterno” (OMISSIS), rinomato commerciante di orologi di pregio, gestore di un negozio sito nel cuore di Roma, vuoi nell’asservimento ai propri interessi di due direttori di banca ( (OMISSIS) e (OMISSIS)), macchiatisi di gravi reati (concorso in riciclaggio e intestazione fittizia) pur di soddisfare le richieste provenienti dai componenti del temuto gruppo criminale.
In conclusione la sentenza impugnata:
– ha individuato i connotati di stabilita’, la struttura organizzativa e il programma criminoso dell’associazione mafiosa di cui al capo A), insediatasi nel territorio sostanzialmente coincidente con l’area (OMISSIS) e con la zona del “(OMISSIS)”;
– ha descritto il sistema di assistenza agli associati detenuti e alle loro famiglie (in relazione all’arresto di (OMISSIS));
– ha posto l’accento sul “metodo mafioso”, applicato secondo modalita’ che (OMISSIS) aveva mutuato dalla camorra campana (nelle cui file egli aveva a lungo militato); modalita’ che – applicate alla realta’ della periferia Romana e “trasmesse” ai nuovi associati, assoldati tra i soggetti gia’ inseriti nelle attivita’ illecite del territorio – si sono connotate per l’impiego della forza di intimidazione e delle conseguenti condizioni di assoggettamento ed omerta’ che ne sono derivate sia verso i componenti della struttura sia all’esterno;
– ha indicato i reati-fine: costituzione di una associazione dedita al narcotraffico; recupero violento dei crediti funzionali anche all’accaparramento di attivita’ economiche in altri settori, quali imprese ed esercizi commerciali; penetrazione in alcuni settori della economia lecita (commercio di orologi di pregio e slot-machine).
4.1.6 La decisione impugnata e’ pienamente aderente ai principi espressi dalla giurisprudenza di legittimita’.
Nello schema normativo previsto dall’articolo 416-bis c.p. non rientrano solo grandi associazioni di mafia ad alto numero di appartenenti, dotate di mezzi finanziari imponenti, e in grado di assicurare l’assoggettamento e l’omerta’ attraverso il terrore e la persistente messa in pericolo della vita delle persone; rientrano anche “piccole” mafie con un basso numero di appartenenti (bastano tre persone), non necessariamente armate (l’essere armati e usare materiale esplodente non e’ infatti un elemento costitutivo dell’associazione ex articolo 416-bis, ma realizza solo un’ulteriore modalita’ di azione che aggrava la responsabilita’ degli appartenenti), che assoggettano un limitato territorio avvalendosi, pero’, del metodo “mafioso”; senza necessita’, tuttavia, che la forza intimidatoria del vincolo associativo sia penetrata in modo massiccio nel tessuto economico e sociale del territorio di riferimento (tra le ultime Sez. 5, n. 15041 del 24/10/2018, Gualtieri, in proc. c.d. Aemilia; Sez. 5, n. 44156 del 13/06/2018, S., Rv. 274120, fattispecie relativa al c.d. “clan Spada” operante nel territorio di Ostia; Sez. 6, n. 57896 del 26/10/2017, nel proc. a carico del clan Fasciani).
Perche’ sussista la condizione dell’omerta’, non e’ affatto necessaria una generalizzata e sostanziale adesione alla subcultura mafiosa, ne’ una situazione di cosi’ generale terrore da impedire qualsiasi atto di ribellione e qualsiasi reazione morale alla condizione di sottomissione. E’ sufficiente che il rifiuto a collaborare con gli organi dello Stato sia diffuso, anche se non generalizzato; che tale atteggiamento sia dovuto alla paura o di danni all’integrita’ della propria persona o anche solo alla attuazione di minacce che comunque possono realizzare danni rilevanti; che sussista la diffusa convinzione che la collaborazione con l’autorita’ giudiziaria – denunciando il singolo che compie l’attivita’ intimidatoria – non impedira’ che si abbiano ritorsioni dannose per la ramificazione dell’associazione, la sua efficienza, la sussistenza di altri soggetti non identificabili e forniti di un potere capace di danneggiare coloro che vi resistono (Sez. 6, n. 1612 del 11/01/2000 Rv. 216634; Sez. F, n. 44315 del 12/09/2013, Rv. 258637).
Consegue che il reato in esame e’ configurabile anche con riguardo ad organizzazioni che, senza controllare tutti coloro che vivono o lavorano in un certo territorio, rivolgono le proprie mire a danno dei componenti di una certa collettivita’, a condizione che si avvalgano cfi metodi tipicamente mafiosi e delle conseguenti condizioni di assoggettamento e di omerta’ (Sez. 6, n. 57896 del 26/10/2017, Fasciani, cit. in motivazione).
Assume dunque valenza secondaria, in questa prospettiva, il numero effettivo dei soggetti coinvolti come vittime, a fronte della diffusivita’ del fenomeno a danno di un numero indeterminato di persone, che potrebbero in tempi brevi trovarsi alla merce’ del sodalizio. Del resto, la forza prevaricatrice di un’organizzazione mafiosa ha capacita’ di penetrazione e di diffusione inversamente proporzionali ai livelli di collegamento che la collettivita’ sulla quale si esercita e’ in grado di mantenere, per cultura o per qualsiasi altra ragione, con le istituzioni statuali di possibile contrasto, potendo evidentemente la intimidazione passare da mezzi molto forti (minaccia alla vita o al patrimonio quando ci si trovi in presenza di soggetti ben radicati in un territorio, come per esempio gli operatori economici non occulti) a mezzi semplici come minacce di percosse rispetto a soggetti che non siano in grado di contrapporre valide difese (Sez. 6, n. 35914 del 30/05/2001).
4.1.7 Gli argomenti svolti dimostrano l’infondatezza delle doglianze proposte dai ricorrenti.
E’ bene chiarire che, diversamente da quanto sostenuto nei ricorsi, i giudici di merito hanno ricostruito la fattispecie concreta, ponendo in evidenza come all’esterno il sodalizio fosse percepito come “clan (OMISSIS)” e non come ” (OMISSIS) e altri”, in quanto l’elevata caratura criminale del capo ha strutturato intrinsecamente quella del gruppo e con essa ha finito per confondersi.
In sostanza l’insediamento di (OMISSIS) (unitamente al proprio originario braccio destro (OMISSIS)) nella zona sud-est di Roma ha consentito di effettuare un “salto di qualita’”, praticamente immediato, al sodalizio da lui costituito che – grazie al ricorso a forme di violenza fino ad allora sconosciute in quella zona, emulative dei clan mafiosi e dei metodi da essi impiegati – ha ottenuto una subitanea sottomissione del territorio.
4.2 Il reato di cui all’articolo 416-bis c.p. e il principio del “ne bis in idem”.
Sotto la dizione “ne bis in idem” i ricorsi sollevano problematiche non sempre pertinenti.
4.2.1 Sono del tutto irrilevanti i parallelismi tracciati da alcuni ricorrenti tra l’esito del presente processo e le sorti di altri processi concernenti vicende similari (es. clan (OMISSIS)) rispetto alle quali e’ stata esclusa la configurabilita’ di una associazione di tipo mafioso.
Invero nel giudizio di legittimita’ non e’ deducibile, ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), il contrasto con sentenze o altri provvedimenti decisionali adottati dal medesimo giudice o da altro giudice in diverso processo, ostandovi il dettato dell’articolo 606 c.p.p., lettera e) che pone la condizione che il vizio risulti dal testo del provvedimento impugnato (Sez. 6, n. 25703 del 23/05/2003, Below, Rv. 226047; Sez. 3, n. 15987 del 06/03/2013, Parisi, Rv. 255417).
4.2.2 Diversa questione e’ quella del “ne bis in idem processuale”, istituto regolato dall’articolo 649 c.p.p. oggetto anche di tutela sovranazionale in virtu’ del disposto dell’articolo 4 del protocollo n. 7 (cfr. tra le altre la sentenza della Grande Camera, 10 febbraio 2009, Zolotouchine contro Russia; 4 marzo 2014, sezione II, Grande Stevens contro Italia; Grande Camera 15/11/2016, A. e B. contro Norvegia).
In tale ambito sulla nozione di idem factum e’ intervenuta la Corte Costituzionale con la sentenza n. 200 del 2016.
In estrema sintesi la Consulta enuclea la “triade” condotta-nesso causale-evento naturalistico, come la sola ca(OMISSIS) di orientare il giudice nella valutazione dell’idem factum: il fatto e’ il medesimo solo se coincidono tutti questi elementi, assunti in una dimensione empirica.
Nel caso in esame tanto il Tribunale quanto la Corte di appello hanno evidenziato, sotto il profilo fattuale, come l’associazione oggetto del presente giudizio rappresenta una realta’ associativa del tutto nuova, che non puo’ essere sovrapposta al clan camorristico “di origine” (oggetto, tra le altre, delle pronunce rese dal Tribunale di Benevento il 12 febbraio 2015 e dal giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Napoli il 22 febbraio 2016, specificamente richiamate da (OMISSIS) con il settimo motivo di ricorso).
Essa e’ stata costituita da (OMISSIS), con il contributo di (OMISSIS); annovera tra i partecipi soggetti provenienti dall’area territoriale romana, quali (OMISSIS), che divenne referente e consigliere di maggiore rilevanza, (OMISSIS) e (OMISSIS), gia’ operativi nel settore del narcotraffico.
Fu diverso il contesto territoriale di operativita’ dei due clan: il territorio beneventano e avellinese per il clan di origine, la zona sud-est di Roma per l’organizzazione oggetto di questo procedimento.
Ad analoghe conclusioni i giudici di merito sono pervenuti nel raffronto con i fatti accertati con la sentenza di assoluzione pronunciata dal giudice per le indagini del Tribunale di Roma in data 12/7/2010. In sintonia con la valutazione espressa dal Tribunale e in aderenza alle risultanze probatorie, la Corte di appello rileva che i fatti qui ascritti a (OMISSIS) sono diversi, non vi e’ corrispondenza storico naturalistica nella configurazione del reato, ne’ nelle circostanze di tempo, di luogo e di persona: il giudicato di assoluzione concerne il contestato inserimento di (OMISSIS) all’interno del clan (OMISSIS), qui invece viene in rilievo un autonomo sodalizio di cui (OMISSIS) fu capo, promotore e organizzatore, che vide la partecipazione di soggetti del tutto diversi ( (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS)) e che si distinse dal gruppo ricollegabile a (OMISSIS), al quale anzi si contrappose, intervenendo nella protezione di (OMISSIS).
Residua allora solo una parziale corrispondenza temporale che “di per se’ non consente di porre le basi per una duplicazione di giudicati” (pag. 232 sentenza impugnata).
Orbene, riaffermando i principi generali dettati dalle Sezioni unite Donati (n. 34655 del 28/6/2005, Rv. 231799), va ribadito che costituisce fatto diverso anche quello che, pur violando la stessa norma ed Integrando gli estremi del medesimo reato, rappresenti un’ulteriore estrinsecazione dell’attivita’ del soggetto agente caratterizzata da elementi di certa novita’ e distinzione. Anche sulla scorta dei gia’ citati approdi della giurisprudenza Europea e, dunque, avendo riguardo alle condotte in concreto realizzate e alle circostanze di tempo, di luogo e di persona, risultano differenti: la condotta; i concorrenti nel reato; il nesso causale (tanto nella direzione finalistica quanto anche nelle modalita’ di realizzazione, riguardo l’evocazione del clan di riferimento e la percezione dei proventi); l’evento (il rafforzamento del clan della (OMISSIS) o del clan (OMISSIS) nei casi gia’ giudicati, la costituzione di un autonomo sodalizio in questo caso).
4.2.3 Le censure sollevate al riguardo dai ricorrenti sono manifestamente infondate sotto il profilo giuridico e generiche nel resto.
4.3 L’aggravante di cui all’articolo 416-bis c.p., comma 6.
4.3.1 Le linee guida sulla circostanza aggravante in esame sono tracciate dalle Sezioni Unite Iavarazzo (n. 25191 del 27/02/2014).
“L’aggravante di cui all’articolo 416-bis c.p., comma 6, ricorre quando gli associati cercano di penetrare in un determinato settore della vita economica e si pongono nelle condizioni di influire sul mercato finanziario e sulle regole della concorrenza, finanziando, in tutto o in parte, le attivita’ con il prezzo, il prodotto o il profitto di delitti”.
“L’aggravante in esame stabilisce una precisa correlazione logico-causale tra le diverse finalita’ indicate nell’articolo 416-bis c.p., comma 3, colte nella loro proiezione dinamico-strutturale, essendo delineato un chiaro nesso funzionale tra la consumazione di delitti, la gestione di attivita’ imprenditoriali, la realizzazione di vantaggi ingiusti, intesi o quale derivazione da attivita’ economiche sanzionate come contravvenzione o quali aspetti complementari al controllo delle attivita’ economiche. L’apporto di capitale deve corrispondere ad un reinvestimento delle utilita’ procurate dalle azioni delittuose. Il riferimento all’attivita’ economiche e’ da intendere come intervento in strutture produttive dirette a prevalere, nel territorio di insediamento, sulle altre strutture che offrano beni e servizi”.
“La ratio di tale previsione e’ da ravvisare nella necessita’ di introdurre uno strumento normativo in grado di colpire piu’ efficacemente l’inserimento delle associazioni mafiose nei circuiti dell’economia legale grazie alla maggiore liquidita’ derivante da delitti, costituenti una sostanziale progressione criminosa rispetto al reato-base, cosi’ concretizzando una piu’ articolata e incisiva offesa degli interessi protetti”.
“Come si desume dal chiaro tenore letterale dell’articolo 416-bis c.p., comma 6, ai fini della configurabilita’ dell’aggravante non e’ necessario che l’attivita’ imprenditoriale mafiosa venga finanziata interamente con fondi provenienti da delitto: la norma stabilisce espressamente, infatti, che deve ritenersi configurata l’aggravante anche se il finanziamento e’ di tipo misto, ossia e’ alimentato, in parte, dagli utili della gestione formalmente lecita e, in parte, dai proventi delittuosi”.
“L’aggravante, che appartiene al novero di quelle speciali, ha natura oggettiva (articolo 70 c.p.), poiche’ il perseguimento della finalita’ descritta nell’articolo 416-bis c.p., comma 6, mediante i proventi dei delitti, costituisce una connotazione obiettiva dell’associazione e ne qualifica la pericolosita’ al pari del suo carattere armato. In coerenza con tale natura dell’aggravante e’ da ritenere che essa vada riferita all’attivita’ dell’associazione in quanto tale e non necessariamente alla condotta individuale del partecipe”.
“Ne consegue che, ai fini della sussistenza dell’aggravante di cui all’articolo 416-bis c.p., comma 6, non e’ necessario che il singolo associato s’interessi personalmente di finanziare, con i proventi dei delitti, le attivita’ economiche, di cui i partecipi dell’associazione mafiosa intendano assumere o mantenere il controllo”.
“La natura oggettiva della circostanza aggravante comporta, in applicazione di quanto stabilito dall’articolo 59 c.p., comma 2, (introdotto dalla L. 7 febbraio 1990, n. 19), che essa sia valutabile a carico di tutti i componenti del sodalizio, sempre che essi siano stati a conoscenza dell’avvenuto reimpiego di profitti delittuosi, ovvero l’abbiano ignorato per colpa o per errore determinato da colpa”.
“Peraltro, qualora sia in concreto accertata la normalita’ e frequenza del reimpiego di profitti delittuosi da parte di un determinato sodalizio di tipo mafioso, ciascuno dei membri del sodalizio mafioso deve considerarsi al corrente della relativa circostanza e deve, di regola, ritenersi ascrivibile a colpa l’eventuale ignoranza sul punto da parte di taluno dei componenti”.
La sentenza impugnata fa buon governo dei principi sopra enucleati.
La Corte di appello (cfr. pagg. 233 e 234) osserva che:
– della deposizione degli operanti (OMISSIS) e (OMISSIS), nonche’ delle conversazioni monitorate e dei conseguenti servizi di osservazione e controllo si evince che l’associazione intese assumere il controllo delle slot-machine e si dedico’ alla installazione di slot-machine, settore demandato alla gestione di (OMISSIS) e intese svilupparsi nel mercato del commercio degli orologi di pregio usati, utilizzando a tal fine l’esperienza e il portafoglio clienti di (OMISSIS), commerciante esperto del settore, con esercizio commerciale presente sul mercato romano;
– in entrambi i casi il clan utilizzo’ la provvista derivante dal commercio di stupefacenti (pag. 234);
– il sodalizio tento’ di acquisire una posizione dominante nel commercio delle slot-machine come si evince dalla conversazione rit. 3547/09 e servizio di o.c.p. del 22 dicembre 2009;
– il traffico di orologi di pregio assunse significativo rilievo come risulta dalle verifiche bancarie, nonche’ da una conversazione (rit. 1187/09 del 30/01/2010) in cui (OMISSIS) parla di un concessionario di Caracas, del fatto che il mercato si fosse spostato in Sudamerica, e della consegna di denaro per il prelievo degli orologi da un aereo.
Le doglianze coltivate dai ricorrenti si infrangono sulla barriera della inammissibilita’, poiche’ ignorano le ragioni del decidere, si appuntano su elementi privi di concreta rilevanza ai fini della configurabilita’ dell’aggravante in rassegna, allegano dati meramente fattuali, spesso prospettati in maniera assertiva.
4.4 L’aggravante speciale gia’ prevista dal Decreto Legge 13 maggio 1991, n. 152, articolo 7, oggi inserita nell’articolo 416 bis.1 c.p..
L’aggravante in esame e’ stata introdotta dal Decreto Legge 13 maggio 1991, n. 152, articolo 7, convertito con modificazioni dalla L. 12 luglio 1991, n. 203, il cui contenuto e’ oggi trasfuso nell’articolo 416-bis.1 c.p., norma cui si fara’ riferimento nel prosieguo.
La disposizione prevede un aumento di pena, da un terzo alla meta’, per i delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dall’articolo 416-bis (il cd. “metodo mafioso”) ovvero al fine di agevolare l’attivita’ delle associazioni previste dallo stesso articolo.
4.4.1 Nel presente processo la circostanza aggravante in rassegna e’ contestata in relazione a molti dei delitti-scopo delle due associazioni e anche in riferimento alla associazione di narcotraffico (capo B).
Essa, di regola, viene declinata come “finalita’ di agevolazione” del clan (OMISSIS), tuttavia non mancano casi in cui viene contestato anche il “metodo mafioso” (es. capi A8, A15, A18, A29).
4.4.2 L’aggravante del “metodo mafioso” non ha dato adito a particolari problemi ermeneutici.
Essa e’ integrata allorche’ un qualsiasi reato venga realizzato con l’utilizzazione di una forza intimidatoria che a prescindere da qualsiasi legame del suo autore con l’organizzazione mafiosa o con l’esistenza stessa di tale compagine in quel contesto – ne mutui le modalita’ di azione, per proporre il clima di assoggettamento che le e’ caratteristico (tra le ultime Sez. 2, n. 36431 del 02/07/2019, Bruzzese, Rv. 277033).
E’ incontroverso che questa circostanza, che si caratterizza per le modalita’ dell’azione, abbia “natura oggettiva”.
4.4.3 Si e’ dibattuto invece sulla natura dell’aggravante della “finalita’ di agevolazione”.
Come risulta dalla informazione provvisoria n. 28, all’udienza del 19 dicembre 2019 le Sezioni Unite hanno risolto il contrasto stabilendo che: “L’aggravante speciale gia’ prevista dal Decreto Legge 13 maggio 1991, n. 152, articolo 7, ed oggi inserita nell’articolo 416 bis.1 c.p., che prevede l’aumento di pena quando la condotta tipica sia consumata “al fine di” agevolare l’attivita’ delle associazioni mafiose (cd. “aggravante agevolativa dell’attivita’ mafiosa”) ha natura “soggettiva” concernendo la direzione della volonta’ e si applica al concorrente solo se da lui conosciuta”.
Dalle indicazioni contenute nella informazione provvisoria, il collegio ha potuto ricavare i seguenti principi (dei quali si trova conferma nel testo della sentenza Chioccini, n. 8545 del 19/12/2019, depositata nelle more della stesura di questa motivazione).
L’elemento soggettivo necessario ad integrare l’aggravante e’ quello del dolo specifico.
Cio’ non vuol dire che la finalita’ agevolativa debba esaurire la volizione dell’agente, potendosi accompagnare anche a ulteriori e concorrenti scopi “piu’ egoistici”.
Su questo punto soccorrono i consolidati arresti giurisprudenziali in forza dei quali, nella forma del dolo specifico, la volonta’ della condotta si accompagna alla rappresentazione dell’evento che e’ tenuto di mira dall’agente e giustifica l’azione ancorche’ non necessariamente in forma esclusiva.
In sostanza l’aggravante in esame richiede che l’agente deliberi l’attivita’ illecita allo scopo di apportare un vantaggio alla associazione mafiosa; tuttavia tale finalita’ non deve essere esclusiva, ben potendo accompagnarsi a qualsiasi altro scopo di vantaggio, personale, che si coniughi con la volonta’ agevolatrice (in termini, seppure sul diverso tema della “finalita’ di terrorismo” si veda per tutte Sez. U, n. 2110 del 23/11/1995, dep. 1996, Fachini, Rv. 203770).
In punto di “estensione” dell’aggravante ai concorrenti, le Sezioni Unite Chioccini richiedono l’elemento della “conoscenza”.
Dunque non basta l’ignoranza colposa, ma neppure necessita la condivisione del fine specifico, poiche’ e’ sufficiente che il concorrente conosca lo scopo perseguito dal correo (in tema di premeditazione si veda tra le tante Sez. 6, n. 56956 del 21/09/2017, Argentieri, Rv.271952).
In sostanza, il concorrente nel reato, pur non perseguendo personalmente la finalita’ agevolativa, risponde del reato aggravato ai sensi dell’articolo 416-bis.1 c.p., tutte le volte in cui sia consapevole della finalita’ del compartecipe.
4.4.4 La Corte di appello ha fatto corretta applicazione di tali principi, gia’ presenti nella elaborazione, quantomeno di una parte, della giurisprudenza di legittimita’.
I ricorrenti sollevano questioni manifestamente infondate oppure generiche sia sotto il profilo “intrinseco” sia sotto quello “estrinseco”, o perche’ muovono da tesi non condivisibili (l’incompatibilita’ del fine agevolativo con altri scopi, la comunicabilita’ dell’aggravante soltanto a fronte di una condivisione del fine perseguito) o perche’ non rispettano il requisito di specificita’.
4.5 L’associazione di narcotraffico, Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74 (capo B) (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), giudicati separatamente nelle forme del giudizio abbreviato, sono stati condannati con sentenza divenuta irrevocabile sulla affermazione di responsabilita’ sul reato in rassegna (Sez. 6, n. 56731 del 19/07/2018).
In questo procedimento e’ stata affermata la colpevolezza di (OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS).
Tutti i predetti imputati contestano la ravvisabilita’ del reato associativo, oltre a quella della propria rispettiva responsabilita’ (di quest’ultima si trattera’ piu’ analiticamente nella disamina dei singoli ricorsi).
Secondo la cd. “doppia conforme” di condanna i risultati delle indagini hanno consentito di accertare che l’associazione di tipo mafioso incluse tra i propri scopi anche quello di costituire una associazione di narcotraffico, alla quale diede effettivamente vita.
La seconda associazione, capeggiata da (OMISSIS) con il contributo organizzativo di (OMISSIS), dedicata alla commissione di reati in materia di sostanze stupefacenti, fu funzionale agli interessi dell’associazione mafiosa, cui forni’ apporto causale procacciando denaro derivante dal traffico suddetto, quindi pur avendo struttura autonoma, rappresento un’entita’ satellite, finalizzata ad assicurare il raggiungimento del fine di profitto dell’associazione di cui al capo A.
4.5.1 L’associazione Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, ex articolo 74 si caratterizza per il carattere dell’accordo criminoso, avente ad oggetto la commissione di una serie non preventivamente determinata di delitti, nella permanenza del vincolo associativo, nell’esistenza di un’organizzazione che consenta la realizzazione concreta del programma criminoso (da ultimo Sez. 6 n. 17467 del 21/11/2018, dep. 2019, Noure El Hadij, Rv. 275550).
Nella specie i giudici di merito hanno individuato le caratteristiche di stabilita’ e l’organizzazione di una struttura dedita all’acquisto e alla rivendita di cocaina, hashish e marijuana, verso una ramificata rete di pusher preposti alla vendita al dettaglio.
I frequenti contatti fra i sodali; l’utilizzo di un sistema di comunicazioni telefoniche con terminologia convenzionale; il cambio di schede per sfuggire alle intercettazioni; l’utilizzo di un sistema di schermatura, attraverso le intestazioni fittizie dei conti sui quali confluivano i guadagni conseguiti, sono elementi ritenuti dimostrativi della esistenza di una rodata struttura operativa – ancillare e servente rispetto alla associazione mafiosa – dedita alla commissione di reati in materia di stupefacenti, contestati negli addebiti di cui ai capi da B1) al capo B23), in relazione ai quali, nel tempo, sono stati operati sequestri di significativi quantitativi di sostanze stupefacenti con l’arresto in flagranza dello spacciatore:
– (OMISSIS), sequestro avvenuto in Roma di kg. 365 circa di hashish, arresto di (OMISSIS) e (OMISSIS) (capo B9);
– (OMISSIS), sequestro avvenuto in Roma di kg. 2 circa di hashish, arresto di (OMISSIS) (capo B10);
– (OMISSIS), sequestro avvenuto in Roma di kg. 27 circa di marijuana, arresto di (OMISSIS) e sottoposizione alla misura della custodia cautelare in carcere di (OMISSIS) (capo B11);
– (OMISSIS), sequestro avvenuto in (OMISSIS), di kg. 0,375 circa di cocaina, arresto di (OMISSIS) e (OMISSIS) Franco (capo B12).
Secondo la sentenza impugnata il vincolo creatosi tra gli odierni ricorrenti ed altri sodali ( (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), gia’ condannati con sentenza irrevocabile per tale titolo) possiede i caratteri di stabilita’ e di organizzazione comprovati dallo svolgimento di continua attivita’ di rifornimento e vendita di droga agli intermediari ed ai consumatori.
Insegna la giurisprudenza di legittimita’ che il connotato della stabilita’ non va inteso nel senso che la indefinita protrazione del programma criminoso abbia potuto esplicitarsi per un lungo periodo, poiche’ la protrazione e’ condizionata non solo dalla volonta’ degli associati ma anche da fattori esterni, e, fra questi, l’intervento degli inquirenti.
Peraltro nel caso in esame si sono verificate delle modifiche nella composizione dell’associazione, che non ne hanno intaccato la struttura, a riprova della stabilita’ del vincolo: (OMISSIS) fu espulso; (OMISSIS) assunse un ruolo apicale, spodestando (OMISSIS), riassegnato al settore delle slot machine.
La motivazione della Corte d’appello e’ congrua poiche’ incentrata sulla dimostrazione della esistenza di una struttura, adeguata alla realizzazione di uno scopo che in materia di stupefacenti si proietta oltre la consumazione dei singoli reati-fine.
4.5.2 Quanto al rapporto tra le due associazioni (capi A e B) va ricordato che secondo ius receptum il reato di associazione di tipo mafioso puo’ concorrere con il delitto di associazione per delinquere dedita al traffico di sostanze stupefacenti.
Ne consegue che e’ ben possibile la coesistenza di due distinte organizzazioni criminali, con una parziale coincidenza soggettiva ed oggettiva, che integrino gli estremi di entrambi i delitti associativi in questione; cosi’ come la identita’ dei soggetti e delle strutture organizzative, messe in comune tra le due organizzazioni, non preclude affatto il riconoscimento del concorso di tali due reati, laddove dovesse risultare che la medesima associazione di stampo mafioso sia finalizzata alla commissione di traffici di sostanze stupefacenti.
I reati di associazione per delinquere, generica o di stampo mafioso, concorrono con il delitto di associazione per delinquere dedita al traffico di sostanze stupefacenti, anche quando la medesima associazione sia finalizzata alla commissione di reati concernenti il traffico degli stupefacenti e di reati diversi (per tutte Sez. U, n. 1149 del 25/09/2008, dep. 2009, Magistris, Rv. 241883).
Osservano le Sezioni Unite che: “il delitto di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74 presenta degli elementi specializzanti rispetto a quello di cui all’articolo 416 c.p. (o 416-bis c.p.), perche’ a tutti gli elementi costitutivi della associazione per delinquere – vincolo tendenzialmente permanente, indeterminatezza del programma criminoso, esistenza di una struttura adeguata allo scopo – aggiunge quello specializzante della natura dei reati fine programmati che devono essere quelli previsti dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73.
Cosicche’ se una associazione venga costituita al solo scopo di operare nel settore del traffico degli stupefacenti gli appartenenti non potranno essere puniti a doppio titolo, ovvero per la violazione dell’articolo 416 c.p. e del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, mentre se l’associazione ha lo scopo di commettere traffico di stupefacenti ed anche altri reati, e’ ben possibile che gli associati vengano puniti per entrambi i reati” (cfr. in motivazione Sez. U, n. 1149 del 25/09/2008, dep. 2009, Magistris, cit.).
Nella specie si e’ fatta corretta applicazione di tali principi.
I giudici di merito hanno ritenuto che l’associazione deputata al traffico di stupefacenti di cui al capo B si distinguesse dal clan mafioso di cui al capo A.
Rispetto a quest’ultimo l’associazione di narcotraffico si e’ collocata in posizione ancillare, costituendo gli stupefacenti uno dei settori di espansione e di foraggiamento del gruppo, si’ da agevolare il fenomeno associativo, in termini di stabilita’, controllo del territorio e capacita’ diffusiva dello smercio illegale di droga, come noto a tutti i partecipi (di qui la sussistenza della circostanza aggravante della “agevolazione mafiosa” pacificamente riferibile anche al reato associativo di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, cfr. Sez. 6, n. 9956 del 17/06/2016, dep. 2017, Accurso, Rv. 269715).
L’associazione di narcotraffico era composta da soggetti in parte diversi, (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (oltre (OMISSIS) e (OMISSIS) separatamente giudicati) unicamente dediti a tale attivita’, mentre coincidevano la figura del capo, (OMISSIS), dell’altro organizzatore, (OMISSIS), di due partecipi, (OMISSIS) e (OMISSIS) (oltre a (OMISSIS), separatamente giudicato).
La Corte di appello esclude una sovrapposizione tra le due associazioni giacche’ quella di cui al capo B fu una struttura compartimentale dell’associazione mafiosa: “l’associazione di cui al capo A di (OMISSIS) si mosse su piani diversi e uno di questi fu costituito dal commercio di orologi, attivita’ di cui si occupo’ (OMISSIS), tramite (OMISSIS), esperto commerciante del settore (capi A2-A5), attivita’ che fu necessaria per riciclare il denaro proveniente da attivita’ illecita (capo A42), utilizzando conti correnti intestati a terzi, ma affidati alla supervisione di (OMISSIS) e nella disponibilita’ di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS)” (pag. 229).
4.5.3 Il fatto che si tratti di due associazioni distinte non significa che il materiale probatorio sulle responsabilita’ individuali dei “sodali comuni” debba essere rigorosamente diversificato, come sembrano pretendere alcuni ricorrenti.
Anzi, al contrario, proprio perche’ tra i delitti-fine dell’associazione mafiosa rientra anche il sodalizio di narcotraffico, al cui raggiungimento e’ stato destinato uno specifico comparto organizzativo, e poiche’ tutti gli imputati condannati per l’associazione mafiosa sono organizzatori o partecipi (insieme ad altri) di quella finalizzata al traffico di droga, deriva che, in punto di prova dell’inserimento di un imputato nel clan (OMISSIS), possono legittimamente assumere valenza anche le condotte poste in essere nell’ambito della collegata associazione di narcotraffico. Le Sezioni Unite della Corte di cassazione hanno affermato che, in tema di associazione a delinquere, e’ consentito al giudice, pur nell’autonomia del reato mezzo rispetto ai reati-fine, dedurre la prova dell’esistenza e della partecipazione al sodalizio criminoso dalla commissione dei delitti rientranti nel programma comune e dalle loro modalita’ esecutive, posto che attraverso essi si manifesta in concreto l’operativita’ dell’associazione medesima (Sez. U, n. 10 del 28/3/2001, Cinalli, Rv. 218376).
4.5.4 Alcuni ricorrenti invocano la fattispecie di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 6.
L’ipotesi in rassegna e’ configurabile a condizione che i sodali abbiano programmato esclusivamente la commissione di fatti di lieve entita’, predisponendo modalita’ strutturali e operative incompatibili con fatti di maggiore gravita’ e che, in concreto, l’attivita’ associativa si sia manifestata con condotte tutte rientranti nella previsione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5.
La Corte di appello ha escluso la riconducibilita’ dell’associazione alla fattispecie di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 6, ritenendo ostativa l’entita’ dei sequestri di stupefacente operati nei confronti degli associati.
Argomento decisivo con il quale i ricorrenti evitano di misurarsi.
4.6 Il reato di estorsione e gli elementi distintivi da quello di esercizio arbitrario delle proprie ragioni.
4.6.1 Diversi ricorrenti, riconosciuti colpevoli degli episodi estorsivi in contestazione, devolvono alla Corte di cassazione la questione della riqualificazione dei fatti nel delitto di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, con le ulteriori conseguenze in relazione alla procedibilita’ dell’azione penale e al tempo necessario a prescrivere.
Il difensore di (OMISSIS) ha formulato istanza di rinvio, rappresentando la necessita’ di attendere la decisione delle Sezioni Unite, prevista per il prossimo 26 marzo, sul tema della distinzione tra il reato di cui all’articolo 629 c.p. e quello di cui all’articolo 393 c.p..
