La domanda di nullità del contratto preliminare di vendita di immobili da costruire

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|8 febbraio 2023| n. 3817.

La domanda di nullità del contratto preliminare di vendita di immobili da costruire

La domanda di nullità del contratto preliminare di vendita di immobili da costruire, per mancato rilascio della garanzia fideiussoria ex art. 2 del D.lgs. n. 122/2005, non può essere accolta, per violazione della clausola di buona fede oggettiva e per carenza di interesse ad agire, allorché essa sia proposta dopo l’ultimazione dei lavori e senza che nelle more si sia manifestata l’insolvenza del promittente venditore ovvero che risulti altrimenti pregiudicato l’interesse del promissario acquirente, alla cui tutela è preposta la nullità di protezione prevista dalla norma in esame

Ordinanza|8 febbraio 2023| n. 3817. La domanda di nullità del contratto preliminare di vendita di immobili da costruire

Data udienza 20 dicembre 2022

Integrale

Tag/parola chiave: Vendita – Contratto preliminare – Immobili da edificare – Garanzia fideiussoria – Difetto – Nullità relativa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere

Dott. PAPA Patrizia – Consigliere

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere

Dott. TRAPUZZANO Cesare – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso (iscritto al N.R.G. 10992/2018) proposto da:
(OMISSIS) S.r.l., (C.F.: (OMISSIS)), in persona del suo legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, giusta procura in calce al ricorso, dall’Avv. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avv. (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), (C.F.: (OMISSIS)), e (OMISSIS), (C.F.: (OMISSIS)), rappresentati e difesi, giusta procura in calce al controricorso, dall’Avv. (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avv. (OMISSIS);
– controricorrenti –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Milano n. 285/2018, pubblicata il 19 gennaio 2018, notificata il 7 febbraio 2018;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 20 dicembre 2022 dal Consigliere relatore Dott. Cesare Trapuzzano;
lette le memorie depositate nell’interesse delle parti, ai sensi dell’articolo 380-bis.1 c.p.c..

FATTI DI CAUSA

1.- Con ricorso depositato il 10 giugno 2013, (OMISSIS) e (OMISSIS) chiedevano al Tribunale di Monza che fosse ingiunto, nei confronti della (OMISSIS) S.r.l., il pagamento della somma di Euro 50.000,00, a titolo di restituzione delle somme da essi versate in forza del contratto preliminare di vendita concluso in data 24 giugno 2011, avente ad oggetto un immobile da costruire, di cui si denunciava la nullita’ per omessa consegna della fideiussione di cui del Decreto Legislativo n. 122 del 2005, articolo 2.
Rilasciato il Decreto Ingiuntivo n. 4601 del 2013, depositato il 27 giugno 2013, notificato il 16 luglio 2013, la (OMISSIS) S.r.l. proponeva opposizione, chiedendo che il provvedimento monitorio opposto fosse revocato e che, in via riconvenzionale, previo accertamento dell’inadempimento dei promissari acquirenti alle obbligazioni assunte, fosse dichiarata la legittimita’ del recesso esercitato, con conseguente diritto ad incamerare la somma versata a titolo di caparra confirmatoria.
Si costituivano in giudizio (OMISSIS) e (OMISSIS), i quali resistevano all’opposizione e, per l’effetto, concludevano per il suo rigetto nonche’ per il rigetto della spiegata domanda riconvenzionale.
Nel corso del giudizio era respinta l’istanza di concessione della provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto, ai sensi dell’articolo 648 c.p.c..
Quindi, il Tribunale adito, con sentenza n. 60/2015, rigettava l’opposizione e, per l’effetto, confermava il decreto ingiuntivo opposto, disattendendo, altresi’, la domanda riconvenzionale proposta dall’opponente. Con riferimento alla regolamentazione delle spese di lite, ne disponeva la compensazione integrale, ravvisando la ricorrenza di giusti motivi nel comportamento delle parti opposte, che per circa due anni avevano dato corso agli impegni contrattuali assunti con la stipulazione del preliminare.
2.- Con atto di citazione notificato il 7 luglio 2015, proponeva appello la (OMISSIS) S.r.l., la quale, nell’ordine, prospettava i seguenti motivi di impugnazione: a) erronea, contraddittoria e carente motivazione in ordine alla valutazione della sussistenza dei presupposti per l’operativita’ della nullita’ indicata del Decreto Legislativo n. 122 del 2005, articolo 2, stante che l’ultimazione dei lavori, al tempo in cui la nullita’ era stata fatta valere, sarebbe stata incompatibile con la previsione di una nullita’ di protezione; ed inoltre avrebbe determinato la carenza di interesse ad agire dei promissari acquirenti e l’abuso del diritto, alla stregua della exceptio doli generalis; b) l’omessa o carente motivazione con riguardo all’ammissibilita’ del procedimento monitorio, per assenza di declaratoria di nullita’ del contratto preliminare e conseguente inesistenza dei requisiti per l’adozione del decreto ingiuntivo; c) l’omessa o carente motivazione con riferimento al rigetto della proposta domanda riconvenzionale, atteso l’adempimento del promittente alienante e l’inadempimento dei promissori acquirenti, con il conseguente legittimo esercizio del diritto di recesso.
Si costituivano nel giudizio di impugnazione (OMISSIS) e (OMISSIS), i quali resistevano al gravame e spiegavano appello incidentale, nella parte in cui la sentenza di prime cure aveva disposto l’integrale compensazione delle spese di lite.
Decidendo sul gravame interposto, la Corte d’appello di Milano, con la sentenza di cui in epigrafe, rigettava l’appello principale e accoglieva l’appello incidentale e, per l’effetto, disponeva la condanna dell’appellante principale, in favore degli appellati, al pagamento delle spese sia del primo grado di giudizio sia del grado d’appello, confermando, per il resto, la pronuncia impugnata.
