La simulazione

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La simulazione

A)        Introduzione

In senso lato può dirsi che si ha il fenomeno della simulazione quando le parti, d’accordo tra loro, dichiarano di porre in essere un negozio, ma in realtà non vogliono che se ne producano gli effetti.

La simulazione viene tradizionalmente definita come la manifestazione o la creazione di un negozio apparente con l’occultamento dell’accordo tra le parti di non attribuirgli alcun effetto nei reciproci rapporti e, inoltre, come la manifestazione e la creazione di un negozio apparente con l’occultamento dell’accordo tra le parti di creare un negozio diverso da quello manifestato esteriormente e, così, generatore di effetti diversi nei reciproci rapporti: sono le due forme della simulazione individuate sulla base del dettato normativo di cui all’articolo 1414, commi 1 e 2, del c.c.: la simulazione assoluta e la simulazione relativa.

Il fenomeno giuridico della simulazione vede affiancati e sostanzialmente connessi due negozi, quello simulato o apparente (normalmente un negozio tipico) e quello qualificato dalla causa simulandi, diretto a estinguere puramente e semplicemente il primo nella simulazione assoluta ovvero a sostituirgli quello dissimulato, voluto contestualmente all’intesa simulatoria, nella simulazione relativa.

  •   Assoluta

Quando gli interessi dedotti nel contratto sono inesistenti.

Si dichiara di voler, mentre in realtà i soggetti non vogliono alcun negozio (colorem habet, substantiam vero nullam)

Questa è di solito destinata al conseguimento  di uno scopo fraudolento.

Per la S.C.[1] nella simulazione assoluta il dichiarante non vuole, in realtà, alcun negozio. Il volere, invece, un negozio diverso da quello dichiarato attiene al concetto della simulazione relativa, non di quella assoluta.

Es. trasferimento simulato che ha il solo scopo di far apparire uscito dal patrimonio dell’apparente alienante un bene, al fine di evitare esecuzioni forzate dei creditori.

  • Relativa

Quando gli interessi perseguiti siano diversi a quelli dedotti nel contratto. ipotesi in cui i contraenti, come nel caso di specie, vogliono porre in essere un negozio giuridico, ma dichiarano di volerne fare un altro che, come un velo, copre il primo effettivamente voluto (colorem habet, substantiam vero alteram).

Es. donazione a cui corrisponde in apparenza una compravendita, allo scopo di sottrarre il bene all’azione di riduzione ad opera degli eredi legittimari.

  • Natura giuridica

1)       Dottrina prevalente[2]: ruolo della volontà. Il fenomeno simulatorio consiste in una divergenza  tra la dichiarazione e la volontà. Le parti non vogliono produrre alcun effetto ovvero vogliono produrre effetti diversi rispetti a quelli discendenti da ciò che è stato dichiarato.

In senso contrario[3]: si è però sottolineato che la volontà delle parti mira a porre in essere l’intero congegno simulatorio, cosicché non può dirsi che il negozio simulato non sia voluto, avendo la funzione di creare l’apparenza.

Sussistono dunque 2 volontà, distinte ma collegate, le quali convergono nella direzione di creare un complesso meccanismo in cui i piani dell’efficacia esterna e dell’efficacia interna del regolamento, pur difformi, convivono.

2)       Altra dottrina[4]: rilevanza della causa. Il negozio simulato è privo di causa in quanto, sul piano del concreto interesse perseguito, le parti hanno escluso la produzione di ogni effetto mentre il contratto effettivamente voluto (in caso di simulazione relativa) è valido ed efficace in quanto dotato di propria causa.

3)       Per autorevole dottrina[5]: inefficacia del contratto per volontà delle parti – il negozio simulato è strutturalmente perfetto (ciò che spiega la sua validità di fronte a determinati terzi), ma è inefficace tra le parti in dipendenza dell’autoregolamento tra esse intercorso.

4)       Altra autorevole dottrina[6]: il duplice regolamento di rapporti – contrasto tra dichiarazione esterna, che le parti vogliono che sia operativa rispetto ai terzi, ed una dichiarazione interna (controdichiarazione), che per le parti vogliono che sia operativa tra di loro. Da questa duplicità di dichiarazioni è stata esattamente individuata, nella simulazione, una caratteristica manifestazione dell’autonomia privata, alla quale il legislatore permette di creare un duplice regolamento di rapporti, uno fra le parti (accordo simulatorio) ed uno rispetto ai terzi (negozio simulatorio)

  • La causa

Per la Corte di Piazza Cavour[7] l’individuazione della causa simulandi, che, identificandosi nel motivo o scopo pratico che ha indotto le parti a creare l’apparenza contrattuale, non deve risolversi necessariamente in un concreto vantaggio per tutte le parti dell’accordo simulatorio, non è indispensabile per l’accertamento di questo accordo, del quale costituisce solo un importante indizio rivelatore.

Inoltre ad escludere la causa simulandi non è sufficiente dimostrarne la insussistenza da un punto di vista esclusivamente oggettivo, ma occorre altresì dimostrare l’insussistenza della stessa anche dal punto di vista soggettivo, in relazione alla rappresentazione che le parti del negozio simulato se ne siano fatto (causa simulandi putativa)[8].

In effetti, però, l’individuazione della causa simulandi, cioè del motivo concreto per il quale le parti abbiano posto in essere un contratto in realtà non voluto, dando vita ad una mera apparenza, resta rilevante solo per fornire indizi rivelatori dell’accordo simulatorio, ma non è indispensabile ai fini della pronuncia di accertamento della simulazione medesima[9].

Da ultimo la Cassazione

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|27 gennaio 2023| n. 2539

ha affermato che l‘individuazione della “causa simulandi”, cioè del motivo concreto per il quale le parti abbiano posto in essere un contratto in realtà non voluto, dando vita ad una mera apparenza, resta rilevante per fornire indizi rivelatori dell’accordo simulatorio.

  • Rapporti con altre figure

Differenze sostanziali le si trovano con il negozio indiretto.

Il negozio indiretto si distingue dalla simulazione relativa perché mentre in quest’ultima le parti vogliono porre in essere un atto reale, nascondendolo sotto le diverse e fittizie apparenze di un atto diverso, palese ma meramente illusorio, e rivolto a nascondere l’atto vero, con il primo (denominato anche procedimento indiretto), invece, le parti, proponendosi di realizzare una particolare finalità, ricorrono alla combinazione di più atti, tutti veri e reali e non illusori, collegandoli insieme, in modo da giungere al fine ultimo propostosi per via indiretta ed attraverso il concorso e la reciproca reazione delle varie forme giuridiche collegate, tutte corrispondenti al vero e tutte conformi alla dichiarata volontà dei contraenti[10].

Ad esempio nel negotium mixtum cum donatione[11], che deve rivestire la forma non della donazione ma dello schema negoziale effettivamente adottato dalle parti, la causa del contratto è onerosa, ma il negozio commutativo adottato viene dai contraenti posto in essere per raggiungere in via indiretta, attraverso la voluta sproporzione delle prestazioni corrispettive, una finalità diversa ed ulteriore rispetto a quella di scambio, consistente nell’arricchimento, per mero spirito di liberalità di quello dei contraenti che riceve la prestazione di maggior valore, con ciò venendo il negozio posto in essere a realizzare una donazione indiretta (art. 809 c.c.).

Tale negozio indiretto si realizza nella vendita ad un prezzo inferiore a quello effettivo che si distingue dal negozio simulato nel quale il contratto apparente non corrisponde alla reale volontà delle parti, le quali, sotto forma di contratto oneroso, intendono invece stipulare un contratto gratuito, per cui la dichiarazione concernente il prezzo non corrisponde alla realtà[12].

Per altra decisione[13] nel cosiddetto negotium mixtun cum donatione, la causa del contratto ha natura onerosa, ma il negozio commutativo stipulato dai contraenti ha la finalità di raggiungere, per via indiretta, attraverso la voluta sproporzione tra le prestazioni corrispettive, una finalità diversa e ulteriore rispetto a quella dello scambio, consistente nell’arricchimento, per puro spirito di liberalità, di quello dei contraenti che riceve la prestazione di maggior valore, con ciò realizzando il negozio posto in essere una fattispecie di donazione indiretta. Ne consegue che la compravendita ad un prezzo inferiore a quello effettivo non integra, di per sé stessa, un negotium mixtum cum donatione, essendo, all’uopo, altresì necessario non solo la sussistenza di una sproporzione tra prestazioni, ma anche la significativa entità di tale sproporzione, oltre alla indispensabile consapevolezza, da parte dell’alienante, dell’insufficienza del corrispettivo ricevuto rispetto al valore del bene ceduto, funzionale all’arricchimento di controparte acquirente della differenza tra il valore reale del bene e la minore entità del corrispettivo ricevuto. Incombe poi alla parte che intenda far valere in giudizio la simulazione relativa nella quale si traduce il negotium mixtum cum donatione l’onere di provare sia la sussistenza di una sproporzione di significativa entità tra le prestazioni, sia la consapevolezza di essa e la sua volontaria accettazione da parte dell’alienante in quanto indotto al trasferimento del bene a tali condizioni dall’animus donandi nei confronti dell’acquirente.

Il negozio fiduciario

Il negozio fiduciario, sia quando venga preceduto da un atto di trasferimento del diritto del fiduciante al fiduciario (cosiddetta fiducia dinamica) sia quando non lo sia, per essere il fiduciario già titolare del diritto che si obblighi a trasferire all’altro contraente o al terzo (cosiddetta fiducia statica), è sempre un atto realmente dovuto, con la conseguenza che ad esso non sono estensibili le norme che prevedono l’inopponibilità del negozio simulato ai creditori del titolare apparente[14].

B)        Accordo simulatorio

E’ la base della simulazione.

Non è dunque una mera attività preparatoria, ma una sorta di preliminare di fatto[15] del negozio simulato.

La Cassazione[16] ha affermato che affinché possa utilmente porsi una questione di simulazione occorre la sussistenza di un accordo simulatorio, il quale deve essere necessariamente bilaterale, oppure di una simulata dichiarazione recettizia di volontà.

La dottrina, più in generale, definisce l’accordo simulatorio come la convenzione nella quale le parti del procedimento simulatorio manifestano la loro specifica volontà di dar vita alla simulazione.

Essa, perciò, deve cronologicamente preesistere o quanto meno coesistere con il contratto simulato.

Anche se per la giurisprudenza[17] l’accordo simulatorio deve esistere al momento della stipula del negozio simulato, nel quale soltanto la simulazione si realizza, sicché il documento che rivela l’accordo, se è anteriore, non giova se non sotto il profilo della rivelazione anticipata del proposito da attuare in futuro; e se posteriore, non può che assumere un valore meramente narrativo e confessorio dell’accaduto, perché proviene dalle stesse parti che hanno fittiziamente negoziato.

La stessa Cassazione[18] ha, poi, affermato che la simulazione (assoluta o relativa) di un contratto può anche risultare da un atto scritto anteriormente formato, purché sia in concreto accertato che l’intento simulatorio si è successivamente mantenuto e sussisteva nel momento della stipulazione del contratto cui la simulazione si riferisce.

L’intesa è l’elemento più importante dell’accordo, poiché attraverso il quale le parti andranno a regolamentare i propri interessi che non corrisponderanno a quelli realmente voluti – tale intesa, vale a distinguere il fenomeno simulatorio dall’errore ostativo e dalla riserva mentale (nella quale la divergenza tra il voluto e il dichiarato resta confinata nella sfera psicologica interna di uno solo dei contraenti, non manifestandosi anche all’altro).

Entrambe i negozi sono effettivamente voluti dalle parti, e questo elemento costituisce la radicale differenza fra l’istituto qui in esame e l’errore-vizio di cui all’art. 1429 c.c. dal quale può derivare una pronuncia di annullamento: nella simulazione, infatti, la conseguenza – ossia la mancata produzione di effetti ovvero la produzione di un effetto diverso rispetto a quello proprio del contratto simulato (e reso pubblico) – è espressamente voluta dalle parti ed è uno dei motivi principali che le ha spinte ad agire.

L’eventuale intento fraudolento perseguito dalle parti negoziali non è di rilievo in quanto non comporta conseguenze in ordine all’applicabilità o meno delle disposizioni civilistiche, le quali, pertanto, trovano applicazione indipendentemente dai motivi – eventualmente anche comuni – che hanno spinto le parti a contrattare.

Difatti per la Cassazione[19] il contratto simulato non costituisce in sé un atto illecito e pertanto non è fonte di responsabilità dei contraenti nei confronti dei terzi, i quali se possono opporre la simulazione alle parti, ai sensi dell’art. 1415 c.c., quando questa pregiudica i loro diritti, non hanno titolo al risarcimento dei danni nei confronti delle parti medesime se non in presenza, e nel concorso di tutti i relativi elementi costitutivi, di un atto ex art. 2043 c.c., qualificato in particolare dal necessario elemento psicologico, sotto il profilo della intenzionale lesione di un diritto del terzo ovvero della lesione stessa come effetto di mancanza di prudenza o di diligenza; elemento che, non potendo ritenersi implicito nel fatto stesso della simulazione, deve formare oggetto di accertamento da parte del giudice del merito nei casi concreti.

Logicamente una eccezione a tale regola è costituita dal comune intento illecito: in questo caso, infatti, il contratto simulato – che, normalmente, è di per sé formalmente lecito – come sempre non ha effetto fra le parti ed il contratto dissimulato è colpito da nullità ex artt. 1418 c. 2 e 1345 c.c.

Discorso simile deve essere fatto per il caso in cui la simulazione sia frutto di un intento fraudolento e, pertanto, costituisca una ipotesi di frau legis ex art. 1344 c.c.

In tale ipotesi, (che a ben vedere costituisce comune un caso di motivo comune illecito) come nella precedente, il contratto simulato – formalmente lecito e sorretto da una causa idonea – è destinato a non aver alcun effetto fra le parti mentre il contratto dissimulato – diretto a perseguire uno scopo fraudolento e, pertanto, volto ad “eludere l’applicazione di una norma imperativa” – è colpito da nullità ex artt. 1418 c. 2 e 1345 c.c..

Al di fuori di tali due ipotesi, la simulazione non comporta alcuna ipotesi di nullità nei rapporti tra le parti ma, semplicemente, l’inefficacia originaria del negozio simulato, per lo meno nei rapporti fra queste, visto che, nei confronti dei creditori e dei terzi aventi causa valgono regole del tutto particolari.

  • Natura

E’ discussa la natura negoziale o non negoziale dell’accordo.

a)        secondo un autore[20] e la prevalente giurisprudenza in quest’ultima direzione potrebbe dirsi che l’accordo non è idoneo di per sé a creare, modificare, estinguere rapporti giuridici e quindi sarebbe una mera dichiarazione di scienza;

Difatti per la S.C.[21] la controdichiarazione, che nei rapporti fra le parti costituisce il mezzo usualmente adoperato per documentare una simulazione, non rientra nel novero dei contratti, ma è un atto di riconoscimento dell’inesistenza del contratto apparentemente stipulato nel caso della simulazione assoluta (o dell’esistenza di un contratto diverso da quello realmente voluto dalle parti nel caso della simulazione relativa), proveniente non necessariamente da tutte le parti del contratto simulato ma anche da una sola, da quella cioè contro il cui interesse è redatta. Ne deriva che la controdichiarazione non è risolubile per mutuo dissenso, sicché, ove sia intervenuto fra le parti un accordo successivamente alla controdichiarazione, che coeva ad un contratto ne abbia riconosciuta l’inesistenza, a tale accordo non può riconoscersi effetto risolutorio di detta controdichiarazione con la conseguente validità del contratto simulato, di cui resta ferma la nullità per simulazione assoluta.

b)        Per altri autori[22] in tal modo però si sottovaluterebbe il collegamento esistente tra l’accordo e il negozio simulato, mirando il primo o ad eliminare o a modificare gli effetti che il secondo, di per sé, sarebbe atto a produrre sul piano strutturale, tant’è che si parla di clausola accessoria del negozio. Occorre tuttavia considerare[23] che l’operazione simulatoria implica la creazione di uno strumento negoziale idoneo a produrre determinati effetti giuridici. L’accordo simulatorio assume allora carattere negoziale in quanto determina il contenuto negativo del contratto stipulato ovvero il diverso contenuto che il contratto deve avere per le parti.

 

  • Soggetti

Le parti dell’accordo devono essere le stesse del negozio simulato, nessuna esclusa.

A)  i contraenti se si tratta di contratto –

B)  il dichiarante e chi deve ricevere la dichiarazione, se si  tratta di negozi giuridici unilaterali recettizzi.

Le controscritture redatte allo scopo di rettificare le risultanze di contratti simulati, possono essere costituite anche da dichiarazioni unilaterali quando contengano l’attestazione di un determinato comportamento in conformita all’oggetto del precedente accordo tra le parti, mentre l’atto bilaterale è richiesto nel solo caso in cui le parti, dopo avere simulato il contratto, intendano stipulare un altro negozio giuridico del tutto diverso, in relazione al quale non sia stata espressa una volontà comune[24].

C)  Il terzo – che si contrappone ai contraenti dell’accordo simulatorio.

D) Nella c.d. interposizione fittizia di persona è necessaria la partecipazione di un terzo soggetto: la c.d. persona interposta.

 

  • Controdichiarazione

Non va confusa con l’accordo simulatorio di cui costituisce solo elemento di prova è può acquistare natura di confessione (art. 2730 c.c.) e non è atto richiesto ad substantiam per la sua esistenza.

Anche se non necessaria, la controdichiarazione viene, di norma, redatta per provare la simulazione di contratti fatti per iscritto perché, secondo una pacifica interpretazione giurisprudenziale, l’accordo simulatorio viene considerato come un patto aggiunto o contrario al contenuto del documento e, quindi, compreso nel divieto di prova testimoniale sancito dall’art. 2722 c.c.

Si tratta di una dichiarazione di scienza, dunque non risolubile per mutuo dissenso.

La controdichiarazione o controscrittura serve alle parti per assicurarsi la possibilità di esperire vittoriosamente l’azione di simulazione.

Nel documento è consacrato l’accordo simulatorio e, nel caso di simulazione relativa, il negozio dissimulato. L’accordo simulatorio non richiede una determinata forma, ma in genere risulta da una controscrittura, che pur non essendo un elemento essenziale della simulazione e avendo una valenza puramente formale, rileva per le parti contraenti ai fini della prova. Quando la controdichiarazione non è stata fatta o è andata perduta può accadere che si chieda di provare la simulazione mediante testimoni e presunzioni; in tal caso è necessario distinguere l’ipotesi in cui la simulazione sia dedotta dai terzi da quella in cui sia fatta valere da una delle par ti contro l’altra.

Per ultima Cassazione[25], la controdichiarazione costituisce atto di accertamento o di riconoscimento scritto non avente carattere negoziale la quale non si inserisce come elemento essenziale nel procedimento simulatorio, di tal che essa non solo non deve essere coeva all’atto simulato, ma non deve neppure necessariamente provenire da tutte i partecipi all’accordo simulatorio, potendo provenire anche dalla sola parte che voglia manifestare il riconoscimento della simulazione. Tuttavia, per potersi attribuire alla controdichiarazione unilaterale il significato e gli effetti di riconoscimento della simulazione, è necessario che questa provenga dalla parte contro il cui interesse è redatta, da quella parte, cioè, che trae vantaggio dall’atto simulato mentre assume, con la controdichiarazione, obblighi diversi e maggiori di quelli che gli derivano dall’atto contro cui questa è redatta.

Con ultima pronuncia la Cassazione ha avuto modo di specificare che

Corte di Cassazione, sezione 6 febbraio 2014, n. 2725

in tema di accertamento della simulazione assoluta, in assenza di controdichiarazione, la prova è indiziaria e presuntiva, e trovano applicazione i principi da tempo affermati in materia di presunzioni (semplici), e cioè che: rientra nei compiti del giudice del merito la ricerca e la valutazione in termini di idoneità degli elementi presuntivi a consentire illazioni che ne discendano secondo il criterio dell’id quod plerumque accidit; i requisiti della gravità, della precisione e della concordanza, richiesti dalla legge, devono essere ricercati in relazione al complesso degli indizi, soggetti a una valutazione globale, e non con riferimento singolare a ciascuno di questi, pur senza omettere un apprezzamento così frazionato al fine di vagliare preventivamente la rilevanza dei vari indizi, di individuare quelli ritenuti significativi e da ricomprendere nel suddetto contesto articolato e globale; il giudizio di idoneità dei fatti posto a fondamento dell’argomentazione induttiva, traducendosi in un accertamento relativo a una mera quaestio voluntatis, è rimesso al potere discrezionale del giudice di merito; quindi, in ordine a tale mezzo probatorio, il controllo della cassazione non può riguardare il convincimento del giudice sulla rilevanza probatoria degli elementi indiziari o presuntivi, che costituisce un giudizio di fatto, ma solo la congruenza sul piano logico e giuridico del procedimento seguito per giungere alla soluzione adottata (cfr Cass. 26 novembre 2008 n. 28224).

Nella specie la sentenza impugnata ha fatto corretta applicazione dei principi in tema di prova presuntiva, affermando che la prova della simulazione assoluta del contratto di vendita stipulato tra le parti non potesse ritenersi raggiunta nell’ottica del solo mancato pagamento del prezzo, giacché tendente non già alla confessione della simulazione dell’intero contratto, ma della mera quietanza, anche alla luce dell’assunto degli stessi ricorrenti circa la esistenza di una vicenda ben più complessa relativamente alla questione del pagamento del prezzo.

C)         Gli effetti tra le parti

 

art. 1414 c.c.     effetti della simulazione tra le parti

Il contratto simulato non produce effetto tra le parti.

Se le parti hanno voluto concludere un contratto diverso da quello apparente, ha effetto tra esse il contratto dissimulato, purché ne sussistano i requisiti di sostanza e di forma.

Le precedenti disposizioni si applicano anche agli atti unilaterali destinati a una persona determinata, che siano simulati per accordo tra il dichiarante e il destinatario.

  • Negozio simulato

non produce mai effetti tra le parti

1)    Per alcuni autori si parla di nullità[26]

perché l’atto è improduttivo di effetti sin dall’origine e per ragioni che risalgono alla fase del consenso. Inoltre dal tenore letterale dell’art. 1418, 2 co., c.c. per la mancanza dell’accordo che è uno dei requisiti essenziali dell’art. 1325 c.c.

2)    Senonché non può parlarsi di nullità in senso tecnico[27];

–        perché non si è in presenza di un vizio di un elemento essenziale del negozio

–        perché uno stesso negozio non può essere nullo fra le parti ed efficace per i terzi che ne subiscono il pregiudizio.

3)    Per autorevole dottrina[28], in realtà si è in presenza di un’inefficacia originaria del negozio conseguente all’operare dell’accordo simulatorio.

  • Negozio dissimulato

E’  il negozio che ha effetto tra le parti

Il negozio dissimulato non ha propria autonomia, a causa del nesso di compenetrazione rispetto al negozio simulato. Non vi sono dunque due autonome e separate dichiarazioni.

I requisiti di sostanza e di forma del negozio simulato devono essere rispettati dal negozio dissimulato.

Così ad esempio una donazione dissimulata  sotto vendita sarà valida se la vendita simulata sia stata conclusa per atto pubblico alla presenza dei testimoni.

  • Interposizione fittizia di persona 

[29]

 

Simulazione relativa soggettiva 

si realizza ogniqualvolta  l’accordo simulatorio ha ad oggetto l’attribuzione della qualità  di parte del contratto ad un soggetto che resta estraneo al contratto stesso e presta solo il proprio nome.

Ad esempio – Tizio per ragioni fiscali o per sfuggire ai creditori, fa apparire suo figlio Caio come acquirente dell’appartamento acquistato dal venditore Sempronio.

L’adesione del terzo (il c.d. uomo paglia) è necessaria, perché costui deve essere consapevole della funzione meramente figurativa del contraente interposto e manifestare pertanto la volontà di contrarre con l’interponente.

Infatti per la Cassazione[30] nell’interposizione fittizia di persona, la simulazione ha come indispensabile presupposto la partecipazione all’accordo simulatorio non solo dell’interposto e dell’interponente, ma anche del terzo contraente, che deve dare la propria consapevole adesione all’intesa raggiunta tra i primi due soggetti, assumendo i diritti e gli obblighi contrattuali nei confronti dell’interponente.

Principio ripreso anche da recente Cassazione

Corte di Cassazione, sezione prima civile, Ordinanza 12 ottobre 2018, n. 25557

secondo la quale, appunto, nella interposizione fittizia di persona la simulazione ha come indispensabile presupposto la partecipazione all’accordo simulatorio non solo dell’interposto e dell’interponente, ma anche del terzo contraente che deve dare la propria consapevole adesione all’intesa raggiunta tra i primi due soggetti assumendo i diritti e gli obblighi contrattuali nei confronti dell’interponente, ragion per cui la prova dell’accordo simulatorio deve avere ad oggetto la partecipazione del terzo all’accordo stesso con la conseguenza che, in caso di compravendita immobiliare, la domanda diretta all’accertamento della simulazione, ai fini della invalidazione del negozio simulato “inter partes”, non puo’ essere accolta se l’accordo simulatorio non risulti da atto scritto, proveniente anche dal terzo contraente, mentre resta del tutto inidonea ai fini suddetti – ove sia stata gia’ raggiunta la prova della controdichiarazione conclusa tra il solo interponente e l’interposto l’acquisizione dell’ulteriore controdichiarazione integrativa scritta intercorsa, pero’, tra il solo interposto ed il terzo, al quale non abbia quindi partecipato anche l’interponente, da considerarsi terzo rispetto a tale scrittura, al quale non e’, percio’, opponibile ai sensi dell’articolo 2704 c.c., in difetto di idonea prova contraria

Per altra recente pronuncia[31] l’interposizione fittizia di persona postula la partecipazione all’accordo simulatorio non solo del soggetto interponente e di quello interposto, ma anche del terzo contraente, chiamato ad esprimere la propria adesione all’intesa raggiunta dai primi due (contestualmente od anche successivamente alla formazione dell’accordo simulatorio), onde manifestare la volontà di assumere diritti ed obblighi contrattuali direttamente nei confronti dell’interponente, secondo un meccanismo effettuale analogo a quello previsto per la rappresentanza diretta.

Perché il terzo sia ritenuto partecipe, non occorre che egli abbia dato all’accordo simulatorio la propria effettiva e negoziale partecipazione, ma è sufficiente che, informato dell’intesa raggiunta tra interponente e prestanome, manifesti la volontà di contrarre[32].

L’interposizione fittizia di persona, pur avendo come presupposto indispensabile l’accordo simulatorio fra i tre soggetti che vi partecipano, non esige tuttavia che questo preesista alla stipulazione del contratto che si assume simulato, poiché l’intesa trilaterale può attuarsi anche contestualmente all’atto o addirittura per formazione progressiva[33].

Non è richiesto che il terzo sia anche a conoscenza dello scopo che il prestanome e l’interponente hanno perseguito nel predisporre la simulazione[34].

In difetto di adesione, pur nella conoscenza dell’accordo tra interponente e interposto, non vi è contrasto tra volontà e dichiarazione  e quindi gli effetti si producono tra le parti contraenti (per il principio dell’affidamento), sicché si tratterà solo di stabilire se l’accordo stesso valga come

1) mandato senza rappresentanza o

2) come negozio fiduciario

3) oppure come negozio di accertamento, con riflessi anche sull‘onere della prova.

Orbene, ad esempio, una volta che sia stata dedotta in giudizio la simulazione relativa soggettiva di un contratto di compravendita immobiliare, la prova dell’accordo simulatorio deve necessariamente consistere nella dimostrazione della partecipazione ad esso anche del terzo contraente, mentre una controdichiarazione – pur se consacrata in un atto scritto – proveniente dal solo soggetto interposto, non spiega alcuna utile funzione dimostrativa della asserita simulazione soggettiva, essendo priva di qualsiasi contenuto probatorio della partecipazione del terzo contraente all’accordo simulatorio[35].

Per ultima Cassazione

Corte di Cassazione, sezione VI, ordinanza 2 ottobre 2014, n. 20857

nel caso di allegazione della simulazione relativa per interposizione fittizia di persona di un contratto necessitante la forma scritta ad substantiam, la dimostrazione della volontà delle parti di concludere un contratto diverso da quello apparente incontra non solo le normali limitazioni legali all’ammissibilità della prova testimoniale e per presunzioni, ma anche quella, più rigorosa, derivante dal disposto degli articoli 1414, secondo comma, e 2725 c.c, di provare la sussistenza dei requisiti di sostanza e forma del contratto diverso da quello apparentemente voluto e l’esistenza, quindi, di una controdichiarazione, dalla quale risulti l’intento comune dei contraenti di dare vita ad un contratto soggettivamente diverso da quello apparente. Di conseguenza, e con riferimento alla compravendita immobiliare, la controversia tra il preteso acquirente effettivo e l’apparente compratore non può essere risolta, fatta salva l’ipotesi di smarrimento incolpevole del relativo documento (articolo 2724, n. 3, c.c.), con la prova per testimoni o per presunzioni di un accordo simulatorio cui abbia aderito il venditore, e neppure, in assenza della controdichiarazione, tale prova può essere data con il deferimento o il riferimento del giuramento (art. 2739, comma primo, c.c.), né tanto meno mediante l’interrogatorio formale, non potendo supplire la confessione, in cui si risolve la risposta positiva ai quesiti posti, alla mancanza dell’atto scritto

In conclusione, anche secondo ultima sentenza di merito[36], ai fini della configurabilità del negozio simulato è necessario, dal punto di vista soggettivo, la ricorrenza di un accordo non solo tra l’interponente e l’interposto ma anche con il terzo contraente, chiamato ad esprimere, in forma scritta per gli atti aventi ad oggetto il trasferimento di immobili, la propria adesione all’intesa raggiunta dai primi due, contestualmente o anche successivamente alla formazione dell’accordo simulatorio, al fine di manifestare la volontà di assumere diritti ed obblighi contrattuali direttamente nei confronti dell’interponente secondo un meccanismo effettuale analogo a quello previsto per la rappresentanza diretta. Configura invece la diversa fattispecie dell’interposizione reale di persona, la mancata conoscenza, da parte del terzo, degli accordi intercorsi tra l’interponente e l’interposto generando, l’accordo tra costoro, il solo dovere per l’interposto di ritrasferire al primo i diritti e gli obblighi derivanti dal contratto.

  • Interposizione fittizia reale

Si verifica quando l’accordo è sempre e solo bilaterale, tra interponente e interposto con assoluta e totale estraneità del terzo contraente.

Il negozio è destinato ad esplicare i suoi effetti nella sfera giuridica dell’interponente mediante la stipulazione di altro negozio tra l’interposto e l’interponente.

L’interposto è dunque vera e propria parte del negozio, cosicché non è ravvisabile un’ipotesi di simulazione.

Ipotesi di mandato senza rappresentanza quando intercorre un accordo trascritto tra interposto e interponente.

La figura dell’interposizione reale s’inquadra nel fenomeno della rappresentanza indiretta[37]  – come nel caso che Tizio voglia comprare un determinato oggetto da Caio, suo nemico, ed incarichi Sempronio di acquistarlo. Non vi sarà certo simulazione perché Caio è all’oscuro di tutto e manca perciò l’accordo a tre, ma vi sarà un reale negozio tra Caio e Sempronio, il quale successivamente trasferirà a Tizio il bene acquistato per conto di costui, ma in nome proprio.

Sotto un mero profilo processuale l’azione diretta a far riconoscere l’interposizione fittizia di persona tende ad individuare il vero contraente e non a far accertare gli elementi costitutivi di un negozio diverso da quello apparente, allo scopo di far valere un diritto di immediata derivazione dal contratto dissimulato. Pertanto in tal caso l’individuazione del soggetto deriva direttamente dall’accertamento della simulazione, sicché la relativa azione, ha portata meramente dichiarativa ed è perciò imprescrittibile[38].

  • Intestazione di beni sotto nome altrui

si distingue dall’interposizione fittizia , come nel caso del figlio che acquista effettivamente e non quale interposto un immobile, ma il prezzo è pagato dal padre, il quale opera così una donazione indiretta dell’immobile stesso e non del denaro.

  • La simulazione presunta

 

Il legislatore, in alcune ipotesi, considera senz’altro esistente la simulazione, con una presunzione assoluta che non ammette prova contraria, trattandosi, per lo più, di casi in cui è molto fondato il sospetto che vi si celi un negozio illecito.

A)     soggettiva

 

art. 779 c.c.    donazione a favore del tutore o protutore: è nulla (c.c.1418 e seguenti) la donazione a favore di chi è stato tutore o protutore del donante, se fatta prima che sia stato approvato il conto (c.c.385 e seguenti) o sia estinta l’azione per il rendimento del conto medesimo.

B)     Oggettiva

 

art. 1526 3 co c.c.  risoluzione del contratto: se la risoluzione del contratto ha luogo per l’inadempimento del compratore, il venditore deve restituire le rate riscosse, salvo il diritto a un equo compenso per l’uso della cosa, oltre il risarcimento del danno (1223).

Qualora si sia convenuto che le rate pagate restino acquisite al venditore a titolo d’indennità, il giudice, secondo le circostanze, può ridurre l’indennità convenuta (1384).

La stessa disposizione si applica nel caso in cui il contratto sia configurato come locazione, e sia convenuto che, al termine di esso, la proprietà della cosa sia acquisita al conduttore per effetto del pagamento dei canoni pattuiti (att. 176).

Ad esempio nelle vendite immobiliari spesso vengono dichiarati prezzi diversi da quelli realmente convenuti tra le parti e in alcuni casi di molto inferiori ai veri corrispettivi degli immobili trasferiti.

In questi casi si è in presenza di un’ipotesi di simulazione relativa oggettiva parziale.

Questione dibattuta e risolta dalle Sezioni Unite, come di avrà modo successivamente[39] di specificare analiticamente, è quella se sia possibile in una simile ipotesi di simulazione del prezzo di vendita ricorrere alla prova per testi per dimostrare un prezzo difforme da quanto risulta dal contratto.

Quando nell’atto di vendita si fa simulatamente apparire un prezzo inferiore a quello reale siamo in presenza di una simulazione relativa oggettiva, in quanto la simulazione cade sull’oggetto del negozio giuridico (il prezzo), e la simulazione è parziale poiché il prezzo c’è anche se è in par te simulato (un prezzo più basso rispetto al reale).

Quindi, tra le parti il negozio simulato non produce effetto. Ha, invece, effetto il contratto dissimulato (la vendita al prezzo più alto) prevalendo nei rapporti tra le parti la realtà rispetto all’apparenza. Per provare il prezzo reale occorrerà in giudizio dimostrare il vero prezzo mediante il regime delle prove che varia a seconda che la simulazione sia fatta valere da una delle parti verso l’altra o nei confronti dei terzi ovvero dei creditori o dei terzi nei confronti dei contraenti.

L’occultamento di parte del prezzo per scopi fiscali non viene considerato illecito, agli effetti del rapporto privatistico, in quanto l’illiceità sussiste di fronte al fisco e, perciò, il venditore parrebbe non potere invocare la libertà di prova per dimostrare che il prezzo convenuto e occultato è superiore a quello apparente.

 D) I rapporti con i creditori

art 1415  c.c.  effetti della simulazione rispetto ai terzila simulazione non può essere opposta  né dalle parti contraenti, né dagli aventi causa o dai creditori del simulato alienante, ai terzi  che in buona fede hanno acquistato diritti dal titolare apparente, salvi gli effetti della trascrizione della domanda di simulazione.

art 1416  c.c. rapporti con i creditori :  la simulazione non può essere opposta dai contraenti ai creditori del titolare apparente che in buona fede hanno compiuto atti di disposizione sui beni che furono oggetto della simulazione.

I creditori del simulato alienante possono far valere la simulazione che pregiudica i loro diritti, e, nel conflitto con i creditori chirografari del simulato acquirente, sono preferiti a questi, se il loro credito è anteriore (2704) all’atto simulato.

 

A) I creditori del simulato alienante

Possono far valere il proprio diritto nei confronti degli aventi causa (terzi)  del titolare apparente se costoro

1)        sono di mala fede

2)        ovvero se hanno trascritto per primi  la domanda di simulazione rispetto alla trascrizione degli acquisti dei diritti sui beni immobili o registrati, da parte dei terzi.

Sussiste il pregiudizio del terzo creditore del simulato alienante, necessario per l’esperibilità dell’azione di simulazione a norma dell’art. 1416 c.c., qualora, a seguito dell’atto simulato, si verifichi una diminuzione qualitativa e quantitativa nel patrimonio del debitore, tale da rendere, in rapporto all’ammontare del credito, l’adempimento più incerto, più difficile o, comunque, più oneroso. In ordine ai suddetti momenti, la valutazione della prova — generalmente congetturale, presuntiva ed indiziaria — è rimessa al potere discrezionale del giudice del merito, insindacabile in sede di legittimità se sorretto da adeguata e congrua motivazione[40].

Principio ripreso da ultima sentenza di merito[41].

La domanda di simulazione proposta da chi si dichiari legittimato in quanto creditore del simulato alienante comporta l’allegazione, come fatto di legittimazione, di uno specifico credito nonché la dimostrazione del pregiudizio che alla soddisfazione di questo può derivare dall’alienazione del bene[42].

B) I creditori del titolare apparente

costoro prevalgono in ogni caso a condizione

1)        che siano in buona fede –

2)        che abbiano compiuto atti di disposizione sui beni che sono stati oggetto di simulazione.

L’atto di esecuzione infatti, dà vita ad uno specifico diritto sul bene, opponibile ai terzi, quali sono le parti rispetto al creditore che ha iniziato l’esecuzione forzata.

Nel caso di beni immobili e mobili registrati, il creditore, oltre ad essere in buona fede, dovrà però aver trascritto l’atto di pignoramento prima della trascrizione della domanda di simulazione.

art. 2914 c.c.   alienazioni anteriori al pignoramento: non hanno effetto in pregiudizio del creditore pignorante e dei creditori che intervengono nell’esecuzione (C.p.c. 498 e seguenti), sebbene anteriori al pignoramento:

1) le alienazioni di beni immobili o di beni mobili iscritti in pubblici registri (c.c.812 e seguenti), che siano state trascritte successivamente al pignoramento.

C) I conflitti tra i creditori chirografari

I conflitti che possono nascere tra un creditore del simulato alienante pregiudicato, pur se il credito non è liquido ed esigibile, e un creditore del simulato acquirente, quando entrambi sono chirografari, il creditore del simulato alienante prevale se il credito è precedente all’atto simulato, perché al momento della nascita del rapporto obbligatorio egli poteva far affidamento sull’esistenza del bene nel patrimonio del debitore.

In altre parole il legislatore, tra le due categorie, preferisce i creditori di chi ha simulato un’alienazione, purché il loro credito sia anteriore al negozio simulato, in quanto essi invocano la situazione giuridica effettiva esistente al momento in cui è stato posto in essere il negozio simulato, ossia chiedono di essere garantiti dai beni che sono effettivamente del loro creditore, in altre parole tendono ad evitare un danno (certant de damno vitando) a differenza di quelli del simulato acquirente che, invece, tendono a procurarsi un lucro (certant de lucro captando).

Per autorevole dottrina[43] vi è un’eccezione nei casi dei beni immobili e mobili registrati, si applicano i principi generali in materia di trascrizione.

Il creditore del simulato alienante prevale infatti in ogni caso, rispetto al creditore del simulato acquirente se la trascrizione della domanda di simulazione ad opera del primo precede la trascrizione del pignoramento immobiliare ad opera del secondo.

Trova infatti applicazione l’art. 2652 n. 4, cosicché è comunque irrilevante la buona o la mala fede del creditore del titolare apparente.

D)  Creditore del simulato acquirente con privilegio speciale

prevarrà comunque nei confronti del creditore chirografaro del simulato alienante avendo acquistato uno specifico diritto sul bene, che può essere posto nel nulla solo se ricorrono i requisiti dell’art. 1415 c.c. e così, ad esempio,  se l’ipoteca è stata costituita in favore di un creditore di mala fede – dopo la trascrizione della domanda di simulazione.

E)  L’Azione di simulazione

 

Ha natura di accertamento negativo dell’inefficacia assoluta del contratto simulato.

Imprescrittibile: in caso di simulazione assoluta.

Per quanto riguarda quella relativa:

  • la dottrina prevalente[44] sostiene la tesi dell’imprescrittibilità, fondandosi sostanzialmente sulla considerazione che la simulazione, sia assoluta che relativa, non rappresenta due distinti fenomeni giuridici perché in entrambi i casi le parti negano valore alla volontà apparentemente dichiarata; pertanto la natura delle relative azioni, in quanto dirette ad accertare la vera volontà, non può essere che dichiarativa e come tale, imprescrittibile; l’azione di simulazione relativa — al pari di quella di simulazione assoluta — essendo rivolta all’accertamento della nullità del negozio simulato, è imprescrittibile ai sensi dell’art. 1422 c.c., potendo colpire eventualmente la prescrizione i diritti che presuppongono l’esistenza del negozio dissimulato[45].
  • Altra giurisprudenza della Cassazione[46], invece, afferma, invece che l’azione di simulazione relativa è imprescrittibile quando è diretta soltanto a dimostrare la nullità, per carenza di causa o di accordo, del negozio simulato o quando anche il negozio dissimulato e nullo. L’azione è, invece, soggetta alla prescrizione ordinaria quando l’attore non si limita a chiedere una semplice declaratoria juris, ma agisce allo scopo di realizzare gli effetti derivanti dal contratto dissimulato.

Trascrizione : la domanda se ha ad oggetto uno degli atti previsti dall’art. 2643 c.c., va trascritta ai sensi degli art. 2652 n. 4 e 2690 n. 1 c.c.

