La sospensione dei termini di custodia cautelare

Corte di Cassazione, penale, Sentenza 8 ottobre 2020, n. 28073.

La sospensione dei termini di custodia cautelare, disposta, con specifica ordinanza, in pendenza del termine per il deposito della motivazione, ai sensi dell’art. 304, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., ovvero nel caso di particolare complessità del dibattimento o del giudizio abbreviato, ai sensi dell’art. 304, comma 2, cod. proc. pen., determina la sospensione della prescrizione con riferimento a tutti gli imputati e a tutti i reati per cui si procede, a prescindere dallo stato cautelare dei singoli e dal titolo dei reati, stante la natura obbiettiva della causa di sospensione e l’impossibilità di procedere a distinzioni tra le diverse posizioni dell’unico processo, da intendersi globalmente complesso.

Sentenza 8 ottobre 2020, n. 28073

Data udienza 8 luglio 2020

Tag – parola chiave: REATI CONTRO L’ORDINE PUBBLICO – ASSOCIAZIONE DI TIPO MAFIOSO

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IASILLO Adriano – Presidente

Dott. BIANCHI Michele – Consigliere

Dott. BONI Monica – Consigliere

Dott. BINENTI Roberto – rel. Consigliere

Dott. TALERICO Palma – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 16/01/2019 della CORTE APPELLO SEZ.DIST. di TARANTO;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. Roberto Binenti;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dr. Pinelli Mario Maria Stefano, che ha chiesto:
l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) per i capi a) e c), per quest’ultimo capo con riferimento al decreto che dispone il giudizio del 27/9/2016; il rigetto nel resto dei ricorsi dei predetti; il rigetto dei ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS).
diti:
l’Avv. (OMISSIS), per la parte civile Comune di Lizzano, che ha depositato conclusioni e nota spese, insistendo per il rigetto dei ricorsi degli imputati;
l’Avv. (OMISSIS), per (OMISSIS), che chiesto raccoglimento del ricorso dello stesso;
l’Avv. (OMISSIS), per (OMISSIS) e (OMISSIS), che ha chiesto l’accoglimento dei loro ricorsi;
l’Avv. (OMISSIS), per (OMISSIS), che ha chiesto l’accoglimento del ricorso dello stesso;
l’Avv. (OMISSIS), per (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), che ha chiesto l’accoglimento dei loro ricorsi;
l’Avv. (OMISSIS), per (OMISSIS), che ha chiesto l’accoglimento del ricorso dello stesso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Lecce – Sezione distaccata di Taranto ha riformato parzialmente quella del Tribunale di Taranto emessa in data 19 gennaio 2018 e appellata, per quanto di interesse, dagli imputati (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS).
All’esito del giudizio di secondo grado e’ rimasta confermata la decisione del Tribunale di Taranto con riguardo all’affermazione della responsabilita’: per (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) in ordine ai reati di associazione di tipo mafioso e di associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, per i primi due con la qualifica di promotori e organizzatori; per (OMISSIS) e (OMISSIS) in ordine al medesimo reato di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti; per gli stessi (OMISSIS) e (OMISSIS), nonche’ per (OMISSIS) e (OMISSIS) in ordine ad alcune delle imputazione concernenti il traffico di stupefacenti loro ascritte; per (OMISSIS) in ordine al reato di detenzione illegale di esplosivo; per (OMISSIS) e (OMISSIS) in ordine al reato di estorsione in danno di (OMISSIS); per (OMISSIS) in ordine al reato di estorsione in danno di (OMISSIS); per (OMISSIS) in ordine a uno dei reati di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 73 (Testo Unico stup.) ascrittigli, fatto riqualificato ai sensi del comma 4 di tale articolo.
Previo riconoscimento della continuazione fra i reati rispettivamente ascritti agli imputati e con la concessione delle attenuanti generiche con giudizio di prevalenza sulle aggravanti per (OMISSIS) e (OMISSIS) e di equivalenza per i restanti imputati, sono state irrogate le seguenti pene: anni ventitre’ di reclusione per (OMISSIS); anni ventidue di reclusione per (OMISSIS); anni dieci e mesi sette di reclusione per (OMISSIS); anni sette di reclusione, ciascuno, per (OMISSIS) e (OMISSIS); anni due, mesi tre di reclusione ed Euro seimila di multa per (OMISSIS).
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) sono stati, altresi’, condannati al risarcimento del danno cagionato alla parte civile costituta Comune di Lizzano.
2. I Giudici di merito hanno ritenuto accertata la partecipazione di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), unitamente ad altri loro originari coimputati separatamente giudicati con le forme del giudizio abbreviato, a un’associazione di tipo mafioso operante nel periodo della contestazione, ossia a partire dal mese di aprile 2010, a Crispiano, Lizzano e Torricella e avente come base operativa a Lizzano la masseria di (OMISSIS). Secondo la ricostruzione accusatoria asseverata dalle sentenze di merito, l’organizzazione di tale sodalizio era fondata su una rigida omerta’ interna e strutturata in modo gerarchico, con regole volte a garantire la sottomissione degli affiliati ai capi, in particolare nel territorio di Lizzano ai fratelli (OMISSIS) e (OMISSIS).
L’inosservanza delle disposizioni stabilite comportava gravi sanzioni che potevano giungere fino all’eliminazione fisica.
Alcuni compartecipi erano in precedenza risultati inseriti nella frangia della Sacra Corona Unita’ operante nella provincia di Taranto, dalla cui organizzazione l’articolazione mafiosa in questione aveva importato alcuni tratti caratteristici, quanto ai riti di affiliazione, ai gradi degli associati e ai vincoli comportamentali e gerarchici imposti agli stessi. La medesima cellula associativa si era trovata
localmente in guerra per diversi anni con una fazione rivale, della quale erano stati eliminati gli esponenti piu’ pericolosi ( (OMISSIS) e poi (OMISSIS)), mentre alcuni dei restanti affiliati si erano via via posti sotto le direttive dei (OMISSIS). Avuto riguardo alla posizione gerarchica piu’ elevata, l’anzidetta diramazione locale, nella sua dimensione di propaggine periferica della Sacra Corona Unita’ presente nell’intero territorio della provincia, si rapportava alla persona di (OMISSIS). A tale referente, collocato in posizione sovraordinata rispetto agli stessi (OMISSIS), tutti dovevano osservanza ed erano tenuti a versare una quota dei proventi delle attivita’ illecite nel territorio, costituite in primo luogo da ramificati e lucrosi traffici di sostanze stupefacenti.
Con riguardo alla programmazione e all’esecuzione di questo genere di condotte delittuose, la lettura delle risultanze ha portato a individuare un’apposita struttura associativa che, operando in parallelo, ricalcava al vertice le relazioni gerarchiche di quella di tipo mafioso ed era composta da alcuni dei suoi appartenenti, ma anche da altri soggetti ancora. Questi ultimi si muovevano operativamente sotto il coordinamento di (OMISSIS). Si avevano in tale ambito ripartizioni territoriali, per cui le singole zone di smercio erano assegnate a un responsabile che gestiva i rapporti con gli spacciatori al minuto. I compiti direttivi, relativi a questo secondo sodalizio, rimanevano parimenti attribuiti, sempre su diversi piani, a (OMISSIS) e a (OMISSIS). Nella struttura associativa di cui trattasi risultavano stabilmente attivi anche (OMISSIS) e (OMISSIS), mentre, tra i restanti compartecipi, invece non intranei anche al clan mafioso, figuravano fra gli altri (OMISSIS) e (OMISSIS). Il legame associativo di tali due imputati con la struttura organizzativa finalizzata al traffico di stupefacenti si sostanziava nell’assunzione del ruolo di venditori al minuto, cioe’ di terminali rispetto alle forniture loro assicurate dai membri del sodalizio a cio’ deputati, fra i quali (OMISSIS). Per (OMISSIS), anch’egli individuato come coinvolto in fatti integranti i reati fine di cui all’articolo 73 Testo Unico stup. (fatti ascrittigli in concorso al capo L), e’ stata invece esclusa l’esistenza del suddetto rapporto associativo.
La prova delle condotte di cui sopra e’ stata desunta in primo luogo dalle risultanze di intercettazioni, fra cui rilevano quelle riguardanti le conversazioni intrattenute rispettivamente da (OMISSIS) e da (OMISSIS). Quest’ultimo, come gia’ suo cugino (OMISSIS) “scomparso” nel 2011, veniva ritenuto inserito nella fazione risultata “perdente” all’esito del cruento scontro per la conquista della leadership criminale che aveva imperversato per anni a Lizzano. I dialoghi captati, intercorsi fra (OMISSIS), alcuni degli imputati e altri soggetti ancora coinvolti nel traffico degli stupefacenti, costituivano il compendio probatorio valorizzato anche a fondamento delle affermazioni della responsabilita’ intervenute in ordine ad alcuni dei reati di cui all’articolo 73 Testo Unico stup..
Ai fini dell’individuazione dell’intero contesto associativo di cui sopra sono stati inoltre considerati: gli apporti dichiarativi di investigatori e di altri testi, fra cui alcuni congiunti dei sopracitati (OMISSIS) e (OMISSIS); i fatti rimasti accertati in diverse sentenze irrevocabili emesse all’esito di importanti processi per fatti di criminalita’ organizzata nel medesimo territorio; le dichiarazioni di collaboratori di giustizia e in particolare di (OMISSIS), il cui contributo era sopraggiunto solo nel corso del dibattimento di primo grado.
Il contenuto delle conversazioni di (OMISSIS) e delle dichiarazioni di (OMISSIS) e’ stato preliminarmente richiamato dai giudici di secondo grado, per rilevare come esso non fosse stato fatto oggetto di compiuta valutazione nella sentenza (ormai definitiva) della Corte di appello di Lecce che aveva assolto i coimputati – giudicati con il rito abbreviato – dallo stesso addebito del reato di cui all’articolo 416-bis c.p., in ragione dell’esclusione della possibilita’ di individuare un’associazione mafiosa in aggiunta a quella finalizzata al traffico di stupefacenti.
I fatti di estorsione, per i quali e’ stata affermata la responsabilita’ di (OMISSIS) e di (OMISSIS) (per quest’ultimo limitatamente alle condotte in danno di (OMISSIS)), erano stati contestati con altro decreto che dispone il giudizio, nel quale era stato altresi’ ascritto al solo (OMISSIS) lo stesso reato di cui all’articolo 416-bis c.p. Il relativo procedimento nella fase del dibattimento di primo grado veniva riunito all’altro di cui sopra, parimenti pervenuto a tale fase.
Anche per detti fatti di estorsione la prova della colpevolezza e’ stata desunta principalmente dalle risultanze di intercettazioni, riguardanti in tal caso conversazioni in cui comparivano (OMISSIS), (OMISSIS) e le persone offese.
3. Avverso la sentenza d’appello propongono ricorso per cassazione i predetti imputati, muovendo le censure che per ciascuno di seguito si illustrano.
4. (OMISSIS).
E’ stato ritenuto responsabile del reato di cui all’articolo 416-bis c.p. (fatto ascritto al capo A) di entrambi i decreti) e di quello di cui all’articolo 74 Testo Unico stup. (capo B), per tutti e due gli addebiti con il ruolo di promotore e organizzatore. E’ stata, inoltre, affermata la sua colpevolezza in ordine ai delitti di estorsione in danno di (OMISSIS) e di tentata estorsione in pregiudizio di (OMISSIS) (fatti ascritti il primo al capo C) e il secondo al capo D) del decreto del 27 settembre 2016).
Il ricorso nell’interesse di tale imputato e’ articolato in otto motivi.
4.1. Il primo motivo denuncia violazione dell’articolo 493 c.p.p., comma 2 e articolo 468 c.p.p., con riferimento all’articolo 606 c.p.p., comma 1 lettera c).
Rileva che l’esame in primo grado del collaboratore (OMISSIS) e’ stato ammesso su richiesta del pubblico ministero ai sensi dell’articolo 493 c.p.p., comma 2, senza l’indicazione delle circostanze sul quale avrebbe dovuto svolgersi. Invero, tali circostanze neppure erano desumibili dai fatti indicati nei capi di imputazione ovvero dai verbali di interrogatorio prima posti a conoscenza della difesa, e cio’ a causa degli omissis che non ne avevano reso noto l’intero contenuto. E’ stata cosi’ introdotta una prova “a sorpresa”, con la conseguente preclusione per la difesa di esercitare compiutamente il diritto di dedurre la prova contraria ai sensi dell’articolo 468 c.p.p., comma 4. Tanto, in particolare, con riferimento alle circostanze e ai nomi nuovi indicati dal collaboratore in sede di esame, stante che all’esito di esso non sussistevano nemmeno le condizioni di cui all’articolo 195 c.p.p. Sotto tale profilo, pertanto, non avrebbe potuto ritenersi il solo mancato esercizio da parte della difesa di facolta’ concernenti un diritto rimasto garantito.
4.2. Il secondo motivo lamenta violazione dell’articolo 416-bis c.p. e dell’articolo 74 Testo Unico stup. (per quest’ultimo anche con riferimento al comma 6), vizi della motivazione, nonche’ inosservanza dell’articolo 195 c.p.p., comma 2.
Osserva, quanto all’addebito del reato di cui all’articolo 416-bis c.p., che e’ stata ritenuta l’esistenza dell’associazione mafiosa di cui al capo A) nonostante questa fosse stata gia’ esclusa con decisione irrevocabile nel separato giudizio con il rito abbreviato. E lo si e’ giustificato in virtu’ della valutazione delle conversazioni tra (OMISSIS) e i suoi familiari sottoposte a intercettazione.
Tali risultanze, pero’, erano state acquisite prima della celebrazione di detto giudizio e, pertanto, erano state prese in considerazione dalla relativa decisione che aveva escluso la natura mafiosa del sodalizio. Si e’ trattato in ogni caso della rappresentazione di fatti rimasti al di fuori del perimetro temporale dell’accusa contestata al capo A), in quanto concernenti una faida che era terminata con la scomparsa di (OMISSIS) risalente gia’ al marzo del 2011. Dopo, non si coglieva la rappresentazione di alcuna connotazione mafiosa riferibile al “gruppo” degli imputati, avendo precisato la stessa Corte di appello che l’attivita’ principale in tale successivo contesto di tipo criminale consisteva nell’esercizio del traffico degli stupefacenti.
Del resto, la sentenza impugnata ha indicato a proposito di detti dialoghi solo quattro figure di primo piano senza fare cenno a (OMISSIS) o a (OMISSIS).
Sono state, inoltre, richiamate le dichiarazioni del collaboratore (OMISSIS), ma questi, riportando le confidenze ricevute da (OMISSIS) in ordine all’omicidio di (OMISSIS), aveva fatto riferimento a un gruppo criminale operante in un territorio diverso da quello di Lizzano. E le accuse mosse dal collaboratore a (OMISSIS) riguardavano solo il traffico di stupefacenti, in cui erano coinvolti il medesimo (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS).
La ricostruzione di (OMISSIS), come riportata in motivazione, risultava incoerente, poiche’ vedeva lo stesso avvicinarsi ai (OMISSIS) di Lizzano in modo da eliminare (OMISSIS) invece di Pulsano e cosi’ sancire un’alleanza fra gruppi di diverse localita’, che pero’ avrebbe dovuto preesistere una volta che il medesimo dichiarante aveva indicato il comune assoggettamento di tutti a (OMISSIS).
Sempre seguendo le dichiarazioni di (OMISSIS), i fratelli (OMISSIS) sarebbero stati assai vicini a (OMISSIS), ma in un ultimo periodo non precisato si sarebbe creato fra tali soggetti un certo attrito, cosi’ che la motivazione risulta affetta da illogicita’ quando indica il breve arco di tempo del manifestarsi del sodalizio.
La Corte di appello ha erroneamente escluso la natura de relato delle accuse in relazione ai fatti di cui (OMISSIS) era stato messo a conoscenza da altri e che esulavano dal patrimonio informativo circolante all’interno dell’associazione. Con riguardo a medesimi fatti nessuna delle persone indicate quale fonte di riferimento aveva confermato quanto riportato da (OMISSIS). Cio’ nonostante nella motivazione si e’ affermato che (OMISSIS), citato per essere esaminato al riguardo secondo le modalita’ di cui all’articolo 210 c.p.p., pur essendosi avvalso della facolta’ di non rispondere, aveva fornito elementi a positivo riscontro. Per il resto, tale riscontro e’ stato individuato in ragione di conoscenze desunte solo da fonti anonime o da alcuni termini utilizzati nelle conversazioni intercettate, quali “famiglia”, “cupola”, “compagni nostri”, “abbiamo giurato”.
I dialoghi captati in cui era comparso (OMISSIS) non potevano comunque confermare le dichiarazioni di (OMISSIS), posto che quest’ultimo aveva fatto riferimento a un altro gruppo criminale operante nel territorio di Pulsano.
Il collaboratore a proposito di (OMISSIS) ha menzionato unicamente “fatti di droga”, mentre per quanto riguarda (OMISSIS) ha affermato di averlo visto solo due volte (rispettivamente in occasione di un matrimonio e presso un bar).
La motivazione della sentenza, non facendo riferimento a (OMISSIS) o a (OMISSIS) in relazione all’associazione mafiosa, ha unicamente rilevato che il primo si era recato presso i (OMISSIS), mentre (OMISSIS), nel corso delle conversazioni richiamate, aveva solo riferito all’interlocutore che avrebbe dovuto recarsi presso la masseria di detti (OMISSIS) “per salutare l’amico”. Sicche’, irragionevolmente si e’ giunti ad affermare che (OMISSIS) si sarebbe portato in quel luogo quale esponente di una fazione sconfitta per partecipare ad affiliazioni.
A Ne’ si comprende il motivo per cui (OMISSIS), a proposito di una manovra da lui architettata ai fini dell’eliminazione di (OMISSIS), abbia menzionato (OMISSIS) e non invece (OMISSIS) che di quest’ultimo sarebbe stato il superiore gerarchico. D’altronde, i Giudici di appello, nell’elencare alcuni elementi ritenuti rappresentativi della natura mafiosa del sodalizio e riferendosi sempre a un’epoca precedente a quella in cui l’unica attivita’ sarebbe rimasta il traffico di stupefacenti, non hanno citato la figura di (OMISSIS) in relazione al periodo contestazione.
Altrettanto infondate risultano le osservazioni riguardanti la conversazione nel corso della quale (OMISSIS) e (OMISSIS) avevano fatto riferimento all’assessore Caputi, posto peraltro che quest’ultimo, nella sua deposizione, aveva escluso di essere rimasto vittima di una condotta minacciosa dei predetti. Ne’ la vicenda era ricollegabile agli interessi di altri e in particolare dei (OMISSIS).
(OMISSIS), parlando di quote a titolo di percentuale sui profitti illeciti garantite a (OMISSIS) come capo della confederazione dei clan locali, non aveva aggiunto altro, potendo cosi’ trattarsi di introiti derivanti dal solo spaccio di stupefacenti.
Quando si e’ sostenuto che (OMISSIS) era individuabile, per la posizione associativa, come colui che teneva la “catena” con “il medaglione” in occasione dei riti di affiliazione svolti presso la masseria dei (OMISSIS), sono state citate, a titolo di conferma, le asserzioni di (OMISSIS) in alcune conversazioni captate, il cui contenuto, come evocato in motivazione, risultava privo di parti dei dialoghi idonei a fare ritenere che la persona con “il medaglione” fosse invece tale ” (OMISSIS)”.
Le dichiarazioni del collaboratore (OMISSIS) in ordine al “grado” raggiunto da (OMISSIS) nella gerarchia della Sacra Corona Unita non avevano riguardato la compagine operante a Lizzano, ne’ la persona di (OMISSIS). Esse inoltre, non avrebbero potuto ritenersi riscontrate dai riferimenti alla posizione di affiliato di (OMISSIS) svolti nella sentenza a suo tempo emessa nel processo “Ellesponto”, trattandosi di fatti diversi e di condizioni associative di allora prive di un collegamento diretto con gli addebiti per i quali si imponeva la verifica.
Ne’ potevano rilevare le affermazioni di (OMISSIS) in ordine alla mera circostanza che suo padre (OMISSIS) si sarebbe recato dai (OMISSIS) per salutare (OMISSIS), tanto piu’ che avrebbe dovuto considerarsi che detto (OMISSIS), secondo la tesi accusatoria, apparteneva a una fazione opposta gia’ in aperto conflitto.
La frequentazione da parte degli uomini del clan lizzanese di persone vicine a (OMISSIS), avvenuta presso un ristorante, non assumeva univoci significati.
Le conversazioni oggetto di intercettazione citate in sentenza a proposito di convocazioni propiziate da (OMISSIS) non avevano fatto riferimento a denaro da raccogliere per (OMISSIS); ne’ il collegamento in data 10 ottobre 2011 con quest’ultimo poteva ricavarsi dal riconoscimento della sua voce secondo quanto asserito dagli inquirenti, poiche’ tale riconoscimento era stato riferito in realta’ a un’altra occasione riguardante un incontro verificatasi cinque giorni prima.