La questione che sara’ decisa dalle Sezioni Unite non ha rilevanza nel presente processo.
4.6.2 Con ordinanza n. 50696 del 25 settembre 2019 la seconda sezione penale della Corte di cassazione ha investito le Sezioni Unite del vaglio sui seguenti punti:
– se il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni debba essere qualificato come reato proprio esclusivo e, conseguentemente, in quali termini si possa configurare il concorso del terzo non titolare della pretesa giuridicamente tutelabile;
– se il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alle persone e quello di estorsione si differenzino tra loro in relazione all’elemento oggettivo, in particolare con riferimento al grado di gravita’ della violenza o della minaccia esercitate, o, invece, in relazione al mero elemento psicologico, e, in tale seconda ipotesi, come debba essere accertato tale elemento.
La seconda sezione ha registrato un contrasto nella giurisprudenza di legittimita’ in merito all’inquadramento, nel reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni oppure in quello di estorsione, delle condotte violente dirette a soddisfare un diritto giudiziariamente tutelabile; ha individuato due “macro orientamenti”: a) l’uno effettua la diagnosi differenziale tra i reati valorizzando le differenze tra gli elementi oggettivi, rinvenendo il discrimine tra le fattispecie nel livello di “gravita’ della violenza o della minaccia” che, se particolarmente elevato, giustifica l’inquadramento della condotta come estorsione; b) l’altro distingue le fattispecie valorizzando l’elemento psicologico. All’interno di questo secondo orientamento si distinguono le sentenze che valorizzano come elemento di differenziazione solo l’emersione della direzione della volonta’ alla soddisfazione del credito e quelle che, invece, ritengono che le modalita’ della condotta e dunque l’intensita’ della violenza e della minaccia rilevino ai fini del possibile riconoscimento del dolo dell’estorsione.
Mentre non esiste alcun contrasto sul diverso principio – assolutamente condiviso dalla giurisprudenza di legittimita’ qualunque sia la tesi abbracciata – in forza del quale e’ necessario che la pretesa fatta valere sia suscettibile di tutela giurisdizionale.
In assenza del requisito in parola, che connota l’elemento materiale del delitto di “ragion fattasi”, si verte sempre e comunque in ipotesi estranea all’ambito precettivo dell’articolo 393 c.p..
Invero secondo il granitico insegnamento della Corte di cassazione: “il dato oggettivo e materiale dal quale non puo’ prescindersi e dal quale occorre partire prima di ogni altra indagine sull’elemento psicologico consiste nell’accertare: a) se l’agente vanti un preteso diritto; b) se il suddetto diritto sia tutelabile davanti all’autorita’ giudiziaria. E’ ovvio, infatti, che se si accerta l’insussistenza di uno di questi due elementi, ogni ulteriore indagine sull’elemento psicologico, diventa del tutto ultroneo” (cosi’ in motivazione per tutte Sez. 2, n. 51433 del 04/12/2013, Fusco, sentenza capostipite della teoria cd. “soggettiva”).
Lo chiarisce la stessa ordinanza di rimessione laddove premette che: “il contrasto rilevato dal collegio risulta circoscritto ai soli casi in cui l’aggressione alla persona e’ funzionale alla soddisfazione di un diritto tutelabile innanzi all’autorita’ giudiziaria, essendo pacificamente inquadrate come estorsioni le condotte funzionali a soddisfare pretese sfornite di tutela” (Sez. 2 ord. n. 50696 del 25 settembre 2019, cit.).
4.6.3 Nel caso di specie, secondo la ricostruzione dei giudici di merito, non viene neppure astrattamente in rilievo il delitto di cui all’articolo 393 c.p., posto che i reati di estorsione trovano fondamento nella esazione di crediti di natura illecita (usura, vendita di stupefacente), dunque le pretese vantate, collegandosi alla perpetrazione di reati, non potrebbero mai essere azionate in giudizio e si pongono ontologicamente al di fuori dell’ambito precettivo dell’articolo 393 c.p..
5. Il trattamento sanzionatorio.
5.1 La sentenza della Corte Costituzionale n. 40 del 2019.
La Corte costituzionale, con la pronuncia citata, ha dichiarato l’illegittimita’ costituzionale del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 1 nella parte in cui in cui prevede la pena minima edittale della reclusione nella misura di otto anni anziche’ di sei anni.
5.1.1 Secondo gli insegnamenti delle Sezioni Unite della Corte di cassazione e’ illegale la pena determinata dal giudice attraverso un procedimento di commisurazione che si sia basato sui limiti edittali del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, in vigore al momento del fatto, ma dichiarato successivamente incostituzionale, anche nel caso in cui la pena concretamente inflitta sia compresa entro i limiti edittali previsti dall’originaria formulazione del medesimo articolo (Sez. U, n. 33040 del 26/02/2015, Jazouli, Rv. 264205).
Alla luce della piu’ favorevole cornice edittale, applicabile a seguito della citata sentenza della Corte costituzionale, si impone una specifica rivalutazione anche dell’aumento di pena calcolato a titolo di continuazione per i reati-satellite (arg. da Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263717).
Con recenti pronunce la Corte di cassazione ha avuto modo di stabilire che: “In tema di stupefacenti, la sopravvenuta illegalita’ della pena edittale minima prevista per il reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 73, comma 1, conseguente alla sentenza n. 40 del 2019 della Corte costituzionale, comporta, in caso di ricorso per cassazione avverso sentenza di condanna per tale reato riconosciuto in continuazione con altro piu’ grave, che il relativo aumento di pena calcolato ai sensi dell’articolo 81 c.p. sulla base dei parametri edittali in vigore al momento del fatto e successivamente dichiarati incostituzionali, deve essere oggetto di specifica rivalutazione da parte dei giudici del merito, alla luce della piu’ favorevole cornice edittale applicabile, conseguendone l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata limitatamente alla determinazione dell’aumento di pena” (Sez. 7, n. 22976 del 24/04/2019, Perdomo, Rv. 276295; Sez. 4, n. 33252 del 18/04/2019, Vilardi, Rv. 276798).
5.1.2 La citata pronuncia di incostituzionalita’ concerne la pena prevista dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 1 per le droghe cd. “pesanti”.
Sono estranee:
– la fattispecie concernente le droghe cd. “leggere” di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 4, “rivissuta” per effetto della sentenza della Corte Costituzionale n. 32 del 2014;
– la fattispecie autonoma del “fatto di lieve entita’” di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5, come riscritto dal Decreto Legge n. 36 del 2014, convertito nella L. n. 79 del 2014.
5.1.3 Considerati i capi di imputazione oggetto del presente processo, sono interessati dalla sentenza n. 40 del 2019:
– il capo B12), ascritto a (OMISSIS) – reato satellite;
– il capo B23) ascritto a (OMISSIS) – reato stellite;
– il capo C12) ascritto a (OMISSIS) – reato piu’ grave (diversamente da quanto sostenuto in ricorso detto capo riguarda la violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 1, e non risulta riqualificato ai sensi del successivo comma 5).
Di contro, ai fini in rassegna, non vengono in rilievo, tra gli altri, nonostante i ricorrenti interessati ne facciano istanza:
– i capi B10 e B11 perche’ riqualificati gia’ in primo grado ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 4;
– i capi B20, B21 e B 22 perche’ riqualificati dalla Corte di appello ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 4;
– i capi C1, C4, C6, C 13, C 14, C16 perche’ ricondotti alla ipotesi di cui all’articolo 73, comma 5, sin dalla pronuncia di primo grado.
5.2 Determinazione della pena: i binari del giudizio di legittimita’.
5.2.1 La graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalita’ del giudice di merito, che la esercita, cosi’ come per fissare la pena base, in aderenza ai principi enunciati negli articoli 132 e 133 c.p.. Ne discende l’inammissibilita’ della censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruita’ della pena la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico (Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, dep. 2014 Ferrario, Rv. 259142). Invero una specifica e dettagliata motivazione sulla quantita’ di pena irrogata, specie in relazione alle diminuzioni o aumenti per circostanze, e’ necessaria soltanto se la pena sa di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale, potendo altrimenti essere sufficienti a dare conto dell’impiego dei criteri di cui all’articolo 133 c.p. le espressioni del tipo: “pena congrua”, “pena equa” o “congruo aumento”, come pure il richiamo alla gravita’ del reato o alla capacita’ a delinquere (tra le ultime Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, Mastro, Rv. 271243).
Non e’ necessario che il giudice di merito, nel motivare il diniego delle circostanze attenuanti generiche, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma e’ sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri (Sez. 2, n. 3609 del 18/1/2011, Sermone, Rv. 249163; Sez. 6, n. 34364 del 16/6/2010, Giovane, Rv. 248244).
Le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra opposte circostanze, implicando una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito, sfuggono al sindacato di legittimita’ qualora non siano frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e siano sorrette da sufficiente motivazione, tale dovendo ritenersi quella che, per giustificare la soluzione dell’equivalenza, si sia limitata a ritenerla la piu’ idonea a realizzare l’adeguatezza della pena irrogata in concreto (Sez. U, n. 10713 del 25/02/2010, Contaldo, Rv. 245931).
In tema di determinazione della pena nel reato continuato, il collegio ritiene di aderire all’orientamento giurisprudenziale prevalente secondo cui non sussiste obbligo di specifica motivazione per ogni singolo aumento, essendo sufficiente indicare le ragioni a sostegno della quantificazione della pena-base (da ultimo Sez. 1, n. 39350 del 19/07/2019, Oliveti, Rv. 276870), soprattutto quando l’aumento di pena sia particolarmente contenuto.
5.2.2 Nessuno dei ricorsi, in punto di pena, propone motivi idonei a varcare la soglia di ammissibilita’ del giudizio di cassazione.
6. (OMISSIS) (capi A28, B, B1).
Il ricorso e’ inammissibile.
L’unico motivo proposto attiene alla violazione di legge e al vizio di motivazione in punto di ritenuta partecipazione alla associazione di narcotraffico (capo B).
La doglianza non riesce ad accedere all’ambito del giudizio di legittimita’, poiche’, lontana dal confrontarsi criticamente con le argomentazioni sviluppate dal giudice d’appello e con la complessiva tenuta logico-argomentativa della sentenza impugnata.
La Corte di appello tratta della posizione di (OMISSIS) all’interno della associazione alle pagine 262 e 263 nonche’ 290-292 della sentenza impugnata.
Sulla scorta degli elementi raccolti si assegna all’imputato il ruolo di partecipe con funzioni di custodia, trasporto e consegna di stupefacente, nonche’ di riscossione delle somme vantate dall’organizzazione, nella fase iniziale dell’attivita’ del sodalizio contraddistinta dal ruolo apicale rivestito in seno ad esso da (OMISSIS), ruolo venuto meno nel mese di ottobre del 2009.
(OMISSIS) sostitui’ (OMISSIS) con (OMISSIS), imputando al primo di non saper gestire i crediti dell’associazione con la conseguenza che, esautorato (OMISSIS), scomparve anche la figura di (OMISSIS).
In particolare il 16/5/2009 (OMISSIS) avviso’ (OMISSIS) che (OMISSIS) lo aveva estromesso dalla associazione e, nell’esprimergli il suo rammarico per il trattamento subito, lo informo’ che sarebbe dovuto comparire al cospetto del “capo”, insieme a (OMISSIS).
La partecipazione all’attivita’ associativa di (OMISSIS) quindi fu consapevole, stabile e avvenne per un tempo apprezzabile.
Il ricorrente si limita a dedurre che: a suo carico e’ stata riconosciuta soltanto la partecipazione a un reato-fine (capo B1); il suo eventuale coinvolgimento e’ circoscritto a un limitato arco temporale (dal febbraio 2009 al maggio 2009); i fatti di cui ai capi A28 e A29 riguardano episodi estorsivi non legati al traffico di stupefacenti.
Si tratta di circostanze generiche o irrilevanti:
– l’adesione al sodalizio criminoso non comporta la partecipazione ai singoli delitti – scopo, che peraltro nella specie sono avvenuti in relazione non ad un solo episodio ma a plurime cessioni di stupefacente, contestate in “continuazione tra loro” al capo B1, commesse peraltro in concorso con (OMISSIS) in un periodo in cui questi era il referente diretto di (OMISSIS);
– e’ stato (OMISSIS) a convocare (OMISSIS) e a destituirlo, il che dimostra come la limitata durata temporale della partecipazione, oltre a essere dato neutro, nella specie non sia neppure dipesa dalla volonta’ dell’imputato;
– l’episodio estorsivo di cui al capo A28, commesso in concorso con (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), riguarda le minacce e il ferimento con un coltello di (OMISSIS) costretto a consegnare la somma di 30.000 Euro, quale corrispettivo della cessione di una “partita” di sostanza stupefacente;
– l’estorsione di cui al capo A29) vede (OMISSIS) come persona offesa, avendo egli subito ripetute minacce da parte di (OMISSIS) e (OMISSIS), fino all’intervento del (OMISSIS), per la mancata restituzione dei corrispettivi dello spaccio; il che, secondo i giudici di merito, costituisce prova certa della circostanza che (OMISSIS) avesse piena consapevolezza di chi fossero i propri sodali e conoscesse perfettamente le gerarchie, cui si era assoggettato.
7. (OMISSIS) (capi A, A1, A8, A15, A29, A32, B).
7.1 Il ricorso e’ infondato, tuttavia deve essere rilevata di ufficio l’intervenuta declaratoria di parziale illegittimita’ costituzionale della norma incriminatrice di cui al Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 75 (capo A1).
La nota di deposito dell’avv. (OMISSIS) in data 11 febbraio 2020 e’ inammissibile perche’ tardiva in ordine al suo eventuale contenuto argomentativo, mentre la produzione documentale rimane agli atti.
Non puo’ essere accolta l’istanza, depositata in data odierna dal difensore dell’imputato, con la quale si chiede il rinvio dell’udienza in attesa della pronuncia delle Sezioni Unite sui rapporti tra articolo 393 c.p. e articolo 629 c.p., poiche’ i termini della problematica di cui sono state investite le Sezioni Unite non vengono in rilievo nel presente processo (cfr. sopra paragrafo 4.6). Nella restante parte l’atto e’ inammissibile perche’ tardivo rispetto al termine dilatorio di quindici giorni anteriori all’udienza, il che esime il collegio dall’obbligo di esaminarlo (Sez. 1, n. 19925 del 04/04/2014, Cutri’, Rv. 259618).
7.1.1 In via preliminare e generale va osservato che l’atto di impugnazione di (OMISSIS), pur nella sua diffusivita’, non coglie la reale funzione del ricorso per cassazione che, come detto (paragrafo 2), non e’ quella di riversare sul giudice di legittimita’ ogni singola questione sollevata nei precedenti gradi di giudizio, quanto piuttosto quella di svolgere, in modo sintetico, un confronto critico con l’esito decisorio conclusivo e con l’apparato argomentativo della sentenza impugnata.
E’ del tutto inutile riproporre eccezioni processuali senza confrontarsi con la motivazione della sentenza e dedurre in quali termini la ritenuta invalidita’ si riverberi sull’intero costrutto argomentativo della decisione.
Cosi’ come e’ inutile reiterare questioni che involgono il merito del processo, senza tener conto delle risposte gia’ ricevute addirittura nella sentenza di primo grado.
E’ infruttuoso riprodurre i singoli motivi di gravame e lamentare una omessa motivazione su ciascuno di essi, poiche’ il giudice di merito non e’ tenuto a discutere tutti gli argomenti proposti dalla difesa, dovendosi ritenere che quelli contrari siano stati implicitamente disattesi.
Allo stesso modo e’ vano sollecitare la Corte di cassazione a compiere valutazioni autonome dalle prove o dalle fonti di prova, ad ingerirsi negli apprezzamenti di fatto, ad operare una selezione dei risultati di prova, assegnando maggior valore agli uni piuttosto che agli altri, poiche’ la Corte di legittimita’ non ha alcun potere di sostituirsi al giudice di merito nella ricerca di una diversa ricostruzione dei fatti in vista di una decisione alternativa; solo l’argomentazione critica del giudice di merito, che su quelli elementi di prova si fonda, puo’ essere sottoposta al controllo del giudice di legittimita’, al quale spetta di verificarne la rispondenza alle regole della logica, oltre che del diritto, e all’esigenza della completezza espositiva.
7.1.2 Per ragioni di economia espositiva” i profili di doglianza del ricorso di (OMISSIS) verranno di seguito trattati rimandando alle soluzioni gia’ raggiunte in ordine alle questioni comuni (cfr. sopra paragrafi da 3 a 5) e scrutinando gli altri profili con approfondimenti dedicati alle questioni meritevoli, mentre tutti quelli “di contorno” eventualmente non citati cadono sotto il maglio della inammissibilita’ perche’ generici, irrilevanti, inconferenti, superflui, estranei al novero dei vizi deducibili.
7.2 Il primo motivo, con il quale si eccepisce la nullita’ del decreto di giudizio immediato in ordine al capo Al) per indeterminatezza dell’imputazione, e’ manifestamente infondato.
Non sussiste alcuna incertezza sull’imputazione, quando questa contenga con adeguata specificita’ i tratti essenziali del fatto di reato contestato in modo da consentire un completo contraddittorio ed il peno esercizio del diritto di difesa; la contestazione, inoltre, non va riferita soltanto al capo di imputazione in senso stretto, ma anche a tutti quegli atti che, inseriti nel fascicolo processuale, pongono l’imputato in condizione di conoscere in modo ampio l’addebito (tra le altre Sez. 2, n. 2741 del 11/12/2015, dep. 2016, Ferrante, Rv. 265825).
Nel caso di specie, per la parte di contestazione non interessata dalla pronuncia di incostituzionalita’ (vedi infra par. 7.9), si addebita all’imputato la violazione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale di P.S. con obbligo di soggiorno – disposta dal Tribunale di Avellino con decreto del 23 settembre 1991, 7 luglio 1999 e 14 aprile 2008 – per “essersi abitualmente associato a persone condannate”, dal settembre 2009 al marzo 2011.
Come gia’ rilevato dalla Corte di appello (pag. 315) le circostanze e le persone pregiudicate risultano specificamente dalle annotazioni di polizia giudiziaria in atti, di talche’ nessuna compromissione al diritto di difesa e’ ravvisabile.
7.3 Sono generici e manifestamente infondati il secondo motivo e il terzo motivo – concernenti la lista testi del pubblico ministero e la deposizione della polizia giudiziaria sul contenuto delle intercettazioni – per le ragioni indicate in premessa al paragrafo 2.2.3 e nonche’ per gli argomenti specificamente trattati nella parte generale ai paragrafi, rispettivamente, 3.2 e 3.1.
7.4 Analoga sorte segue il quarto motivo, sia perche’ inosservante delle indicazioni delle Sezioni Unite Fruci (cfr. par. 2.2.3) sia perche’ le asserite irregolarita’ dedotte non contemplano sanzioni di nullita’ o inutilizzabilita’.
7.5 II quinto motivo, con il quale si lamenta vizio di omessa risposta rispetto a varie ed eterogenee questioni, e’ generico oltre che manifestamente infondato.
7.5.1 La doglianza non risponde ai requisiti richiesti ai fini della deducibilita’ del vizio in sede di legittimita’ (cfr. sopra par. 2): si tratta di affermazioni assertive, astratte e non specifiche
Inoltre il ricorrente non si misura con la “doppia conforme” di condanna, non riuscendo a cogliere in quale punto l’asserita omessa risposta inficerebbe la struttura argomentativa della sentenza impugnata, che peraltro si caratterizza per una disamina analitica condotta, punto per punto, su ognuno dei motivi di gravame.
7.5.2 Il richiamo alla pronuncia assolutoria dai reati di cui agli articoli 416 bis c.p., e Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, – resa in favore di (OMISSIS) dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma il 12 luglio 2010 – non e’ pertinente poiche’ quella decisione riguarda altre e diverse associazioni rispetto all’oggetto di questo processo (cfr. par. 4.2).
Peraltro, come gia’ ricordato (par. 4.2.1), nel giudizio di legittimita’ non e’ deducibile, sotto il profilo della manifesta illogicita’ della motivazione, il contrasto con sentenze o altri provvedimenti decisionali adottati da altro giudice in diverso processo, ostandovi il dettato dell’articolo 606 c.p.p., lettera e), che pone la condizione che il vizio risulti dal testo del provvedimento impugnato (Sez. 6, n. 25703 del 23/05/2003, Below, Rv. 226047 Sez. 3, n. 15987 del 06/03/2013, Parisi, Rv. 255417).
7.5.3 Circa la mancata risposta alla istanza di selezionare gli elementi ritenuti probanti della associazione mafiosa (capo A) rispetto a quelli sintomatici della associazione dedita al narcotraffico (capo B), e’ sufficiente osservare che si tratta di pretesa non giustificata da alcuna concreta utilita’ alla luce di quanto esposto al paragrafo 4.5.3.
7.5.4 Come gia’ osservato (par. 3.1.1), i giudici di merito hanno tratto il contenuto delle conversazioni intercettate dalle trascrizioni effettuate nella forma della perizia, sicche’ ogni doglianza rispetto a quanto riferito dalla polizia giudiziaria si appalesa irrilevante e inconferente.
7.6 II sesto motivo, afferente al carattere “mafioso” della associazione, e’ infondato per le ragioni sopra esposte al paragrafo 4.1; mentre e’ manifestamente inammissibile ogni parallelo con la sentenza di assoluzione pronunciata dal giudice per le indagini preliminari di Roma il 12 luglio 2010 (cfr. par. 4.2 e par. 7.4.2).
7.7 Manifestamente infondato e’ il settimo motivo con il quale si invoca il principio del “ne bis in idem” (cfr. sopra par. 4.2).
7.8 Medesima sorte segue l’ottavo motivo relativo alla circostanza aggravante di cui all’articolo 416 bis c.p., comma 6 (vedi par. 4.3).
7.9 Il nono motivo, che ha riguardo al capo Al), e’ manifestamente infondato, tuttavia deve essere rilevato di ufficio che, a seguito della declaratoria di parziale incostituzionalita’ della norma incriminatrice, una parte della condotta in contestazione non e’ piu’ prevista dalla legge come reato.
7.9.1 La Corte Costituzionale con sentenza n. 25 del 2019 ha dichiarato l’illegittimita’ costituzionale del Decreto Legislativo 6 settembre 2011, n. 159, articolo 75, comma 2, nella parte in cui prevede come delitto la violazione degli obblighi e delle prescrizioni inerenti alla misura della sorveglianza speciale con obbligo o divieto di soggiorno ove consistente nell’inosservanza delle prescrizioni di “vivere onestamente” e di “rispettare le leggi”.
L’inammissibilita’ del ricorso, per ragioni diverse dalla tardivita’, non preclude la possibilita’ di dichiarare l’annullamento della sentenza impugnata relativamente alla condanna di cui al Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 75, a seguito di declaratoria di illegittimita’ costituzionale pronunciata con la sentenza n. 25 del 2019 (Sez. 2, n. 29642 del 30/05/2019, Tame’, Rv. 276978).
Consegue che l’imputato va mandato assolto, con la formula “perche’ il fatto non e’ previsto dalla legge come reato”, dalla condotta di violazione della misura di prevenzione nella parte concernente la prescrizione di rispettare le leggi.
7.9.2 Residua il reato in relazione alla violazione della prescrizione di non associarsi abitualmente a persone condannate.
La censura proposta e’ generica. Si lamenta un’omessa motivazione quando invece la Corte di appello si e’ fatta carico di ricostruire – in base ai risultati delle intercettazioni, alle immagini estrapolate dai sistemi di video-sorveglianza e ai servizi di osservazione e controllo – l’abituale frequentazione da parte di (OMISSIS) di soggetti (condannati con sentenza irrevocabile) che appartenevano al circuito associativo e relazionale dello stesso (OMISSIS) o, in alcuni casi, di esponenti del sodalizio camorristico “di origine” (pag. 30 e pag. 315).
Indicazioni di cui il ricorrente non tiene conto.
7.9.3 Facendo ricorso alla previsione dell’articolo 620 c.p.p., lettera l), considerato che per il reato in rassegna il giudice di merito ha applicato, in continuazione, la pena complessiva di mesi sei di reclusione, la pena inflitta per il fatto non piu’ previsto dalla legge come reato, puo’ stabilirsi in quella di mesi tre di reclusione.
Tale quota di pena deve essere detratta, rimane, tuttavia, invariata la pena finale di anni trenta di reclusione applicata al (OMISSIS) per effetto del criterio di contemperamento di cui all’articolo 78 c.p..
7.10 Il decimo motivo e’ generico per le ragioni indicate al paragrafo 2.2.
Il ricorrente contesta, sotto il profilo della violazione di legge e del vizio di motivazione, l’affermazione di responsabilita’ in ordine al reato di cui al capo B), sostenendo che l’istruttoria espletata avrebbe dimostrato la sua estraneita’ alla associazione di narcotraffico in quanto: egli non e’ concorrente in alcuno dei delitti-fine; non e’ coinvolto dalle indagini sul traffico di stupefacenti; la sua figura non emerge nelle conversazioni intercettate sul tema del commercio di sostanze stupefacenti; e’ stato sottoposto a intercettazione ambientale dal novembre 2009 ad aprile 2010, all’interno della propria abitazione, che secondo l’accusa sarebbe la base dell’associazione, senza che emergesse un solo elemento indiziante a suo carico; nella propria carriera criminale si e’ sempre occupato di una diversa tipologia di reati; non viene collocato nel settore del narcotraffico dai collaboratori di giustizia (OMISSIS) e (OMISSIS).
Le doglianze proposte reiterano le medesime censure gia’ risolte dal Tribunale e poi coltivate con l’atto di appello, senza alcun confronto argomentativo con la sentenza impugnata (ex plurimis, Sez. 3, n. 31939 del 16/04/2015, Falasca Zamponi, Rv. 264185; Sez. 6, n. 13449 del 12/02/2014, Kasem, Rv. 259456); esse inoltre si risolvono in doglianze eminentemente “di fatto” e sollecitano, ictu oculi, una rivalutazione di merito preclusa in sede di legittimita’ (Sez. U, n. 2110 del 23/11/1995, Fachini, Rv. 203767; Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Dessimone, Rv. 207944; Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794).
Il ricorrente sembra dimenticare un dato fondamentale: (OMISSIS) non e’ un mero partecipe di cui occorre dimostrare “contributo” e “consapevolezza”, poiche’, secondo quanto risultante dalle sentenze di merito, l’imputato, capo dell’omonimo clan (capo A), ha costituito, per propria decisione e volonta’, all’interno del sodalizio mafioso, una autonoma organizzazione impegnata sul fronte del commercio di sostanze stupefacenti, programmando linee di indirizzo generale, strategie interne ed esterne, investendo delle singole e specifiche attivita’ di spaccio altri sodali, appositamente preposti e a lui direttamente rispondenti, quali il Silenti.
Osserva la Corte di appello (pagg. 256-258) che:
– “alla luce delle conversazioni monitorate si evince che (OMISSIS) esprimeva il suo potere decisionale a monte di ogni transazione di stupefacenti senza alcuna ingerenza di dettaglio in ogni singola ipotesi di commercializzazione, non addicendosi al suo ruolo di vertice la disponibilita’ materiale di stupefacente o di materiale atto al confezionamento”;
– “peraltro la linea di gestione voluta da (OMISSIS), che si inseriva nella piazza romana, fu quella di inglobare figure che operavano nel suddetto settore e quindi avevano gia’ canali di approvvigionamento e di smercio, offrendo loro copertura economica e, se necessario, al contempo garantendoli dall’esposizione verso altri gruppi malavitosi. Cosi’ l’associazione fece nei confronti di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS). Con tale strategia operativa (OMISSIS) si assicuro’ una rete di relazioni che ebbe struttura gerarchica giacche’ solo i vertici potevano conferire”; (OMISSIS) “solo tramite l’interposizione dei suoi stretti collaboratori comunicava con i terzi che a lui si rivolgevano o sui quali riteneva dovere intervenire per la soluzione di problematiche e cio’ accadeva sia perche’ era consono del ruolo apicale implicito nel concetto di rispetto dovuto al capo, sia per ragioni prudenziali”;
– “la sostituzione di (OMISSIS) con Silenti e poi con Colagrande rappresento’ il cambio di guardia nella materia dello stupefacente, perche’ al contempo le conversazioni relative ai reati-fine furono dimostrative in modo chiaro come il medesimo ruolo di “quadro” di (OMISSIS) fu assunto da Silenti, e poi ancora da (OMISSIS) e che la sostituzione dell’uno con l’altro non fu casuale, ma fu dettata da strategie gestionali che furono subite dai destinatari che non palesarono manifestazioni di dissenso a riprova dell’autorevolezza e dell’autorita’ indiscussa di (OMISSIS)”.
Il ricorrente non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata, ma sottopone a questa Corte il proprio personale giudizio, soggettivo e parziale, degli atti processuali. Esula dai poteri della Corte di cassazione quello di una “rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione e’, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimita’ la mera prospettazione di un diverso, e per il ricorrente piu’ adeguato, apprezzamento delle risultanze processuali (Sez. U, 30/4/1997, n. 6402, Dessimone, Rv. 207944).
7.10 II quattordicesimo motivo, che invoca la configurabilita’ della fattispecie di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 6, e’ manifestamente infondato per le ragioni esposte al paragrafo 4.5.4.
7.11 Sono inammissibilita’ per genericita’ “estrinseca” l’undicesimo, il dodicesimo e il tredicesimo motivo, con i quali si denuncia violazione di legge sostanziale e processuale e vizio di motivazione sui capi A8, A15 e A29, concernenti i reati di estorsione aggravata addebitati all’imputato in concorso con altri.
Il ricorrente reitera censure in fatto, su cui la Corte di appello ha gia’ risposto sulla base di argomenti immuni da vizi di logicita’, con cui, ancora una volta, il ricorrente evita di misurarsi.
7.11.1 Capo A8.
I dialoghi monitorati comprovano, per la chiarezza delle espressioni utilizzate nonostante siano mancate le deposizioni delle persone offese, la condotta minatoria nei confronti di (OMISSIS) e violenta nei confronti di tale ” (OMISSIS)” (pag. 315 sentenza impugnata).
L’ingiustizia del profitto perseguito da (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) viene tratto:
– dalla circostanza che (OMISSIS) era del tutto estraneo al debito contratto da ” (OMISSIS)”, quindi nei suoi confronti difettava qualunque pretesa suscettibile di tutela giudiziaria;
– dal fatto che (OMISSIS) rivendica come proprio il credito verso ” (OMISSIS)”, soggetto in favore del quale l’imputato non si e’ mai trovato a svolgere attivita’ lecita di alcun genere.
(OMISSIS) partecipo’ alla spedizione punitiva in danno di (OMISSIS), reo di aver consegnato in pagamento un assegno parzialmente scoperto, “con una metodologia tipica di azioni poste in essere da appartenenti a consorterie di tipo mafioso” (pag. 316)
La Corte di appello fonda la propria decisione non sull’ascolto diretto delle intercettazioni, come aveva fatto il Tribunale, ma sulle trascrizioni, come chiedeva (e chiede) l’imputato, raggiungendo tuttavia il medesimo risultato di prova del primo giudice in punto di certezza circa il pieno coinvolgimento del (OMISSIS) nel delitto di estorsione in esame (pag. 316-317).
7.11.2 Capo A15.
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) sono stati ritenuti responsabili, in concorso tra loro e con (OMISSIS) (condannato con sentenza irrevocabile) del reato di estorsione aggravata (anche dal metodo mafioso e dalla agevolazione mafiosa) perche’ dal mese di ottobre 2008 al mese di ottobre 2009, con violenza e minaccia, costrinsero (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) a cedere le quote della (OMISSIS) s.r.l., societa’ che gestiva il locale “(OMISSIS)”:
– nell’ottobre 2008 (OMISSIS), minacciandoli con una pistola, li costrinse a trasferire di fatto a se’ stesso la gestione del locale con conseguente introito degli incassi;
– nell’ottobre 2009 (OMISSIS), minacciando (OMISSIS) di percosse, gli intimo’ di consegnare l’immobile ove i genitori vivevano, in compensazione parziale di un debito usurario; nello stesso periodo minaccio’ (OMISSIS) di percosse, per ottenere la restituzione di un prestito usuraio;
– nell’ottobre 2009 (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), agendo per conto di (OMISSIS), costrinsero (OMISSIS) a cedere a (OMISSIS) il 50% delle quote di partecipazione, a titolo di corrispettivo del debito usurario, e a (OMISSIS) il credito di Euro 60.000,00 che vantava nei confronti di (OMISSIS); (OMISSIS) e (OMISSIS) minacciarono di morte (OMISSIS) per costringerlo a cedere a (OMISSIS) la somma di Euro 160.000,00 corrispondente al credito che vantava (OMISSIS), aumentato degli interessi usurari.
Sostiene il ricorrente che la persona offesa (OMISSIS) avrebbe riferito: di non aver mai visto “(OMISSIS)”; di non averne mai sentito parlare; di aver colto solo allusioni alla sua origine “calabrese”.
Ancora una volta non si tiene conto della analitica ricostruzione dell’intero evolversi della vicenda operata dei giudici di merito in forza delle concordi e solide risultanze delle intercettazioni e dei servizi di osservazione (pagg. 44-53 sentenza impugnata).
Il coinvolgimento del (OMISSIS), regista dell’operazione, viene ricavato dalla complessiva lettura del materiale probatorio e non solo dai cenni a nomignoli o soprannomi nel corso delle conversazioni (pagg. 317 – 318 sentenza impugnata).
Il carattere ingiusto del profitto e’ reso palese dal fatto che i crediti vantanti sono tutti di origine illecita (usura, cessione violenta di crediti pregressi maggiorati degli interessi).
