La cauzione provvisoria ha principalmente una funzione sanzionatoria

Consiglio di Stato, Sezione quinta, Sentenza 4 maggio 2020, n. 2786.

La massima estrapolata:

Il pagamento delle obbligazioni per somma di denaro che devono essere adempiute al domicilio del debitore (nella specie, alla Tesoreria dell’ente), ove effettuabile in banca, si perfeziona, con la liberazione dell’obbligato, solo allorchè la rimessa entri materialmente nella disponibilità dell’avente diritto e non anche quando (e per il solo fatto che) il debitore abbia inoltrato ala propria banca l’ordine di bonifico e questa abbia pur dichiarato di avervi dato corso (in termini Cass., I, 10 gennaio 2003, n. 149). Detto in altri termini, l’effetto solutorio si verifica solamente allorquando la somma entra nell’effettiva disponibilità del creditore, a nulla rilevando il solo ordine di bonifico diretto all’istituto di credito da parte del debitore.

Negli appalti la cauzione provvisoria ha principalmente una funzione sanzionatoria degli inadempimenti dell’operatore partecipante al procedimento di gara, in particolare con riguardo alla veridicità delle dichiarazioni fornite, avendo la funzione di garantire la complessiva solidità e serietà dell’offerta; l’incameramento della cauzione costituisce dunque conseguenza della violazione dell’obbligo di diligenza gravante sull’offerente e dell’inosservanza della lex specialis avente carattere di gravità

Sentenza 4 maggio 2020, n. 2786

Data udienza 20 febbraio 2020

Tag – parola chiave: Contratti della PA – Affidamento – Gara – Requisiti di partecipazione – Deposito cauzionale – Soccorso istruttorio – E’ ammesso

