La controversia sulla legittimità della revoca di un finanziamento pubblico

Consiglio di Stato, Sentenza|11 gennaio 2021| n. 353.

La controversia sulla legittimità della revoca di un finanziamento pubblico determinata dall’inadempimento del privato beneficiario alle prescrizioni dell’atto di concessione rientra nella giurisdizione del giudice ordinario qualora la contestazione faccia esclusivo riferimento alle inadempienze del percettore, senza coinvolgere in alcun modo il legittimo esercizio dell’apprezzamento discrezionale del concedente circa an, quid e quomodo dell’erogazione.

Sentenza|11 gennaio 2021| n. 353

Data udienza 27 novembre 2020

Integrale

Tag – parola chiave: Finanziamenti pubblici – Revoca – Inadempimento del privato alle prescrizione dell’atto di concessione – Impugnative – Giurisdizione ordinaria – Sussistenza

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1784 del 2014, proposto dalla società In. Ge. S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Ca. Lu. Sc. e An. Co., elettivamente domiciliata presso lo studio Studio Gr. e Associati Srl in Roma, corso (…),
contro
il Ministero dello sviluppo economico, in persona del Ministro in carica pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato, pure per legge domiciliato presso la sua sede in Roma, via (…),
per la riforma
della sentenza del T.a.r. per la Lombardia, sede di Milano Sezione I, n. 1813 dell’11 luglio 2013, resa inter partes, concernente la revoca di agevolazioni concesse ai sensi della legge n. 488/1992 e il conseguente ordine di restituzione di quelle già percepite.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dello sviluppo economico;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 27 novembre 2020 il consigliere Giovanni Sabbato (l’udienza si svolge ai sensi dell’art. 4, comma 1, decreto legge 28 del 30 aprile 2020 e dell’art. 25, comma 2, del decreto legge 137 del 28 ottobre 2020 attraverso videoconferenza con l’utilizzo di piattaforma “Mi. Te.” come previsto della circolare n. 6305 del 13 marzo 2020 del Segretario Generale della Giustizia Amministrativa);
Rilevato che l’avvocato An. Co. ha chiesto il passaggio in decisione ai sensi dell’art. 4 d.l. 28/20 e dell’art 25, comma 2, d.l. 137/20;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso n. 105 del 2000, proposto innanzi al T.a.r. per la Lombardia, sede di Milano, la società In. Ge. S.p.a. (di seguito la società ) aveva chiesto l’annullamento del provvedimento di revoca concessivo delle agevolazioni ex lege n. 488/1992, motivato dal riscontrato scostamento rispetto al parametro occupazionale oltre i limiti consentiti dall’art. 3, comma 3 del provvedimento di concessione provvisoria, con intimazione alla restituzione della somma già versata.
2. A sostegno dell’impugnativa, la società aveva dedotto la mancata indicazione delle modalità di opposizione al decreto e l’insussistenza dei presupposti, in quanto la cessione di ramo d’azienda a terzi non avrebbe comportato il venir meno di tutte le condizioni in base alle quali erano state concesse le agevolazioni ed in particolare, come evidenziato nello stesso atto impugnato, il trasferimento, oltre ad una parte dell’attività e dei beni, anche di una quota di personale attraverso la sua ubicazione presso una unità produttiva della società cessionaria, il tutto in pretesa violazione dell’art. 8, comma 1, lett. b), del D.M. 527/1995.
3. Costituitosi il Ministero, il Tribunale amministrativo adì to Sezione I, dopo aver disposto istruttoria (con l’ordinanza n. 405 dell’8 febbraio 2000) ed aver accolto la domanda cautelare (con l’ordinanza n. 944 del 22 marzo 2000), ha respinto il ricorso ed ha compensato le spese di lite.
4. In particolare, il T.a.r. ha ritenuto che:
– a seguito dei cospicui conferimenti, da parte della società ricorrente In. Ge. S.p.A e della società Al. s.r.l., per il complessivo aumento di capitale di £ . 25.580.000.000 in favore della società In. Ge. Co. S.r.l., è “simultaneamente corrisposta una parziale dismissione di attività da parte della società ricorrente (cessione del ramo di produzione del Compound plastico), il che ha impedito di poter confermare le concesse agevolazioni a consuntivo, stante l’oggettivo scostamento dell’indicatore previsto per il personale, in linea con la puntuale previsione di cui all’art. 3.3 dell’atto di concessione”, tant’è vero che “il personale dipendente si è drasticamente ridotto da 180 (gennaio) a 63 (dicembre) unità “;
