La res pubblica non appartenente al demanio necessario

Consiglio di Stato, Sezione sesta, Sentenza 29 agosto 2019, n. 5934.

La massima estrapolata:

La res pubblica non appartenente al demanio necessario, assume il regime giuridico proprio dei beni patrimoniali indisponibili in quanto destinati ad un pubblico servizio a due concorrenti condizioni: la presenza della manifestazione di volontà dell’ente titolare del diritto reale pubblico, desumibile da un espresso atto amministrativo da cui risulti la specifica volontà dell’ente di destinare quel determinato bene ad un pubblico servizio; nonché (congiuntamente) l’effettiva ed attuale destinazione del bene a pubblico servizio.

Sentenza 29 agosto 2019, n. 5934

Data udienza 23 luglio 2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3344 del 2013, proposto da
Th. Wa., rappresentato e difeso dagli avvocati Sa. Di Ma., Al. De., con domicilio eletto presso lo studio Salvatore Di Ma. in Roma, via (…);
contro
Comune di (omissis), in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato En. Bu., con domicilio eletto presso lo studio Ma. Et. Ve. in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del T.A.R. FRIULI-VENEZIA-GIULIA – TRIESTE: SEZIONE I n. 00364/2012, resa tra le parti, concernente ripristino area appartenente al demanio comunale ed occupata abusivamente
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di (omissis);
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza smaltimento del giorno 23 luglio 2019 il Cons. Oreste Mario Caputo e uditi per le parti gli avvocati Pi. Be. per delega dell’avv. De. e En. Bu.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. È appellata la sentenza del T.A.R. per il Friuli Venezia Giulia, sezione prima, n. 364/2012, di reiezione del ricorso proposto dal sig. Th. Wa. per l’annullamento dell’ordinanza sindacale (n. 532 prot. n. 36606 dd. 18.09.2001), contenente l’ordine di rilascio dell’area di proprietà comunale occupata sine titulo dal ricorrente e l’ingiunzione a rimuovere le opere ancora esistenti.
2. Dichiaratosi comproprietario dell’immobile sito nel Comune di (omissis) limitrofo all’area catastalmente censita al foglio n. 59 mapp. 332 acquistata a titolo gratuito dal Comune, il ricorrente ha dedotto nei motivi d’impugnazione l’assenza dei presupposti di fatto e di diritto richiesti per l’esercizio del potere autoritativo di rilascio illico et immediate dell’area.
2.1 Trattandosi di bene patrimoniale disponibile, il Comune, ha lamentato il ricorrente, non avrebbe potuto esercitarsi l’autotutela amministrativa; il recupero del bene avrebbe dovuto seguire gli ordinari strumenti giurisdizionali.
3. Costituitosi in giudizio il Comune, il Tar ha respinto il ricorso, rinvenendo nella destinazione della porzione di fondo in oggetto ad “area verde pubblica destinata al percorso pedonale e verde pubblico” il presupposto per l’esercizio del potere autoritativo di recupero della res publica.
4. Appella la sentenza il sig. Th. Wa.. Resiste il Comune di (omissis).
5. Alla pubblica udienza del 23 luglio 2019 la causa, su richiesta delle parti, è stata trattenuta in decisione.
6. Con i motivi d’appello che, muovendo da un medesimo sostrato giuridico, possono essere trattati congiuntamente, il ricorrente lamenta gli errori di giudizio in cui sarebbero incorsi i giudici di prime cure nell’omettere d’accertare funditus la legittimità del potere esercitato dal Comune.
7. L’appello è fondato.
7.1 Nei limiti dell’economia del decidere è necessario premettere l’orientamento, pressoché consolidato, da cui non sussistono giustificati motivi per qui discostarsi, in tema delle condizioni cui è subordinato il potere c.d. di polizia demaniale.
Il potere di autotutela esecutiva, previsto all’art. 823, comma 2, c.c., presuppone il previo accertamento della natura di bene patrimoniale indisponibile del compendio immobiliare oggetto di tutela recuperatoria pubblicistica.