7.11.3 Capo A29).
Le questioni poste sul capo in rassegna si espongono ai medesimi vizi di inammissibilita’ piu’ volta sopra ricordati.
L’affermazione di responsabilita’ del (OMISSIS) a titolo di concorso nell’estorsione ai danni di (OMISSIS) E (OMISSIS) riposa su una coerente e congrua ricostruzione del fatto, mutuata dalla sentenza di primo grado.
(OMISSIS), in concorso con (OMISSIS) e (OMISSIS), condannati con sentenza irrevocabile, costrinse (OMISSIS) e (OMISSIS), con minacce, a consegnare la somma di Euro 125.000,00.
La vicenda di cui al capo A29 si inseri’ nell’ambito dell’attivita’ di riscossione violenta dei crediti vantati dal sodalizio di (OMISSIS) e testimonio’ il clima intimidatorio esistente anche all’interno dello stesso nei confronti di soggetti cooptati al suo servizio nella parallela attivita’ di traffico di sostanze stupefacenti e si colloco’ nel contesto temporale dell’ascesa di (OMISSIS) a discapito di (OMISSIS) (pagg. 67-70).
Il motivo di ricorso proposto sul punto trova gia’ soddisfacente risposta nella sentenza impugnata che pone in rilievo come le persone offese avessero contratto un debito nei confronti del clan in relazione alla attivita’ di commercio di sostanza stupefacente e che, per tale motivo, le stesse vennero convocate al cospetto del capo (pagg. 317-318).
La natura illecita della pretesa sottostante esclude in radice la configurabilita’ del delitto di cui all’articolo 393 c.p..
7.12 Il quindicesimo e’ manifestamente infondato.
In relazione al capo A32 il ricorrente sostiene di avere contestato, con l’atto di appello, la configurabilita’ della circostanza aggravante di cui all’articolo 416 bis.1 c.p., e di non aver ottenuto risposta.
Egli, tuttavia non si avvede, che la Corte di appello ha spiegato le ragioni della ritenuta sussistenza dell’aggravante (pag. 319), e non dovrebbe spettare alla Corte di cassazione il compito di indicargli il punto in cui rinvenire la risposta.
7.13 II sedicesimo motivo e’ generico nella parte in cui il ricorrente si duole dell’eccessivo rigore del trattamento sanzionatorio (cfr. par. 5.2), mentre e’ manifestamente infondato nella parte afferente all’ingiustificato aumento apportato per la recidiva.
Nei confronti di (OMISSIS) e’ stata contestata, ritenuta e applicata la recidiva di cui alla seconda parte dell’articolo 99 c.p., comma 4, (reiterata, specifica e infraquinquennale), per la quale e’ previsto un aumento, predeterminato nel quantum, di due terzi della pena base.
Si tratta della “circostanza piu’ grave”, ex articolo 63 c.p., comma 4, tra quelle concorrenti ad effetto speciale relative al capo B (reato piu’ grave).
Ne consegue che, una volta stabilita la pena base in anni venti di reclusione, l’aumento per la recidiva non puo’ che essere quello, apportato, di anni tredici e mesi quattro di reclusione, pari alla misura dei due terzi rispetto alla pena base (pag. 336 sentenza impugnata).
7.14 E’ generico e manifestamente infondato il diciassettesimo motivo, concernente l’omesso riconoscimento della continuazione tra i reati oggetto di questo processo e quelli gia’ giudicati interessati dall’ordinanza ex articolo 671 c.p.p., resa dalla Corte di appello di Napoli in data 14 dicembre 2006.
Come sopra ripetutamente osservato, per ottenere una disamina sulla fondatezza o meno di una censura non basta riproporre a questa Corte i dati probatori ritenuti favorevoli alla propria tesi, ma occorre confrontarsi criticamente con la decisione della Corte di appello.
Onere rimasto, ancora una volta, insoddisfatto.
7.14.1 Il riconoscimento della continuazione necessita di una approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l’omogeneita’ delle violazioni e del bene protetto, la contiguita’ spazio-temporale, le singole causali, le modalita’ della condotta, la sistematicita’ e le abitudini programmate di vita, e del fatto che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati se i successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, Gargiulo, Rv. 270074).
In particolare quanto alla configurabilita’ del vincolo della continuazione tra reati di associazione per delinquere di stampo mafioso, la giurisprudenza e’ ferma nell’affermare che “non e’ sufficiente il riferimento alla tipologia del reato ed all’omogeneita’ delle condotte, ma occorre una specifica indagine sulla natura dei vari sodalizi, sulla loro concreta operativita’ e sulla loro continuita’ nel tempo, al fine di accertare l’unicita’ del momento deliberativo e la sua successiva attuazione attraverso la progressiva appartenenza del soggetto ad una pluralita’ di organizzazioni ovvero ad una medesima organizzazione” (Sez. 6, n. 51906 del 15/09/2017, Carpentieri, Rv. 271569).
7.14.2 La Corte di appello ha escluso che fossero configurabili indici affidabili idonei a riunire, in una medesima programmazione originaria, i pregressi reati associativi e quelli oggetto del presente processo, in ragione de: il diverso ambito territoriale, essendosi le pregresse associazioni sviluppate in (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS); il diverso programma delinquenziale, giacche’ nell’associazione in esame (OMISSIS) si dechco’, in via principale, al traffico di stupefacenti ove trovo’ sviluppo creando una rete tra la delinquenza locale dedita al medesimo commercio; la diversa compagine sociale, giacche’ l’associazione, proprio per le caratteristiche intrinseche collegate alla materia e al territorio, ebbe necessita’ di comporsi di soggetti come (OMISSIS), (OMISSIS), e (OMISSIS), che gia’ si muovevano nella capitale, area territoriale da cui provenivano (pag. 235).
Si tratta di motivazione logica e coerente, rispondente al principio dettato dalle Sezioni Unite Gargiulo.
8. (OMISSIS) (capi A, A5, A31, A42, B, B11).
Il ricorso e’ fondato limitatamente alla dedotta estinzione per prescrizione dei reati di cui al capo A31), mentre e’ infondato nel resto.
La memoria di sintesi del 12 febbraio 2020 e’ inammissibile perche’ tardiva rispetto al termine dilatorio di quindici giorni anteriori all’udienza, il che esime la Corte di cassazione dall’obbligo di esaminarla (Sez. 1, n. 19925 del 04/04/2014, Cutri’, Rv. 259618).
8.1 I primo motivo del ricorso dell’avv. Mercurelli e’ generico e manifestamente infondato.
Si eccepisce l’inutilizzabilita’ degli esiti dell’attivita’ di intercettazione in conseguenza della mancata redazione dei processi verbali delle operazioni di registrazione.
Sostiene il ricorrente che in atti vi sono solo i processi verbali “di ascolto” e quelli di inizio e fine delle operazioni di ascolto, ma non quelli “di registrazione” che avrebbero la funzione di documentare modalita’, tempi, autori della “registrazione” vale a dire un’attivita’ diversa dalle prime due, poiche’ registrazione e ascolto non sono operazioni contestuali.
8.1.1 Anzitutto il ricorso non adempie all’onere, previsto a pena di inammissibilita’, di indicare specificamente gli atti affetti dal vizio (Sez. U, n. 23868 del 23/04/2009, Fruci, Rv. 243416), posto che si fa riferimento indistintamente a tutte le intercettazioni riguardanti (OMISSIS) (cfr. sopra paragrafo 2.2.3).
8.1.2 In ogni caso la doglianza e’ destituita di fondamento.
Il ricorrente sovrappone due concetti: l’attivita’ e la documentazione dell’attivita’.
E’ vero che registrazione e ascolto sono due attivita’ diverse, ma cio’ non significa che dette attivita’ debbano essere documentate, sotto sanzione di inutilizzabilita’, in ogni singolo passaggio, con separati verbali.
Come riconosce lo stesso ricorrente, sono in atti i verbali riassuntivi e quelli di inizio e fine delle operazioni di intercettazione.
Tanto basta, sotto il profilo in discussone, ad integrare le condizioni di utilizzabilita’ ricavabili, a contrario, dal disposto dell’articolo 271 c.p.p., comma 1.
Al piu’ potrebbe venire in rilievo una incompletezza del contenuto dei “verbali delle operazioni di intercettazione” (che pacificamente risultano redatti) rispetto alle indicazioni dettate dall’articolo 89 c.p.p.. Tale eventuale lacuna tuttavia non incorre nella sanzione processuale della inutilizzabilita’, che non puo’ essere estesa a vizi ed inosservanze diverse da quelle espressamente richiamate dall’articolo 271 c.p.p., a cio’ ostando il principio di tassativita’ delle nullita’ o inutilizzabilita’; sicche’ l’inosservanza delle disposizioni previste dall’articolo 89 disp. att. codice di rito non comporta conseguenze in punto di utilizzabilita’ dei risultati dell’attivita’ captativa legittimamente disposta ed eseguita (Sez. 4, n. 49306 del 17/09/2004, Cao, Rv. 229922; Sez. 1, n. 8836 del 02/12/2009, dep. 2010, Bragaglio, Rv. 246377).
“Ne’ si puo’, con riguardo ad inosservanze di tal genere, fare riferimento alla violazione di altre norme processuali di carattere generale relative alla documentazione degli atti e dell’attivita’ di polizia giudiziaria, atteso: che, in materia di intercettazioni, valgono le norme per essa espressamente previste, che le inosservanze delle stesse, non sanzionate con l’inutilizzabilita’, possono assumere un qualche rilievo solo sotto profili diversi da quelli della utilizzazione e della valenza probatoria degli esiti dell’attivita’ captativa, tale rilevanza probatoria essendo stata dalla legge attribuita soltanto ai “documenti fonici” nonche’ al “verbale finale e riassuntivo” del complesso delle operazioni effettuate ed essendo le prescrizioni di cui all’articolo 89 disp. att. c.p.p., principalmente dirette a fini interni ed investigativi, ossia a rendere possibile la redazione del detto verbale riassuntivo ed a ragguagliare gli inquirenti circa lo stato delle indagini” (Sez. 1, n. 8836 del 02/12/2009, dep. 2010, Bragaglio in motivazione).
In sintesi il legislatore richiede, a pena d’inutilizzabilita’, soltanto l’esistenza delle registrazioni ovvero dei “documenti fonici” nonche’ un verbale “finale riassuntivo” delle operazioni svolte, mentre si profila irrilevante il rispetto, nell’attivita’ di verbalizzazione, degli specifici contenuti richiesti dall’articolo 89 disp. att. c.p.p., poiche’ quel che deve emergere in maniera chiara e’ soltanto la riferibilita’ al decreto autorizzativo, la localizzazione degli impianti, la data di inizio e di fine delle operazioni di intercettazione, cosi’ da consentire una verifica sulla liceita’ (esistenza di un provvedimento giurisdizionale) e legittimita’ (durata, utilizzo di impianti installati presso la Procura della Repubblica) delle operazioni di intercettazione.
Con l’ulteriore precisazione che e’, del pari, irrilevante la mancata indicazione dei nominativi degli Ufficiali di polizia giudiziaria che hanno preso parte alle operazioni, non costituendo neppure tale mancanza causa d’ inutilizzabilita’ delle stesse (tra le altre, Sez. 3, n. 20418 del 17/2/2015, Iannuzzi, Rv. 263625).
8.2 Per le ragioni svolte al paragrafo 4.1 e’ infondato il motivo sulla configurabilita’ del reato associativo di cui capo A) (secondo motivo del ricorso dell’avv. (OMISSIS), primo dell’avv.
8.3 In forza degli argomenti spesi al paragrafo 4.5 e’ manifestamente infondato il motivo (terzo dell’avv. (OMISSIS), quinto dell’avv. (OMISSIS)) sulla configurabilita’ del reato associativo di cui capo B.
8.4 Sono per un verso generici e per altro verso manifestamente infondati i motivi (quarto, nono, decimo avv. (OMISSIS); primo e quinto avv. (OMISSIS)) proposti in ordine alla ritenuta partecipazione del (OMISSIS) ai reati di cui ai capi A) e B).
8.4.1 Anzitutto e’ palesemente destituita di fondamento la pretesa che i giudici di merito dovessero indagare la prova specifica, in modo autonomo per ciascuna delle due contestazioni, tanto sotto il profilo oggettivo quanto sotto quello soggettivo (cfr. sopra par. 4.5.3.)
Del pari non e’ pertinente la richiesta di separare il momento in cui (OMISSIS) entro’ a far parte dei due distinti gruppi criminali, poiche’, secondo la ricostruzione dei giudici di merito, vengono in considerazione due organismi che sono l’uno emanazione dell’altro, di talche’, per coloro riconosciuti componenti di entrambi i sodalizi, l’ingresso e’ stato ritenuto contestuale.
8.4.2 In secondo luogo va osservato che la responsabilita’ dell’imputato in ordine ai due delitti associativi (capi A e B) trova fondamento su una solidissima piattaforma probatoria, costituita da una complessa attivita’ di intercettazione, telefonica e ambientale, da una imponente e capillare attivita’ investigativa, caratterizzata dal monitoraggio degli spostamenti, dai servizi di osservazione e controllo che hanno consentito di seguire i movimenti e gli incontri, tra gli altri, dei protagonisti del presente processo e dunque anche di (OMISSIS), ascoltando il racconto dei fatti dalla viva voce dell’imputato o dai suoi sodali. In proposito vale il principio, gia’ ricordato nella parte generale (par. 3.1.5), per cui le dichiarazioni auto ed etero accusatorie registrate nel corso di attivita’ di intercettazione regolarmente autorizzata hanno piena valenza probatoria e, pur dovendo essere attentamente interpretate e valutate, non necessitano degli elementi di corroborazione previsti dall’articolo 192 c.p.p., comma 3, (Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263714).
La sentenza di primo grado analizza in maniera puntuale le numerose fonti di prova, dando conto di ogni circostanza e di ogni accadimento; a propria volta la Corte di appello, ponendosi nella medesima prospettiva del Tribunale e facendo proprio quello scrutinio, espone gli accadimenti ritenuti piu’ significativi e fornisce puntuale risposta a ogni specifico motivo di gravame.
A fronte di tanto il ricorrente attacca singoli elementi, atomisticamente selezionati, senza confrontarsi con la complessiva tenuta argomentativa della “doppia conforme” di condanna, che non viene scalfita.
8.4.3 In ordine al capo A), le fonti di prova a carico dell’imputato vengono ripercorse dalla sentenza impugnata nella parte dedicata al “fatto” (pagine 27 e ss.).
La figura di (OMISSIS) emerge dal quadro complessivo della vicenda che ha consentito ai giudici di merito di assegnare all’imputato un ruolo di primario rilievo nella compagine associativa, seguendo la genesi del rapporto, la relativa evoluzione fino alla conquista di un rilevante potere decisionale: gli affari con il narcotrafficante (OMISSIS); la gestione dei proventi illeciti, condivisi con (OMISSIS) dopo l’omicidio (OMISSIS) avvenuto nel 2005; l’affidamento della rilevante somma di denaro a (OMISSIS) (con il quale (OMISSIS) gia’ si trovava in affari); la sottrazione del denaro ad opera di tale ” (OMISSIS)”; i contrasti con (OMISSIS); la conoscenza di (OMISSIS) avvenuta nel Natale del 2008; l’instaurazione del rapporto con il clan (OMISSIS) per il recupero del denaro da ” (OMISSIS)”; l’inserimento nel clan fin dai primi mesi dell’anno 2009 e l’apporto di conoscenze nel settore del traffico di stupefacenti e del riciclaggio; l’ascesa nella scala gerarchica del gruppo sino a divenire il braccio destro del capo, spodestando (OMISSIS).
Gli esercizi commerciali gestiti da (OMISSIS) (il bar “(OMISSIS)”, il negozio “(OMISSIS)”, il ristorante “(OMISSIS)”) hanno accolto sovente gli incontri operativi o decisionali del clan.
Sin dai primi mesi del 2009 (OMISSIS) partecipa a tutte le riunioni, monitorate dagli inquirenti, relative alle vicende di rilievo per l’attivita’ del sodalizio. Si deve a lui, ad esempio, la definizione delle posizioni creditorie vantate dal clan (OMISSIS) nei confronti dei ” (OMISSIS)”.
Il ricorso fa leva su specifici profili estrapolati dal contesto ( (OMISSIS) non sarebbe un “trafficante di livello” in rapporti con (OMISSIS), il rapporto con (OMISSIS) e’ irrilevante perche’ pregresso, (OMISSIS) sarebbe estraneo a tutti i delitti scopo dell’associazione mafiosa, non sarebbe chiarita la distinzione delle “casse” tra i due sodalizi, l’attivita’ di intercettazione ambientale sarebbe stata infruttuosa). Ma, cosi’ facendo, dimentica la “visione di insieme”, e soprattutto richiama argomenti “in fatto” o gia’ confutati dalla Corte di appello oppure inidonei a intaccare la logicita’ del ragionamento offerto dai giudici di merito.
La Corte di appello, nel rispondere agli omologhi motivi di gravame sul punto, ha gia’ ampiamente superato i rilievi difensivi, rilevando che (pag. 239 e ss.):
– la testimonianza dell’Ufficiale di polizia giudiziaria (OMISSIS), unitamente ai riscontri costituiti dalle intercettazioni, hanno dimostrato, attraverso la viva voce dei protagonisti, che ” (OMISSIS) condivise con (OMISSIS), soggetto coinvolto nel traffico di sostanze stupefacenti, la gestione di denaro e di altri beni provento dell’attivita’ illecita di (OMISSIS), noto esponente della criminalita’ capitolina, assassinato nel 2005, indagato per la importazione in tre occasioni di 500kg, 200kg e 250 kg di cocaina trasportati con velieri dal Venezuela; che (OMISSIS) affido’ a (OMISSIS) la custodia del denaro incaricandolo di reinvestirli nel mercato degli orologi di pregio, ma il denaro gli fu sottratto; che, dopo la sottrazione, fu monitorato un incontro che vide contrapposti (OMISSIS) e (OMISSIS) da un lato e (OMISSIS) e (OMISSIS) dall’altro”;
– (OMISSIS) si rivolse a (OMISSIS) “per recuperare il denaro sottratto a (OMISSIS) da tale (OMISSIS), poi entro’ in affari con (OMISSIS) e la sua associazione, apporto’ conoscenze di settore nel commercio dello stupefacente e ingenti disponibilita’ economiche anche necessarie per far funzionare il giro di assegni postdatati”;
– (OMISSIS) fece il proprio ingresso nella organizzazione criminale di (OMISSIS) e si giovo’ della forza intimidatoria del gruppo per dissuadere (OMISSIS) dalla ritorsione che, tornato in Italia, gli aveva preannunciato con le parole: “tempo scaduto “;
– all’interno dell’associazione, (OMISSIS) si occupo’ degli aspetti economici, sia autorizzando l’emissione di titoli sia mediante la gestione diretta dei conti correnti riferibili al clan (OMISSIS): “dall’esame della documentazione contabile si evince che da marzo a luglio 2010 (OMISSIS) esegui’ in favore del c/c (OMISSIS), intestato a (OMISSIS), bonifici per complessivi Euro 103.510,00, versamenti in assegni per complessivi Euro 20.800 e in contanti per Euro 76.000, sia dal controllo degli estratti conto che egli richiese e che gli pervenivano dall’istituto bancario, ancorche’ formalmente non dovuti”.
– (OMISSIS) tenne, come portavoce di (OMISSIS), il rapporto diretto con (OMISSIS) in relazione del commercio di orologi di pregio, ambito di interesse del clan;
– ascese nella considerazione di (OMISSIS) fino a divenirne “il braccio destro”, spodestando (OMISSIS), destinato alle slot machine per disposizione di (OMISSIS) su suggerimento di (OMISSIS) stesso;
– (OMISSIS) fu consigliere di tutte le iniziative di (OMISSIS), “cio’ risultando incontestabilmente confermato dalla rappresentazione dei rapporti con (OMISSIS) che (OMISSIS) fece alla compagna che gli rimproverava i suoi ritardi serali nel rientrare a casa, a cui riferi’ della necessita’ di recarsi da (OMISSIS) con cadenza quotidiana per fare il punto della giornata”.
Dalle varie emergenze, sopra sinteticamente ricordare, la Corte di appello trae il fondato convincimento che: “il ruolo di (OMISSIS) fu quello di consigliere di (OMISSIS), di cassiere dell’associazione, di supporto logistico-operativo delle iniziative dell’associazione” (pag. 242).
La medesima Corte, nel ribattere a un argomento qui riproposto dal ricorrente, evidenzia inoltre che “proprio il suddetto ruolo esclude, con plausibilita’ logica, la partecipazione a singole estorsioni, demandate, sostanzialmente, a chi rivestiva il ruolo di esattore”.
Si tratta di motivazione logica e coerente, che si sottrae a censure di legittimita’.
Pertanto l’affermazione di responsabilita’ del (OMISSIS) non si nasconde dietro “vuote formule di stile” (come denunciato in ricorso), ma si fonda su un’ampia e scrupolosa disamina del materiale probatorio che fa leva su vicende raccontate dalla viva voce dell’imputato e degli altri protagonisti.
8.4.4 Si rivelano del pari generiche, al confronto con gli argomenti spesi nella sentenza impugnata, le argomentazioni difensive sviluppate dal ricorrente che attaccano la concludenza, ai fini di denotarne il ruolo di organizzatore, delle risultanze probatorie delle quali propongono una lettura frazionata e avulsa dal contesto.
In base alla ricostruzione dei giudici di merito, all’interno del sodalizio mafioso, l’organizzazione della associazione di narcotraffico, dopo essere stata svolta da (OMISSIS) nella cd. “prima fase”, e’ affidata a (OMISSIS) e (OMISSIS) (“seconda fase”), con un progressivo passaggio di potere dal primo al secondo (testimoniata dalla vicenda contestata al capo B11), che salira’ nella fiducia del capo, fino a diventarne l’incontestato braccio destro (“terza fase”), per poi assumere in via esclusiva la direzione operativa del gruppo nel periodo di detenzione di (OMISSIS), assumendo scelte strategiche di ampliamento delle piazze di spaccio e dei canali di rifornimento.
(OMISSIS) – che, diversamente da quanto asserito in ricorso, risulta operativo nel sodalizio sin dai primi mesi del 2009 – e’ il collettore di tutte le risorse dell’associazione, mentre (OMISSIS) e (OMISSIS) tengono la contabilita’ minuta inerente alla singola piazza di spaccio e ai subalterni pusher.
Dal marzo 2009 l’attivita’ investigativa ha rivelato la genesi dei rapporti con (OMISSIS), che, a seguito di vari incontri (svoltisi il 18 maggio 2009, 28 luglio 2009 e 24 settembre 2009), verra’ assoldato da (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) nei ranghi della associazione di narcotraffico, dopo aver ricevuto dal clan (OMISSIS) il sostegno economico per far fronte ai pregressi debiti contratti verso organizzazioni criminali calabresi e campane per la fornitura di sostanza stupefacente.
Nella cd. terza fase la figura di (OMISSIS) diviene preponderante; l’imputato si pone quale “unico organizzatore e collettore delle risorse acquisite attraverso le attivita’ illecite, passando per le sue mani molti degli assegni dei sub-acquirenti” (pag. 85 sentenza impugnata).
A riprova dei compiti svolti da (OMISSIS) i giudici di merito citano l’episodio di cui al capo B11) come emblematico del ruolo dei soggetti coinvolti: (OMISSIS), presente in tutte le fasi dell’approvvigionamento della droga; (OMISSIS) e (OMISSIS), deputati alla raccolta del denaro occorrente all’acquisto, alla ricerca dei successivi acquirenti e alla ricezione, custodia e smercio della droga; (OMISSIS) quale “supervisore” della compravendita (l’accordo con il fornitore (OMISSIS) avviene in sua presenza presso il bar (OMISSIS) da lui gestito) e deputato alla risoluzione delle problematiche, tenuto conto che e’ lui a prendere in mano la situazione dopo il sequestro dei 27 chili di marijuana, fissando un incontro immediato con (OMISSIS), ritenuto responsabile della perdita della consegna.
Si registra, come gia’ avvenuto e accettato, un “sorpasso” nella posizione gerarchica di (OMISSIS) (condannato con sentenza definitiva per il ruolo di organizzatore della associazione di narcotraffico in esame) da parte di (OMISSIS): (OMISSIS) si occupa delle fasi esecutive a diretto contatto con (OMISSIS) e (OMISSIS), mentre solo con la partecipazione del (OMISSIS) l’affare si conclude e vengono dettate le modalita’ operative; mentre e’ sempre (OMISSIS) che convoca e incontra personalmente il (OMISSIS) per contestargli l’intervenuto sequestro (mentre (OMISSIS) rimane a bordo della vettura).
D’altra parte gia’ a gennaio 2010 (OMISSIS) e (OMISSIS), durante un colloquio captato in ambientale, si confrontano sulla necessita’ di convocare (OMISSIS), chiamato “(OMISSIS)”, al cospetto di (OMISSIS), per chiarire la sua posizione debitoria, cosi’ dimostrando il ruolo di fatto sovraordinato assegnato a (OMISSIS) rispetto a (OMISSIS) (pag. 260 sentenza impugnata).
Le conversazioni collocate nell’estate del 2010, successive all’arresto di (OMISSIS), mostrano che (OMISSIS) prende in mano le sorti dell’associazione, si preoccupa dei problemi economici, prospetta l’eventualita’ di acquistare la sostanza stupefacente all’estero, manifestando l’intento di “muoversi” soltanto nella prospettiva di un significativo guadagno.
Rileva la Corte di appello che: “Conferma il ruolo di (OMISSIS), il riconoscimento che (OMISSIS) tributo’ a (OMISSIS), al quale (OMISSIS) durante il periodo di detenzione aveva consegnato la cassa “(OMISSIS) ha preso i soldi del guadagno nostri, giustamente che sia, e te li ha girati momentaneamente a te” (pag. 259)
Del resto, gia’ nel periodo precedente, (OMISSIS) si era guadagnato – grazie alle sue capacita’ di gestione del denaro, alle disponibilita’ economiche proprie, ai legami consolidati con il traffico delle sostanze stupefacenti – la fiducia assoluta del (OMISSIS), il quale con lui condivideva le scelte strategiche dell’associazione, tanto da suscitare l’invidia di (OMISSIS). I giudici di merito ritengono illuminante la conversazione intrattenuta tra (OMISSIS) e (OMISSIS), nella quale i due fanno riferimento alle attivita’ di (OMISSIS) (pizzeria, bar e “fumo”) e alla grande considerazione nella quale (OMISSIS) era tenuto dal (OMISSIS).
Orbene, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimita’ “per ritenere sussistente il ruolo di organizzatore non e’ sufficiente che il soggetto si occupi e gestisca il traffico della droga, prendendo contatti con i venditori e con gli acquirenti, altrimenti tutti coloro dediti allo spaccio in forma organizzata dovrebbero essere considerati “organizzatori”. Cio’ che caratterizza questo ruolo e che giustifica il ben piu’ grave trattamento sanzionatorio rispetto al mero partecipe, e’ l’assunzione di un compito di coordinamento dell’attivita’ degli associati, tale da assicurare la piena funzionalita’ dell’organismo criminale, attraverso una continua assistenza per l’intera durata dell’associazione. Sebbene non sia richiesto che il ruolo organizzativo risalga ad un momento cronologico che coincida con la formazione della stessa associazione e debba ammettersi la possibilita’ di una interscambiabilita’ tra gli associati, tuttavia l’organizzatore deve essere un soggetto molto vicino al vertice operativo dell’associazione, quindi a chi la dirige” (per tutte Sez. 6, n. 38240 del 07/12/2017, dep. 2018, Anioke, Rv. 273737).
La sentenza impugnata risponde perfettamente al canone interpretativo sopra enunciato, offrendo una solida motivazione, corroborata con molteplici richiami alle prove raccolte, del ruolo di organizzatore svolto da (OMISSIS), soggetto che sovraintendeva al traffico di stupefacenti nell’interesse del clan (OMISSIS), “vicinissimo” al capo (OMISSIS) che con lui condivideva le scelte gestionali, nonche’ diretto sostituto di questi nel momento della “carcerazione”.
La stessa sentenza spiega che il diretto coinvolgimento in uno solo dei delitti-scopo non vale a sminuire la veste dell’imputato, poiche’ (OMISSIS), come (OMISSIS), in ragione del ruolo apicale si occupava della gestione generale dell’associazione, demandando, di regola, i singoli affari ai subordinati. Si chiarisce inoltre che: “l’assoluzione in relazione al capo B 13 lascia impregiudicata la circostanza che, come e’ proprio del ruolo, avesse sollecitato (OMISSIS) ad un incontro per un nuovo affare e, nonostante l’estraneita’ alla vicenda di (OMISSIS), le modalita’ delle conversazioni con (OMISSIS), la cessione della (OMISSIS), il riferimento a oggetti portati dalla Sardegna, consentono di affermare con plausibilita’ logica che i programmati affari vertessero in tema di stupefacenti” (pagg. 259 e 260).
Anche in questo caso si infrangono sulla barriera della inammissibilita’, perche’ reiterative o generiche, le doglianze del ricorrente concernenti l’assenza di prova sul ruolo assunto, la mancata partecipazione ai delitti-scopo tranne l’episodio contestato al capo B11, il difetto di prova del reimpiego dei proventi del narcotraffico attraverso il conto corrente n. (OMISSIS).
8.5 I motivi sui capi A5, A31 e A42 (quinto, sesto e settimo motivo avv. (OMISSIS), secondo e terzo avv. (OMISSIS)) sono fondati solo in punto di invocata estinzione per prescrizione dei reati di detenzione e porto di arma comune da sparo (capo A31), mentre sono inammissibili nel resto.
8.5.1 I reati di cui alla L. n. 497 del 1974, articoli 10, 12 e 14, risultano commessi il 5 settembre 2009 (capo A31).
Va premesso che e’ ammissibile il ricorso per cassazione con il quale si deduce l’intervenuta estinzione del reato per prescrizione maturata prima della sentenza impugnata ed erroneamente non dichiarata dal giudice di merito, integrando tale doglianza un motivo consentito ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b). (Sez. U, n. 12602 del 17/12/2015, dep. 2016, Rv. 266819).
La Corte di appello rileva che: “Il reato non e’ estinto, dovendosi tenere conto della sussistenza della recidiva contestata” (pag. 284).
Colgono nel segno i difensori allorche’ evidenziano che la medesima Corte di appello ha escluso il riconoscimento della recidiva nei confronti di (OMISSIS) (pag. 330).
Va pertanto rilevato il decorso del termine massimo di prescrizione, sulla scorta dei seguenti calcoli:
– pena massima per il reato di detenzione di arma comune da sparo: anni cinque e mesi quattro; prescrizione massima: anni sette e mesi sei;
– pena massima per il reato di porto di arma comune da sparo: anni sei e mesi otto; prescrizione massima + un quarto (anni uno e mesi otto): anni otto e mesi quattro.
Il “tempo necessario a prescrivere” e’ maturato per la detenzione il 5 marzo 2017 e per il porto il 5 gennaio 2018, prima della pronuncia della sentenza di secondo grado, deliberata il 3 ottobre 2018.
Non risultano sospensioni dei termini di prescrizione diverse da quelli collegati alla sospensione dei termini delle misure custodiali conseguenti a:
– la fissazione del termine di novanta giorni per il deposito della sentenza di primo grado ex articolo 544 c.p.p., comma 3; (articoli 159 e 304 c.p.p.);
– la proroga dello stesso termine.
Secondo l’opinione che va consolidandosi negli arresti piu’ recenti della giurisprudenza di legittimita’ il corso della prescrizione del reato e’ sospeso durante la pendenza del termine indicato dal giudice di merito per il deposito della sentenza, in quanto tale vicenda integra una causa di sospensione obbligatoria dei termini di custodia cautelare (da ultimo Sez. 2, n. 677 del 10/10/2014, dep. 2015, Di Vincenzo, Rv. 261557; Sez. 6, n. 31875 del 12/04/201, Armenise, Rv. 267982).
Si afferma inoltre che il provvedimento di sospensione dei termini di custodia cautelare, adottato nella fase del giudizio per il tempo necessario alla redazione della motivazione della sentenza, ricomprende anche il periodo di proroga del termine per il deposito della motivazione concesso ai sensi dell’articolo 154 disp. att. c.p.p., comma 4 bis, ancorche’ quest’ultimo provvedimento non sia stato comunicato alle parti ed a condizione che l’ordinanza di cui all’articolo 304 c.p.p., comma 1, lettera c, sia stata adottata prima della scadenza del termine di durata della misura cautelare (Sez. 6, n. 29150 del 09/05/2017, Briganti, Rv. 270696; Conf. Sez. 2, n. 50143 del 17/10/2017, Morabito, Rv. 271527).
Tuttavia, anche considerate tali sospensioni pari a complessivi 180 giorni, i reati risultano comunque prescritti:
– quello di detenzione di arma comune da sparo in data 1 settembre 2017;
– quello di porto di arma comune da sparo il 4 luglio 2018.
Alla luce della cd. “doppia conforme” di condanna, non emergono elementi che debbano comportare, ex articolo 129 c.p.p., comma 2, il proscioglimento nel merito dell’imputato per il reato in esame (Sez. U., n. 35490 del 28/05/2009, Tettamanti, Rv. 244274).
La sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio in relazione al capo A31) per essere i reati estinti per prescrizione, con eliminazione della relativa quota di pena pari a mesi sei di reclusione.
