Cassazione 15

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE II

SENTENZA 27 aprile 2016, n.8415

Ritenuto in fatto

Con ricorso depositato in data il gennaio 2007, B.A.L. adiva il Giudice di pace di Bassano del Grappa impugnando due verbali di accertamento della polizia locale del Comune di Romano d’Ezzelino, con cui gli era stata contestata la marcia del veicolo in presenza di semaforo con il segnale rosso. Deduceva, al riguardo, che la contestazione era avvenuta a seguito di rilievo fotografico effettuato da impianto di rilevazione automatica.
Il giudice di pace adito, con sentenze nn. 449/2007 e 449/2007, rigettava le due opposizioni.
Avverso le due pronunce B. interponeva appello e il Tribunale di Bassano, riuniti i giudizi, respingeva le impugnazioni. Rilevava il tribunale che l’apparecchiatura utilizzata dalla polizia locale per rilevare l’attraversamento dell’incrocio con luce semaforica rossa non era equiparabile a un impianto di videosorveglianza, posto che la riproduzione fotografica non aveva ad oggetto il conducente, il quale non era identificabile; affermava, pertanto che il dispositivo impiegato per l’accertamento delle violazioni non era uno strumento atto al trattamento dei dati personali, onde non erano applicabili le norme sancite a tutela della riservatezza.
Contro la indicata sentenza del Tribunale di Bassano del Grappa lo stesso B. ha proposto ricorso per cassazione. Questo si fonda su due motivi. Il Comune non ha svolto attività difensiva

Motivi della decisione

Con il primo motivo il ricorrente denuncia l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, in relazione all’art. 360, n. 5, c.p.c., circa un fatto controverso e decisivo: il mancato riconoscimento del dato per cui l’apparato di rilevazione automatica del passaggio di autoveicoli, posto in corrispondenza del semaforo, costituisca strumento di videosorveglianza, o sia comunque ad esso assimilabile. Il ricorrente si duole in particolare del fatto che il tribunale abbia negato che la targa di un veicolo costituisca un dato personale il cui trattamento debba essere effettuato con le cautele previste dalla normativa in tema di riservatezza e che, segnatamente, nella fattispecie debba farsi luogo all’avviso prescritto dall’art. 13 d.lgs. n. 196/2003 cit..

Con il secondo motivo il ricorrente denuncia la violazione o falsa applicazione del provvedimento generale del Garante per la protezione dei dati personali del 29 aprile 2004, nonché dell’art. 4, primo comma, lett. b), e dell’art. 13, 1 e 30 co. d.lgs. n. 196/2003, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c.. Il tribunale aveva infatti escluso la necessità della previa informazione dell’accesso del veicolo in area video-sorvegliata, così contravvenendo al provvedimento sopra richiamato.

I motivi sono connessi sicché devono essere esaminati congiuntamente.

Una specifica disciplina della tutela della riservatezza con riferimento all’utilizzo dei dispositivi elettronici per la rilevazione di violazioni al codice della strada non è contenuta nel nominato provvedimento generale del 29 aprile 2004, quanto, piuttosto, nel successivo provvedimento dell’8 aprile 2010. Quest’ultimo precisa, infatti, che anche i conducenti dei veicoli e le persone che accedono o transitano in area dove sono attivi sistemi elettronici di rilevazione automatizzata delle violazioni debbano essere previamente informati in ordine al trattamento dei dati personali. Il provvedimento generale del Garante dell’8 aprile 2010 prescrive che un’idonea informativa in materia possa essere anzitutto assicurata mediante l’utilizzo di strumenti appropriati che rendano agevolmente conoscibile la presenza nelle aree interessate degli strumenti di rilevamento di immagini: a tale riguardo prevede che possano svolgere un ruolo efficace, in proposito, gli strumenti di comunicazione al pubblico e le iniziative periodiche di diffusa informazione, ad integrazione delle quali possono operare modalità esplicative di diversa natura, come volantini, pannelli a messaggio variabile, annunci televisivi e radiofonici, reti civiche e altre forme di comunicazione istituzionale, nonché appositi cartelli. Questa del 2010 è, quindi, la prima disciplina successiva alla contestata infrazione che, occupandosi direttamente del trattamento dei dati personali operato a mezzo di dispositivi elettronici per la rilevazione delle violazioni al codice della strada, preveda una regolamentazione di dettaglio dell’obbligo di informativa di cui all’art. 13 d.lgs. n. 196/2003: regolamentazione rapportata alla peculiarità delle diffuse modalità di utilizzo di tali apparecchi, estese, perlomeno tendenzialmente, alla generalità degli utenti in transito nelle aree interessate. Non è da trascurare, in tema, che proprio la particolarità del sistema di rilevazione delle violazioni al codice della strada, che coinvolge l’astratta universalità degli utenti, ha indotto il Garante a individuare forme di informativa anche diverse dall’apposizione di appositi cartelli, come, appunto, quella contenuta nei siti web (art. 5.3.2 del provvedimento generale dell’8 aprile 2010).