A sostegno dell’adottata pronuncia la Corte territoriale rilevava, per quanto interessa in questa sede: a) che la tutela prevista dal Decreto Legislativo n. 122 del 2005, si estendeva ai diritti patrimoniali degli acquirenti di immobili per i quali, da un lato, fosse stato richiesto il permesso di costruire e, dall’altro, non fosse ancora avvenuta l’edificazione o la cui costruzione non fosse risultata ultimata, essendo in uno stadio tale da non permettere ancora il rilascio del certificato di agibilita’; b) che, nel caso in disputa, si trattava di immobile da costruire e non di immobile sulla carta, posto che il costruttore aveva gia’ richiesto il permesso di costruire in data 9 marzo 2011, prima della stipulazione del preliminare, essendo, al riguardo, irrilevante che successivamente a tale stipula fosse stata depositata una variante del progetto originario; c) che la norma mirava a tutelare il compratore da un’eventuale insolvenza, e in particolare dal possibile fallimento del costruttore, sicche’ il contraente debole avrebbe dovuto essere garantito sino al momento del trasferimento della proprieta’, atteso che l’insolvenza del costruttore si sarebbe potuta verificare anche nelle more del trasferimento; d) che la protezione accordata all’acquirente si estendeva sino al momento del trasferimento immobiliare e, pertanto, la tutela apprestata doveva essere riconosciuta anche nel periodo intercorrente tra l’ultimazione dell’opera e il passaggio di proprieta’, soprattutto quando fossero stati versati ingenti importi o addirittura fosse avvenuto l’integrale pagamento del prezzo prima del rogito, e cio’ indipendentemente dall’esistenza di un pericolo di insolvenza o dalla ricorrenza di una situazione di crisi del costruttore; e) che la nullita’ di protezione eccepita era insanabile e la relativa azione imprescrittibile, sicche’ l’acquirente non avrebbe potuto rinunciare alla garanzia fideiussoria stabilita dalla norma imperativa; f) che non sussisteva alcun abuso del diritto e/o del processo, poiche’ gli appellati avevano esercitato un diritto soggettivo loro attribuito e riconosciuto dall’ordinamento, ne’ ricorrevano atti emulativi, in quanto i promissari acquirenti avevano operato secondo correttezza e buona fede, senza che alcun inadempimento fosse loro imputabile; g) che doveva essere confermata l’infondatezza della proposta domanda riconvenzionale, in considerazione dell’invalidita’ del contratto preliminare oggetto di causa nonche’ del fatto che la societa’ costruttrice, prima ancora di invitare i promissari acquirenti a presentarsi davanti al notaio per la stipula del rogito definitivo, aveva messo in vendita l’appartamento, ritenendosi, pertanto, svincolata dai propri obblighi contrattuali e comunque manifestando, con il proprio contegno, la volonta’ di considerare il contratto non produttivo di effetti giuridici.
3.- Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, la (OMISSIS) S.r.l. Hanno resistito con controricorso gli intimati (OMISSIS) e (OMISSIS).
4.- Le parti hanno depositato memorie illustrative.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- In primis, devono essere disattese le eccezioni preliminari sollevate dai controricorrenti.
Il ricorso e’, infatti, ammissibile, in quanto rispetta il principio di autosufficienza, riportando, ai sensi dell’articolo 366 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 6, l’esposizione sommaria dei fatti di causa, i motivi per i quali si chiede la cassazione, con l’indicazione delle norme di diritto su cui si basano, e la specifica indicazione degli atti processuali, documenti e contratti sui quali il ricorso si fonda, essendo, al riguardo, sufficienti idonei riferimenti alle fasi processuali in cui essi sono stati prodotti o formati, senza eccessivi vincoli formali (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 12481 del 19/04/2022; Sez. 3, Ordinanza n. 7186 del 04/03/2022; Sez. U., Ordinanza n. 8950 del 18/03/2022; Sez. U., Sentenza n. 34469 del 27/12/2019).
Anche l’ulteriore censura sollevata dai controricorrenti, circa l’inammissibilita’ del ricorso per difetto di interesse ad agire della ricorrente, non puo’ trovare seguito.
In proposito, i controricorrenti osservano che la decisione impugnata sarebbe imperniata su due autonome rationes decidendi, di cui la societa’ istante avrebbe contestato solo la prima.
Ebbene, tale ricostruzione non puo’ essere condivisa, posto che il rilievo di cui alla sentenza d’appello, circa il fatto che la promittente alienante avesse messo in vendita l’appartamento prima di invitare i promissari acquirenti a stipulare il contratto definitivo, non costituisce ragione assorbente per escludere che il preliminare potesse comunque considerarsi valido. Tale assunto era, viceversa, funzionale a confermare il rigetto della domanda riconvenzionale spiegata nel giudizio di primo grado dall’opponente, volta ad ottenere la dichiarazione di avvenuta risoluzione del preliminare per inadempimento dei promissari acquirenti (per effetto del legittimo esercizio del diritto potestativo di recesso ex articolo 1385 c.c.). Sicche’ l’iniziativa assunta dal costruttore non avrebbe potuto incidere sull’integrazione del vizio genetico del contratto, ma, al piu’, avrebbe potuto escludere – come, in realta’, e’ stato ritenuto – la sussistenza di un difetto funzionale sopravvenuto. Si tratta di piani distinti, tra essi non interferenti: quello dell’atto e quello del rapporto. E tanto anche perche’ la circostanza di essersi attivati per la vendita a terzi dell’immobile non costituisce affatto garanzia dell’alienazione del bene a tali terzi, e dunque ipotetica rinuncia a negare la validita’ del preliminare (ovvero condivisione implicita della sua denunciata nullita’). Ed infatti, dopo aver avviato trattative con terzi per la vendita del cespite, il costruttore ha comunque invitato i promissari acquirenti alla stipula del definitivo.
2.- Tanto premesso, con il primo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione degli articoli 1175, 1375 e 1366 c.c., nella parte in cui regolano la clausola di buona fede oggettiva, prefigurando l’integrazione della categoria dell’abuso dell’esercizio del diritto, rispetto alla disciplina di cui del Decreto Legislativo n. 122 del 2005, articoli 1 e 2, per avere la Corte di merito ritenuto che la nullita’ protettiva del preliminare di vendita, per mancato rilascio della garanzia fideiussoria, operasse fino al trasferimento definitivo della proprieta’ immobiliare e non gia’ fino all’ultimazione dei lavori, tale da consentire il rilascio del certificato di agibilita’.
