In tema di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte

Corte di Cassazione, penale, Sentenza|4 novembre 2020| n. 30723.

In tema di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte, fattispecie disciplinata all’art. 11 del D.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, nel testo della norma è scomparso ogni riferimento alla necessità dell’effettivo avvio di un qualsiasi accertamento fiscale, essendo ora sufficiente che l’azione sia idonea a rendere inefficace l’esecuzione esattoriale, configurandosi dunque l’illecito penale in termini di reato di pericolo concreto, integrato dal compimento di atti simulati o fraudolenti volti a occultare i propri o altrui beni idonei, secondo un giudizio ex ante che valuti la sufficienza della consistenza patrimoniale del contribuente rispetto alla pretesa dell’ Erario, a pregiudicare l’attività recuperatoria dell’amministrazione finanziaria. Ciò significa che il bene, oggetto degli atti simulati o fraudolenti, deve essere riconducibile al patrimonio del soggetto debitore verso l’Erario, perché solo in questo caso il compimento dell’atto può rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva.

Sentenza|4 novembre 2020| n. 30723

Data udienza 1 ottobre 2020

Integrale

Tag – parola chiave: Iva – Omesso versamento – Soglia inferiore a quanto previsto dall’articolo 10 – ter del Dlgs 74/2000 – Illecito amministrativo

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MARINI Luigi – Presidente

Dott. ROSI Elisabetta – Consigliere

Dott. CORBETTA Stefano – rel. Consigliere

Dott. REYNAUD Gianni F. – Consigliere

Dott. NOVIELLO Giuseppe – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nata a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 24/06/2020 del Tribunale della liberta’ di Massa;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. Stefano Corbetta;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dr. Baldi Fulvio, che ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi.

