In tema di ricorso per cassazione

Corte di Cassazione, civile, Sentenza|12 novembre 2020| n. 25573.

In tema di ricorso per cassazione, la deduzione del vizio di violazione di legge non determina, per ciò stesso, lo scrutinio della questione astrattamente evidenziata sul presupposto che l’accertamento fattuale operato dal giudice di merito giustifichi il rivendicato inquadramento normativo, occorrendo che l’accertamento fattuale, derivante dal vaglio probatorio, sia tale da doversene inferire la sussunzione nel senso auspicato dal ricorrente.

Sentenza|12 novembre 2020| n. 25573

Data udienza 20 ottobre 2020

Integrale

Tag/parola chiave: Acque pubbliche – Terreni demaniali – Occupazione – Accertamento della situazione di fatto – Censure di merito – Difetto di autosufficienza delle doglianze – Rigetto

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Primo Presidente f.f.

Dott. MANNA Felice – Presidente di Sez.

Dott. TRIA Lucia – Presidente di Sez.

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere

Dott. FERRO Massimo – Consigliere

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere

Dott. GRASSO Giuseppe – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 31701/2018 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dagli avvocati (OMISSIS), e (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati SERGIO (OMISSIS), e (OMISSIS);
– ricorrenti successivi –
contro
PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO, (OMISSIS) S.P.A. (subentrata a (OMISSIS) S.P.A.), (OMISSIS), (OMISSIS);
– intimati –
avverso la sentenza n. 108/2018 del TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE PUBBLICHE, depositata il 25/06/2018.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 20/10/2020 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE GRASSO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CAPASSO Lucio, che ha concluso per il rigetto dei ricorsi riuniti;
udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega dell’avvocato (OMISSIS).

FATTI DI CAUSA

1. Il Tribunale regionale delle acque pubbliche presso la Corte d’appello di Venezia rigetto’ l’opposizione proposta da (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) avverso le cartelle esattoriali emesse dalla Provincia autonoma di Trento a riguardo di talune particelle delle rive del lago di (OMISSIS), che l’Ente locale riteneva occupate senza titolo dagli opponenti. Il Tribunale, integrata la relazione del CTU con quella del CT della Provincia, reputo’ legittima la pretesa stante l’appartenenza delle aree predette al demanio.
Il Tribunale superiore delle acque pubbliche rigetto’ l’impugnazione dei (OMISSIS), assumendo, in sintesi, che la sentenza di primo grado non si basava su atti d’intavolazione o su provvedimenti giurisdizionali annullati, bensi’ sulla situazione fattuale; che gli atti impositivi non si fondavano su un precedente provvedimento amministrativo annullato, ma su una legittima riedizione del potere della P.A.; che l’evidenza della demanialita’ faceva escludere in radice qualsivoglia incolpevole affidamento; che si era tenuto conto della “piena ordinaria” e nessuna lesione poteva riscontrarsi nel fatto che quel giudice avesse reputato di condividere talune osservazioni del consulente di parte; che, infine, era da escludersi travisamento dei titoli negoziali.
2. Avverso la statuizione d’appello ricorrono, con un primo ricorso, fondato su tre motivi, (OMISSIS) e con altro ricorso, fondato su otto motivi, ulteriormente illustrato da memoria, (OMISSIS) e (OMISSIS).
La controparte e’ rimasta intimata.
Il P.G. ha concluso come da requisitoria scritta.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo (OMISSIS) denunzia violazione del Regio Decreto 28 marzo 1929, n. 499, articolo 63, nonche’ dell’articolo 24 Cost., assumendo che il Giudice d’appello, aveva travisato il motivo, con il quale si era lamentato che la decisione di primo grado si fondava su atti d’intavolazione annullati, poiche’ “La concessione dell’intavolazione del 1958 in favore del Demanio (poi volturata alla Provincia) non e’ mai stata notificata ad alcuno dei (OMISSIS), come, invece richiede la norma indicata in epigrafe”. Si soggiunge, inoltre, che anche sul piano fattuale la decisione era erronea poiche’ il CTU aveva spiegato che, a causa di plurimi interventi d’imbonimento e bonifica da parte dell’uomo, il lago si era ritirato e non vi era certezza su chi avesse operato in tal senso, ma era “piu’ ragionevole supporre che essi siano stati attuati dal Consorzio Economico “Lago di (OMISSIS)” in epoca sicuramente anteriore al 1948″, di talche’ i terreni erano giunti, secondo la ricorrente, gia’ bonificati al dante causa della medesima.
1.1. La doglianza e’ inammissibile.
Deve osservarsi che la stessa non coglie la “ratio decidendi”: la decisione d’appello, confermando quella di primo grado, non si fonda su atti d’intavolazione o su provvedimenti annullati, ma su una valutazione complessiva dello stato dei luoghi, in uno ai documenti amministrativi, giungendo alla conclusione che l’area di cui si discute era il frutto di un ritiro del lago e dell’emergere, pertanto di terre mai sdemanializzate.
Peraltro, a parte la genericita’ del riferimento, la violazione delle norme costituzionali non puo’ essere prospettata direttamente come motivo di ricorso per cassazione ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto il contrasto tra la decisione impugnata e i parametri costituzionali, realizzandosi sempre per il tramite dell’applicazione di una norma di legge, deve essere portato ad emersione mediante l’eccezione di illegittimita’ costituzionale della norma applicata (di recente, Sez. 5, n. 15879, 15/6/2018, Rv. 649017; conf. n. 3709/2014).
2. Con il secondo motivo si deduce violazione del giudicato: la Provincia autonoma di Trento aveva proposto, con deliberazione n. 9274/1979, una revisione catastale e tavolare dei beni del demanio idrico, acquisendo talune aree. Avverso la detta Delibera erano state proposte svariate opposizioni, tutte rigettate dalla Provincia. A seguito d’impugnazione di taluni proprietari rivieraschi la deliberazione era stata annullata dal Tribunale superiore delle acque pubbliche con la sentenza n. 16/1983 del 18/12/1982, decisione che le S.U. avevano confermato con la sentenza n. 2002 del 28/4/1989, lasciando le proprieta’ rivierasche “integre fino all’emanazione di eventuali ulteriori provvedimenti amministrativi”. Poiche’ con la Delib. n. 3760 del 1998, l’Ente locale aveva riprodotto i medesimi vizi si era in presenza di violazione del giudicato.
2.1. Il motivo e’ infondato.
A voler prescindere dall’aspecificita’ per genericita’ della censura, non essendo conoscibile il contenuto della richiamata sentenza del Tribunale superiore delle acque pubbliche, proprio l’espressione estratta dalla sentenza di questa Corte, la quale fa salvo il nuovo esercizio del potere amministrativo, non consente di accogliere la critica censuratoria: si e’ in presenza, infatti, proprio della riedizione del potere della P.A., lasciato, ovviamente, intangibile dal riportato annullamento.
3. Con il terzo motivo (OMISSIS) lamenta violazione degli articoli 3 e 97 Cost., in relazione al principio di affidamento.
Al contrario di quanto affermato dall’avversata sentenza non era affatto evidente la natura demaniale dei terreni. Il giudizio si protraeva dal 2000 e aveva visto disputare, con opinioni contrastanti, esperti di vario genere e appariva ragionevole quanto affermato dal CTU, il quale aveva precisato che “l’occupazione di aree demaniali, ammesso che ci sia stata, (avrebbe dovuto essere contestata) nel momento dell’occupazione stessa”. I (OMISSIS) avevano sempre correttamente inteso regolamentare il regime concessorio di pontili e spiaggia, non certo la proprieta’ fondiaria sulla quale si erge la villa.