Rileva, sul punto, l’istante che, nel momento in cui la nullita’ e’ stata eccepita dai promissari acquirenti (in data 4 aprile 2013), il permesso di costruire era gia’ stato rilasciato (in data 9 marzo 2011), l’immobile era stato gia’ ultimato (in data 28 febbraio 2013), l’agibilita’ era stata domandata (in data 1 marzo 2013), mentre, nel momento in cui e’ stata proposta la domanda monitoria (in data 10 giugno 2013), era stata gia’ ottenuta l’agibilita’ per silenzio-assenso (in data 30 aprile 2013). Inoltre, i promissari acquirenti avevano disertato la comparizione davanti al notaio per la stipula del definitivo, nonostante l’invito rivolto dalla promittente alienante.
Aggiunge la ricorrente che la liberta’ di far valere la nullita’ di protezione non avrebbe potuto consentire il perseguimento di fini ulteriori da quelli per i quali la normativa di riferimento prevede l’invalidita’, sicche’ sarebbe stata integrata una fattispecie di abuso del diritto, poiche’ la nullita’ relativa che l’acquirente avrebbe potuto far valere sarebbe stata strumentale alla garanzia esclusiva della restituzione delle somme e del valore di ogni altro corrispettivo effettivamente riscosso, nel caso in cui il costruttore fosse incorso in una situazione di crisi.
Pertanto, i promissari acquirenti avrebbero esercitato l’azione di nullita’ in spregio al principio di buona fede oggettiva, abusando del diritto conferitogli dalla normativa, dopo che i lavori riguardanti l’immobile erano gia’ terminati e senza che la venditrice fosse incorsa in alcuna situazione di crisi; e cio’ allo scopo di ottenere la restituzione di quanto versato, liberandosi illegittimamente dal vincolo contrattuale per un ripensamento sul perfezionamento dell’operazione negoziale avviata.
3.- Con il secondo motivo la ricorrente lamenta, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’articolo 100 c.p.c., in ordine ai principi che presiedono all’exceptio doli generalis e all’interesse ad agire in giudizio, per avere la Corte territoriale erroneamente disatteso i corrispondenti rilievi, benche’, al momento della proposizione della domanda di nullita’, del Decreto Legislativo n. 122 del 2005, articolo 2, non risultasse piu’ impermeabile rispetto alle vicende del rapporto negoziale, vicende cristallizzatesi con l’ultimazione dell’immobile e con l’invito rivolto ai promissari acquirenti di stipulare il definitivo.
Sostiene l’istante che lo scopo della norma che prevede la nullita’ non avrebbe potuto spingersi fino al punto di assicurare la restituzione delle somme versate dai promissari acquirenti anche nel caso in cui, senza alcun motivo, questi avessero deciso di non perfezionare l’acquisto della proprieta’, sicche’, una volta che l’immobile fosse stato ultimato e che i promissari acquirenti fossero stati invitati a stipulare il rogito definitivo, l’azione di nullita’ non avrebbe potuto piu’ essere esercitata per assoluta mancanza di interesse ad agire, non essendo piu’ attuale e concreta la finalita’ per la quale la disciplina di settore riconosce la nullita’ di protezione, e quindi per difetto di concretezza e attualita’ dell’interesse ad invocarne l’invalidita’.
3.1.- I motivi – che possono essere affrontati congiuntamente, in quanto avvinti da evidenti ragioni di connessione logica e giuridica – sono fondati.
3.2.- In premessa, si rileva che del Decreto Legislativo n. 122 del 2005, articolo 2, comma 1, non attinto da alcuna novella sin dalla sua entrata in vigore (infatti, il codice della crisi d’impresa ha inciso su altre disposizioni del testo normativo), prevede che, all’atto della stipula di un contratto che abbia come finalita’ il trasferimento non immediato della proprieta’ o di altro diritto reale di godimento su un immobile da costruire o di un atto avente le medesime finalita’, ovvero in un momento precedente, il costruttore e’ obbligato, a pena di nullita’ del contratto, che puo’ essere fatta valere unicamente dall’acquirente, a procurare il rilascio ed a consegnare all’acquirente una fideiussione, anche secondo quanto previsto dall’articolo 1938 c.c., di importo corrispondente alle somme e al valore di ogni altro eventuale corrispettivo che il costruttore ha riscosso e, secondo i termini e le modalita’ stabilite nel contratto, deve ancora riscuotere dall’acquirente, prima del trasferimento della proprieta’ o di altro diritto reale di godimento. Restano comunque esclusi le somme per le quali e’ pattuito che debbano essere erogate da un soggetto mutuante, nonche’ i contributi pubblici gia’ assistiti da autonoma garanzia.
La norma trova applicazione ai soli preliminari di vendita (e agli atti di acquisto) aventi ad oggetto gli immobili da costruire e non alle promesse di vendita di immobili “sulla carta”.
Segnatamente, ai sensi del Decreto Legislativo n. 122 del 2005, articolo 1, lettera d), per “immobili da costruire” si intendono gli immobili per i quali sia stato richiesto il permesso di costruire e che siano ancora da edificare o la cui costruzione non risulti essere stata ultimata, versando in uno stadio tale da non consentire ancora il rilascio del certificato di agibilita’. Si tratta, per converso, di immobili “sulla carta” allorche’ il preliminare sia stipulato prima che sia stato richiesto il permesso di costruire.
Tale diverso trattamento normativo permane anche all’esito dell’intervento del Giudice delle leggi, che ha dichiarato la non fondatezza della questione di legittimita’ costituzionale – sollevata in riferimento al principio di uguaglianza di cui all’articolo 3 Cost., comma 1 – del Decreto Legislativo n. 122 del 2005, articolo 1, comma 1, lettera d), che, fornendo la nozione di “immobile da costruire”, definisce l’ambito applicativo della normativa di tutela dei diritti patrimoniali degli acquirenti.