1)   La prova

art. 1417 c.c.  prova della simulazione: la prova per testimoni [2721 ss.] della simulazione è ammissibile senza limiti, se la domanda è proposta da creditori o da terzi e, qualora sia diretta a far valere l’illiceità del contratto dissimulato [1343, 1354], anche se è proposta dalle parti [164].

 

art. 2721 c.c.   ammissibilità: limiti di valore: la prova per testimoni dei contratti non è ammessa quando il valore dell’oggetto eccede euro 2,58 [disp.att. 233; c.p.c. 244 ss.].

Tuttavia l’autorità giudiziaria può consentire la prova oltre il limite anzidetto, tenuto conto della qualità delle parti, della natura del contratto e di ogni altra circostanza.

La legge non applica ai terzi o ai creditori il limite della prova testimoniale ai sensi dell’art. 2721 c.c., considerando le difficoltà che hanno i soggetti estranei al contratto simulato a procurarsi una prova scritta.

La giurisprudenza di legittimità ritiene che le limitazioni stabilite dagli artt. 1417 e 2726 c.c. alla prova testimoniale della simulazione siano dirette alla tutela esclusiva di interessi privati e, pertanto, come tali, divengono suscettibili di formare oggetto di rinuncia anche tacita delle parti interessate.

La cautela del Legislatore nei riguardi di tale genere di prova è determinata dall’intento di impedire che i rapporti giuridici tra le parti, quando sono documentalmente provati, possano essere alterati da prove per testi, appunto perché queste non offrono la stessa garanzia di veridicità di quella documentale e perché non è logico presumere che, una volta scelta la via della documentazione degli accordi contrattuali tra essi intercorsi, le parti ne abbiano affidato la modifica ad intese meramente verbali.

Così, secondo il tenore letterale della legge; ma non sono mancate pronunce giurisprudenziali[47] che hanno ammesso la prova per testi, tutte pronunce in contrasto non solo con il dettato codicistico, ma anche con pronunce di tenore diametralmente opposto[48] per le quali nell’ipotesi di simulazione relativa riguardante contratto per il quale sia necessaria la forma scritta ad substantiam, quale una compravendita immobiliare, la prova della simulazione, traducendosi nella dimostrazione del presunto negozio dissimulato, può essere data solo a mezzo di atto scritto, e cioè con un documento contenente la controdichiarazione sottoscritta, salva la prova testimoniale per la sola ipotesi di perdita incolpevole del documento, ai sensi dell’articolo 2724, comma 3, del c.c.[49].

A risolvere il contrasto giurisprudenziale è intervenuta la Cassazione a sezioni Unite[50] per ribadire che in tema di simulazione relativa parziale inerente a una compravendita immobiliare, non è ammissibile inter partes la prova testimoniale in ordine all’ammontare del prezzo.

La Suprema Corte, Sezioni Unite civili, ha superato il contrasto giurisprudenziale che si era creato in passato intorno al rapporto tra simulazione e prova testimoniale.

La questione affrontata nel caso di specie dai giudici riguarda, in particolare, l’ipotesi in cui, indicato nel contratto preliminare un prezzo diverso da quello determinato nel definitivo, la parte, intenzionata a dimostrare la simulazione di quest’ultimo, possa o meno essere legittimata a pretendere l’ammissione della prova testimoniale ex art. 2724 c.c.

Il punto di partenza di questa posizione è l’art. 2722 c.c., il quale prescrive l’inammissibilità della prova per testi che sia volta a dimostrare l’esistenza di patti contrari o aggiunti al contenuto di un documento, adottati in epoca anteriore o contemporanea alla stilatura del documento stesso.

Quando la prova tra le parti della simulazione di un contratto documentale esula dall’ambito applicativo dell’art. 1417 c.c., ovvero non riguarda l’illiceità del contratto dissimulato, incontra i limiti di prova dettati dagli artt. 2721 ss., i quali operano anche nel caso di simulazione parziale, se questa si traduce nell’allegazione di un accordo ulteriore e diverso da quello risultante dal contratto. La determinazione del prezzo ha di certo una rilevanza centrale nell’economia degli interessi regolati mediante un contratto di compravendita. Il prezzo è ritenuto un elemento essenziale della vendita e come tale deve risultare per iscritto e per intero quando per il contratto è prevista la forma scritta ad substantiam. In sostanza la prova per testimoni del prezzo dissimulato di una vendita immobiliare non riguarda un elemento accessorio del contratto, in relazione al quale non opera il divieto di cui all’art. 2722 c.c., ma piuttosto un elemento essenziale, con conseguente applicabilità delle limitazioni in tema di prova previste da tale disposizione.

Per recente Cassazione, successiva alle sezioni unite

Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 23 dicembre 2014, n. 27358

in tema di simulazione, il curatore del fallimento che agisca in rappresentanza del fallito (nella specie per ottenere il pagamento di un residuo suo credito derivante da un contratto di appalto concluso dall’imprenditore “in bonis”), e non della massa dei creditori, non può provare per testimoni la simulazione della quietanza di pagamento rilasciata dal primo alla controparte contrattuale ( Cass. Sentenza n. 7263 del 22/03/2013; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 508 del 15/01/2003 ). Circa l’estensione al pagamento del divieto, sancito dall’art. 2722 del c.c., di provare con testimoni patti aggiunti o contrari al contenuto del documento contrattuale, deve escludersi l’ammissibilità della prova testimoniale per provare la simulazione di siffatta circostanza ovvero della quietanza contenuta nell’atto. Non è ammissibile – così ha statuito questa S.C. – la prova testimoniale diretta a dimostrare la simulazione assoluta della quietanza, che dell’avvenuto pagamento costituisce documentazione scritta, ostandovi l’art. 2726 c.c., il quale, estendendo al pagamento il divieto, sancito dall’art. 2722 dello stesso codice, di provare con testimoni patti aggiunti o contrari al contenuto del documento contrattuale, esclude che con tale mezzo istruttorio possa dimostrarsi l’esistenza di un accordo simulatorio concluso allo specifico fine di negare l’esistenza giuridica della quietanza, nei confronti della quale esso si configura come uno di quei patti, anteriori o contestuali al documento, che, appunto, il combinato disposto dei citati artt. 2722 e 2726 vieta di provare con testimoni in contrasto con la documentazione scritta di pagamento. ( Cass. S.U. Sentenza n. 6877 del 13/05/2002) .

Per ultima Cassazione, poi,

Corte di Cassazione, sezione I civile, sentenza 3 giugno 2016, n. 11467

in materia di simulazione, il principio di prova scritta, che, ai sensi dell’art. 2724 n. 1 c.c., consente eccezionalmente la prova per testi, deve consistere in uno scritto, proveniente dalla persona contro la quale la domanda è diretta, diverso dalla scrittura le cui risultanze si intendono sovvertire con la prova testimoniale e contenente un qualche riferimento al patto che si deduce in contrasto con il documento, tale da lasciar argomentare che l’asserzione della parte circa la circostanza da provare abbia un qualche fondamento di veridicità. Non può pertanto desumersi un principio di prova scritta dallo stesso atto impugnato per simulazione, nessun riferimento o collegamento logico ricorrendo, in contrasto con il documento, tra il negozio asseritamente simulato e quello sottostante

È bene a tal’uopo riportare i contrasti giurisprudenziali precedenti alla pronuncia delle sezioni unite

GIURISPRUDENZA IN MERITO ALL’INAMMISSIBILITÀ DELLA PROVA TESTIMONIALE NELLA SIMULAZIONE

Secondo una prima pronuncia[51] in caso di simulazione relativa riguardante un contratto per il quale sia richiesta la forma scritta ad substantiam, la prova dell’accordo simulatorio, traducendosi nella dimostrazione del negozio dissimulato, dev’essere data, ai sensi dell’art. 2725 c.c., mediante atto scritto, cioè con un documento contenente la controdichiarazione sottoscritta dalle parti, e comunque dalla parte contro la quale esso sia fatto valere in giudizio, con salvezza della prova testimoniale nella sola ipotesi, prevista dall’art. 2724, n. 3, c.c. di perdita incolpevole del documento.

Il documento che può costituire principio di prova per iscritto (art. 2724, n. 1, c.c.), sì da consentire l’ammissione della prova testimoniale per accertare, tra le par ti, la simulazione assoluta (art. 1417 c.c.) di un contratto con forma scritta ad substantiam, deve provenire dalla controparte, e non dalla par te che chiede la prova, né da un terzo

Per altra sentenza[52] la pattuizione di un prezzo di vendita diverso da quello apparente indicato nel documento contrattuale non può, nei rapporti tra le parti, essere oggetto di prova per testi, giacché i limiti alla prova testimoniale di cui all’art. 2722 c.c. operano anche in presenza di una simulazione soltanto parziale, ogni qual volta questa si traduca nell’allegazione di un accordo ulteriore e diverso da quello risultante dal contratto, comunque destinato a modificare l’assetto degli interessi negoziali riportato nel documento sottoscritto dalle parti.

Ancora per altra decisione[53] il documento che può costituire principio di prova per iscritto (art. 2724, n. 1, c.c.) sì da consentire l’ammissione della prova testimoniale per accertare, tra le parti, la simulazione assoluta di un contratto con forma scritta ad substantiam deve provenire dalla controparte e non dalla par te che chiede la prova, né da un terzo, e non è necessario un riferimento preciso al fatto controverso ma l’esistenza di un nesso logico tra lo scritto e il fatto stesso, da cui scaturisca la verosimiglianza del secondo. L’accertamento circa la sussistenza e l’idoneità di un principio di prova scritta a rendere verosimile il fatto allegato costituisce un apprezzamento di merito, insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato.

In tema di prova della simulazione di contratti di compravendita di immobili, che esigono la forma scritta ad substantiam, la limitazione della prova testimoniale e per presunzioni, derivante dall’art. 1417 c.c., non osta all’ammissibilità dell’interrogatorio formale tra le parti, in quanto diretto a provocare la confessione del soggetto cui è deferito, se sia rivolto a dimostrare la simulazione assoluta del contratto, essendo in tal caso oggetto del mezzo di prova l’inesistenza della compravendita immobiliare; l’indagine volta a verificare se l’interrogatorio abbia provocato la confessione giudiziale della simulazione assoluta attiene al merito e, se adeguatamente e congruamente motivata, è insindacabile in sede di legittimità.

Principio ripreso pedissequamente da altra ultima pronuncia della S.C.

Corte di Cassazione, sezione 6 febbraio 2014, n. 2725

secondo la quale in tema di prova della simulazione di contratti di compravendita di immobili, che esigono la forma scritta ad substantiam, l’interrogatorio formale, in quanto diretto a provocare la confessione del soggetto cui è deferito, è ammissibile anche tra le parti solo se sia rivolto a dimostrare la simulazione assoluta del contratto, perché in tal caso oggetto del mezzo di prova è l’inesistenza della compravendita immobiliare, e non anche se il mezzo probatorio tenda a dimostrare la simulazione relativa del contratto stesso Da tale premessa consegue che vertendosi pacificamente nella specie in ipotesi di simulazione assoluta, le limitazioni poste dall’art. 1417, comma 2, c.c. non riguardano l’interrogatorio formale (in precedenza Cass. n. 13584 del 1991) ma solo la prova testimoniale e, correlativamente (ai sensi dell’art. 2729, comma 2, c.c.) e quella per presunzioni, essendo l’interrogatorio formale un mezzo di prova diretto ad ottenere l’effetto legale tipico della confessione.

Secondo ancora l’orientamento[54] “inammissibile” qualora la domanda di simulazione sia proposta da una delle par ti e tenda all’accertamento del negozio dissimulato del quale non si assume l’illiceità, non è ammessa la prova testimoniale dell’accordo simulatorio, in quanto volta a provare un patto contrario, contestuale alla conclusione del contratto asseritamene simulato.

Andando a ritroso altra decisione affermava[55] che in tema di contratto simulato, se il negozio è stato redatto per iscritto, tra le par ti trova applicazione la regola generale della limitazione dell’ammissibilità della prova testimoniale; ne consegue che la prova della simulazione, sia essa assoluta o relativa, può essere data soltanto mediante controdichiarazione.

Ulteriore provvedimento della medesima Cassazione[56], così stabiliva: nel caso in cui sia allegata la simulazione relativa di un contratto, poiché viene in rilievo l’esistenza e la validità del negozio dissimulato, la dimostrazione della simulazione incontra, oltre alle normali limitazioni legate all’ammissibilità della prova testimoniale e di quella per presunzioni, anche quella, più rigorosa, stabilita dall’art. 2725 c.c., secondo il quale la prova testimoniale di un negozio per il quale è richiesta la forma scritta a pena di nullità è consentita solo nell’ipotesi di smarrimento incolpevole del documento, contemplata nell’art. 2724, n. 3, c.c., e non anche nelle altre ipotesi di cui al n. 1 e 2 dello stesso articolo.

Infine la pronuncia[57] più datata riteneva che in tema di prova della simulazione, la controdichiarazione sottoscritta dai soli venditori (e destinata a documentare la simulazione del prezzo dichiarato rispetto a quello realmente versato) non può legittimamente considerarsi dichiarazione unilaterale non destinata a persona determinata – per la quale il comma 2 dell’art. 2704 c.c. prevede l’esonero dalle rigorose forme di accertamento di cui al comma 1 – essendo, per converso, funzionalmente diretta alla controparte del negozio, con la conseguenza che la richiesta di prova testimoniale circa la data delle suddette controdichiarazioni deve ritenersi inammissibile.

GIURISPRUDENZA IN MERITO ALL’AMMISSIBILITA’ DELLA PROVA TESTIMONIALE NELLA SIMULAZIONE

Per ultima pronuncia[58] nell’ipotesi di simulazione relativa parziale, il contratto conserva inalterati i suoi elementi, a eccezione di quello interessato dalla simulazione, con la conseguenza che, non essendo il contratto né nullo né annullabile, ma soltanto inefficace tra le par ti, gli elementi negoziali interessati dalla simulazione possono essere sostituiti o integrati con quelli effettivamente voluti dai contraenti. Pertanto, la prova per testimoni della pattuizione di celare una par te del canone di un contratto di locazione non incontra fra le parti i limiti dettati, dall’art. 1417 c.c. né contrasta col divieto posto dall’art. 2722 c.c., in quanto una tale pattuizione non può essere equiparata, per mancanza di una propria autonomia strutturale o funzionale, all’ipotesi di dissimulazione del contratto, sicché la prova relativa ha scopo e natura semplicemente integrativa e può a tale stregua risultare anche da deposizioni testimoniali o presunzioni. Ancora per la giurisprudenza[59] “permissiva” nell’ipotesi di simulazione relativa parziale, il contratto conserva inalterati i suoi elementi, a eccezione di quello interessato dalla simulazione, con la conseguenza che, non essendo il contratto né nullo né annullabile, ma soltanto inefficace tra le parti, gli elementi negoziali interessati dalla simulazione possono essere sostituiti o integrati con quelli effettivamente voluti dai contraenti. Pertanto la prova per testimoni della simulazione del prezzo della vendita non incontra fra le parti i limiti dettati dall’art. 1417 c.c. né contrasta col divieto posto dall’art. 2722 c.c., in quanto la pattuizione di celare una par te del prezzo non può essere equiparata, per mancanza di una propria autonomia strutturale o funzionale, all’ipotesi di dissimulazione del contratto, così che la prova relativa ha scopo e natura semplicemente integrativa e può per tanto risultare anche da deposizioni testimoniali.

Sempre in merito all’ammissibilità altra decisione[60] stabiliva che nell’ipotesi di simulazione relativa parziale, qualora l’accordo simulatorio investa uno degli elementi del contratto, e cioè il prezzo di una compravendita immobiliare, il contratto non perde la sua connotazione peculiare, ma conserva inalterati gli altri suoi elementi, con la conseguenza che, non essendo il contratto in tali termini simulato né nullo né annullabile ma soltanto inefficace tra le parti, gli elementi negoziali interessati dalla simulazione possono essere sostituiti o integrati con quelli effettivamente voluti dai contraenti. Pertanto, la prova per testimoni del prezzo effettivo della vendita, versato o ancora da corrispondere, non incontra, tra alienante e acquirente, i limiti dettati dall’art. 1417 c.c. in tema di simulazione né contrasta col divieto posto dall’art. 2722 dello stesso codice, in quanto la pattuizione di celare una parte del prezzo non può essere equiparata, per la mancanza di una propria autonomia strutturale o funzionale, all’ipotesi di dissimulazione del contratto, sicché la prova relativa ha scopo e natura semplicemente integrativa, potendo risultare anche da una mera dichiarazione unilaterale del compratore.

Per una pronuncia[61] non molto recente qualora il venditore di un immobile agisca contro l’acquirente, per far valere un accordo (sottostante) circa la determinazione del prezzo secondo criteri diversi da quelli fissati nel contratto scritto (nella specie, versamento di una somma inferiore a quella indicata nel contratto, ma successiva integrazione di essa con percentuali sui ricavi di costruende abitazioni), deve escludersi l’operatività delle limitazioni poste dall’art. 1414 comma 2, c.c., con riguardo al caso in cui le parti abbiano concluso un negozio diverso da quello apparente, atteso che il suddetto accordo configura un’ipotesi di simulazione inerente solo al contenuto della singola clausola, rispetto alla quale non sussiste un’esigenza di forma scritta del patto dissimulato, già assolta dal documento di cui si assume la simulazione (limitatamente alla clausola medesima). (Nella specie la Suprema Corte ha anche ritenuto che era rimasto superato il limite della relativa prova testimoniale ex art. 2723 c.c. per il venir meno del contenuto simulato del contratto scritto a seguito della concorde ammissione della sua simulazione da parte dei contraenti).

In merito è opportuno affrontare un breve excursus delle decisioni di merito.

Per ultima pronuncia della Corte d’Appello dell’Aquila[62], qualora un contratto sia stato concluso per atto pubblico, non può per questo escludersi la prova della sua simulazione, atteso che la sua efficacia probatoria riguarda la provenienza delle dichiarazioni e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza, ma non l’intrinseca verità e sincerità delle dichiarazioni, né la rispondenza dei fatti alla vera e concreta intenzione delle parti.

Ed infatti, laddove venga accertata la simulazione di un contratto di compravendita concluso per atto pubblico, ciò non implica alcuna falsità dell’atto pubblico nel quale il prezzo pattuito risulta indicato come versato, giacché non si risolve in una smentita del fatto verificatosi alla presenza del pubblico ufficiale e da costui correttamente certificato nel rogito, bensì nell’affermazione implicita che quel versamento faceva parte dell’apparenza finalizzata ad ingannare i terzi. Parimenti, risultano irrilevanti, al fine di escludere la simulazione, anche il compimento degli adempimenti dovuti ex lege in relazione al contratto di compravendita, quali la registrazione ed il pagamento delle relative imposte. Alla luce delle sopra menzionate considerazioni, nel caso concreto, si è rigettato l’appello con cui gli appellanti, tutti parti acquirenti degli atti di compravendita annullati per simulazione assoluta nel giudizio di prime cure, hanno censurato tale decisione sull’erroneo presupposto che non potesse ravvisarsi alcuna simulazione, atteso, da un lato, che gli atti di compravendita, essendo stati stipulati con la forma degli atti pubblici, facevano prova fino a querela di falso anche dell’avvenuto pagamento del prezzo, e dall’altro lato, che tali atti erano stati regolarmente registrati, con il relativo pagamento degli oneri all’uopo necessari.

Inoltre per altra decisione[63] nel giudizio avente ad oggetto un’ipotesi di simulazione assoluta fatta valere dai creditori del simulato alienante, è necessario che questi alleghino, come fatto di legittimazione, uno specifico credito, in quanto il pregiudizio del diritto costituisce il presupposto dell’azione stessa, il quale deve sussistere nel momento iniziale di proposizione della domanda ed in quello successivo della decisione. In circostanze siffatte, inoltre, non è richiesta la liquidità ed esigibilità del credito fatto valere, in quanto si ritiene che il titolare di un credito privo di tali caratteristiche ha, in ogni caso, interesse a prevenire il danno che potrebbe derivargli dall’atto simulato nel momento in cui il credito stesso si rendesse esigibile. (Fattispecie avente ad oggetto un credito risarcitorio derivante da sinistro stradale non ancora determinato nel suo ammontare al momento della proposizione della domanda introduttiva del presente giudizio, ma determinato successivamente ed in un ammontare di notevole entità. All’uopo, avendo il credito, divenuto liquido ed esigibile, superato il vaglio dei Giudici di merito, a nulla rileva, ai fini dell’ammissibilità della proposta domanda di simulazione, l’avvenuta proposizione del ricorso per Cassazione da parte degli appellati, il cui atti di compravendita, accertato il pregiudizio arrecato alle legittime ragioni creditorie, devono essere dichiarati inefficaci nei confronti degli odierni appellanti).

2)   Questioni processuali

  • Petitum e causa petendi

Per la S.C.[64] l’azione di simulazione del contratto per interposizione fittizia di persona[65] e quella diretta all’accertamento dell’interposizione reale sono fondate su situazioni di fatto del tutto distinte, hanno finalità e presupposti diversi, petitum e causa petendi difformi, tema di indagine e di decisione distinti. Infatti, nella prima si ha una simulazione soggettiva e l’interposto figura soltanto come acquirente, mentre gli effetti del negozio si producono a favore dell’interponente; nella seconda, invece, non esiste simulazione, in quanto l’interposto, d’accordo con l’interponente, contratta con il terzo in nome proprio ed acquista effettivamente i diritti nascenti dal contratto, salvo l’obbligo, derivante dai rapporti interni, di ritrasferire i diritti, in tal modo acquistati, all’interponente. Ne consegue che l’intervenuto giudicato su una precedente azione di simulazione del contratto per interposizione fittizia di persona non preclude la proposizione di una nuova domanda fondata sulla interposizione reale e che la proposizione dell’una non interrompe il termine di prescrizione dell’altra.

Ancora secondo altra massima[66] l’azione di simulazione del contratto per interposizione fittizia di persona e quella diretta all’accertamento dell’interposizione reale sono fondate su situazioni di fatto del tutto distinte, hanno finalità e presupposti diversi, petitum e causa petendi difformi, tema di indagine e di decisione distinti. Infatti, nella prima si ha una simulazione soggettiva e l’interposto (nella specie, in una compravendita di bene immobile) figura soltanto come acquirente, mentre gli effetti del negozio (trasferimento della proprietà) si producono a favore dell’interponente; nella seconda, invece, non esiste simulazione, in quanto l’interposto, d’accordo con l’interponente, contratta con il terzo in nome proprio ed acquista effettivamente i diritti nascenti dal contratto, salvo l’obbligo, derivante dai rapporti interni, di ritrasferire i diritti, in tal modo acquistati, all’interponente. Ne consegue che ai fini della prova scritta dell’interposizione reale, non è necessario che la controdichiarazione scritta sia sottoscritta anche dal terzo.

Inoltre, sempre in merito al petitum, la domanda diretta alla declaratoria di inesistenza di una vendita, perché mai stipulata tra le parti, e quella volta alla declaratoria di simulazione assoluta della stessa, sono radicalmente diverse sia nel petitum che nella causa petendi, giacché nel primo caso si assume che non vi sia stato alcun incontro di volontà diretto alla stipulazione di un contratto, mentre nel secondo si presuppone, che l’incontro vi sia stato, ma che esso fosse solo apparente; pertanto, proposta con l’atto introduttivo domanda di accertamento dell’inesistenza di un contratto di compravendita, la parte non può con la comparsa conclusionale, né a maggior ragione con l’atto di appello avanzare domanda di simulazione assoluta del medesimo contratto[67].

  • Litisconsorzio

Il giudizio relativo all’accertamento della simulazione del contratto dedotto in via di azione deve, di massima, svolgersi nel contraddittorio di tutte le parti del contratto stesso, essendo la declaratoria della simulazione destinata a produrre effetti nei confronti di tutti i soggetti del rapporto che nel negozio impugnato abbia la sua fonte[68].

Qualora la simulazione sia dedotta mediante azione, anche se in via riconvenzionale, e non opposta soltanto in via di eccezione, il giudizio di accertamento non può avvenire incidenter tantum e richiede necessariamente il contraddittorio di tutti i soggetti che sono stati partecipi dell’accordo simulatorio[69].

In altre parole sussiste litisconsorzio necessario fra tutti i partecipi dello accordo simulatoria nel giudizio avente ad oggetto l’azione di simulazione che in genere implica, attraverso il duplice accertamento dell’apparenza del negozio simulato e dell’esistenza di quello effettivamente voluto dalle parti, il mutamento della situazione giuridica, il quale deve necessariamente spiegare i suoi effetti nei confronti di tutti i soggetti che hanno concorso a porlo in essere[70].

Pertanto nella ipotesi di domanda di accertamento della simulazione relativa di una vendita per interposizione fittizia dell’acquirente, contraddittore necessario nel relativo giudizio è con l’apparente compratore anche il venditore la cui dichiarazione di volontà, manifestata nel contratto, spiega i suoi effetti nei confronti del contraente dissimulato anziché di quello interposto.

Anche se contrariamente la stessa Cassazione[71], con una pronuncia recente, ha affermato che nella simulazione relativa della compravendita per interposizione fittizia dell’acquirente, non è indispensabile la presenza in giudizio del venditore, in qualità di litisconsorte necessario nella controversia promossa dal terzo creditore nei confronti dell’acquirente dissimulato e dell’acquirente interposto, ove il contratto sia stato integralmente eseguito nei confronti del venditore medesimo e sia, conseguentemente, escluso ogni suo interesse a conservare quale contraente la persona interposta, anziché la persona reale, partecipe effettiva del negozio.

Una soluzione intermedia è stata trovata da altra pronuncia[72] secondo la quale il contraddittorio nel giudizio tra tutti i partecipanti, od i loro eredi, all’atto impugnato per simulazione è necessario solo quando la nullità che ne deriva all’atto venga posta a fondamento dell’azione e non già quando il suo accertamento formi oggetto di una mera eccezione e debba essere effettuato in via incidentale e senza efficacia di giudicato.

Con ultima pronuncia il sommo collegio in adunanza plenaria, in tema di interposizione fittizia, nel derimere, pertanto, il contrasto giurisprudenziale creatosi

Corte di cassazione, sezioni unite, sentenza 14 maggio 2013, n.11523

ha pronunicato il seguente principio: nella simulazione relativa della compravendita per interposizione fittizia dell’acquirente, l’alienante non è litisconsorte necessario, se nei suoi riguardi il negozio è stato integralmente eseguito e manca ogni suo interesse a essere parte nel giudizio

Principio recepito pienamente da altra ultima sentenza della Cassazione

Corte di Cassazione, sezione VI, ordinanza  24 gennaio 2014, n. 1466

Si continua a leggere nella sentenza che nel caso di specie ne consegue che, trattandosi solo di accertare chi, fra interponente ed interposto, abbia acquistato il bene, la sentenza fra di essi pronunciata non è inutiliter data.
Essendo stato il contratto di compravendita integralmente eseguito nei confronti dei terzi venditori – né l’attuale resistente ha dimostrato l’interesse di costoro alla partecipazione al giudizio – gli stessi, nella controversia avente ad oggetto la declaratoria di simulazione relativa per interposizione fittizia – che mira a sostituire la persona interposta con il vero acquirente – si vengono a trovare in una posizione di indifferenza rispetto all’effettiva identità della persona dell’acquirente.

Con riguardo all’azione diretta a far dichiarare la simulazione di un atto di conferimento di potere rappresentativo in quanto dissimulante una vendita di immobile all’apparente procuratore, la pluralità dei comproprietari dell’immobile conferenti la procura impone la presenza di tutti in giudizio quali litisconsorti necessari allorquando la domanda miri a far accertare l’esistenza di un contratto dissimulato avente ad oggetto la vendita congiunta del bene loro appartenente pro indiviso, unitariamente considerato, e non anche nell’ipotesi in cui, venendo dedotta la simulazione quale presupposto della dichiarazione di inefficacia (contestualmente richiesta) nei confronti dell’attore del trasferimento della sola quota di uno dei comproprietari, la relativa domanda abbia ad oggetto, secondo l’incensurabile apprezzamento del giudice di merito, l’accertamento dell’esistenza di distinte seppur contestuali alienazioni delle quote di proprietà, giacché essa in tale ipotesi sotto il profilo oggettivo non si estende alla quota dell’altro comproprietario e non coinvolge quest’ultimo sotto il profilo soggettivo[73].

  • Mutamento della domanda

In tema di modificazioni della domanda giudiziale, laddove l’atto di citazione sia diretto ad ottenere il trasferimento di un determinato bene in favore dell’attore in forza dell’obbligo assunto dall’intestatario fiduciario, costituisce domanda nuova – e non semplice precisazione o modificazione della domanda già proposta, consentita in virtù della facoltà concessa alle parti dall’art. 183 c.p.c. – la richiesta volta al riconoscimento della proprietà dello stesso bene, sul presupposto del carattere fittizio dell’intestazione, discendente dalla simulazione tanto della dichiarazione di nomina da parte dello stipulante, quanto dell’accettazione della persona nominata, e ciò data la diversità tra le due anzidette fattispecie, deducendosi con la prima l’esistenza di un contratto valido ed efficace, sia pure con la costituzione a carico del fiduciario dell’obbligo di ritrasferire il bene a vantaggio del fiduciante, e con la seconda, invece, un’ipotesi di divergenza tra volontà e manifestazione[74].

Viola il divieto di ius novorum la proposizione per la prima volta in appello dell’azione di simulazione, assoluta o relativa, di un contratto, se in primo grado è stata proposta azione revocatoria, ai sensi dell’art. 2901 c.c., nei confronti del medesimo, e l’azione di simulazione non è stata proposta neppure in via subordinata, essendo del tutto diversi contenuto e finalità delle due azioni. Ed infatti la prima tende ad accertare l’esistenza di un negozio apparente ed è proponibile da chiunque vi ha interesse; la seconda ad ottenere la declaratoria di inefficacia di un contratto per ricostituire la garanzia patrimoniale del creditore[75].

  • La sentenza

In tema di simulazione, atteso il principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato, il giudice non può ritenere la simulazione se nessuna delle parti ne alleghi l’esistenza, incorrendo altrimenti nella violazione dell’art. 112 c.p.c.

Tale principio dev’essere coordinato con gli ulteriori limiti stabiliti dalla legge processuale, per effetto dei quali la simulazione, che può essere fatta valere sia in via di azione che di eccezione, nel primo caso dev’essere proposta nel giudizio di primo grado, a pena d’inammissibilità rilevabile anche d’ufficio, mentre nel secondo caso può essere riproposta anche nel giudizio di appello[76].

Poi, in base a tale principio, qualora la domanda, rivolta al riconoscimento della proprietà di un determinato bene, venga proposta sulla base della simulazione del contratto da cui il bene stesso risulti ad altra persona intestato, incorre nel vizio di ultrapetizione la sentenza che l’accolga sotto il profilo dell’interposizione reale, con il conseguente obbligo di detto intestatario di trasferire la cosa all’istante, data la diversità di tale ultima situazione, per cui non si verifica, come nella simulazione, una divergenza fra la manifestazione negoziale e l’effettiva volontà dei contraenti, ma si è in presenza di un contratto valido ed efficace, sia pure con la costituzione a carico di una delle parti dell’obbligo di provvedere ad un ulteriore trasferimento[77].

La sentenza che su domanda proposta da un terzo interessato ad eliminarne gli effetti abbia accertato o negato la simulazione di un negozio giuridico, non fa stato quanto a tale accertamento nei rapporti fra le parti del negozio simulato (o fra una di esse ed un avente causa dell’altra parte) in un successivo giudizio fra esse insorto circa l’esistenza o meno della simulazione, in quanto l’accertamento negativo o positivo intervenuto nel giudizio promosso dal terzo è intervenuto in un giudizio nel quale le parti del negozio non erano in contrasto di interessi fra loro, ma avevano l’opposto interesse a sostenere l’effettività del negozio e, sul piano probatorio, soffrivano nei rapporti fra loro la limitazione di cui all’art. 1417 c.c. (norma, del resto, la cui operatività, nei rapporti fra le parti, potrebbe essere elusa, nel caso di accordo fra una delle parti ed il terzo per l’accertamento della simulazione)[78].

Mentre, sempre per altra massima della Cassazione[79], ai sensi dell’art. 2909 c.c., l’accertamento contenuto nella sentenza che ha dichiarato la simulazione assoluta del contratto nei rapporti tra il simulato alienante ed un suo creditore, nonché nei confronti del simulato acquirente, non può essere invocato da altro creditore della medesima parte, se non sia intervenuto in quel giudizio, non rientrando egli nel novero degli “aventi causa” da una delle parti, ai sensi e per gli effetti della norma menzionata.

art. 2909 c.c.  cosa giudicata: l’accertamento contenuto nella sentenza passata in giudicato [c.p.c. 324] fa stato a ogni effetto tra le parti, i loro eredi o aventi causa

  • I rapporti con l’azione revocatoria

Per la S.C. [80] l’azione di simulazione e quella revocatoria sono del tutto diverse per contenuto e finalità: infatti la prima mira ad accertare l’esistenza di un negozio apparente in quanto insussistente (simulazione assoluta) o la declaratoria di nullità; la seconda tende ad ottenere la declaratoria di inefficacia di un contratto esistente e realmente voluto, previo accertamento dell’eventus damni e, nei negozi a titolo oneroso, anche dell’esistenza del consilium fraudis, elementi da cui si prescinde nella simulazione. Inoltre il contratto simulato si differenzia anche dal contratto in frode alla legge, che è una specie del contratto indiretto, caratterizzato dal fatto che lo scopo ulteriore perseguito dalle parti (il contratto fine) è illecito, sebbene sia possibile raggiungere il medesimo scopo illecito attraverso le due diverse vie della simulazione e del negozio indiretto.

L’azione di simulazione (assoluta o relativa) e quella revocatoria, pur diverse per contenuto e finalità, possono essere posposte entrambe nello stesso giudizio in forma alternativa tra loro o, anche, eventualmente in via subordinata l’una all’altra, senza che la possibilità di esercizio dell’una precluda la proposizione dell’altra. L’unica differenza tra la formulazione delle due domande in via alternativa, piuttosto che in via subordinata una all’altra, risiede esclusivamente nella circostanza che, nel primo caso, è l’attore a rimettere al potere discrezionale del giudice la valutazione delle pretese fatte valere sotto una species iuris piuttosto che l’altra, mentre nella seconda ipotesi si richiede, espressamente, che il giudice prima valuti la possibilità di accogliere una domanda e, solo nell’eventualità in cui questa risulti infondata (o, comunque, da rigettare), esamini l’ulteriore richiesta[81].

Le due azioni hanno in comune, però, come da ultima pronuncia di merito[82], il fatto  che l’insorgere della qualità di creditore, legittimante la proposizione delle azioni ex artt. 1415 o 2901 c.c., ben può avere luogo sulla base di un credito eventuale in veste di credito litigioso. Il giudizio avente ad oggetto l’accertamento del credito suddetto, per la cui conservazione è stata proposta l’azione di simulazione/revocatoria, tuttavia, non è soggetto a sospensione ex art. 295 c.p.c., ovvero alla necessaria riunione ex art. 274, comma secondo, c.c., in quanto la definizione del giudizio sull’accertamento del credito non costituisce antecedente logico-giuridico della pronuncia sulla domanda di simulazione o revocatoria. In circostanze siffatte, invero, il conflitto tra giudicati è reso impossibile dal fatto che la sentenza dichiarativa della inefficacia dell’atto dispositivo nei confronti del creditore, in seguito all’accoglimento della revocatoria, non costituisce titolo sufficiente per far luogo ad esecuzione nei confronti del terzo acquirente, rivelandosi all’uopo necessario che il creditore disponga anche di un titolo sulla esistenza del credito, del quale può legittimamente munirsi solo nella causa relativa al credito medesimo. Avuto riguardo al caso concreto, riconosciuta, per quanto innanzi, l’astratta legittimazione degli attori ad agire a tutela del credito eventualmente scaturente dalle domande restitutorie e risarcitorie, l’avvenuto accertamento in ordine all’anzidetto diritto di credito determina, tuttavia, la reiezione nel merito delle domande di simulazione e revocatoria.

Infine, sempre per altra decisione di merito[83], le azioni di simulazione e revocatoria possono trovare ingresso simultaneamente nello stesso giudizio posta la acclarata diversità in ordine a contenuto ed a finalità. Se, invero, l’azione di simulazione è essenzialmente volta all’accertamento dell’esistenza di un negozio apparente in quanto inesistente (nell’ipotesi di simulazione assoluta), l’azione revocatoria è, invece, volta a rendere privo di efficacia un negozio, esistente e realmente voluto, in seguito all’accertamento dell’eventus damni, inteso come pregiudizio alla garanzia di un credito, e il consiluim fraudis, quale conoscenza del debitore e, per i contratti a titolo oneroso, del terzo del pregiudizio arrecato dall’atto alle ragioni creditorie, presupposti, questi, dai quali, nelle ipotesi di simulazione, si prescinde. La proposizione di entrambe le relative domande, quindi, può avvenire tanto in via alternativa quanto subordinata senza che possano rispettivamente precludersi il valido ingresso in giudizio. Nel primo caso si chiederà al Giudice, rimettendosi all’esercizio del potere discrezionale che gli è proprio, di qualificare la pretesa azionata sotto la species iuris più appropriata, nel secondo, invece, si chiederà una valutazione circa l’accoglibilità della prima istanza avanzata, respinta la quale il Giudice è tenuto ad esaminare l’ulteriore richiesta.

F)  Ambito

Qualsiasi contratto tipico è suscettibile di essere simulato.

A) Per gli atti unilaterali si deve tener presente che la necessità di  un accordo simulatorio presuppone quanto meno un rilievo bilaterale della vicenda.

Il motivo più profondo del limite posto dal 3 co dell’art. 1414 c.c.(<Le precedenti disposizioni si applicano anche agli atti unilaterali destinati a una persona determinata (recettizio), che siano simulati per accordo tra il dichiarante e il destinatario (164).>) sta nel fatto che l’atto non recettizio è destinato, di solito, a produrre effetto verso la generalità dei consociati e, pertanto, tale effetto non è dominabile da un’intesa simulatoria tra il dichiarante e un singolo terzo.

Pertanto sarà suscettibile di simulazione la remissione del debito e non, invece la rinunzia all’eredità.

B)Non è configurabile la simulazione di una società di capitali.

Gli intenti simulatori –

A)       si costituisce una società per azioni che funga da semplice paravento, allo scopo di imputarle tutte le attività che, in realtà, i soci intendono compiere direttamente;

B)       la società viene costituita al solo scopo d’intestarle beni di vario genere, che in realtà acquistati e goduti dai soci in regime di comunione ordinaria;

C)       quando tutte le azioni appartengono ad un solo socio, essendo gli altri soci semplici intestatari fiduciari.

In tutte e tre le ipotesi deriva che, una volta iscritta la società nel registro delle imprese, non può più esserne dichiarata la simulazione poiché la società inizia la sua vita come persona giuridica con la propria attività.

La società una volta iscritta nel registro delle imprese, è nata come autonomo soggetto di diritti dotato di una propria autonomia patrimoniale e vive di vita propria. Inoltre, l’attività sociale si svolge regolarmente e realmente – di conseguenza, non è possibile far dichiarare la simulazione di una società che esiste ed opera a tutti gli effetti.

Infine, le ipotesi di nullità della S.p.A. sono tassative e tra esse non è prevista la simulazione.

Quanto alla terza ipotesi non sarà possibile dichiarare nulla la società per simulazione, essendo possibile solo esperire un’azione diretta a far dichiarare l’intestazione fittizia delle azioni per farne riconoscere la reale titolarità in capo ad un solo socio.

Per la S.C.[84] non è configurabile la simulazione dell’atto costitutivo di società di capitali (nella specie, società a responsabilità limitata), in ragione delle inderogabili formalità che assistono la creazione e l’organizzazione dell’ente, in forza di un contratto sociale non solo regolatore degli interessi dei soci ma, nel contempo, atteggiato come norma programmatica dell’agire sociale, la cui sfera è destinata ad interferire con interessi estranei ai contraenti, donde il rilievo preminente della tutela dei terzi e l’irrilevanza, dopo l’iscrizione della società nel registro delle imprese e la nascita del nuovo soggetto giuridico, della reale volontà dei contraenti manifestata nella fase negoziale. Tale fondamento, espressione del valore organizzativo dell’ente, è sotteso all’art. 2332 c.c., imponendosi dunque una lettura restrittiva dei casi di nullità della società da esso previsti, in nessuno dei quali è, quindi, riconducibile la simulazione. (Principio enunciato in fattispecie anteriore alla riforma di cui al d.lgs. n. 6 del 2003).

Precedentemente la stessa Cassazione[85] ha affermato che  i soci, assecondando un patto fiduciario, partecipando in proprio, anche se per conto di un solo fiduciante, all’atto costitutivo di una società per azioni, dando così luogo ad una interposizione reale di persona, non possono essere, nel medesimo atto, sottoscrittori soltanto fittizi del capitale sociale al fine di assumere la veste di intestatari fittizi delle azioni rappresentative di tale capitale e di acquistare, così, in virtù di un patto fiduciario di tipo germanico, soltanto la legittimazione all’esercizio dei diritti incorporati nelle azioni e non anche la titolarità sostanziale delle stesse.

 

C) Per gli atti giuridici in senso stretto deve escludersi la simulazione.

Atteso infatti che gli effetti in tal caso sono ricollegati dalla legge automaticamente e immediatamente al verificarsi dell’atto non sarebbe possibile concepirne la simulazione.

D)   Il testamento

La dottrina ritiene che la simulazione non sia applicabile al testamento, prevalentemente perché si tratta di negozio unilaterale non recettizio.

E)    Donazione

 

Ammissibile

Qualora l’azione di simulazione venga esercitata in funzione della riduzione della donazione che si asserisce dissimulata, il termine prescrizionale decorre dalla data di apertura della successione.

