La persona danneggiata in conseguenza di un fatto illecito imputabile a più persone legate dal vincolo della solidarietà

Corte di Cassazione, civile, Sentenza|22 febbraio 2023| n. 5475

La persona danneggiata in conseguenza di un fatto illecito imputabile a più persone legate dal vincolo della solidarietà

La persona danneggiata in conseguenza di un fatto illecito imputabile a più persone legate dal vincolo della solidarietà, può pretendere la totalità della prestazione risarcitoria anche nei confronti di una sola delle persone coobbligate, mentre la diversa gravità delle rispettive colpe di costoro e la eventuale diseguale efficienza causale di esse, può avere rilevanza soltanto ai fini della ripartizione interna del peso del risarcimento fra i corresponsabili; conseguentemente il giudice del merito, adito dal danneggiato può e deve pronunciarsi sulla graduazione delle colpe solo se uno dei detti condebitori abbia esercitato l’azione di regresso nei confronti degli altri, atteso che solo nel giudizio di regresso può discutersi della gravità delle rispettive colpe e delle conseguenze da esse derivanti.

Sentenza|22 febbraio 2023| n. 5475. La persona danneggiata in conseguenza di un fatto illecito imputabile a più persone legate dal vincolo della solidarietà

Data udienza 25 novembre 2022

Integrale
Tag/parola chiave: Responsabilità sanitaria – Illecito imputabile a più persone – Legittima la richiesta di risarcimento ad una sola persona – Tabelle del Tribunale di Milano – Efficacia paranormativa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente

Dott. RUBINO Lina – Consigliere

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere

Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso r.g. n. 35609-2019 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS) presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) S.P.A., in persona del procuratore speciale, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
e
(OMISSIS) S.P.A. (OMISSIS); (OMISSIS); (OMISSIS);
– intimati –
avverso la sentenza n. 4764-2019 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 02/10/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 25/11/2022 dal Consigliere Dott. MARCO DELL’UTRI;

La persona danneggiata in conseguenza di un fatto illecito imputabile a più persone legate dal vincolo della solidarietà

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza resa in data 2/10/2019, la Corte d’appello di Napoli, in accoglimento per quanto di ragione degli appelli principale e incidentale (rispettivamente) proposti dalla (OMISSIS) s.p.a. (OMISSIS) e da (OMISSIS), per quel che rileva in questa sede, ha rideterminato (in diminuzione) l’importo della condanna pronunciata dal giudice di primo grado a carico dei due appellanti in favore di (OMISSIS), per il risarcimento, a beneficio di quest’ultimo, dei danni dallo stesso subiti a seguito dell’intervento chirurgico di osteosintesi eseguito dall’ (OMISSIS) sulla persona del (OMISSIS) presso la (OMISSIS).
2. Con la stessa decisione, il giudice d’appello ha confermato il rigetto pronunciato dal primo giudice in relazione alla domanda di manleva proposta dall’ (OMISSIS) nei confronti di (OMISSIS) s.p.a. (successivamente (OMISSIS) s.p.a.), in ragione dell’intervenuta prescrizione del corrispondente diritto dell’assicurato.
3. A fondamento della decisione assunta, la corte territoriale ha rilevato la correttezza della decisione del primo giudice nella parte in cui ha individuato specifici profili di responsabilita’ colposa, tanto a carico della struttura sanitaria ospitante (con particolare riguardo all’origine nosocomiale dell’infezione che ebbe a colpire il paziente), quanto in relazione alla condotta terapeutica del medico (per le rilevanti lacune assistenziali specificamente individuate in sentenza), condividendo i presupposti e le analisi condotte nella consulenza tecnica d’ufficio svolta nel corso del giudizio di primo grado, confermando, da ultimo, il riconoscimento dell’intervenuta prescrizione rilevata dal primo giudice in relazione al diritto dell’ (OMISSIS) di vedersi garantito dalla propria compagnia assicuratrice.
4. Avverso la sentenza d’appello, (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi d’impugnazione.
5. (OMISSIS) s.p.a. ha depositato controricorso, proponendo, a sua volta, ricorso incidentale, condizionato all’accoglimento del ricorso principale, sulla base di due motivi d’impugnazione.
6. (OMISSIS), quale erede di (OMISSIS), la (OMISSIS) s.p.a. (OMISSIS) e la (OMISSIS) (quest’ultima gia’ chiamata in causa dalla struttura sanitaria convenuta, fini di manleva) non hanno svolto difese in questa sede.
7. Il Procuratore generale presso la Corte di cassazione ha concluso per iscritto, invocando la dichiarazione di inammissibilita’ o, in subordine, il rigetto del ricorso.
8. (OMISSIS) e la (OMISSIS) s.p.a. hanno depositato memoria.

