La dichiarazione di fallimento è possibile malgrado la mancata comparizione del creditore

Corte di Cassazione, sezione prima civile, Ordinanza 21 novembre 2019, n. 30445.

La massima estrapolata:

La dichiarazione di fallimento è possibile malgrado la mancata comparizione del creditore all’udienza fissata dal Tribunale per la discussione dell’istanza da lui proposta. Nel nostro ordinamento non c’è, infatti, un automatismo tra mancata presenza del creditore e rinuncia al ricorso.

Ordinanza 21 novembre 2019, n. 30445

Data udienza 4 ottobre 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio – Presidente

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – rel. Consigliere

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere

Dott. MACRI’ Ubalda – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 19678/2017 proposto da:
(OMISSIS) s.n.c. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, e (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS): quali ex soci della predetta societa’, elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentatati e difesi dagli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS), rispettivamente giuste procura speciale per Notaio Dott. (OMISSIS) di (OMISSIS) del 31.10.2018 e procura in calce alla memoria;
– ricorrenti –
contro
Fallimento (OMISSIS) s.n.c. (OMISSIS) nonche’ di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), Procuratore Generale presso la Corte di Appello Napoli;
– intimati –
contro
(OMISSIS) S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 152/2017 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 06/07/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 04/10/2019 dal Pres. GENOVESE FRANCESCO ANTONIO.