RITENUTO IN FATTO

1. Con l’impugnata ordinanza, il Tribunale di Massa, costituito ai sensi dell’articolo 324 c.p.p., rigettava l’istanza di riesame proposta nell’interesse di (OMISSIS) e di (OMISSIS) avverso il provvedimento di sequestro preventivo emesso dal G.i.p. del Tribunale di Massa in data 15 maggio 2020 fino alla concorrenza di 149.749,32 Euro, pari all’imposta IVA evasa dalla (OMISSIS) s.r.l. in relazione agli anni di imposta dal 2010 al 2016, ipotizzando, nei confronti dei ricorrenti, il reato di cui all’articolo 110 c.p., Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 11 per avere lo (OMISSIS) simulatamente ceduto alla propria madre, (OMISSIS), un proprio bene immobile personale, acquistato iure hereditario, al fine di sottrarsi al pagamento dell’Iva dovuta dalla (OMISSIS) s.r.l., di cui, nel corso del tempo, aveva rivestito la qualita’ di socio, poi di amministratore e infine di liquidatore, in modo da rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva relativa al predetto credito vantato dall’Erario.
2. Avverso l’indicata ordinanza, (OMISSIS) e (OMISSIS), per il tramite del comune difensore di fiducia, propongono, con un unico atto, ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
2.1. Con il primo motivo si deduce la violazione dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) in relazione all’articolo 2462 c.c., articolo 2476 c.c., comma 6, articolo 2489 c.c., comma 2, articolo 2495 c.c., comma 2, con riferimento al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 11, comma 1, e articolo 321 c.p.p.. Assumono i ricorrenti che il Tribunale cautelare avrebbe erroneamente ritenuto l’esposizione personale dello (OMISSIS), in virtu’ della qualifica da costui rivestita in seno alla societa’, senza valutare ne’ il regime di autonomia patrimoniale perfetta che caratterizza le societa’ di capitali, ne’ il tipo di responsabilita’ degli amministratori, che e’ diversa da quella dell’ente che rappresentano.
2.2. Con il secondo motivo si eccepisce la violazione dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) in relazione articolo 125 c.p.p., comma 3 e articolo 324 c.p.p.. Ad avviso dei ricorrenti, il Tribunale cautelare avrebbe erroneamente ritenuto la sussistenza del fumus commissi delicti, senza considerare, per un verso, che allo (OMISSIS) viene contestato di aver agito non in qualita’ di amministratore, ma personalmente in concorso con la madre, e, per altro verso, che l’immobile ceduto alla madre non era di proprieta’ della societa’ debitrice.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I ricorsi sono fondati.
2. Il Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 11 (rubricato “sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte”) sanziona, nell’ipotesi di cui al comma 1, la condotta di chiunque, al fine di sottrarsi al pagamento di imposte sui redditi o sul valore aggiunto, ovvero di interessi o sanzioni amministrative relativi a dette imposte di ammontare complessivo superiore a cinquantamila Euro, aliena simulatamente o compie altri atti fraudolenti sui propri o su altrui beni idonei a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva, applicandosi una pena edittale piu’ elevata laddove l’ammontare delle imposte, degli interessi e delle sanzioni, sia superiore a duecentomila Euro.
3. La norma incriminatrice, la cui portata applicativa e’ stata ampliata, anche con l’introduzione al comma 2 di una nuova fattispecie, dal Decreto Legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito dalla L. 30 luglio 2010, n. 122, ha un suo precedente storico nel Decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, articolo 97, che, nella versione introdotta dalla L. n. 413 del 1991, puniva, con la reclusione fino a tre anni, il contribuente che, al fine di sottrarsi al pagamento delle imposte, interessi, soprattasse e pene pecuniarie dovuti, aveva compiuto, dopo che erano iniziati accessi, ispezioni e verifiche o erano stati notificati gli inviti e le richieste previsti dalle singole leggi di imposta, ovvero erano stati notificati atti di accertamento o iscrizioni a ruolo, atti fraudolenti sui propri o su altrui beni che avevano reso in tutto o in parte inefficace la relativa esecuzione esattoriale.
La disposizione non si applicava se l’ammontare delle somme non corrisposte non era superiore a 10 milioni di lire.
4. Nel confrontare la previsione attuale con quella precedente, la giurisprudenza di legittimita’ (Sez. 3, n. 17071 del 04/04/2006, Rv. 234322) ha osservato come nella vigente fattispecie di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 11 sia scomparso ogni riferimento alla necessita’ dell’effettivo avvio di un. qualsiasi accertamento fiscale, essendo ora sufficiente che l’azione sia idonea a rendere inefficace l’esecuzione esattoriale, configurandosi dunque l’illecito penale in termini di reato di pericolo concreto (sul punto cfr. Sez. 3, n. 13233 del 24/02/2006, Rv. 266771), integrato dal compimento di atti simulati o fraudolenti volti a occultare i propri o altrui beni, idonei – secondo un giudizio ex ante che valuti la sufficienza della consistenza patrimoniale del contribuente rispetto alla pretesa dell’Erario – a pregiudicare l’attivita’ recuperatoria dell’amministrazione finanziaria (Sez. 3, n. 46975 del 24/05/2018, dep. 16/10/2018, F., Rv. 274066).
Cio’ evidentemente significa che il bene, oggetto degli atti simulati o fraudolenti, deve essere riconducibile al patrimonio del soggetto debitore verso l’Erario, perche’ solo in questo caso il compimento dell’atto puo’ rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva.
5. Si osserva inoltre che il reato in esame e’ connotato dal dolo specifico, che ricorre quando l’alienazione simulata o il compimento di altri atti fraudolenti, idonei a rendere inefficace la procedura di riscossione coattiva, siano finalizzati alla sottrazione “al pagamento di imposte sui redditi o sul valore aggiunto ovvero di interessi o sanzioni amministrativi relativi a dette imposte” (Sez. 3 n. 27143 del 22/04/2015, dep. 30/06/2015, Noviello, Rv. 264187).
Il dolo specifico, pertanto, presuppone logicamente la sussistenza di una pretesa creditoria da parte dell’Erario, dovendo l’azione posta in essere dall’agente orientata verso il conseguimento di quel fine, che evidentemente non e’ configurabile ove manchi un debito verso il fisco.
6. Cio’ premesso, i motivi sono fondati.
7. Invero, e’ apodittica l’affermazione della Corte territoriale, laddove ha affermato che “la diretta e personale esposizione di (OMISSIS) al debito tributario maturato dalla (OMISSIS) s.r.l. discende dalla qualifica kquesti rivestita di socio e legale rappresentante dell’ente in parola” (p. 3 dell’ordinanza impugnata).
8. In primo luogo, si osserva che il mancato versamento di IVA da parte della (OMISSIS) s.r.l. era si’ superiore, in riferimento a ciascuna annualita’ contestata, a 50 mila Euro, ma certamente inferiore alla soglia di 250.000 Euro, prevista per il delitto di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 10-ter, che incrimina l’omesso versamento di iva; invero, se tale soglia fosse stata oltrepassata, rendendosi cosi’ configurabile l’indicato delitto ex articolo 10-ter, nei confronti dello (OMISSIS), quale legale rappresentate della societa’, sarebbe stato esperibile il sequestro per equivalente finalizzato alla confisca, misura ablativa concretamente azionabile stante l’accertata incapienza della societa’, cio’ che rendeva impossibile il sequestro diretto.
Nel caso in esame, tuttavia, essendo inferiore alla soglia contemplata dal Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 10-ter, l’omesso versamento dell’iva configura un mero illecito amministrativo a carico della societa’, che certamente autorizza l’Amministrazione a procedere in via amministrativa all’accertamento della violazione e all’irrogazione delle relative sanzioni in relazione all’imposta dovuta e non versata, mentre nei confronti dello (OMISSIS) non sono azionabili quegli strumenti ablativi che, nel caso di commissione di un delitto tributario da parte del legale rappresentante della societa’, legittimano il sequestro per equivalente.
9. In secondo luogo, esclusa la sussistenza di una responsabilita’ dello (OMISSIS) nei confronti dell’Erario derivante dalla commissione di un delitto tributario, il Tribunale avrebbe dovuto esplicitare i presupposti, giuridici e di fatto, in forza dei quali, nei confronti del ricorrente, sia configurabile – e in che misura – una responsabilita’ per il debito tributario della societa’ di cui e’ stato socio, legale rappresentante e liquidatore, e, conseguentemente, se fosse azionabile a carico dello (OMISSIS) (e in base a quale disposizione normativa) una procedura di riscossione coattiva: accertamento indispensabile perche’ si sia in presenza di una vendita simulata di un bene del debitore (lo (OMISSIS), appunto) che possa rendere in tutto o in parte inefficace, nei suoi confronti, la procedura di riscossione coattiva da parte dell’Erario.
10. Per i motivi indicati, l’ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Massa, sezione riesame, in altra composizione.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Massa competente ai sensi dell’articolo 324 c.p.p., comma 5.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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