Il tema del coordinamento tra la regolamentazione contenuta nel provvedimento generale del 2004 e quello del 2010 è stato già affrontato da questa Corte, la quale ha avuto modo di affermare, tra l’altro, che la disciplina della rilevazione delle violazioni al codice della strada, prima della delibera del 2010 del Garante, era orientata dalla considerazione che la rilevazione aveva ad oggetto il veicolo piuttosto che il conducente, essendosi posto per la prima volta in via generale il problema della previa informativa agli utenti solo con la citata delibera (Cass. 2 febbraio 2012, n. 1479).

A ben vedere, però, pare al Collegio che, ai fini della definizione della questione sottoposta al suo esame, vada preso in considerazione il nodo delle possibili ricadute che una violazione della disciplina circa l’informativa di cui all’art. 13 abbia sul piano dell’irrogazione della sanzione amministrativa conseguente all’accertamento dell’infrazione al codice della strada.

È da credere, al riguardo, che le discipline attinenti, rispettivamente, alla tutela dei dati personali e alla circolazione dei veicoli operino su piani differenti. Infatti, una ipotetica violazione dell’obbligo di informativa di cui al cit. art. 13 costituisce un illecito rispetto al sistema di tutela approntato per la tutela dei dati personali, il cui rispetto è presidiato da un autonomo apparato sanzionatorio: sicché con riferimento alla specifica violazione di cui trattasi opera la previsione di cui all’art. 161 d.lgs. n. 196/2003 cit..

La detta violazione non spiega invece effetto con riguardo alla contestazione dell’illecito di cui si dolga il conducente del veicolo, siccome non preavvertito della presenza del dispositivo di rilevazione: questo perché l’informativa di cui all’art. 13 non è correlata funzionalmente alla prevenzione dell’infrazione al codice della strada, ma, come si è detto, al rispetto di un obbligo di riservatezza. L’avviso in questione non è dunque diretto a orientare la condotta di guida del trasgressore, così da evitare che lo stesso incorra in una violazione delle norme che regolano la circolazione: ciò che accade, di contro, allorquando è la stessa disciplina del codice della strada ad esigere che agli automobilisti sia data informazione della presenza di apparecchiature di controllo del traffico. Così, l’art. 4, d.l. n. 121/2002, convertito in l. n. 168/2002 (poi modificato dal d.l. n. 151/2003, convertito in l. n. 214/2003) prevede che della presenza dei dispositivi o mezzi tecnici di controllo del traffico finalizzati al rilevamento a distanza delle violazioni alle norme di comportamento di cui agli artt. 142, 148 e 176 cod. strada debba essere data informazione agli automobilisti. E questa S.C. ha evidenziato in proposito, che, proprio perché l’informativa in questione è preordinata a disciplinare la condotta di guida, costituendo una norma di garanzia per l’automobilista, la mancanza di essa non è priva di effetto ma determina la nullità della sanzione (Cass. 26 marzo 2009, n. 7419; Cass. 12 ottobre 2009, n. 21634; cfr. pure Cass. 24 novembre 2006, n. 24526, che sottolinea come il potere sanzionatorio in materia di circolazione stradale non sia tanto ispirato dall’intento della sorpresa ingannevole dell’automobilista indisciplinato, in un logica patrimoniale captatoria, ma anche da uno scopo di tutela della sicurezza stradale, oltre che di riduzione dei costi economici, sociali ed ambientali derivanti dal traffico veicolare, nonché di fluidità delle circolazione).

È evidente, dunque, che, non venendo nella fattispecie in questione l’inosservanza di una informazione diretta a scopi inerenti alla circolazione, e, segnatamente, a preavvertire il conducente del rischio della commissione di infrazioni al codice della strada rilevate dalle apparecchiature a ciò deputate, un problema di invalidità dell’accertamento non si possa porre.

Corretta, nei termini indicati, a norma dell’art. 384, 4 co. c.p.c., la motivazione della sentenza impugnata, il ricorso va respinto.

Nulla per le spese, stante l’assenza di attività difensiva da parte dell’intimato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *