L’affitto di azienda non richiede la forma scritta ai fini della sua validità

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|13 dicembre 2022| n. 36388.

L’affitto di azienda non richiede la forma scritta ai fini della sua validità

L’affitto di azienda non richiede la forma scritta ai fini della sua validità, a meno che tale forma non sia richiesta per la natura dei singoli beni che compongono l’azienda o per la particolare natura del contratto, né assume rilevanza, in senso contrario, la disposizione di cui al capoverso dell’art. 2556 cod. civ. la quale nel prescrivere l’iscrizione nel registro delle imprese – che, a sua volta, postula la forma pubblica o per scrittura privata autenticata dell’atto –, non richiede tali adempimenti ai fini della validità del contratto, ma si riferisce al regime di opponibilità ai terzi dello stesso

Ordinanza|13 dicembre 2022| n. 36388. L’affitto di azienda non richiede la forma scritta ai fini della sua validità

Data udienza 25 novembre 2022

Integrale

Tag/parola chiave: Azienda – Trasferimento – Forme – Affitto di azienda – Forma scritta ai fini della validità del contratto – Casi – Iscrizione nel registro delle imprese – Rilevanza ai fini della validità del contratto – Esclusione

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – rel. Presidente

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere

Dott. VARRONE Luca – Consigliere

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3510/2022 R.G. proposto da:
(OMISSIS) S.r.l., elettivamente domiciliato in presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) ( (OMISSIS)), rappresentato e difeso dagli avvocati (OMISSIS) ( (OMISSIS)), (OMISSIS) ( (OMISSIS));
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) SRL, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) ( (OMISSIS)), che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO TRIESTE n. 250/2021 depositata il 05/07/2021;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25/11/2022 dal Presidente Dott. MAURO MOCCI.

RILEVATO IN FATTO

che (OMISSIS) s.r.l. propone ricorso per cassazione nei confronti della sentenza della Corte di appello di Trieste che aveva confermato la decisione del Tribunale di Pordenone. Quest’ultimo aveva revocato il decreto ingiuntivo promosso dell’odierna ricorrente, volta ad ottenere la restituzione di una serie di beni immobili, il cui elenco era stato allegato al ricorso monitorio, condannando l’opponente s.r.l. (OMISSIS) a restituire solo una parte dei mobili rivendicati;
che, invero, secondo le risultanze processuali, il 7 aprile 2016 era stato concluso fra le parti un contratto in forza del quale (OMISSIS) aveva incaricato la (OMISSIS) di provvedere al trasporto ed alla custodia presso la sede di quest’ultima di beni appartenenti a (OMISSIS) e presenti presso un cantiere di (OMISSIS), ove (OMISSIS) aveva eseguito lavori edili in una chiesa. La custodia era espressamente prevista come gratuita fino al 31 dicembre 2016;
che il Tribunale aveva ritenuto che non tutti i beni indicati nel ricorso appartenessero a (OMISSIS), ma solo quelli contemplati nelle bolle di consegna all’uopo allegate;
che la Corte distrettuale, a sua volta, affermava che il “verbale di consistenza” redatto dal direttore dei lavori del cantiere non era opponibile alla (OMISSIS), ad esso estranea, ne’ il contratto inter partes indicava i beni da trasportare e custodire;
che, con riguardo alle prove per testi, la Corte sosteneva che non potessero essere ammesse, giacche’ la dimostrazione della disponibilita’ dei beni derivante dal contratto di affitto di azienda avrebbe dovuto essere documentale e le uniche prove documentali sarebbero state quelle valorizzate dal Tribunale, mentre neppure sarebbe stato provato che UCR avesse contestato la presenza di ulteriori beni, diversi rispetto a quelli oggetto delle bolle;
che l’ (OMISSIS) si e’ costituita con controricorso, illustrata da successiva memoria ex articolo 380 bis c.p.c..