3.1. La doglianza e’ inammissibile per la ragione enunciata al § 1.1. a riguardo della deduzione di violazione di norme costituzionali.
In ogni caso la questione risulta avere natura fattuale e lo scrutinio del Giudice d’appello (cfr. in specie pag. 10) non e’ in questa sede censurabile.
4. (OMISSIS) e (OMISSIS) con il primo motivo deducono violazione del Regio Decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, articolo 200 e articolo 111 Cost., nonche’ omessa e apparente motivazione, in relazione all’articolo 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5.
Questa in sintesi la critica mossa alla decisine impugnata.
La Corte di secondo grado aveva pretermesso i motivi in fatto e in diritto prospettati dalla “de cuius” (OMISSIS), limitandosi a rinviare alla motivazione di cui al § 7.1.2., riguardante l’impugnazione degli altri interessati, chiamati in causa “iussu iudicis”. Si era, pertanto, in presenza di motivazione apparente. Inoltre non si era considerato che gli acquisti, effettuati dal padre degli odierni ricorrenti nel 1953 e nel 1961, erano stati effettuati da privati. Infine, la decisione aveva contraddittoriamente attinto alla relazione del CTU e a quella del CTP.
4.1. La doglianza non supera il vaglio d’ammissibilita’.
Il motivo e’ aspecifico perche’ non consente a questa Corte di verificare la fondatezza della pretesa pretermissione di talune censure d’appello, non riportate specificamente in seno al ricorso o ad esso allegati, nei suoi termini esatti e non genericamente, senza compiere generali verifiche degli atti (cfr., ex multis, Cass. n. 23834/2019, Cass. n. 11738/2016, Cass. n. 19410/2015).
Inoltre, confermata la piena legittimita’ della motivazione per “relationem”, laddove il giudice d’appello richiami consapevolmente il contenuto motivazionale della sentenza di primo grado (cfr., ex multis, Cass. n. 20883/2019), nel caso in esame cio’ e’, peraltro, da escludere, non potendosi configurare una motivazione per “relationem” all’interno dello stesso corpo motivazionale della medesima sentenza, ma, semmai, il perseguimento del doveroso scopo di evitare inutili ripetizioni argomentative.
L’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, articolo 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia); conseguendone che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e articolo 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisivita’”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per se’, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorche’ la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (S.U. n. 8053, 7/4/2014, Rv. 629831).
Inoltre, la riscrittura della norma deve interpretarsi alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’articolo 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimita’ sulla motivazione. Pertanto, e’ denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in se’, purche’ il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (S.U. cit., Rv. 629830).
La sentenza del T.S.A.P. ha reso strutturata e comprensibile motivazione ben lungi dall’apparenza, il contenuto della quale non e’ sindacabile da questa Corte.
La circostanza, infine, che il Giudice abbia tenuto conto della relazione del consulente tecnico di parte, in un complessivo giudizio, involgente anche le conclusioni del consulente tecnico d’ufficio, rientra a pieno titolo nel giudizio di merito, attraverso il quale il giudice valuta le conclusioni del consulente d’ufficio, alla luce di quelle di parte (si veda Cass. n. 5592/02, Cass. n. 3351/01, Cass. n. 5158/98).
5. Con il secondo motivo i due ricorrenti prospettano violazione e falsa applicazione del Regio Decreto n. 1775 del 1933, articolo 140, lettera b), c) e d) nonche’ “violazione delle norme sulla competenza speciale del TRAP”, in relazione all’articolo 360 c.p.c., nn. 2, 3 e 5.
Si assume che la sentenza di primo grado trovava fondamento nelle intavolazioni e nei dati catastali, omettendo di definire il limite della “piena ordinaria”. Era rimasto violato la L.P. Autonoma Trento n. 18 del 1976, articolo 5.
Era stata inopinatamente disattesa la relazione del CTU, il quale aveva reputato che le particelle in contestazione erano collocate al di fuori dell’alveo lacustre e che, per la sussistenza del c.d. nesso asburgico, fino al 1929 l’area era tutta di privata proprieta’ (Conte (OMISSIS)). Nel 1926 si era proceduto a una generale bonifica legale per una fascia di 30-60 m. e, di conseguenza, la striscia imbonita non era riferibile al dante causa degli odierni ricorrenti.
La sentenza irragionevolmente invece che recepire le puntuali considerazioni della consulenza d’ufficio, l’aveva integrata con le valutazioni del consulente di parte avversa, mutando gli argomenti del primo Giudice. Proprio perche’ il CTU non era stato chiamato a controdedurre alle osservazioni del CTP si era concretizzata la violazione del giusto processo.
6. Con il terzo motivo viene denunziata “motivazione travisata e contraddittoria”, in relazione all’articolo 360 c.p.c., nn. 4 e 5. Secondo i ricorrenti si era in presenza di motivazione apparente, non avendo il Giudice d’appello esaminato, se non con un rapido rinvio, la critica mossa alla sentenza di primo grado, la quale aveva determinato uno sconfinamento di 3.000 mq a causa di una errata lettura degli atti di provenienza. (OMISSIS) (dante causa) aveva acquistato a corpo e non a misura “senza garanzia dei confini di estensione”. Il CTU aveva chiarito che non poteva allo stato attuale parlare di spiaggia poiche’ “tutta la fascia costiera del bacino era stata compromessa dai vari interventi di bonifica”.