Infatti, secondo la Consulta, l’elemento differenziale tra tale fattispecie e quella diversa dell’immobile da costruire, per il quale non sia stato nemmeno richiesto il relativo permesso, sta nel fatto che, nella prima ipotesi, sussiste un contesto di legalita’ sotto l’aspetto urbanistico, che radica nel promissario acquirente, persona fisica, quel particolare affidamento indotto dall’avvenuto rilascio del permesso di costruire, o almeno della gia’ presentata domanda per il suo ottenimento, e per la cui tutela il legislatore appronta l’obbligo della garanzia fideiussoria che necessariamente accompagna la compravendita. Invece, l’acquisto di immobili da costruire c.d. “sulla carta” e’ operazione economica maggiormente rischiosa – benche’ non illecita, ne’ meramente aleatoria – per il promissario acquirente, la cui tutela e’ quella codicistica, ai sensi dell’articolo 1472 c.c., comma 2. Rientra, quindi, nella discrezionalita’ del legislatore perimetrare l’apparato delle garanzie in esame riferendole alla compravendita di immobili la cui futura costruzione gia’ si collochi nell’alveo del rispetto della normativa urbanistica, per essere stato almeno richiesto il permesso di costruire (Corte Cost., Sentenza n. 32 del 19 febbraio 2018; analogamente Cass. Sez. 2, Sentenza n. 5749 del 10/03/2011; a conclusioni opposte perviene, con riferimento del Decreto Legislativo n. 122 del 2005, articolo 9, comma 1, nella parte in cui non prevede il diritto di prelazione anche per i preliminari di vendita di immobili “sulla carta”, ove il costruttore versi in una situazione di crisi che determini la sottoposizione a esecuzione forzata dell’immobile oggetto del contratto, Corte Cost., Sentenza n. 43 del 24 febbraio 2022).
Il Decreto Legislativo n. 122 del 2005, articolo 2, non si applica altresi’ alla ristrutturazione minore, cioe’ senza demolizioni, ricostruzioni o sostituzioni di elementi dell’edificio e senza alterazione di volumetria e superficie, non potendosi, in tali ipotesi, ritenere che venga realizzato un immobile nuovo e diverso rispetto a quello preesistente (Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 17812 del 26/08/2020).
3.3.- Quindi, sotto il profilo della patologia da cui e’ affetto il negozio, la nullita’ contemplata dalla norma, ove non sia concessa la garanzia fideiussoria (bancaria o assicurativa), prima o contestualmente alla stipula del preliminare (o, comunque, del contratto, compreso quello di leasing, che abbia o possa avere per effetto l’acquisto o comunque il trasferimento non immediato della proprieta’ o della titolarita’ di un diritto reale di godimento su un immobile da costruire), in quanto volta a garantire la restituzione delle somme anticipate dal promissario acquirente, allorche’ subentri una situazione di crisi del promittente alienante, ossia del costruttore, costituisce una nullita’ relativa, di protezione del contraente debole, ossia della persona fisica che riveste la qualita’ di promissario acquirente.
La particolarita’ di tale nullita’ risiede nel rilievo in forza del quale essa e’ regolata come nullita’ strutturale, in quanto implicante un vizio genetico del preliminare, sebbene abbia ad oggetto la mancata prestazione di una garanzia funzionale ad assicurare l’adempimento (e segnatamente la restituzione delle somme anticipate dal promissario acquirente al promittente alienante), ove subentri la situazione di crisi di quest’ultimo. Per l’effetto, si determina un singolare caso di interferenza tra regole di comportamento e regole di validita’ (c.d. nullita’ per inadempimento).
Nei termini anzidetti un filone della dottrina ha richiamato le categorie della nullita’ pendente ovvero, e forse piu’ propriamente, di una nullita’ sospesa (schwebende Nichtigkeit) da inadempimento.
3.4.- All’esito dell’inquadramento sistematico della fattispecie, si evidenzia che il Giudice del gravame (cosi’ come il Giudice di primo grado) ha statuito che il difetto della garanzia prescritta per legge importa la nullita’ del preliminare di vendita, come eccepita dai promissari acquirenti, nonostante il lungo intervallo di tempo decorso rispetto alla stipula della promessa (circa 2 anni), ove la fideiussione non sia stata rilasciata, e cio’ sino al momento della produzione dell’effetto traslativo, indipendentemente dall’avvenuta ultimazione dei lavori. Segnatamente, secondo l’assunto della sentenza impugnata, la finalita’ di tutela del compratore (recte del promissario compratore) da un’eventuale insolvenza del costruttore, e in particolare dallo stato di crisi che possa sopravvenire, implicherebbe che, sino al momento del trasferimento della proprieta’, la garanzia di restituzione degli esborsi sostenuti debba essere accordata, pena l’integrazione della fattispecie sussumibile nella nullita’ di protezione selettiva prevista dalla norma. E tanto in quanto l’insolvenza del costruttore potrebbe seguire all’ultimazione delle opere, sino alla produzione dell’effetto traslativo.
Ai sensi del citato Decreto Legislativo n. 122 del 2005, articolo 1, lettera c), per “situazione di crisi” si intende la situazione che ricorre nei casi in cui il costruttore sia sottoposto o sia stato sottoposto ad esecuzione immobiliare, in relazione all’immobile oggetto del contratto, ovvero a fallimento, amministrazione straordinaria, concordato preventivo, liquidazione coatta amministrativa.
In conseguenza, la situazione di crisi che legittima l’escussione della concessa fideiussione bancaria o assicurativa si realizza, secondo il dettato dell’articolo 3, comma 2, vigente ratione temporis, nei seguenti momenti: a) di trascrizione del pignoramento relativo all’immobile oggetto del contratto; b) di pubblicazione della sentenza dichiarativa del fallimento o del provvedimento di liquidazione coatta amministrativa; c) di presentazione della domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo; d) di pubblicazione della sentenza che dichiara lo stato di insolvenza o, se anteriore, del decreto che dispone la liquidazione coatta amministrativa o l’amministrazione straordinaria.
Ai sensi del Decreto Legislativo n. 122 del 2005, articolo 3, comma 3, vigente ratione temporis, la fideiussione puo’ essere escussa a decorrere dalla data in cui si e’ verificata la situazione di crisi di cui al comma 2, a condizione che, per l’ipotesi di cui alla lettera a), l’acquirente abbia comunicato al costruttore la propria volonta’ di recedere dal contratto e, per le ipotesi di cui alle lettera b), c) e d), il competente organo della procedura concorsuale non abbia comunicato la volonta’ di subentrare nel contratto preliminare.
3.5.- Senonche’ questa Corte – che ha avuto gia’ modo di pronunciarsi sulla questione (seppure in ordine a situazioni fattuali non identiche a quella oggetto del presente procedimento) – ha stabilito che la proposizione della domanda di nullita’ del contratto preliminare per mancanza della garanzia accessoria del Decreto Legislativo n. 122 del 2005, ex articolo 2, ove sia stata rilasciata la garanzia prescritta per legge in data successiva alla stipula del preliminare, e senza che nelle more si sia manifestata l’insolvenza del promittente venditore ovvero che risulti altrimenti pregiudicato l’interesse del promissario acquirente alla cui tutela e’ preposta la nullita’ di protezione prevista dalla norma in esame, costituisce abuso del diritto e, dunque, detta domanda non puo’ essere accolta (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 30555 del 22/11/2019).
Sebbene l’arresto innanzi citato sia riferito all’ipotesi specifica in cui la fideiussione sia stata rilasciata dopo la conclusione del preliminare e senza che si sia verificato alcun pericolo di insolvenza sino al momento del rilascio, nondimeno a tale pronuncia e’ sotteso un principio di portata piu’ ampia, che ha giustificato la soluzione adottata nel caso di specie. Ossia l’affermazione secondo cui, all’esito di una comparazione dinamica tra il mezzo accordato e lo scopo che lo stesso e’ diretto a perseguire, la proposizione della domanda di nullita’, quando l’interesse protetto dalla norma non sia piu’ esposto ad alcun pregiudizio, ne’ si abbia ragione di temerne la verificazione – per essere stato, comunque, assicurato l’interesse che la condizione asimmetrica dei contraenti avrebbe potuto ledere o, addirittura, per essere stato gia’ attuato l’interesse primario cui mirava il regolamento negoziale -, risulta funzionale, non gia’ ad attuare il fine di protezione perseguito dalla legge, ma il diverso fine di sciogliere il contraente da un contratto che non reputa piu’ conveniente o di aggirare surrettiziamente gli strumenti di reazione che l’ordinamento specificamente appronta avverso le condotte di inadempimento della controparte.
A questo fine assume una valenza dirimente, non gia’ il momento storico in cui si realizza l’effetto traslativo, bensi’ il frangente temporale in cui l’opera e’ ultimata, posto che la normativa di settore non e’ indirizzata ad assicurare la solvenza del promittente alienante in termini avulsi dal contesto in cui la promessa si e’ perfezionata: e segnatamente dalla circostanza che il preliminare ha avuto ad oggetto un immobile da costruire e, in vista di tale oggetto, e’ predisposta una “speciale” tutela. Proprio in ragione del fatto che la promessa riguarda un bene in corso di realizzazione, sul quale il promissario acquirente non puo’ rivendicare l’esecuzione in forma specifica nell’ipotesi in cui, a causa della sopravvenuta crisi del promittente alienante, l’opera di costruzione si areni e l’impegno assunto non possa evolversi nel passaggio di proprieta’, la legge prevede che debba essere concessa una polizza fideiussoria a garanzia della restituzione delle somme versate dal promissario acquirente nelle more (e non per assicurare altri possibili pregiudizi connessi alla mancata produzione dell’effetto traslativo).
Pertanto, le specifiche ragioni di protezione che giustificano la previsione normativa sono collegate al particolare stato in cui versa il promissario acquirente che, avendo anticipato delle somme al promittente alienante per l’assunto impegno ad acquistare un immobile in costruzione, si trovi, dinanzi a una sopravvenuta situazione di crisi del costruttore, per un verso, in grave difficolta’ nel far valere le azioni esecutive e concorsuali sull’immobile (aggredito dai creditori alla stregua di detto stato di crisi), la cui realizzazione si sia interrotta in ragione di tale insolvenza certificata, al fine di recuperare le somme a tale titolo anticipate, e si veda, per altro verso, compromessa, o quantomeno aggravata, la possibilita’ che l’effetto traslativo si perfezioni.
E’ evidente che la garanzia del perfezionamento del contratto definitivo e’, invece, regolata da altri strumenti. Precipuamente, l’articolo 2645-bis c.c., comma 4, prevede, appunto, la facolta’ di trascrizione anche dei preliminari aventi ad oggetto porzioni di edifici da costruire o in corso di costruzione, sulla scorta dell’indicazione della superficie utile della porzione di edificio e della quota del diritto spettante al promissario acquirente, relativa all’intero costruendo edificio espressa in millesimi.
Di talche’ la norma in esame, nel contemplare un’ipotesi di nullita’ relativa, la cui declaratoria e’ rimessa all’esclusiva iniziativa del promissario acquirente, ed evidentemente di protezione, e’ finalizzata a preservare l’interesse di quest’ultimo a recuperare, tramite apposita garanzia, le eventuali somme versate in favore del promittente venditore (in vista del pericolo di insolvenza di quest’ultimo): la consegna della polizza fideiussoria a prima richiesta e’, dunque, strumentale a permettere al promissario acquirente il recupero delle somme pagate a titolo di acconto al costruttore, nelle ipotesi in cui si verifichi una situazione di crisi certificata che comprometta o aggravi il buon esito della vicenda negoziale avente ad oggetto un immobile non ultimato, obbligo il cui adempimento prescinde dal fatto che, in futuro, si verifichi o meno lo stato di crisi (purche’ ne ricorra il pericolo).
Piu’ precisamente la normativa di settore protegge il promissario acquirente – in considerazione delle difficolta’ che si riscontrano nel reperire informazioni in ordine all’affidabilita’ della controparte, nonche’ ai possibili rischi e alle spese dell’affare – dall’insorgere dell’eventuale stato di crisi dell’imprenditore nei casi in cui questi, come frequentemente accade, nella prassi finanzi la costruzione dell’immobile con gli acconti anticipati dal primo. Nell’ambito di tale contrattazione, il promissario acquirente si trova a pagare una parte del corrispettivo, senza ottenere l’immediato acquisto della proprieta’ del bene, il quale e’ ancora in fase di costruzione. Cosi’ trova fondamento l’obbligo di rilasciare la garanzia fideiussoria (bancaria o assicurativa), di importo pari alle somme e al valore di ogni altro eventuale corrispettivo che il costruttore ha riscosso e, secondo i termini e le modalita’ stabilite nel contratto, che deve ancora riscuotere dal promissario acquirente. Si ha conferma, pertanto, che lo scopo di tale garanzia e’ quello di consentire al promissario acquirente di recuperare quanto versato e i relativi interessi, in caso di crisi della controparte, senza dover attendere la conclusione dei procedimenti esecutivi e fallimentari.