FATTI DI CAUSA

1. – La Corte d’appello di Napoli ha respinto il reclamo proposto, ai sensi della L.Fall., articolo 18, avverso la sentenza del Tribunale di Benevento che (in data 14 ottobre 2016) ha dichiarato il fallimento della (OMISSIS) snc (OMISSIS) in liquidazione, nonche’ dei soci – (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) – in proprio, previa conferma del decreto di inammissibilita’ della proposta concordataria di gruppo delle societa’ (OMISSIS) srl, (OMISSIS) srl e (OMISSIS) snc (OMISSIS).
1.1. – La Corte territoriale, per quello che ancora rileva, ha affermato che il reclamo, proposto dalla societa’ di persone e dai soci illimitatamente responsabili, non poteva trovare accoglimento in quanto: a) il concordato preventivo di gruppo non era proponibile, secondo il principio gia’ enunciato da questa Corte (riferimento a sent. n. 20559 del 2015), pienamente condiviso dalla Corte territoriale, in assenza di una specifica normativa idonea a garantire una “gestione unitaria della situazione economica di sintesi delle singole societa’”, atteso che solo il nuovo progetto di riforma si era orientato in quella direzione; b) la dichiarazione di fallimento era correttamente intervenuta nonostante: b1) la mancata comparizione del creditore all’udienza (del 3 aprile 2016) fissata per la discussione dell’istanza posto che, in assenza di un qualsiasi automatismo tra la mancata presenza del creditore e la rinuncia al ricorso, nella specie nessun elemento concreto era stato allegato dalla reclamante; b2) la contestazione del credito posto a fondamento dell’istanza del (OMISSIS) S.p.A., atteso che in sede “concordataria le fallende avevano riconosciuto la debenza della somma azionata dalla Banca”, che risultava – come accertato dal Tribunale dalla documentazione contabile – in un ammontare non soddisfacibile neppure parzialmente; b3) lo stato d’insolvenza della societa’ posta in liquidazione in ragione sia dell’inesistenza della condizione di integrale soddisfacimento dei creditori sociali e sia sulla base degli elementi attivi del patrimonio sociale.
2. – Contro tale decisione la (OMISSIS) snc (OMISSIS) in liquidazione, nonche’ i soci (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) in proprio, hanno proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, che sono stati illustrati anche con memorie (distinte per la societa’ e per i soci).
3. – Il (OMISSIS) SpA ha resistito con controricorso e memoria illustrativa.
3.1. – La Curatela fallimentare non ha svolto difese.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- Con il primo dei quattro mezzi la societa’ e i soci lamentano la violazione della L.Fall., articolo 160, nonche’ articoli 2497 e ss. c.c. (articolo 360 c.p.c., n. 3) per avere il giudice del merito ritenuto inammissibile la proposta di un concordato cd. di gruppo da parte di piu’ societa’ tra di loro collegate.
1.1.- Secondo i ricorrenti, la Corte territoriale avrebbe motivato la propria pronuncia semplicemente riportandosi al dictum della SC e senza l’ausilio di alcuna altra valida argomentazione (senza dire che la sentenza della SC, richiamata nel provvedimento qui esaminato, era stata pubblicata in data successiva a quella di deposito della domanda di concordato si’ che, a quella data, l’istanza era pienamente ammissibile e non si poteva certo discorrere di prospective overruling).
1.2.- Non sarebbe affatto necessaria una disciplina legislativa specifica poiche’, gia’ allo stato della normativa esistente al momento dell’istanza si sarebbe potuto assicurare, senza confusione delle masse (attiva e passiva), una gestione unitaria delle procedure di concordato, per tutte le societa’ di un gruppo, da parte dello stesso professionista incaricato e sotto il controllo dello stesso organo giurisdizionale, cosi’ incentivando il voto positivo da parte di un ceto creditorio informato in ordine a tutte le componenti dell’operazione economica nel suo complesso.
2. – Con il secondo (violazione e falsa applicazione della L.Fall., articolo 6 e articoli 99 e 100 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3) i ricorrenti lamentano l’errore della Corte territoriale per aver ritenuto legittima la dichiarazione di fallimento nonostante che il procedimento non fosse stato coltivato dal ricorrente, rimasto assente all’udienza di discussione.
2.1. – Infatti, il creditore avrebbe l’onere di dimostrare, fino alla pronuncia del Tribunale, di avere ancora interesse alla decisione richiesta si’ che, in caso di mancata partecipazione al contraddittorio in quella sede, sarebbe ravvisabile una implicita rinuncia alla domanda proposta.
3. – Con il terzo (violazione e falsa applicazione della L.Fall. articolo 5 e articolo 15, u.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3) i ricorrenti si dolgono dell’errore commesso dalla Corte d’appello per aver ritenuto esistente il credito azionato dalla Banca ricorrente, nonostante la non infondata ne’ pretestuosa contestazione mossa dalla pretesa debitrice (che aveva proposto opposizione avverso il DI rilasciato in favore del (OMISSIS)), avendo il Tribunale (prima) e la Corte (poi) ritenuto, quale prova del credito, bastevole il solo saldaconto (senza far riferimento agli estratti del conto corrente). Ne’ la fideiussione rilasciata dai soci illimitatamente responsabili della snc, in favore della srl (dello stesso gruppo societario), comportava l’obbligo dell’automatica iscrizione del relativo valore come voce di debito nei bilanci societari (ma solo nella nota integrativa o nei conti d’ordine).
3.1.- La presentazione della domanda di concordato anche da parte della societa’ in nome collettivo (previa revoca della sua cancellazione dal registro delle imprese), alla prima udienza fissata per la discussione dell’istanza di fallimento, non costituiva un abuso del processo per quanto l’istanza fosse stata proposta in prossimita’ della scadenza del termine perentorio dell’anno per la dichiarazione di fallimento, ai sensi della L.Fall., articolo 10.
4. – Con il quarto ed ultimo (violazione e falsa applicazione della L.Fall., articolo 5, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, nonche’ omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione fra le parti, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 5) i ricorrenti si dolgono dell’omessa indagine sul presupposto dello stato d’insolvenza in capo alla societa’ debitrice, atteso che il ricorso alla procedura di concordato non puo’ far ipotizzare che lo stato di crisi mentre l’insolvenza deve essere dimostrata singolarmente, per ogni societa’ del gruppo.
5. – Il primo motivo di ricorso e’ infondato.
5.1. – La Corte ha gia’ avuto modo di stabilire le ragioni dell’inammissibilita’ della proposta di concordato preventivo del gruppo di societa’.
5.2. – Con una pluralita’ di pronunce (benche’ precedute dall’ordinanza n. 17907 del 2011 che aveva escluso la derogabilita’, per ragione di connessione con altre procedure relative a societa’ diverse facenti parte di un gruppo, della regola della competenza territoriale), a partire dalla sentenza n. 20559 del 2015 (cui ha fatto seguito l’ordinanza n. 18761 del 2018), questa stessa sezione, ha con diffusa argomentazione – affermato il principio di diritto secondo cui il concordato cd. di gruppo non e’ proponibile, innanzi al medesimo tribunale, in assenza di una disciplina positiva che si occupi di regolarne la competenza, le forme del ricorso, la nomina degli organi, nonche’ la formazione delle classi e delle masse, sicche’, in base alla disciplina vigente, il concordato preventivo puo’ essere proposto unicamente da ciascuna delle societa’ appartenenti al gruppo davanti al tribunale territorialmente competente per ogni singola procedura, senza possibilita’ di confusione delle masse attive e passive, per essere, quindi, approvato da maggioranze calcolate con riferimento alle posizioni debitorie di ogni singola impresa.
5.3. – Da ultima, la sentenza n. 19014 del 2017, ha ribadito che l’istituto del concordato cd. di gruppo resta avvinto al fenomeno societario corrispondente, quale appunto il gruppo di societa’, oggetto di riconoscimento solo indiretto, senza formule definitorie, da parte dell’articolo 2497 e seguenti c.c., ove si rinviene la disciplina della responsabilita’ da direzione e coordinamento, sicche’, all’atto della crisi d’impresa, il riferimento al “gruppo” e’ legittimo in quanto correlato all’istituto desumibile dalla suddetta disciplina, per modo da potersi propriamente discorrere di “gruppo” in quelle (sole) dinamiche in cui una societa’ (la capogruppo) esercita la propria attivita’ d’impresa dirigendo e coordinando le altre. Ne consegue che il concordato di gruppo non puo’ ammettersi nel caso di crisi gestita da parte di singole societa’ mediante forme di aggregazione diverse dal gruppo societario propriamente inteso, limitate a meri conferimenti di beni e all’accollo di debiti tra le dette societa’, essendo elemento imprescindibile quello dell’autonomia delle masse attive e passive e la conseguente votazione separata sulle proposte da parte dei creditori di ciascuna societa’ o impresa.
5.4. – A conferma della necessita’ di una apposita disciplina legislativa per la regolazione dell’insolvenza di gruppo, ove ce ne fosse ancora bisogno per la dimostrazione della complessita’ della soluzione chiara dei problemi inerenti ad una tale problematica, va ricordato che il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (di cui al Decreto Legislativo n. 14 del 2019) ha, solo ora ed in via innovativa a far data dalla sua piena efficacia, previsto un complesso di regole raccolte nel titolo VI, dedicato alle Disposizioni relative ai gruppi di imprese (articoli 284 – 292), con una specifica previsione (l’articolo 284) intitolata al Concordato, accordi di ristrutturazione e piano attestato di gruppo; un’altra (l’articolo 285), avente ad oggetto il Contenuto del piano o dei piani di gruppo e azioni a tutela dei creditori e dei soci; ed infine una regolazione (contenuta nell’articolo 286) del Procedimento di concordato di gruppo.
5.5. – Una tale complessita’ di regolazione, va da se’, non poteva certo essere ricavata in via di principio dalla legislazione esistente (quella applicabile ratione temporis), pena – per la carenza di una articolata disciplina – l’affacciarsi di soluzioni non necessitate e di esiti giurisprudenziali difformi, come pure si era gia’ avvertito a seguito di alcuni tentativi dei giudici di merito – per quanto apprezzabili – di anticipare l’intervento legislativo, pero’ rivelatosi indispensabile, come mergeva dall’impossibilita’ di trovare un’unica e soddisfacente ricostruzione dello stesso procedimento e degli effetti dei suoi atti.
6. – Il secondo motivo di ricorso e’, del pari, infondato.
6.1. – Questa Corte si e’ da ultimo pronunciata sulla questione della mancata comparizione del ricorrente all’udienza di discussione (sentenza n. 24797 del 2019) riaffermando, ad esempio, con riferimento all’impugnazione del decreto in tema di omologa che, “la mancata comparizione delle parti resta disciplinata dal principio (….) per cui il giudice e’ tenuto a verificare la regolarita’ della notificazione del ricorso e del decreto, per poi decidere il reclamo nel merito”, secondo l’enunciato anteriore (Sez. 1, Sentenza n. 8227 del 2012), a termini del quale in tema di reclamo ai sensi della L.Fall., articolo 18, nel nuovo testo modificato dal Decreto Legislativo n. 169 del 2007, vale il principio per cui, in caso di difetto di comparizione del reclamante all’udienza di trattazione, il giudice, verificata la regolarita’ della notificazione del ricorso e del decreto, deve decidere il reclamo nel merito, esclusa la possibilita’ di una decisione di rinvio della trattazione o di improcedibilita’ per disinteresse alla definizione o di “non luogo a provvedere”. Ed anche che, con “riferimento al procedimento di reclamo di cui alla L.Fall., articolo 26 (…) trovano applicazione le regole generali sui giudizi camerali ex articoli 737 segg. c.p.c. ed il tribunale e’ tenuto a decidere il reclamo anche nel caso in cui il ricorrente non compaia in camera di consiglio, sicche’, qualora dichiari erroneamente “non luogo a provvedere” sul medesimo, questo provvedimento e’ impugnabile con ricorso per cassazione, ex articolo 111 Cost. (Cass. 3 agosto 2017, n. 19478; Cass. 11 maggio 2005, n. 9930).”.
6.2. – Analoga conclusione si impone, ad avviso del Collegio (sentenza n. 24797 del 2019), con riferimento alla fattispecie della mancata comparizione delle parti all’udienza del giudizio di reclamo in tema di omologa del concordato preventivo, essendo sorretta dalla medesima ratio legis, sicche’ deve affermarsi la seguente regula iuris: in tema di dichiarazione di fallimento, essa correttamente interviene nonostante la mancata comparizione del creditore all’udienza fissata dal Tribunale per la discussione dell’istanza da lui proposta, considerato che nel nostro ordinamento non v’e’ automatismo tra la mancata presenza del creditore e la rinuncia al ricorso, in difetto di elementi concreti allegati dalla reclamante (e valorizzati in sede di reclamo ai sensi della L.Fall., articolo 18) e che il giudice, verificata la regolarita’ della notificazione del ricorso e del decreto, deve decidere l’istanza nel merito, esclusa la possibilita’ di una decisione di rinvio della trattazione o di improcedibilita’ per disinteresse alla definizione o di “non luogo a provvedere”.
7. – Il terzo motivo di ricorso e’ inammissibile.
7.1. – Infatti, con tale mezzo, i ricorrenti hanno soltanto richiesto una sorta di rivalutazione dei presupposti per la, non condivisa, decisione di merito (in particolare, con riferimento all’inesistenza del diritto di credito in quanto non documentato sufficientemente) ed il connesso errore del giudice che ha respinto le contrarie deduzioni della societa’ debitrice.
7.2. – Si tratta, infatti, di una richiesta di rivalutazione del merito della causa che non e’ consentita in questa sede.
7.3. – Ne’, con il mezzo in esame, e’ stata proposta una questione relativa alla presunta violazione della L.Fall., articolo 10, per il superamento del termine annuale stabilito per la dichiarazione di fallimento (come con memorie impropriamente “illustrative” si cerca si postulare), poiche’ tale questione – che non e’ stata svolta nella sede a quo se non, come emerge a p. 15 della sentenza come violazione della L.Fall., articolo 147, a riguardo dei soci illimitatamente responsabili (questione non ripresa in questa sede) – e’ stata richiamata incidentalmente nel mezzo in esame (che invoca nel titolo la sola violazione della L.Fall., articoli 5 e 15) solo per sostenere che il credito era cosi’ inesistente che la societa’ in nome collettivo aveva richiesto la revoca della propria cancellazione allo scopo di resistere sul punto e proporre una domanda di concordato preventivo, assieme alle altre due societa’ collegate.
7.4.- Il motivo difetta, pertanto, di univocita’ e chiarezza, essendo piuttosto diretto a contestare la valutazione giudiziale (che si assume erronea) dell’esistenza del credito della Banca e non certo ad invocare, peraltro solo in questa sede, la pretesa violazione dell’articolo 10 L. Fall., le cui deduzioni non risultano svolte nella fase di merito e comunque, ove anche cola’ proposte, non richiamate con le necessarie modalita’ autosufficienti.
7. – Anche l’ultimo motivo di ricorso e’ inammissibile, poiche’ anche con questo si chiede il riesame delle valutazioni, piu’ o meno succintamente motivate, in riferimento alle non esposte ed autosufficienti censure della fase di merito.
8. – Il ricorso, pertanto, va complessivamente respinto, con l’affermazione del principio di cui ai §§ 5.5 e 6.2, e con le conseguenze de: a) le spese processuali, a carico dei ricorrenti e liquidate come in dispositivo; b) il raddoppio del contributo unificato gia’ assolto.

P.Q.M.

Respinge il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido, al pagamento delle spese processuali che liquida in complessivi Euro 7.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese generali forfettarie ed agli accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, dichiara che sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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