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il ricorso e’ affidato a due formali motivi;
che, col primo, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3, si invoca violazione e falsa applicazione degli articoli 183 e 184 c.p.c., e articolo 24 Cost., in riferimento alla mancata ammissione delle prove orali richieste, giacche’ la Corte territoriale avrebbe errato nel confermare il giudizio di inammissibilita’ della prova orale espressa dal Tribunale di Pordenone, posto che i capitoli di prova sarebbero stati finalizzati proprio a dimostrare cio’ che i giudici di merito avrebbero ritenuto non provato;
che la Corte d’appello, prendendo atto che era compito di (OMISSIS) dimostrare l’esistenza di altri beni rispetto a quelli indicati nelle bolle di consegna in deposito presso l’ (OMISSIS) S.r.l., avrebbe dovuto ammettere la prova per testi richiesta, posto che era l’unico mezzo per dimostrare l’esistenza di detti ulteriori beni;
che, mediante il secondo, la VRC rileva il vizio di omessa o insufficiente motivazione, nonche’ omesso esame di richieste istruttorie aventi carattere decisivo, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 5, contestando che fosse stata ritenuta provata la disponibilita’ in capo all’ (OMISSIS) dei soli beni che risultavano effettivamente accompagnati da una bolla di consegna e non, invece, di tutti quelli indicati anche nel prospetto e addendum di cui al ricorso/decreto ingiuntivo, oggetto in sede di opposizione a detto decreto delle istanze istruttorie anche testimoniali formulate e non ammesse;
che i due motivi – che possono essere scrutinati congiuntamente, per la loro connessione logica – sono fondati;
che, intanto, la prospettazione giuridica della sentenza impugnata e’ erronea, giacche’ non si discute di un contratto di affitto di azienda, ma di un contratto di deposito;
che peraltro, detto incidentalmente, l’affitto di azienda non richiede la forma scritta ai fini della sua validita’, a meno che tale forma non sia richiesta per la natura dei singoli beni che compongono l’azienda o per la particolare natura del contratto, ne’ assume rilevanza, in senso contrario, la disposizione di cui al capoverso dell’articolo 2556 c.c., la quale nel prescrivere l’iscrizione nel registro delle imprese che, a sua volta, postula la forma pubblica o per scrittura privata autenticata dell’atto, non richiede tali adempimenti ai fini della validita’ del contratto, ma si riferisce al regime di opponibilita’ ai terzi dello stesso (Sez. 3, n. 18066 del 5 luglio 2019);
che e’ dunque, in ogni caso, erronea l’affermazione della sentenza impugnata che la prova circa la disponibilita’ dei beni avrebbe dovuto essere documentale;
che, in tema di mezzi orali, e’ riservata al giudice di merito la valutazione circa l’ammissibilita’ e la rilevanza dei singoli capitoli, dovendosi intendere, per ammissibilita’, la riconduzione nell’ambito del perimetro delineato dall’articolo 2721 c.c. e ss., e, per rilevanza, la connessione della circostanza articolata con la fattispecie concreta, alla luce del petitum e della causa petendi; che, per converso, qualora con il ricorso per cassazione siano denunciati la mancata ammissione di mezzi istruttori e vizi della sentenza derivanti dal rifiuto del giudice di merito di dare ingresso a mezzi istruttori ritualmente richiesti, il ricorrente ha l’onere di indicare specificamente i mezzi istruttori, trascrivendo le circostanze che costituiscono oggetto di prova, nonche’ di dimostrare sia l’esistenza di un nesso eziologico tra l’omesso accoglimento dell’istanza e l’errore addebitato al giudice, sia che la pronuncia, senza quell’errore, sarebbe stata diversa, cosi’ da consentire al giudice di legittimita’ un controllo sulla decisivita’ delle prove (Sez. 6-1, n. 23194 del 4 ottobre 2017; Sez. 6-3, n. 19985 del 10 agosto 2017);
che, pertanto, alla Corte di cassazione spetta esprimersi in ordine alla decisivita’ dei mezzi di prova dedotti e non ammessi in sede di merito;
che i capitoli all’uopo indicati dalla ricorrente sono astrattamente decisivi, nel senso che sono suscettibili – ove confermati – di dimostrare l’appartenenza dei beni in capo alla (OMISSIS) s.r.l. nei rapporti con la depositaria (OMISSIS);
che la memoria depositata dalla controricorrente non coglie nel segno, posto che il thema decidendum e’ quello dell’ammissione di prove testimoniali, idonee a provare la proprieta’ di beni mobili;
che pertanto la sentenza va cassata e rinviata alla Corte d’appello di Trieste, in diversa composizione, affinche’ riesamini la vicenda oggetto di causa alla luce dei principi sopra esposti.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e rinvia alla Corte d’appello di Trieste, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimita’.

 

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