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RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Si da’ preliminarmente atto che per la decisione del presente ricorso, fissato per la trattazione in pubblica udienza, questa Corte ha proceduto in camera di consiglio, senza l’intervento del procuratore generale e dei difensori delle parti, ai sensi Decreto Legge 28 ottobre 2020, n. 137, articolo 23, comma 8-bis, convertito dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176, in combinato disposto con il Decreto Legge 30 dicembre 2021, n. 228, articolo 16, comma 1, (che ne ha prorogato l’applicazione alla data del 31 dicembre 2022), non avendo alcuna delle parti ne’ il Procuratore Generale fatto tempestiva richiesta di trattazione orale.
2. Con il primo motivo, il ricorrente principale censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione degli articoli 1218, 1228, 1298 e 2055 c.c., nonche’ dell’articolo 116 c.p.c. (in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3), per avere la corte territoriale erroneamente omesso di procedere alla necessaria distinzione delle specifiche posizioni nella specie ascrivibili alla struttura sanitaria convenuta e al medico curante, al fine di pervenire all’esclusione della responsabilita’ dell’ (OMISSIS) nella causazione dei danni denunciati dal paziente o, quantomeno, al relativo accertamento in una misura significativamente inferiore a quella imputabile alla struttura sanitaria convenuta, atteso il prevalente rilievo, in relazione alle conseguenze dannose subite dal (OMISSIS), dell’origine nosocomiale dell’infezione dallo stesso contratta, con la conseguente opportuna ripartizione dell’obbligazione risarcitoria in misura non paritaria tra i convenuti, una volta superata la presunzione di uguaglianza delle responsabilita’ debitorie sancita dall’articolo 1298 c.c. in materia di obbligazioni solidali.