– “è oggettivamente provato che alla data di entrata in funzione del programma (30.6.1997, cfr. relazione stato finale del 27.1.1998), non erano decorsi cinque anni dalla concessione dei contributi (20.11.1996)” e tale circostanza integra la fattispecie revocatoria disciplinata dal D.M. 527/1995 per “evitare che, una volta conseguite le provvidenze, queste possano essere trasferite o, anche, parzialmente, dismesse mediante operazioni societarie effettuate prima del pieno consolidamento della programmata iniziativa”.
5. Avverso tale pronuncia la società ha interposto appello, notificato il 20 febbraio 2014 e depositato il 3 marzo 2014, lamentando, attraverso tre motivi di gravame (pagine 7-14), dopo aver evidenziato che l’evoluzione del pensiero giurisprudenziale ha condotto al generale riconoscimento della giurisdizione del giudice ordinario in fattispecie analoghe a quella in esame, quanto di seguito sintetizzato:
I) il T.a.r., nel respingere la relativa censura, non si sarebbe avveduto che non vi è stata alcuna dismissione del ramo “Co.”, essendo rimasto, senza soluzione di continuità, all’interno del medesimo gruppo in virtù dell’integrazione del medesimo ramo proveniente dalla società Al. S.r.l., tanto più che lo stesso decreto di concessione provvisoria, all’art. 4, aveva previsto l’ipotesi di variazione di ragione sociale della ditta beneficiaria o cessione a qualsiasi titolo dell’attività con il mantenimento del programma agevolato; inoltre lo stesso Ministero, con la circolare del 23 marzo 2000, ha previsto la possibilità – per l’impresa che abbia chiesto le agevolazioni ai sensi della legge su richiamata per un programma di investimenti – “di avanzare una specifica istanza tesa al mantenimento della validità della domanda stessa” quando trasferisca o abbia trasferito ad un altro soggetto parte delle attività produttive di servizio;
II) è proprio in considerazione di tale circolare che si evidenzia la erroneità della pronuncia impugnata, laddove esclude che abbia rilievo la continuità operativa, organizzativa e immobiliare evidenziata in ricorso, in realtà evidenziata dal fatto che le maestranze continuavano ad operare nella stessa sede di Samarate e in numero invariato;
III) in ogni caso non sarebbe legittima la revoca totale, sussistendo al più i presupposti, come rimarcato con l’ultimo motivo del ricorso di primo grado, per disporre la revoca soltanto parziale delle agevolazioni.
6. L’appellante ha concluso chiedendo, in riforma dell’impugnata sentenza, l’accoglimento del ricorso di primo grado e quindi l’annullamento del decreto con lo stesso impugnato.
7. In data 10 marzo 2014, il Ministero dello sviluppo economico si è costituito in giudizio.
8. In data 17 aprile 2014, parte appellata ha depositato ricorso incidentale condizionato al fine di avversare la sentenza, in caso di accoglimento del gravame, nella parte in cui essa ha implicitamente ritenuto la giurisdizione del giudice amministrativo.
9. In data 11 febbraio 2020, parte appellante ha depositato una memoria, insistendo per la declaratoria del difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in favore di quello ordinario e comunque per l’accoglimento dell’appello, ribadendo che il ramo “Co.” – piuttosto che uscire dall’influenza
di In. Ge. S.p.a. – è rimasto senza soluzione di continuità all’interno del medesimo gruppo.
In vista della trattazione nel merito del ricorso le parti non hanno svolto difese scritte.
10. In data 20 novembre 2020, parte appellante ha depositato note d’udienza volte a segnalare la pronuncia dell’Ad. plen. ord. n. 4 del 28 luglio 2017 e pertanto insistendo per la declaratoria di difetto di giurisdizione.
11. La causa, chiamata per la discussione alla udienza pubblica svoltasi con modalità telematica del 27 novembre 2020, è stata ivi trattenuta in decisione.
12. L’appello incidentale, avente rilievo preliminare e dirimente, è fondato e pertanto va dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, sussistendo quella del giudice ordinario.
12.1 Va preliminarmente osservato che lo stesso appellante principale ha dato atto, nelle premesse del suo atto d’appello, del fatto che la giurisprudenza consolidatasi in corso di causa ha attribuito alla cognizione del giudice ordinario le controversie in tema di revoca di agevolazioni per inadempienze del beneficiario. L’appellante ha insistito, anche in prossimità dell’udienza di trattazione del gravame, per la declaratoria del difetto di giurisdizione del giudice amministrativo precisando di non avere formulato uno specifico motivo di appello per non incorrere in una possibile ipotesi di abuso del processo.
12.2 Orbene, la questione di giurisdizione è sollevata, questa volta ritualmente con la formulazione di un preciso motivo d’impugnazione, anche dall’appellante incidentale, il cui gravame, ancorché espressamente condizionato, va esaminato con precedenza rispetto al contrapposto appello, in quanto sarebbe altrimenti contrario a criteri di logica giuridica esaminare il merito della controversia in sede di scrutinio dei motivi articolati coll’appello principale per poi dichiarare il proprio difetto di giurisdizione in accoglimento dell’appello incidentale.
Va quindi data priorità logica alla (unica) questione prospettata dall’appellante incidentale in ordine alla non riconducibilità della controversia alla giurisdizione del giudice amministrativo, questione che va risolta sulla base dell’orientamento ormai consolidatosi delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, le quali si sono espresse nel senso che “la controversia sulla legittimità della revoca di un finanziamento pubblico determinata dall’inadempimento del privato beneficiario alle prescrizioni dell’atto di concessione rientra nella giurisdizione del giudice ordinario qualora la contestazione faccia esclusivo riferimento alle inadempienze del percettore, senza coinvolgere in alcun modo il legittimo esercizio dell’apprezzamento discrezionale del concedente circa an, quid e quomodo dell’erogazione” (cfr. Cassazione civile, sez. un., 17 febbraio 2016, n. 3057; id., 22 giugno 2017, n. 15638) e ciò a prescindere dal nomen (revoca, decadenza o risoluzione) utilizzato per denominare detto provvedimento (Cassazione civile, sez. un., 7 luglio 2017, n. 16831).
Poiché l’Adunanza plenaria si è già espressa nei medesimi termini (Cons. Stato, Ad. plen., 29 gennaio 2014, n. 6), la Sezione prende atto di tale orientamento.
12.3 In conclusione, l’appello incidentale è fondato e pertanto va dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in favore del giudice ordinario, con salvezza della domanda proposta dall’appellante secondo i principi della translatio judicii ai sensi dell’art. 11, comma 2, c.p.a. (“sono fatti salvi gli effetti processuali e sostanziali della domanda se il processo è riproposto innanzi al giudice indicato nella pronuncia che declina la giurisdizione, entro il termine perentorio di tre mesi dal suo passaggio in giudicato”).
13. Sussistono giusti motivi, atteso il tenore della presente decisione, per compensare le spese del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto (n. r.g. 1784/2014), accoglie l’appello incidentale proposto dal Ministero per lo sviluppo economico e, per l’effetto, dichiara il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in favore del giudice ordinario, con salvezza degli effetti della domanda proposta dall’appellante ai sensi dell’art. 11, comma 2, c.p.a..
Spese del doppio grado di giudizio compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso dalla Sesta Sezione del Consiglio di Stato, con sede in Roma, nella Camera di Consiglio del giorno 27 novembre 2020, convocata con modalità da remoto e con la contemporanea e continuativa presenza dei magistrati:
Luigi Maruotti – Presidente
Oreste Mario Caputo – Consigliere
Francesco Gambato Spisani – Consigliere
Giovanni Sabbato – Consigliere, Estensore
Davide Ponte – Consigliere

 

 

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