8.5.2 Le doglianze prospettate in ordine ai capi A5 e A42 si espongono a censure di inammissibilita’ sotto vari profili.
Il reato di cui al capo A5 concerne la fattispecie di “intestazione fittizia” (L. n. 356 del 1992, articolo 12 quinquies, ora confluito nell’articolo 512 bis c.p., “trasferimento fraudolento di valori”), quindi il richiamo all’istituto dell’autoriciclaggio e’ inconferente; la deduzione non aveva formato motivo di gravame sul capo in rassegna, perche’ era stata proposta, senza frutto, in relazione al capo A42 (cfr. sentenza impugnata alla pagina 151 quanto alla sintesi dei motivi di appello e pagg. 284 e 285 per la risposta).
L’assunto per cui non sarebbe stata spesa alcuna parola in merito alla provenienza illecita del denaro versato sul conto corrente intestato a (OMISSIS) e’ apodittico e aspecifico rispetto all’accorta analisi fattuale e alla congrua valutazione probatoria compiuta dal giudice di merito (pagg. 34-36; pagg. 283), ma soprattutto non tiene conto del principio, gia’ ricordato dalla Corte di appello, in forza del quale: “Il reato di intestazione fittizia, previsto dalla L. n. 356 del 1992, articolo 12 quinquies, si distingue dal delitto di riciclaggio di cui all’articolo 648 bis c.p., perche’, mentre in quest’ultima fattispecie e’ necessario che i beni su cui vengano poste in essere le condotte incriminate siano provenienza di delitto, nella prima si persegue solo l’obiettivo di evitare manovre dei soggetti potenzialmente assoggettabili a misure di prevenzione, volte a non far figurare la loro disponibilita’ di beni o altre utilita’, a prescindere dalla provenienza di questi da delitto, che, se provata, puo’ integrare altri reati” (Sez. 2, n. 29455 del 13/11/2018, dep. 2019, Di Bella, Rv. 276669; Sez. 5, n. 39837 del 02/07/2013, Cavaliere, Rv. 257364).
Quanto al reato di intestazione fittizia contestato al capo A42, concernente il conto corrente n. (OMISSIS), acceso presso l’agenzia n. (OMISSIS), e’ sufficiente osservare che i rilievi svolti dal ricorrente impingono tutti nel “fatto”.
Il conto corrente e’ stato aperto il 20 gennaio 2010.
A differenza di quanto sostenuto dal ricorrente, l’adesione del (OMISSIS) alle due associazioni criminali non si colloca affatto nei mesi successivi (marzo – aprile 2010), poiche’ risale ai primi mesi dell’anno 2009 (cfr. sopra paragrafo 8.4).
Le prospettate esigenze personali si fondano su una lettura dei risultati delle intercettazioni soggettiva e parziale, smentita dai giudici di merito (cfr. pagg. 284285).
Il ricorrente si affida a considerazioni di merito, evitando di misurarsi con la motivazione offerta dalla Corte di appello circa la destinazione del conto, sul quale di fatto operava anche (OMISSIS), agli interessi della associazione mafiosa (pag. 285).
Le risultanze acquisite dalla prova storica e dalla prova logica rendono manifestamente superflua l’analisi peritale sull’andamento del conto, essendo irrilevante peraltro, ai fini della sussistenza del reato, la circostanza della provenienza delittuosa della provvista per le ragioni gia’ esposte al paragrafo A5.
8.6 E’ inammissibile il motivo (ottavo avv. (OMISSIS), quarto avv. (OMISSIS)) con il quale si denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al reato di cui al capo B11).
Gli argomenti posti a base della doglianza rivelano una genericita’ manifesta.
La scansione temporale degli eventi – ricostruita dai giudici di merito correlando intercettazioni, attivita’ di pedinamento e controllo, arresto in flagranza – conduce, in maniera piana, alla affermazione di responsabilita’ dell’imputato: e’ lui che si incontra presso il proprio bar con (OMISSIS) per la fornitura dello stupefacente; dopo l’incontro vengono date le istruzioni a (OMISSIS) e (OMISSIS) per la consegna dello stupefacente; l’ascolto delle conversazioni e i movimenti degli imputati consentono di procedere all’arresto (OMISSIS) trovata in possesso di 27 chili di marijuana; e’ (OMISSIS) che convoca (OMISSIS) per un confronto su quanto accaduto (pag. 285-286).
Il ricorrente propone invece una non consentita lettura “di parte”, selezionando e sminuendo gli elementi di prova valorizzati dai giudici di merito.
E’ poi manifestamente infondata la richiesta di applicazione della sentenza della Corte costituzionale n. 40 del 2019, perche’ il fatto ricade nella previsione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 4, estranea all’ambito demolitivo della citata pronuncia (cfr. sopra parte generale paragrafo 5.1.2).
8.7 I) motivo sulla configurabilita’ della circostanza aggravante di cui all’articolo 416 bis c.p., comma 6, (l’undicesimo del ricorso dell’avv. (OMISSIS)) e’ manifestamente infondato per le ragioni esposte nella parte generale (paragrafo 4.3).
8.8 Medesimo esito segue la censura (proposta con il dodicesimo motivo dell’avv. (OMISSIS) e con il quarto dell’avv. (OMISSIS)) che investe l’affermata sussistenza della circostanza aggravante di cui al Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7, in relazione ai capi A42 e 511.
Il ricorrente sostiene in modo apodittico di non aver avuto consapevolezza di favorire l’associazione mafiosa.
La doglianza si risolve in un mero assunto privo di argomentazione, dimenticando che (OMISSIS) e’ intraneo al sodalizio mafioso; che i reati di cui ai capi A42 e B11 rientrano nel programma criminoso del clan (OMISSIS) e della associazione di narcotraffico; che tale programma (OMISSIS) non solo conosce, ma persegue in attuazione della comune strategia da lui elaborata con il capo clan.
La Corte di appello, nel rispondere all’omologo motivo di gravame, ha gia’ illustrato le ragioni del decidere, del tutto ignorate dal ricorrente:
– per capo A42 si veda quanto trascritto sopra al paragrafo 8.5.2 (pag. 285 sentenza impugnata);
– per capo B11 (pag. 286).
8.9 Sono inammissibili il tredicesimo, il quattordicesimo, il quindicesimo e il sedicesimo motivo del ricorso dell’avv. (OMISSIS) e il sesto dell’avv. (OMISSIS) con i quali ci si duole: della mancata rinnovazione del dibattimento mediante espletamento di perizia sui conti correnti in rilievo; della immotivata determinazione in anni tre di reclusione dell’aumento di pena per il reato di cui al capo A); del diniego di un giudizio di prevalenza, invece che di mera equivalenza, delle circostanze attenuanti generiche; della affermata pericolosita’ sociale dell’imputato che non potrebbe essere desunta dalla presunzione assoluta della “qualita’ apicale del ruolo da lui svolto”.
Le questioni vengono solo enunciate, senza reale critica alla motivazione riconducibile ad uno dei motivi consentiti dall’articolo 606 cod. proc..
In ogni caso sono sufficienti poche notazioni.
La Corte di appello ha ritenuto superflua l’istituzione di una indagine peritale di natura contabile sul rilievo che: “ben altri sono gli elementi di prova significativi del ruolo di organizzatore descritto ai capi A e B, giacche’ e’ risultato ampiamente provato che (OMISSIS) divenne il braccio destro di (OMISSIS), con il quale condivise le linee strategiche, cosicche’ il dedotto atto istruttorio nulla potrebbe aggiungere ai solidi elementi di prova gia’ emersi” (pag. 287). La motivazione, immune da vizi logici, non viene attaccata dal ricorrente.
E’ inammissibile, non solo perche’ generica, ma anche perche’ nuova la doglianza concernente l’entita’ dell’aumento di pena ex articolo 81 c.p., comma 2, apportato per il reato di cui all’articolo 416 bis c.p..
E’ inammissibile, per le generiche modalita’ di formulazione, la censura sul diniego del giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti generiche (cfr. sopra paragrafo 5.2).
Reiterativa e assertiva e’ la questione sulla pericolosita’ sociale espressa dal (OMISSIS): del tutto coerente si dimostra la valutazione della Corte di appello che la desume dal fatto che l’imputato ha ricoperto un ruolo apicale in una associazione dedita al narcotraffico (pag. 333).
9. (OMISSIS) (capi B, B3, B7, B9, B21).
Il ricorso e’ fondato limitatamente alla denuncia dell’erroneo computo della pena, mentre e’ infondato nel resto.
9.1 E’ inammissibile il primo motivo con il quale si denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla affermata partecipazione del ricorrente alla associazione finalizzata al narcotraffico di cui al capo B).
La censura e’ sganciata da qualunque rilievo critico rispetto alla ricostruzione della vicenda operata dai giudici di merito sulla scorta di una certosina disamina delle prove raccolte (intercettazioni e servizi di osservazione e controllo) che hanno permesso di registrare la genesi del rapporto di conoscenza tra (OMISSIS) e gli esponenti del clan (OMISSIS), il consolidarsi del rapporto con l’acquisto dello stupefacente di cui al capo B3), l’inserimento stabile del (OMISSIS) nei gangli della associazione di narcotraffico con il compito di provvedere all’approvvigionamento, custodia e stoccaggio di sostanza stupefacente.
Elementi che trovano la loro sintesi nei passaggi argomentativi specificamente dedicati dal giudice di secondo grado alla posizione di (OMISSIS) (pagg. 261 e 262 della sentenza impugnata):
– l’associazione di (OMISSIS) offri’ a (OMISSIS), su richiesta di quest’ultimo, la protezione e il sostegno economico occorrenti a far fronte alle richieste di altre organizzazioni criminali, che vantavano, nei confronti di (OMISSIS), crediti derivanti da pregresse forniture di hashish;
– come attestato dalle verifiche bancarie, il clan si fece carico di saldare il debito di (OMISSIS), tramite il pagamento di somme dal conto fittiziamente intestato a (OMISSIS), di fatto nella disponibilita’ del clan (A34);
– subito dopo l’acquisto di sostanza stupefacente dalla associazione di (OMISSIS) da parte di (OMISSIS) (23 – 25 luglio 2009, capo B3), e’ documentato un incontro che si svolge il 28 luglio 2009 tra (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS); come consentono di desumere i dialoghi successivi, tale episodio segna l’ingresso nella associazione di narcotraffico di (OMISSIS).
Sulla base di una motivazione corretta sotto il profilo logico-giuridico, i giudici di merito hanno fotografato il momento e le modalita’ in cui la volonta’ dei contraenti ha superato la soglia dello “scambio di favori”, consolidando e connotando il pregresso legame in termini di vincolo stabile – riconducibile all’affectio societatis (cfr. Sez. 6 n. 51500 del 11/10/2018, Bevilacqua, Rv. 275719; Sez. 5, n. 32081 del 24/06/2014, Cera, Rv. 261747).
Rispetto a tutto questo il ricorso tace, per fare leva, invece, su dati o considerazioni non rilevanti.
Non si comprende perche’ debba far cadere l’imputazione il riferire il capo B3 alla fase prodromica della costituzione del rapporto associativo; ne’ si vede come gli episodi di spaccio contestati ai capi B7, BY, B21, pacificamente rientranti tra i delitti-scopo del sodalizio, possano essere consideri poco probanti.
Ma soprattutto un tale modo di argomentare non coglie il nucleo centrale della affermazione di responsabilita’ che non si basa dalla analisi dei delitti-scopo, ma si fonda sulla prova della adesione al sodalizio ricavata dai fatti come sopra ricostruiti.
E’ poi manifestamente infondato l’assunto del ricorrente secondo cui l’assoluzione dal reato di cui al capo A) dovrebbe comportare l’assoluzione anche dal reato di cui al capo B).
Come gia’ spiegato nella parte generale, e’ ben possibile la coesistenza di due distinte organizzazioni criminali, con una parziale coincidenza soggettiva ed oggettiva, che integrino gli estremi di entrambi i delitti associativi in questione (cfr. sopra paragrafo 4.5.2).
Di talche’ e’ possibile che di un soggetto venga accertata la partecipazione alla associazione di narcotraffico, senza esserne riconosciuta l’intraneita’ al clan mafioso.
9.2 E’ inammissibile il secondo motivo con il quale si eccepisce la nullita’ per indeterminatezza del capo B7 dell’imputazione.
L’eccezione non era stata sollevata con i motivi di gravame, con i quali ci si limitava a richiedere di riqualificare il fatto ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5.
Essa, in ogni caso, e’ manifestamente infondata, poiche’ non sussiste alcuna incertezza sull’imputazione, quando questa contenga con adeguata specificita’ i tratti essenziali del fatto contestato in modo da consentire un completo contraddittorio ed il pieno esercizio del diritto di difesa; la contestazione, inoltre, non va riferita soltanto al capo di imputazione in senso stretto, ma anche a tutti quegli atti che, inseriti nel fascicolo processuale, pongono l’imputato in condizione di conoscere in modo ampio l’addebito (tra le altre Sez. 2, n. 2741 del 11/12/2015, dep. 2016, Ferrante, Rv. 265825).
Nel caso di specie l’imputazione descrive in maniera puntuale il fatto in contestazione, riportando soggetti coinvolti, condotte e collocazione temporale; le relative fonti di prova (costituite principalmente da intercettazioni) consentono agevolmente all’imputato di comprendere l’oggetto dell’addebito e di difendersi.
Il quantitativo di sostanza stupefacente non e’ stato indicato perche’ non accertato in difetto di sequestro, ma cio’ non inficia certo la validita’ del capo di imputazione.
Per ragioni di completezza e’ utile osservare che la richiesta, formulata in sede di gravame, di riconduzione del fatto alla fattispecie di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5, si fondava su una prospettazione dell’ipotetico quantitativo commerciato (da riferire a “milligrammi”) confutata dalla Corte di appello che ha tenuto conto de: il volume di affari, la coeva vicenda di cui al capo B9, i conteggi tra (OMISSIS) e (OMISSIS) (pag. 271).
9.3 Il terzo e il quarto motivo (erroneamente indicato con il numero 3) sono inammissibili per genericita’.
A differenza di quanto sostenuto dal ricorrente, la sentenza impugnata offre ampie e logiche risposte a tutti i quesiti sottoposti al suo esame, in questa sede reiterati in modo assertivo senza alcun confronto critico.
9.3.1 La sussistenza dell’aggravante soggettiva di cui all’articolo 416 bis.1 c.p., viene ricavata, per tutti i capi B3), 57)” B9) e B21), dal fatto che i reati in contestazione riguardano lo spaccio di stupefacenti che, come ben noto a (OMISSIS), rappresentava la principale fonte di sostegno economico della associazione (pagg. 269-272).
(OMISSIS), sia nella veste di acquirente (capo 53), sia nella veste di sodale (residue imputazioni) era consapevole della finalita’ perseguita dai correi, partecipi della associazione mafiosa, considerato che proprio a quella associazione egli si era rivolto sia per ricevere “protezione” rispetto alle ingerenze di altre realta’ criminali (cfr. sopra par. 9.1) sia per usufruire, a favore del proprio cugino (OMISSIS) delle prestazioni dalla stessa offerte nel campo della riscossione violenta dei crediti (capo A15).
Si tratta di motivazione, esente da vizi di logicita’, in linea con i principi dettati dalle Sezioni Unite Chioccini (cfr. sopra par. 4.4).
9.3.2 Quanto alla analisi del materiale probatorio a sostegno della affermazione di responsabilita’, e’ sufficiente, in questa sede, rimandare ai passaggi motivazionali della sentenza impugnata, presumibilmente sfuggiti al ricorrente che, a torto, lamenta una omessa risposta:
– Capo 53: pagg. 269-270;
– Capo B7: pagg. 270-271;
– Capo B9: pagg. 271;
– Capo 521: pagg. 272.
9.5 E’ fondato il quinto motivo (indicato per errore con il numero 4) afferente alla determinazione della pena.
La Corte di appello perviene alla applicazione della pena complessiva di anni ventuno di reclusione cosi’ calcolata (pag. 334): ritenuto piu’ grave il reato sub B, anni 10, aumentata Decreto Legge n. 152 del 1991, ex articolo 7, ad anni 15, aumentata ex 99 c.p. ad anni 15 e mesi 4, aumentata Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, ex articolo 74, comma 3, ad anni 15 mesi 8, aumentata articolo 81 c.p., di anni quattro e mesi quattro (un anno e un mese per ciascuno dei capi B3, B7, 59, 521).
Va osservato che dalla somma di anni quindici e mesi otto di reclusione con anni quattro e mesi quattro, si ottiene il risultato di anni venti di reclusione (non anni ventuno come calcolato in sentenza).
Consegue che la sentenza va annullata senza rinvio sul punto, con rideterminazione della pena complessiva in quella di anni venti di reclusione.
9.6 E’ infondato il sesto motivo sulla violazione del divieto di reformatio in peius in relazione all’aumento di pena apportato per l’aggravante di cui al L. n. 203 del 1991, articolo 7.
Il Tribunale, muovendo da una pena base di anni venti, aveva aumentato la pena ad anni ventisette e mesi quattro, vale a dire in misura di un terzo, assestandosi sul limite minimo previsto dalla L. n. 203 del 1991, articolo 7.
La Corte di appello ha ridotto la pena base della meta’ (anni dieci di reclusione), ed ha applicato un aumento della meta’ (anni cinque) corrispondente a quello massimo previsto.
Sostiene il ricorrente che la Corte di appello, non mantenendo fissa la proporzione di “un terzo” prescelta dal Tribunale, avrebbe violato il divieto di reformatio in peius.
La tesi e’ destituita di fondamento.
L’articolo 597 c.p.p., comma 3, prevede che: “Quando appellante e’ il solo imputato, il giudice non puo’ irrogare una pena piu’ grave per specie o quantita’”.
E’ pacifico che nel caso di specie la Corte di appello non ha irrogato una pena piu’ grave e, inoltre, ha applicato un aumento per la circostanza aggravante (anni cinque di reclusione) inferiore a quello stabilito dal Tribunale (anni sette e mesi quattro).
Tanto basta a rispettare il vincolo derivante dall’articolo 597 c.p.p., comma 3, poiche’ i termini della comparazione, anche a volerli riferire ai singoli elementi (compresi quelli circostanziali) non al risultato finale, vanno apprezzati in termini “assoluti”, non “di proporzione”; il che porta a rilevare che l’aumento di cinque anni apportato dalla Corte di appello per la circostanza aggravante di cui all’articolo 416 bis.1 c.p., e’ inferiore a quello di sette anni e quattro mesi determinato in primo grado.
Nel giudizio di appello, il divieto di “reformatio in peius” della sentenza impugnata dall’imputato non riguarda solo l’entita’ complessiva della pena, ma tutti gli elementi autonomi che concorrono alla sua determinazione (per tutte Sez. U, n. 40910 del 27/09/2005, Morales, Rv. 232066). Tuttavia laddove il giudice di appello abbia diminuito la pena base, la pena da determinare a titolo di aumento per una circostanza aggravante non deve necessariamente rispettare la proporzione con la pena base risultante dalla sentenza di primo grado, purche’ la pena risulti diminuita (cfr. in tema di reato continuato Sez. 6, n. 12936 del 25/06/1999, Castiglioni, Rv. 216028).
10. (OMISSIS) (capi A, A9, A10,, A11, A21, A22, A34, A36, A38,
A39, B, B10, B11).
Il ricorso e’ infondato.
10.1 Il primo motivo e’ infondato nella parte concernente la configurabilita’ del reato di cui all’articolo 416 bis c.p., inammissibile nel resto.
10.1.1 Sulla sussistenza della associazione mafiosa si rimanda a quanto esposto nella parte generale al paragrafo 4.1.
10.1.2 Rimangono invece confinate nell’alveo della inammissibilita’, poiche’ non rispondenti ai canoni che presidiano il giudizio di legittimita’ (cfr. sopra par. 2), le doglianze afferenti alla partecipazione dell’imputato alla suddetta associazione.
Invero, al di la’ della enunciazione formale del motivo, si sollecita una “rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, che tuttavia e’ preclusa in questa sede, posto che non puo’ integrare il vizio di legittimita’ la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente piu’ adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Dessimone, Rv. 207944; Sez. U, n. 2110 del 23/11/1995, Fachini, Rv. 203767; Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794).
Il ricorrente propone una lettura soggettiva e parziale degli elementi di prova che seleziona nel tentativo di sminuire il proprio ruolo, senza confrontarsi con il tessuto argomentativo della sentenza impugnata, nella quale peraltro trovano risposta tutti gli interrogativi reiterati in questa sede.
(OMISSIS) e (OMISSIS) (cfr. infra paragrafo 11) svolgono compiti esecutivi, nell’interesse del clan, quali addetti al recupero violento dei crediti e allo spaccio di stupefacenti; reperiscono soggetti disposti a intestarsi i conti correnti nella reale disponibilita’ dell’associazione; hanno come diretto interlocutore (OMISSIS) e a volte anche (OMISSIS), che impartiscono loro gli ordini ricevuti da (OMISSIS).
I giudici di merito traggono questa conclusione da una attenta analisi del materiale probatorio (intercettazioni, pedinamenti e controlli) relativo alla partecipazione ai delitti-scopo e ai rapporti con gli altri componenti del gruppo criminale.
Con il ricorso per cassazione (OMISSIS) sostiene che “l’incrocio” con (OMISSIS) e’ stato occasionale e ha tratto origine dalla attivita’ di spaccio da lui svolta unitamente al proprio cognato (OMISSIS); la comparsa in questo procedimento e’ limitata a un breve arco temporale, dal gennaio 2010 fino ad aprile 2010, allorche’ (OMISSIS) venne arrestato per il possesso di 27 chilogrammi di hashish; (OMISSIS) non ha mai intrattenuto rapporti con (OMISSIS), ne’ con (OMISSIS); non ha mai esercitato violenza fisica sulle vittime delle estorsioni; non ha avuto alcun ruolo nel commercio di orologi e delle slot machine, ne’ nel cd. “mantenimento” dei detenuti e dei loro familiari, tranne per il caso di (OMISSIS), persona alla quale era pero’ legato da rapporti di amicizia.
La confutazione specifica di questi argomenti “in fatto” e’ stato un compito che la Corte di appello ha gia’ ampiamente assolto senza incorrere in alcuna caduta logica (cfr. pagg. 246-248):
– “Il rilievo secondo cui l’appellante fu mosso dalla necessita’ di recuperare crediti propri non e’ risultato fornito da alcun principio di prova”;
– “il rilievo secondo cui la condotta dell’appellante fu autonoma e scollegata dall’associazione e’ infondato perche’ non tiene conto del complessivo rapporto intrattenuto con l’associazione nei vari settori”;
– “in tale contesto risulto’ provato che (OMISSIS) fu l’autore dei plurimi delitti di estorsione e che il recupero dei crediti avvenne non solo con modalita’ violente, ma utilizzando la forza di intimidazione che proveniva dall’associazione. L’esame dei mede(OMISSIS)i e’ infatti dimostrativo che a (OMISSIS) partecipo’ con il ruolo di esattore, ma che la sua condotta fu posta al servizio dell’associazione”;
– “nella realta’ romana lo stupefacente spesso era ceduto a credito. Di cio’ (OMISSIS) e (OMISSIS), addetti al settore, erano consapevoli (…) tuttavia dall’avvento dei “napoletani” l’esazione del credito muto’ radicalmente, giacche’ fu rimessa alla gestione dell’associazione facente capo a (OMISSIS), rappresentata da (OMISSIS), uomini di inusuale violenza”;
– ” (OMISSIS) e (OMISSIS) furono autori di plurime esazioni violente, sempre agendo in posizione subordinata a (OMISSIS) e assoggettandosi alle direttive di cui (OMISSIS) era portatore”. “Ancorche’ non e’ risultato provato se (OMISSIS) esplicito’ effettivamente a (OMISSIS) il suo disappunto (…) di certo insieme a (OMISSIS) resto’ sottomesso alle nuove modalita’ lavorative imposte dai “napoletani””.
I giudici di merito assegnano particolare rilievo al concorso di (OMISSIS) nell’incendio della vettura del figlio di (OMISSIS) e nell’estorsione tentata ai danni di quest’ultimo (capi A21, A21), condotte che, per le modalita’ di esecuzione, sono tipiche del metodo mafioso, evocano la forza di intimidazione dell’associazione e dimostrano la qualita’ di partecipe in capo al ricorrente.
La effettiva durata del rapporto del singolo con l’associazione e’ irrilevante, puo’ essere anche breve, poiche’ dipende da fattori imponderabili (Sez. 5, n. 18756 del 08/10/2014, dep. 2015, Buondonno, Rv. 263698; Sez. 1, n. 31845 del 18/03/2011, D., Rv. 250771).
Mentre quello che davvero assume valenza, in funzione della riferibilita’ della condotta partecipativa a un soggetto, e’ il rapporto di stabile e organica compenetrazione con il tessuto organizzativo del sodalizio, tale da implicare, piu’ che uno “status” di appartenenza, un ruolo dinamico e funzionale, in esplicazione del quale l’interessato “prende parte” al fenomeno associativo, rimanendo a disposizione dell’ente per il perseguimento dei comuni fini criminosi (per tutte Sez. U, n. 33748 del 12/07/2005, Mannino, Rv. 231670).
In linea con tali consolidati principi si sono collocati i giudici di merito i quali hanno evidenziato come (OMISSIS) e (OMISSIS) si siano posti a disposizione del clan (OMISSIS), accettando di eseguire qualunque ordine venisse loro impartito nell’interesse della associazione, presentandosi all’esterno come appartenenti a quel sodalizio.
La partecipazione di (OMISSIS) al sodalizio mafioso e a quello destinato al narcotraffico risale non al gennaio 2010 (come sostiene il ricorrente), ma almeno al mese dicembre 2009 (cfr. pag. 260 sentenza impugnata).
Mentre la circostanza che la figura di (OMISSIS) scompare dalle indagini ad aprile 2010 non ha alcuna incidenza probatoria sulla qualita’ di partecipe, perche’ si ricollega ad interventi delle forze dell’ordine (il suo arresto in flagranza per il possesso di 375 gr. di cocaina B12 e l’arresto di (OMISSIS) per il possesso di 27 kg di marijuana) che, a prescindere dai progetti originari, possono aver reciso o semplicemente allentato il rapporto con il clan.
Nulla prova la circostanza che (OMISSIS) non ebbe contatti diretti con (OMISSIS), giacche’ quest’ultimo fu molto prudente e limito’ al massimo i rapporti personali con gli associati, riservandoli a (OMISSIS) e (OMISSIS); mentre fu indubbia la dedizione di (OMISSIS) agli affari dell’associazione di (OMISSIS), come comprovato dalla significativa conversazione con (OMISSIS) ove espressamente (OMISSIS) fece riferimento a (OMISSIS) “(OMISSIS)” e all’attivita’ che svolgeva in suo favore sia nel campo delle slot-machine che nel settore della fornitura di energia elettrica.
Diversamente da quanto sostenuto in tesi difensiva, l’interessamento verso la moglie di (OMISSIS) – conseguente all’arresto di quest’ultimo per la detenzione di due chili di hashish – non dipese da un rapporto di amicizia, giacche’ il ricorrente affronto’ il tema dell’aiuto economico con (OMISSIS), al quale riferi’ “La moglie del lardone, mi ha detto mancava qualcosa cosi’… di fargli recupera’ qualche soldo’, di qua e di la’”.
Il ricorrente non svolge alcun argomento critico in grado di scuotere la compattezza dell’ordito argomentativo intessuto dai giudici di merito.
10.2 E’ inammissibile anche il secondo motivo concernente il reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74 (capo B).
10.2.1 La censura sulla configurabilita’ del delitto associativo e’ manifestamente infondata per le considerazioni esposte nella parte generale (cfr. sopra paragrafo 4.5).
10.2.2 Risulta invece generica la doglianza sulla omessa motivazione in punto di contributo partecipativo del ricorrente, tenuto conto che la Corte di appello si e’ preoccupata di delineare il ruolo svolto da (OMISSIS) all’interno dell’associazione di narcotraffico, offrendo una motivazione piana e coerente (pagg. 84, 87 e 88).
Il monitoraggio delle utenze evidenzio’ che (OMISSIS) rispondeva a (OMISSIS) e che, tramite (OMISSIS) e (OMISSIS), aveva la gestione dei pusher, garantendo alla associazione ingenti profitti, come emerse dall’agenda e dal quaderno di “tenuta della contabilita’” sequestrati a (OMISSIS) e (OMISSIS).
I giudici di merito hanno richiamato le conversazioni ritenute esemplificative della persistenza nel tempo dell’attivita’ di narcotraffico, dell’unitaria organizzazione e direzione, nonche’ della stabilita’ dei rapporti; e, segnatamente, i colloqui in cui (OMISSIS) e (OMISSIS) discutevano su: l’attivita’ di cessione della droga a diversi pusher, per importi di ammontare pari a Euro 160.000 a settimana; gli esiti degli incontri per la riscossione dei crediti vantati da (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS); le pressioni che a loro volta subivano da parte di (OMISSIS) nella rendicontazione dell’attivita’ di riscossione; la possibilita’ di accettare orologi in pagamento.
Il sequestro di sostanza stupefacente ha rivelato il reale significato del linguaggio criptico utilizzato nelle conversazioni; quegli stessi termini si ritrovano nell’agenda di (OMISSIS) e nel quaderno “contabile” di (OMISSIS).
In sostanza (OMISSIS), insieme al cognato (OMISSIS), da autonomo gestore di attivita’ di narcotraffico divenne il principale e diretto collaboratore di (OMISSIS), attivissimo sia nella custodia, trasporto e consegna dello stupefacente sia nell’attivita’ di riscossione dei crediti. Le intercettazioni trascritte nelle sentenze e la ricostruzione delle vicende di cui ai capi A9, A10, A11, A21, A22, A36, A38, A39, B10, B11 evidenziano i contatti quotidiani sia con (OMISSIS) per la organizzazione e il resoconto delle operazioni di narcotraffico, sia con (OMISSIS), a cui (OMISSIS) dava disposizioni anche in merito al recupero dei crediti.
L’inserimento nel sodalizio emerge anche da: i contatti intrattenuti con (OMISSIS) e (OMISSIS) presso il bar (OMISSIS), documentati dalle riprese del servizio di videosorveglianza del 22.1.2010 e del 16.2.2010; la ricerca, su incarico di (OMISSIS), di un garage ove custodire la droga; il ruolo assunto nell’assistenza economica prestata in occasione degli arresti di (OMISSIS) e di (OMISSIS).
L’interessamento di (OMISSIS), riferitogli da (OMISSIS), dopo il sequestro di stupefacente alla sorella di (OMISSIS), e’ ritenuto significativo della consapevole partecipazione all’associazione; le conversazioni con (OMISSIS) sui rapporti con (OMISSIS) hanno evidenziato che (OMISSIS) fu consapevole anche dell’organizzazione interna al sodalizio.
Nell’affrontare il tema devolutole dall’imputato con l’atto di gravame, che ricalca quello qui riproposto, la Corte di appello osserva (pagg. 260 e 261):
– “il rinvenimento dell’agenda e del quaderno, nonche’ il concorso nei delitti di intestazione fittizia, funzionali ad assicurare i guadagni dell’associazione, comprovano il ruolo di ( (OMISSIS) quale) addetto allo smistamento dello stupefacente”;
– “proprio la conversazione del 26.2.2010, con la quale (OMISSIS) riporto’ a (OMISSIS) la proposta di (OMISSIS) di riservarsi una gestione diretta del portafoglio clienti dei due pusher (proposta ritenuta non conveniente) si spiega con la partecipazione stabile dei due imputati alla struttura associativa con l’anzidetto ruolo (rit. 1401/10).
Si tratta di motivazione esente da criticita’, che il ricorrente non riesce a scalfire sotto il profilo logico-giuridico.
10.3 E’ inammissibile il terzo motivo con il quale si lamenta vizio di motivazione in relazione ai capi A9), A10), A11), A21) e A22).
Di fatto il ricorso contesta non la struttura motivazionale della sentenza, ma la valutazione delle prove compiuta dal giudice di merito, profilo che esula dal novero dei vizi deducibili ai sensi dell’articolo 606 c.p.p. (cfr. sopra paragrafo 2).
La sussistenza del reato di cui al capo non ha formato oggetto di gravame (cfr. pag. 305 sentenza di appello) e non puo’ essere contestata per la prima volta in questa sede, peraltro solo a livello enunciativo, in assenza di argomenti a sostegno.
L’interpretazione delle conversazioni telefoniche, sorretta da un coerente apparato giustificativo, non e’ rivedibile in questa sede (cfr. sopra parte generale paragrafo 3.1.5).
I giudici di merito ricavano la natura illecita del rapporto sottostante alla pretesa estorsiva dalla circostanza che si trattava di crediti maturati nel commercio di sostanza stupefacente, indicando le ragioni del proprio convincimento:
– capo A9: successione delle telefonate e utilizzo di linguaggio cifrato secondo una terminologia ricorrente che allude alla droga (“tempesti li”) e che si ritrova anche nell’agenda e nel quaderno di tenuta della “contabilita’” (pag. 304 sentenza di appello);
– capo A10: tenore delle conversazioni captate, utilizzo della medesima terminologia (“tempestilli”), assenza di attivita’ lecita svolta dall’imputato e da (OMISSIS) idonea a giustificare un’origine del credito diversa da quella collegata alla principale attivita’ dagli stessi svolta (pag. 305);
– capi A21 e A22: e’ pacifico che il debito di (OMISSIS), ammontate a 16.000,00 Euro, fosse generato da una causa illecita, e cio’ sia che si voglia credere a (OMISSIS) (che parla di truffe) sia che, piu’ plausibilmente, si voglia assegnare valenza all’attivita’ di commercio di sostanze stupefacenti esercitata “professionalmente” da (OMISSIS) e (OMISSIS).
Di tutto cio’ il ricorso non tiene conto.