La soluzione legislativa a favore della nullita’ e’ dunque orientata dall’esigenza di predisporre una forma “forte” di controllo sulla regolarita’ dell’operazione nel suo complesso, in chiave di funzionalizzazione dell’esercizio dell’atto di autonomia alla tutela di specifici interessi (considerati “deboli” sul piano negoziale e suscettibili di protezione attraverso meccanismi in qualche misura correttivi dello squilibrio di potere contrattuale). Tuttavia, lo strumento “protettivo” accordato si confronta con istituti giuridici tradizionali, ispirati al principio, in gran parte superato, della perfetta eguaglianza dei contraenti.
Ora, allorche’ la garanzia sia concessa, la sopravvenienza dello stato di crisi del costruttore prima dell’ultimazione dell’opera consente al promissario acquirente di avvalersi del diritto potestativo di recesso dal preliminare ove sia trascritto pignoramento sul cespite, escutendo la fideiussione, e di sciogliersi dal preliminare ove sia aperta la procedura concorsuale, escutendo la fideiussione, sempreche’ il competente organo della procedura concorsuale non abbia comunicato la volonta’ di subentrare nel contratto preliminare.
Ne consegue che tale necessita’ viene meno nel momento in cui la costruzione e’ ultimata, poiche’ lo stato di insolvenza del promittente venditore, che sopravvenga a tale ultimazione, consente comunque al promissario acquirente di poter perfezionare l’acquisto, in ragione della previa trascrizione del preliminare (fatta salva la facolta’ di scioglimento del curatore ai sensi della L. Fall., articolo 72, vigente ratione temporis, sempre che non si tratti di immobile destinato ad uso abitativo del promissario acquirente, scioglimento che diventa automatico allorche’ l’escussione della garanzia fideiussoria sia comunicata al curatore prima che questi abbia optato per l’esecuzione ovvero per lo scioglimento, ai sensi della L. Fall., articolo 72-bis, vigente ratione temporis; l’attuale disciplina segue, per cio’ che qui interessa, principi sostanzialmente analoghi, fatto salvo il piu’ ampio ventaglio di ipotesi che preclude all’organo della procedura di sciogliersi dal preliminare, ai sensi degli articoli 173 e 174 cod. crisi d’impresa).
Se viceversa si aderisse all’impostazione dei Giudici di merito, a mente della quale l’utilita’ della concessione della garanzia fideiussoria sopravvivrebbe alla conclusione dei lavori, sino a quando l’effetto traslativo non si sia prodotto, non solo sarebbe mutato lo scopo perseguito dalla norma, ma, in aggiunta, la previsione sarebbe estensibile, per identita’ di ratio, ad ogni promessa di vendita di immobili, quand’anche essa abbia avuto ad oggetto, sin dall’origine, beni gia’ realizzati. Per contro, per quanto anzidetto, altri sono gli strumenti assicurativi che l’ordinamento appresta per garantire il trasferimento di proprieta’ di immobili preesistenti, a cui le parti si siano previamente obbligate.
Ebbene, quando il cespite originariamente da costruire, oggetto del preliminare di vendita, sia stato nelle more ultimato, il promissario acquirente si viene a trovare in una situazione del tutto assimilabile, sebbene ex post, a quella del promissario acquirente che abbia stipulato, sin dall’inizio (ex ante), una promessa di vendita di un immobile gia’ realizzato. Sicche’ questi corre gli analoghi rischi che affronta quest’ultimo, nel caso di sopravvenuto stato di crisi del promittente alienante sino al momento della stipulazione del definitivo.
Pertanto, sia stata o meno rilasciata la fideiussione in un momento successivo alla conclusione del contratto, affinche’ non sia integrato un contegno lesivo della buona fede (o “abusivo”, secondo il precedente prima richiamato) del diritto riconosciuto dalla previsione normativa e’ indispensabile verificare se l’immobile oggetto del preliminare sia stato ultimato, perche’, laddove cio’ fosse, verrebbero meno le ragioni di “speciale” tutela in favore del soggetto debole, che non e’ piu’ in pericolo (recte che non corre piu’ il pericolo che la norma ha inteso scongiurare).
3.6.- Su questa stessa linea si collocano gli ulteriori e successivi pronunciamenti di questa Corte sull’argomento.
3.6.1.- Ed invero, la giurisprudenza di legittimita’ ha precisato che il rilascio della garanzia fideiussoria di cui al Decreto Legislativo n. 122 del 2005, articolo 2, in data successiva alla stipula di un contratto preliminare di compravendita, avente ad oggetto un immobile in corso di costruzione, non esclude l’operativita’ della nullita’ per mancanza della garanzia accessoria prescritta ex lege, qualora nelle more – ossia prima dell’ultimazione – si sia manifestata l’insolvenza del promittente venditore ovvero risulti altrimenti pregiudicato l’interesse del promissario acquirente, sicche’ in tali ipotesi la proposizione della domanda di nullita’ del contratto per violazione del citato articolo 2 non costituisce abuso del diritto (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 19510 del 18/09/2020).
Nel dettaglio, nella fattispecie esaminata dall’arresto innanzi evocato, il promittente alienante aveva rilasciato, dopo la stipulazione del preliminare e prima dell’ultimazione dell’opera, una fideiussione per un importo inferiore alle somme anticipate dal promissario acquirente, sicche’ la dichiarazione di nullita’ richiesta prima del completamento dell’opera e’ stata confermata.
3.6.2.- Sempre nello stesso senso altra pronuncia di questa Corte ha evidenziato che, una volta scartata la possibilita’ di configurare una sanatoria del contratto nullo a seguito del mero fatto successivo del completamento dell’immobile da parte del promittente venditore, occorre verificare se, effettivamente, per effetto del completamento dei lavori relativi all’immobile promesso in vendita, sussiste o meno un interesse ancora meritevole di protezione in capo al promissario acquirente, che lo legittimi a richiedere l’accertamento della nullita’ del contratto preliminare. Sicche’, almeno quando il promittente alienante abbia subito la trascrizione di un pignoramento immobiliare, risultante al momento in cui i lavori sono terminati, deve essere riconosciuto al promissario acquirente l’interesse alla declaratoria di nullita’ del contratto preliminare di vendita stipulato con il costruttore (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 21966 del 12/07/2022).
Ha, sul punto, osservato questa Corte che il Decreto Legislativo n. 122 del 2005, detta una disciplina di tutela del promissario acquirente di immobili da costruire in ragione dell’elevato rischio di inadempienze della parte alienante ovvero del pericolo di sottoposizione del costruttore ad esecuzione immobiliare o a procedura concorsuale, trovando, pero’, applicazione, in forza del contenuto definitorio di cui all’articolo 1, comma 1, lettera d), soltanto con riguardo agli immobili per i quali, da un lato, sia stato gia’ richiesto il permesso di costruire (o, se del caso, sia gia’ stata presentata la denuncia di inizio attivita’ del Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, ex articolo 22, comma 3) e che, dall’altro lato, “siano ancora da edificare o la cui costruzione non risulti essere stata ultimata versando in stadio tale da non consentire ancora il rilascio del certificato di agibilita’”, nel senso che il manufatto non sia stato oggetto di completamento e sia ancora da ultimare (senza che abbia alcun peso specifico la mera mancanza del certificato di agibilita’).
Ed infatti, gli immobili rientrano nella categoria dei beni da costruire allorche’ il manufatto non sia stato oggetto di completamento e sia ancora da ultimare, irrilevante essendo la mera mancanza del certificato di agibilita’, giacche’ essa non rileva in se’, ma quale sintomo, in negativo, della impossibilita’ che il bene stesso possa considerarsi definito nei suoi aspetti identificativi, perche’ necessitante di ulteriori e non compiuti interventi edilizi (Cass. Sez. 6-1, Ordinanza n. 22603 del 10/08/2021).
Per l’effetto, laddove la nullita’ di protezione sia fatta valere dopo l’ultimazione dei lavori, senza alcun collegamento con una condizione di insolvenza del promittente alienante (la quale non sia stata integrata sino a tale momento), non sussistono piu’ le ragioni che hanno giustificato la previsione.
3.7.- Nel caso affrontato dalla sentenza d’appello oggetto dell’odierna impugnazione, la garanzia fideiussoria non e’ stata concessa, la nullita’ di protezione e’ stata pero’ eccepita dai promissari acquirenti dopo l’ultimazione dei lavori, senza che sia stato mai paventato un pericolo di insolvenza in concreto del promittente alienante, che ha invece invitato le controparti a concludere il definitivo.
Ne discende che l’esercizio in concreto dell’azione di nullita’ non e’ funzionale al perseguimento del fine per il quale l’invalidita’ di protezione e’ stata riconosciuta, bensi’ e’ stato indirizzato al raggiungimento di uno scopo ultroneo: quello di sciogliersi dal vincolo contrattuale per sopravvenuto mutamento dei propositi dei promissari acquirenti.
Dacche’ la sopravvenuta carenza di un interesse ancora meritevole di protezione in capo ai promissari acquirenti, che li legittimi a richiedere l’accertamento della nullita’ per una violazione che, ancorche’ configurata come strutturale dal legislatore, non ha pero’ compromesso l’interesse in vista del quale era stata specificamente dettata la previsione di invalidita’.
E tanto in quanto, non essendosi manifestata l’insolvenza del promittente venditore nel lasso di tempo trascorso tra la conclusione del preliminare e l’ultimazione dei lavori, con la correlata realizzazione dell’immobile oggetto della promessa, e non avendo i promissari acquirenti manifestato, in tale periodo di tempo, l’intento di far dichiarare la nullita’, non e’ consentito invocare l’invalidita’ del contratto (a conclusioni analoghe giunge, seppure a titolo di mero obiter dictum, per un identico caso, la gia’ citata Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 17812 del 26/08/2020; cosi’ anche Cass. Sez. 2, Sentenza n. 24535 del 01/12/2016, con riferimento all’irrogazione di sanzioni disciplinari a carico dei notai che violino il divieto di stipula di cui al Decreto Legislativo n. 122 del 2005, articolo 8).
Il che si spiega col fatto che, sebbene la fideiussione non sia stata rilasciata, comunque la tutela dell’interesse della parte debole del rapporto, in vista del quale era stata prevista la nullita’, non e’ stata scalfita: osta all’ammissibilita’ di siffatta azione la stessa finalita’ della nullita’ “di protezione”, in quanto non si vede alcuna ragione per sacrificare l’interesse del costruttore e, soprattutto, quello della successiva circolazione immobiliare, pur in assenza della fideiussione, o della conformazione del contenuto contrattuale ai sensi di legge, quando l’interesse fondamentale del promissario acquirente e’ stato ormai soddisfatto al tempo in cui la domanda di nullita’ e’ stata avanzata.
Non e’ casuale che, nel corso dei lavori preparatori del decreto delegato, era stato suggerito, proprio con riguardo alla nullita’ conseguente alla mancata prestazione della fideiussione, l’inserimento di una disposizione che precludesse l’azione di nullita’ in conseguenza del trasferimento della proprieta’ o di altro diritto reale di godimento sull’immobile, o dell’atto definitivo di assegnazione. Tale suggerimento poi non e’ stato trasposto nel parere approvato dal Senato e, di conseguenza, non e’ stato recepito nella versione definitiva del decreto legislativo, la quale risulta circoscritta all’ipotesi in cui gli immobili per i quali sia stato richiesto il permesso di costruire siano ancora da edificare o la cui costruzione non risulti essere stata ultimata.
3.7.1.- Nel caso in esame i promissari acquirenti non avevano piu’ interesse alla declaratoria di nullita’ del contratto preliminare di vendita del 24 giugno 2011 (in base ai fatti pacifici dedotti dalle parti).
Infatti, muovendo dalla premessa che l’interesse ad agire consiste nell’esigenza di ottenere un risultato utile, giuridicamente apprezzabile e non conseguibile senza l’intervento del giudice, l’azione di nullita’ in concreto esperita non risulta assistita da tale interesse, giacche’ essa tende al mero recupero delle somme anticipate in ragione di un ripensamento sul perfezionamento dell’operazione negoziale, dopo che l’immobile oggetto della promessa e’ gia’ stato realizzato.
Pertanto, avendo riguardo, non gia’, astrattamente, al momento in cui e’ stato posto in essere l’atto che si assume nullo, bensi’ al momento in cui e’ stata proposta la domanda di nullita’, l’esercizio dell’azione si configura quale ipotesi di utilizzo distorto del diritto assegnato dalla norma istitutiva della nullita’ di protezione.