Viceversa, se la declaratoria di simulazione è richiesta non per far valere il diritto alla quota di riserva, ma solo allo scopo dell’acquisizione del bene oggetto della donazione alla massa ereditaria, in vista della determinazione delle quote dei condividenti e senza che venga addotta alcuna lesione di legittima, il termine di prescrizione dell’azione decorre dal compimento dell’atto che si assume simulato[86].

 

F)       La rendita vitalizia

Ammissibile

Difatti per ultima sentenza della S.C.[87] la sproporzione di valore tra un vitalizio alimentare e la cessione da parte sua di un immobile depone per la simulazione del contratto.

G)      I titoli di credito

Ad esempio per le cc.dd. cambiali di favore – interessato trae una cambiale per un soggetto compiacente (il favorente) che accetta e diventa, così, obbligato principale al pagamento, mentre il traente (favorito), con l’emissione del titolo, resta debitore in regresso – si chiede se il terzo giratario della cambiale possa eccepire o non la simulazione.

La dottrina e la giurisprudenza prevalente, seguono la  tesi negativa, basandosi soprattutto sulla natura astratta della causa cambiaria, per cui non può giuridicamente concepirsi una simulazione assoluta per mancanza di causa.

H)      Il matrimonio

Ammissibilità della simulazione del matrimonio – giovani straniere che contraggono matrimonio per il solo fine di acquisire la cittadinanza del paese ospitante.

La simulazione del matrimonio diverge, nella sua disciplina, dall’istituto considerato nell’art. 1414 ss. perché l’azione non è imprescrittibile in quantoè previsto nel 2 co dell’art. 123 il termine di 1 anno.

art. 123 c.c.    simulazione: il matrimonio può essere impugnato da ciascuno dei coniugi quando gli sposi abbiano convenuto di non adempiere agli obblighi e di non esercitare i diritti da esso discendenti.

L’azione non può essere proposta decorso un anno dalla celebrazione del matrimonio ovvero nel caso in cui i contraenti abbiano convissuto come coniugi successivamente alla celebrazione medesima.

Mentre pur non potendosi dubitare della natura negoziale (quand’anche non contrattuale) dell’accordo che dà sostanza e fondamento alla separazione consensuale tra coniugi, e pur non essendo ravvisabile, nell’atto di omologazione, una funzione sostitutiva o integrativa della volontà delle parti o di governo dell’autonomia dei coniugi, è da escludere l’impugnabilità per simulazione dell’accordo di separazione una volta omologato, giacché l’iniziativa processuale diretta ad acquisire l’omologazione, e quindi la condizione formale di coniugi separati, con le conseguenti implicazioni giuridiche, si risolve in una iniziativa nel senso della efficacia della separazione che vale a superare il precedente accordo simulatorio, ponendosi in antitesi con esso, essendo logicamente insostenibile che i coniugi possano «disvolere» con detto accordo la condizione di separati ed al tempo stesso «volere» l’emissione di un provvedimento giudiziale destinato ad attribuire determinati effetti giuridici a detta condizione[88].

 

I)        La data di un atto

Discussa è la possibilità di simulare una data di un atto, dal momento che si tratta di una dichiarazione di scienza.

La giurisprudenza ha risposto affermativamente precisando che tale soluzione affermativa s’impone riguardo allo scopo perseguito delle parti, ossia lo spostamento temporale della decorrenza degli effetti negoziali, con possibili ulteriori modificazioni patrimoniali –

Per autorevole autore[89] anche la data contrattuale, appare suscettibile di simulazione e deve comunque rilevarsi che, a prescindere dalla simulazione o meno della data, trova applicazione la regola secondo la quale la data della scrittura privata è computabile dal giorno della registrazione o dal verificarsi di fatti che l’attestino in maniera rigorosa.

 

 

G) Gli effetti rispetto ai terzi

art 1415  c.c.  effetti della simulazione rispetto ai terzi :  la simulazione non può essere opposta  né dalle parti contraenti, né dagli aventi causa o dai creditori del simulato alienante, ai terzi  che in buona fede hanno acquistato diritti dal titolare apparente, salvi gli effetti della trascrizione della domanda di simulazione.

I terzi possono far valere la simulazione ( per il principio dell’apparenza) in confronto delle parti quando essa pregiudica i loro diritti.

Esempio – Tizio vende simulatamene il fondo Tuscolano a Caio e questi, approfittando dell’apparente titolarità del bene lo rivenda a Mevio che si è fidato dell’apparenza risultante dal falso titolo di acquisto.

A rigore, Mevio non dovrebbe diventare proprietario del bene perché ha comprato a non domino, ma la legge tutela il suo affidamento.

Il terzo è in mala fede quando, al tempo del suo acquisto, abbia avuto la semplice conoscenza della simulazione del titolo del proprio autore.

Tuttavia la giurisprudenza ha mutato indirizzo, ritenendo che il terzo è in mala fede solo quando vi sia stata collusione con il suo dante causa attraverso un piccolo accordo.

Al fine di integrare il requisito della mala fede necessario ai sensi dell’art. 1415 c.c. per opporre la simulazione al terzo che abbia acquistato dal titolare apparente, non è sufficiente la mera scienza della simulazione, richiedendosi che il terzo abbia proceduto all’acquisto per effetto della simulazione, nel senso che, accordandosi con il titolare apparente, abbia inteso favorire il simulato alienante per consolidare rispetto agli altri terzi lo scopo pratico perseguito con la simulazione, ovvero abbia voluto personalmente profittare della simulazione stessa in danno del simulato alienante[90].

Ultima decisione di merito[91] ha previsto che al fine di integrare il requisito della malafede, necessario per opporre la simulazione al terzo che abbia acquistato dal titolare apparente, non è sufficiente la mera scienza della simulazione, ma si richiede che il terzo abbia proceduto all’acquisto per effetto della simulazione, nel senso che, accordandosi con il titolare apparente, abbia inteso favorire il simulato alienante, per consolidare rispetto ai terzi lo scopo pratico perseguito con la simulazione, ovvero abbia voluto profittare della simulazione stessa in danno del simulato alienante.

Il vero proprietario (falso venditore) può difendersi (rectius rendendo inefficace la vendita tra il falso acquirente ed il terzo) trascrivendo la domanda di simulazione nei confronti del falso acquirente (prima della trascrizione della seconda vendita che nell’esempio di cui sopra è stata trascritta da Mevio) ove, naturalmente si tratti di beni immobili o di beni mobili iscritti in pubblici registri.

In tal modo Mevio è messo in grado di conoscere l’esistenza della simulazione e, perciò, la sentenza che pronuncerà la simulazione sarà a lui opponibile.

Si discute se la trascrizione della domanda di simulazione valga ad escludere la buona fede del terzo.

  • secondo una parte della dottrina[92] la risposta deve essere affermativa, poiché i registri immobiliari sono pubblici e il terzo ha l’onere di consultarli per verificare la situazione del bene che si accinge ad acquistare.
  • Altra parte della dottrina[93], al contrario, sostiene che la trascrizione della domanda di simulazione non mette il terzo in una condizione di malafede; ciò è dimostrato dal fatto che lo scopo dell’art. 2652, n. 4, non è quello di costituire una presunzione contraria della buona fede, bensì quello di regolare il conflitto tra il terzo acquirente e il simulato alienante, in base al noto principio della priorità della trascrizione.

In senso generale è bene precisare che l’impugnativa per simulazione da parte del terzo può legittimamente investire non soltanto i singoli negozi che si assumono simulati, ma anche l’intero procedimento attuativo della simulazione, entro il quale quei negozi perdono la propria autonomia e si risolvono in altrettanti strumenti per realizzare il risultato ultimo pregiudizievole per il terzo[94].

 Terzi non danneggiati

Se non pregiudizievole, per i terzi vale il negozio simulato, per il principio dell’apparenza[95].

L’intesa simulatoria non è di per sé illecita e quindi non è fonte di responsabilità nei confronti dei terzi, i quali sono tutelati, salvo che ricorrano i presupposti dell’art. 2643, specie in caso di dolo.

Gli aventi causa  [ il legatario e non l’erede – il creditore in favore del quale costui abbia iscritto ipoteca (atto di disposizione) sul bene apparentemente acquistato] di buona fede del titolare apparente:  quando il titolare apparente e quello effettivo sono diversi, prevalgono:

1)        rispetto alle parti e

2)        agli aventi causa del simulato alienante e

3)        i creditori del simulato alienante

sempre che in caso di acquisto di diritti immobiliari di cui all’art. 2643 c.c., la trascrizione dell’acquisto preceda la trascrizione della domanda di simulazione ex art. 2652 c.c. n. 2.

 Terzi danneggiati

I terzi possono far valere nei confronti delle parti il negozio simulato, quando questo pregiudica i propri diritti.

E’ stato precisato con ultima Cassazione

Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 28 ottobre 2015, n. 22070

l’art. 1415, comma 2, c.c. legittimando i terzi a far valere la simulazione del contratto rispetto alle parti quando essa pregiudichi i loro diritti, non consente, peraltro, di ravvisare un interesse indistinto e generalizzato di qualsiasi terzo ad ottenere il ripristino della situazione reale, essendo, per converso, la relativa legittimazione indissolubilmente legata al pregiudizio di un diritto conseguente alla simulazione. Non tutti i terzi, pertanto, solo perchè in rapporto con i simulanti, possono instare per l’accertamento della simulazione, dovendosi per converso riconoscere il relativo potere di azione e/o di eccezione soltanto a coloro la cui posizione giuridica risulti negativamente incisa dall’apparenza dell’atto.

Infatti, l’art. 1415 comma secondo c.c., legittimando i terzi a far valere la simulazione del contratto rispetto alle parti quando essa pregiudichi i loro diritti, non consente, peraltro, di ravvisare un interesse indistinto e generalizzato di qualsiasi terzo ad ottenere il ripristino della situazione reale, essendo, per converso, la relativa legittimazione indissolubilmente legata al pregiudizio di un diritto conseguente alla simulazione.

Non tutti i terzi, pertanto, sol perché in rapporto con i simulanti, possono instare per l’accertamento della simulazione, dovendosi per converso riconoscere il relativo potere di azione e/o di eccezione soltanto a coloro la cui posizione giuridica risulti negativamente incisa dall’apparenza dell’atto, con la conseguenza che non può ritenersi titolare della legittimazione de qua il terzo il quale la derivi (come nella specie) dall’eventuale accoglimento della domanda di risoluzione per inadempimento del contratto stesso proposta da una delle parti nei confronti dell’altra quando questa intenda far ricadere sul terzo le negative conseguenze risarcitorie che possano derivarle dalla risoluzione sulla base di un titolo che non si fondi sul contratto ma sul (presunto) comportamento illecito del terzo che avrebbe determinato l’inadempimento[96].

Inoltre Il terzo creditore legittimato ad esercitare l’azione di simulazione non è soltanto colui il cui credito sia liquido ed esigibile, ma anche il titolare di un credito ancora illiquido e non esigibile, giacché anche questi ha interesse a prevenire il danno che potrebbe derivargli dall’atto simulato, al momento in cui il credito si rendesse esigibile[97].

  • gli aventi causa del simulato alienante: potranno far valere la simulazione nei confronti del titolare apparente a prescindere da ogni priorità di trascrizione dell’acquisto, lesive della quota di riserva.

Mentre, logicamente, come supportato in una pronuncia di merito[98] è del tutto destituita di fondamento e va, pertanto, necessariamente rigettata la domanda proposta dal figlio del genitore ancora in vita tendente ad ottenere l’accertamento in ordine alla natura simulatoria del contratto di compravendita posto in essere tra il genitore medesimo ed altro figlio, in quanto, sostenuta la carenza di alcun passaggio di denaro tra le parti contraenti, asseritamente dissimulante un negozio di donazione. All’uopo deve, invero, rilevarsi che in ipotesi siffatte l’istante, qualora non sia creditore nei confronti di una delle parti, ovvero vanti un qualche diritto nei loro confronti, non può lamentare alcun pregiudizio, né può considerarsi terzo danneggiato secondo il disposto di cui all’art. 1415 c.c., a norma del quale terzi possono far valere la simulazione nei confronti delle parti qualora la stessa pregiudica i loro diritti. Rilevato, dunque, che al figlio non spetta alcun diritto sul patrimonio del genitore prima della morte e dell’accettazione dell’eredità, deve escludersi la legittimazione alla proposizione di un’azione avente la descritta finalità

  • i legittimari del simulato alienante: agiscono con l’azione di riduzione per aggredire le donazioni dissimulate.

La parte che, nella sua qualità di legittimario, impugni per simulazione un atto compiuto dal de cuius, assume la veste di terzo e può, conseguentemente, avvalersi della prova testimoniale senza alcuna limitazione, ogni qualvolta agisca per la reintegrazione della quota ereditaria ad esso riservata. Qualora, dunque, l’impugnazione sia destinata a riflettersi, oltre che sulla determinazione della quota di riserva, anche sulla riacquisizione del bene oggetto del negozio simulato al patrimonio ereditario, questi si avvantaggerà di tale esonero, sia in qualità di legittimario, che in quella di successore universale, non potendosi applicare, in relazione ad un unico atto che si assume simulato, per una parte una regola probatoria e per un’altra parte una regola diversa. L’erede legittimario che chieda la dichiarazione di simulazione di una vendita celante una donazione, assume, dunque, la qualità di terzo rispetto ai contraenti quando agisce a tutela del diritto alla intangibilità della quota di riserva, proponendo in concreto una domanda di riduzione, nullità o inefficacia della donazione dissimulata. In circostanze siffatte, invero, la lesione della quota di riserva assurge a causa petendi accanto al fatto della simulazione ed il legittimario non può essere assoggettato ai vincoli probatori previsti dall’art. 1417 c.c. Nella diversa ipotesi in cui non venga dedotta la invalidità del negozio dissimulato, invece, è necessaria, al fine di avvalersi delle agevolazioni probatorie di cui all’art. 1417 c.c., la proposizione congiunta della domanda di simulazione e della domanda di riduzione, in quanto, stanti le profonde differenze sussistenti tra le due azioni, non può ritenersi che promossa dall’erede l’azione di simulazione debba altresì considerarsi necessariamente proposta l’azione di riduzione[99].