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quinta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 330 del 2018, proposto da
Citta Metropolitana di Venezia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Ro. Br. e Fa. Fr., con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso lo studio dell’avvocato Fa. Fr. in Roma, piazza (…);
contro
Ag. Ma., rappresentato e difeso dagli avvocati Ma. Pa. ed An. Po., con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso lo studio dell’avvocato Ma. Pal. in Roma, via (…);
nei confronti
Re. Te. Iv., non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza breve del Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto Sezione Prima n. 01039/2017, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Ag. Ma.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 20 febbraio 2020 il Cons. Stefano Fantini e uditi per le parti gli avvocati Fr., Pi. Ad. su delega di Pa.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1.- La Città Metropolitana di Venezia ha interposto appello nei confronti della sentenza 22 novembre 2017, n. 1039 del Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, sez. I, che ha accolto il ricorso del sig. Ag. Ma. avverso la determinazione dirigenziale 12 settembre 2017, n. 3373 con la quale la Città Metropolitana di Venezia ha aggiudicato l’asta pubblica di vendita, avente ad oggetto l’immobile determinato “ex caserma Vigili del fuoco di Murano”, sito in Venezia, località (omissis), (omissis), distinto al catasto fabbricati nel foglio (omissis) con mappale (omissis) e sub (omissis), al sig. Re. Te. Iv..
La controversia concerne l’asta pubblica ad unico incanto, ai sensi dell’art. 73, comma 1, lett. c), del r.d. n. 827 del 1924, per la vendita dell’immobile predetto, mediante offerte segrete in aumento sul prezzo posto a base di gara di euro 120.000,00. La scadenza per la presentazione delle istanze di partecipazione era fissata per il giorno 10 luglio 2017, ore 12; entro tale termine sono pervenute le offerte del sig. Ag. (pari ad euro 120.500,00) e del sig. Re. Te. (dell’importo di euro 127.000,00), entrambe ammesse.
Con il ricorso di primo grado il sig. Ag., risultato secondo graduato, ha impugnato il provvedimento di aggiudicazione, contestando la mancata esclusione dell’aggiudicatario per non avere tempestivamente versato la cauzione provvisoria e per avere eseguito il sopralluogo in un giorno diverso da quello indicato nel bando di gara.
2. – La sentenza appellata ha accolto il primo motivo di ricorso, nell’assunto che dalla lex specialis emerge chiaramente come il deposito cauzionale abbia natura composita, non limitandosi solamente a garantire la serietà dell’offerta, ma ponendosi anche quale garanzia dell’esecuzione del contratto; di qui la considerazione che la prova dell’avvenuto versamento del deposito cauzionale, pari al dieci per cento del prezzo a base d’asta, integrando un elemento essenziale dell’offerta, non poteva essere fornita in un momento successivo al termine di scadenza di partecipazione alla gara, fissata per le ore 12 del 10 luglio 2017 (non rilevando neppure la circostanza per cui l’esecuzione dell’ordine di bonifico risulta comunque avvenuta in data antecedente al 12 luglio 2017, data di apertura delle buste).
3.- Con l’appello la Città Metropolitana di Venezia deduce l’erroneità della sentenza, sostanzialmente reiterando, alla stregua di motivi di critica della medesima, le censure dedotte in primo grado.
4. – Si è costituito in resistenza il sig. Ag. Ma. chiedendo la reiezione del ricorso in appello.
5. – All’udienza pubblica del 20 febbraio 2020 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1.- Il primo motivo di appello critica la sentenza per avere ritenuto illegittima la mancata esclusione del sig. Te. in quanto non ha depositato nei termini stabiliti dagli artt. 5 e 6 dell’avviso di asta pubblica la cauzione provvisoria, allegando, in contrario avviso, come l’aggiudicatario abbia inserito nel plico, tempestivamente depositato, la prova dell’ordine di esecuzione del bonifico bancario “on line”, la cui liquidazione a favore della tesoreria dell’ente è avvenuta il giorno successivo, assolvendo così alla funzione di garantire la serietà dell’offerta; in ogni caso, alla data dell’ordine bancario, la garanzia era operativa, mentre la valuta riguarda il mero posizionamento dell’operazione in base alla data di maturazione degli interessi.
Il motivo è infondato.
Giova premettere che l’art. 5 dell’avviso d’asta pubblica, in tema di “modalità di partecipazione all’asta e di presentazione delle offerte”, stabilisce che “chi intende partecipare alla gara dovrà far pervenire, non più tardi delle ore 12:00 del giorno 10/07/2017, a pena di esclusione, un plico debitamente chiuso in modo sufficiente ad assicurare la segretezza dell’offerta, controfirmato sui lembi di chiusura, recante il nominativo, domicilio del mittente e la seguente dicitura: […]”. A sua volta, il successivo art. 6 dell’avviso d’asta pubblica, in tema di “documentazione da presentare per la partecipazione al pubblico incanto”, dispone che “il plico di cui al precedente punto 5) dovrà, a pena di esclusione, contenere: a) la ricevuta dell’avvenuto versamento del deposito cauzionale pari al 10% del prezzo posto a base d’asta, a garanzia dell’offerta, pari cioè ad euro 12.000,00 […]. I concorrenti dovranno allegare alla documentazione di gara: a pena di esclusione, copia dell’attestazione bancaria dell’avvenuta esecuzione del bonifico sul conto succitato entro la scadenza del termine per la presentazione dell’offerta”.
La lex specialis di gara chiedeva, dunque, a pena di esclusione che entro le ore 12:00 del giorno 10 luglio 2012 l’interessato a partecipare alla gara consegnasse il plico contenente l’offerta, nonché, tra l’altro, a pena di esclusione, la ricevuta dell’avvenuto versamento del deposito cauzionale pari al dieci per cento del prezzo posto a base d’asta, a garanzia dell’offerta (pari dunque a 12.000,00 euro) da effettuarsi presso la Tesoreria dell’ente, anche mediante copia dell’attestazione bancaria dell’avvenuta esecuzione del bonifico sul conto entro la scadenza del termine per la presentazione dell’offerta.
Dunque, in sintesi, il plico contenente l’offerta doveva includere l’attestazione bancaria dell’avvenuta esecuzione del bonifico a titolo di deposito cauzionale entro le ore 12:00 del 10 luglio 2017.
Tale adempimento non risulta rispettato dal sig. Re. Te., in quanto, come si evince dalla ricevuta bancaria versata in atti, il bonifico reca come data contabile dell’ordinante quella del 10 luglio 2017 (per la precisione, con operazione eseguita al cut-off, vale a dire orario di chiusura, delle 17,30), e con regolamento dell’operazione (id est, valuta) dell’11 luglio 2017.