Vengono in rilievo crediti vantati da soggetti inseriti da anni nel traffico di droga; ne’, d’altra parte, il ricorrente si fa carico di precisare quale sarebbe il titolo lecito da cui sarebbero sorti i crediti e da quale fonte di prova, in tesi trascurata, cio’ sarebbe emerso, il che da’ luogo a un ulteriore profilo di genericita’.
10.4 Medesima sorte segue il quarto motivo che si limita ad offrire una alternativa ricostruzione del fatto di cui al capo B10).
Quanto sostenuto dal ricorrente (che contesta la ricostruzione del fatto tratta dalle intercettazioni e il rapporto di amicizia con il (OMISSIS)) rimane estraneo al perimetro del giudizio di legittimita’ e trova gia’ soddisfacente e adeguata risposta nella sentenza di appello (pag. 307).
10.5 Manifestamente infondato, oltre che generico, e’ il quinto motivo attraverso il quale il ricorrente critica la decisione in punto di riconoscimento della circostanza aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, articolo 7.
Sostiene il ricorrente di aver agito solo in vista del proprio guadagno personale.
L’assunto e’ apodittico, privo di confronto con gli argomenti spesi dai giudici di appello che, reato per reato, si occupano di verificare la sussistenza della circostanza aggravante in parola in relazione alla posizione di ciascun imputato.
Sul punto non e’ richiesto un particolare sforzo motivazionale considerato che (OMISSIS) e’ intraneo alla associazione mafiosa e i delitti-scopo rientrano nel programma criminoso del sodalizio.
10.6 I sesto motivo e’ inammissibile.
(OMISSIS) si duole della omessa considerazione di elementi positivi apprezzabili in suo favore ai sensi dell’articolo 62 bis c.p..
La Corte di appello nega le circostanze attenuanti generiche in ragione de “la complessiva gravita’ dei reati, significativamente rappresentata dalla vicenda relativa al debito di (OMISSIS), alle direttive impartite a (OMISSIS) (capo A21), superano gli elementi di favore valorizzati dalla difesa” (pag. 332).
Si tratta di motivazione esente da manifesta illogicita’, che, pertanto, e’ insindacabile in cassazione (Sez. 6, n. 42688 del 24/9/2008, Rv. 242419) anche considerato che il giudice di merito, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, non deve prendere in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma puo’ limitarsi a fare riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri (Sez. 2, n. 3609 del 18/1/2011, Sermone, Rv. 249163; Sez. 6, n. 34364 del 16/6/2010, Giovane, Rv. 248244).
11. (OMISSIS) (capi A, A9, A10, A11, A21, A22, A34, A 36, A38, B, B10, B12).
Il ricorso e’ fondato limitatamente al motivo, proposto con la memoria, concernente i riflessi della sentenza della Corte Costituzionale n. 40 del 2019 solo sulla pena infitta per il capo B12); nel resto il ricorso e la memoria sono infondati.
Va in limine osservato che in questo, come in altri casi, e’ la stessa impostazione generale dell’atto di impugnazione a non conformarsi ai precetti in materia di ricorso per cassazione (cfr. sopra par. 2).
Il ricorso si diffonde in maniera infruttuosa nella esposizione e valutazione del materiale probatorio, prospettando, in ottica difensiva, una diversa ricostruzione dei fatti.
Tuttavia, cosi’ facendo, il ricorrente non lamenta una motivazione mancante, contraddittoria o manifestamente illogica – unici vizi della motivazione proponibili ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., lettera e), -, ma una decisione erronea, in quanto fondata su una valutazione asseritamente sbagliata.
Il controllo di legittimita’ concerne il rapporto tra motivazione e decisione, non gia’ il rapporto tra prova e decisione; sicche’ il ricorso per cassazione che devolva il vizio di motivazione, per essere valutato ammissibile, deve rivolgere le censure nei confronti della motivazione posta a fondamento della decisione, non gia’ nei confronti della valutazione probatoria sottesa, che, in quanto riservata al giudice di merito, e’ estranea al perimetro cognitivo e valutativo della Corte di cassazione.
Nella specie le censure proposte concernono, in larga misura, la ritenuta erroneita’ e/o parzialita’ della valutazione probatoria formulata dal giudice di merito, e prospettano una lettura alternativa del compendio probatorio, ribadendo, peraltro, doglianze gia’ proposte e disattese, con diffusa motivazione, dal provvedimento impugnato.
11.1 I primi quattro motivi sono inammissibili.
Come ripetutamente ricordato, secondo l’insegnamento delle Sezioni Unite Fruci (n. 23868 del 23/04/2009), e’ onere della parte che eccepisce l’inutilizzabilita’ di atti processuali di indicare, pena l’inammissibilita’ del ricorso per genericita’ del motivo, gli atti specificamente affetti dal vizio e chiarirne, altresi’, l’incidenza sul complessivo compendio indiziario gia’ valutato, si’ da potersene inferire la decisivita’ in riferimento al provvedimento impugnato.
Tale onere e’ rimasto inadempiuto.
In ogni caso, le eccezioni proposte sono manifestamente infondate alla luce delle considerazioni esposte nella parte generale al paragrafo 3.
11.2 I quinto motivo e’ manifestamente infondato in ragione dei rilievi svolti al paragrafo 4.2.
11.3 I sesto motivo, involgente il capo A, e’ in parte infondato, in parte inammissibile.
11.3.1 E’ infondata la questione posta sulla sussistenza dell’organizzazione mafiosa di cui al capo A (cfr. sopra parte generale paragrafo 4.1), mentre sono manifestamente infondate le censure afferenti alle circostanze aggravanti di cui al comma 6 dell’articolo 416 bis c.p., e di cui alla L. n. 203 del 1991, articolo 7 (cfr. sopra parte generale paragrafo 4.3 e 4.4).
11.3.2 E’ inammissibile per genericita’ la doglianza proposta in punto di riferibilita’ della condotta partecipativa al (OMISSIS).
La posizione del ricorrente e’ sovrapponibile a quella del (OMISSIS), del resto il ricorrente spende argomenti analoghi a quelli del correo, che si risolvono, come gli altri, in valutazioni “in fatto” estranee al giudizio di legittimita’ (attivita’ svolta in proprio con l’ausilio di (OMISSIS), assenza di rapporti con (OMISSIS), vincolo di amicizia con (OMISSIS) “compare di anello di (OMISSIS)”, durata limitata al periodo da gennaio 2010 ad aprile 2010, quando (OMISSIS) viene arrestato).
Vanno, anzitutto, richiamate le considerazioni gia’ esposte a proposito della posizione del (OMISSIS) in punto di: inammissibilita’ del motivo non rispondente ai precetti delineati al paragrafo 2; perfetta tenuta logica della motivazione sul consapevole contributo fornito da (OMISSIS) alla associazione; irrilevanza del periodo temporale di riferimento ed eccessiva delimitazione dello stesso (cfr. sopra par. 10.1.2).
(OMISSIS) (al pari di (OMISSIS)) svolge mansioni di carattere esecutivo nell’interesse del clan, quali il recupero violento dei crediti e lo spaccio di stupefacenti, anche egli (come (OMISSIS)) risulta concorrente nei reati di intestazione fittizia.
I giudici di merito traggono questa conclusione da una attenta analisi del materiale probatorio (intercettazioni, pedinamenti e controlli) relativo alla partecipazione ai delitti-scopo e ai rapporti con gli altri componenti del gruppo criminale.
Le argomentazioni, eminentemente “di fatto”, spese dal ricorrente costituiscono mera riproposizione, senza sostanziali novita’, di quelle gia’ valutate dal giudice di appello e confutate sulla base di un rigoroso ragionamento (cfr. pagg. 242 – 245), con il quale l’impugnazione evita di misurarsi.
Come osservato a proposito di (OMISSIS), il rapporto con il clan (OMISSIS) risulta gia’ in essere nel dicembre 2009; la effettiva durata del legame del singolo con l’associazione e’ irrilevante, puo’ essere anche breve, poiche’ dipende da fattori imponderabili (Sez. 5, n. 18756 del 08/10/2014, dep. 2015, Buondonno, Rv. 263698; Sez. 1, n. 31845 del 18/03/2011, D., Rv. 250771).
Mentre quello che davvero assume valenza, in funzione della riferibilita’ della condotta partecipativa a un soggetto, e’ l’innestarsi del contributo apportato dal (OMISSIS) nella prospettiva del perseguimento dello scopo comune e dell’attivita’ delittuosa conforme al piano associativo.
In linea con tali consolidati principi si sono collocati i giudici di merito i quali hanno evidenziato come (OMISSIS) (al pari di (OMISSIS)) si sia posto a disposizione del clan (OMISSIS), accettando di eseguire qualunque ordine gli venisse impartito nell’interesse della associazione, vuoi nel campo delle estorsioni, vuoi entrando a far parte anche del comparto associativo destinato al commercio di sostanza stupefacente.
A conforto della partecipazione del (OMISSIS) alla associazione, i giudici di merito richiamano anzitutto quanto accaduto prima e dopo l’episodio di cui al capo B11)
(OMISSIS) e (OMISSIS) eseguono gli ordini di (OMISSIS) e (OMISSIS) i quali si sono accordati con il fornitore (OMISSIS). Dopo il sequestro di 27 chilogrammi di marijuana, rivenuti in possesso di (OMISSIS), e’ (OMISSIS) ad intervenire per chiedere chiarimenti al (OMISSIS). (OMISSIS) si consegna agli inquirenti, assumendosi la responsabilita’ dell’accaduto, ma rassicura la propria compagna sul fatto che ricevera’ sostegno economico da parte dell’associazione, organizza con (OMISSIS) e (OMISSIS) la presa in carico della propria famiglia. (OMISSIS) informa (OMISSIS) dell’interessamento di (OMISSIS), il quale, tramite (OMISSIS), gli mette a disposizione il proprio commercialista (OMISSIS).
Conclude la Corte di appello che: “risulto’ dimostrato in occasione dell’arresto di (OMISSIS) l’interesse da parte dell’associazione a delinquere al mantenimento dei familiari dei sodali costituente uno dei parametri dell’appartenenza ad essa” (pag. 243).
Nello stesso senso depongono, secondo la valutazione dei giudici di merito, i fatti sussunti ai capi A34, A36, A38, relativi alle intestazioni fittizie, che confermano l’inserimento di (OMISSIS) in ambito associativo: “Si evince dalle dichiarazioni dell’operante (OMISSIS) che i versamenti in contanti sul conto della (OMISSIS) (madre di (OMISSIS)) furono effettuati in date di poco successive all’incasso degli assegni sul medesimo conto, in modo da creare provvista per onorare il titolo; ragione per cui il direttore avvisava (OMISSIS) e (OMISSIS), cui seguiva il versamento di contanti, a dimostrare che il conto in realta’ era solo un contenitore che serviva a ricevere e emettere titoli per favorire i traffici illeciti di (OMISSIS), (OMISSIS) e del sodalizio, come riscontrato dall’apposizione della scritta “(OMISSIS)”, sugli assegni n. 0045933705 e 0045933706 che lasciava presumere un coinvolgimento di (OMISSIS) nella movimentazione del conto presso la agenzia (OMISSIS) e un uso funzionale agli interessi dell’associazione” (pag. 243).
Osserva, inoltre, la Corte che sebbene (OMISSIS), in alcune conversazioni, dichiaro’ di essere “stufo” del ricorso alla violenza nei confronti di chi ritardasse nei pagamenti, e’ comunque dimostrato che egli dovette sottostare alle modalita’ violente imposte dall’associazione nel recupero crediti, proprio perche’ l’intimidazione interna costitui’ una delle esplicazioni del metodo mafioso.
Metodo mafioso che il ricorrente “rispettava” nella gerarchia interna del gruppo e “praticava” all’esterno, come si ricava dalle modalita’ utilizzate nei vari episodi di estorsione cui ha partecipato:
– capo A11, estorsione in danno di (OMISSIS) che, per l’entita’ del credito rimasto insoluto, giustifico’ una punizione particolarmente violenta (pag. 244);
– capo A9, estorsione in danno di (OMISSIS), dimostrativa del fatto che (OMISSIS), pur se mostro’ iniziale titubanza per i metodi violenti che ingeneravano timori anche in chi doveva prestare la propria opera a favore dell’associazione, si adeguo’ ad essi, accettando di occuparsi di numerose estorsioni, e prestando, altresi’, la propria collaborazione anche nello sviluppo dell’attivita’ di installazione delle slot-machine (pagg. 244-245).
Il costrutto argomentativo della sentenza impugnata si presenta solido nel delineare il ruolo del (OMISSIS) quale quello di un soggetto “che si trova in rapporto di stabile e organica compenetrazione con il tessuto organizzativo del sodalizio, rimanendo a disposizione dell’ente per il perseguimento dei comuni fini criminosi” (per tutte Sez. U, n. 33748 del 12/07/2005, Mannino, Rv. 231670).
Pertanto, resta esclusa la configurabilita’ di un “concorso esterno”, figura che presuppone l’assenza di un inserimento stabile nella struttura organizzativa dell’associazione (Sez. U, Mannino, cit., Rv. 231671).
11.4 E’ inammissibile il settimo motivo con il quale si denuncia vizio di motivazione in ordine al reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, contestato al capo B).
11.4.1 La fitta trama delle intercettazioni, combinata con gli esiti dell’attivita’ di osservazione e controllo, ha consentito ai giudici di merito di ritagliare il ruolo di (OMISSIS) su quello di (OMISSIS): (OMISSIS) rispondeva a (OMISSIS) e, tramite (OMISSIS) e (OMISSIS), aveva la gestione dei pusher. “La consapevolezza del suo ruolo e della partecipazione al sodalizio era evincibile in modo inequivoco dal contenuto della conversazione con cui informo’ (OMISSIS) di dovere consegnare il denaro a (OMISSIS); dal possesso di un quaderno contabile riportante nominativi e cifre, confermativo di un ruolo stabile e continuativo all’interno del gruppo; dall’assistenza legale assicuratagli dai vertici dell’organizzazione, cosi’ come dalla periodica corresponsione di somme di denaro alla convivente” (cfr. pag. 88).
Anche in questo caso il ricorrente non aggredisce la motivazione ma si limita a ribadire la tesi della sussistenza di un mero concorso di (OMISSIS) e (OMISSIS) nell’attivita’ di spaccio al di fuori da qualunque inserimento nella associazione di narcotraffico.
L’assunto viene semplicemente esposto con indicazione degli elementi di prova a sostegno, ma in tal modo si investe la Corte di cassazione di un compito che non le appartiene.
A parte che il ricorrente seleziona alcuni elementi, dimenticando l’imponente quadro probatorio che grava a suo carico, in ogni caso le censure elevate, dietro l’apparente denuncia di vizi ex articolo 606 c.p.p., si traducono nella sollecitazione di un riesame del merito – non consentita in sede di legittimita’ attraverso la rinnovata valutazione degli elementi probatori acquisiti.
Tanto premesso, esclusa l’ammissibilita’ di una rivalutazione del compendio probatorio, va ribadito che la sentenza impugnata ha fornito logica e coerente motivazione in ordine alla ricostruzione dei fatti, con argomentazioni prive di illogicita’ (tantomeno manifeste) e di contraddittorieta’ gia’ illustrate a proposito della posizione di (OMISSIS) (cfr. sopra par. 10.2, pagg. 260-261 sentenza impugnata).
11.4.2 Sono manifestamente infondate sia la doglianza in ordine alla genericita’ dei capi B1, B3, 54, B5, B6, B7, 138, B14, B21 e B22- che, a dire del ricorrente, dovrebbe riverberarsi sul capo B sia la doglianza circa la tipologia di stupefacente trattato dalla associazione alla luce di un solo sequestro di cocaina, trattandosi, per il resto, di droga cd. “leggera” di “pessima qualita’”.
Le imputazioni non sono generiche poiche’ descrivono con precisione la condotta, indicando autori del reato e collocazione temporale.
Non si vede come la ipotetica genericita’ nella descrizione dei delitti-scopo possa interferire con il reato associativo che, per sua natura, contempla un programma criminoso indeterminato.
Il fatto che sia stato effettuato un sequestro di cocaina dimostra che l’associazione commerciava anche tale tipologia di stupefacente, non il contrario.
11.5 Inammissibili si rivelano anche l’ottavo e il nono motivo relativi ai capi A9 e A10.
11.5.1 Le questioni proposte involgono il fatto e non tengono conto delle risposte gia’ fornite dalla Corte di appello, che non possono essere contestate sul piano probatorio, ma soltanto su quello logico-giuridico, non toccato pero’ dal ricorrente neppure a livello di allegazioni:
– sulla “identificazione vocale” del (OMISSIS) si vedano le pagine 293 e 294 della sentenza impugnata: consequenzialita’ delle telefonate, riconoscimento vocale da parte della polizia giudiziaria, utilizzo del nome di battesimo ” (OMISSIS)” in alcune conversazioni;
– sulla prova dei fatti, al di la’ delle dichiarazioni delle vittime, si vedano le pagine 293 e 294: esiti delle intercettazioni telefoniche in cui si apprendono dalla voce di (OMISSIS) stesso le violenze e minacce commesse, le reazioni delle vittime, i pagamenti ottenuti;
– sulla causale illecita si vedano le pagine 293 e 294 che, con argomentazione immune da vizi logici, riconducono le pretese creditorie al commercio di sostanze stupefacenti (cfr. sopra par. 10.3 posizione (OMISSIS)).
11.5.2 Quanto al diniego della circostanza attenuante di cui all’articolo 62 c.p., n. 4, la Corte di appello ha escluso la “speciale tenuita’” del danno, valorizzando l’entita’, non esigua, della somma sborsata dal (OMISSIS) e soprattutto la significativa compressione dei diritti di integrita’ fisica e morale patita dalla persona offesa (“solo questo jo menato ho preso 600 domani il resto” rit. 796/10 progr. Del 23.2.2010) – pagg. 294-295.
La decisione e’ pienamente rispondente ai principi dettati dalla Corte di legittimita’ secondo cui: “Ai fini della configurabilita’ dell’attenuante del danno di speciale tenuita’ in riferimento al delitto di estorsione, che ha natura di reato plurioffensivo in quanto lede non solo il patrimonio ma anche la liberta’ e l’integrita’ fisica e morale della vittima, e’ necessaria una valutazione globale del pregiudizio subito dalla parte lesa” (tra le altre Sez. 2, n, 45985 del 23/10/2013, Donati, Rv. 257755).
11.6 Il medesimo vizio di genericita’ affligge il decimo motivo concernente i capi A21 e A22.
La ricostruzione alternativa dei fatti proposta dal ricorrente non puo’ formare oggetto di valutazione in questa sede e non riesce ad accedere all’interno del perimetro cognitivo del giudizio di legittimita’.
Il giudice di secondo grado spiega con estrema precisione e senza alcuna caduta logica, le ragioni per le quali deve ritenersi che il fuoco alla autovettura di (OMISSIS) (capo A21) e’ stato appiccato da (OMISSIS) e (OMISSIS) e che l’azione intimidatoria si colloca nell’ambito di una condotta estorsiva posta in essere ai danni di (OMISSIS) (capo A22):
– nelle conversazioni captate in ambientale (OMISSIS) e (OMISSIS) fanno riferimento alla “benzina”, alla necessita’ di non lasciare segni di identificazione (“mi raccomando la bottiglia… se lasci la bottiglia hai firmato”), al punto in cui appiccare l’incendio (“la butto sul cerchio o sul cofano.. perche’ la gomma brucia”) – pag. 296;
– (OMISSIS) e (OMISSIS) menzionano il modello della vettura “Lupo… del figlio” proprio mentre l’autovettura di (OMISSIS), su cui era installato un GPS, si trovava nei pressi dell’abitazione di (OMISSIS) (pag. 297);
– c’e’ piena compatibilita’ tra gli orari delle conversazioni e i rilievi temporali del GPS (pagg. 297-298);
– il credito del (OMISSIS) e’ maturato nell’ambito del traffico di stupefacenti, poiche’ in tale ambito si muovevano i protagonisti della vicenda ( (OMISSIS) e (OMISSIS) vengono arrestati assieme per detenzione a fine di spaccio di cocaina) (pag. 296); in ogni caso detto credito ha comunque un’origine illecita per le ragioni esposte sopra al paragrafo 10.3 trattando la posizione di (OMISSIS).
11.7 Sono inammissibili, per genericita’, l’undicesimo e il dodicesimo motivo concernenti la ritenuta responsabilita’ del ricorrente in ordine ai reati di cui ai capi B10 e B12.
Il contributo partecipativo di (OMISSIS) alla commissione dei reati in rassegna e’ ampiamente esposto nella sentenza impugnata:
– capo B10: la lettura aggregata delle conversazioni, quale si desume dalla sequenza cronologica e logica di esse, ha evidenziato che (OMISSIS) partecipo’ fattivamente alle fasi prodromiche al sequestro, essendo stato visto in compagnia di (OMISSIS) nelle ore precedenti il sequestro e poi intento ad osservare il vano motore della vettura ove fu rinvenuto l’hashish. Le conversazioni immediatamente successive all’arresto di (OMISSIS), comprovano “l’interesse alla cessione e la materialita’ del concorso” (pag. 299)
– capo B12: la cronologia delle conversazioni e degli eventi, ripercorsa in modo scrupoloso in sentenza, depone nel senso che fu (OMISSIS) a prelevare lo stupefacente dal fornitore per consegnarlo a (OMISSIS) e (OMISSIS), ai quali venne sequestrato (pagg. 299-300).
A fronte di tanto il ricorrente si limita a sostenere che non vi sarebbe prova della sua partecipazione ai reati, trascurando le risposte ricevute dai giudici di merito.
11.8 E’ parzialmente fondata la questione sollevata con la memoria del 15 luglio 2019 in relazione agli effetti della sentenza della Corte Costituzionale n. 40 del 2019 sui capi B10) e B12).
Il trattamento sanzionatorio inflitto per il capo B12) e’ divenuto illegale e deve essere rivisto alla luce della nuova cornice edittale.
Mentre il capo 510 non e’ interessato dalla pronuncia perche’ riguarda una “droga leggera” (cfr. sopra paragrafo 5.1).
Consegue l’annullamento in punto di pena per il reato di cui al capo B12) con rinvio per una nuova determinazione.
12. (OMISSIS) (capi A, A8, A15, A18, A22, A23)
Il ricorso e’ infondato.
In linea generale va osservato che il ricorso (che si sostanzia in due distinti atti a firma dei due difensori, ma di fatto sovrapponibili) costituisce, in larga parte, la pedissequa riproduzione dei motivi di gravame, come conferma la lettura della sintesi dell’atto di appello alle pagine 144 e seguenti della sentenza impugnata.
12.1 Il primo motivo e’ infondato per le ragioni esposte nella parte generale al paragrafo 4.1.
12.2 Presenta vari profili di inammissibilita’ il secondo motivo, concernente il “concorso esterno” di (OMISSIS) nel reato di cui al capo A).
12.2.1 Anzitutto occorre richiamare il principio, gia’ ricordato nella parte generale (cfr. paragrafo 2.2.6)., per cui e’ inammissibile il motivo in cui si assume, a norma dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera c), la violazione dell’articolo 533 c.p.p., o dell’articolo 192 c.p.p., in assenza di censure specifiche rivolte alla motivazione dell’impugnata sentenza, in quanto i limiti dell’ammissibilita’ delle doglianze connesse alla motivazione, fissati specificamente dall’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), non possono essere superati ricorrendo al motivo di cui all’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera c), nella parte in cui consente di dolersi dell’inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullita’, inutilizzabilita’, inammissibilita’ o decadenza. (Sez. 3, n. 24574 del 12/03/2015, Zonfrilli, Rv. 264174; Sez. 3, n. 44901 del 17/10/2012, F., Rv. 253567).
Inoltre le censure con esso elevate, dietro l’apparente denuncia di violazione di legge o vizi motivazionali, si traducono nella sollecitazione di un riesame del merito – non consentita in sede di legittimita’ – attraverso la rinnovata valutazione degli elementi probatori acquisiti, peraltro menzionati in maniera selettiva e parziale.
12.2.2 La Corte territoriale ha dato pienamente conto delle ragioni che l’hanno indotta ad accreditare l’ipotesi accusatoria riconoscendo al (OMISSIS) la veste di “concorrente esterno” e non di partecipe, attribuitagli in primo grado.
Secondo la Corte di appello ricorrono “plurime e convergenti risultanze processuali comprovanti in modo chiaro il concorso esterno nella compagine associativa di tipo mafioso, giacche’ (OMISSIS), quale estorsore addetto al recupero crediti, nonostante il contributo permanente, consapevole e casualmente utile agli interessi dell’associazione di (OMISSIS), opero’ anche in autonomia dal gruppo, e mantenne una propria indipendenza delinquenziale e non percepi’ se’ stesso come partecipe all’associazione di (OMISSIS)” (pag. 249).
La motivazione pone in luce da un lato i rapporti intessuti da (OMISSIS) con altri gruppi criminali (i “calabresi”, “i Senese”) in relazione a specifici episodi, emersi nel corso delle indagini, ritenuti dimostrativi del rilevante spessore criminale dell’imputato e dall’altro lato i servigi consapevolmente prestati in favore del clan (OMISSIS) nella perpetrazione delle estorsioni di cui ai capi A8, A15, A18, A22, rientranti nei delitti-scopo dell’associazione mafiosa.
12.2.3 La linea argomentativa cosi’ sviluppata (cfr. pagg. 249-252) e’ immune da qualsiasi caduta di consequenzialita’ logica, evidenziabile dal testo del provvedimento, mentre il tentativo del ricorrente di prospettare una diversa ricostruzione del fatto si risolve, per l’appunto, nella lettura soggettivamente orientata del materiale probatorio alternativa a quella fatta motivatamente propria dal giudice di appello.
La decisione dei giudici di merito risulta conforme alle linee ermeneutiche dettate dalla Corte di cassazione: “In tema di associazione di tipo mafioso, assume il ruolo di “concorrente esterno” il soggetto che, non inserito stabilmente nella struttura organizzativa dell’associazione e privo dell'”affectio societatis”, fornisce un concreto, specifico, consapevole e volontario contributo, sempre che questo esplichi un’effettiva rilevanza causale e quindi si configuri come condizione necessaria per la conservazione o il rafforzamento delle capacita’ operative dell’associazione e sia diretto alla realizzazione, anche parziale, del programma criminoso della medesima” (Sez. U, n. 33748 del 12/07/2005, Mannino, Rv. 231671).
12.2.4 Le deduzioni difensive non trovano spazio nel giudizio di legittimita’.
La circostanza che il 19 marzo 2009 (OMISSIS) si trovasse sottoposto all’obbligo di dimora nel Comune di (OMISSIS) e’ irrilevante in quanto: l’episodio richiamato non assume valenza decisiva all’interno del costrutto argomentativo della sentenza impugnata; il giudice di appello non indica il (OMISSIS) come presente quel giorno presso la concessionaria Nuova Sport di Roma, dato che l’imputato vi aveva mandato (OMISSIS) detto “(OMISSIS)” (pag. 249); la sottoposizione a una misura non custodiale non dimostra ex se che un soggetto non abbia assunto determinate condotte, posto che l’effettivo rispetto delle prescrizioni imposte e’ rimesso alle decisioni di chi vi e’ sottoposto.
La durata del rapporto con l’associazione non assume rilevanza una volta che, come nella specie, e’ dimostrato il contributo causale recato dalla condotta dell’agente al rafforzamento delle capacita’ operative del clan.
La sentenza impugnata non ignora, anzi si preoccupa di illustrare, l’elemento psicologico del reato precisando che, in base alla ricostruzione ricavata dal materiale probatorio, (OMISSIS) agiva, seppure dall’esterno e non come partecipe, nella consapevolezza e volonta’ di contribuire alla realizzazione, anche parziale, del programma criminoso del sodalizio (Sez. U, n. 33748 del 12/07/2005, Mannino, Rv. 231672) mettendosi a disposizione del clan (OMISSIS), essendo egli aduso, peraltro, a svolgere l’attivita’ di recupero crediti per conto delle organizzazioni criminali.
12.3 Stesso esito ha il terzo motivo (quarto del ricorso avv. Cartolano) concernente l’affermazione di responsabilita’ per i delitti di estorsione (capi A8, A15, A18, A22, A23).
12.3.1 Come detto, non e’ deducibile una violazione di legge processuale per inosservanza dell’articolo 192 c.p.p. (cfr. sopra paragrafo 12.2.1).
12.3.2 Va poi chiarito che e’ destituita di fondamento logico-giuridico l’affermazione per cui l’esclusione della condotta partecipativa al reato di cui al capo A) travolgerebbe anche il concorso nei reati-fine.
Il costrutto non e’ sostenibile:
– vuoi perche’ la premessa maggiore e’ errata: (OMISSIS), anche se non partecipe, e’ concorrente esterno dell’associazione;
– vuoi perche’, sul piano dei rapporti tra fattispecie astratte, la figura del concorso nei reati-fine prescinde dalla partecipazione al sodalizio, mentre, sul piano probatorio, opera, in direzione opposta, il principio per cui e’ consentito al giudice, pur nell’autonomia del reato-mezzo rispetto ai reati-fine, dedurre la prova dell’esistenza e della partecipazione al sodalizio criminoso dalla commissione dei delitti rientranti nel programma comune e dalle loro modalita’ esecutive (Sez. U, n. 10 del 28/3/2001, Cinalli, Rv. 218376).
E’ inammissibile la denuncia di omessa pronuncia sulla richiesta di derubricazione del fatto nel delitto di cui all’articolo 393 c.p., non solo perche’ prospettata in modo generico, ma anche perche’ il rigetto dell’istanza e’ implicito nello stesso inquadramento complessivo delle condotte, inserite in un contesto di azioni di recupero violento di crediti insorti in conseguenza di affari illeciti (usura, stupefacenti, acquisizione “forzata” di crediti insoluti di terzi).
12.3.3 Capo A8.
Sostenere che il coinvolgimento del (OMISSIS) nell’estorsione si ridurrebbe a una telefonata, significa eludere qualunque confronto critico con la motivazione offerta dalla Corte di appello alle pagine 275 e 276.
Le condotte sono ricostruite attraverso plurime telefonate che danno conto del ruolo attivo svolto dal (OMISSIS) nel recupero violento del credito.
La Corte di appello evidenzia come la chiarezza dei dialoghi renda priva di rilievo la “mancanza di riscontri” conseguenti al decesso di (OMISSIS) e alla mancata identificazione di ” (OMISSIS)”.
12.3.2 Capo A15.
Il ricorrente svolge inammissibili argomentazioni in fatto dirette a sminuire la portata complessiva del quadro probatorio emerso a suo carico (cfr. pagg. 276 e 278).
Le dichiarazioni della persona offesa sono state valutate, sin dal primo grado, in ossequio ai criteri di cui all’articolo 192 c.p.p., comma 3: sono vari i passaggi motivazionali in cui si da’ atto della coerenza interna del raccolto del (OMISSIS); le propalazioni del dichiarante sono corroborate dal contenuto delle conversazioni intercettate, nonche’ dai servizi di polizia che attestano la partecipazione personale di (OMISSIS) ai vari incontri.
Affermare che il reato non sarebbe mai giunto a consumazione vuol dire dimenticarsi di quanto scritto dalla Corte di appello proprio nel rispondere alla identica censura formulata con il gravame: “(OMISSIS) fu costretto a cedere le quote della societa’ che gestiva il locale e anche il debito che egli aveva sia nei confronti di (OMISSIS) sia di (OMISSIS), transito’, suo malgrado, al gruppo dei napoletani che, a differenza dei precedenti creditori, a lui legati da rapporti commerciali risalenti, dai quali si sentiva tutelato, era un gruppo criminale che della violenza e dell’intimidazione faceva il solo strumento operativo. L’avvenuta cessione delle quote del “(OMISSIS)” appartenute a (OMISSIS) ha trovato conferma oltre che nel servizio di o.c.p. effettuato dagli operanti nella notte tra il 13 e 14 luglio 2010 nel corso del quale (OMISSIS) (fu visto) incassare i proventi della serata (…) nelle dichiarazioni del teste (OMISSIS) che, nonostante la evidente reticenza, ha confermato la cessione delle quote, cosicche’ la condotta ha raggiunto la fase della consumazione del reato” (pag. 278).
12.3.3 Capo A18.
L’assunto per cui si tratterebbe di un credito lecito del (OMISSIS) e’ generico.
A fronte della diversa ricostruzione del fatto da parte dei giudici di merito, il ricorrente non indica da quale elemento di prova, in tesi trascurato nei precedenti gradi di giudizio, emergerebbe la circostanza.
In ogni caso non sarebbe suscettibile di tutela giurisdizionale la pretesa del (OMISSIS) di imporre a (OMISSIS) la cessione in proprio favore di due autovetture (cfr. Sez. 2, n. 14160 del 06/03/2018, Parigi, Rv. 272757).
La manifesta valenza intimidatoria del complessivo atteggiamento del (OMISSIS) nei confronti del debitore e di espressioni quali “mo stai rovinato (OMISSIS), domani mi metto a casa tua finche’ non mi dai i soldi non me movo” (pag. 280), non merita ulteriore impegno motivazionale, tanto piu’ che nel caso di specie, in ragione delle modalita’ della condotta, e’ stata riconosciuta la circostanza aggravante di natura oggettiva del “metodo mafioso” di cui all’articolo 416-bis.1 c.p. (pag. 281).
12.3.4 Capo A22.
La sentenza impugnata chiarisce che dalle prove raccolte emerge che (OMISSIS) agi’ sia per la esazione di un credito del clan (OMISSIS) sia per la riscossione di un credito proprio di origine illecita perche’ collegato ad attivita’ truffaldine, come ammesso dallo stesso imputato (pagg. 28:1. e 282), facendo ricorso a chiare intimidazioni: “se non vieni te andiamo a casa tua stasera”.