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3. Il motivo e’ inammissibile.
4. Dev’essere preliminarmente rilevata l’inammissibilita’ della censura avanzata dal ricorrente ove la stessa intenda porsi alla stregua di un rivendicato accertamento volto ad escludere la responsabilita’ del medico in relazione ai danni subiti dal paziente (in considerazione del carattere asseritamente assorbente, sul piano causale, della responsabilita’ della casa di cura).
5. E’ appena il caso di evidenziare come, nel rivendicare tale accertamento, il ricorrente si sia limitato alla mera prospettazione di una rivalutazione nel merito dei fatti di causa, senza neppure considerare gli specifici profili di colpa concretamente rinvenuti a suo carico in relazione ai danni sofferti dal paziente, che la corte territoriale ha avuto cura di identificare e analizzare in motivazione, senza che il ricorrente abbia in alcun modo prospettato il ricorso di un alcun omesso esame di fatti specifici in ipotesi destinati ad assumere rilievo ai fini della decisione della controversia.
6. Parimenti inammissibile deve ritenersi la censura in esame nella parte in cui invoca una ripartizione di responsabilita’ diversamente graduata tra la casa di cura e l’ (OMISSIS).
7. A tale riguardo, e’ appena il caso di richiamare il consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa Corte (nella specie richiamata dallo stesso giudice d’appello), ai sensi del quale la persona danneggiata in conseguenza di un fatto illecito imputabile a piu’ persone legate dal vincolo della solidarieta’, puo’ pretendere la totalita’ della prestazione risarcitoria anche nei confronti di una sola delle persone coobbligate, mentre la diversa gravita’ delle rispettive colpe di costoro e l’eventuale diseguale efficienza causale di esse, puo’ avere rilevanza soltanto ai fini della ripartizione interna del peso del risarcimento fra i corresponsabili; conseguentemente il giudice del merito, adito dal danneggiato puo’ e deve pronunciarsi sulla graduazione delle colpe solo se uno dei detti condebitori abbia esercitato l’azione di regresso nei confronti degli altri, atteso che solo nel giudizio di regresso puo’ discutersi della gravita’ delle rispettive colpe e delle conseguenze da esse derivanti (v. Sez. 3, Sentenza n. 21664 del 08/11/2005, Rv. 584984 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 15428 del 10/08/2004, Rv. 57594601).
8. Nel caso di specie, non essendo stata originariamente proposta alcuna azione di regresso, ne’ dall’ (OMISSIS), ne’ dalla casa di cura originariamente convenuta, il giudice non aveva alcun dovere (ne’ avrebbe potuto) pronunciarsi sulla graduazione delle colpe qui invocata dal ricorrente.
9. Con il secondo motivo, il ricorrente principale si duole della nullita’ della sentenza impugnata per violazione degli articoli 112, 115 e 116 c.p.c. (in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 4), per avere la corte territoriale omesso di pronunciarsi sulla richiesta di rinnovazione della consulenza tecnica d’ufficio in sede di appello, e per essersi in tal senso altresi’ posto in contrasto con i principi di disponibilita’ e di prudente apprezzamento della prova consacrati negli articoli 115 e 116 c.p.c., avuto riguardo all’emersa origine nosocomiale della causa dei danni in questa sede denunciati dall’ (OMISSIS), nella specie non adeguatamente indagata dalla corte d’appello.
10. Il motivo e’ in parte infondato e in parte inammissibile.
11. Con riguardo all’infondatezza della denunciata violazione dell’articolo 112 c.p.c., in ragione della pretesa omessa pronuncia, imputabile al giudice a quo, sulla richiesta di rinnovazione della consulenza tecnica d’ufficio in sede di appello, varra’ richiamare il consolidato insegnamento della giurisprudenza di legittimita’, ai sensi del quale il vizio di omessa pronuncia che determina la nullita’ della sentenza per violazione dell’articolo 112 c.p.c., rilevante ai fini di cui all’articolo 360, n. 4 dello stesso codice, si configura esclusivamente con riferimento a domande, eccezioni o assunti che richiedano una statuizione di accoglimento o di rigetto, e non anche in relazione ad istanze istruttorie (come quella di ammissione di una c.t.u.) per le quali l’omissione e’ denunciabile soltanto sotto il profilo del vizio di motivazione (Sez. L, Sentenza n. 6715 del 18/03/2013, Rv. 625610 01; conf. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 24830 del 20/10/2017, Rv. 646049 – 01; Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 13716 del 05/07/2016, Rv. 640358 01; Sez. 3, Sentenza n. 3357 del 11/02/2009, Rv. 606517 – 01).