Di converso, il bene pubblico ricompreso nel patrimonio disponibile dell’ente non è affatto recuperabile autoritativamente sebbene mediante l’esercizio della tutela privatistica, a mezzo delle azioni possessorie o della rei vindicatio civilistica.
7.2 La res pubblica, non appartenente al demanio necessario, assume il regime giuridico proprio dei beni patrimoniali indisponibili in quanto destinati ad un pubblico servizio a due concorrenti condizioni: la presenza della manifestazione di volontà dell’ente titolare del diritto reale pubblico, desumibile da un espresso atto amministrativo da cui risulti la specifica volontà dell’ente di destinare quel determinato bene ad un pubblico servizio; nonché (congiuntamente) l’effettiva ed attuale destinazione del bene a pubblico servizio (cfr., Cass. Civ. S.U.,25 marzo 2016 n. 6019; Cons. Stato, sez. IV, 30 gennaio 2019 n. 513; Cass. Civ., S.U., 28 giugno 2006 n. 14685).
7.3 Discende a corollario che, in assenza dell’effettiva ed attuale utilizzazione in conformità della destinazione ad esso impressa, la determinazione amministrativa di destinare quel determinato bene ad un pubblico servizio non è sufficiente per l’esercizio del potere previsto all’art. 823, comma 2, c.c. (cfr. Cass. Civ., S.U.,15 luglio 1999 n. 391).
7.4 Viceversa il Tar nella sentenza appellata ha ritenuto sufficiente l’astratta destinazione del bene a verde pubblico per l’esercizio del potere autoritativo di rilascio dell’area di proprietà comunale occupata sine titulo dal ricorrente e l’ingiunzione a rimuovere le opere ancora esistenti.
Alla luce della giurisprudenza richiamata qui condivisa, trattandosi di bene patrimoniale disponibile, il Comune non avrebbe potuto esercitare l’autotutela amministrativa. Il recupero del bene avrebbe dovuto essere seguire le vie contrassegnate dagli strumenti giurisdizionali ordinari.
8. Né, venendo all’eccezione formulata dal Comune resistente, l’occupante senza titolo del bene difetta di legittimazione a ricorrere contro il provvedimento amministrativo.
L’appellante, oltre ad assumere di esserne divenuto proprietario per intervenuta usucapione – in proposito ha depositato la sentenza della Corte d’appello che per un area limitrofa a quella di causa ha dichiarato l’intervenuta usucapione -, ha negato la sussistenza dei presupposti del potere autoritativo esercitato dall’ente locale: s’è limitato a contestare le modalità di recupero del bene in concreto utilizzate dal soggetto pubblico non già l’appartenenza pubblica del bene di cui trattasi.
9. Alla medesima conclusione deve giungersi con riguardo alla questione dell’onere della prova. Avendo l’ente pubblico esercitato il potere di autotutela esecutiva civilisticamente intesa, incombe su di esso, ai sensi dell’art. 2697 c.c. in combinato disposto dell’art. 823, comma 2, c.c., l’onere di dimostrare in giudizio (i fatti che costituiscono il fondamento e quindi) la sussistenza di entrambe le condizioni per la configurabilità in concreto della natura di bene patrimoniale indisponibile dell’immobile di cui si controverte.
Onere – va sottolineato – non affatto assolto dal Comune: non avendo dimostrato nemmeno in giudizio l’effettiva ed attuale destinazione del bene a servizio pubblico.
10. Conclusivamente l’appello deve essere accolto e, per l’effetto, in riforma dell’appellata sentenza, il ricorso di prime cure deve essere accolto ed annullato l’atto impugnato.
11. La natura della causa e il rilievo dirimente della questione ex se controversa del regime giuridico del bene oggetto di ricorso giustificano la compensazione delle spese del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma dell’appellata sentenza, accoglie il ricorso di prime cure ed annulla l’atto impugnato.
Compensa le spese del doppio grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 23 luglio 2019 con l’intervento dei magistrati:
Sergio Santoro – Presidente
Oreste Mario Caputo – Consigliere, Estensore
Francesco Gambato Spisani – Consigliere
Raffaello Sestini – Consigliere
Giovanni Sabbato – Consigliere

 

 

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