L’evidenza di tali argomenti dissipa le incongrue deduzioni difensive che parlano addirittura di “toni sostanzialmente amichevoli”.
12.3.5 Capo A23
La mancata audizione della vittima del reato di estorsione non rende per cio’ solo illegittima una pronuncia di condanna.
In realta’ l’affermazione di responsabilita’ del (OMISSIS) riposa sul contenuto delle conversazioni telefoniche che, come afferma la Corte di appello “e’ chiaro ed e’ univocamente diretto a documentare la condotta aggressiva e violenta dell’imputato nei confronti della persona offesa, cosicche’ la richiesta di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale nulla potrebbe aggiungere di probatoriamente utile alla ricostruzione della vicenda e va disattesa” (pag. 282).
“Risulta quindi provato che (OMISSIS), con minaccia di un’aggressione fisica nei confronti Bonelli e con l’aggressione a un suo dipendente, tento’ di costringere (la vittima) alla consegna della somma di Euro 9.800,00” (pag. 282).
Sulla pretesa creditoria sottostante la Corte di appello risponde, escludendo che vi sia prova di diritto azionabile in giudizio (pag. 282-283).
La doglianza, reiterata in questa sede, e’ generica.
12.4 E’ inammissibile il quarto motivo a mezzo del quale si denuncia violazione e falsa applicazione della legge penale con riferimento all’articolo 416-bis.1 c.p., e all’articolo 628 c.p., comma 3, nn. 1 e 3.
Si sostiene che, nel commettere i reati estorsivi, (OMISSIS) avrebbe sempre agito con l’intenzione di favorire se’ stesso, come riconosce la stessa Corte di appello in relazione ai capi A18 e A22, e non il clan camorristico capeggiato dal (OMISSIS), dunque l’aggravante di cui all’articolo 416-bis.1 c.p. non sarebbe configurabile sotto nessuno dei suoi due aspetti.
Quanto alla circostanza aggravante prevista dall’articolo 628 c.p., comma 3, nn. 1 e 3, (OMISSIS) e’ stato riconosciuto estraneo al sodalizio mafioso, il che, secondo il ricorrente, porterebbe ad escludere che la violenza o minaccia possa dirsi compiuta da persona appartenente all’associazione di cui all’articolo 416 bis c.p..
Le censure sono generiche e manifestamente infondate.
12.4.1 Innanzitutto per ciascuno degli episodi estorsivi addebitati a (OMISSIS), la Corte di appello indica quali siano gli elementi integranti le aggravanti in rassegna, indicazioni di cui il ricorrente non tiene conto.
12.4.2 In secondo luogo, circa il reato di cui al capo A18, l’aggravante di cui all’articolo 416-bis.1 c.p. e’ stata riconosciuta per il “metodo mafioso” (cfr. parte generale paragrafo 4.4 e sopra 12.3.3), sicche’ non sono pertinenti i richiami alla connotazione “agevolativa”.
Mentre, in relazione al delitto di cui al capo A22, e’ stato precisato che (OMISSIS) ha agito sia per recuperare un credito proprio sia nell’interesse del clan (OMISSIS) (cfr. par. 12.3.4). Ergo l’argomento difensivo rimane travolto dal fatto che gli assunti di partenza non sono rispondenti alla reale ricostruzione della vicenda.
Per i capi A8 e A15 la sussistenza della aggravante e’ di fatto incontestata e viene illustrata rispettivamente alle pagine 276 e 279 della sentenza impugnata.
12.4.3 Sotto il profilo giuridico, nella parte generale si e’ gia’ ricordato che l’aggravante “agevolativa” di cui all’articolo 416-bis.1 c.p., richiede che l’agente deliberi l’attivita’ illecita allo scopo di apportare un vantaggio alla associazione mafiosa; tuttavia tale finalita’ non deve essere esclusiva, ben potendo accompagnarsi a qualsiasi altro scopo di vantaggio, personale, che si coniughi con la volonta’ agevolatrice (cfr. par. 4.4).
Quindi il fatto che (OMISSIS) perseguisse anche scopi personali non e’ ostativo alla configurabilita’ della aggravante in rassegna, risultando in maniera evidente che, nella ricostruzione dei giudici di merito, le estorsioni costituirono la modalita’, consapevolmente attuata, attraverso cui (OMISSIS) rafforzo’ il clan (OMISSIS).
12.4.4 Anzitutto va chiarito che in relazione al capo A18 l’aggravante di cui all’articolo 628 c.p., comma 3, n. 3, e’ stata esclusa, in quanto la Corte di appello ha ritenuto che l’estorsione abbia riguardato il “recupero di un credito personale” attuato con “modalita’ mafiose” (cfr. pag. 281). Il passo della sentenza cita, per errore materiale, il capo A8, tuttavia il riferimento e’ al capo A18 di cui in quel passo come in quelli precedenti si sta trattando, mentre il capo A8 e’ esaminato alle pagg. 275 e 276.
La sussistenza della circostanza aggravante di cui articolo 628 c.p., comma 3, nn. 1 e 3, e’ stata riconosciuta nei casi in cui (OMISSIS) ha agito in concorso con (OMISSIS), (OMISSIS) o (OMISSIS), che egli sapeva essere appartenenti al sodalizio mafioso, resisi anch’essi autori di violenze e minacce.
Pertanto l’argomento difensivo non ha presa.
12.5 Il quinto motivo, sul trattamento sanzionatorio e sulla recidiva, e’ inammissibile.
12.5.1 La Corte di appello ritiene che ostino alla concessione delle circostanze attenuanti generiche la gravita’ dei reati e i precedenti penali dell’imputato (condannato anche per usura continuata commessa dal 2009 al 2012), elementi che superano quelli “di favore valorizzati dal difensore” (pag. 331).
La stessa Corte di appello giustifica l’entita’ della pena inflitta in ragione della “personalita’ negativa dell’imputato che prestava i suoi uffici di esattore per conto di soggetti provenienti da contesti criminali diversi” (pag. 334).
Si tratta di motivazione esente da manifesta illogicita’, che, pertanto, e’ insindacabile in cassazione alla luce dei principi ricordati nella parte generale (paragrafo 5.2).
12.5.2 Con l’atto di appello l’imputato si era limitato a contestare che i nuovi episodi delittuosi qui in contestazione potessero essere considerati espressivi di una sua maggiore pericolosita’ sociale.
A parte l’apoditticita’ dell’assunto, di fronte alla estrema gravita’ dei reati di cui (OMISSIS) si e’ reso responsabile va osservato che la Corte di appello confuta espressamente tale argomento (cfr. pag. 330).
In questa sede il ricorrente “aggiusta il tiro” esplicitando la doglianza nel senso della asserita irrilevanza dei precedenti penali riportati nel casellario giudiziale a carico dell’imputato: due annotazioni degli anni âEuroËœ80 per fatti depenalizzati, una condanna per il delitto di furto, una condanna, successiva di sei anni, per lesioni personali lievis(OMISSIS)e; un’ultima annotazione, risalente al 2004, concernente una sentenza ex articolo 444, per i reati di resistenza e lesioni, reati estinti ai sensi dell’articolo 445 c.p.p., comma 2, e dunque irrilevanti ai fini della recidiva.
In tal modo, tuttavia, si sollecita una rivisitazione del giudizio di pericolosita’ espresso dai giudici di merito, che non puo’ essere demandato al giudice di legittimita’.
Mentre e’ manifestamente infondata la problematica giuridica sottesa.
E’ vero che a mente dell’articolo 445 c.p.p., comma 2, – ove sia stata irrogata una pena detentiva non superiore a due anni soli o congiunti a pena pecuniaria – il reato e’ estinto, se nel termine di cinque anni l’imputato non commette un delitto ed e’ altrettanto vero che in questo caso si estingue ogni effetto penale. Cio’ significa che, al prodursi dell’effetto estintivo, non puo’ tenersi conto della applicazione di pena ex articolo 444 c.p.p., ai fini della recidiva secondo quanto stabilito dall’articolo 106 c.p., comma 2.
Tuttavia nella specie la causa estintiva non si e’ prodotta perche’ entro il termine di cinque anni dal passaggio in giudicato della sentenza ex articolo 444 c.p.p. (19 dicembre 2004) e’ stato commesso un nuovo delitto e in particolare: l’estorsione di cui al capo A8 commessa tra il settembre e il novembre 2009 (non 2010 come erroneamente indicato nella rubrica, cfr. sentenza Corte di appello pag. 250); l’estorsione di cui al capo A15 consumata nel mese di ottobre 2009.
Il termine quinquennale per l’estinzione del delitto oggetto di applicazione della pena su richiesta delle parti decorre dal passaggio in giudicato della sentenza (cfr. da ultimo Sez. 5, n. 19710 del 18/03/2019, Cirillo, Rv. 275921 che si e’ occupata proprio di un caso in cui avendo il ricorrente commesso un nuovo reato entro il quinquennio dal passaggio in giudicato della sentenza relativa a uno dei reati “fondanti” e non essendosi, dunque, estinto il precedente delitto, la Corte ha ritenuto corretta la decisione del giudice di merito che ne aveva tenuto conto ai fini’ della recidiva reiterata infraquinquennale).
13. (OMISSIS) (capo B11)
Il primo motivo e’ fondato.
Va premesso che e’ ammissibile il ricorso per cassazione con il quale si deduce l’intervenuta estinzione del reato per prescrizione maturata prima della sentenza impugnata ed erroneamente non dichiarata dal giudice di merito, integrando tale doglianza un motivo consentito ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), (Sez. U, n. 12602 del 17/12/2015, dep. 2016, Rv. 266819).
Nella specie il termine di prescrizione e’ decorso prima della pronuncia della sentenza di secondo grado per (OMISSIS) (non per (OMISSIS) e (OMISSIS) perche’ a loro carico e’ stata riconosciuta l’aggravante di cui all’articolo 416-bis.1 c.p.).
Invero viene in rilievo il reato di cui al D.R.P. n. 309 del 1990, articolo 73, comma 4, commesso il 29 marzo 2010 (gia’ in primo grado era stata esclusa la circostanza aggravante di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 80, in origine contestata).
Il termine massimo di prescrizione, pari ad anni sette e mesi sei, e’ spirato il 29 settembre 2017.
La conclusione non muta neppure considerando il periodo di sospensione di 180 giorni (90 giorni ex articoli 159 e 304 c.p.p., per termine articolo 544 c.p.p., comma 3, deposito sentenza primo grado e ulteriori 90 giorni per proroga ex articolo 154 disp att. c.p.p. – cfr. sopra paragrafo 8.5.1 a proposito della posizione di (OMISSIS)), poiche’ si arriva alla data del 28 marzo 2018 che e’ comunque anteriore rispetto alla pronuncia della sentenza di secondo grado.
Alla luce della cd. “doppia conforme” di condanna, non emergono elementi che debbano comportare, ex articolo 129 c.p.p., comma 2, il proscioglimento nel merito dell’imputato per il reato in esame (Sez. U., n. 35490 del 28/05/2009, Tettamanti, Rv. 244274).
La sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio per essere il reato di cui al capo B11 (unico ascritto al (OMISSIS)) estinto per prescrizione.
14. (OMISSIS) (capo B13).
Il ricorso e’ fondato limitatamente al punto della recidiva, mentre e’ infondato nel resto.
La memoria del 6 febbraio 2020 e’ inammissibile perche’ tardiva rispetto al termine dilatorio di quindici giorni anteriori all’udienza, il che esime la Corte di cassazione dall’obbligo di esaminarla (Sez. 1, n. 19925 del 04/04/2014, Cutri’, Rv. 259618).
14.1 Il primo motivo, concernente il riconoscimento della circostanza aggravante dell’ingente quantita’ Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, ex articolo 80, comma 2, e’ infondato sotto entrambi i profili dedotti.
14.1.1 Le Sezioni Unite della Corte di cassazione (informazione provvisoria n. 1 del 30 gennaio 2020, ric. Polito) hanno affermato che, anche dopo la modifica del sistema tabellare realizzata per effetto del Decreto Legge 20 marzo 2014, n. 36, mantengono validita’ i criteri dettati dalle Sezioni Unite Biondi (n. 36258 del 24 maggio 2012) sulla individuazione della soglia oltre la quale e’ configurabile l’aggravante della “quantita’ ingente”.
Ne consegue che, con riferimento alle c.d. “droghe leggere”, rimane tuttora fissata la soglia di kg. 2 di principio attivo.
Nel caso in esame gia’ dalla sentenza di primo grado risultava che il quantitativo sequestrato era costituito da 44 Kg di hashish con principio attivo al 7,33 % pari a kg. 3,130, da cui erano ricavabili n. 125.200 dosi.
Il criterio ponderale e’ pienamente rispettato.
14.1.2 L’esito del processo svoltosi a (OMISSIS) a carico di (OMISSIS) e’ irrilevante sotto il profilo della sussistenza della circostanza aggravante di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 80, in quanto, diversamente dall’opinione del ricorrente:
– il Tribunale di Pavia non avrebbe potuto ritenere in sentenza una circostanza aggravante non contestata dal Pubblico ministero, pena la nullita’ in parte qua della decisione ex articolo 522 c.p.p., comma 2;
– il contrasto di giudicati ex articolo 630 c.p.p., comma 1, lettera a), riguarda la contraddizione oggettiva tra i fatti accertati in diverse sentenze irrevocabili, non la diversa valutazione del medesimo episodio da parte di distinte autorita’ giudiziarie in merito alla sussistenza di una circostanza aggravante (cfr. Sez. 3, n. 18016 del 08/01/2019, Eduardo Morejon Rodriguez, Rv. 276080, in motivazione);
– l’articolo 631 c.p.p., circoscrive la revisione, a pena di inammissibilita’ dell’istanza, soltanto ai casi in cui gli elementi da accertare siano tali da dimostrare se accertati, che il condannato deve essere prosciolto a norma degli articoli 529, 530 o 531 c.p.p.. Non rileva invece la sussistenza o meno delle circostanze.
14.2 Il secondo motivo e’ fondato.
14.2.1 Il giudice di appello ha escluso la recidiva reiterata, ritenendo sussistente solo quella infraquinquennale: “valutate le pregresse condanne per violazione legge armi, di cui l’ultima accertata il 4/11/2013 (irrevocabile il 23/1/2014) (…)” (pag. 330).
Va tuttavia osservato che a mente dell’articolo 99 c.p., comma 2, n. 2, il presupposto cd. “formale” della recidiva infraquinquennale e’ rappresentato dalla circostanza che il nuovo delitto non colposo venga commesso nei cinque anni dalla condanna precedente.
Occorre cioe’ che nell’arco di cinque anni antecedenti rispetto alla data di commissione del nuovo delitto non colposo, cd. “espressivo”, sia divenuta irrevocabile la sentenza di condanna per il delitto cd. “fondante” (da ultimo Sez. 3, n. 57983 del 25/09/2018, C., Rv. 274692).
Invero “in tanto puo’ ritenersi configurabile la recidiva, in quanto il nuovo reato sia stato commesso dopo che la precedente o le precedenti condanne siano diventate irrevocabili. E cio’, al di la’ del dato normativo testuale (l’articolo 99 c.p., comma 2, n. 2, fa riferimento alla “condanna precedente” e non alla data di commissione del reato, cosi’ come qualita’ di recidivo semplice ex articolo 99 c.p., comma 1, e’ connessa alla necessaria qualita’ di “condannato” del soggetto cui tale qualita’ e’ riferita), per il semplice motivo che solo il definitivo accertamento di una pregressa responsabilita’ penale puo’ legittimare il giudizio di maggiore pericolosita’ sociale del soggetto insito nella recidiva e della sua eventuale incidenza nella definizione del trattamento sanzionatorio. Profilo cui si coniuga (…) l’ineludibile esigenza che l’autore del “nuovo” reato sia posto in grado di conoscere tutte le conseguenze penali derivanti da precedenti giudicati (commissione di altri reati “precedenti” per anteriore passaggio in giudicato delle relative condanne) e, quindi, anche il proprio status di recidivo reiterato” (Sez. 6, n. 16149 del 03/04/2014, Madeddu, Rv. 259681).
Orbene, nel caso di specie, la Corte di appello ha valorizzato, ai fini della recidiva, soltanto le “pregresse condanne per violazione legge armi di cui l’ultima accertata il 4/11/2013 (irrevocabile il 23/1/2014)”.
La condanna citata – pronunciata, per l’esattezza, il 23 gennaio 2014 e divenuta irrevocabile il 15 febbraio 2014 – non puo’ rilevare ai fini della recidiva siccome successiva alla data di commissione del reato qui in esame (26 gennaio 2011).
L’unica altra condanna per “violazione legge armi” (non espressamente menzionata dalla Corte di appello) risale all”8 ottobre 2002, quindi si pone al di fuori del limite temporale dei cinque anni antecedenti alla data di commissione del reato oggetto del presente procedimento.
Ne’ questa “prima” condanna potrebbe apprezzarsi in termini di “recidiva semplice”, poiche’ nulla e’ detto in questi termini nella sentenza impugnata.
14.2.2 Consegue che la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio limitatamente al riconoscimento della recidiva infraquinquennale, con conseguente eliminazione dell’aumento di pena di mesi due reclusione ed Euro 2.000,00 di multa, applicato a tale titolo.
15. (OMISSIS) (capi A13, A14, A15, A16).
Il ricorso e’ inammissibile.
15.1 Il primo motivo, concernente i delitti di usura di cui ai capi A13 e A14, risulta generico, perche’ non tiene conto delle risposte gia’ ottenute e perche’ risulta estraneo al novero dei vizi deducibili in sede di legittimita’ nella parte in cui richiede alla Corte di cassazione di valutare le prove raccolte.
15.1.1 Le dichiarazioni di (OMISSIS) sono state valutate in ossequio ai dettami dell’articolo 192 c.p.p., commi 3 e 4, in sintonia con i principi ermeneutici elaborati dalla giurisprudenza di legittimita’.
Le Sezioni Unite Marino hanno indicato un percorso logico molto preciso nella valutazione della chiamata di correo, individuando un metodo “in tre tempi” fondato sulla credibilita’ del dichiarante, l’attendibilita’ intrinseca della dichiarazione, l’esistenza di riscontri esterni (Sez. U, n. 1653 del 21/10/1992, dep. 1993, Rv. 192465).
Con un successivo intervento, le Sezioni Unite hanno avuto modo di chiarire che non occorre procedere a compartimenti stagni e che il giudice, ancora prima di accertare l’esistenza di riscontri esterni, deve si’ verificare la credibilita’ soggettiva del dichiarante e l’attendibilita’ oggettiva delle sue dichiarazioni, ma tale percorso valutativo non deve muoversi attraverso passaggi rigidamente separati, in quanto la credibilita’ soggettiva del dichiarante e l’attendibilita’ oggettiva del suo racconto devono essere vagliate unitariamente, non indicando l’articolo 192 c.p.p., comma 3, alcuna specifica tassativa sequenza logica o cronologica (Sez. U., n. 20804 del 29 novembre 2012, dep. 2013, Aquilina, Rv. 255145).
Come noto il riscontro “esterno” consiste in qualsiasi elemento o dato probatorio, anche di carattere logico, non “autosufficiente” (perche’, in caso contrario, la chiamata non avrebbe alcun rilievo, in quanto la prova si fonderebbe su tali elementi esterni e non sulla chiamata di correita’, Sez. 3, n. 44882 del 18/07/2014, Cariolo, Rv. 260607) ma autonomo (vale a dire proveniente da fonte diversa da quella da riscontrare) idoneo a confermare dall’esterno il racconto del dichiarante non solo nella parte concernente la sussistenza del fatto-reato, ma anche in quella relativa alla riferibilita’ dell’azione delittuosa all’indagato.
I riscontri devono essere “individualizzanti”, tali cioe’ da attribuire capacita’ dimostrativa e persuasivita’ probatoria in ordine all’attribuzione del fatto-reato al soggetto destinatario di esse.
Orbene, nella specie, proprio in questi termini ha operato gia’ il Tribunale che ha apprezzato positivamente la consistenza delle dichiarazioni di (OMISSIS), sentito in dibattimento come persona imputata di reato connesso. Il giudice di primo grado ha posto in luce la credibilita’ soggettiva del dichiarante che si e’ autoaccusato di diversi reati in materia di stupefacenti e ha riferito di aver curato, per conto di (OMISSIS), la riscossione di crediti dalle vittime di usura; ha quindi valutato l’attendibilita’ oggettiva del racconto, rinvenendo, infine, rilevanti elementi capaci di confortare dall’esterno le propalazioni del dichiarante.
Sulla medesima linea si e’ posta la Corte di appello che ha ricordato come la vicenda in esame prese le mosse dalla denuncia di (OMISSIS) – il quale, presentatosi agli operanti quale esercente di quote societarie del locale notturno romano, denominato “(OMISSIS)”, dichiaro’ di essere vittima di usura – e si sviluppo’ con il monitoraggio dei momenti finali dell’acquisizione delle quote del “(OMISSIS)”. (OMISSIS) acquisi’ l’intero controllo del locale,, impossessandosi anche delle quote di (OMISSIS) il quale, creditore di (OMISSIS), era a sua volta diventato debitore del (OMISSIS). (OMISSIS) pero’, nel tentativo di evitare la cessione delle sue quote a (OMISSIS), chiese protezione a terzi, il che indusse anche (OMISSIS), a sua volta, a rivolgersi al clan (OMISSIS) per il tramite del proprio cugino (OMISSIS).
All’esito dell’operazione, le quote di (OMISSIS) e il credito che (OMISSIS) vantava nei confronti del (OMISSIS) furono ceduti a (OMISSIS). Il debito di (OMISSIS) fu ceduto al clan (OMISSIS); (OMISSIS), per paura dei nuovi creditori, si rese irreperibile.
Il giudice di secondo grado:
– ha “validato” il giudizio di attendibilita’ delle dichiarazioni di (OMISSIS) espresso dal Tribunale, da cui si evince che (OMISSIS), a seguito di prestiti di denaro a (OMISSIS) e (OMISSIS), si fece corrispondere da costoro interessi usurari in ragione del 10% mensili (pag. 45);
– ha individuato molteplici elementi di riscontro “esterno” costituiti dalle intercettazioni, dai servizi di o.c.p. corredati da fotografie, dalla visura attestante il passaggio delle quote societarie.
In particolare, quanto ai reati di usura descritti ai capi A13, A14, a sostegno delle accuse di (OMISSIS) vengono richiamate le conversazioni telefoniche ritenute piu’ significative.
(OMISSIS) discusse con (OMISSIS) della sua situazione debitoria, lo minaccio’ apertamente di “fare brutte azioni” in caso di una ulteriore protrazione dell’inadempimento, lo convoco’ al cospetto di (OMISSIS) e dei rappresentanti del clan (OMISSIS).
(OMISSIS) rappresento’ al creditore di trovarsi in difficolta’, avanzo’ una proposta di rientro con restituzione di Euro 2.000,00 a settimana, che (OMISSIS) non accetto’ perche’ aveva gia’ coinvolto il clan (OMISSIS) e perche’ rilancio’ la posta chiedendo in pagamento il trasferimento di proprieta’ de “la casa della madre”.
Viene inoltre ravvisato un ulteriore riscontro a seguito del rinvenimento, nel corso della perquisizione del 12/3/2010 presso l’abitazione (OMISSIS), di un’agenda riportante cifre e nomi, tra i quali figurava anche quello di (OMISSIS).
Si tratta all’evidenza di elementi che offrono un collegamento diretto e autonomo (rispetto alle dichiarazioni del (OMISSIS)) tra la persona del ricorrente e lo specifico fatto a questi attribuito.
15.1.2 Il ricorrente non si misura con alcuno di questi elementi, riproponendo tesi confutate sin dal primo grado, nuovamente esaminate e superate dal giudice di secondo, sulla base di una motivazione attenta e priva di cadute logiche (pagg. 287-289).
La lettura dei passaggi argomentativi della sentenza di appello, sopra sintetizzati, rende palese come l’interesse praticato dall’imputato abbia rivestito carattere usurario (il tasso praticato da (OMISSIS) era del 10% mensile, certamente superiore al tasso limite del 16,41% annuo) e come la deposizione di (OMISSIS) sia stata ritenuta non attendibile per le ragioni esposte sia dal Tribunale sia dalla Corte di appello.
15.2 Il secondo motivo, afferente ai capi A15 (estorsione) e A16 (detenzione e porto di arma da fuoco), e’ del pari inammissibile.
Secondo il ricorrente: la prova troverebbe alimento solo nelle dichiarazioni del (OMISSIS), le intercettazioni sarebbero prive di concludenza; la Corte distrettuale avrebbe immotivatamente svalutato le dichiarazioni del (OMISSIS), definendole “irrilevanti”; non avrebbero ricevuto risposta le questioni sollevate con il gravame in merito alla riconducibilita’ del fatto alla ipotesi tentata (valorizzando il dato della mancata formalizzazione del trasferimento delle quote della societa’) e alla sua derubricazione nei reati di violenza privata o di esercizio arbitrario delle proprie ragioni.
Basta scorrere le doglianze per rilevare immediatamente il vizio che le affligge. La violazione di legge o il vizio argomentativo sono solo enunciati, mentre nella sostanza si richiede al giudice di legittimita’ la pura e semplice rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione.
Peraltro il ricorrente offre una prospettazione parziale e selettiva del quadro probatorio a suo carico, che, in realta’, e’ composto non solo dalle dichiarazioni di (OMISSIS), ma anche dalle intercettazioni e dalle verifiche effettuate dalla polizia giudiziaria che hanno consentito di seguire “in diretta” lo svolgimento dell’ultima parte della vicenda.
E’ sufficiente rimandare ai passi della sentenza di appello in cui si ripercorrono analiticamente i fatti (pagg. 44 e ss.) e a quelli in cui si risponde ai motivi di gravame (pagg. 287-289) motivi che, senza alcun approccio critico, vengono riproposti in questa sede, sicche’ sarebbe davvero superfluo (oltreche’ estraneo ai compiti del giudice di legittimita’) riprodurre per la terza volta i mede(OMISSIS)i concetti.
L’avvenuta consumazione del reato di estorsione di cui al capo A15 e’ gia’ stata trattata a proposito della posizione di (OMISSIS) (cfr. sopra paragrafo 12.3.2). La condotta estorsiva si collega alla esazione di un credito usurario, quindi non puo’ dubitarsi della natura illecita del profitto.
Diversamente da quanto lamentato in ricorso, la Corte di appello spiega perche’ le dichiarazioni di (OMISSIS), che il Tribunale ha riprodotto nel dettaglio, debbano considerarsi non pertinenti (pag. 289).
15.3 Il terzo motivo, sul trattamento sanzionatorio, e’ inammissibile.
La sentenza impugnata chiarisce le ragioni per le quali ritiene di non concedere le circostanze attenuanti generiche (gravita’ dei fatti e precedenti penali- pag. 331). Tanto basta alla luce dei principi ricordati al paragrafo 5.2 della parte generale.
La pena inflitta per il reato piu’ grave di cui al capo A15 (anni sette di reclusione ed Euro 2.000 di multa) e’ prossima al minimo edittale previsto (per il reato di estorsione aggravata ai sensi dell’articolo 629 c.p., comma 2, prima del piu’ severo trattamento di cui alla L. n. 103 del 2017); del pari sono molto contenuti gli aumenti applicati ex articolo 81 c.p., comma 2, per ciascuno dei reati satellite (mesi sei di reclusione ed Euro 500 o 250 di multa) sicche’ e’ sufficiente il richiamo generale (cfr. pag. 333) agli elementi di cui all’articolo 133 c.p. (tra le altre Sez. 2, n. 28852 del 08/05/2013, Taurasi, Rv. 256464; Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, Mastro, Rv. 271243).
15.4 Va rammentato che l’inammissibilita’ del ricorso per cassazione preclude la possibilita’ di rilevare d’ufficio, ai sensi dell’articolo 129 c.p.p., e articolo 609 c.p.p., comma 2, l’estinzione del reato per prescrizione maturata in data anteriore alla pronuncia della sentenza di appello (nella specie capo A16), ma non rilevata ne’ eccepita in quella sede e neppure dedotta con i motivi di ricorso (Sez. U, n. 12602 del 17/12/2015, dep. 2016, Ricci, Rv. 266818).
16. (OMISSIS) (capi A15, A22, B23)
Il ricorso e’ infondato, tuttavia deve essere rilevata d’ufficio la sopravvenuta illegittimita’ della pena inflitta per il capo B23, a seguito della pronuncia della Corte costituzionale n. 40 del 2019.
16.1 Il primo motivo, concernente l’identificazione dell’imputato, e’ infondato. I giudici di merito hanno ampiamente chiarito che:
– (OMISSIS) gestiva unitamente a (OMISSIS) il “(OMISSIS)”, sito nel quartiere “(OMISSIS)”, formalmente intestato alle rispettive mogli; sicche’ quando gli interlocutori parlano di (OMISSIS) del (OMISSIS) “cognato” di (OMISSIS) fanno riferimento al (OMISSIS), in termini di certezza e indipendentemente da un reale rapporto di affinita’, perche’ non c’e’ nessun altro uomo, tantomeno “cognato” di (OMISSIS), che lavori in quel bar;
– (OMISSIS) viene identificato dalla polizia giudiziaria quale partecipe alla riunione del 6 ottobre 2009 finalizzata alla cessione delle quote del “(OMISSIS)”;
– la sua presenza non era giustificata dalla attivita’ lavorativa, ne’ era casuale, poiche’ (OMISSIS) si accompagno’ a (OMISSIS) e a (OMISSIS), in piu’ occasioni, anche fuori dall’orario di lavoro, come accadde in relazione all’episodio del ritorno dalla “visita” all’imprenditore nella zona dei ” (OMISSIS)” effettuata per ottenere, con gravi minacce, il pagamento di 500mi1a Euro;
– la voce dell’imputato e’ stata riconosciuta dalla polizia giudiziaria;
– la certezza della individuazione di (OMISSIS), supportata da ampie emergenze probatorie, non e’ scalfita dalla circostanza che (OMISSIS) non lo riconobbe in foto, mentre proprio la mancata individuazione fotografica da parte del (OMISSIS) ne testimoniava l’onesta’ intellettuale.
La linea argomentativa cosi’ sviluppata e’ immune da qualsiasi caduta di consequenzialita’ logica e sorregge adeguatamente il giudizio di superfluita’ di una perizia fonica.
16.2 Il secondo e il terzo motivo sono inammissibili perche’, a ben vedere, non criticano la logicita’ della motivazione, ma sollecitano una rivisitazione del materiale probatorio in ordine agli episodi estorsivi di cui ai capi A15 e A22 e alla cessione di stupefacente di cui al capo B23, gia’ ampiamente scrutinati dalla Corte distrettuale sulla base di una motivazione coerente con i dati richiamati ed immune da vizi logici.
16.2.1 Capo A15.
La cd. “doppia conforme” di condanna si fonda su un solido quadro probatorio composto dalle dichiarazioni di (OMISSIS) in correlazione con i risultati delle intercettazioni telefoniche e dei servizi di osservazione e controllo.
Nel mese di ottobre 2009 (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) costrinsero (OMISSIS) a cedere a (OMISSIS) il 50% delle quote di partecipazione della societa’ “(OMISSIS)”, a parziale soddisfazione del debito contratto per il prestito a usura contestato al capo A14, e a cedere a (OMISSIS) il credito di Euro 60.000,00 che vantava nei confronti di (OMISSIS).
Diverse conversazioni prodromiche o successive agli incontri documentano, attraverso la voce dei protagonisti, il fatto e le condotte di ciascuno degli imputati.
Come gia’ osservato (par. 16.1) la presenza del (OMISSIS) alle riunioni presso il (OMISSIS), rilevata nei servizi di appostamento della polizia giudiziaria, non e’ casuale.
Ne’ tale partecipazione puo’ essere relegata all’ambito della mera connivenza: (OMISSIS) conosce perfettamente l’oggetto degli incontri, e’ consapevole del calibro criminale dei suoi concorrenti, uno dei quali ( (OMISSIS)) e’ il proprio socio in affari.
Dunque e’ corretta, sotto il profilo giuridico, la valutazione dei giudici di merito secondo cui la condotta del (OMISSIS) – consistita nel presentarsi unitamente ai creditori ad esigere il credito e a concordare modalita’ e forme di pagamento realizza un consapevole e volontario contributo materiale e morale in relazione al rafforzamento dell’effetto intimidatorio della pretesa estorsiva ed alla rappresentazione dell’esistenza di un gruppo organizzato (cfr. tra le altre Sez. 2, n. 47598 del 19/10/2016, Loielo, Rv. 268284).
16.2.2 Capo A22.
Analoghe considerazioni valgono per l’imputazione in oggetto che riguarda il concorso di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) con (OMISSIS), condannato con sentenza irrevocabile, nel delitto di estorsione tentata ai danni di (OMISSIS), compiuto al fine di costringere la persona offesa, attraverso condotte minatorie e l’incendio della vettura del figlio, a versare la somma di Euro 45.000,00.
(OMISSIS) e’ il ” (OMISSIS)” autore di due telefonate effettuate per sollecitare il pagamento.
Quanto alla riferibilita’ delle conversazioni al (OMISSIS) i giudici di merito hanno osservato che vi e’ stato il riconoscimento vocale da parte degli operanti, confermato dal contenuto di una conversazione tra (OMISSIS) e (OMISSIS) nel corso della quale il prima avvisa il secondo dicendogli che si sarebbe recato al bar “tanto devo venire pure da (OMISSIS)” “affermazione che si spiega con il fatto che (OMISSIS) e (OMISSIS) gestivano il (OMISSIS)” (pag. 30:1 e 302 sentenza impugnata).