Il che appare dirimente ai fini del decidere atteso che, secondo consolidata giurisprudenza, il pagamento delle obbligazioni per somma di denaro che devono essere adempiute al domicilio del debitore (nella specie, alla Tesoreria dell’ente), ove effettuabile in banca, si perfeziona, con la liberazione dell’obbligato, solo allorchè la rimessa entri materialmente nella disponibilità dell’avente diritto e non anche quando (e per il solo fatto che) il debitore abbia inoltrato ala propria banca l’ordine di bonifico e questa abbia pur dichiarato di avervi dato corso (in termini Cass., I, 10 gennaio 2003, n. 149). Detto in altri termini, l’effetto solutorio si verifica solamente allorquando la somma entra nell’effettiva disponibilità del creditore, a nulla rilevando il solo ordine di bonifico diretto all’istituto di credito da parte del debitore.
Nella specie, sia l’esecuzione dell’operazione, che, a fortiori, il regolamento dell’operazione sono dunque successivi alle ore 12:00 del 10 luglio 2017.
2. – Il secondo, articolato, motivo censura la sentenza per non avere considerato che, alla data della riunione del seggio (12 luglio 2017), la somma risultava comunque versata nelle casse dell’ente; allega l’appellante che la cauzione provvisoria assolve alla funzione di assicurare l’amministrazione del fatto che l’aggiudicatario provvederà alla stipula del contratto di compravendita (e non anche di garantire l’esecuzione del contratto) ed è dunque diversa dalla cauzione definitiva volta ad assicurare l’esecuzione della prestazione contrattuale. Pertanto, per l’appellante, al pari della cauzione provvisoria in materia di appalti pubblici, la cauzione provvisoria (sia nel caso di mancata presentazione, che di cauzione viziata) è suscettibile di soccorso istruttorio e non costituisce comunque un elemento essenziale dell’offerta, avendo solamente valore di caparra confirmatoria; la sua assenza od irregolarità non può dunque essere causa di esclusione dal procedimento di gara.
Anche tale motivo è infondato.
Nella prospettiva dell’appellante il deposito cauzionale assolve alla stessa funzione della cauzione provvisoria negli appalti pubblici, per la quale la giurisprudenza ha affermato che la sua mancanza od i suoi vizi non sono sanzionabili con l’esclusione dalla gara ad evidenza pubblica, ma possono essere emendati mediante il ricorso al soccorso istruttorio da parte della stazione appaltante (in termini, ad esempio, Cons. Stato, III, 6 novembre 2019, n. 7580; V, 22 luglio 2019, n. 5138).
Occorre considerare che nella fattispecie in esame si verte al cospetto di un procedimento finalizzato alla vendita di un immobile all’incanto, e dunque di un contratto attivo, differente dal paradigma dei contratti passivi (quali sono gli appalti). E’ pur vero che l’art. 4 del d.lgs. n. 50 del 2016 è sintomatico di un percorso di avvicinamento tra le due specie contrattuali, comportanti, rispettivamente, una spesa (i contratti passivi) ed un’entrata (i contratti attivi), ma ciò può dirsi essenzialmente nella prospettiva dell’estensione dell’ambito dei principi che conformano l’evidenza pubblica. Rimane la differente natura delle due fattispecie contrattuali, che refluisce anche sull’istituto del deposito cauzionale, oggetto del contendere.
Ed invero negli appalti la cauzione provvisoria ha principalmente una funzione sanzionatoria degli inadempimenti dell’operatore partecipante al procedimento di gara, in particolare con riguardo alla veridicità delle dichiarazioni fornite, avendo la funzione di garantire la complessiva solidità e serietà dell’offerta (Cons. Stato, V, 5 giugno 2018, n. 3384; IV, 24 ottobre 2018, n. 6059); l’incameramento della cauzione costituisce dunque conseguenza della violazione dell’obbligo di diligenza gravante sull’offerente e dell’inosservanza della lex specialis avente carattere di gravità (Cons. Stato, V, 10 aprile 2018, n. 2181).
Nel procedimento di vendita il deposito cauzionale non ha invece solamente la funzione di garantire la serietà dell’offerta, ma, come evidenziato dal primo giudice, ha una natura composita, “perché non si limita a garantire la serietà dell’offerta ma, in caso di aggiudicazione, vale quale garanzia dell’esecuzione del contratto”, tanto che lo stesso avviso di asta pubblica, al punto sub 6, precisa che “in caso di aggiudicazione, le somme versate a titolo di cauzione provvisoria saranno trattenute a titolo di caparra confirmatoria”, ovvero, al punto sub 12, che “la cauzione verrà […] trattenuta a titolo di acconto”.
Né può postularsi, sotto il profilo civilistico, l’incompatibilità della caparra confirmatoria, ovvero del deposito cauzionale con il contratto di compravendita, nella sua connotazione di contratto ad efficacia reale, che si produce, nel caso di specie, solo all’esito di un procedimento pubblicistico.
Non appare dunque consentita l’assimilazione del deposito cauzionale alla cauzione provvisoria negli appalti pubblici.
Ne consegue anche che nella fattispecie controversa, in ragione della specificità della lex specialis, il deposito cauzionale è effettivamente un elemento essenziale dell’offerta, parte del prezzo offerto, la cui assenza comporta l’esclusione dell’offerta difettosa, senza che possa essere invocato, peraltro sulla base di una ardua analogia, il principio di tassatività delle cause di esclusione (di cui all’art. 83, comma 8, del d.lgs. n. 50 del 2016), ovvero il soccorso istruttorio.
Ulteriore corollario di ciò è che condivisibilmente la sentenza appellata ha ritenuto che “la completezza della domanda di partecipazione relativamente a tutti gli elementi che la compongono, espressamente richiesti a pena di esclusione, deve essere valutata esclusivamente al momento della scadenza del predetto termine di scadenza, pena la violazione della par condicio dei concorrenti, cui si correlano, nell’ambito delle gare pubbliche, i principi di imparzialità e di buon andamento dell’Amministrazione”.
3. – Alla stregua di quanto esposto l’appello va respinto, in ragione dell’infondatezza dei motivi dedotti.
La complessità delle questioni giuridiche trattate integra le ragioni che per legge consentono la compensazione tra le parti delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Compensa tra le parti le spese di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 20 febbraio 2020 con l’intervento dei magistrati:
Francesco Caringella – Presidente
Fabio Franconiero – Consigliere
Raffaele Prosperi – Consigliere
Stefano Fantini – Consigliere, Estensore
Giuseppina Luciana Barreca – Consigliere

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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