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12. Allo stesso modo, dev’essere rilevata l’inammissibilita’ della denunciata violazione degli articoli 115 e 116 c.p.c., avendo il ricorrente rivendicato, attraverso la censura in esame, una rilettura nel merito dei fatti di causa, come tale non consentita in sede di legittimita’, senza che l’ (OMISSIS) abbia neppure minimamente prospettato il ricorso di un qualche omesso esame di fatti specifici aventi rilievo decisivo.
13. Sul punto, varra’ rimarcare il principio fatto proprio dalle Sezioni Unite di questa Corte di legittimita’, per cui, al fine di dedurre la violazione del paradigma dell’articolo 115 c.p.c. e’ necessario denunciare che il giudice non abbia posto a fondamento della decisione le prove dedotte dalle parti, cioe’ abbia giudicato in contraddizione con la prescrizione della norma, il che significa che, per realizzare la violazione, deve avere giudicato, o contraddicendo espressamente la regola di cui alla norma, cioe’ dichiarando di non doverla osservare, o contraddicendola implicitamente, cioe’ giudicando sulla base di prove non introdotte dalle parti e disposte invece di sua iniziativa al di fuori dei casi in cui gli sia riconosciuto un potere officioso di disposizione del mezzo probatorio (fermo restando il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilita’ di ricorrere al notorio, previsti dallo stesso articolo 115 c.p.c.), mentre detta violazione non si puo’ ravvisare nella mera circostanza che il giudice abbia valutato le prove proposte dalle parti attribuendo maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attivita’ consentita dal paradigma dell’articolo 116 c.p.c., che non a caso e’ rubricato alla “valutazione delle prove” (cfr. Sez. U, Sentenza n. 20867 del 30/09/2020, Rv. 659037; Sez. 6 3, Ordinanza n. 26769 del 23/10/2018, Rv. 650892 – 01).
14. Del pari, varra’ considerare come, in tema di ricorso per cassazione, la doglianza circa la violazione dell’articolo 116 c.p.c. possa ritenersi ammissibile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato – in assenza di diversa indicazione normativa – secondo il suo “prudente apprezzamento”, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura e’ ammissibile, ai sensi del novellato articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimita’ sui vizi di motivazione (Sez. U, Sentenza n. 20867 del 30/09/2020, Rv. 659037 – 02).
15. Nella specie, il ricorrente, lungi dal denunciare il mancato rispetto, da parte del giudice a quo, del principio del libero apprezzamento delle prove (ovvero del vincolo di apprezzamento imposto da una fonte di prova legale), – ovvero lungi dall’evidenziare l’omesso esame, da parte del giudice a quo, di uno specifico fatto decisivo idoneo a disarticolare, in termini determinanti, l’esito della scelta decisoria adottata o un vizio costituzionalmente rilevante della motivazione (entro lo schema di cui all’articolo 360 c.p.c., n. 5) – si e’ limitato a denunciare un (preteso) cattivo esercizio, da parte della corte territoriale, del potere di apprezzamento del fatto sulla base delle prove selezionate, spingendosi a prospettare una diversa lettura nel merito dei fatti di causa, in coerenza ai tratti di un’operazione critica del tutto inammissibile in questa sede di legittimita’.
16. Con il terzo motivo, il ricorrente principale censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione degli articoli 1226, 2056 e 2059 c.c. (in relazione dell’articolo 360 c.p.c., n. 3), per avere la corte territoriale erroneamente determinato l’entita’ del danno biologico sofferto dal paziente, essendosi i giudici del merito riferiti a tal fine alle previsioni della tabella predisposta presso il Tribunale di Milano in contrasto con quanto viceversa desumibile dai piu’ accreditati e moderni testi di valutazione del danno biologico permanente.