La vicenda di cui al capo A15 dimostra i legami e i rapporti di (OMISSIS) con (OMISSIS) e (OMISSIS) e in tale contesto va interpretato il ruolo del (OMISSIS) che fu quello di ricordare al (OMISSIS) il termine ultimo (“va be’ lo aspetto fino a lunedi’… sappi”).
A tale apparato motivazionale, immune da vizi logici, il ricorrente oppone solo elementi frammentari inidonei a contrastarlo.
16.2.3 Capo B23.
Analoghe considerazioni valgono per il capo B23, che riguarda la cessione di varie partite di cocaina, della quantita’ di 200 grammi ciascuna, da (OMISSIS) a (OMISSIS) e da (OMISSIS) a (OMISSIS), che le distribui’ ad una rete di spacciatori.
La vicenda e’ ricostruita “in fatto” alle pagine 118 e seguenti della sentenza impugnata, sulla scorta delle dichiarazioni rese da (OMISSIS) “del tutto collimanti con i dialoghi monitorati e i servizi di o.c.p. eseguiti che costituiscono solido e adeguato riscontro al dichiarato”.
Come gia’ osservato (cfr. paragrafo 16.1), il Tribunale, prima, e la Corte di appello, poi, spiegano in modo lineare: la irrilevanza del mancato riconoscimento fotografico da parte di (OMISSIS); le ragioni per cui’ (OMISSIS) e’ definito “cognato” di (OMISSIS).
Mentre l’evoluzione della vicenda viene riferita da (OMISSIS), in base non a supposizioni ma ad accadimenti specifici: nel luglio 2009 (OMISSIS), fornitore di stupefacenti di (OMISSIS), condusse (OMISSIS) al cospetto di (OMISSIS); questi, non disponendo di sostanza stupefacente, rinvio’ l’approvvigionamento al settembre successivo, periodo in cui poi effettivamente riforni’ (OMISSIS) di stupefacente (pag. 303304).
Si tratta di argomentazioni prive di cadute logiche che non possono essere rimesse in discussione quanto alla valutazione delle prove raccolte.
16.2.4 Nell’ambito di questo motivo il ricorrente si limita a lamentare la confusione ingenerata dalle sentenze di merito in punto di riconoscimento della circostanza aggravante di cui all’articolo 416 bis.1 c.p.. Non impugna, pero’, in maniera specifica, alcun punto della sentenza.
E’ comunque opportuno fare chiarezza.
L’aggravante in parola:
– e’ stata sicuramente esclusa sin dal primo grado in ordine al capo 1323 – cfr. pag. 637 sentenza Tribunale;
– e’ stata esclusa, nei confronti del (OMISSIS), anche in relazione al capo A15 secondo l’interpretazione che la Corte di appello da’ della decisione di primo grado: “Il rilievo con cui il difensore chiede l’estromissione dell’aggravante di cui alla L. n. 203 del 2001, articolo 7, e’ inammissibile, essendo stata l’aggravante gia’ esclusa dal giudicante” (pag. 301); tanto e’ vero che non apporta alcun aumento di pena a tale titolo (cfr. pag. 335);
– e’ stata ritenuta sussistente per il capo A22 – sia dal Tribunale (pag. 308 sentenza primo grado), sia dalla Corte di appello (pagg. 302 e 303) – avuto riguardo alla metodologia mafiosa e alla finalita’ agevolativa di cui (OMISSIS) era a conoscenza.
Non e’ stata apportato uno specifico aumento di pena per detta aggravante poiche’ il capo A22 e’ stato considerato reato satellite rispetto al reato piu’ grave individuato in quello di cui al capo A15 (cfr. pag. 335 sentenza secondo grado).
16.3 Il quarto motivo e’ inammissibile.
La sentenza impugnata specifica le ragioni considerate ostative alla concessione delle circostanze attenuanti generiche (gravita’ dei fatti e precedente penale per il delitto di lesioni personali – pag. 332). Tanto basta alla luce dei principi ricordati la paragrafo 5.2 della parte generale.
16.4 Il collegio rileva di ufficio che il trattamento sanzionatorio inflitto per il reato satellite di cui al capo 523) e’ divenuto illegale a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 40 del 2019, e deve essere rivisto alla luce della nuova cornice edittale (cfr. sopra paragrafo 5.1).
Consegue l’annullamento in punto di pena per il reato di cui al capo B23) con rinvio per una nuova determinazione.
17. (OMISSIS) (capo A22)
Il ricorso e’ inammissibile.
17.1 Il primo motivo del ricorso a firma dell’avv. (OMISSIS) concerne l’affermazione di responsabilita’ di (OMISSIS) a titolo di concorso nel delitto di tentata estorsione ai danni di (OMISSIS) (capo A22). Si sostiene che la condanna troverebbe fondamento soltanto sul contenuto di due telefonate, non riferibili con certezza al (OMISSIS), nel corso delle quali sarebbero state pronunciate espressioni prive di efficacia intimidatoria.
17.1.1 E’ evidente che viene richiesta una rivalutazione del materiale probatorio, prospettandone una lettura parziale e soggettiva non corrispondente all’ampio portato motivazionale della “doppia conforme” di condanna.
La doglianza, del resto, ricalca l’omologo motivo di gravame, confutato dalla Corte di appello (pag. 319-320), in perfetta sintonia con quanto gia’ rilevato dal giudice di primo grado:
– (OMISSIS) si rese autore di due telefonate effettuate al (OMISSIS) in rapida successione il 12/12/2009 e il 14/12/2009.
– l’identificazione e’ certa poiche’ nel corso delle conversazioni (OMISSIS) fornisce elementi che consentono di risalire a lui (il nome del figlio, il negozio di fiori che gestisce);
– le espressioni utilizzate da (OMISSIS) sono fortemente minatorie;
– nella prima telefonata (OMISSIS) chiama (OMISSIS) e passa il telefono a (OMISSIS), che esordisce: “dove sei-.. e’ quello che gli devi dare i soldi, dimmi dove sei che ti vengo a trova’ subito, subito… uno che ti sfonna di botte subito subito… do âEuroËœ stai-“;
– nella seconda telefonata (OMISSIS) si presenta con il nome di ” (OMISSIS)”, si esprime con inflessione campana, sostiene di essere il nuovo titolare del credito del (OMISSIS): “âEuroËœsta pratica, la pratica tua la tenimmo in mano noi qua… mo ti vengo a piglia’ a casa, a te e a tuo figlio, non ti preoccupare, mo vedi chi sono io… mo ti faccio fare (OMISSIS) all’ospedale, cosi’ vediamo se capisci dopo eh”;
– l’artificioso ricorso alla inflessione campana e’ dimostrativa sia dell’intento di ingenerare particolare timore nella vittima sia della piena consapevolezza del contesto in cui si inserisce la vicenda che faceva capo al clan dei “napoletani” (OMISSIS) e (OMISSIS).
17.1.2 Fermo cio’ va rilevato che la questione posta soffre anche di un errore sotto il profilo giuridico.
Invero l’impostazione monistica del reato plurisoggettivo impone l’equivalenza degli apporti causali alla consumazione dell’azione concorsuale, cosi’ che la realizzazione della singola parte delVazione, convergente verso il fine, consente di attribuire al partecipe l’intera condotta illecita, che rimane unitaria.
17.2 Sono inammissibili il primo e il secondo motivo del ricorso dell’avv. Contrada, con i quali si contesta la sussistenza della circostanza aggravante di cui all’articolo 629 c.p., comma 2, riconosciuta in relazione all’articolo 628, c.p., comma 3, n. 1 (fatto commesso da piu’ persone riunite) e n. 3 (violenza o minaccia posta in esser da persona che fa parte della associazione di cui all’articolo 416 bis c.p.).
17.2.1 La questione giuridica della sussistenza delle “persone riunite” e’ manifestamente infondata.
Come ricorda anche il ricorrente in tema di reato di estorsione le Sezioni Unite hanno stabilito che la circostanza aggravante speciale delle piu’ persone riunite richiede la simultanea presenza di non meno di due persone nel luogo e al momento di realizzazione della violenza o della minaccia (Sez. U, n. 21837 del 29/03/2012, Alberti, Rv. 252518).
“(…) il legislatore ha delineato una fattispecie plurisoggettiva necessaria, che si distingue in modo netto dalla ipotesi del concorso di persone nel reato perche’ la fattispecie circostanziale contiene l’elemento specializzante della “riunione” riferito alla sola fase della esecuzione del reato e, piu’ precisamente, alle sole modalita’ commissive della violenza e della minaccia, potendosi, invece, il concorso di persone nel reato manifestarsi in varie forme in tutte le fasi della condotta criminosa, ovvero sia in quella ideativa che in quella piu’ propriamente esecutiva” (Sez. U, n. 21837 del 29/03/2012, Alberti, in motivazione).
“In definitiva, quindi, la ratio del sensibile aggravamento di pena previsto dall’articolo 629 c.p., comma 2, rispetto alla fattispecie del reato-base, nel caso di condotta estorsiva realizzata da piu’ persone, risiede, come e’ stato autorevolmente osservato, nel dato oggettivo del contributo causale, determinato dal maggiore effetto intimidatorio della violenza o minaccia posta in essere, fornito alla realizzazione del delitto dalla simultanea presenza nel luogo e nel momento della esecuzione della violenza e minaccia dei concorrenti e non quello soggettivo della mera percezione della provenienza della condotta da parte di piu’ persone” (Sez. U, n. 21837 del 29/03/2012, Alberti, in motivazione).
Orbene, a parte che si tratta di circostanza aggravante di natura oggettiva che si comunica ai correi secondo il criterio di imputazione di cui all’articolo 59 c.p., e’ pacifico che la minaccia rivolta da (OMISSIS) a (OMISSIS) nel corso della telefonata del 12 dicembre 2009 fu profferita in presenza del correo (OMISSIS), che gli passo’ la telefonata. Il che consente pacificamene di affermare che il fatto fu commesso da piu’ persone riunite.
17.2.2 In ordine al secondo aspetto della aggravante in parola, i giudici di merito l’hanno agganciata alla persona di Siienti, appartenente alla associazione mafiosa di cui al capo A, e hanno chiarito le ragioni per cui (OMISSIS) era perfettamente consapevole del coinvolgimento del (OMISSIS), persona che conosceva e frequentava (cfr. pagg. 61 e 62, 320 e 321).
Le censure mosse sul punto dal ricorrente involgono il merito del processo e sono pertanto inammissibili.
17.3 Il terzo motivo dell’avv. Contrada e’ manifestamente infondato.
Come gia’ ha osservato dalla Corte di appello, la circostanza attenuante di cui all’articolo 114 c.p., comma 2, e’ incompatibile con la circostanza aggravante del fatto commesso da piu’ persone riunite.
Cio’ in quanto la disposizione dell’articolo 114 c.p., comma 2, secondo cui l’attenuante della minima partecipazione al fatto pluripersonale non si applica quando ricorra una delle circostanze aggravanti delineate dall’articolo 112 stesso codice, e, dunque, quando il numero dei concorrenti sia pari o superiore a cinque, si riferisce anche ai casi nei quali il numero delle persone concorrenti nel reato sia posto a base di un aggravamento della pena in forza di disposizioni specificamente riguardanti il reato stesso (Sez. 2, n. 18540 del 19/04/2016, Vincenti, Rv. 266852; Sez. 6, n. 6250 del 17/10/2002, dep. 2003, Emmanuello, Rv. 225925; Sez. 2, n. 6382 del 08/05/1996, Arcella, Rv. 205409).
17.4 Sono inammissibili i motivi sul trattamento sanzionatorio (quarto e quinto dell’avv. Contrada, secondo dell’avv. (OMISSIS)).
Il trattamento sanzionatorio riservato al (OMISSIS) al quale sono state benevolmente concesse le circostanze attenuanti generiche si’ da sterilizzare l’impatto della circostanza aggravante ad effetto speciale di cui all’articolo 629 c.p., comma 2, – non richiedeva particolare sforzo motivazionale, sufficientemente soddisfatto dal richiamo ai criteri di cui all’articolo 133 c.p., alla luce dei principi generali ricordati al paragrafo 5.2.
18. (OMISSIS) (capi B, B20, B21, B22, Cl, C4 e C6).
Il ricorso e, conseguentemente, la memoria sono inammissibili.
18.1 Il primo motivo, con il quale si eccepisce l’inutilizzabilita’ degli elementi probatori posti a base della affermazione di colpevolezza per violazione dell’articolo 406 c.p.p., e’ generico.
Come ricordato nella parte generale (2.2.3), e’ onere della parte che eccepisce l’inutilizzabilita’ di atti processuali indicare, pena l’inammissibilita’ del ricorso per genericita’ del motivo, gli atti specificamente affetti dal vizio e chiarirne altresi’ la incidenza sul complessivo compendio indiziario gia’ valutato, si’ da potersene inferire la decisivita’ in riferimento al provvedimento impugnato (Sez. U, n. 23868 del 23/04/2009, Fruci, Rv. 243416, che ha affermato il principio proprio in una fattispecie relativa ad atti asseritamente compiuti dopo la scadenza del termine di durata delle indagini preliminari).
Tale onere non risulta assolto dal ricorrente.
18.2 Il secondo e il terzo motivo sono inammissibili.
Anzitutto e’ rimasto inadempiuto l’onere di specificita’ di cui alle Sezioni Unite Fruci (cfr. paragrafo che precede).
Inoltre le questioni poste sono manifestamente infondate per le ragioni indicate nella parte generale ai paragrafi 3.1 e 3.2.
18.3 Sono inammissibili, sotto vari aspetti, il quarto e il quinto motivo che riguardano la partecipazione dell’imputato alla associazione di narcotraffico e la configurabilita’ della circostanza aggravante di cui all’articolo 416 bis.1 c.p..
18.3.1 Anzitutto si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli gia’ dedotti in appello (basta leggerne la sintesi a pagina 203 della sentenza impugnata) e puntualmente disattesi dalla corte di merito, tanto da risultare apparenti, ancora prima che generici, poiche’ omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, Boutartour, Rv. 277710).
Inoltre esulano dal novero di quelli consentiti dall’articolo 606 c.p.p.. Infatti le censure elevate, dietro l’apparente denuncia di violazione di legge o di vizi motivazionali, si traducono nella sollecitazione di un riesame del merito – non consentita in sede di legittimita’ – attraverso la rinnovata valutazione degli elementi probatori acquisiti.
Peraltro le doglianze afferiscono, non di rado, a elementi irrilevanti (cfr. sopra posizione (OMISSIS) e (OMISSIS)) quali: la mancanza di rapporti con (OMISSIS), la limitata durata nel tempo dell’attivita’, il coinvolgimento in tre soli reati-fine. Ne’ l’esclusione, da parte del giudice di appello, della sussistenza della autonoma associazione di cui al capo C) puo’ investire, sul piano logico, la ritenuta partecipazione di (OMISSIS) al sodalizio di cui al capo B).
18.3.2 La Corte distrettuale ha dato conto delle ragioni che l’hanno indotta ad accreditare l’ipotesi accusatoria, sulla base degli elementi ricavati dalle intercettazioni e dai servizi di osservazione e controllo.
(OMISSIS) era persona gia’ inserita nello spaccio di stupefacenti ed e’ stato reclutato dalla associazione di (OMISSIS) come addetto allo smistamento dello stupefacente destinato ai pusher.
L’imputato operava in stretto contatto con (OMISSIS) e (OMISSIS); a cagione dell’organigramma verticistico in cui si strutturava l’associazione, non sono emersi contatti personali con (OMISSIS), che, tuttavia, (OMISSIS) riconosceva come capo, anelando a incontrarlo e omaggiarlo (pag. 263 e 264).
(OMISSIS) si e’ posto a disposizione dell’associazione e ha operato all’interno del sodalizio anche in un periodo cronologicamente successivo all’ultima delle “cessioni” di stupefacente ascrittegli (pagg. 264 e 265).
Grazie ai colloqui con (OMISSIS), intercettati all’interno dell’autovettura di questi, e’ emerso che (OMISSIS) conosceva bene la figura di (OMISSIS) e il clan da lui diretto e sapeva che l’associazione di narcotraffico, nell’ottica dei suoi sodali, era piegata agli interessi del sodalizio mafioso (pagg. 264-265). Tale consapevolezza basta ad integrare l’aggravante agevolativa di cui all’articolo 416 bis c.p. (cfr. sopra parte generale paragrafo 4.4).
La linea argomentativa cosi’ sviluppata e’ immune da qualsiasi soluzione di continuita’ logica, mentre il ricorrente si limita a riproporre, senza elementi di novita’, le medesime doglianze coltivate con il gravame.
18.4 E’ inammissibile il sesto motivo relativo ai capi B20, B21, B22.
Al di la’ degli enunciati formali, il ricorrente contesta la sufficienza della prova raggiunta a suo carico, nonche’ l’interpretazione del contenuto delle conversazioni intercettate.
Si tratta di questioni di merito non demandabili allo scrutinio di legittimita’. 18.4.1 Capo B20.
La Corte di appello offre una congrua lettura delle conversazioni intercettate che le consente di ritenere provati: la cessione di sostanza stupefacente; il pagamento di 3.000,00 Euro, cifra che rappresentava solo una parte del prezzo effettivamente dovuto.
La Corte, per un verso, da’ atto che non e’ possibile stabilire la tipologia dello stupefacente ceduto, sicche’ riconduce il fatto alla ipotesi di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 4; per altro verso, stima che, pur non essendo noto il quantitativo, lo stesso non era esiguo avuto riguardo alla entita’ del corrispettivo versato (Euro 3.000,00) neppure integralmente satisfattivo (pagg. 321 e 322).
La sentenza impugnata si occupa della circostanza aggravante ex articolo 416 bis.1 c.p., elaborando argomenti di cui il ricorrente non tiene conto. In particolare vengono valorizzati i colloqui con (OMISSIS) che lasciano comprendere come (OMISSIS) fosse ben consapevole che la commercializzazione dello stupefacente era funzionale ad agevolare l’associazione di cui al capo A” (pag. 322).
18.4.2 Capo 521.
La sentenza impugnata espone in maniera logica la lettura delle conversazioni intercettate da cui ricava che: lo stupefacente e’ stato consegnato; per il ruolo di corriere, a “(OMISSIS)” e’ stata corrisposta la somma di 500 Euro; essendo ignota la tipologia di sostanza stupefacente, il fatto e’ stato qualificato ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 4; le modalita’ e il corrispettivo previsto per il trasporto ostano al riconoscimento dell’ipotesi di cui al citato articolo 73, comma 5.
Sulla questione della aggravante di cui all’articolo 416 bis.1 c.p., la Corte distrettuale richiama quanto gia’ illustrato per il capo B20 (pag. 323).
18.4.3 Capo 522.
L’analitica ricostruzione del fatto, attraverso la concatenazione delle conversazioni telefoniche (pag. 323), e’ immune da vizi logici e non e’ censurabile.
Anche in questo caso, in assenza di prova sulla natura dello stupefacente commercializzato, viene riconosciuta la fattispecie di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 4.
Il ricorrente non si avvede che, sulla questione della aggravante di cui all’articolo 416 bis.1 c.p., la risposta c’e’ e si trova a pagina 324.
18.5 Per le medesime ragioni e’ inammissibile il settimo motivo con il quale si domanda alla Corte di cassazione di apprezzare non la tenuta logica della motivazione ma la valenza dei risultati delle intercettazioni sui capi C1, C4 e C6.
E’ sufficiente richiamare i passaggi della sentenza impugnata e rilevare che essi, nel dare conto della insostenibilita’ della lettura propugnata dalla difesa, non mostrano alcuna caduta di logicita’:
– sul capo C1 pag. 324;
– capo C4 pagg. 324-325;
– capo C6 pag. 325.
18.6 L’ottavo motivo e’ inammissibile.
18.6.1 Per la inammissibilita’ delle questioni sulla entita’ del trattamento sanzionatorio, per violazione dell’articolo 133 c.p., si rimanda alle considerazioni generali espresse al paragrafo 5.2.
18.6.2 E’ manifestamente infondata la questione sulla dedotta prescrizione dei reati.
Gli argomenti svolti incorrono in due errori: la pretesa estensione a (OMISSIS) della declaratoria di estinzione del reato pronunciata in favore di altri coimputati; l’influenza del giudizio di equivalenza tra le circostanze ai fini della determinazione del tempo necessario a prescrivere.
Sotto il primo profilo va osservato che il termine di prescrizione di un reato non e’ identico per tutti i correi, potendo venire in rilievo circostanze aggravanti di natura soggettiva o condizioni soggettive che incidono sul tempo necessario a prescrivere soltanto per uno o alcuni dei correi, non per tutti.
In particolare in relazione ai reati di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5, (capi C1, C4, C6) il termine di prescrizione del reato non e’ maturato per (OMISSIS). Invero nei suoi confronti e’ stata riconosciuta la recidiva reiterata specifica e infraquinquennale che, quale circostanza ad effetto speciale, incide sul calcolo del termine prescrizionale ordinario, ai sensi dell’articolo 157 c.p., comma 2, (nella specie 6 anni e 8 mesi) e, in presenza di atti interruttivi, anche, contemporaneamente, su quello del termine massimo ex articolo 161 c.p., comma 2, (nella specie anni undici, mesi uno e giorni dieci), senza che cio’ comporti una violazione del principio del “ne bis in idem” sostanziale o dell’articolo 4 del Protocollo n. 7 della CEDU, come interpretato dalla sentenza della Corte EDU del 10 febbraio 2009 nel caso Zolotoukhine c/ Russia, nel cui ambito di tutela non rientra l’istituto della prescrizione (Sez. 5, n. 32679 del 13/06/2018, Pireddu, Rv. 273490). Il primo, in ordine cronologico, deo reati in rassegna (commesso il 29 ottobre 2000) si sarebbe prescritto soltanto il giorno 8 dicembre 2020.
In ordine ai reati di cui ai capi B20, 521 e B22 e’ stata riconosciuta la circostanza aggravante di cui all’articolo 416-bis 1 c.p., in presenza della quale e’ stabilito il raddoppio del termine ordinario di prescrizione e non e’ previsto un termine massimo di prescrizione, nel senso che la prescrizione matura soltanto se, da ciascun atto interruttivo, sia decorso il termine ordinario di prescrizione fissato dall’articolo 157, c.p., e, pertanto, in presenza di plurimi atti interruttivi, e’ potenzialmente suscettibile di ricominciare a decorrere all’infinito (Sez. 2, n. 40855 del 19/04/2017, Giampa’, Rv. 271164).
Riguardo al secondo profilo, ai sensi dell’articolo 157 c.p., commi 2 e 3, il giudizio di bilanciamento e’ irrilevante ai fini del calcolo del termine prescrizionale, sul quale incidono, invece, le circostanze aggravanti ad effetto speciale.
18.6.3 A mente dell’articolo 585 c.p.p., comma 4, l’inammissibilita’ dell’impugnazione si estende ai motivi nuovi proposti con la memoria.
Circa l’illegalita’ della pena per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 40 del 2019, trattandosi di questione rilevabile di ufficio, e’ comunque opportuno chiarire che i fatti-reato in rassegna esulano dell’ambito della suddetta pronuncia “manipolativa” che ha interessato il minimo edittale della pena per il reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 1; infatti le condotte addebitate al (OMISSIS) o sono state ricondotte al reato autonomo del fatto di lieve entita’ di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5, oppure riguardano la diversa fattispecie di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 4, afferente al commercio di cd. “droghe leggere” (cfr. sopra paragrafo 5.1).
19. (OMISSIS) (capi C12, C13, C14, C16).
Il ricorso e’ fondato nei termini di seguito indicati.
19.1 Le eccezioni processuali, sollevate con i primi tre motivi, sono manifestamente infondate per le ragioni gia’ esposte trattando delle identiche questioni proposte con il ricorso di (OMISSIS) (paragrafi 18.1, 18.2).
19.2 E’ fondato, e assorbente limitatamente ai capi C13, C14 e C16, il quinto motivo con il quale si deduce l’intervenuta prescrizione dei reati.
Come gia’ ricordato per le posizioni (OMISSIS) e (OMISSIS), e’ ammissibile il ricorso per cassazione con il quale si deduce l’intervenuta estinzione del reato per prescrizione maturata prima della sentenza impugnata ed erroneamente non dichiarata dal giudice di merito (Sez. U, n. 12602 del 17/12/2015, dep. 2016, Rv. 266819).
Nella specie il termine di prescrizione dei reati di cui ai capi C13, C14 e C16 e’ maturato prima della pronuncia della sentenza di secondo grado (3 ottobre 2018).
Viene in rilievo, in tutti e tre i casi, la fattispecie di cui al D.R.P. n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5, in relazione alla quale il termine massimo di prescrizione e’ pari ad anni sette e mesi sei.
Si ottiene:
– capo C13) commesso il 3 aprile 2010; termine di prescrizione: 3 ottobre 2017;
– capo C14) commesso il 14 aprile 2010, termine di prescrizione: 14 ottobre 2017;
– C16) commesso in data 1 maggio 2010, termine di prescrizione: 1 novembre 2017.
La conclusione non muta neppure considerando il periodo di sospensione di 180 giorni (90 giorni ex articoli 159 e 304 c.p.p., per termine articolo 544 c.p.p., comma 3, deposito sentenza primo grado e ulteriori 90 giorni per proroga ex articolo 154 disp. att. c.p.p. – cfr. sopra paragrafo 8.5.1 a proposito della posizione di (OMISSIS)), poiche’ si arriva, rispettivamente, alle date del 1 aprile 2018, 12 aprile 2018, 30 aprile 2018, comunque anteriori rispetto alla deliberazione della sentenza di appello.
Alla luce della cd. “doppia conforme” di condanna, non emergono elementi che debbano comportare, ex articolo 129 c.p.p., comma 2, il proscioglimento nel merito dell’imputato per i reati in esame (Sez. U., n. 35490 del 28/05/2009, Tettamanti, Rv. 244274).
La sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio per essere i reati in rassegna estinti per prescrizione.
19.3 Residua il capo C12.
Va chiarito che, diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente, si tratta di condanna per il reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 1, e non risulta una riqualificazione, ne’ ad opera del Tribunale ne’ della Corte di appello, considerato che viene in rilievo il commercio di un chilo e mezzo di cocaina.
19.3.1 Il quarto motivo e’ inammissibile.
Come nel ricorso di (OMISSIS), sostanzialmente omologo, le doglianze in punto di responsabilita’ prospettano questioni di fatto, per lo piu’ attinenti alla valutazione del materiale probatorio, che esulano dal novero delle questioni deducibili nel giudizio di legittimita’.
Peraltro il ricorrente non sembra cogliere lo specifico argomento speso dalla Corte di appello a sostegno della affermazione di responsabilita’: una “conversazione in ambientale nel corso della quale (OMISSIS) utilizzo’ un linguaggio chiaro ed esplicito (…) “che vuole che… che gli do Esce un chilo e mezzo” (pag. 267). La Corte distrettuale ritiene che si stesse parlando di cocaina, poiche’ (OMISSIS) era solito trattare detta tipologia di stupefacente (pag. 268).
Questa decisiva emergenza viene completamente trascurata dal ricorrente. 19.3.2 Il quinto motivo e’, per un verso, generico e, per altro verso, manifestamente infondato.
In punto di trattamento sanzionatorio, il ricorso menziona istituti non pertinenti alla posizione del (OMISSIS) (recidiva, giudizio di bilanciamento). La confusione, che cosi’ si ingenera, impone di precisare che all’imputato, gia’ in primo grado, sono state concesse le circostanze attenuanti generiche e che la pena per il reato di cui al capo C12 e’ stata cosi’ determinata dalla Corte di appello: anni otto di reclusione e Euro 45.000,00 di multa; diminuita ex articolo 62 bis c.p., ad anni cinque, mesi quattro di reclusione ed Euro 30.000,00 di multa (pag. 333 sentenza di appello).
Il termine massimo di prescrizione del reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 1, pari ad anni venticinque, non e’ certamente ancora decorso.
19.3.3 E’ fondata la questione sollevata con la memoria del 31 gennaio 2020 in relazione agli effetti della sentenza della Corte Costituzionale n. 40 del 2019.
Il trattamento sanzionatorio inflitto per il capo C12 e’ divenuto illegale e deve essere rivisto alla luce della nuova cornice edittale (cfr. sopra paragrafo 5.1).
Consegue l’annullamento della sentenza impugnata in punto di pena per il reato di cui al capo C12 con rinvio per una nuova determinazione.
20. (OMISSIS) (capi A35, A37)
Il ricorso e’ inammissibile.
(OMISSIS), direttore dell’agenzia n. (OMISSIS), e’ stato riconosciuto colpevole, in concorso con (OMISSIS), (OMISSIS) (e (OMISSIS), separatamente giudicato), del reato di riciclaggio, commesso occultando i proventi dell’attivita’ di spaccio su due conti correnti accesi presso la suddetta filiale: il conto n. 50216 fittiziamente intestato a (OMISSIS); il conto n. 50353 fittiziamente intestato a (OMISSIS) Paola, madre di (OMISSIS).
Il fatto e le fonti di prova (costituiti da intercettazioni telefoniche, testimonianze di polizia giudiziaria, documentazione bancaria) vengono esaminati alle pagine 76 e seguenti della sentenza impugnata.
20.1 II primo motivo e’ inammissibile sotto entrambi gli aspetti in cui si articola.
In primo luogo non e’ deducibile una violazione di legge per inosservanza degli articoli 192 e 533 c.p.p. (cfr. sopra paragrafo 2.2.6).
Mentre la doglianza sul vizio motivazionale per travisamento della prova dichiarativa non risponde ai requisiti necessari per accedere al giudizio di legittimita’.
Il “travisamento della prova” consiste non gia’ nell’errata interpretazione della prova, ma nella palese difformita’ tra i risultati obiettivamente derivanti dall’assunzione della prova e quelli che il giudice di merito ne abbia tratto, compiendo un errore idoneo a inficiare la tenuta dell’intero ragionamento probatorio e rendendo conseguentemente illogica la motivazione.
La deduzione del vizio in rassegna soggiace a rigorosi limiti frutto di consolidata elaborazione giurisprudenziale: “ai fini dell’osservanza del principio di specificita’, e’ necessario che il motivo proposto contenga la compiuta rappresentazione e dimostrazione di un’evidenza – pretermessa o infedelmente rappresentata dal giudicante – di per se’ dotata di univoca, oggettiva ed immediata valenza esplicativa, in quanto in grado di disarticolare il costrutto argomentativo del provvedimento impugnato per l’intrinseca incompatibilita’ degli enunciati” (da ultimo Sez. 1, n. 54281 del 05/07/2017, Tallarico, Rv. 272492).
In particolare, in tema di prova dichiarativa, la configurabilita’ del vizio di travisamento della prova richiede che “la relativa deduzione abbia un oggetto definito e inopinabile, tale da evidenziare la palese e non controvertibile difformita’ tra il senso intrinseco della dichiarazione e quello tratto dal giudice, con conseguente esclusione della rilevanza di presunti errori da questi commessi nella valutazione del significato probatorio della dichiarazione medesima” (Sez. 5, n. 8188 del 04/12/2017, dep. 2018, Grancini,, Rv. 272406; Sez. 5, n. 9338 del 12/12/2012, dep. 2013, Maggio, Rv. 255087; Sez. 4, n. 15556 del 12/02/2008, Trisonno, Rv. 239533).
Nella specie la pretesa del ricorrente di indurre la Corte di cassazione a rivalutare il materiale probatorio conclama la petizione di un sindacato sul significato e la valenza delle dichiarazioni testimoniali di (OMISSIS) e (OMISSIS), radicalmente precluso al giudice di legittimita’.
20.2 Il secondo motivo e’ manifestamente infondato sotto il profilo giuridico e generico nel resto.
A differenza di quanto sostenuto in ricorso, l’elemento soggettivo del reato di cui all’articolo 648-bis c.p., non richiede la “perfetta consapevolezza” della provenienza delittuosa del denaro “riciclato”, poiche’ e’ sufficiente il dolo eventuale.
Secondo ius receptum, in tema di riciclaggio, si configura il dolo eventuale quando l’agente ha la concreta possibilita’ di rappresentarsi, accettandone il rischio, la provenienza del denaro da delitto desumibile dalle circostanze di fatto dell’azione (Sez. 2, Franchini, n. 36893 del 28/05/2018, Rv. 274457; Sez. 2, n. 8330 del 26/11/2013, dep. 2014, Antonicelli,, Rv. 259010).
“Il dolo eventuale, infatti, ricorre quando chi agisce si rappresenta come seriamente possibile, sebbene non certa, l’esistenza dei presupposti della condotta, ovvero il verificarsi dell’evento come conseguenza dell’azione e, pur di non rinunciare ad essa, accetta che il fatto possa verificarsi, decidendo di agire comunque” (Sez. 2, n. 26208 del 09/03/2015, Steinhuslin, in motivazione).
A tali principi si conforma la sentenza (impugnata che, sulla base di precisi elementi di prova ricavati anche dalla “viva voce” dell’imputato, trae il fondato convincimento della consapevolezza in capo al (OMISSIS) non solo della riferibilita’ dei conti a (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), ma anche della provenienza delittuosa dei denari versati; consapevolezza resa manifesta dalla anomala gestione dei conti, movimentati con versamenti in contanti; nonche’ dalle raccomandazioni rivolte ai correi di operare con circospezione, di misurare l’entita’ dei versamenti per non destare sospetti, fino a offrirsi di farsi carico, dietro compenso, dello “scoperto” venutosi a creare (cfr. pagg. 77-78, 273).
Il ricorso omette di confrontarsi con questi decisivi argomenti, incorrendo, dunque, nel vizio di aspecificita’ laddove difetta della necessaria correlazione con le ragioni poste a fondamento del provvedimento impugnato (per tutte Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, Galtelli, in motivazione).
21. (OMISSIS) (capo A30).