Sicche’, neppure risultava riscontrata la circostanza riferita da (OMISSIS) secondo la quale (OMISSIS) avrebbe operato quale interfaccia di (OMISSIS).
In ogni caso, l’assunto non rilevava con riguardo all’addebito del reato di cui all’articolo 416-bis c.p., poiche’ ci si riferiva al campo degli stupefacenti e meglio a meri tentativi d’acquisto di tali sostanze neppure andati a buon fine.
4.3. Il terzo motivo lamenta violazione dell’articolo 74 Testo Unico stup. e vizi della motivazione.
Osserva che la motivazione in ordine alla sussistenza del reato di cui all’articolo 74 sopra citato si e’ fondata non su elementi oggettivi, ma su mere congetture.
Le dichiarazioni de relato al riguardo di (OMISSIS) erano prive di riscontri, mentre incompleta risultava la lettura del linguaggio criptico dei dialoghi captati.
Non e’ stato dimostrato il carattere indeterminato del programma criminoso allorche’ sono stati considerati singoli episodi di scarsa rilevanza commessi in un breve arco di tempo, come tali inidonei a fare desumere, sotto il profilo dei facta concludentia, gli estremi richiesti dalla fattispecie associativa di cui trattasi.
Non avrebbe potuto attribuirsi rilievo alla sola assiduita’ di alcune frequentazioni; ne’ e’ stato indicato chi avrebbe ricoperto il ruolo di fornitore dello stupefacente; ne’ ancora si e’ avuta l’individuazione, in termini apprezzabili, di una cassa comune ovvero della distribuzione dei proventi illeciti fra i correi.
In tal modo non sono stati evidenziati i tratti che distinguono la condotta associativa da quella volta alla mera commissione di piu’ reati in continuazione.
Non si e’ altresi’ considerato che nel “parallelo” processo definito con il rito abbreviato (OMISSIS), “presunta cassiera” del gruppo, era stata assolta, al pari di (OMISSIS), cui era stato attribuito il ruolo di “collettore” nel territorio di Lizzano.
Il motivo, inoltre, richiama ampiamente principi giurisprudenziali in materia.
4.4. Il quarto motivo denuncia violazione dell’articolo 74, comma 1, Testo Unico stup. e vizi della motivazione, deducendo che con riguardo all’attribuzione a (OMISSIS) del ruolo di promotore ci si e’ limitati a richiamare inconferenti intercettazioni e alcune affermazioni di (OMISSIS) rimaste prive dei necessari riscontri.
A (OMISSIS) e’ stato assegnato detto ruolo semplicemente in ragione della trasposizione degli assunti formulati con riferimento al reato di associazione mafiosa, senza tener conto delle contrarie deduzioni difensive, dell’assenza della contestazione di delitti-fine e di ogni altro elemento concreto nella direzione dell’espletamento di un ruolo di preminenza in seno all’organizzazione, non potendo rilevare la sola condanna per fatti risalenti a oltre venti anni prima.
4.5. Il quinto motivo deduce violazione dell’articolo 74, comma 6, Testo Unico stup. e vizi della motivazione, sul rilievo che avrebbe dovuto essere considerata la circostanza che i fatti ricondotti all’associazione menzionata nel capo b) avevano riguardato unicamente quantitativi di stupefacente imprecisati o genericamente stimati, si’ che il solo accertamento di alcuni tratti della fattispecie plurisoggettiva non avrebbe potuto fare escludere l’ipotesi prevista dal comma sopra citato.
4.6. Il sesto motivo lamenta violazione dell’articolo 629 c.p. e vizi della motivazione in relazione all’affermazione della responsabilita’ per i capi c) e d).
Quanto all’estorsione in danno di (OMISSIS), rileva che gli elementi evidenziati dai giudici di merito non avrebbero potuto fare ritenere che (OMISSIS), su commissione di (OMISSIS), si fosse reso autore del predetto fatto delittuoso.
Le conversazioni intercettate in proposito richiamate non lasciavano trasparire espressioni minacciose, ma risultavano riconducibili a quei rapporti di lavoro, preesistenti tra le parti, autonomamente provati dalla difesa. (OMISSIS) e (OMISSIS), infatti, svolgevano la stessa attivita’ nel settore degli autotrasporti e del movimento terra, mentre (OMISSIS) aveva indirizzato a lavorare presso (OMISSIS) alcuni suoi operai, che quest’ultimo pero’ non aveva poi provveduto a pagare. Da tali relazioni erano nati i passaggi dei dialoghi presi in considerazione dai giudici di merito. I toni adoperati apparivano assolutamente amicali. Le affermazioni circa l’utilizzo di un linguaggio criptico erano frutto di congetture.
I fatti posti in evidenza, sotto il profilo delle dazioni, risalivano uno al 2011 e l’altro al 2013, cosicche’ essi non avrebbero potuto ricondursi a un’unica iniziativa estorsiva, che peraltro costituirebbe l’unico reato fine dell’asserita associazione di tipo mafioso. In ordine ai rapporti con (OMISSIS) relativi alla “cessione” degli operai, (OMISSIS) era rimasto “vago” e le sue dichiarazioni si erano poste in contrasto con quanto riferito dal teste (OMISSIS), chiamato a deporre in ordine alla vicenda in questione.
Con riguardo alla tentata estorsione in danno di (OMISSIS), si osserva che benche’ per tale episodio fossero stati esclusi i gravi indizi di cui all’articolo 273 c.p.p., le stesse iniziali conversazioni intercettate e dichiarazioni rese da (OMISSIS) sono state poi ritenute idonee a supportare la pronunzia di condanna.
Invece, alla stregua di dette risultanze e tenuto conto delle spiegazioni di (OMISSIS), le richieste prese in considerazione dalla sentenza sarebbero potute, eventualmente, derivare da una mediazione commerciale svolta da detto imputato, senza potersi riscontrare alcuna forma di minaccia ovvero di violenza.
4.7. Il settimo motivo deduce violazione del Decreto Legislativo n. 152 del 1991, articolo 7 e vizi della motivazione in punto di riconoscimento dell’aggravante prevista da tale articolo, con riferimento ai fatti di estorsione menzionati nel precedente motivo.
Osserva che tali fatti non erano ricollegabili a quelli di natura associativa, di talche’ non avrebbero potuto ritenersi rivolti ad agevolare il sodalizio mafioso secondo i criteri elaborati dalla giurisprudenza in materia. Invece, e’ stata accreditata l’esistenza del metodo mafioso sulla base di elementi non fattuali.
4.8. L’ottavo motivo denunzia vizi della motivazione in punto di diniego del riconoscimento della prevalenza delle attenuanti generiche sulle aggravanti e di determinazione del trattamento sanzionatorio, giacche’ eccessivamente afflittivo.
5. (OMISSIS).
E’ stato ritenuto responsabile dei reati di cui all’articolo 416-bis c.p. (ascritto al capo A), di quello di cui all’articolo 74 Testo Unico stup. (capo B), di quello di cui all’articolo 73 cit. Testo Unico (capo K2), nonche’ di quello di estorsione in danno di (OMISSIS) (capo C) del decreto emesso il 27 settembre 2016).
Il ricorso nell’interesse di tale imputato e’ affidato a quattro motivi.
5.1 Il primo e il terzo motivo denunciano vizi e svolgono rilievi critici sovrapponibili a quelli esposti rispettivamente ne’l primo motivo e sesto motivo (con riferimento all’estorsione in danno di (OMISSIS)) del ricorso di (OMISSIS).
5.2. Il secondo motivo, che ugualmente deduce i vizi rappresentati nel secondo motivo del ricorso di (OMISSIS), oltre a riportare il medesimo contenuto di tale ultimo motivo, ribadisce (a partire da pag. 47), relativamente all’addebito del reato di cui all’articolo 74 Testo Unico stup., che immotivatamente si e’ sostenuto che (OMISSIS) avesse organizzato incontri a Lizzano per ottenere denaro proveniente da attivita’ illecite da fare poi avere a (OMISSIS). Rileva, inoltre, che non e’ stato logicamente spiegato per quale ragione (OMISSIS), nonostante detto ruolo, avrebbe commesso, o meglio tentato di commettere senza riuscirvi, modeste condotte di spaccio ovvero acquistato una volta appena cinque grammi di sostanza stupefacente da (OMISSIS), senza neppure a pagarli. Aggiunge, facendo riferimento ai fatti di cui al capo k) e ai restanti capi, che sono stati presi in considerazione modesti quantitativi e, comunque, sostanze di tipo ignoto e neppure quantificabili, cosicche’, in applicazione al canone del favor rei, avrebbero dovuto riconoscersi i presupposti previsti dall’articolo 74, comma 6 del Testo Unico stup..
5.3. Il quarto motivo denunzia violazione dell’articolo 73 Testo Unico stup. e vizi della motivazione, anche con riferimento al mancato riconoscimento della fattispecie prevista dal comma 5 dell’anzidetto articolo 73 in relazione al fatto contestato al capo K2), per il quale e’ pure rimasta affermata la responsabilita’ di (OMISSIS).
Osserva nuovamente che il ruolo associativo attribuito a (OMISSIS) non si concilia con la condotta descritta nel capo appena citato, trattandosi dell’acquisto di appena cinque grammi da un soggetto ( (OMISSIS)) che avrebbe assunto una posizione subordinata nel gruppo secondo l’intero organigramma. Ne’ sono state spiegate le ragioni dell’esclusione dell’acquisto per uso personale a fronte del modesto quantitativo e dell’assenza d’informazioni su possibili cessioni ad assuntori. Inoltre, gli stessi giudici di merito hanno evidenziato alcuni riferimenti di (OMISSIS) ai debiti che (OMISSIS) aveva verso di lui a causa delle pregresse forniture, cioe’ a relazioni incompatibili con ogni genere di rapporto associativo.
6. (OMISSIS).
Tale imputato e’ stato ritenuto responsabile del reato di cui agli articolo 416-bis c.p. (capo a) e di quello di cui all’articolo 74 Testo Unico stup. (capo b), per entrambi con il ruolo di promotore e organizzatore.
Il ricorso nell’interesse di (OMISSIS) e’ affidato a cinque motivi.
6.1. Il primo motivo denuncia violazione di legge e vizi della motivazione.
Rileva che la sentenza di appello emessa nei confronti degli originari coimputati, separatamente giudicati con il rito abbreviato, aveva escluso il carattere mafioso dell’associazione descritta al capo a), individuando con riguardo all’attivita’ di tale sodalizio, secondo conclusioni poi condivise dalla Corte di cassazione, le finalita’ afferenti solo allo spaccio di sostanze stupefacenti.
La diversa decisione sul punto si sarebbe potuta legittimamente assumere nel giudizio ordinario solo a seguito della valutazione di nuovi elementi di prova idonei a dimostrare l’esistenza di un altro genere di interessi criminali. Invece, alle originarie risultanze costituite dalle conversazioni intercettate, si sono aggiunte quelle a supporto delle contestazioni dei reati di estorsione mosse a (OMISSIS) e (OMISSIS), ritenute pero’ nella stessa sentenza impugnata non utilizzabili ai fini dell’accertamento del reato di associazione mafiosa. Sono poi intervenute solamente valutazioni di altro genere di alcune di quelle stesse conversazioni intercettate gia’ prese in considerazione dalla decisione emessa nel giudizio abbreviato Inoltre, le dichiarazioni – sopravvenute – di (OMISSIS) non permettevano di escludere che gli episodi via via citati in sentenza, ancorche’ di violenza, fossero riconducibili a regolamenti di conti nel solo settore degli stupefacenti. Ancora, tale dichiarante era stato scarcerato (dopo una detenzione di cinque anni) solamente nel 2015 e aveva riferito di non avere conosciuto (OMISSIS) o (OMISSIS), di essere stato affiliato a opera di (OMISSIS) e di essersi occupato solamente del traffico di droga; sicche’ nessuna conoscenza egli poteva rassegnare su fatti concernenti la prospettata associazione mafiosa. Stante tutto cio’, non avrebbe potuto riconoscersi la sussistenza di un sodalizio mafioso.
6.2. Il secondo motivo lamenta violazioni degli articoli 192 e 195 c.p.p. e vizi della motivazione, avuto riguardo alla valutazione ai fini di prova delle dichiarazioni di (OMISSIS), posto che, pur riferendo egli fatti appresi da altri (ossia da (OMISSIS)), non e’ stata considerata l’assenza di riscontri esterni.
6.3. Il terzo motivo denuncia violazione degli articoli 192 e 195 c.p.p. e vizi della motivazione con riferimento all’individuazione della prova della partecipazione all’associazione mafiosa, essendo state valorizzate conversazioni intercettate e dichiarazioni testimoniali di (OMISSIS) su fatti non indicativi e non riscontrati, cosi’ come sono stati svolti ragionamenti congetturali in ordine all’identificazione di (OMISSIS) nel soggetto nominato come “(OMISSIS)”.
6.4. Il quarto motivo deduce violazione dell’articolo 74 Testo Unico stup. e vizi della motivazione, in relazione alla verifica della partecipazione del ricorrente di cui trattasi all’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti – in particolare con il ruolo di promotore – attesa l’assenza di qualsiasi elemento che potesse collegarlo al predetto traffico, si’ che il relativo giudizio sulla responsabilita’ e’ rimasto ancorato a congetture riferite alla sola condotta di cui all’articolo 416-bis c.p..
6.5. Il quinto motivo lamenta mancanza di motivazione in risposta alle doglianze che avevano contestato il riconoscimento del ruolo di promotore o organizzatore e dell’aggravante dell’associazione armata quanto ai capi a) e b).
6.6. Con motivi nuovi in data 30 marzo 2020 inviati tramite posta elettronica certificata dai difensori del medesimo (OMISSIS), Avv.ti (OMISSIS) e (OMISSIS), si rappresentano doglianze affidate a quattro motivi.
6.6.1. Il primo di tali motivi denuncia violazione dell’articolo 416-bis c.p. e degli articoli 238-bis, 187 e 192 c.p.p., nonche’ vizi della motivazione.
Rileva che l’origine dell’associazione mafiosa di cui all’imputazione e’ stata ricondotta nella sentenza alla riorganizzazione di una parte della preesistente Sacra Corona Unita, ma in senso opposto e’ stata in seguito individuata, cosi’ come gia’ nel capo di imputazione, l’aggregazione di una frangia di detta Sacra Corona Unita. Avrebbe dovuto darsi conto, nel primo caso, dell’autonomo carattere mafioso del sodalizio e, nel secondo, di come e quando la frangia citata si sarebbe staccata dalla piu’ ampia organizzazione, nonche’ delle condotte di adesione a tale frangia. Cio’ pero’ non e’ avvenuto. Non si sarebbe potuto considerare, dunque, la sola derivazione della fama criminale, sul piano soggettivo attribuita unicamente a (OMISSIS). Ne’ e’ dato comprendere di quale dei gruppi antagonisti, considerati nel corso dei precedenti procedimenti, lo stesso (OMISSIS) avrebbe fatto a suo tempo parte. Inoltre, la sentenza del 31 gennaio 2005, resa nel procedimento “(OMISSIS)” anche nei confronti (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), aveva escluso l’esistenza di un gruppo mafioso capeggiato dal primo. Cio’ nonostante, in violazione dell’articolo 238-bis c.p.p., e’ stata affermata nella motivazione della sentenza impugnata l’originaria vicinanza di (OMISSIS) a un “clan (OMISSIS)”.
Nessun precedente giudiziario o elemento di prova successivamente acquisito aveva, comunque, rappresentato l’esistenza di un “clan (OMISSIS)”.
Le condotte del ricorrente sono state riferite unicamente al traffico di droga. La Corte di appello solo assertivamente ha proposto una propria idea dell’esistenza di un’associazione avente i tratti di quella mafiosa, senza misurarsi con elementi obiettivi desumibili dalle risultanze (in linea con le conclusioni raggiunte nel giudizio abbreviato) e con le specifiche doglianze difensive.
6.6.2. Il secondo motivo lamenta violazione degli articoli 238-bis, 187, 192 e 631 c.p.p., nonche’ vizi della motivazione.
Rileva che, a seguito della pronuncia di assoluzione dal reato di cui all’articolo 416-bis c.p. perche’ il fatto non sussiste nell’ambito del rito abbreviato, la condanna per tale stesso reato all’esito del giudizio ordinario, oltre a determinare le condizioni per la revisione in ragione del contrasto fra i giudicati, viola i principi fondamentali sanciti dagli articoli 3 e 24 Cost., articolo 27 Cost. (comma 3) e articolo 111 Cost..
6.6.3. Il terzo motivo deduce violazione degli articoli 191, 192, 193 e 194 c.p.p..
Osserva che il materiale probatorio considerato ai fini della condanna e’ sovrapponibile a quello apprezzato dalla pronunzia di assoluzione nel giudizio abbreviato e si fonda su esiti di intercettazioni gia’ dichiarati inutilizzabili (quelle riguardanti (OMISSIS) e (OMISSIS) e relative al procedimento “(OMISSIS)”), nonche’ su fatti di estorsioni ascritti ad altri, istruiti nel procedimento riunito e ritenuti dagli stessi giudici di appello prive di utilizzabilita’ probatoria.
Con riguardo alle dichiarazioni del collaboratore (OMISSIS), si e’ omesso di svolgere l’imprescindibile accertamento preliminare circa la credibilita’ della fonte, anche avuto riguardo alle conoscenze consentite dal suo stato di detenzione, ai contrasti che (OMISSIS) aveva avuto con (OMISSIS) da cui avrebbe appreso le notizie e alla circostanza, influente sulla genuinita’, del precedente arresto per l’omicidio.
Le propalazioni del collaboratore in ogni caso si prestavano a escludere qualsiasi coinvolgimento di (OMISSIS) nei fatti associativi contestati.
6.6.4. Il quarto motivo denuncia violazione degli articoli 468 e 493 c.p.p., nonche’ vizi della motivazione, sulla base degli stessi rilievi che sono stati mossi nel primo motivo dei ricorsi nell’interesse di (OMISSIS) e (OMISSIS), facendo inoltre presente che la prova “a sorpresa” si era tanto piu’ materializzata in quanto nei verbali di audizione di (OMISSIS) depositati non compariva (OMISSIS), mentre ne aveva parlato durante l’esame inventando fatti mai riferiti prima.
7. (OMISSIS).
Egli e’ stato ritenuto responsabile dei reati di cui all’articolo 416-bis c.p. (capo A) e articolo 74 Testo Unico stup. (capo B), nonche’ di cui al cit. Decreto del Presidente della Repubblica cit., articolo 73, (ascrittogli al capo H2), in esso assorbito il fatto descritto nel capo F2).
Il ricorso nell’interesse di tale imputato e’ affidato a tre motivi.
7.1. Il primo motivo svolge le stesse censure sulla base delle medesime osservazioni esposte nel primo motivo del ricorso nell’interesse di (OMISSIS).
7.2. Il secondo motivo lamenta violazione dell’articolo 192 c.p.p., comma 2, e vizi della motivazione sotto il profilo della logicita’, per non essersi valutata l’assenza dell’esteriorizzazione della capacita’ di intimidazione e della conoscenza altrui delle attivita’ addebitate al “gruppo”, nonche’ la mancanza dell’affectio societatis come era desumibile dalle conversazioni. Esse, infatti, dimostravano che (OMISSIS) non voleva fare sapere a (OMISSIS) il di lui coinvolgimento in fatti di droga e che questi era ritenuto inaffidabile e aveva avuto attriti in particolare con (OMISSIS), prima di una riappacificazione invisa agli esponenti del narcotraffico.
7.3. Il terzo motivo denuncia violazione dell’articolo 192 c.p.p. e Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74 e vizi della motivazione, sul rilievo che la prova della partecipazione all’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti non avrebbe potuto ritenersi raggiunta in ragione dell’affermazione della responsabilita’ in ordine al solo episodio contestato al capo H2), riguardante la cessione di appena dieci grammi di sostanza stupefacenti non meglio individuata. Condotta questa attribuita al ricorrente omettendo di considerare che la consulenza depositata aveva dimostrato come lo stesso non potesse essere la persona citata – con il diffusissimo diminutivo “(OMISSIS)” – nelle conversazioni ritenute idonee a fini di prova, pur in assenza di interventi nei dialoghi del predetto e di qualsiasi riscontro.
8. Con motivi nuovi depositati il 24 giugno 2020 nell’interesse di (OMISSIS) e (OMISSIS) dagli Avv.ti (OMISSIS) e (OMISSIS), si svolgono doglianze che denunciano vizi della motivazione e violazioni degli articoli 187, 192, 238-bis, 521 e 631 c.p.p. e articoli 3, 24, 27 e 111 Cost..
Si osserva che la ricostruzione che ha portato a ritenere il reato di associazione di tipo mafioso si e’ fondata sui seguenti passaggi: l’esistenza nel territorio di Lizzano di due compagini mafiose che per un decennio si sarebbero fronteggiate, una capeggiata da (OMISSIS), l’altra promossa da (OMISSIS); l’appartenenza a tali compagini di diversi imputati del procedimento in trattazione; l’esteriorizzazione del metodo mafioso da parte delle medesime cosche che aveva consentito a quella nuova facente capo a (OMISSIS) e (OMISSIS) di assumere le caratteristiche previste dall’articolo 416-bis c.p.; il realizzarsi in questo contesto di fatti violenti mai contestati (e percio’ ritenuti in violazione dell’articolo 521 c.p.p.) e privi di positiva verifica giudiziaria con riguardo al loro movente e all’individuazione degli autori (l’omicidio di (OMISSIS), la “scomparsa” di (OMISSIS), l’esplosione di colpi di arma da fuoco contro (OMISSIS)). Le sentenze irrevocabili rese nei procedimenti (OMISSIS) e (OMISSIS) avevano pero’ escluso il contesto mafioso di cui sopra, pervenendo all’adozione di decisioni di assoluzione in ordine al reato di cui all’articolo 416-bis c.p. perche’ il fatto non sussiste. Lo stesso risultato assolutorio si era avuto per il medesimo addebito all’esito del giudizio abbreviato nei confronti degli originari coimputati del procedimento di cui trattasi. La decisione impugnata, muovendosi fuori dal periodo della contestazione, non si e’ confrontata, come invece dovuto, con le statuizioni di cui sopra, nel giungere a conclusioni di segno diametralmente opposto. Tali conclusioni risultano alimentate da assunti circa l’affermarsi della natura mafiosa del sodalizio che poggiano in modo decisivo sui. fatti gia’ esclusi negli altri procedimenti avuto riguardo allo stesso periodo di tempo allora oggetto del giudizio. E cio’ anche tenuto conto che il solo (OMISSIS) in precedenza era stato ritenuto responsabile del reato di cui all’articolo 416-bis c.p. nel processo (OMISSIS), ma per condotte riguardanti una cosca operante negli anni âEuroËœ90 non a Lizzano e non contigua alla Sacra Corona Unita, mentre per gli altri reati contestati in quella sede il predetto era stato assolto.
Nel disattendere le altre censure difensive, la Corte di merito, incorrendo negli stessi errori di cui sopra denunciabili in sede di legittimita’, ha individuato collegamenti con la Sacra Corona Unita, ruoli associativi ricoperti dagli imputati, assertive vicende del passato neppure coerenti con l’eta’ di (OMISSIS), oltre che con l’assoluzione di (OMISSIS) intervenuta con la sentenza (OMISSIS), mentre (OMISSIS) non era mai comparso fra gli imputati dei precedenti procedimenti.
Anche i rilievi mossi a tal riguardo non hanno ricevuto adeguata risposta.
In questo modo, a fronte dello stesso addebito, sono stati disattesi i principi stabiliti dalla Corte di cassazione all’esito del giudizio abbreviato, sotto il profilo della necessaria verifica del requisito dell’esteriorizzazione del metodo mafioso.
Cio’ in ragione di una rilettura di poche conversazioni intercettate solo nel 2011 che non erano state ignorate nel giudizio gia’ definito, ma anzi erano state ritenute prive di significato, sia dai giudici di appello, sia da quelli di legittimita’.
Ne’ si e’ considerato che il dialogante (OMISSIS) non era stato individuato nei precedenti processi come inserito nel contesto mafioso al quale ci si e’ riferiti; ne’ ancora ci si e’ misurati con l’esito del suo esame dibattimentale.
Pertanto, le conversazioni di cui trattasi, cosi’ come le dichiarazioni rese da (OMISSIS), non potevano consentire di superare i decisivi contrasti di cui sopra.
Detto collaboratore aveva riferito che le sue conoscenze partivano dal 2015 (cioe’ dal momento della sua scarcerazione) e si era soffermato solo su alcune vicende coeve relative al traffico di stupefacenti, mentre l’addebito del reato di cui all’articolo 416-bis c.p., concernente fatti diversi ed estranei allo stesso (OMISSIS), si fermava al 2012 e gia’ nel 2014 era intervenuta misura cautelare.
Il collaboratore, peraltro, aveva chiarito di non conoscere (OMISSIS) e (OMISSIS).
9. (OMISSIS).
E’ stato ritenuto responsabile del reato di cui all’articolo 74 Testo Unico stup. ascrittogli al capo B) e di quelli di cui all’articolo 73 cit. Decreto del Presidente della Repubblica ascrittigli ai capi H1) e S1). Il ricorso nell’interesse di tale imputato e’ affidato a due motivi.
9.1. Il primo motivo lamenta violazione degli articoli 125, 192 e 546 c.p.p., articolo 81 c.p. e articoli 73 e 74 Testo Unico stup., nonche’ vizi della motivazione.
Con riferimento all’addebito della partecipazione al sodalizio descritto al capo b), rileva che con i motivi di appello era stato rappresentato che (OMISSIS), rivolgendosi per acquisti di stupefacenti in un certo periodo al referente dell’organizzazione di Lizzano ( (OMISSIS)) e non a quello di Torricella ( (OMISSIS)), ossia del luogo di residenza e della piazza di spaccio, aveva mostrato di non essere legato alle regole associative che avrebbero caratterizzato la struttura considerata, secondo le indicate ripartizioni delle forniture verso i terminali di spaccio. Risultava, inoltre, che il ricorrente aveva destinato parte dello stupefacente per uso personale ed era rimasto insolvente nei confronti del fornitore (OMISSIS). Di talche’, il traffico non aveva determinato il versamento di introiti al sodalizio. Ne’ poteva rilevarsi l’esistenza del dolo richiesto dal reato associativo di cui trattasi.
La sentenza impugnata ha, invero, continuato a desumere la partecipazione all’associazione dagli stessi elementi indicati per dimostrare i reati di cui all’articolo 73 Testo Unico stup., pur dando atto che (OMISSIS) doveva essere “allontanato” e che erano rimasti provati solamente due acquisti, avvenuti in un arco temporale di alcuni mesi e riguardanti un quantitativo di sostanza stupefacente ricondotto all’ipotesi di cui al comma 5. Di modo che non avrebbe potuto essere configurato il rapporto associativo in ragione della stabilita’ dei legami afferenti alla fornitura.
9.2. Il secondo motivo denuncia violazione degli articoli 125, 192 e 546 c.p.p., articolo 81 c.p. e Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5 e articolo 74, comma 6, nonche’ vizi della motivazione.
Rileva che non e’ stata fornita convincente risposta alla censura riguardante l’esclusione della fattispecie prevista dal succitato articolo 74, comma 6, poiche’ non si e’ considerato che i fatti ritenuti accertati, che avrebbero dato luogo alla fattispecie associativa, avevano le caratteristiche descritte dal cit. cit. D.P.R., articolo 73, comma 5 ed erano inquadrabili, cosi’ come descritti nella sentenza, nell’ambito dei rapporti tra acquirenti/spacciatori di ridotta capacita’ operativa.
Peraltro, e’ stato asserito il collegamento del gruppo operante a Torricella con l’associazione di tipo mafioso, quando, pero’, tale ricostruzione neppure era stata fatta propria dalla formulazione dell’imputazione mossa al capo B).
10. (OMISSIS).
E’ stato ritenuto responsabile dei reati di cui all’articolo 74 Testo Unico stup. ascritto al capo B), di quelli di cui all’articolo 73 cit. Decreto del Presidente della Repubblica ascrittigli ai capi Q1), Y1), E2), nonche’ di quello di detenzione illegale di esplosivo di cui al capo J2).
Il ricorso nell’interesse di tale imputato e’ affidato a un unico motivo, nel quale, preliminarmente, si fa riferimento alla denuncia di vizi della motivazione e di violazioni di legge, specificatamente dell’articolo 74 Testo Unico stup., dell’articolo 192 c.p.p. e articolo 73 del suddetto Testo Unico stup., del comma 4 di tale ultimo articolo.
Si rileva che l’affermazione della responsabilita’ per il reato associativo si e’ illegittimamente basata sull’asserita individuazione di una serie di scambi aventi a oggetto sostanze droganti. Dalle conversazioni intercettate, tuttavia, poteva desumersi che (OMISSIS) veniva indicato da (OMISSIS) come un soggetto non “associato” divenuto assuntore dello stupefacente, al quale era stata ceduta tale sostanza nell’ordine di “un pezzo” alla volta.
Null’altro era emerso a carico di (OMISSIS). Sicche’, le risultanze di cui sopra non potevano provare la condotta associativa.
In relazione agli altri addebiti concernenti il reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, si espone, con riferimento ai capi Y1) e Q1), che (OMISSIS), originario coimputato degli stessi reati, all’esito del giudizio abbreviato era stato ritenuto responsabile in relazione a fatti concernenti la droga “leggera” e non “pesante”; mentre con riguardo al capo E2) si rappresenta che il Tribunale del riesame limitatamente a tale addebito aveva disposto la “scarcerazione” di (OMISSIS).
11. (OMISSIS).
E’ stato ritenuto responsabile del reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73 ascritto al capo L), fatto qualificato ai sensi del comma 4 di tale articolo.
Il ricorso nell’interesse di (OMISSIS) e’ affidato a tre motivi.
11.1. Il primo motivo lamenta violazione dell’articolo 192 c.p.p. e manifesta illogicita’ della motivazione, sul rilievo che l’unica conversazione intercettata da cui e’ stata desunta la cessione a terzi dello stupefacente indicato nell’imputazione di cui al capo L), non risultava chiara, univoca e riscontrata in relazione all’esclusione dell’uso solo della sostanza, essendo peraltro difficilmente immaginabile che otto grammi ovvero otto dosi di droga “leggera” potessero essere stati destinati ad altro. Nella sostanza la decisione, affidandosi a mere congetture, ha illegittimamente posto a carico dell’imputato l’onere di provare la detenzione della sostanza stupefacente per uso esclusivamente personale.
11.2. Il secondo motivo denuncia violazione dell’articolo 530 c.p.p., comma 2, e vizi della motivazione, lamentando che a causa del percorso gia’ descritto nel precedente motivo, non sono stati rispettati i parametri richiesti in materia di certezza della prova su cui fondare l’affermazione della responsabilita’.
11.3. Il terzo motivo prospetta. nuovamente l’esistenza dei vizi di cui all’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) e c), sul rilievo che, in considerazione della quantita’, del tipo di stupefacente e dell’episodicita’ della condotta, avrebbe dovuto essere riconosciuta la “lieve entita’” ai sensi del Testo Unico stup., articolo 73, comma 5.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. La sentenza impugnata va parzialmente annullata nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS): per quanto riguarda il primo, limitatamente ai capi Q1) e Y1) e con riferimento esclusivo al tipo di droga illecitamente detenuta; mentre per quanto attiene al secondo, limitatamente alla sussistenza dell’ipotesi di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5 (capo L) e al relativo trattamento sanzionatorio. I ricorsi di (OMISSIS) e (OMISSIS) debbono essere, nel resto, rigettati. Vanno, altresi’, rigettati – e per intero – i ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS).
2. Prima di esporre le ragioni della decisione, occorre dare atto che per nessuno dei reati ascritti ai ricorrenti e’ maturata la prescrizione, tenuto conto che per quelli per cui e’ previsto il termine piu’ breve di anni sei, prolungati per le interruzioni ad anni sette e mesi sei, ha operato la sospensione del medesimo termine, in ragione delle ordinanze che hanno disposto la sospensione dei termini di durata massima della custodia cautelare durante la pendenza dei termini per il deposito delle sentenze di primo e secondo grado (per un totale 180 giorni), nonche’ in primo grado per la particolare complessita’ del dibattimento (dal 10 luglio 2015 fino alla data della sentenza di primo grado).
Va, infatti, ribadito l’insegnamento di legittimita’ secondo cui la sospensione dei termini di custodia cautelare, deliberata con specifica ordinanza, determina in entrambi i suddetti casi, ai sensi dell’articolo 159 c.p., comma 1, la sospensione della prescrizione (Sez. 6, n. 31875 del 12/04/2016, Armenise, Rv. 267982; del Sez. 2, n. 677 del 10/10/2015, dep. 2015, Di Vincenzo, Rv. 261557). E come pure precisato da questa Corte, con riguardo all’ipotesi di cui all’articolo 304 c.p.p., comma 2, ma con argomentazioni estensibili a quella prevista dal comma 1, lettera c) dello stesso articolo, la sospensione della prescrizione di cui trattasi opera per tutti i reati per cui si procede e per tutti gli imputati, a prescindere, pertanto dallo stato cautelare dei singoli e dal titolo dei reati, stante la natura obiettiva della causa di sospensione e l’impossibilita’ di procedere a distinzioni tra le diverse posizioni dell’unico processo, da intendersi globalmente complesso (Sez. 6, n. 15477 del 28/02/2014, Rv. 258967).
3. I ricorsi nell’interesse di (OMISSIS) e (OMISSIS).
3.1. Il primo motivo di entrambi i ricorsi ripropone le eccezioni processuali riguardanti l’ammissione dell’esame dibattimentale del collaboratore (OMISSIS), indicando, nella intitolazione, una violazione sanzionata a pena di inammissibilita’ che parrebbe essere riferibile al deposito della lista ex articolo 468 c.p.p., comma 1.
L’esposizione dei rilievi critici svolta nel proseguo, facendo riferimento alla violazione dei diritti di difesa in ragione di una prova di accusa dedotta “a sorpresa” che, per le modalita’ della sua ammissione, non avrebbe dato la possibilita’ di esercitare il diritto alla controprova – a discolpa, sembra invece eccepire una nullita’ di ordine generale ai sensi di cui all’articolo 178 c.p.p., lettera c).
Tale nullita’, poiche’ estranea alle ipotesi previste dall’articolo 179 c.p.p., va ricondotta a quelle sottoposte al regime di cui all’articolo 180 c.p.p. e dunque alle preclusioni in ordine alla deducibilita’ contemplate dall’articolo 182 c.p.p. Sicche’, nella specie, trattandosi di un atto cui la parte assisteva, l’eccezione di nullita’, secondo quanto previsto dal comma 2 dell’articolo da ultimo citato, avrebbe dovuto sollevarsi immediatamente dopo il compimento dello stesso atto. Di contro, da quanto emerge dall’esposizione dello svolgimento del processo di primo grado e non risulta smentito dalla rappresentazione delle doglianze, l’eccezione di cui trattasi veniva dedotta solamente in sede di discussione finale.
Tanto a prescindere da quanto appresso si rilevera’ a smentita delle censure.
Con riguardo alle conseguenze associate alle stesse obiezioni sotto il profilo dell’inammissibilita’ e inutilizzabilita’ della prova, va dato atto che la tesi difensiva non si confronta minimamente con le spiegazioni che ne escludono i presupposti.
Invero, in risposta ai rilievi in ordine alla mancata indicazione delle circostanze sulle quali avrebbe dovuto deporre (OMISSIS), si e’ fatto notare gia’ da parte dei giudici di primo grado, in forza di osservazioni richiamate adesivamente da quelli di appello (v. pag. 59 della sentenza impugnata), come il pubblico ministero, nel richiedere l’ammissione della prova in questione, avesse dato contezza di dette circostanze gia’ attraverso il deposito dei verbali delle precedenti audizioni e le avesse, altresi’, specificatamente indicate oralmente, cosi’ attenendosi a quanto prescritto dall’articolo 468 c.p.p., comma 1, laddove compatibile con la fase del dibattimento gia’ in corso che non puo’ comportare il deposito della lista scritta, riguardando esso la precedente fase degli atti preliminari al dibattimento.
Pertanto, non si dimostra l’irritualita’ dell’introduzione della prova, una volta che le altre doglianze sono riconducibili alla prevedibilita’ o meno del contenuto delle risposte nella loro interezza in rapporto agli approfondimenti via via espletati, cioe’ a sviluppi dell’esame orale afferenti ordinariamente alla sua natura.
Il riequilibrio delle posizioni, con riguardo alla mancata conoscenza di tutti i contenuti delle precedenti dichiarazioni (ci si riferisce alla questione degli omissis riportati nei verbali esibiti), restava peraltro sempre garantito, potendo in seguito la difesa chiedere quale prova contraria il nuovo esame di (OMISSIS) e ogni altro mezzo di prova apparso utile solamente all’esito dell’esame dedotto dall’accusa.
Ma, la difesa non dava prova di volersi avvalere di tale facolta’ che avrebbe potuto esercitare oltre i limiti contemplati dall’articolo 195 c.p.p., comma 1.
Veniva cosi’ alla fine assunta soltanto la prova contraria in precedenza dedotta. Anche sotto questo profilo, dunque, si sono proposte tardivamente in sede di discussione questioni in ordine a richieste che avrebbero potuto e dovuto essere rappresentate, invece, nel corso dell’istruzione subito dopo l’esame di (OMISSIS).
Ne deriva l’infondatezza di tutte le doglianze mosse col motivo in questione.
3.2. Il secondo motivo di entrambi ricorsi nega la possibilita’ di giungere all’affermazione della responsabilita’ di (OMISSIS) e (OMISSIS) in ordine al reato di associazione di tipo mafioso (capo a), anzitutto, sul rilievo che nel giudizio abbreviato gli altri originari coimputati del medesimo reato erano stati assolti, essendo stata esclusa, con una decisione asseverata dal vaglio di legittimita’, l’esistenza di un sodalizio avente i requisiti di cui all’articolo 416-bis c.p., senza che potessero in seguito risultare decisive, ai fini del ribaltamento del giudicato, le diverse valutazioni rappresentate nella sentenza impugnata.
Come esposto dai Giudici di appello, la Suprema Corte con sentenza Sez. 3, n. 49159 del 2018, nel rigettare il ricorso proposto avverso la pronunzia di assoluzione nel separato giudizio di cui sopra con il rito abbreviato, rilevava che fra i tratti distintivi e ineludibili per poter ravvisare il sodalizio di tipo mafioso, al di la’ del metodo adoperato, vi e’ l’estensione tendenzialmente pervasiva della condotta criminosa, cosi’ che la stessa non puo’ ridursi alla commissione di una sola tipologia di reati. Infatti, l’elemento che con riguardo al profilo di cui trattasi caratterizza l’associazione mafiosa, distinguendola (per quanto nella specie rileva) da quella dedita solo al narcotraffico, e’ la finalizzazione del programma, comportante il metodo mafioso, verso l’imposizione di una generale sfera di dominio del territorio in forma tendenzialmente egemonica, tramite i delitti commessi, ma anche promuovendo le infiltrazioni pervasive rientranti nel catalogo di cui all’articolo 416-bis c.p., comma 3. Sono queste le condizioni, in presenza della quali, secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di legittimita’, puntualmente richiamato dalla suddetta sentenza della Corte di cassazione, Sez. 3 n. 49159 del 2018, puo’ essere configurato il concorso tra i reati di associazione di tipo mafioso e quello di associazione a delinquere finalizzata al traffico degli stupefacenti, sempre che, in aggiunta alla struttura richiesta dalla prima, sia riconoscibile un apposito assetto organizzativo funzionalmente rivolto al narcotraffico che si avvalga di specifici apporti (Sez. 6, n. 31908 del 14/05/209, Rv. 276469; Sez. 2, n. 41736 del 09/04/2018, Rv. 274077; Sez. 6, n. 563 del 29/10/2015, dep. 2016, Rv. 265762).
La motivazione della sentenza in questa sede impugnata, preso atto delle ragioni della decisione della Suprema Corte nel processo con il rito abbreviato, non ha inteso disconoscere i principi ivi richiamati a supporto della correttezza della pronuncia di assoluzione di merito in ordine al reato di cui all’articolo 416-bis c.p. Ha, tuttavia, rilevato che nella sede del giudizio ordinario oggetto di trattazione si imponevano diverse conclusioni sempre di merito, in quanto le risultanze acquisite nell’istruttoria dibattimentale rappresentavano come il programma attuato dal sodalizio, risultato operante col metodo mafioso, avesse assunto le connotazioni dell’imposizione del dominio nel territorio secondo i tratti descritti dall’articolo 416-bis c.p., di modo che la sfera pervasiva dell’agire associativo, caratterizzato da prerogative di tipo mafioso, non poteva essere ridotta al solo narcotraffico.
Da cio’ dunque l’individuazione di entrambe le associazioni indicate ai capi a) e b), sulla base del contemporaneo riconoscimento della struttura parallelamente dedita alla consumazione dei reati previsti dall’articolo 73 Testo Unico stup..
La Corte distrettuale, nell’indicare minuziosamente gli elementi di prova che la decisione con il rito abbreviato a suo giudizio non aveva preso in esame ai fini di cui trattasi, si e’ soffermata, oltre che su talune risultanze dell’attivita’ di intercettazioni a suo tempo confluite nel fascicolo del pubblico ministero, sul contributo del collaboratore (OMISSIS), sopraggiunto nel dibattimento del giudizio ordinario e, pertanto, rimasto estraneo allo scrutinio del giudice dell’abbreviato.
Benche’ i rilievi mossi sul punto nel motivo si siano rapportati solo ai temi di prova, non ci si puo’ esimere dall’osservare che alcune pronunzie di legittimita’, a fronte di decisioni assunte in due diversi giudizi nei confronti di soggetti diversi pero’ accusati di fare parte della stessa associazione criminale, hanno considerato che non puo’ ammettersi l’affermazione della responsabilita’ in uno dei medesimi giudizi quando tale pronunzia si ponga in radicale contrasto con il giudicato di assoluzione formatosi nell’altro per effetto dell’esClusione dell’esistenza dell’associazione quale fatto storico (Sez. 5, n. 23226 del 12/02/2018, Rv. 273207; Sez. 1, n, 43516 del 06/05/2014. Rv. 260702; Sez. 6, n. 695 del 03/12/2013, dep. 2014, Rv. 257849). Tale incidenza preclusiva dovrebbe operare nel caso dell’acquisizione del giudicato di assoluzione, riguardante l’insussistenza dell’associazione, nell’altro giudizio ancora in corso. Cosicche’, all’esito di quest’ultimo – a prescindere da ogni verifica probatoria – non potrebbe intervenire la condanna di imputati diversi da quelli in precedenza assolti nell’altro giudizio.
Una simile forza espansiva del giudicato, al di fuori delle condizioni previste dall’articolo 649 c.p.p. che circoscrivono l’improcedibilita’ – all’ipotesi dello stesso fatto addebitato alla stessa persona, la si giustifica rilevando che altrimenti la coerenza del sistema verrebbe compromessa, in quanto l’inconciliabilita’ delle decisioni nel senso sopra rappresentato, dopo il passaggio in giudicato di quella di condanna, darebbe causa a una vera e propria patologia da rimuovere tramite il rimedio straordinario della revisione ai sensi dell’articolo 630 c.p.p., lettera a).
Sennonche’, va intanto rilevato che cio’ e’ stato affermato in presenza di condizioni ben diverse da quelle che contraddistinguono il caso in trattazione.
Invero, in primo luogo nella specie la disarmonia delle pronunce risulta riconducibile alla stessa fisiologia dell’iter procedimentale secondo la disciplina dei diversi giudizi istauratisi nei confronti di originari coimputati per effetto delle rispettive scelte relative al rito. Cosicche’, nel giudizio a “prova contratta”, ossia in quello abbreviato all’esito del quale e’ intervenuta l’assoluzione, non ci si e’ avvalsi della stessa piattaforma probatoria che solo dopo e’ stata legittimamente acquisita nel contraddittorio e apprezzata in quello ordinario ai fini della verifica dell’addebito associativo ascritto al capo A). E cio’ secondo quanto spiegato dai giudici di merito ha assunto rilevanza, in primo luogo, per quanto riguarda la valutazione di una fonte di prova (le dichiarazioni del collaboratore (OMISSIS)) non presente nel giudizio abbreviato e, pero’, rientrante fra quelle decisive ai fini dell’accertamento nel giudizio ordinario della sussistenza dell’associazione di tipo mafioso.
Sotto altro profilo, e’ lo stesso oggetto delle divergenze decisionali, secondo i profili precisati nella sentenza di appello, che si allontana dalla sfera delle “pre-condizioni” dell’esistenza dell’associazione, per investire quella della valutazione delle sue manifestazioni sotto l’aspetto del corretto inquadramento giuridico ex articolo 416-bis c.p. Si coglie cioe’ un contrasto si’ sostanziale fra le pronunce, ma non inquadrabile in se’ nella categoria della radicale inconciliabilita’ che potrebbe rilevare ai sensi dell’articolo 630 c.p.p., lettera a) (Sez. 5, n. 633 del 06/12/2017, dep. 2018, 271928; Sez. 2, n. 14785 del 20/01/2017, Rv. 269671; Sez. 6, n. 15796 del 03/04/2014, Rv. 259804). Non vi e’, dunque, spazio per introdurre in questa sede considerazioni relative a tale rimedio straordinario.
Ma, a parte cio’, il Collegio ritiene di aderire, senza condizioni, ai principi affermati dalla Corte di cassazione Sez. 1, n. 18343 del 21/12/2016, dep. 2017, Rv. 270658, Biallo e altro, sempre in tema di rapporti fra le diverse decisioni in ordine all’esistenza o meno della medesima associazione in relazione alla cui partecipazione si e’ proceduto separatamente nei confronti di imputati diversi. Al riguardo, si e’ rilevato che, fermo restando il superamento nell’impianto del codice di rito vigente della “pregiudizialita’ penale”, in tali casi la decisione di assoluzione divenuta irrevocabile, va considerata nel processo ancora in corso alla luce dell’unica pertinente disciplina prevista dall’articolo 238-bis c.p., si’ da doversi valutare in ossequio alle regole dell’articolo 192 c.p.p., comma 3. Ne discende che ci si puo’ discostare dalle conclusioni del precedente giudizio di assoluzione dal reato associativo perche’ il fatto (l’associazione) non sussiste, ma e’ necessario indicare espressamente le ragioni per le quali si giunge alla diversa decisione.
Del resto, contrariamente ragionando, ossia configurando invece incondizionate e come tali insuperabili preclusioni, nell’ipotesi di cui trattasi, una volta definito il giudizio abbreviato con sentenza irrevocabile di assoluzione dal reato di cui all’articolo 416-bis c.p. con detta formula, non potendo giungere il giudizio ordinario a una diversa decisione, neppure si giustificherebbe il proseguo del suo svolgimento e la sua stessa istruzione dibattimentale, poiche’ l’acquisizione di ogni elemento di prova, pur sopravvenuto, resterebbe sempre sottratta all’apprezzamento del giudice procedente, il quale cosi’ non potrebbe che immediatamente “certificare”, con una pronunzia di assoluzione solo adesiva, l’impossibilita’ dell’autonoma verifica in contraddittorio della fondatezza dell’accusa, secondo le prerogative costituzionalmente riconosciutegli (articolo 101).
Fatte queste premesse, va rilevato, sempre con riguardo all’imputazione del reato di associazione di tipo mafioso, che la sentenza impugnata (pagg. 63 e ss.), pur a fronte di una decisione di primo grado ampiamente motivata, ha soffermato di nuovo l’attenzione sui principali elementi probatori acquisiti, distinguendo correttamente due momenti di analisi in relazione all’accertamento della sussistenza delle caratteristiche di tipo mafioso del sodalizio in considerazione.
I Giudici di appello hanno, in primo luogo, illustrato le ragioni della loro adesione alle conclusioni di primo grado in ordine all’esistenza delle manifestazioni concrete dell'”avvalimento” del metodo mafioso, sotto il profilo delle sue ricadute effettive sia all’interno, che all’esterno del sodalizio. Hanno cosi’ dato di nuovo dettagliatamente contezza della faida verificatasi a Lizzano fra gruppi criminali contrapposti che aveva visto prevalere quello individuato nel capo di imputazione. E cio’ dopo diversi anni di eclatanti manifestazioni intimidatorie e di iniziative di estrema violenza nel territorio, che si erano spinte fino all’eliminazione fisica dei principali esponenti della fazione “perdente”. La scia di delitti ai danni degli appartenenti a tale fazione si era arrestata con la lupara bianca della quale era rimasto vittima nel marzo 2011 (OMISSIS), il quale era considerato un esponente di punta nel piu’ vasto contesto della Sacra Corona Unita, rispettato anche fuori dal territorio di Lizzano. L’utilizzo dei metodi di cui sopra, perfettamente confacenti a quelli delle consorterie mafiose, aveva avuto l’effetto di creare un clima di omerta’ nella popolazione, rimasta atterrita dai mezzi messi in campo e dalle sistematiche violenze, tanto da temere nel tempo una nuova escalation e da non prestare collaborazione alle indagini in ordine ai gravi fatti delittuosi via via avvenuti, pur essendo questi caduti sotto gli occhi di tanti.
Tutto cio’, sempre secondo quanto illustrato dalla Corte di appello, rimaneva confermato dalle informazioni tratte dalle captazioni che vedevano comparire (OMISSIS), facente parte della fazione “perdente” e rimasto anche lui vittima di un attentato a colpi di arma da fuoco nel mese di marzo del 2011. Indicazioni nello stesso senso sono state colte in altre conversazioni intercettate aventi come protagonista, fra gli altri, (OMISSIS) (pure ritenuto intraneo al gruppo dominante) o in parte delle deposizioni di alcuni parenti di (OMISSIS) e (OMISSIS), che riportavano anche le confidenze fatte da questi ultimi prima delle rispettive uccisioni da ricondurre alla cruenta faida di cui sopra.
Gli appartenenti al gruppo criminale risultato ormai “vincente” erano sottoposti a rigidi vincoli di sottomissione e di fedelta’ ai capi, secondo precise regole associative la cui disobbedienza avrebbe potuto comportare forti ritorsioni, come pure confermato dal contenuto delle conversazioni di (OMISSIS) di cui alle captazioni.
Quest’ultimo veniva, inoltre, ascoltato mentre descriveva l’organizzazione interna del consesso criminale in questione, attraverso riferimenti a posizioni di appartenenza, a rituali di affiliazione, a ripartizioni e ad assetti gerarchici che replicavano quelli notoriamente propri della Sacra Corona Unita. Lo stesso interlocutore illustrava, altresi’, che si aveva una figura associativa – della quale egli stesso faceva in quel momento parte – che aveva “preso in mano” il territorio di Lizzano, in modo da tenere sotto controllo persino i semplici furti (come avvenuto in occasione della sottrazione di un autocarro) e di non doversi piu’ ripetere la conflittualita’ del passato: la base operativa del sodalizio nel paese di Lizzano era costituita dalla masseria dei (OMISSIS); la leadership locale veniva assunta da (OMISSIS); sopra di lui vi era (OMISSIS); questi presenziava alle affiliazioni, in quanto “teneva il medaglione con la catena”, operava cioe’ quale massimo rappresentante nella zona della Sacra Corona Unita.
Alle informazioni provenienti dall’interno, rappresentative dell’incontrastato predominio territoriale conquistato da detto clan tramite violenze e minacce fino all’eliminazione dei piu’ qualificati antagonisti, si accompagnavano quelle altre, sempre desunte dai dialoghi sottoposti a intercettazione, in cui compariva (OMISSIS), che, quale esponente dell’altra fazione “perdente”, non poteva che prendere atto del consolidarsi delle condizioni di supremazia degli avversari.
Le dichiarazioni di (OMISSIS) (dissociatosi nel 2015), sempre secondo le valutazioni di merito gia’ esposte nella sentenza di primo grado e poi ribadite in quella di appello tramite nuove analisi critiche, venivano a confermare lo scenario associativo di cui sopra, avuto riguardo alle posizioni di vertice, ai collegamenti tramite (OMISSIS) con i gruppi ormai storici di matrice mafiosa della provincia, all’operativita’ nel tempo delle medesime dinamiche criminali.
Quanto appena rappresentato, che costituisce solo la sintesi delle illustrazioni di merito, da’ conto del radicarsi della forza d’intimidazione e delle condizioni di assoggettamento e di omerta’ derivanti dal vincolo associativo, in termini effettivi e ben percepibili, oltre che all’interno, all’esterno del sodalizio, tenendo presente il territorio dove concretamente operava l’organizzazione.
Si va cioe’ ben oltre la pur significativa constatazione del collegamento con la struttura mafiosa della Sacra Corone Unita nei termini in cui esso appare rappresentato dalla posizione di (OMISSIS) avente la dote “completa” e dalla replica dei moduli organizzativi e dei rituali formali della suddetta consorteria.
La motivazione della Corte di appello, partendo da tali presupposti, si e’ poi fatta carico, attraverso altri puntuali approfondimenti, di affrontare il tema dell’ampiezza del programma perseguito con il metodo mafioso, individuando finalita’ di monopolizzazione non riconducibili al solo traffico di stupefacenti, ma progettualmente rivolte al dominio del territorio sul versante delle infiltrazioni nel tessuto sociale, nei termini descritti dall’articolo 416-bis c.p., comma 3.
Tale tema, pur opportunamente fatto oggetto di una separata verifica, e’ certamente connesso – anzitutto sotto il profilo delle interferenze probatorie – con quello delle modalita’ della manifestazione sul territorio del metodo mafioso.
Si parte, invero, dalla considerazione che tutto lo scenario della cruenta guerra fra clan contrapposti per piu’ di un decennio faceva ragionevolmente pensare a estesi progetti di predominio aventi una sfera pervasiva non riducibile a regolamenti di conti nell’intento di accaparrarsi il mercato locale dello spaccio.
In tal senso, considerandosi poi i risultati ottenuti sul piano del predominio mafioso, si ritengono indicativi alcuni chiarimenti nei dialoghi di (OMISSIS) in ordine allo stesso concetto dell’avere “in mano” il territorio – secondo le prerogative della consorteria “vincente” – evocato nelle conversazioni di (OMISSIS).
Segnatamente, si rileva che (OMISSIS), avuto riguardo al predominio raggiunto dagli esponenti del clan di Lizzano capeggiato da (OMISSIS), si trovava amaramente a constatare che costoro potevano permettersi di acconsentire alla commissione di furti persino in danno dei “paesani” e di costringerli a cedere le proprieta’ immobiliari sotto la minaccia di attentati incendiari, tanto che gli abitanti di quel centro avevano paura persino quando passeggiavano per strada.
Da cio’ si aveva anche la conferma dell’assoggettamento imposto all’esterno.
Con riferimento alle infiltrazioni nella contesa elettorale e nel tessuto amministrativo, anch’esse tipicamente riferibili ai fini dell’associazione mafiosa, la sentenza di appello, oltre a rimarcare piu’ risalenti vicende che avevano visto (OMISSIS) poco prima di essere ucciso rifiutare di aderire a direttive aventi a oggetto appoggi in occasione delle elezioni locali, si sofferma ad analizzare e apprezzare nuovamente la vicinanza al sindaco di Lizzano, desunta in primo grado dal contenuto di alcuni dialoghi di (OMISSIS) con (OMISSIS), nonche’ altre conversazioni fra (OMISSIS) e (OMISSIS) in cui il primo si rivolgeva al secondo al fine di contattare un assessore comunale per ottenere un riscontro su quanto richiesto e richiamarlo all’ordine da una posizione di predominio (all’amministrare si doveva far presente: “Ti devi… ti muovere o ti dobbiamo licenziare proprio’).
Le conoscenze messe a disposizione da (OMISSIS) sono state anch’esse ampiamente considerate sotto il profilo dell’estensione dell’operativita’ mafiosa, laddove si e’ rilevato che lo stesso confermava non solo la presenza sul territorio del predominio di un’unica organizzazione facente capo tramite (OMISSIS) a (OMISSIS), ma anche la gestione mafiosa da parte di essa di ogni interesse illecito e, pertanto, non solo del monopolio del traffico locale degli stupefacenti.
Ed allora, non sono mancate le argomentate spiegazioni di merito in grado di dare puntuale contezza della costituzione di un’associazione che ha potuto manifestare in modo effettivo e obiettivamente percepibile il metodo mafioso nel territorio, si’ da non mutuarlo solo da collegamenti organizzativi e verticistici con la Sacra Corona Unita e dall’adozione delle regole formali e interne della stessa, avendosi il riscontro in concreto all’esterno della capacita’ di condizionamento mafioso nel contesto socio-economico di riferimento della specifica formazione.
Attraverso il percorso sopra illustrato sono state in primo luogo fornite pertinenti spiegazione in ordine all’esteriorizzazione in ambito locale del metodo di cui all’articolo 416-bis c.p. secondo le caratteristiche richieste dalla giurisprudenza di legittimita’, vuoi che si tratti delle articolazioni periferiche delle mafie storiche (Sez. 1, n. 51489 del 29/11/2019, Rv. 277913; Sez. 6, n. 6933 del 04/07/2018, Rv. 275037; Sez. 1, n. 55359 del 17/06/2016, Rv. 269043), vuoi quando una nuova formazione, per la quale non puo’ rilevare il collegamento con una di dette mafie, operi in un certo territorio con metodi e manifestazioni ugualmente mafiosi, ancorche’ privi di massiccia incidenza e di una generalizzata percezione (Sez. 5, n. 26427 del 20/05/2019, Rv. 276894; Sez. 5, n. 44156 del 13/06/2018, Rv. 274120; Sez. 2, n. 24851 del 04/04/2017 Rv. 270442).
In secondo luogo, sono state specificatamente illustrate le ragioni per cui, contrariamente alla decisione definitivamente intervenuta nel giudizio abbreviato, e’ stata rilevata la sussistenza degli estremi dell’associazione di tipo mafioso, sotto il profilo della manifestazione del programma sul versante del predominio finalistico descritto dall’articolo 416-bis c.p., comma 3 e, pertanto, non limitato al narcotraffico. Sicche’, anche con riferimento a tale aspetto ci si e’ uniformati agli obblighi di motivazione, secondo le regole di verifica “rafforzata” nel caso di specie imposti dall’articolo 238-bis c.p.p..
Le osservazioni critiche dei ricorrenti non scalfiscono il corretto percorso motivazionale appena descritto gia’ quando si limitano a rilevare, sempre con riguardo al tema del giudicato di assoluzione, che le conversazioni in cui compare (OMISSIS) erano state gia’ acquisite nel corso delle indagini preliminari.
Inoltre, sotto il profilo temporale si obietta che la faida alla quale si e’ fatto riferimento precedeva le vicende da considerare ai fini della possibilita’ della costituzione dell’associazione mafiosa.
Ma non si tiene conto che l’imputazione di cui trattasi assume come momento iniziale del fatto il mese di aprile 2010, mentre le manifestazioni mafiose sostanziatesi nelle eliminazioni degli avversari citate dai giudici di merito, pur partendo da epoca risalente, si protraevano fino al marzo 2011. Nello stesso anno si colloca poi l’intero scenario associativo avente il carattere mafioso come desunto alla stregua delle intercettazioni. E le convergenti informazioni di (OMISSIS) si spingono ancora piu’ avanti nel tempo.
Le altre argomentazioni critiche sono caratterizzate per un’ampia parte da prospettazioni meramente assertive che ignorano le chiare rappresentazioni in senso contrario esposte nella motivazione della sentenza impugnata, a partire dal momento in cui la difesa assume che non sarebbero state rilevate attivita’ mafiose riferibili al “gruppo” degli imputati (in aggiunta al citato interesse a fatti di droga) e che l’organigramma descritto non avrebbe incluso (OMISSIS) e (OMISSIS).
Altro difetto di fondo che contraddistingue le censure, sotto l’aspetto gia’ della mancanza dei necessari requisiti della specificita’, e’ quello di isolare l’apprezzamento delle singole fonti e alcune parti delle rappresentazioni motivazionali che le riguardano. Cio’ avviene in primo luogo: per i diversi passaggi delle conversazioni intercettate nei quali compare come interlocutore (OMISSIS); per le notizie fornite dagli altri familiari di (OMISSIS); per le osservazioni su certi contatti fra alcuni degli imputati. Si muovono cosi’ critiche che, non misurandosi con l’articolata sequenza valutativa descritta nella motivazione in un contesto espositivo che si rapporta anche alle altre risultanze, non possono mettere a fuoco la rilevanza delle obiezioni circa i dati presi di mira. Di talche’, non e’ possibile percepire la loro reale idoneita’ a porre in crisi l’intera tenuta decisionale in ordine all’imputazione di cui al capo A). Tanto, fermo restando che le ricostruzioni alternative neppure focalizzano il nitido significato delle specifiche illustrazioni cui via via riferiscono. Cosi’, ad esempio, sfuggono le preoccupazioni, e percio’ le cautele, che potevano improntare l’approccio degli indicati esponenti della fazione “perdente” in occasione degli incontri con i (OMISSIS), nella masseria in cui non casualmente compariva anche (OMISSIS).
Questa impostazione difensiva, che non si misura con le mirate spiegazioni, contraddistingue regolarmente i rilievi rivolti all’attendibilita’ delle fonti di prova.
Inoltre, quando si afferma l’incompletezza probatoria dei dialoghi captati citando regole di verifica esterna, non si considera l’insegnamento di legittimita’ secondo cui gli elementi raccolti tramite le intercettazioni di conversazioni, anche se non vi abbia partecipato l’imputato, possono costituire fonte di prova soggetta al generale criterio valutativo del libero convincimento razionalmente motivato senza bisogno dei riscontri ex articolo 192 c.p.p., comma 3, (Sez. 6, n. 5224 del 02/10/2019, dep. 2020, Rv. 278611; Sez. 5, n. 40061 del 12/072019, Rv. 278314) Sez. 5, n. 4572 del 17/07/2015, dep. 2016, Rv. 265747).
Per quanto riguarda i rilievi che si riferiscono alle dichiarazioni accusatorie del collaboratore (OMISSIS), va ancora chiarito che la Corte ha premesso che ad ampia parte delle sue accuse va applicato il principio secondo cui la chiamata di correo non puo’ definirsi “de relato” quando proviene da un soggetto che riferisce su quanto appreso sui fatti e sull’organigramma del sodalizio di cui fa parte, trattandosi di un patrimonio comune di conoscenze al quale il dichiarante ha direttamente accesso per la personale condivisione della vita associativa da intraneo (Sez. 2, n. 49082 del 17/04/2018, Rv. 274808; Sez. 1, n. 28239 del 20/02/2018, Rv. 273344; Sez. 1, n. 38321 del 19/09/2008, Rv. 241490).
A fronte di cio’, si sostiene da parte della difesa che (OMISSIS) avrebbe riferito fatti non concernenti la propria organizzazione, ma non si spiega nello specifico a cosa ci si voglia riferire, ne’ si considera quanto esposto nella sentenza in ordine alla ricostruzione da parte del dichiarante dell’esistenza di un unico sodalizio, che vedeva aderire il gruppo di (OMISSIS) (e pertanto lo stesso (OMISSIS)) e si trovava sotto il comando di (OMISSIS), il quale poteva servirsi di (OMISSIS) come suo braccio destro, nel contesto di una sfera di azione associativa estesa alle tipiche finalita’ mafiose e oltre l’ambito del Comune di Lizzano, risultando cosi’ irrilevanti gli evocati limiti settoriali e territoriali degli interventi del propalante.
Ad ogni modo, va considerato che la sentenza impugnata non si e’ sottratta al motivato confronto con l’interlocuzione della fonte di riferimento, quando essa e’ stata specificatamente chiamata in causa dalle prospettazioni difensive, come nel caso della citazione e del conseguente esame di (OMISSIS); mentre, per quanto riguarda la citazione di (OMISSIS), i Giudici di appello hanno nella sostanza preso atto che nessuna smentita avrebbe potuto aversi per effetto di tale iniziativa poiche’ il predetto si era poi avvalso della facolta’ di non rispondere.
E posto che comunque la conferma delle notizie da parte della fonte di riferimento non rappresenta una condizione necessaria per la positiva verifica dell’attendibilita’, non possono che ritenersi gia’ in tutto esaustive le approfondite verifiche intervenute, sotto il profilo del controllo intrinseco, estrinseco e infine complessivo, nelle restanti parti della motivazione, in piena sintonia con i criteri dettati da Sez. U., n. 20804 del 29/11/2012, dep. 2013, Aquilina, Rv. 255145.
Nell’ambito di tali apprezzamenti si spiega che un peso di speciale rilevanza puo’ assegnarsi ai molteplici riscontri “esterni”, ampiamente passati in rassegna attraverso riferimenti in massima parte rivolti all’esito delle intercettazioni e in primo luogo a quello gia’ citato con riferimento alla natura mafiosa del sodalizio.
Le obiezioni dei ricorrenti, sotto quest’ultimo aspetto, neppure tengono in debito conto, avuto riguardo alle accuse di partecipazione all’associazione mafiosa mosse a (OMISSIS) e (OMISSIS), del principio, anch’esso richiamato nella motivazione della sentenza, secondo cui in tema di accertamento della responsabilita’ in ordine al reato di associazione di tipo mafioso, ai fini delle valutazioni richieste dall’articolo 192 c.p.p., comma 3, il “riscontro individualizzante” non deve necessariamente riferirsi agli stessi fatti narrati dal dichiarante, potendo riguardare qualsiasi accadimento purche’ inerente sul piano dimostrativo al thema probandum, che ha propriamente a oggetto la stabile e volontaria compenetrazione dell’accusato nel tessuto organizzativo del sodalizio tramite cui si realizza la condotta partecipativa (Sez. 5, n. 32020 del 16/03/1018, Rv. 273572; Sez. 2, n. 18940 del 14/03/2017, Rv. 269658; Sez. 5, n. 17081 del 26/11/2014, dep. 2015, Rv. 263699).
Quanto poi alle critiche difensive rivolte al contenuto descrittivo delle ricostruzioni del collaboratore, va rilevato che si tratta di letture alternative o in opposizione alle valutazioni di cui alle confutazioni, o proposte in termini inediti secondo approcci di merito non ammessi in questa sede, o fondate su parziali quanto personali interpretazioni dei presupposti e dell’iter delle vicende narrate e delle condotte che ipoteticamente avrebbero dovuto tenere i loro protagonisti.
Si hanno, dunque, spunti critici tutti inidonei a dimostrare i vizi denunciati.
Con riferimento agli altri rilievi che investono il compendio probatorio acquisito a carico di (OMISSIS), giova ripetere che (OMISSIS), secondo quanto esposto nella sentenza di primo grado (pagg. 105 e 107) e ribadito in quella di appello (pagg. 98, 102, 103 e 104), ha dato conto dell’estensione alle tipiche attivita’ mafiose – quali appunto quelle relative alle estorsioni – dell’unica organizzazione diretta da detto imputato che, in ragione di prerogative estese oltre il territorio di Pulsano, operava a Lizzano a mezzo della cellula facente capo in tale territorio, in prima battuta, a (OMISSIS). Il dichiarante ha precisato di avere in prima persona sperimentato l’attivita’ delittuosa afferente allo scenario associativo con riguardo all’esercizio del traffico di sostanze stupefacenti. Ma, cio’ non toglie che egli poteva affidabilmente conoscere pure la realizzazione programmatica delle altre attivita’ mafiose, vivendo da partecipe gli interessi e la struttura del piu’ ampio apparato organizzativo che si muoveva nello stesso contesto criminale.
E la circostanza che (OMISSIS) avesse ridotti contatti diretti con (OMISSIS) appare perfettamente in linea con la ricostruzione dei rispettivi ruoli associativi.
In opposizione agli apprezzamenti espressi nella motivazione circa le prerogative riconducibili a quelle mafiose mostrate da (OMISSIS) in occasione dell’incarico a (OMISSIS) di contattare l’assessore comunale (OMISSIS), sono state proposte in queste sede solo rivalutazioni – peraltro inedite (alla luce del confronto con il contenuto dei motivi di appello) – che si riferiscono solo alla valenza della deposizione di detto amministratore locale, a fronte delle motivate confutazioni gia’ intervenute anche al riguardo con le quali non ci si confronta.
Per il resto, la difesa, opponendosi alla lettura dei fatti a riscontro delle accuse, ne isola gli indicatori relazionali dall’intero contesto in cui si innestano.
Tale inappropriato approccio, che rende i rilievi persino privi dei minimi requisiti di ammissibilita’, puo’ costatarsi con tutta evidenza anche quando si contesta l’accertamento del ruolo direttivo assunto nell’organigramma mafioso da (OMISSIS), una volta che si perde di vista l’intera descrizione del significato convergente colto dai giudici di merito – sotto il profilo di cui trattasi – nelle dichiarazioni di (OMISSIS), nel pregresso accertamento con sentenza passata in giudicato del qualificato e risalente percorso associativo dell’imputato, nelle affermazioni dell’altro collaboratore (OMISSIS) in ordine al “grado” in tale ambito raggiunto da (OMISSIS), nelle conversazioni nel corso delle quali separatamente (OMISSIS) e (OMISSIS) individuavano il predetto come colui che portava la “catena” con “il medaglione”, confermandone l’attuale posizione gerarchica di vertice, in sintonia con le prerogative formali proprie della Sacra Corona Unita alla quale si rifaceva anche l’articolazione mafiosa di Lizzano.
Con particolare riferimento alle conversazioni intercettate in cui compaiono le affermazioni di (OMISSIS), il ricorso segnala – in termini anche in tal caso inediti (sempre considerando il confronto con i motivi di appello) – un ulteriore e diverso passaggio, per invocare rivalutazioni (qui non consentite) del significato di certi contenuti, sulla base del rilievo, derivante sempre da letture solamente parziali, che la menzione della disponibilita’ del “medaglione” non riguarderebbe l’imputato (ci si riferisce alla mera citazione in detto passaggio di tale ” (OMISSIS)”).
Quanto poi alla lettura delle conversazioni intercettate il 10 ottobre 2011 che ha portato i giudici di merito a ricostruire l’attivita’ di raccolta dei proventi degli illeciti quel giorno da parte di (OMISSIS) per (OMISSIS), la difesa, oltre a non confrontarsi con i contenuti che spiegano come si discuta proprio di denaro, equivoca le osservazioni di merito in ordine al riconoscimento nella circostanza da parte degli inquirenti della voce “fuori campo” di (OMISSIS). Esse, invero, richiamano il medesimo riconoscimento, da parte di quegli stessi inquirenti, avvenuto appena cinque giorni prima, semplicemente per confermare che gli operanti, avendo ascoltato a lungo altre volte (OMISSIS) pure quale diretto interlocutore nel corso delle attivita’ di captazioni, si mostravano agevolmente in grado di individuarne la voce anche quelle volte in cui la udivano “fuori campo” (v. pagg. 87 e 88 della sentenza impugnata).
Con riguardo agli ulteriori rilievi che investono specificatamente la posizione di (OMISSIS), sempre a proposito dell’episodio del 10 ottobre 2011, va osservato che si espongono ancora una volta solo assertive perplessita’ tramite interrogativi e illazioni in ordine alla plausibilita’ dei comportamenti associati a (OMISSIS). Cio’ in ragione di mere riletture rivolte alla concorrente attivita’ di spaccio. E sugli stessi temi si aggiungono nuove obiezioni, altrettanto inammissibili, non solo perche’ non risultano ritualmente sottoposte ai giudici di merito, ma anche in quanto gia’ citando la mancata acquisizione di altri elementi si pongono in confronto diretto con la piattaforma probatoria, piuttosto che con il contenuto della motivazione.
D’altra parte, con riferimento all’imputazione del reato di cui all’articolo 416-bis c.p., le censure nell’interesse di (OMISSIS), in primo luogo, non tengono conto che (OMISSIS) quando ha parlato del ruolo assunto da tale imputato quale interfaccia di (OMISSIS) si e’ riferito all’intero contesto associativo, in cui ha collocato pure le iniziative tipicamente mafiose realizzate in aggiunta al traffico di droga che aveva visto (OMISSIS) rapportarsi direttamente con detto dichiarante.
Inoltre, la difesa, ancora una volta, a causa di una valutazione parcellizzata e incompleta delle risultanze, non ha inquadrato l’intero ragionamento di merito, laddove, accanto alle dichiarazioni accusatorie, alle conferme riguardanti la raccolta del denaro e ad alcune altre intercettazione in cui (OMISSIS) risultava interessato al traffico di stupefacenti, sono stati apprezzati a suo carico anche altri elementi, del pari convergenti: l’incarico attribuitogli da (OMISSIS) avente a oggetto l’avvertimento all’assessore (OMISSIS); il coinvolgimento di entrambi, in concorso, nella condotta estorsiva in danno di (OMISSIS); la conversazione intercettata in cui (OMISSIS), parlando di (OMISSIS), uno dei pochi rimasti fedeli al suo gruppo, narrava l’episodio in cui quest’ultimo, mentre (OMISSIS) lo stava conducendo in auto, avendo fiutato la possibilita’ che la loro destinazione fosse un luogo appartato ove sarebbe stato eliminato dagli esponenti del gruppo “vincente”, non aveva esitato a buttarsi gia’ dal veicolo.
Non puo’, quindi, cogliere nel segno ogni restante rilievo dedotto nel secondo motivo del ricorso di (OMISSIS) che si riferisce,alla sola posizione di quest’ultimo, sempre in ordine all’affermazione della responsabile per detto reato associativo.
In conclusione, dunque, il secondo motivo del ricorso nell’interesse di (OMISSIS) e quello avente la stessa numerazione articolato nel ricorso nell’interesse di (OMISSIS), con particolare riferimento all’imputazione di cui al capo A), risultano nel complesso destituiti di fondamento.
3.3. Gli altri motivi del ricorso nell’interesse di (OMISSIS).
3.3.1. Il terzo di tali motivi muove censure che si riferiscono all’affermazione della responsabilita’ in ordine al reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74 ascritto al capo B). Le critiche non si rivolgono alla possibilita’, come ritenuta in sentenza, di configurare il concorso di tale reato e di quello di cui all’articolo 416-bis c.p. ascritto al capo a), in presenza delle specifiche condizioni che sono state gia’ illustrate trattando il secondo motivo del medesimo ricorso. Negano, invece, l’esistenza di una parallela struttura associativa finalizzata al narcotraffico.
L’argomento era stato ampiamente trattato nella sentenza di primo grado, attraverso la dettagliata analisi delle risultanze, costituite dalle conversazioni intercettate e dalle dichiarazioni del collaboratore (OMISSIS) (pagg. 188 e ss.).
La sentenza d’appello non ha mancato di ritornare sul tema (pagg. 110 e ss.), laddove, oltre ad aderire all’intera ricostruzione gia’ operata dal Tribunale, ha di nuovo motivatamente apprezzato alcune delle specifiche emergenze ritenute idonee a dimostrare l’esistenza di un’organizzazione votata in pianta stabile alla finalita’ dello smercio delle sostanze stupefacenti, con la consapevole partecipazione di alcuni degli imputati e di altri soggetti ancora.
Essa era connotata da distinzioni di ruoli e “piazze” e faceva capo a un unico apparato verticistico che passando dai (OMISSIS) giungeva alla figura di (OMISSIS), in stretta correlazione con l’articolazione mafiosa. Mentre spostandosi verso la base altri – pure intranei a tale articolazione – curavano i rapporti con gli spacciatori al minuto, facendosi carico delle riscossioni nei confronti di questi ultimi in modo da renderne poi conto ai capi, anche tramite altri associati che li rappresentavano.
Le contrarie considerazioni difensive esprimono meri apprezzamenti solo su alcuni risvolti in fatto, oppongono assertive negazioni quanto alla chiarezza e significativita’ dei dialoghi intercettati, enunciano semplicemente principi, citano parziali conclusioni che sarebbero state raggiunte nel giudizio abbreviato (laddove l’esistenza del sodalizio di cui trattasi e’ stata riconosciuta con statuizione definitiva) e, in generale, non si confrontano con l’intero apparato motivazionale.
L’inidoneita’ dei rilievi a mettere in crisi il percorso giustificativo adottato appare viepiu’ evidente quando essi operano parziali riferimenti alle dichiarazioni di (OMISSIS), dal momento che, da un lato, ignorano l’intera significativita’ del loro contenuto come specificatamente illustrato e apprezzato dai giudici di merito, dall’altro denunciano l’assenza di quei riscontri che, invece, risultano parimenti rappresentati dai convergenti elementi desunti dagli esiti delle intercettazioni, secondo le motivazioni di merito ampiamente intervenute.
Il motivo, dunque, non ha alcuna attitudine a dimostrare i vizi che denuncia.
3.3.2. Tali conclusioni vanno estese in forza dello stesso genere di considerazioni al quarto motivo del medesimo ricorso, riguardante l’attribuzione a (OMISSIS) del ruolo di promotore dell’associazione finalizzata al narcotraffico.
Anche in tal caso, invero, si ignorano le ampie spiegazioni intervenute, si reinterpretano singoli risvolti in fatto che non risultano in alcun modo decisivi e si frammenta il contenuto della piattaforma indiziaria, in modo da perdersi del tutto di vista il riscontro che la prova dichiarativa ha ricevuto dagli altri elementi.
3.3.3. Anche le questioni poste con il quinto motivo riguardanti il mancato riconoscimento dell’ipotesi di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 6, isolano singoli elementi per introdurre alternative valutazioni, che alludono a questioni di merito parimenti non dedotte ritualmente con i motivi di appello in cui, quanto a detta ipotesi, non erano svolte specifiche prospettazioni e richieste.
In ogni caso, considerando il genere di approccio, non puo’ che rilevarsi che non ci si misura con le risposte in diritto e in fatto che anche sul tema di cui trattasi sono state adeguatamente offerte nella motivazione (pagg. 120 e 135).
3.3.4. Il sesto motivo muove censure che si riferiscono all’affermazione della responsabilita’ di (OMISSIS) in ordine ai reati ascrittigli ai capi c) e d).
La parte di tale motivo dedicata al capo c), ossia all’estorsione commessa in danno di (OMISSIS), riporta le stesse doglianze rappresentate nel terzo motivo del ricorso di (OMISSIS) condannato per lo stesso fatto. Pertanto, anche per a tal riguardo si procedera’ di seguito alla trattazione unitaria per i due ricorrenti.
Secondo la ricostruzione accusatoria recepita dai giudici di merito, (OMISSIS) si faceva latore di richieste rivolte da (OMISSIS) a (OMISSIS), dalle quali conseguiva, in ragione di minacce con il metodo mafioso, il versamento da parte di (OMISSIS) di somme di denaro, in piu’ riprese, fra (OMISSIS).
I giudici di appello, procedendo nuovamente all’esame critico delle risultanze in modo da rapportarsi ai rilievi posti con i motivi di appello, hanno osservato che neppure la difesa aveva negato le corresponsioni di somme di denaro da parte di (OMISSIS) desumibili dalle conversazioni intercettate, secondo la sequenza temporale descritta nel capo di imputazione. Nel senso della causale illecita delle richieste alla base degli esborsi deponeva gia’ il linguaggio criptico adoperato nei dialoghi posti in evidenza. Infatti, non vi sarebbe stato alcun bisogno di usare simili accorgimenti laddove si fosse davvero trattato dei normali rapporti di lavoro rappresentati dalla difesa. Le versioni addotte a discolpa subivano, comunque, smentita dalle dichiarazioni di (OMISSIS) che avevano disconosciuto i presupposti fattuali delle ragioni lavorative, con riferimento sia alla posizione di (OMISSIS) (egli avrebbe inteso riscuotere fatture per “noli a freddo”), sia a quella di (OMISSIS) (egli avrebbe preteso le somme in pagamento dei propri operai di nazionalita’ straniera “prestati” all’impresa di (OMISSIS) per alcuni lavori). Le difese approntate dagli imputati, per di piu’ in oggettivo contrasto fra loro, neppure si conciliavano con il ruolo di intermediario svolto da (OMISSIS) per conto di (OMISSIS) secondo quanto rappresentato dal contenuto delle intercettazioni; ne’, per quanto riguarda le giustificazioni di (OMISSIS), apparivano in linea con la sequenza cronologica delle pretese in denaro. Inoltre, (OMISSIS) aveva persino negato i pagamenti. Essi, invece, erano intervenuti come accreditato dalle stesse discolpe. Da tale reticenza, considerando la personalita’ e le prerogative mafiose dell’autore delle richieste, non poteva che derivare la conferma delle minacce implicite che avevano determinato le erogazioni in assenza di ogni causale lecita. L’intero scenario mostrava cosi’ la reiterazione di condotte estorsive consentite dall’uso del metodo mafioso confacente allo spessore criminale di (OMISSIS). Da cio’ il riconoscimento anche degli estremi di cui al Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7.
Le doglianze mosse in questa sede pongono in rilievo aspetti neppure disconosciuti dai giudici di merito riguardanti l’esistenza dei rapporti di lavoro fra i protagonisti dei fatti. Mentre il punto nodale focalizzato in sentenza e’ quello dell’esclusione della possibilita’ di riferire i pagamenti a detti rapporti. Al riguardo, sono intervenute ragionevoli spiegazioni, insindacabili in questa sede e peraltro solamente in minima parte considerate dalle censure.
E cio’ gia’ quando queste ultime ripi’-opongono una diversa lettura del contenuto dei dialoghi. I ricorsi fanno poi riferimento a toni e rapporti amicali, cosi’ sollecitando ancora una volta apprezzameriti riservati esclusivamente al merito. Fermo restando che il genere di intimidazione estorsiva in forma larvata, cosi’ come configurata in sentenza, e’ compatibile, soprattutto nelle condizioni di timore di incorrere in captazioni, con manifestazioni esteriori nei confronti della vittima dai modi apparentemente confidenziali e distesi. Ed ancora, altre non consentite valutazioni di merito vengono ulteriormente chiamate in causa da quei rilievi, aggiuntivi, che assertivamente o in termini aspecifici definiscono “vaghe” le dichiarazioni di (OMISSIS), citano quelle del teste (OMISSIS), fanno riferimento al protrarsi nel tempo della condotta, contestano le caratteristiche criptiche del linguaggio, isolano alcune modalita’ dei fatti dall’intero contesto senza cogliere la coerenze di tutte le altre considerazioni circa l’effettivo peso mafioso di (OMISSIS) e i rapporti che lo portavano a servirsi di (OMISSIS) per iniziative di natura illecita.
Ne deriva l’infondatezza delle doglianze mosse in relazione all’affermazione della responsabilita’ degli imputati in ordine al reato loro ascritto al capo c).
Con riguardo al tentativo di estorsione in danno di (OMISSIS) contestato al capo d), per il quale e’ stata ritenuta la responsabilita’ del solo (OMISSIS), vengono in evidenza le conversazioni captate che fotografano le richieste di quest’ultimo nei confronti di detta persona offesa; richieste alle quali, sulla base di argomentati ragionamenti, si e’ attribuito il significato della pretesa di somme di denaro che avrebbero dovuto corrispondersi quale aggio di un “affare”, consistito nella cessione di una rivendita di tabacchi da parte di detto (OMISSIS).
Gli “avvertimenti” di (OMISSIS) colti nel contesto di tali interlocuzioni e la lettura in termini di assoggettamento del comportamento di (OMISSIS) hanno fatto desumere la minaccia implicita rivolta a imporre il pagamento del “pizzo”.
Anche in tal caso i giudici di appello si sono soffermati sulle ragioni per cui potevano ritenersi intrinsecamente inattendibili e smentite (gia’) dalle risultanze delle intercettazioni, le diverse ricostruzioni dell’imputato e della persona offesa.
Le doglianze mosse in sede di ricorso, oltre a non spiegare i motivi per cui ci si dovrebbe ora uniformare all’opposta decisione a suo tempo assunta dal Tribunale del riesame nell’ambito del procedimento incidentale de libertate, continuano ad assumere che si sarebbe dovuto dare credito alla versione sostenuta da (OMISSIS), secondo cui si sarebbe trattato di un compenso lecito richiesto per un’attivita’ di mediazione nella vendita dell’esercizio di (OMISSIS).
In tal modo, pero’, non si considerano le ragionevoli confutazioni intervenute nella sentenza di appello che ribadiscono come il tenore dell’esplicita richiesta di denaro (“hai mangiato solo- Mo’ mi devi fare mangiare tu a me”) e il richiamo al “dovere”, una volta che (OMISSIS) aveva dato in effetti in via libera all’affare, non potessero conciliarsi col tipo di ricostruzione in fatto sostenuto dalla difesa.
Inoltre, le censure, quando fanno riferimento all’assenza di intimidazioni, non si rapportano ancora una volta con la rappresentazione degli indicatori apprezzati dai giudici di merito per ravvisare la minaccia nella forma implicita.
3.3.5. Il settimo motivo del ricorso nell’interesse di (OMISSIS) deduce violazione del Decreto Legislativo n. 152 del 1991, articolo 7 e vizi della motivazione in punto di riconoscimento dell’aggravante prevista da tale articolo, con riferimento ai delitti di estorsione e tentata estorsione rispettivamente contestati ai capi c) e d).
Le doglianze al riguardo risultano manifestamente inammissibili poiche’, al di la’ di alcuni assertivi riferimenti, continuano a contestare solo l’assenza dei presupposti del fine di agevolare l’attivita’ dell’associazione di tipo mafioso, mentre, come ancora ribadito nella sentenza di appello sulla base di precise indicazioni con le quali il ricorso non si confronta, l’aggravante di cui trattasi e’ stata riconosciuta in ragione del profilo oggettivo dell’uso del metodo mafioso. E, come pure risulta dall’esposizione dei motivi di appello, gia’ davanti al giudice di secondo grado non si formulavano sotto tale aspetto specifici rilievi, cogliendosi al piu’ solo accenni a principi in materia di verifica degli effetti della condotta.
3.3.6. L’ottavo motivo denunzia vizi della motivazione in punto di diniego del riconoscimento della prevalenza delle attenuanti generiche sulle aggravanti e di determinazione del trattamento sanzionatorio, poiche’ eccessivamente afflittivo.
Ma, si tratta di deduzioni tutte inammissibili poiche’ riguardano punti della decisione che non risultano ritualmente investiti dai motivi di appello, posto che tramite questi ultimi, a fronte dei pertinenti riferimenti al riguardo (in particolare a proposito dei precedenti e delle gravi modalita’ della condotta) individuabili nella sentenza di primo grado (pag. 268), non sono state svolte considerazioni critiche, ma ci si e’ limitati nelle conclusioni ad avanzare semplicemente richieste.
3.4. Sono stati gia’ confutati il primo motivo per intero, il secondo motivo quanto all’addebito del reato di cui all’articolo 416-bis c.p. e il terzo motivo per intero, tutti del ricorso nell’interesse di (OMISSIS). Con riguardo a tale impugnazione restano, allora, ancora da esaminare il secondo motivo relativamente all’addebito del reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74 e per intero il quarto motivo.
3.4.1. Il secondo motivo appena menzionato a partire a partire da pagina 47 si sofferma sull’imputazione del reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74.
L’argomentare difensivo a tal riguardo, quando lamenta carenze motivazionali in ordine alla ricostruzione relativa all’organizzazione di incontri da parte di (OMISSIS) per raccogliere il denaro proveniente dalle attivita’ illecite da fare poi avere a (OMISSIS), ignora le ampie illustrazioni in proposito nella sentenza impugnata (pagg. 86 – 90 e 113), che fra l’altro evidenziano la convergenza del significato delle conversazioni captate rispetto alle chiare accuse di (OMISSIS), specificatamente rivolte al ruolo di (OMISSIS) e al suo attivo coinvolgimento nell’organizzazione dedita al traffico di stupefacenti capeggiata da (OMISSIS).
Vengono poi svolti altri rilievi che suggeriscono semplicemente reinterpretazioni ancorate ad alcuni passi delle conversazioni intercettate e a certi comportamenti, su cui si svolgono solo apprezzamenti alternativi. Essi sono fondati in gran parte su inedite valutazioni circa la reciproca compatibilita’ di alcune caratteristiche dei fatti in addebito, cosi’ come assertivamente configurate. I rilievi al riguardo, come il precedente argomentare dei motivi di appello, non si misurano comunque con l’intera struttura giustificativa esposta dai giudici di merito, avendosi cosi’ non gia’ la dimostrazione di illogicita’ denunciabili in sede di legittimita’, ma il diretto confronto con parziali elementi oggetto di riletture.
Facendosi infine riferimento ai fatti di cui al capo K2) e a quelli indicati in altri capi di imputazione, si rileva che avrebbero dovuto riconoscersi i presupposti previsti dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 6. Si tratta di deduzioni e richieste che pero’ nemmeno risultano ritualmente introdotte in sede di appello. E peraltro, vengono esposte anche sul punto mere sovrapposizioni valutative che non si confrontano con quanto specificatamente argomentato nella sentenza sull’impossibilita’ di riconoscere la fattispecie di cui trattasi (pagg. 120 e 135).
3.4.2. Infine, il suddetto quarto motivo, con riferimento alla condotta ascritta al capo K2), oltre a ribadire alcuni degli stessi infondati rilievi gia’ esposti per tale fatto nel secondo motivo, lamenta il mancato riconoscimento dell’ipotesi di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5. Si pongono ancora una volta questioni prettamente di merito, a cominciare da quanto si sollecitano di nuovo mere sovrapposizioni valutative in ordine alla compatibilita’ della ricostruzione del fatto ascritto in detto capo K2) con l’inserimento di (OMISSIS) nell’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti. Temi di critici che, peraltro, non risultano ritualmente prospettati tramite i motivi di appello. A mezzo di essi, del resto, neppure si era invocata l’applicazione della fattispecie di cui al citato comma 5.
Le censure, dunque, prima che infondate risultano per lo piu’ inammissibili.
3.5. Alla stregua di tutte le considerazioni svolte, conclusivamente i ricorsi nell’interesse di (OMISSIS) e (OMISSIS) vanno ritenuti nel complesso infondati.
4. Il ricorso nell’interesse di (OMISSIS).
4.1. Il primo motivo, negando la possibilita’ di riconoscere la sussistenza dell’associazione di tipo mafioso descritta al capo A), pone anzitutto alcune delle questioni – riferite alla pronunzia di assoluzione perche’ il fatto non sussiste nel giudizio definito con il rito abbreviato – sulla cui infondatezza ci si e’ ampiamente soffermati trattando il secondo motivo dei ricorsi di (OMISSIS) e (OMISSIS).
Tanto con riferimento sia al profilo dell’assenza di preclusioni derivanti dal giudicato, che a quello della correttezza della motivazione che ha individuato tutte le caratteristiche richieste per qualificare l’associazione come mafiosa, tenendo presente i criteri di confronto previsti dall’articolo 238-bis c.p.p..
Al riguardo, va altresi’ osservato che, secondo quanto chiarito in sentenza, le risultanze acquisite in ordine alle imputazioni dei fatti di estorsione prima della riunione del relativo procedimento non hanno arricchito la piattaforma probatoria utilizzata per gli addebiti mossi agli imputati diversi da (OMISSIS) e (OMISSIS).
Si muovono, inoltre, altre aspecifiche e indimostrate obiezioni attinenti all’utilizzabilita’ di alcuni esiti delle intercettazioni in questo e in un altro processo.
Ed ancora, quanto alle dichiarazioni di (OMISSIS), va ribadito che e’ stata data ampia contezza di come anche tramite tale contributo sia stato possibile avere la conferma che la cruenta faida e le altre violenze non fossero riconducibili solamente a regolamenti di conti nel settore degli stupefacenti.
Quando poi nel motivo si fa riferimento alla carcerazione subita per cinque anni fino al 2015 da (OMISSIS), non ci si misura con quanto rappresentato nella decisione impugnata laddove e’ stato Collocato l’inizio di tale detenzione solo nel dicembre 2012; ne’ si considerano le confutazioni (a pag. 73) che spiegano come il fatto non avesse precluso a (OMISSIS) di apprendere le notizie riferite.
Infine, le altre obiezioni secondo cui il collaboratore non avrebbe potuto assumere informazioni di rilievo in ordine all’accusa di partecipazione all’associazione mafiosa, non considera che lo stesso, come rappresentato nella sentenza impugnata, pur avendo riferito di avere incontrato (OMISSIS) solamente una volta all’interno della sua masseria, ne ha descritto sulla base di esperienze associative personalmente vissute il ruolo all’interno del contesto organizzativo interessato all’esteso programma mafioso e, dunque, non solo agli stupefacenti (pag. 102 – 103). E i giudici di merito hanno anche spiegato che l’affidabilita’ delle notizie al riguardo riferite rimaneva integra nonostante il collaboratore si fosse occupato solo del traffico di droga (svolto comunque anche con i (OMISSIS)) e la sua collocazione nell’articolazione dell’intera organizzazione fosse riferibile ad (OMISSIS), con base in un territorio diverso da quello di Lizzano. Pertanto, i rilievi mossi con il motivo di cui trattasi sono tutti da respingere.
5.2. Il secondo motivo risulta manifestamente infondato, lamentando, avuto riguardo alla valutazione delle dichiarazioni di (OMISSIS), la mancanza di riscontri esterni, quando invece la sentenza impugnata da’ ampiamente conto della loro esistenza e pregnanza in relazione sia al generale contesto associativo (pagg. 73 -80), sia alle specifiche accuse mosse a (OMISSIS) (pagg. 99-102), che, diversamente da quanto rilevato dalla difesa, non si palesano tutte de relato.
I rilievi per altro verso non possono cogliere minimamente nel segno in quanto non considerano che, come gia’ rammentato trattando il ricorso di (OMISSIS), in tema di accertamento della responsabilita’ in ordine al reato di associazione di tipo mafioso, ai fini delle valutazioni richieste dall’articolo 192 c.p.p., comma 3, il “riscontro individualizzante” non deve necessariamente riferirsi agli stessi fatti narrati dal dichiarante, potendo riguardare qualsiasi accadimento purche’ inerente sotto il profilo dimostrativo al thema probandum, che ha ad oggetto la stabile e volontaria compenetrazione dell’accusato nel tessuto organizzativo del sodalizio attraverso la quale si realizza la condotta di partecipazione (Sez. 5, n. 32020 del 16/03/1018, Rv. 273572; Sez. 2, n. 18940 del 14/03/2017, Rv. 269658; Sez. 5, n. 17081 del 26/11/2014, dep. 2015, Rv. 263699).
Risulta, sotto altro profilo ancora, del tutto erroneo l’approccio difensivo che parrebbe richiedere ai fini dell’utilizzabilita’ delle dichiarazioni accusatorie de relato la conferma del loro contenuto da parte della fonte di riferimento, cosi’ in definitiva disconoscendo in radice la valenza probatoria assegnata a dette dichiarazioni, secondo le stesse previsioni e condizioni dettate dall’articolo 195 c.p.p..
4.3. Il terzo motivo, sempre con riferimento all’individuazione della prova della partecipazione all’associazione mafiosa, si limita a citare le conversazioni intercettate e le dichiarazioni testimoniali rese da (OMISSIS) per escluderne il peso probatorio, tramite generiche asserzioni che cosi’ non si misurano con le motivazioni che rappresentano nella loro interezza i dati illustrativi della condotta e della collocazione associativa, come tratti da molteplici fonti considerate sia singolarmente, sia sotto il profilo della loro convergenza (pagg. 100 e ss).
Allo stesso modo il motivo in questione nega la possibilita’ dell’identificazione di (OMISSIS) nel soggetto nominato come “(OMISSIS)”, ignorando le ampie spiegazioni anche in tal caso offerte nella sentenza di appello (pagg. 99 e 100).
Le doglianze in questione risultano, pertanto, con evidenza infondate.
4.4. L’approccio appena descritto si ripete nel quarto motivo quando ci si riferisce all’affermazione della responsabilita’ in ordine al reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74 e alla relativa attribuzione del ruolo di promotore, senza minimamente considerare che la motivazione sul punto non apprezza solo elementi riferiti alla partecipazione all’associazione di tipo mafioso, ma mostra di valutare anche specifici contenuti delle conversazioni riferite al suddetto traffico, nonche’ quella parte delle dichiarazioni di (OMISSIS) (pag. 103) che ben rappresentano il coinvolgimento, parallelamente, di (OMISSIS) con ruolo primario anche nel traffico organizzato degli stupefacenti in seno all’apposita struttura.
4.5 Il quinto motivo, oltre a non considerare che e’ stata esclusa gia’ in primo grado l’aggravante dell’associazione armata per i capi a) e b), quanto all’ipotesi di promotore o di organizzatore – riconosciuta per entrambe le imputazioni con riguardo alla posizione di (OMISSIS) – pone generici quanto assertivi rilievi in ordine a mancate risposte senza precisare pero’ il genere di censure ritualmente dedotte a tal riguardo con l’atto di appello, a fronte di una rappresentazione motivazionale, gia’ in primo grado e ancora illustrata dalla Corte distrettuale, che ben delinea, sotto il profilo della ricostruzione del fatto, l’assunzione della suddetta posizione da parte di (OMISSIS) nei termini illustrati nei capi di imputazione.
Tale motivo, dunque, appare persino privo dei requisiti di ammissibilita’.
4.6. I motivi nuovi a sostegno del ricorso di (OMISSIS).
I primi motivi nuovi nell’interesse di tale ricorrente a firma degli Avv.ti (OMISSIS), oltre a porre, quanto all’esame di (OMISSIS) per la prima volta – e dunque tardivamente – lo stesso genere di eccezione processuali la cui infondatezza e’ stata illustrata trattando il primo motivo dei ricorsi di (OMISSIS) e (OMISSIS), deducono, quanto all’addebito del reato di cui all’articolo 416-bis c.p., censure che risultano poi ancora sviluppate negli altri motivi nuovi proposti dagli Avv.ti (OMISSIS) e (OMISSIS) nell’interesse dello stesso (OMISSIS), oltre che di (OMISSIS).
Entrambi gli atti di cui trattasi ribadiscono ampiamente e allo stesso modo i rilievi di cui ricorso circa l’esistenza del sodalizio, le sue caratteristiche mafiose, la condotta partecipativa, la correttezza della valutazione delle risultanze, l’incidenza della decisione di assoluzione resa nel separato giudizio abbreviato.
A sostegno del giudizio di infondatezza di tali rilievi, preliminarmente, non ci si puo’ che riportare a quanto gia’ osservato trattando gli originari motivi del ricorso di (OMISSIS) e, al contempo, di conseguenza alle piu’ ampie osservazioni, a smentita di alcune delle stesse obiezioni difensive sugli stessi temi, gia’ esposte esaminando i ricorsi di (OMISSIS) e (OMISSIS) (in particolare il secondo motivo).
A parte cio’, debbono tuttavia aggiungersi ulteriori specifiche considerazioni a confutazione di alcuni profili critici dei suddetti motivi nuovi, ove se ne coglie l’attinenza allo sviluppo dei temi gia’ ritualmente dedotti con gli originari motivi.
In primo luogo, occorre soffermarsi su quei rilievi che si riferiscono alla formazione e alla collocazione del sodalizio mafioso individuato dai giudici di merito e ai suoi rapporti con la Sacra Corona Unita operante nella provincia. Al riguardo, deve anzitutto replicarsi che non vale isolare, come si e’ fatto nei motivi in questione, singoli passaggi espositivi di alcuni snodi della sentenza di primo grado richiamati preliminarmente da quella di appello, per rappresentare reali contraddittorieta’ motivazionali. Cio’ in quanto, nel prosieguo, l’intera ricostruzione in fatto, come nuovamente ribadita dai giudici di secondo grado, da’ ampiamente conto, con piena coerenza, dell’evoluzione, anzitutto con riguardo agli assetti localmente contrapposti, dello scenario mafioso in epoca precedente a quella della contestazione del reato di cui all’articolo 416-bis c.p., con permanenza avente inizio nell’aprile 2010. E’ poi in tale ultimo piu’ recente periodo che e’ stato ritenuto accertato, per quanto rileva ai fini della verifica della responsabilita’, il definitivo e nitido affermarsi del sodalizio indicato nell’imputazione, con i suoi collegamenti con la Sacra Corona Unita rappresentati dalla leadership di (OMISSIS), estesa appunto alla cosca operante localmente a Lizzano che manifestava tutta la sua carica mafiosa. E in proposito giova ancora richiamare quanto gia’ diffusamente osservato trattando il secondo motivo dei ricorsi di (OMISSIS) e (OMISSIS).
In opposizione alle valutazioni di merito intervenute sull’argomento, cosi’ come supportate da un adeguato percorso motivazionale, si svolgono tutta una serie di considerazioni che indicano solo alternativi apprezzamenti o asseriscono lacune ricostruttive di cui non si coglie l’effettiva rilevanza. Tanto avviene, per l’appunto, quando si fa riferimento alla mancanza di indicazioni circa l’esatta datazione della formazione della struttura associativa secondo le caratteristiche mafiose per come ritenute, cosi’ come sull’evoluzione dei rapporti della stessa in relazione alla piu’ ampia realta’ della Sacra Corona Unita gia’ operante in tutto l’ambito provinciale.
Contemporaneamente, si sostiene l’impossibilita’ di ritenere accertati diversi fatti su cui si basano i passaggi della ricostruzione di merito, in quanto, laddove integranti di per se’ altri reati, avrebbero dovuto essere positivamente verificati nei procedimenti conseguentemente gia’ istaurati. Sennonche’, cosi’ si oppongono non gia’ elementi a smentita specificatamente dedotti in sede di merito, ma non previste condizioni preclusive rispetto alla valutazione della prova da parte del giudice procedente sulla base del motivato apprezzamento delle risultanze sottoposte al suo autonomo vaglio. Apprezzamento nella specie supportato da un percorso complessivo in cui viene collocata la sequenza dei fatti, secondo una logica concatenazione dei dati probatori di volta in volta indicati, in modo da potere trovare la lettura di ciascun tassello rafforzamento in quella degli altri nello stesso senso apprezzati. Si coglie cosi’ la rappresentazione di una coerente struttura giustificativa con la quale ancora una volta la parcellizzazione da parte della difesa dei singoli passaggi isolati dal resto, oltre che dalle altre risultanze considerate (sia pregresse che acquisite nel presente procedimento), in effetti non si misura.
Articolandosi tali infondati rilievi, si pone anche la questione della violazione del principio di correlazione fra accusa e sentenza, senza considerare che cio’ di cui si discute attiene invece semplicemente all’individuazione della prova dei fatti da cui e’ stata desunta la condotta associativa come contestata nell’imputazione.
Al contempo, si lamenta la violazione dell’articolo 238-bis c.p.p. poiche’ ci si sarebbe immotivatamente discostati dagli esiti di cui alle sentenze irrevocabili rese nei citati precedenti giudizi, oltre che in quello separatamente celebrato con rito abbreviato nei confronti di alcuni degli originari coimputati.