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17. Il motivo e’ inammissibile.
18. Osserva il Collegio come la corte territoriale, nel procedere alla liquidazione del danno biologico sofferto dal (OMISSIS) riferendosi alle tabelle del Tribunale di Milano, si e’ avvalsa di un parametro di riferimento, ai fini della liquidazione equitativa del danno biologico, tradizionalmente congruo e sufficientemente adeguato.
19. Sul punto, e’ appena il caso di richiamare il consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa Corte, ai sensi del quale le tabelle per la liquidazione del danno alla persona predisposte dal Tribunale di Milano devono ritenersi munite di un’efficacia âEuroËœpara-normativa’ in quanto destinate a concretizzare il criterio della liquidazione equitativa di cui all’articolo 1226 c.c. (Sez. 3 Sentenza n. 8532 del 06/05/2020, Rv. 657813 – 01).
20. Cio’ posto, la pretesa del ricorrente di veder applicata, ai fini della liquidazione del danno sofferto dal paziente, in sostituzione delle c.d. tabelle milanesi, una diversa fonte ritenuta maggiormente adeguata, deve riguardarsi alla stregua di un mero tentativo di prospettare una rilettura dei fatti di causa in maniera alternativa quella (gia’) adeguatamente operata dal giudice di merito, sulla base di una prospettiva critica non consentita in questa sede di legittimita’.
21. Con il quarto motivo, il ricorrente principale censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione degli articoli 1335, 2697, 2727-2729 c.c. in relazione all’articolo 2952, comma 3, c.c. (con riguardo all’articolo 360 c.p.c., n. 3), per avere la corte territoriale ritenuto prescritto il diritto dell’ (OMISSIS) alla manleva invocata nei confronti della propria compagnia assicuratrice senza tener conto che alla richiesta risarcitoria indirizzata nei propri confronti dal danneggiato (costituente il dies a quo per il computo della prescrizione del proprio diritto alla garanzia), pur inviata alla (OMISSIS) (presso la quale l’ (OMISSIS) esercitava la propria attivita’ lavorativa), non poteva essere applicata la presunzione di ricezione di cui all’articolo 1335 c.c., atteso l’evidente conflitto di interessi esistente tra l’ (OMISSIS) e la medesima casa di cura in relazione alla rivendicazione risarcitoria del (OMISSIS): conflitto di interessi di per se’ tale da giustificare il riconoscimento della inoperativita’ del richiamato meccanismo presuntivo.
22. Il motivo e’ infondato.
23. Osserva il Collegio come, secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa Corte, la dichiarazione recettizia, ai sensi dell’articolo 1335 c.c., si presume conosciuta dal destinatario nel momento in cui giunge al relativo indirizzo, da intendersi come luogo che, per collegamento ordinario (dimora o domicilio) o per normale frequentazione per l’esplicazione della propria attivita’ lavorativa, o per preventiva indicazione o pattuizione, risulti in concreto nella sfera di dominio e controllo del destinatario stesso, apparendo idoneo a consentirgli la ricezione dell’atto e la possibilita’ di conoscenza del relativo contenuto (cfr. ex plurimis, da ultimo, Sez. 3, Ordinanza n. 27412 del 08/10/2021, Rv. 662416 – 01).
24. Ferma tale premessa, l’avvenuta invocazione, da parte del ricorrente, del ricorso di una circostanza di fatto costituita da un (supposto) conflitto di interessi tra la casa di cura e il medico destinatario della richiesta risarcitoria (indicata come circostanza pretesamente idonea a fornire la prova contraria alla presunzione di conoscenza sancita dall’articolo 1335 c.c.), oltre a integrare gli estremi dell’introduzione di una circostanza di fatto mai precedentemente dedotta dall’interessato (come tempestivamente rilevato dalla corrispondente eccezione sollevata dalla compagnia controricorrente), non risulta neppure riferita a fatti adeguatamente comprovati (dovendo ritenersi che un eventuale conflitto di interessi tra medico e casa di cura sarebbe in ipotesi insorto nel solo caso in cui, successivamente alla consegna del plico destinato all’ (OMISSIS) contenente la richiesta risarcitoria del danneggiato, il medico e la casa di cura, eventualmente convenuti in giudizio, avessero assunto posizioni confliggenti tra loro, in tal modo configurando la potenzialita’ di un conflitto), o di per se’ rilevabili dagli atti del giudizio (nel senso di fatti di per se’ soli sufficienti a far presumere il mancato contatto dell’interessato con la comunicazione allo stesso indirizzata), si’ da escludere la concreta idoneita’ della doglianza in esame a integrare gli estremi di un vizio di legittimita’ della decisione impugnata, sotto la specie della violazione dell’articolo 1335 c.c..
25. Con il primo motivo del ricorso incidentale (condizionato all’eventuale accoglimento del ricorso principale), (OMISSIS) s.p.a. censura la sentenza impugnata per violazione o falsa applicazione degli articoli 1218, 2043, 2697 e 1123 c.c. (in relazione all’articolo 360 numero tre c.p.c.), per avere la corte territoriale erroneamente riscontrato il ricorso della responsabilita’ dell’ (OMISSIS) nella produzione dei danni alla persona denunciati dal (OMISSIS), non avendo quest’ultimo adeguatamente fornito la prova dei corrispondenti presupposti di fatto.
26. Con il secondo motivo, la societa’ ricorrente incidentale censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’articolo 115 c.p.c. (in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3), per avere la corte territoriale erroneamente ascritto all’ (OMISSIS) un preteso profilo di responsabilita’ in relazione all’evoluzione del processo patologico verificatosi ai danni del (OMISSIS), in assenza di alcuna adeguata indagine al riguardo.
27. La rilevata complessiva infondatezza delle censure avanzate dal ricorrente principale avverso la sentenza impugnata vale ad escludere la rilevanza dell’esame del ricorso incidentale proposto dalla (OMISSIS) s.p.a., avendo quest’ultima espressamente subordinato la relativa proposizione all’eventuale accoglimento del ricorso principale.
28. Sulla base di tali premesse, rilevata la complessiva infondatezza delle censure illustrate dall’ (OMISSIS), dev’essere pronunciato il rigetto del ricorso principale, cui segue – accanto al riscontro dell’irrilevanza dell’esame del ricorso incidentale condizionato proposto dalla (OMISSIS) s.p.a. – la condanna del ricorrente principale al rimborso, in favore della compagnia controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimita’, secondo la liquidazione di cui al dispositivo.
29. Dev’essere infine rilevata la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale, a norma del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso principale e condanna il ricorrente principale al rimborso, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimita’, liquidate in complessivi Euro 5.600,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori come per legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale, a norma dell’articolo 1-bis, dello stesso articolo 13.

 

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