Il ricorso e’ inammissibile.
21.1 Il fatto (cfr. pagg. 67 e ss) riguarda l’esazione violenta del debito di 30.000 Euro che (OMISSIS), capo della organizzazione criminale del quartiere di (OMISSIS), vantava nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS), in conseguenza della cessione di una partita di sostanza stupefacente.
Dopo numerose pressioni attuate con minacce di morte da parte di (OMISSIS) e (OMISSIS), (OMISSIS) si rivolge direttamente a (OMISSIS) il quale si impegna a risolvere la questione con (OMISSIS), suo sottoposto.
Alla fine il creditore viene parzialmente tacitato attraverso il trasferimento della proprieta’ dell’autovettura tg (OMISSIS) di (OMISSIS) (pag. 72 sentenza impugnata).
21.2 E’ inammissibile il primo motivo con il quale si deduce violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla affermazione di responsabilita’ dell’imputato per il reato di estorsione di cui al capo A30.
Al di la’ della formale enunciazione, il ricorrente non lamenta una motivazione mancante, contraddittoria o manifestamente illogica – unici vizi della motivazione proponibili ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., lettera e), -, ma una decisione erronea, in quanto fondata su una valutazione asseritamente sbagliata, che non avrebbe adeguatamente considerato le prove in punto di origine lecita del credito (vendita al (OMISSIS), al prezzo 30.000,00 Euro, di capi di abbigliamento in precedenza acquistati da (OMISSIS) a un’asta fallimentare) e di non riconducibilita’ all’imputato di condotte minatorie o violente.
Il controllo di legittimita’, tuttavia, concerne il rapporto tra motivazione e decisione, non gia’ il rapporto tra prova e decisione; sicche’ le censure proposte non rientrano nel novero dei vizi deducibili in sede di legittimita’, poiche’ concernono la ritenuta erroneita’ e/o parzialita’ della valutazione probatoria formulata dal giudice di merito e prospettano una lettura alternativa del compendio probatorio.
21.2.1 La Corte di appello – in sintonia con le medesime considerazioni gia’ svolte dal Tribunale (sintetizzate alle pagine 67 e ss. della sentenza impugnata) – desume l’origine illecita del credito da due elementi, uno di carattere logico e l’altro di natura storica: la vicenda si inserisce nel quadro dei rapporti tra persone che si occupano stabilmente del commercio di sostanze stupefacenti; un colloquio tra (OMISSIS) e (OMISSIS) rivela che il debitore (OMISSIS), attivo nel settore degli stupefacenti e partecipe della associazione di narcotraffico di cui al capo B), aveva giustificato il ritardato pagamento con il fatto che la merce ricevuta era “tutta roba scaduta”, espressione che non e’ riferibile a capi di abbigliamento mentre ben si attaglia alla fornitura di sostanza stupefacente “scadente” (pag. 308 sentenza impugnata).
La stessa Corte esamina gli elementi a favore dell’imputato, che tuttavia ritiene non affidabili in quanto: (OMISSIS), imputato in questo processo per reati attinenti al traffico di stupefacenti, rende dichiarazioni compiacenti che non trovano alcun riscontro in dati documentali che avrebbero dovuto accompagnare quantomeno l’acquisto di capi di abbigliamento all’asta fallimentare da parte del (OMISSIS); le fotografie versate in atti non provano nulla; (OMISSIS), compagna del (OMISSIS), aveva reso una deposizione generica e non conferente; (OMISSIS), all’epoca incaricato delle vendite giudiziarie, aveva smentito un acquisto di stock all’asta fallimentare, ricordando che (OMISSIS) aveva acquistato merce nel corso della vendita al pubblico relativa non a intere partite di capi di abbigliamento ma a quantitativi ridotti; (OMISSIS) aveva escluso, in sostanza, la disponibilita’ di un (OMISSIS)ile quantitativo di merce all’epoca dei fatti (pagg. 73 e 308).
Siffatto percorso argomentativo risulta congruo e coerente, non presenta salti logici e, sotto il profilo della valutazione probatoria, non puo’ essere rimesso in discussione in questa sede.
21.2.2 Una volta dimostrato il concorso, quale mandante, nel reato di estorsione di (OMISSIS), titolare del credito nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS), diviene irrilevante sotto il profilo giuridico che egli abbia materialmente profferito minacce nei confronti dei debitori, avendo incaricato del compito (OMISSIS): “mi ha chiamato, (OMISSIS) mi ha detto… sfonnalo, cioe’ vuole li soldi quello… gli dovete dare i soldi, lo adesso vado li’ e gli sparo… viettilo a ripiglia’, perche’ mo’ te lo faccio a pezzi e te lo butto per strada, lo lascio”.
21.3 I secondo motivo e’ inammissibile.
La sentenza impugnata ancora il giudizio di pericolosita’ sociale:
– alla pregressa sottoposizione alla misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno imposta con decreti del 30 maggio 2001 e 28 aprile 2003 per la durata di anni quattro;
– alle modalita’ della condotta estorsiva” che ha visto l’intervento diretto di (OMISSIS), il quale si rapportava solo con persone ritenute “sue pari”:
(OMISSIS) capeggiava un gruppo criminale attivo nel quartiere di (OMISSIS).
Si tratta di motivazione congrua immune da vizi logici, non censurabile in questa sede.
22. (OMISSIS) (capi A, A2, A3, A5, A42).
Il ricorso e’ inammissibile.
22.1 Anzitutto va rilevato un difetto “intrinseco” di specificita’, che mina in radice l’atto di impugnazione, ai sensi dell’articolo 581 c.p.p., lettera a) e d), e articolo 591 c.p.p., comma 1, lettera c).
Invero nel ricorso manca sia l’indicazione dei capi e dei punti della decisione ai quali si riferisce l’impugnazione, sia l’esposizione dei motivi, con l’indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta.
Il ricorrente propone un solo motivo, nel quale cumula, in modo promiscuo per tutti i punti e capi della sentenza, la denuncia di violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’articolo 1 c.p.p., comma 2, articoli 416-bis, 648-bis, 648-ter, 649 e 192 c.p.p., articolo 111 Cost..
22.2 Ferma la decisivita’ del rilievo che precede, puo’ aggiungersi che – anche a voler separare capi, punti e motivi, compito che non dovrebbe essere demandato alla Corte di cassazione – la censura si sostanzia nella esposizione della propria versione dei fatti, del tutto avulsa non sodo dalla motivazione della sentenza impugnata, ma dagli stessi esiti istruttori.
22.2.1 Capo A.
Richiamate le considerazioni esposte sul tema nella parte generale (cfr. paragrafo 4.1), va rilevato che le censure sollevate da (OMISSIS) sulla sussistenza della associazione mafiosa non raggiungono la soglia di ammissibilita’ (Sez. U, 30/4/1997, n. 6402, Dessimone, Rv. 207944) poiche’ infarcite da considerazioni di “merito” che vorrebbero spingere la Corte di cassazione a una “rilettura” della intera ricostruzione del fatto.
Lo stesso vizio affligge le doglianze in punto di attribuibilita’ al (OMISSIS) della veste di “concorrente esterno”.
Secondo i giudici di merito (OMISSIS), non inserito stabilmente nella struttura organizzativa dell’associazione e privo dell'”affectio societatis”, ha fornito un concreto, specifico, consapevole e volontario contributo al sodalizio mafioso, rafforzandone le capacita’ operative (Sez. U, n. 33748 del 12/07/2005, Mannino, Rv. 231671).
In forza della puntuale ricostruzione delle conversazioni intercettate in uno ai riscontri dei servizi di osservazione e controllo, i giudici di merito hanno ritenuto che il ricorrente mise la propria pluridecennale esperienza nel campo degli orologi di pregio a disposizione dell’associazione, fornendo al clan (OMISSIS), con carattere di stabilita’, sia un canale sicuro per il riciclaqgio dei proventi illeciti sia un settore di espansione nella economia lecita.
(OMISSIS) era a conoscenza della struttura organizzativa del clan e della sua composizione, come mostra il contenuto delle conversazioni intercettate (tra le altre quella in cui (OMISSIS) trasmette a (OMISSIS) le direttive di (OMISSIS), prog. 23626 del 13/ 7/2010 oppure quella in cui (OMISSIS) si lamenta con (OMISSIS) del modo sconsiderato di agire di (OMISSIS) in danno dell’intero gruppo “questo vuoi dire che inquadrando lui, si inquadra tutta la situazione”) e come risulta dai fotogrammi estrapolati dal sistema di videosorveglianza collocato presso’ il (OMISSIS), che documentano vari incontri tra (OMISSIS) e diversi membri del clan ( (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS)) compreso (OMISSIS) (pagg. 252 e 253 sentenza impugnata).
Questi passaggi argomentativi – logici e coerenti, sorretti da una scrupolosa disamina delle fonti di prova – non vengono scalfiti dai rilievi opposti dal ricorrente che si arrestano alla prospettazione di una diversa ricostruzione dei fatti, sostenuta da argomenti gia’ confutati dalla Corte di appello (cfr. pagg. 253 e 254 sul rapporto con il clan e non con il solo (OMISSIS)).
22.2.2 Capo A2.
(OMISSIS) e’ stato riconosciuto responsabile del reato di riciclaggio per avere occultato, al fine di ostacolarne l’identificazione dell’illecita provenienza, somme di denaro non inferiori a due milioni di Euro provento del traffico di stupefacenti gestito da (OMISSIS).
Secondo i giudici di merito (pagg. 31 e ss.) la prova del fatto proviene dalla voce di (OMISSIS) stesso, che ripercorre la vicenda nel corso di una conversazione con (OMISSIS) avvenuta il 3 gennaio 2010: (OMISSIS) riferi’ a (OMISSIS) che (OMISSIS) era solito affidargli la custodia di orologi, che in un’occasione (OMISSIS) gli consegno’ una somma di denaro in contanti che lui custodi’ in una cassetta di sicurezza; che egli sostituiva via via le banconote con altre; che si verifico’ una ingente sottrazione ad opera di “tale (OMISSIS)”.
Successive conversazioni tra (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno permesso di chiarire che tale somma ammontava quanto meno a due milioni di Euro e che apparteneva in parte a (OMISSIS) e in parte a (OMISSIS).
Si trattava certamente di somma di provenienza illecita, poiche’ come si afferma durante una conversazione (OMISSIS) l’aveva occultata non potendo giustificarne il possesso.
Osserva la Corte di appello che “le modalita’ di custodia e il perdurante affanno nell’esecuzione del cambio di banconote, dimostrano che (OMISSIS) si rappresento’, quantomeno, la concreta possibilita’ della provenienza illecita del denaro custodito e ne accetto’ il rischio” (pag. 310).
Questa prova, offerta dalla viva voce dei protagonisti (cfr. Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263714, vedi sopra parte generale 3.1.5), viene ignorata dal ricorrente che si limita a narrare la vicenda dalla propria personalissima visuale, senza alcun aggancio al testo del provvedimento impugnato.
22.2.3 Capi A3 e A5.
Il fatto, ricostruito alle pagine 34 e seguenti della sentenza di appello sulla scorta delle emergenze documentali e delle deposizioni della polizia giudiziaria, concerne il reimpiego illecito di capitali di provenienza delittuosa, forniti da (OMISSIS) a (OMISSIS) e utilizzati per l’acquisto di un immobile sito in (OMISSIS) (capo A3); immobile successivamente rivenduto, al fine di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniali, con attribuzione a (OMISSIS), sorella dell’imputato, della intestazione fittizia del conto corrente acceso presso l’agenzia (OMISSIS) per l’accredito del prezzo ricavato dalla vendita del predetto immobile (capo A5).
La responsabilita’ dell’imputato viene tratta dal raccordo tra elementi logici e dati fattuali: (OMISSIS) era solito prestarsi ad attivita’ di riciclaggio per conto del (OMISSIS); (OMISSIS) non disponeva di redditi che gli consentissero di acquistare l’immobile di (OMISSIS) (i suoi redditi familiari si aggiravano all’epoca intorno agli 11.000/12.000 Euro annui); il conto presso la BNL fu aperto in prossimita’ della vendita dell’immobile, venne impiegato solo per accreditarvi il prezzo di vendita, a distanza di tre giorni dalla apertura del conto (OMISSIS) aveva rilasciato una delega a operare in favore di (OMISSIS).
Come gia’ accaduto in sede di gravame (cfr. pag. 310 sentenza impugnata), il ricorrente si limita a contrapporre la propria versione alla attenta analisi delle prove svolta dai giudici di merito, senza farsi carico di un confronto critico con gli argomenti posti a fondamento della “doppia conforme” di condanna.
Allo stesso modo va censurato l’errore metodologico che si annida in diversi passaggi del ricorso quando, a fronte di rilevanti emergenze probatorie a carico dell’imputato, si sovverte l’ordine del ragionamento logico in modo da interpretare quei dati come elementi a discarico: l’esistenza di una delega rilasciata da (OMISSIS) in favore di (OMISSIS) renderebbe palese la riferibilita’ del rapporto bancario al delegato e, dunque, insussistente l’ipotesi di un “mascheramento”.
Un ragionamento siffatto non puo’ trovare ingresso nel procedimento penale, poiche’ condurrebbe al risultato inaccettabile per cui a una maggiore consistenza dell’elemento a carico, corrisponderebbe una minore valenza inferenziale rispetto alla prova della responsabilita’, legittimando conclusioni assurde (ad esempio: se fosse stato l’imputato non avrebbe utilizzato la pistola registrata a suo nome).
Si tratta di petizioni di principio le quali finiscono con il postulare cio’ che intendono dimostrare.
In altre parole, il vizio di tale ragionamento, nella dinamica della dimostrazione, riposa nel fatto che non si propone una “verita’ argomentata”, ma si chiede una “adesione acritica ed intuitiva” alla interpretazione dei fatti ed alla soggettivita’ del loro autore.
22.2.4 Capo A42.
L’imputazione e’ relativa al concorso di (OMISSIS) con (OMISSIS) e (OMISSIS), direttore della filiale n. (OMISSIS), nell’attribuzione fittizia a (OMISSIS) della titolarita’ del conto corrente n. (OMISSIS) acceso il 19 gennaio 2010, lasciato alla effettiva disponibilita’ del (OMISSIS), al fine di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniali (pagg. 79 e ss. sentenza impugnata).
Anche in questo caso la censura si risolve in una petizione di principio (cfr. paragrafo che precede) che, invece di misurarsi con la motivazione della sentenza impugnata (cfr. pag. 309), fa leva sul fatto che l’intestazione del conto a (OMISSIS) non servirebbe a mimetizzare i capitali illeciti del (OMISSIS), essendo chiaro e immediatamente percepibile il legame tra i due.
23. (OMISSIS) (capo B21).
Il ricorso e’ inammissibile.
23.1 Il primo motivo, che concerne l’affermazione di responsabilita’ dell’imputato, e’ manifestamente infondato oltre che generico.
23.1.1 Va subito chiarito che la requisitoria scritta del Pubblico ministero e’ una memoria di parte che puo’ essere prodotta ai sensi dell’articolo 121 c.p.p..
L’atto e’ del tutto privo di valenza probatoria dunque non si espone a profili d’inutilizzabilita’, che possono attenere, ai sensi dell’articolo 191 c.p.p., soltanto alle prove.
La doglianza peraltro e’ generica laddove non indica in quale parte della sentenza impugnata sarebbero stati utilizzati gli atti di indagine citati dal pubblico ministero in luogo delle prove raccolte in dibattimento nel contraddittorio delle parti.
23.1.2 L’impianto motivazionale delle sentenze di primo e secondo grado e’ coerente e lineare rispetto alla identificazione di (OMISSIS) quale utilizzatore delle utenze telefoniche in rilievo (pag. 311 sentenza impugnata).
La Corte di appello osserva che l’interlocutore del (OMISSIS) si presento’ come (OMISSIS) e gli ricordo’ che lo aveva chiamato il fratello per suo conto. In effetti la conversazione era stata anticipata da un uomo di nome ” (OMISSIS)”, che aveva chiamato (OMISSIS) per conto di ” (OMISSIS)”.
Questo elemento viene raccordato alla successione dei colloqui che – seppur effettuati con diverse utenze (tra cui quella n. (OMISSIS) intestata (OMISSIS), nato in (OMISSIS) e residente in (OMISSIS)) – sono logicamente riferibili al (OMISSIS),.
La conclusione ha trovato conferma nelle dichiarazioni del capitano (OMISSIS) che riferisce del riconoscimento vocale del (OMISSIS).
E’ irrilevante la circostanza che detto riconoscimento non sia stato effettuato “direttamente” dal dichiarante; e’ pacifico, infatti, che il testimone di polizia giudiziaria puo’ riferire sugli accertamenti svolti da altri ufficiali o agenti nello stesso contesto investigativo (tra le altre Sez. 3, n. 6116 del 14/01/2016, Tartarelli, Rv. 266284; Sez. 6, n. 53174 del 27/09/2018, Rv. 274614), giacche’ non torna applicabile l’articolo 195, c.p.p. ne’ ricorre alcuna altra causa di inutilizzabilita’ o nullita’ (cfr. sopra parte generale paragrafo 3.2.3).
23.1.3 L’ulteriore doglianza – con cui si contesta la valutazione delle prove e l’interpretazione delle conversazioni intercettate – si rivela generica laddove evita di confrontarsi con la struttura logica del provvedimento impugnato, limitandosi a prospettare una diversa ricostruzione del fatto.
La sequenza dei dialoghi ha consentito ai giudici di merito di tracciare con precisione i comportamenti degli imputati e di comprendere i passaggi dello stupefacente prima “a monte” da (OMISSIS) e (OMISSIS) a (OMISSIS), tramite la consegna al corriere (OMISSIS) detto “(OMISSIS)” di mezzo chilo di sostanza stupefacente (non identificata nella tipologia), poi nello smistamento “a valle” da (OMISSIS) in parte verso (OMISSIS) (pag. 312) in parte verso: (OMISSIS). I dialoghi tra (OMISSIS) e (OMISSIS) sono stati decrittati dalla Corte di appello sulla base di argomenti immuni da vizi logici (cfr. Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715, sopra parte generale 3.1.5).
La circostanza che la sostanza stupefacente non sia stata sequestrata non elide, di per se’, la valenza probatoria dei risultati intercettativi, ma impone al giudice di valutare quei risultati, ai sensi dell’articolo 192 c.p.p., comma 2, con particolare attenzione e rigore e, ove siano prospettate piu’ ipotesi ricostruttive del fatto, la scelta che conduce alla condanna dell’imputato deve essere fondata in ogni caso su un dato probatorio “al di la’ di ogni ragionevole dubbio”, caratterizzato da un alto grado di credibilita’ razionale (Sez. 6, Sentenza n. 27434 del 14/02/2017, Albano, Rv. 270299).
Nella specie la Corte di appello si e’ preoccupata di sondare la tenuta della ipotesi alternativa prospettata dalla difesa (mero incontro tra soggetti legati da vincoli di parentela), pervenendo tuttavia ad escludere, motivatamente, che fosse una strada percorribile alla luce del contenuto dei dialoghi intrattenuti il 9 novembre 2009, ritenuto non congruo rispetto a tale tematica (pag. 312) e compatibile invece con il traffico illecito di stupefacenti, oggetto precipuo dell’attivita’ di (OMISSIS).
23.2 Il secondo motivo e’ generico.
Il ricorrente pone l’accento sulla circostanza che, essendo ignoto il quantitativo di sostanza stupefacente ceduta, il fatto avrebbe dovuto essere ricondotto alla ipotesi di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5, cosi’ come, nella ignoranza della tipologia dello stupefacente, il giudice di merito aveva riqualificato la condotta ai sensi del citato articolo 73, comma 4.
Tuttavia il dato qualitativo e quantitativo della sostanza commercializzata costituisce solo uno degli indici di riferimento in presenza dei quali la minima offensivita’ puo’ essere riconosciuta, dovendosi avere riguardo anche agli altri parametri richiamati dalla disposizione (mezzi, modalita’, circostanze dell’azione), con la conseguenza che, ove uno degli indici previsti dalla legge risulti negativamente assorbente, diviene irrilevante l’eventuale presenza degli altri (per tutte Sez. U, n. 17 del 21/06/2000, Primavera, Rv. 216668; Sez. U, n. 35737 del 24/06/2010, Rico, Rv. 247911).
Nella specie il giudice di secondo grado ha escluso la configurabilita’ del fatto di lieve entita’ non per la qualita’ e quantita’ dello stupefacente ceduto, ma in ragione di una valutazione complessiva del caso concreto, che si inserisce in un “circuito di commercio professionale di stupefacenti” (pag. 313).
Il ricorso non si misura con questo rilievo, incorrendo nel vizio di aspecificita’.
24. (OMISSIS) (capi B20, B21).
Il ricorso e la memoria sono inammissibili.
L’atto di impugnazione ricalca, nella sostanza, quello proposto da (OMISSIS), esponendosi alle medesime censure.
24.1 Le eccezioni processuali coltivate con i primi tre motivi sono inammissibili per le medesime ragioni esposte a proposito della posizione (OMISSIS) (cfr. sopra paragrafi 18.1 e 18.2).
24.2 E’ inammissibile il quarto motivo relativo ai capi B20, B21.
24.2.1 Al di la’ degli enunciati formali, il ricorrente contesta la sufficienza della prova raggiunta a suo carico, nonche’ l’interpretazione del contenuto delle conversazioni intercettate.
Si tratta di questioni di merito non dernandabili allo scrutinio di legittimita’ (cfr. sopra paragrafo 18.4).
E’ sufficiente richiamare da un lato le considerazioni gia’ svolte in relazione al correo (OMISSIS) (cfr. paragrafi 18.4.1 su capo B20 e 18.4.2 su capo B21) e dall’altro i passaggi della sentenza impugnata, rilevando che questi ultimi, nel porre le intercettazioni in connessione tra loro e nel dare conto della insostenibilita’ della lettura prospettata dalla difesa, non mostrano alcuna caduta di logicita’:
– sul capo B20, pagg. 313-314: (OMISSIS), incaricato da (OMISSIS), effettua la consegna della somma di 3.000,00 Euro nelle mani di (OMISSIS) a titolo di pagamento dello stupefacente ceduto;
– capo B21, pag. 314: (OMISSIS), su incarico di (OMISSIS), consegna una parte dello stupefacente a (OMISSIS).
Va chiarito poi che nell’editto accusatorio la circostanza aggravante di cui all’articolo 416-bis.1 c.p., viene contestata a (OMISSIS) solo in relazione al capo B20, non anche per il capo B21 rispetto al quale la finalita’ agevolativa e’ riferita solo a (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS).
Si trova a pagina 314 la risposta, che secondo il ricorrente sarebbe stata omessa, sulla configurabilita’ anche nei confronti di (OMISSIS), per il reato sub B20, della circostanza aggravante in rassegna: la consapevolezza in capo all’imputato del fine, perseguito dai correi, di agevolare il clan (OMISSIS), viene desunta dalla conoscenza dell’ambiente, del contesto e dei personaggi che si muovevano attorno a quel commercio e in particolare di (OMISSIS).
24.3 Medesima sorte segue il quinto motivo con cui si invoca la prescrizione dei reati e l’eccessiva severita’ del trattamento.
24.3.1 Come rilevato a proposito del ricorrente (OMISSIS) (par. 18.6.2) per il capo B20 e’ stata riconosciuta la circostanza aggravante di cui all’articolo 416 bis.1 c.p., in presenza della quale e’ stabilito il raddoppio del termine ordinario di prescrizione e non e’ previsto un termine massimo di prescrizione, nel senso che la prescrizione matura soltanto se, da ciascun atto interruttivo, sia decorso il termine ordinario di prescrizione fissato dall’articolo 157 c.p., e, pertanto, in presenza di plurimi atti interruttivi, e’ potenzialmente suscettibile di ricominciare a decorrere all’infinito (Sez. 2, n. 40855 del 19104/2017, Giampa’, Rv. 271164).
Mentre per il capo B21, e’ stata contestata e riconosciuta la circostanza aggravante ad effetto speciale della recidiva reiterata (articolo 99 c.p., comma 4, prima parte) che incide (cfr. sopra paragrafo 18.6.2) sul calcolo del termine prescrizionale sia minimo (anni nove) sia massimo (anni quindici). Il termine prescrizionale massimo del reato in rassegna (commesso il 26 settembre 2009) e’ ben lungi dall’essere decorso.
24.3.2 Quanto alla inammissibilita’ delle questioni sulla entita’ del trattamento sanzionatorio, per violazione dell’articolo 133 c.p., si rimanda alle considerazioni generali espresse al paragrafo 5.2.
24.4 A mente dell’articolo 585 c.p.p., comma 4, l’inammissibilita’ dell’impugnazione si estende ai motivi nuovi proposti con la memoria. Circa l’illegalita’ della pena per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 40 del 2019, trattandosi di questione rilevabile di ufficio, e’ comunque opportuno chiarire che i fatti-reato in rassegna concernono la fattispecie di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 4, (cfr. sopra paragrafo 5.1) e pertanto esulano dell’ambito della pronuncia manipolativa della Corte costituzionale n. 40 del 2019 che ha interessato il minimo edittale della pena per il reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 1.
25. (OMISSIS) (capo B9).
Il ricorso e’ inammissibile.
25.1 L’imputazione e’ relativa al concorso di (OMISSIS) con (OMISSIS), arrestato e giudicato separatamente, per la cessione a (OMISSIS) di kg. 208,841 di hashish, nonche’ per la detenzione, in concorso con lo stesso (OMISSIS) e (OMISSIS), di kg. 158,750 di hashish.
Si tratta della vicenda che il 16 novembre 2009 porta ad operare due arresti:
– il primo, effettuato alle ore 15,35 in via della (OMISSIS), strada che incrocia via del (OMISSIS), nei confronti (OMISSIS) trovato in possesso di 206,841 kg di hashish riposto all’interno della sua autovettura Fiat Panda di colore azzurro tg (OMISSIS);
– il secondo, alle successive ore 22,30, nei confronti di (OMISSIS), il quale aveva la disponibilita’ dei locali di via del Frantoio n. 56 al cui interno erano occultati altri 158,750 kg di hashish, custoditi in valigie e buste.
25.2 Il primo motivo e’ inammissibile.
I verbali di osservazione e controllo, con le riprese fotografiche connesse, costituiscono atti irripetibili ai sensi e per gli effetti di cui all’articolo 431 c.p.p., lettera b), in quanto riproducono fatti e persone individuati in situazioni soggette a mutamento; l’irripetibilita’ deriva dall’impossibilita’ di riprodurre al dibattimento la situazione percepita e rappresentata in un determinato contesto temporale, spaziale e modale non rinnovabile (Sez. U, n. 4 del 28/10/1998, dep. 1999, Barbagallo, Rv. 212758).
Da tali atti differiscono le relazioni di servizio che sono prive del carattere della irripetibilita’ laddove contengano soltanto la descrizione delle attivita’ di indagine, esauritesi con la loro esecuzione e suscettibili di essere descritte in dibattimento, nel contraddittorio delle parti, senza la perdita di alcuna informazione probatoria (Sez. U, n. 41281 del 17/10/2006, Greco, Rv. 234906).
Ovviamente quel che rileva non e’ il nome assegnato all’atto dalla polizia giudiziaria, ma il suo contenuto, non potendo peraltro revocarsi in dubbio che un verbale potrebbe contenere una parte irripetibile (es. sequestro di una cosa) e una parte ripetibile (dichiarazioni di una persona che ha assistito ai fatti).
Il ricorrente da’ prova di dominare concetti e distinzioni, laddove richiama la motivazione delle Sezioni Unite Greco (sopra cit.) e concorda sul fatto che le tre annotazioni di servizio in questione presentano una parte ripetibile e una parte irripetibile.
Ma allora era onere del ricorrente indicare, in maniera specifica, quali fossero quelle parti “ripetibili” alle quali i giudici di merito avrebbero assegnato valenza decisiva, traendone illegittimamente risultati di prova non altrimenti emersi dalla istruttoria dibattimentale (ad esempio dalla deposizione testimoniale della polizia giudiziaria che su quella attivita’ ha riferito).
Onere tanto piu’ stringente laddove si ponga mente al fatto che, secondo quanto rilevato nelle sentenze di merito, la vicenda e’ stata ricostruita anche grazie alla testimonianza resa dal maggiore (OMISSIS) all’udienza del 10 febbraio 2016.
In altre parole la censura sulla inutilizzabilita’ delle parti ripetibili delle tre annotazioni di polizia giudiziaria non chiarisce l’incidenza di quelle “parti” sul complessivo compendio probatorio a carico dell’imputato – composto dai risultati delle intercettazioni telefoniche, dalle parti irripetibili delle annotazioni medesime e dalle deposizioni testimoniali – si’ da potersene inferire l’effettiva incidenza sull’esito decisorio (Sez. U, n. 23868 del 23/04/2009, Fruci, Rv. 243416).
25.2 I secondo motivo e’ inammissibile.
La censura isola un singolo elemento che reputa travisato: le modalita’ di pedinamento del (OMISSIS).
In realta’ i giudici di merito, con la doppia conforme di condanna, hanno ritenuta provata la responsabilita’ del (OMISSIS) ponendo in correlazione tra loro, secondo una precisa scansione causale e spazio-temporale, plurimi elementi provenienti da diversi fonti di prova che vengono analiticamente esposti nella sentenza di primo grado (pagg. 507-519) per poi essere richiamati in sintesi, a piu’ riprese, nel corso della motivazione di appello (pagg. 98-100, pag. 271, pag. 326): i contatti dell’utilizzatore dell’utenza 3279866765 con (OMISSIS) e (OMISSIS) in relazione all’accordo finalizzato alla cessione della sostanza stupefacente (che veniva poi sequestrata); la accertata presenza del (OMISSIS) all’appuntamento fissato per telefono presso il fabbricato di via del Frantoio n. 56 che era il luogo dove poi e’ stata rinvenuta la seconda partita di stupefacente sequestrato.
Questo costrutto argomentativo, immune da vizi logici, non viene intaccato dalla circostanza che gli operanti avessero perduto le tracce di (OMISSIS) dopo le ore 15:04, rivelando la genericita’ della doglianza.
26. Gli argomenti svolti conducono a:
– annullare senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS), perche’ il reato a lui ascritto (capo B11) e’ estinto per prescrizione;
– annullare senza rinvio la sentenza impugnata in ordine al reato di cui al capo Al) ascritto a (OMISSIS) limitatamente alla violazione della prescrizione di non aver rispettato le leggi, perche’ il fatto non e’ previsto dalla legge come reato, eliminando la relativa porzione di pena di mesi tre di reclusione, invariata, ex art, 78 c.p., la pena finale di anni trenta di reclusione; rigettare nel resto il ricorso di (OMISSIS);
– annullare senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla pena inflitta a (OMISSIS), da rideterminare in quella di anni venti di reclusione; rigettare nel resto il ricorso;
– annullare senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) per i reati di cui ai capi C13, C14 e C16, perche’ estinti per prescrizione e annullare la medesima sentenza in punto di pena inflitta per il capo C12, con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Roma per la rideterminazione del trattamento sanzionatorio;
– annullare la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) limitatamente all’aumento di pena per il reato di cui al capo B12) e di (OMISSIS) limitatamente all’aumento di pena per il capo B23), con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Roma per nuovo esame su detti punti; rigettare nel resto i ri (OMISSIS);
– annullare senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) limitatamente ai reati di cui al capo A31, perche’ estinti per prescrizione, eliminando la relativa pena di mesi sei di reclusione; rigettare nel resto il ricorso;
– annullare senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) limitatamente al riconoscimento della recidiva infraquinquennale, escludendo il relativo aumento di pena di mesi due reclusione ed Euro 2.000,00 di multa; rigettare nel resto il ricorso;
– rigettare i ricorsi di (OMISSIS) e (OMISSIS), con condanna al pagamento delle spese processuali;
– dichiarare inammissibili i ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), con condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 ciascuno in favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS), perche’ il reato a lui ascritto (capo B11) e’ estinto per prescrizione.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata in ordine al reato di cui al capo Al) ascritto a (OMISSIS) limitatamente alla violazione della prescrizione di non aver rispettato le leggi, perche’ il fatto non e’ previsto dalla legge come reato, elimina la relativa porzione di pena di mesi tre di reclusione, invariata, ex art, 78 c.p., la pena finale di anni trenta di reclusione; rigetta nel resto il ricorso.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla pena inflitta a (OMISSIS) che ridetermina in anni venti di reclusione; rigetta nel resto il ricorso.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) per i reati di cui ai capi C13, C14 e C16, perche’ estinti per prescrizione e annulla la medesima sentenza in punto di pena inflitta per il capo C12, con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Roma per la rideterminazione del trattamento sanzionatorio.
Annulla la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) limitatamente all’aumento di pena per il reato di cui al capo B12) e di (OMISSIS) limitatamente all’aumento di pena per il capo B23), con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Roma per nuovo esame su detti punti; rigetta nel resto i ricorsi.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) limitatamente ai reati di cui al capo A31, perche’ estinti per prescrizione ed elimina la relativa pena di mesi sei di reclusione; rigetta nel resto il ricorso.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) limitatamente al riconoscimento della recidiva infraquinquennale, che elimina, escludendo il relativo aumento di pena di mesi due reclusione ed Euro 2.000,00 di multa; rigetta nel resto il ricorso.
Rigetta i ricorsi di (OMISSIS) e (OMISSIS), che condanna al pagamento delle spese processuali.
Dichiara inammissibili i ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
Si da’ atto che il presente provvedimento e’ sottoscritto dal solo Presidente del collegio per impedimento dell’estensore Elisabetta Maria Morosini, ai sensi del D.P.C.M. 8 marzo 2020, articolo 1, comma 1, lettera a).

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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