Con riguardo ai risultati assolutori di quest’ultimo giudizio si e’ gia’ ampiamente spiegato, trattando il secondo motivo dei ricorsi di (OMISSIS) e (OMISSIS), come il rilievo in questione, dedotto in termini sostanzialmente sovrapponibili nei motivi nuovi di cui trattasi, sia destituito di fondamento sotto il profilo della violazione degli specifici obblighi motivazionali richiesti dal succitato articolo 238-bis.
Quanto agli altri giudizi citati dalla difesa, va preliminarmente chiarito che ci si riferisce a quegli stessi procedimenti che la motivazione della sentenza di primo grado (a partire da pag. 19) aveva ampiamente preso in considerazione, fornendo una precisa e ragionata lettura dei fatti ritenuti provati nelle sentenze via via richiamate – a prescindere da alcuni esiti solo parzialmente assolutori perfettamente coerente con il significato attribuito, altrettanto motivatamente, alle nuove risultanze acquisite nel presente procedimento, cosi’ da pervenire a una combinata lettura, sinergicamente confermativa, in linea con il criteri di valutazione previsti dall’articolo 238-bis c.p.p. nella materia di cui trattasi.
Le spiegazioni da parte dei giudici di primo grado, invero, avevano dato dettagliatamente conto di molteplici eventi e risultanze obiettivamente significativi e convergenti sotto il profilo dell’individuazione dei primi sviluppi a suo tempo dello scenario associativo locale, chiamando in causa diversi protagonisti delle vicende oggetto di interesse nel presente procedimento. Evidenze fattuali rimaste con certezza riconosciute nei precedenti giudizi, anche quando non si era ritenuto raggiunto un compendio probatorio della robustezza richiesta per affermare la responsabilita’ in ordine al reato di cui all’art, 416-bis c.p. Cosi’, a titolo meramente esemplificativo e per rimanere alle figure di (OMISSIS) e (OMISSIS) (quest’ultimo non imputato a suo tempo), si rilevava in primo luogo che gli stessi, secondo quanto riportato nella motivazione resa in quel processo “(OMISSIS)”, erano sorpresi gia’ il (OMISSIS) (all’alba) nell’abitazione del primo mentre tenevano una riunione alla presenza di (OMISSIS) (all’epoca latitante), (OMISSIS) (anch’egli destinatario di un provvedimento custodiale) e (OMISSIS). Nella circostanza venivano rivenute, in possesso di (OMISSIS), una pistola 357 magnum con matricola abrasa e, nella disponibilita’ di tutti i partecipi al consesso, una rilevante somma (assegni e contanti per circa cento milioni di lire in contanti), nonche’ una vettura rubata con istallata una sirena simile a quella in uso alle forze di polizia. E cio’ a conferma degli importanti interessi criminali coltivati gia’ a quel tempo in comune dai predetti, quando erano ancora lontane la cruenta evoluzione del quadro territoriale e le relative prese di distanza.
I Giudici di primo grado, inoltre, rilevavano che la sentenza in seguito resa nel processo “(OMISSIS)” aveva preso motivatamente atto dell’esistenza di uno scenario criminale che vedeva nel territorio di Lizzano realizzarsi una chiara frattura fra due fazioni, una delle quali comandata da (OMISSIS), che i suoi avversari, fra cui (OMISSIS), intendevano gia’ allora eliminare.
Anche in merito si richiamavano, nella motivazione della sentenza di primo grado resa nel presente procedimento, una serie di convergenti elementi di fatto che portavano ad intravedere un percorso tutto rivolto a un predomino associativo di una fazione sull’altra, tramite il realizzarsi di atti violenti nel territorio interessato.
Alla superiore lettura dei dati sotto il profilo “storico” si e’ con chiarezza adesivamente uniformata la sentenza di secondo grado, a fronte di doglianze svolte nei motivi di appello che si limitavano a evocare a supporto le statuizioni rese in senso assolutorio all’esito dei suddetti giudizi (per come peraltro rimaste pacificamente rappresentate nella sentenza di primo grado), cosi’ da non poter smentire il significato in divenire attribuito in motivazione ai fatti allora accertati.
Lo stesso approccio a tale tema si riscontra nei motivi nuovi di cui trattasi quando essi prospettano la distonia dei pregressi accertamenti giudiziali rispetto alla ricostruzione che ha portato all’affermazione della responsabilita’ dei ricorrenti.
Il percorso critico sviluppato dalla difesa nel muovere i rilievi in questione, per altro verso, pare in piu’ momenti non considerare che le statuizioni di assoluzione alle quali ci si riferisce riguardano imputazioni per condotte collocate in un arco di tempo che non oltrepassa il 2001, mentre gli antefatti apprezzati in questa sede dai giudici di merito seguono un percorso che, sempre alla stregua di quanto confermato dalla combinata lettura con le nuove risultanze, considera gli ulteriori sviluppi negli anni (essi vedono affermarsi nella fazione egemone (OMISSIS) e i legami al vertice con (OMISSIS)), si’ da prendere forma progressivamente, di pari passo con l’escalation dei gravi fatti espressivi della cruenta contesa, lo scenario associativo come delineato nel capo A), con decorrenza dall’aprile 2010.
Sicche’, tanto piu’ non possono in se’ rilevare – nei termini rappresentati dalla difesa – la comparsa o meno degli odierni ricorrenti o di altri nei precedenti procedimenti e le statuizioni di condanna o di assoluzione intervenute in tali sedi.
Per il resto, come sopra gia’ rilevato, si continuano a proporre solo rivalutazioni in fatto e ad addurre rilievi che non si misurano con le confutazioni avutesi, ignorandosi altresi’ la visione di insieme considerata invece dall’intera struttura motivazionale, con riguardo ai passi delle intercettazioni, ai contenuti delle dichiarazioni e alla lettura dei comportamenti delle persone via via citate.
Cio’ avviene anche quando si contesta in termini del tutto incompleti il ruolo partecipativo di (OMISSIS), cosi’ come del coimputato (OMISSIS), in assenza di qualsiasi confronto con le spiegazioni al riguardo intervenute gia’ in primo grado.
Sotto l’aspetto di cui trattasi e’ il caso solo di aggiungere, a proposito in particolare delle dichiarazioni di (OMISSIS), che quando si lamenta la mancata verifica dell’attendibilita’ intrinseca non si tiene conto minimamente di quanto in merito replicato in termini del tutto esaustivi nella sentenza di appello (pagg. 71-72), mentre i rilievi che si riferiscono al mancato confronto con quanto riferito in sede di esame da (OMISSIS) non considerano le pertinenti spiegazioni intervenute anche a tal proposito nella motivazione di secondo grado (pag. 64).
Infine, mentre in buona parte dei motivi nuovi si evoca l’applicazione dell’articolo 238-bis c.p.p. con riguardo alle sentenze irrevocabili, quando a un certo punto si fa riferimento alla pronunzia di assoluzione resa nel separato giudizio abbreviato, contraddittoriamente, si mostra di volere aderire invece alla tesi che si sarebbe incondizionatamente realizzata una vera e propria preclusione rispetto alla possibilita’ di giungere a diverse conclusioni in ordine alla sussistenza del substrato associativo mafioso oggetto della contestazione. Tale ultima posizione si assume richiamando le disposizioni in tema di revisione. Ma, si tratta di una lettura che va disattesa per le ragioni gia’ ampiamente rappresentate trattando il secondo motivo dei ricorsi di (OMISSIS) e (OMISSIS). Ne’ si comprende quale congruenza possa avere il richiamo di diversi precetti costituzionali nell’ambito delle censure in questione, una volta che ricorre ne’ piu’ ne’ meno che l’autonoma valutazione delle risultanze, utilizzabili secondo il rito scelto e valutabili in ragione dei canoni di certezza probatoria normativamente imposti, rimessa per Costituzione al giudice investito della verifica dell’accusa mossa all’imputato tramite l’azione penale.
Pertanto, conclusivamente, i motivi nuovi dedotti con i due atti di cui sopra nell’interesse di (OMISSIS) risultano o inammissibili ovvero al piu’ infondati.
4.7. Da tutti quanto sopra discende il rigetto del ricorso di (OMISSIS).
5. Il ricorso nell’interesse di (OMISSIS).
5.1. Il primo motivo di tale ricorso risulta infondato, in primo luogo, per le medesime ragioni gia’ ampiamente esposte trattando il primo motivo del ricorso nell’interesse di (OMISSIS), laddove vengono dedotte identiche censure.
Occorre altresi’ aggiungere, quanto a rilievi riferiti alle dichiarazioni di (OMISSIS), che sono altre le risultanze valutate ai fini dell’accertamento della specifica posizione assunta operativamente da (OMISSIS) nel sodalizio mafioso.
Fermo restando che l’apporto di (OMISSIS), in una visione di insieme, refluisce probatoriamente a carico di tutti gli imputati del reato di cui all’articolo 416-bis c.p., contribuendo a delineare la precondizione dell’esistenza dell’associazione di tipo mafioso alle quali si riferisce la condotta di partecipazione contestata.
Ma l’intero percorso difensivo non considera neppure tali inequivocabili distinzioni.
Inoltre, con riguardo alla condotta partecipativa, va dato atto che la motivazione della sentenza di primo grado (pagg. 20, 47, 48, 183, 184 e 185), oltre a citare il “dato storico” della comparsa del (OMISSIS) gia’ nei fatti accertati nei precedenti giudizi (ci si riferisce alla riunione il (OMISSIS) gia’ descritta trattando il ricorso di (OMISSIS)), aveva puntualmente descritto le risultanze, costituite dalle intercettazioni aventi come interlocutore il ben informato (OMISSIS), che facevano desumere il passaggio di detto imputato nelle fila del clan dei (OMISSIS). In tal modo (OMISSIS), secondo le diffuse constatazioni degli interlocutori, aveva tradito persino i propri rapporti affettivi familiari (egli era cognato di (OMISSIS)). Si aveva cosi’ una condizione stabile di affiliato a quel clan impostosi con i metodi mafiosi, tanto che nei dialoghi si affermava che (OMISSIS) si era “fatto dare la malavita” da (OMISSIS), cosicche’ ora “camminava con loro”. Questo genere di condotta, definita come “il piu’ grande tradimento dentro a Lizzano”, era stata posta in essere all’insaputa degli altri appartenenti alla fazione gia’ capeggiata da (OMISSIS) e quando era ancora vivo (OMISSIS). In tal modo subdolamente (OMISSIS) aveva potuto gia’ in quel primo periodo fiaccare la coesione di tale ultima fazione, mettendo “tragedie” fra i suoi stessi affiliati. Da cio’, tenendosi presente l’intero percorso dell’affermarsi del sodalizio di tipo mafioso capeggiato localmente da (OMISSIS) e avente come punto di riferimento sovraordinato (OMISSIS), si coglievano i tratti del ruolo assunto nel dinamismo associativo da (OMISSIS) e del relativo apporto, allorche’ lo stesso aveva iniziato a “camminare con loro”, facendosi dare formalmente “la malavita” da (OMISSIS). Tale lettura veniva posta in rapporto con il convergente significato delle altre risultanze, del pari rimaste ampiamente analizzate. Fra queste si indicavano le conversazioni intercettate dalle quali si desumeva che, in occasione dell’organizzazione della riunione del 5 ottobre 2011, fra i sodali chiamati a incontrare (OMISSIS) nella masseria di (OMISSIS), compariva anche (OMISSIS). La sua convocazione in tale frangente da parte di (OMISSIS), ossia dell’interfaccia associativa di (OMISSIS), era avvenuta con talune modalita’ che non lasciavano dubbi in ordine alla circostanza che il medesimo (OMISSIS) fosse perfettamente a conoscenza dei motivi per cui se ne chiedeva la presenza e dell’ordine del giorno.
La sentenza di appello (pagg. 64-67 e pagg. 104-110) rispondeva poi diffusamente alle obiezioni che avevano posto in dubbio l’attendibilita’ dei contenuti delle conversazioni di cui sopra e del loro significato probatorio sotto il profilo della rappresentazione della partecipazione al sodalizio mafioso, soffermandosi anche sul rilievo, dedotto con i motivi di appello, secondo cui sarebbero mancate le condizioni della affectio societatis in capo a (OMISSIS).
Sotto tale profilo, i giudici di secondo grado, oltre a richiamare a smentita dell’assunto difensivo la circostanza della convocazione di (OMISSIS) in occasione dell’incontro con (OMISSIS) il (OMISSIS) per discutere di affari di interesse associativo, osservavano che, seppure secondo l’opinione espressa da (OMISSIS) e confermata dalle altre conversazioni citate dalla difesa, (OMISSIS) e gli altri non avrebbero dovuto fidarsi di un soggetto che aveva tradito in quel modo i precedenti sodali, da cio’ poteva cogliersi solamente un giustificato senso di diffidenza in capo ai nuovi compagni, ossia un retroscena che in se’ non escludeva i tratti della condotta partecipativa.
A conferma di tale spiegazione e pertanto a ulteriore smentita dei rilievi difensivi, la sentenza di appello (in particolare alle pagg. 107, 108 e 109) riportava ampiamente il contenuto di altra conversazione intercettata intercorsa fra (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) in data 21 ottobre 2011. Tale contenuto, secondo le contestuali spiegazioni, risultava in primo luogo dimostrativo di un litigio tra (OMISSIS) e (OMISSIS), della loro successiva riappacificazione, nonche’ del fatto che gli stessi appartenevano al medesimo contesto criminale, sebbene avessero rischiato di “spararsi” a vicenda. E cio’ a seguito di screzi, a loro dire, voluti da altri per metterli l’uno contro l’altro, in modo da evitare che, uniti, potessero acquisire troppo potere all’interno di quello stesso gruppo. Conclusivamente, la Corte spiegava poi che il senso delle frasi pronunciate nel corso del lungo dialogo e i termini utilizzati rappresentavano perfettamente il contesto criminale in cui si erano sviluppati sia i rapporti fra (OMISSIS) e (OMISSIS), sia quelli esistenti fra quest’ultimo e (OMISSIS), nonche’ il legame vissuto da tutti e tre i soggetti. Risultava cioe’ confermato che essi facevano parte di una piu’ ampia organizzazione composta da numerosi partecipi, nel cui ambito (OMISSIS) aveva assunto una posizione di rilievo e (OMISSIS) poteva personalmente includersi fra i sodali di risalente appartenenza e di consistente spessore criminale. Tanto a ulteriore conforto delle parole pronunciate da (OMISSIS) – come pure risultate autonomamente gia’ riscontrate dalle altre intercettazioni – anche laddove esse aveva citato la diffidenza che poteva nutrirsi nei riguardi di (OMISSIS) per i modi all’epoca del suo “tradimento”.
Le censure svolte nel primo motivo del ricorso, avuto riguardo al tema dell’individuazione dei tratti della condotta associativa di (OMISSIS), sfuggono a qualsiasi confronto con quanto sopra rappresentato dai giudici di merito in forza di ampi e razionali apprezzamenti a smentita di ogni precedente rilievo difensivo.
La stessa assenza di confronto e’, del resto, riscontrabile nei motivi nuovi poi depositati dagli Avv.ti (OMISSIS) e (OMISSIS) nell’interesse di (OMISSIS) e di (OMISSIS).
Il primo motivo del ricorso risulta, pertanto, nel complesso infondato.
5.2. Quanto al secondo motivo, va anzitutto rilevato che le obiezioni che deducono la mancanza dell'”esteriorizzazione” del metodo mafioso restano confutate da quanto si e’ rilevato sull’infondatezza dei rilievi dedotti con riguardo allo stesso tema tramite il secondo motivo dei ricorsi di (OMISSIS) e (OMISSIS).
Per il resto, facendosi riferimento all’assenza dell’affectio societatis, secondo quanto risulterebbe dalle conversazioni intercettate in cui compariva (OMISSIS) e da quelle relative ai dialoghi di (OMISSIS) con (OMISSIS) ai quali prendeva parte anche (OMISSIS), si citato alcuni passi delle relative trascrizioni per sovrapporre una lettura diversa da quella di merito, che si basa su piu’ ampie considerazioni in ordine all’intero materiale probatorio, cosi’ da spiegare ragionevolmente come la diffidenza mostrata da un parte dei soggetti citati nei confronti di (OMISSIS) riguardasse solo l’ambiguo comportamento che aveva portato il medesimo ad abbandonare la fazione “perdente” per entrare a fare parte del clan (OMISSIS).
La Corte cioe’ non ha trascurato le deduzioni difensive ancora rappresentate in questa sede tramite il richiamo di altri passi di detti dialoghi, ma anzi, quanto alle conversazioni relative ai rapporti con (OMISSIS), ha ben evidenziato come esse, considerate per intero, delineassero vieppiu’ il filo conduttore dello scenario associativo entro cui era collocabile il tipo di conflittualita’ di cui si discuteva.
Le doglianze ora svolte in proposito pongono inammissibili sovrapposizioni valutative che si fondano su una parziale lettura delle emergenze considerate.
5.3. Il terzo motivo, contestando il raggiungimento della prova della partecipazione all’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, non considera che non ci si e’ basati solo sull’accertamento della condotta ascritta al capo H2), ma sono stati presi motivatamente in considerazione altri elementi di fatto, fra cui l’inclusione di (OMISSIS) tra i sodali del clan (OMISSIS) da convocare in occasione dell’arrivo a Lizzano di (OMISSIS), ai fini della riscossione dei proventi delle attivita’ illecite specificatamente riguardanti gli stupefacenti.
Inoltre, con riguardo alle conversazioni valorizzate quale prova del reato fine ascritto al capo H2), si e’ dato conto di come il traffico in considerazione risultasse inserito in un piu’ ampio contesto riguardante gia’ precedenti forniture.
Si ha, dunque, un nitido apparato motivazionale in ordine all’accertamento del reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74 rimasto ignorato dalle censure.
Per il resto, quanto alla prova dell’attribuzione a (OMISSIS) della suddetta condotta di cui al capo H2), le critiche si limitano a ribadire che la persona di nome “(OMISSIS)” che viene menzionata in una certa conversazione non sarebbe individuabile in (OMISSIS), ribadendo lo stesso sviluppo delle argomentazioni gia’ dedotte in appello che, pero’, alla stregua delle confutazioni intervenute, non e’ riferibili alle operazioni di intercettazione rilevanti ai fini di cui trattasi.
Neppure tale rilievo risulta, pertanto, idoneo a porre in crisi la motivazione.
5.4. Quanto ai motivi nuovi depositati dagli Avv. (OMISSIS) e (OMISSIS) nell’interesse di (OMISSIS), oltre che di (OMISSIS), e’ sufficiente richiamare, ai fini della rappresentazione della loro infondatezza, le confutazioni svolte in sede di trattazione del primo motivo, nonche’ quanto osservato considerando gli stessi motivi nuovi nella parte dedicata all’esame del ricorso del predetto (OMISSIS).
5.5. Anche il ricorso di (OMISSIS) risulta, dunque, nel complesso infondato.
6. Il ricorso di (OMISSIS).
6.1. Le doglianze mosse con il primo motivo si riferiscono all’affermazione della responsabilita’ in ordine al reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74.
In proposito, va anzitutto ricordato che (OMISSIS) e’ stato ritenuto inserito nell’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti descritta nel capo b), quale acquirente allo scopo del successivo spaccio degli approvvigionamenti ottenuti dai componenti dell’organizzazione, in modo da aversi, alla stregua di quanto chiarito dagli insegnamenti giurisprudenziali in materia, un vincolo durevole volto a realizzare con continuita’ l’immissione della droga nel mercato del consumo, ossia la finalita’ comune che caratterizza l’adesione al sodalizio di cui trattasi, senza che possa rilevare in senso contrario la sola diversita’ degli interessi di natura economica perseguiti dagli acquirenti rispetto ai fornitori, trattandosi di ulteriori aspetti che attengono alla sfera del solo movente (in tal senso, Sez. 3, n. 2039 del 02/02/2018, dep. 2019, Rv. 274816; Sez. 2, n. 10468 del 10/02/2016, Rv. 266405; Sez. 1, n. 30233 del 15/01/2016, Rv. 267991).
In tal caso la relazione fra fornitore e acquirente passa dalla semplice condizione di affidamento reciproco al rapporto assistito dalla affectio societatis, secondo quanto richiesto dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, allorquando sia verificabile, tramite l’esame delle circostanze di fatto – come quelle relative alla durata dell’accordo criminoso tra i soggetti, alle modalita’ delle loro azioni, alle forme di collaborazione tra loro, al contenuto economico delle transazioni, alla rilevanza che il compratore riveste per il sodalizio – che la volonta’ dei contraenti abbia superato la soglia del rapporto sinallagmatico negoziale e sia stato, invece, consapevolmente realizzato uno stabile legame, cosi’ da potersi ricondurre la partecipazione del singolo alle transazioni al comune progetto associativo di cui al citato articolo 74 (Sez. 6, n. 51500 del 11/10/2018, Rv. 275719; Sez. 5, n. 32081 del 26/04/2014, Rv. 261747; Sez. 3, n. 21755 del 12/03/2014, Rv. 259881).
I giudici di merito gia’ in primo grado evidenziavano, fra gli indicatori di cui sopra avuto riguardo alla condotta partecipativa di (OMISSIS), specifici tratti dalle transazioni e la loro sottoponibilita’ alle regole associative secondo le ripartizioni territoriali delle “piazze” di spaccio dell’organizzazione, per come affidate ad altri compartecipi, quali per l’appunto (OMISSIS) (per Lizzano) e (OMISSIS) (per Torricella).
Con riferimento a tale secondo aspetto, il Tribunale rilevava che l’estensione di dette regole alle forniture nei confronti dell’imputato, ben si desumeva da una conversazione fra (OMISSIS) e (OMISSIS) in data 2 dicembre 2011. Nella circostanza, infatti, (OMISSIS), in quanto deputato a effettuare le cessioni a Torricella in favore di (OMISSIS), cosi’ come di suo fratello (OMISSIS) (gia’ definitivamente condannato per il reato di cui al capo b) nel separato giudizio abbreviato), mostrava di avere titolo per redarguire (OMISSIS) a causa di una precedente vendita ai predetti (OMISSIS). Da altri passaggi si evinceva che la questione era stata gia’ oggetto di discussione con (OMISSIS) e che con lui se ne sarebbe dovuto riparlare. Quest’ultimo, come ancora rappresentato nella sentenza di appello, non solo coordinava, in una posizione associativa piu’ elevata, l’attivita’ in questione e, pertanto, la ripartizione dei compiti di cui sopra, ma anche era imparentato con (OMISSIS). E questo particolare legame aveva consentito al medesimo (OMISSIS) di sottrarsi a punizioni per i notevoli ritardi accumulati nei pagamenti delle forniture. Esse, comunque, restavano effettuate in tutti i casi dal sodalizio, vuoi che vi provvedesse (OMISSIS) secondo gli accordi operanti in via generale ai fini della ripartizione territoriale delle “piazze”, vuoi nei casi in cui comparivano (OMISSIS) e in alternativa (OMISSIS), posto che anch’essi agivano come intermediari per conto dell’organizzazione capeggiata da (OMISSIS) e sopra di lui da (OMISSIS). La stessa sentenza di appello, inoltre, sempre occupandosi dell’addebito mosso al capo B), richiamava, fra le altre conversazioni ritenute probatoriamente rilevanti, quelle del 26 ottobre 2011 in cui (OMISSIS) si riferiva all’intervento richiesto a ” (OMISSIS)” ( (OMISSIS)) da (OMISSIS), affinche’ i due (OMISSIS) sanassero i loro debiti, associabili proprio alle suddette cessioni in conto vendita.
Tale composito quadro operativo e relazionale, rilevante sotto il profilo del confronto con le regole associative, dell’abitualita’ delle relative transazioni provenienti dal sodalizio pur comparendo soggetti diversi, della possibilita’ per (OMISSIS) di mantenere per un certo periodo posizioni debitorie e del ruolo assunto a tal riguardo dai legami con (OMISSIS) e dai suoi qualificati interventi, veniva dunque a smentire le doglianze mosse nell’atto appello di (OMISSIS), che avevano contestato gli estremi sia oggettivi, che soggettivi della condotta associativa.
I rilievi mossi nel motivo di ricorso di cui trattasi ripropongono alcuni degli stessi argomenti critici senza un adeguato confronto con il complessivo percorso motivazionale alla base delle confutazioni intervenute. Si richiama ancora la comparsa di (OMISSIS) fra i fornitori di (OMISSIS). Ma, essa, come spiegato dai giudici di merito, suscitava le lamentele (OMISSIS) proprio perche’ si trattava di “affari” che, secondo le regole convenute, rientravano nelle ripartizioni dei compiti associativi. Ci si riferisce poi nuovamente alle situazioni debitorie e alle relative reazioni, che pero’ in se’ riflettono semplicemente la contrapposizione degli interessi economici, nella comune attivita’ di immissione della droga nel mercato del consumo. Si invocano altre non consentite letture alternative anche allorquando ci si sofferma sull’apprezzamento del periodo delle forniture, sulla base di asserzioni che in se’ non contraddicono la stabilita’ del rapporto, come desunta dai giudici di merito attraverso la motivata analisi delle conversazioni citate. Cosi’, non rimane mai smentito la struttura motivazionale che ha configurato l’inserimento di (OMISSIS) nel tessuto organizzativo nella sopradescritta posizione, avente, per la sua stabilita’, effettive ricadute ai fini della realizzazione del programma associativo.
Analoghe considerazioni vanno svolte con riguardo al dolo richiesto dalla fattispecie, una- volta che le generiche negazioni in proposito omettono di rapportarsi con i riflessi, sul piano dell’accertamento dell’affectio societatis, dell’intreccio di relazioni che vedevano comparire il ricorrente – come suo fratello del pari inserito nel sodalizio dedito al narcotraffico – quale destinatario, sotto la protezione di (OMISSIS), di forniture operate da chi di volta in volta manifestava l’agire associativo a quel terminale della vendita in una certa “piazza”.
Ne’ possono giovare alle tesi difensive i riferimenti circoscritti ai soli fatti contestati nelle altre imputazioni per i quali e’ stata confermata la responsabilita’ in appello previa riqualificazione ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5. Cio’ in quanto si sfugge anche in tal caso al confronto con l’argomentata analisi dei contenuti delle conversazioni nella loro interezza. Il che vale, anzitutto, con riferimento alla lettura di merito della posizione debitoria di (OMISSIS) e del di lui fratello, quale manifestazione proprio del ripetersi delle precedenti forniture da parte del sodalizio. Le spiegazioni avutesi, come sopra gia’ rilevato, hanno, del resto, chiarito che le lamentele dovute ai ritardi erano state tollerate in ragione dei legami con (OMISSIS), al quale, a un certo punto, ci si rivolgeva da parte di (OMISSIS) ai fini del rientro dall’esposizione. Tanto a riprova che le relazioni intrattenute da (OMISSIS) non erano riducibili semplicemente a quelle fra fornitore e spacciatore, ma riguardavano funzionalmente le dinamiche interne associative.
Pertanto, tutti i rilievi mossi con il motivo in questione risultano infondati.
6.2. Parimenti va disatteso il secondo motivo di tale ricorso concernente l’esclusione della fattispecie di cui all’articolo 75, comma 6, Testo Unico stup..
Al riguardo, deve chiarirsi che ai fini della configurabilita’ del reato di associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti di lieve entita’, non e’ sufficiente considerare solamente la natura dei singoli episodi di cessione accertati in concreto, ma occorre valutare anche il momento genetico dell’associazione e le sue effettive potenzialita’, nel senso che essa deve essere strutturalmente costituita e deve nel prosieguo concretamente operare, anche in ragione dei quantitativi che l’organizzazione e’ in grado di procurarsi, per commettere transazioni aventi ad oggetto stupefacente di lieve entita’ (Sez. 6, n. 1642 del 09/10/2019, dep. 2020, Rg. 278098; Sez. 3, n. 44847 del 06/02/2018, Rv. 274696; Sez. 4, n. 53568 del 05/10/2017, Rv. 271708).
Ebbene, tale condizione e’ stata esclusa dai giudici di merito alla stregua della considerazione di una serie di appropriati indicatori rimasti ben rappresentati dalla ricostruzione dei fatti esposta in sentenza. Ci si e’ riferiti all’estensione territoriale dell’intera organizzazione, all’esistenza di una rete di spacciatori al minuto da rifornire, alla rendicontazione, all’entita’ dei guadagni derivanti dall’attivita’ illecita, alla correlazione con l’associazione di tipo mafioso. Le censure mosse nel secondo motivo in trattazione si limitano a far riferimento solo alle caratteristiche dei singoli episodi che citano, a certi settori territoriali dell’organizzazione e ai contenuti dei capi di imputazione, che neppure escludono i collegamenti con l’associazione mafiosa derivanti gia’ dall’esistenza dello stesso vertice. Si muovono, dunque, rilievi che per intero non hanno l’attitudine a porre in crisi la completezza e logicita’ degli apprezzamenti posti a giustificazione dell’esclusione della fattispecie prevista dall’articolo 74, comma 6 Testo Unico stup.
6.3. Pertanto, anche il ricorso di (OMISSIS) risulta nel complesso infondato.
7. Il ricorso nell’interesse di (OMISSIS).
7.1. Le doglianze mosse nell’unico motivo di tale ricorso si riferiscono in larga parte all’affermazione della responsabilita’ in ordine al reato di cui all’articolo 74 Testo Unico stup.. A tal riguardo va preliminarmente ricordato che (OMISSIS) e’ stato ritenuto facente parte dell’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti descritta nel capo b) nella posizione di terminale dello spaccio al munito dello stupefacente, ossia in ragione dell’assunzione con tale condotta di un vincolo durevole volto a realizzare con continuita’ l’immissione della droga nel mercato del consumo, costituente la finalita’ comune che caratterizza l’adesione al sodalizio di cui trattasi. In proposito, in giudici di merito hanno dato conto dell’applicazione degli stessi principi gia’ richiamati esaminando il primo motivo del ricorso di (OMISSIS), al quale e’ stata attribuita la medesima posizione di cui sopra ai fini dell’individuazione della condotta associativa nei termini contestati.
Nella sentenza di appello (pagg. 122 e 123) sono stati riassunti gli elementi posti dal Tribunale a supporto del giudizio di responsabilita’ di (OMISSIS) in ordine al capo in questione. In primo luogo, si e’ dato conto della conversazione tra (OMISSIS) e (OMISSIS) intercettata il 26 ottobre 2011, nel corso della quale il primo rappresentava al secondo le difficolta’ economiche in cui si trovava nell’alimentare lo spaccio di stupefacenti attraverso i pusher, a causa dei loro ritardi nei pagamenti delle precedenti forniture.
Nella circostanza (OMISSIS), oltre a dimostrarsi perfettamente a conoscenza dei meccanismi del traffico organizzato degli stupefacenti, dava consigli a (OMISSIS) in ordine alla strategia da adottare, dicendogli che non avrebbe dovuto consentire piu’ dilazioni in particolare a (OMISSIS). I dialoghi intervenuti in altra conversazione fra gli stessi interlocutori, captata il 2 ottobre 2011, dimostravano che (OMISSIS) aveva piena consapevolezza dell’intera e piu’ ampia struttura organizzativa finalizzata al traffico di stupefacenti, essendo cosi’ informato anche sul vertice che ne reggeva le fila e sulla sua sovrapponibilita’ a quello della collegata associazione mafiosa. Nella circostanza, quando (OMISSIS) indicava (OMISSIS) come “uno vicino a noi” si riferiva ai rapporti di quest’ultimo non gia’ con la condivisa struttura finalizzata allo smercio delle sostanze stupefacenti, ma con l’associazione mafiosa che operava in collegamento con la suddetta struttura (vedi anche pag. 119 della sentenza). Sicche’, la citazione della “vicinanza” di (OMISSIS) semmai era associabile proprio al ruolo rivestito dallo stesso nello smistamento della droga, quale venditore agli acquirenti al minuto. Ancora, si richiamava la conversazione il 26 ottobre 2011 in cui (OMISSIS) includeva (OMISSIS) fra i suoi acquirenti, collocabili, nel meccanismo del commercio di droga, nella posizione finale di spacciatori.
Pertanto, il motivato convincimento in ordine alla sussistenza della prova della condotta associativa ascritta a (OMISSIS) si e’ fondato sull’apprezzamento di elementi che vanno al di la’ di quelli tratti dai singoli episodi di spaccio contestati.
Le censure mosse con il ricorso con riguardo al capo b), oltre a non considerare quest’ultimo aspetto, mancano di qualsiasi confronto con il percorso giustificativo sopra richiamato, laddove si limitano a citare alcune generiche affermazioni del teste (OMISSIS), alludono a- non specificati esiti favorevoli derivanti dalle decisioni assunte nel giudizio abbreviato separatamente celebrato, contestano assertivamente le risultanze delle intercettazioni, si limitano a ribadire l’assunto, pur motivatamente confutato dai giudici di merito, secondo cui (OMISSIS) nei dialoghi capitati avrebbe indicato (OMISSIS) come soggetto solo “vicino” all’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti e non gia’ a quella mafiosa.
7.2. Le diverse doglianze che investono l’esclusione della fattispecie prevista dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 75, comma 6, non solo non risultano poste nell’interesse di (OMISSIS) nella pertinente sede di merito, ma anche appaiono assolutamente generiche, a fronte dell’ampia motivazione intervenuta al riguardo (e’ sufficiente richiamare quanto gia’ osservato trattando il ricorso di (OMISSIS)).
7.3. Le ulteriori censure contenute nel ricorso di cui trattasi che si riferiscono all’affermazione della responsabilita’ in ordine ai capi di imputazione in cui gli si ascrive il reato previsto dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, appaiono inidonee a rappresentare i vizi denunciati ove si limitano a richiamare alcune fonti di prova o parte dei relativi contenuti, ponendosi in confronto diretto con il loro apprezzamento e non, come necessario, con la rappresentazione motivazionale.
Si colgono, inoltre, mere enunciazioni di principi, asserzioni volte genericamente a squalificare l’affidabilita’ degli esiti delle intercettazioni e semplici riferimenti al diverso giudizio in sede di riesame quanto al capo E2), senza alcun confronto con le spiegazioni in sentenza intervenute per tale capo.
Un discorso diverso meritano i rilievi difensivi che gia’ in sede di appello avevano rappresentato in relazione ai fatti di cui ai capi Q1) e Y1) la riqualificazione quale cessione di “droghe leggere” all’esito definitivo del giudizio abbreviato nei confronti di (OMISSIS), originario coimputato, quale fornitore, per gli stessi capi. La Corte di appello al riguardo si e’ limitata ad affermare che le conversazioni intercettate deponevano nel senso dell’appartenenza alle tabelle 1 e 3 dello stupefacente oggetto delle transazioni. Invece, come gia’ esposto trattando il secondo motivo dei ricorsi nell’interesse di (OMISSIS) e di (OMISSIS), facendo corretta applicazione del disposto di cui all’articolo 238-bis c.p.p., a fronte di un giudicato che aveva accertato il fatto in termini incompatibili sia pure limitatamente al profilo oggettivo di cui sopra, occorreva specificatamente spiegare le ragioni per cui il percorso ivi seguito avrebbe potuto disattendersi. Ma, tali ragioni non possono minimamente cogliersi una volta che neppure si rappresenta per quale motivo in detta sede si e’ giunti alla diversa conclusione.
7.4. Da quanto appena rilevato deriva che la sentenza impugnata va annullata nei confronti di (OMISSIS) limitatamente ai capo Q1) e Y1) e con riferimento esclusivo al tipo di droga illecitamente detenuto, con rinvio per nuovo esame sul punto ad altra Sezione della Corte di appello di Lecce. In ragione del rigetto di tutti gli altri motivi (stante la loro complessiva infondatezza secondo quanto sopra rappresentato) e della possibilita’ cosi’ di rideterminare, nella sede del successivo giudizio di rinvio, solamente la pena a titolo di aumento per continuazione (fissata per i due suddetti capi nella sentenza impugnata in complessivi mesi due di reclusione), la condanna di (OMISSIS), ai sensi dell’articolo 624 c.p.p., comma 2, va dichiarata irrevocabile per i restanti reati di cui ai capi B), E2) e J2), per la pena di anni sei e mesi dieci di reclusione, cosi’ come ormai definitivamente irrogata per i medesimi capi (quale pena base ed aumento per continuazione).
8. Il ricorso nell’interesse (OMISSIS).
8.1. I primi due motivi possono essere esaminati congiuntamente. Essi si riferiscono all’affermazione della responsabilita’ in ordine al reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73 ascritto a (OMISSIS) al capo L). Si tratta dell’acquisto da (OMISSIS) di un quantitativo di sostanza stupefacente. Transazione questa posta in essere da (OMISSIS) ai fini del successivo spaccio al minuto.
Gran parte delle censure mosse con i motivi in questione si riducono a enunciazioni di principi in tema di valutazione della prova e ad altre discorsive asserzioni prive di pertinenti approcci critici, a fronte di una motivazione della sentenza impugnata (pagg. 130 e 131) che svolge precise e ragionate considerazioni in ordine alla concreta valenza dimostrativa del contenuto delle conversazioni intercettate fra i due protagonisti della transazione di cui trattasi.
In aggiunta, puo’ individuarsi in tali motivi la deduzione che, facendo riferimento a una modesta entita’ di stupefacente, giunge a lamentare la mancata dimostrazione dell’esclusione delle condizioni relative all’uso solo personale.
Ma, anche in tal caso le doglianze cosi’ come enunciate risultano con evidenza infondate. Infatti, cio’ che si viene a prospettare e’ semplicemente un mero apprezzamento alternativo, fondato su un solo dato in se’ non esaustivo e privo di ogni confronto con le argomentate considerazioni di merito incompatibili con il solo uso personale, laddove viene piu’ ampiamente inquadrato (pag. 131), alla luce della lettura anche di altri dialoghi captati, il rapporto di fornitura in favore di (OMISSIS) che si addiceva alle sue necessita’ di detenzione ai fini di spaccio.
Da tutto quanto sopra discende, quindi, il rigetto dei primi due motivi.
8.2. Il terzo motivo lamenta la mancata riqualificazione del fatto contestato al capo L) ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5. La sentenza di primo grado non si esprimeva in ordine alla tabella alla quale avrebbe dovuto ritenersi riconducibile lo stupefacente oggetto dell’illecita detenzione. Tuttavia, determinava un trattamento sanzionatorio che se si fosse trattato di “droga pesante” sarebbe stato compatibile con la fattispecie prevista non dal primo, ma dal comma 5 del succitato articolo 73. I motivi di appello ponevano specificatamente la questione della riqualificazione ai sensi di tale ultimo comma – ribadita ora con il terzo motivo di ricorso – prospettando gia’ allora a supporto il dato del quantitativo modesto, oltre al fatto che, non essendo stato individuato il tipo di stupefacente, avrebbe dovuto considerarsi quello della “droga leggera”.
La sentenza di appello ha provveduto espressamente alla riqualificazione del fatto ai sensi del Testo Unico stup., articolo 73, comma 4, ha cioe’ riconosciuto la fattispecie relativa al tipo di “droga leggera”. Con riguardo alla conseguente riduzione del trattamento sanzionatorio, ha fatto riferimento in motivazione semplicemente alla fissazione dello stesso nel minimo edittale. In dispositivo e’ stata poi indicata la pena di anni due, mesi tre di reclusione ed Euro seimila di multa. Essa non corrisponde al minimo di cui al citato comma 5 nel caso di “droghe leggere”. Pertanto, neppure implicitamente si e’ riconosciuta l’ipotesi prevista dal tale comma. A tanto si e’ giunti in assenza di qualsiasi spiegazione in motivazione, nonostante la questione fosse stata specificatamente posta in sede di appello. La decisione, sotto tale profilo, e’ dunque affetta dal vizio di motivazione denunciato.
8.3. Ne discende l’annullamento della sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) limitatamente alla sussistenza dell’ipotesi di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5 (capo L) ed al relativo trattamento sanzionatorio, con rinvio per nuovo giudizio sui predetti punti ad altra sezione della Corte di appello di Lecce.
9. Dall’integrale rigetto dei ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), consegue la condanna degli stessi al pagamento delle spese processuali. (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), ossia gli unici imputati ai quali si riferiscono le statuizioni civili pronunciate nei precedenti gradi del giudizio, vanno altresi’ condannati alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile Comune di Lizzano, da liquidarsi, in considerazione dell’intervento in udienza, delle note depositate e della rilevanza del giudizio, in complessivi Euro 3.500,00, oltre alle spese generali, c.p.A. ed I.V.A., per legge.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata da (OMISSIS) e (OMISSIS) per quanto riguarda il primo limitatamente ai capi Q1) e Y1) con riferimento esclusivo al tipo di droga illecitamente detenuto e per quanto riguarda il secondo limitatamente alla sussistenza dell’ipotesi di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5 – capo L)-ed al relativo trattamento sanzionatorio e rinvia per nuovo giudizio sui predetti punti ad altra sezione della Corte di appello di Lecce. Rigetta nel resto i ricorsi di (OMISSIS) e (OMISSIS).
Dichiara definitiva la condanna di (OMISSIS) per i reati di cui ai capi B) – Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74 -, E2) e 32) per la pena di anni sei e mesi dieci di reclusione. Rigetta i ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), che condanna al pagamento delle spese processuali. Condanna (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile Comune di Lizzano, che liquida in complessivi Euro 3.500, oltre spese generali nella misura del 15%, c.p.A. ed I.V.A. come per legge.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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