  • I coeredi aventi diritto alla collazione: i quali agiscono per fare accertare la dissimulazione di una donazione fatta sotto forma di vendita ad altro coerede soggetto a collazione
  • Il curatore del fallimento; al fine dell’acquisizione alla massa di beni che siano stati venduti dal fallito, ovvero dal coniuge del fallito soggetto a presunzione muciana (art. 70, primo comma, della legge fallimentare), il curatore è legittimato a far valere la simulazione dei relativi atti, rispettivamente, a norma dell’art. 1416, secondo comma, c.c., in qualità di creditore del simulato alienante, ed a norma dell’art. 1415, secondo comma, c.c., in qualità di terzo pregiudicato dalla simulazione medesima[100].
  • Il mandante – che essendo restato estraneo all’accordo simulatorio pregiudizievole per i suoi diritti, agisca per far dichiarare  la simulazione dell’atto compiuto dal mandatario con rappresentanza.

Nell’ipotesi di contratto stipulato dal mandatario con rappresentanza, ove dal mandante si assuma essere il mandatario il vero titolare dei diritti e degli obblighi scaturenti dall’attività negoziale compiuta —, e quindi simulati sia il contratto di mandato, sia, conseguentemente, per interposizione fittizia di persona, il contratto concluso dal mandatario nell’ambito dei poteri conferitigli (nella specie una promessa di vendita): quanto al mandato, la simulazione dello stesso può essere opposta dal mandante al soggetto che ha contrattato con il mandatario (che è da considerarsi terzo acquirente di diritti dal titolare apparente) in quanto provi a norma dell’art. 1415, primo comma, c.c., la sua malafede che deve consistere, non nella mera scienza della simulazione, bensì nell’esistenza di un suo accordo con il mandante circa le vere ragioni per le quali si è voluto che il mandatario agisse in nome e per conto altrui, anziché in proprio, e quanto al contratto concluso dal mandatario, ancorché rispetto ad esso il mandante è da considerarsi terzo — a nulla rilevando che il mandato sia con rappresentanza — la sua posizione non è equiparabile sic et simpliciter a quella dei «terzi» cui si riferisce l’art. 1417 c.c. ai fini dell’esclusione dei limiti di prova della simulazione, sicché è egli tenuto comunque a provare che l’altro contraente, non soltanto era informato dell’intesa raggiunta tra esso interposto e il mandatario interponente, ma che ha anche dato alla medesima la propria consapevole adesione[101].

  • Il coniugeIl coniuge in regime di comunione legale, estraneo all’accordo simulatorio, è terzo, legittimato a far valere la simulazione con libertà di prova, ai sensi degli artt. 1415, secondo comma, e 1417 c.c., rispetto all’acquisto di un bene non personale, effettuato dall’altro coniuge durante il matrimonio con apparente intestazione a persona diversa, atteso che tale simulazione impoverisce il patrimonio della comunione legale, sottraendogli il diritto previsto dall’art. 177, lett. a), c.c.[102]

NOTE

[1] Corte di Cassazione 23-6-72, n. 2102

[2] Maiello – Ferrara – Carresi e la giurisprudenza della Cassazione

[3] Pugliatti

[4] Pugliatti

[5] Bianca

[6] Santoro Passarelli – Scognamiglio – Capozzi

[7] Corte di Cassazione, sentenza 16-12-93, n. 12428

[8] Corte di Cassazione, sentenza 20-11-69, n. 3786

[9] Corte di Cassazione III, sentenza 8428 del 11-4-2006

[10] Corte di Cassazione III, sentenza 8098 del 6-4-2006. Nella specie, la S.C., sulla scorta dell’enunciato principio e pervenendo alla correzione della motivazione dell’impugnata sentenza, ha rilevato, escludendo la configurabilità di un negozio indiretto, la sussistenza di una simulazione, con la conseguente validità ed efficacia tra le parti del negozio dissimulato risultante dalle inerenti controdichiarazioni, nella successione di tre impegni scritti nei quali si sarebbe dovuto ravvisare il comune intento di realizzare una serie di atti finalizzati a piegare il negozio di trasferimento di un immobile al soddisfacimento della causa tipica di un’associazione in partecipazione

[11] Per una maggiore consultazione della donazione mista aprire il seguente collegamento on-line  La donazione mista (negozio indiretto)  

[12] Corte di Cassazione, sentenza 9-12-82, n. 6723

[13] Corte di Cassazione, sentenza 19601 del 29-9-2004

[14] Corte di Cassazione, sentenza 18-10-91, n. 11025

[15] Gazzoni

[16] Corte di Cassazione, sentenza 11-6-73, n. 1678.

[17] Corte di Cassazione, sentenza 11-4-75, n. 1362

[18] Corte di Cassazione, sentenza 27-11-92, n. 12709

[19] Corte di Cassazione, sentenza 26-2-91, n. 2085

[20] Romano

[21] Corte di Cassazione 9-6-92, n. 7084, Corte di Cassazione II, sentenza 14590 del 1-10-2003. In tema di simulazione, la controdichiarazione costituisce atto di accertamento o di riconoscimento scritto che non ha carattere negoziale e non si inserisce come elemento essenziale nel procedimento simulatorio, di talché non solo non deve essere coeva all’atto simulato, ma non deve neppure necessariamente provenire da tutti i partecipi all’accordo simulatorio, potendo provenire anche dalla sola parte che voglia manifestare il riconoscimento della simulazione, purché si tratti della parte contro il cui interesse è redatta, da quella parte, cioè, che trae vantaggio dall’atto simulato mentre assume, con la controdichiarazione, obblighi diversi e maggiori di quelli che le derivano dall’atto contro cui questa è redatta.

[22] Maiello – Gazzoni – Bianca

[23] Bianca

[24] Corte di Cassazione, sentenza 5-7-79, n. 3846

[25] Corte di Cassazione, Sezione II, sentenza 30 gennaio 2013, n. 2203

[26] Sacco – Distaso – Capozzi ed una pronuncia del ’92 la n. 7084

[27] Gazzoni – Auricchio – Scognamiglio – Messineo  ed una pronuncia del ’90 la  n. 6764

[28] Bianca

[29] Vedi par.fo E) l’azione di simulazione – 2) questioni processuali, pag. 33

[30] Corte di Cassazione, sentenza 1-9-93, n. 9251

[31] Corte di Cassazione III, sentenza 8843 del 13-4-2007. Nella specie, la S.C. ha ritenuto esente da vizi la sentenza di merito che aveva escluso la configurabilità di una interposizione fittizia, a fronte di un contratto di locazione in cui la locatrice riteneva che il legale rappresentante della società conduttrice avrebbe occupato l’immobile locato in tale qualità, come risultante dal contratto, e non in proprio.

[32] Corte di Cassazione, sentenza 4-11-82, n. 5789

[33] Corte di Cassazione, sentenza 19-12-86, n. 7728

[34] Corte di Cassazione, sentenza 19-8-69, n. 3016

[35] Corte d’Appello Roma, Sezione 2 civile, sentenza 4 ottobre 2012, n. 4805

[36] Tribunale Palermo, Sezione 2 civile, sentenza 2 luglio 2012, n. 3019

[37] Per una maggiore consultazione della donazione mista aprire il seguente collegamento on-line La rappresentanza e la procura

[38] Corte di Cassazione 25-1-88, n. 587

[39] Vedi par.fo E) L’azione di simulazione, punto 1) La prova pag. 26

[40] Corte di Cassazione, sentenza 17-9-81, n. 5154

[41]Corte d’Appello Roma, Sezione 2 civile, sentenza 13 settembre 2012, n. 4323. Il pregiudizio del terzo creditore del simulato alienante, necessario per l’esperibilità dell’azione di simulazione a norma dell’art. 1416 c.c., sussiste qualora, in conseguenza dell’atto simulato, si verifichi una diminuzione qualitativa e quantitativa nel patrimonio del debitore, tale da rendere, in rapporto all’ammontare del credito, l’adempimento più incerto, più difficile, o comunque, più oneroso. Sarà onere del debitore, il quale voglia sottrarsi agli effetti di tale azione, provare che il suo patrimonio residuo sia tale da garantire il soddisfacimento delle ragioni del creditore senza difficoltà.

[42] Corte di Cassazione, Sezione 1 civile, sentenza 5 marzo 2008, n. 5961

[43] Gazzoni

[44] Sacco – Cariota Ferrara – Bianca – Casella – Corte di Cassazione 20 maggio 1978, n. 2509

[45] Corte di Cassazione, sentenza 23-10-91, n. 11215

[46] Corte di Cassazione, sentenza 3-8-77, n. 3441

[47] Corte di Cassazione, sentenza 6 settembre 2006 n. 19146; Corte di Cassazione, sentenza 24 maggio 1996 n. 3857; Corte di Cassazione, sentenza 23 gennaio 1988 n. 526; Corte di Cassazione, sentenza 9 luglio 1987 n. 5975

[48] Corte di Cassazione, sentenza 19 marzo 2004 n. 5539

[49] Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 6 maggio 2002 n. 6480

[50] Corte Cassazione, sezioni Unite, sentenza 26 marzo 2007 n. 7246

[51] Corte di Cassazione, Sez. II, sentenza 7 aprile 2006, n. 8210

[52] Corte di Cassazione, Sez. I, sentenza 19 marzo 2004, n. 5539

[53] Corte di Cassazione, Sez. III, sentenza 26 febbraio 2004, n. 3869

[54] Corte di Cassazione, Sez. III, sentenza 6 maggio 2003, n. 6882

[55] Corte di Cassazione, Sez. III, sentenza 15 gennaio 2003, n. 471

[56] Corte di Cassazione, Sez. I, sentenza 27 febbraio 2001, n. 2906

[57] Corte di Cassazione, Sez. I, sentenza 14 gennaio 1999, n. 351

[58] Corte di Cassazione, Sez. III, sentenza 24 giugno 2003, n. 10009

[59] Corte di Cassazione, Sez. II, sentenza 24 aprile 1996, n. 3857

[60] Corte di Cassazione, Sez. II, sentenza 23 gennaio 1988, n. 526

[61] Corte di Cassazione, Sez. II, sentenza 9 luglio 1987, n. 5975

[62] Corte d’Appello L’Aquila, civile, sentenza 14 gennaio 2013, n. 15

[63] Corte d’Appello L’Aquila, civile, sentenza 16 gennaio 2012, n. 14

[64] Corte di Cassazione, sentenza 21-10-94, n. 8616

[65] Vedi par.fo C) Gli effetti tra le parti – Interposizione fittizia di persona, pag. 15

[66] Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 5457 del 14-3-2006

[67] Corte di Cassazione, sentenza 26-6-90, n. 6470

[68] Corte di Cassazione, sentenza 3-4-98, n. 3425

[69] Corte di Cassazione, sentenza 16-9-86, n. 5626

[70] Corte di Cassazione, sentenza 7-7-87, n. 5898

[71] Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 15955 del 7-7-2009

[72] Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 3474 del 13-2-2008

[73] Corte di Cassazione, sentenza 20-6-97, n. 5540. Nella specie, trattavasi di azione di simulazione proposta dal curatore del fallimento di uno dei conferenti la procura, contestualmente all’azione revocatoria relativa alla quota dell’immobile spettante al fallito

[74] Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 29 febbraio 2012, n. 3134

[75] Corte di Cassazione, sentenza 4-12-99, n. 13564

[76] Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 13459 del 9-6-2006

[77] Corte di Cassazione, sentenza 22-5-87, n. 4645

[78] Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 13963 del 30-6-2005

[79] Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 3 agosto 2012, n. 13938

[80] Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 11372 del 30-5-2005. Nella specie la Corte di Cassazione ha confermato la sentenza di merito che, nel dichiarare la simulazione assoluta, aveva considerato l’intento fraudolento di sottrarre i beni alla garanzia del credito come elemento concorrente — e non unico — della prova della simulazione

[81] Corte di Cassazione III, sentenza 17867 del 22-8-2007

[82] Tribunale Foggia, sezione I, sentenza 11 settembre 2012, n. 1083

[83] Tribunale Bari, Sezione III, sentenza 20 settembre 2010, n. 2843

[84] Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 29 dicembre 2011, n. 30020

[85] Corte di Cassazione, sentenza 27-3-97, n. 2756

[86] Tribunale Monza, Sezione IV, sentenza 10 dicembre 2012, n. 3264. Orbene, nel caso concreto, l’azione di simulazione è stata esercitata dalla parte attrice in funzione della riduzione della donazione che la stessa ha asserito dissimulata. Di talché, alla luce delle considerazioni sopra esposte, il termine di prescrizione non decorre dalla data del compimento dell’atto simulato, bensì dalla data di apertura della successione, risalente nella fattispecie al 2004, con la conseguenza che il termine di prescrizione, a dispetto di quanto sostenuto dalla parte convenuta, non può ancora ritenersi decorso.

[87] Per la consultazione del testo integrale aprire il seguente collegamento on-line Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 25 marzo 2013, n. 7479

[88] Corte di Cassazione I, sentenza 17607 del 20-11-2003

[89] Bianca

[90] Corte di Cassazione, sentenza  10-12-91, n. 13260

[91] Tribunale Foggia, Sezione I, sentenza 12 settembre 2012, n. 1094

[92] Gentili

[93] Distaso

[94] Corte di Cassazione, sentenza 15-1-73, n. 135

[95] Gazzoni

[96] Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 6651 del 30-3-2005

[97] Corte di Cassazione, sentenza 17-9-81, n. 5154

[98] Tribunale Padova, Sezione II, sentenza 28 febbraio 2011, n. 403

[99] Corte d’Appello Firenze, Sezione II, sentenza 25 ottobre 2011, n. 1371

[100] Corte di Cassazione, sentenza 16-6-78, n. 2995

[101] Corte di Cassazione, sentenza 12-6-87, n. 5143

[102] Per la consultazione del testo integrale aprire il seguente collegamento on-line   Corte di cassazione, sezione II, sentenza 24 gennaio 2013, n. 1737

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