7. Con il quarto motivo i ricorrenti lamentano violazione e falsa applicazione della L.P. Autonoma di Trento 8 luglio 1976, n. 18, articoli 4 e 5.
Si sostiene che l’omessa determinazione del limite demaniale secondo il criterio della piena ordinaria, limite che, invece, il CTU aveva definito, privilegiando i confini catastali e tavolari, aveva finito per violare, in primo luogo la stessa legge Provinciale di cui in epigrafe (articolo 4) e lo stesso articolo 950 c.c., comma 3, in presenza di una regolamentazione dei termini a suo tempo disposta dallo stesso ente titolare.
8. Con il quinto motivo viene denunziata violazione del Regio Decreto n. 1775 del 1933, articolo 200 e dell’articolo 111 Cost., in relazione all’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 4, assumendosi che il Tribunale superiore, violando il giusto processo, aveva disatteso l’accertamento di quota effettuato dal CTU, privilegiando le osservazioni del CT di parte avversa.
9. con il sesto motivo i ricorrenti si dolgono dell’omesso esame di un fatto decisivo e controverso, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 5, assumendo che non si era considerata la vendita del Conte (OMISSIS) in favore del Consorzio Economico a garanzia limitata della sponda sud del lago di (OMISSIS) del 1926, vigente il regime austro-ungarico, e il bene, che non costituiva demanio, era stato bonificato dal Consorzio.
10. I motivi dal due al sei, tra loro osmotici, sono inammissibili.
Le doglianze in parola, tutte accomunate dallo scopo, peraltro evidente, di mettere in discussione la motivazione di merito, impingono nelle ragioni d’inammissibilita’ sopra prese in rassegna.
Per un esame di dettaglio bastera’ osservare quanto segue.
Nella sostanza, scevra da dissimulazione, i ricorrenti instano per un riesame delle valutazioni del giudice del merito; trattasi di doglianze che mirano ad un inammissibile riesame degli insindacabili apprezzamenti di merito e la denunzia di violazione di legge non determina, per cio’ stesso, nel giudizio di legittimita’ lo scrutinio della questione astrattamente evidenziata sul presupposto che l’accertamento fattuale operato dal giudice di merito giustifichi il rivendicato inquadramento normativo, essendo, all’evidenza, occorrente che l’accertamento fattuale, derivante dal vaglio probatorio, sia tale da doversene inferire la sussunzione nel senso auspicato dal ricorrente (cfr., da ultimo, Cass. nn. 11775/019, 6806/019).
Non assume rilievo la situazione storica, ma quella attuale: il dante causa acquisto’ a corpo e (appunto) senza garanzia per i confini uno stacco di terra che aveva, secondo gli accertamenti di merito, natura demaniale.
La decisione non e’ fondata sui titoli di provenienza e sulle annotazioni catastali, bensi’, come si e’ piu’ volte ripetuto, sulle verifiche della situazione fattuale e, si ripete, quindi, i ricorrenti non colgono la “ratio decidendi”, oltre a introdurre la narrazione di fatti aspecifici per difetto di autosufficienza.
Per completezza va precisato che la L.P. n. 18 del 1976, articolo 5, dispone, difformemente dalle aspettative dei ricorrenti, che l’accertamento pubblico viene effettuato “tenuto conto della situazione di fatto indipendentemente dalle risultanze castali. Tale provvedimento accerta che la demanialita’ ha carattere originario con riferimento ai beni previsti dall’articolo 4, comma 1. (…). Sono oggetto di accertamento della demanialita’ (…), inoltre, le opere, anche private, contigue o pertinenti l’alveo, destinate in via prevalente a un uso pubblico (…) L’accertamento della demanialita’ riguarda anche il sedime delle opere”; la norma, indi, individua puntualmente gli atti conoscitivi propedeutici all’accertamento (relazione tecnica, rappresentazione cartografica, elenco dei proprietari tavolari, nonche’ dei titolari di diritti reali).
11. con il settimo motivo i (OMISSIS) denunziano violazione del Regio Decreto n. 1775 del 1933, articolo 200, articolo 111 Cost. e violazione della L.P. autonoma di Trento n. 18 del 1976, articoli 4 e 5, poiche’ la sentenza impugnata aveva omesso di motivare sul motivo d’appello con il quale si era contestata la condanna alle spese in favore di (OMISSIS), in violazione dell’articolo 91 c.p.c., estromessa su sua richiesta (i (OMISSIS) avevano adempiuto a quanto loro intimato con le cartelle notificate), e la sentenza d’appello, senza prendere posizione, si era limitata a giudicare corretta la condanna sulla base del criterio della soccombenza virtuale, essendo, per contro, “evidente che l’accoglimento della presente opposizione comportera’ in sede di rinvio, di sancire l’obbligo di restituzione delle cartelle pagate”.
11.1. Trattasi di un “non motivo” ma di una conseguenza dipendente dall’auspicata cassazione della sentenza impugnata.
12. con l’ottavo motivo si deduce che la materia della rivendica “o di accertamento della rivendica in base ad dati catastali”, non appartiene alla competenza del Giudice delle acque, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 2.
12.1. La doglianza e’ manifestamente destituita di giuridico fondamento, essendo pacifico che non si versi in materia di rivendicazione, vertendo la controversia sulla debenza delle cartelle esattoriali.
13. Non deve farsi luogo a regolamento delle spese non avendo la controparte svolto difese in questa sede.
14. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater (inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17) applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), si da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

rigetta i ricorsi.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater (inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17), si da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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