E tanto perche’, per effetto della realizzazione dell’immobile, i promissari acquirenti avrebbero potuto agire per il perfezionamento dell’effetto traslativo. Non vi era dunque il pericolo di perdere le somme anticipate ove fosse sopravvenuto uno stato di insolvenza del promittente alienante, prima della stipula del definitivo, sussistendo un cespite trasferibile.
Ed in ogni caso il rischio corso e’ del tutto omologo a quello che corre ogni promissario acquirente di un immobile gia’ edificato.
3.8.- In altri termini, secondo l’impostazione cui ha aderito autorevole dottrina, a fronte di un fabbricato ultimato, non c’e’ ragione per sacrificare l’interesse del costruttore e quello della successiva circolazione immobiliare, dovendo dunque respingersi tutte le domande di nullita’ che camuffano, in realta’, un “recesso di pentimento”, che in via edittale non e’ inglobato nella previsione normativa e il cui esercizio e’ palesemente lesivo della clausola di buona fede oggettiva.
Inoltre, proprio con specifico riferimento al caso in cui, per l’ipotesi di nullita’ di cui all’articolo 2, in esame, non vi sia piu’ un concreto rischio di pregiudizio della sfera giuridica e patrimoniale del promissario acquirente, l’esercizio dell’azione di nullita’ e’ precluso dalla mancanza di interesse ad agire del medesimo promissario acquirente ex articolo 100 c.p.c. (in combinato disposto con l’articolo 1421 c.c.).
Ed invero, laddove la garanzia fideiussoria non venga mai rilasciata, ma cio’ nonostante il costruttore non vada in default e ultimi nei tempi previsti l’immobile, sotto il profilo della lesione dell’interesse protetto, l’omissione del promittente alienante non compromette la possibilita’ che l’operazione economica si perfezioni ugualmente, poiche’ il concreto plasmarsi dell’esecuzione successiva alla stipula del preliminare ha reso “la situazione giuridica successiva al contratto non piu’ lesiva ma equa”: il bene e’ venuto ad esistenza, sicche’ le parti possono concludere un comune contratto di compravendita.
3.9.- All’esito dell’excursus tracciato, si rileva allora che, trovandosi ristretta – per come concepita – la nullita’ di protezione regolata dalla norma indicata in una doppia prospettiva, ad un tempo statica (dell’atto) e dinamica (del rapporto), la sua integrazione e’ condizionata al perdurare del pregiudizio, fino al momento in cui la domanda sia formulata.
Sicche’ essa risente del contesto storico-fattuale (eventualmente mutato rispetto a quello esistente all’atto della stipula) relativo al tempo in cui la domanda e’ spiegata.
La nullita’ di protezione, ove sia teleologicamente funzionale ad assicurare un determinato adempimento, costituisce, dunque, un rimedio che evolve in chiave sincronica.
Le stesse Sezioni Unite, del resto, hanno avuto modo di affermare che, ove venga istituita dal legislatore una nullita’ relativa, come tale intesa a proteggere in via diretta ed immediata non un interesse generale, ma anzitutto l’interesse particolare, l’interprete deve essere attento a circoscrivere l’ambito della tutela privilegiata nei limiti in cui viene davvero coinvolto l’interesse protetto dalla nullita’, determinandosi altrimenti conseguenze distorte o anche opportunistiche (Cass. Sez. U., Sentenza n. 898 del 16/01/2018).
E, d’altronde, le concrete modalita’ di esercizio della nullita’ di protezione devono mirare allo scopo per il quale la protezione e’ prevista, pena un esercizio dell’azione contrario al canone della buona fede oggettiva (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 20106 del 18/09/2009; Sez. U., Sentenza n. 23726 del 15/11/2007).
Per l’effetto, nella fattispecie, si rinviene un esercizio contrario a buona fede dell’azione di nullita’, rispetto al tempo in cui essa e’ stata proposta. E tanto perche’, nei termini anzidetti, l’inevitabile commistione tra vizio genetico, da una parte, e tempo dell’esercizio dell’azione, dall’altra, risente della costruzione della nullita’ quale fattispecie di nullita’ per inadempimento.
Peraltro, il concreto frangente in cui l’azione di nullita’ e’ avanzata esclude altresi’, sul piano processuale, l’interesse ad agire, essendo stato gia’ soddisfatto, in quel momento storico, il bene della vita che l’azione intendeva salvaguardare (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 16743 del 14/06/2021; Sez. 1, Sentenza n. 26568 del 23/11/2020).
Ovverosia la circostanza che la nullita’ di protezione sia qualificata da una spiccata duplice finalita’ (protettiva e dissuasiva) esige il contemperamento di tali due versanti dello stesso fenomeno rispetto all’assetto complessivo degli interessi coinvolti.
Il principio di proporzionalita’, insito nella clausola di buona fede, impone, infatti, di evitare che il rimedio operi secondo connotati o modalita’ tali da sovrastare la funzione protettiva, trasformandola in una funzione eminentemente sanzionatoria; ma anche di impedire, su tutt’altro fronte, che la salvaguardia riconosciuta al contraente svantaggiato si trasformi in una sostanziale iper-protezione, in totale spregio degli interessi piu’ generali relativi al mercato di riferimento: la nullita’ deve si’ operare “a vantaggio” del contraente protetto, ma nei limiti in cui essa sia in linea con l’esigenza di effettivita’ della tutela, nonche’ con il fondamento piu’ generale del rimedio.
4.- Conseguentemente, il ricorso deve essere accolto nei sensi di cui in motivazione.
La sentenza impugnata va cassata, con rinvio della causa alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione, che decidera’ uniformandosi al seguente principio di diritto e tenendo conto dei rilievi svolti, provvedendo anche alla pronuncia sulle spese del giudizio di cassazione:
“La domanda di nullita’ del contratto preliminare di vendita di immobili da costruire, per mancato rilascio della garanzia fideiussoria del Decreto Legislativo n. 122 del 2005, ex articolo 2, non puo’ essere accolta, per violazione della clausola di buona fede oggettiva e per carenza di interesse ad agire, allorche’ essa sia proposta dopo l’ultimazione dei lavori e senza che nelle more si sia manifestata l’insolvenza del promittente venditore ovvero che risulti altrimenti pregiudicato l’interesse del promissario acquirente, alla cui tutela e’ preposta la nullita’ di protezione prevista dalla norma in esame”.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione
accoglie, nei sensi di cui in motivazione, il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimita’.

 

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