Le situazioni di incompatibilità nelle gare pubbliche

Consiglio di Stato, Sezione terza, Sentenza 14 gennaio 2020, n. 330

La massima estrapolata:

La giurisprudenza amministrativa è del resto costante nel ritenere che le situazioni di incompatibilità nelle gare pubbliche debbano risultare oggetto di specifica ed inequivoca prova, anche sulla base di elementi di fatto indizianti, gravi, precisi e concordanti.

Sentenza 14 gennaio 2020, n. 330

Data udienza 7 novembre 2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4965 del 2019, proposto da
Azienda Regionale di Coordinamento per la Salute – A.R.C.S., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli Avvocati Ma. Co. e Ma. Ma., con domicilio digitale come da PEC indicata in atti e domicilio fisico presso lo studio Ma. Co. in Roma, via (…);
contro
Laboratorio Ortodontico S.n. c. di Lu. e Lu. Sc., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocato Gi. Di Da., con domicilio digitale come da PEC indicata in atti;
nei confronti
Azienda Sanitaria Universitaria Integrata di Udine, ed altri non costituiti in giudizio;
Regione Friuli Venezia Giulia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia Sezione Prima n. 190/2019, resa tra le parti, in data 10 aprile 2019 e pubblicata in 6 maggio 2019, notificata a mezzo pec in pari data, con la quale è stato accolto il primo motivo aggiunto di ricorso dd. 22 ottobre 2018 promosso dal Laboratorio Ortodontico S.n. c. di Lu. e Lu. Sc., con conseguente annullamento in parte qua del Capitolato Speciale di Gara relativo alla procedura aperta indetta da ARCS (già EGAS) per la conclusione di un accordo quadro per l’affidamento della “fornitura di manufatti odontotecnici per ortognatodonzia- ID.16PRE027” (codice RDO rfq_537; CIG 7303290191), oltreché degli atti conseguenti della procedura, ivi compresa l’esclusione del Laboratorio Ortodontico S.n. c. di Lu. e Lu. Sc. e l’aggiudicazione definitiva;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Laboratorio Ortodontico S.n. c. di Lu. e Lu. Sc. e della Regione Friuli Venezia Giulia;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 7 novembre 2019 il Cons. Solveig Cogliani e uditi per le parti gli Avvocati Ma. Ma., Ma. Al. Sa. su delega dichiarata di Gi. Di Da. e l’Avvocato dello Stato Is. Pi.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con il ricorso in appello indicato in epigrafe, l’Azienda regionale di coordinamento per la salute (di seguito A.R.C.S.) – succeduta a E.G.A.S. – espone che, con determinazione dirigenziale n. 1352/2017 del 18 dicembre 2017, E.G.A.S. – Ente per la Gestione Accentrata dei Servizi Condivisi – indiceva la procedura aperta per la conclusione di un accordo quadro per l’affidamento della “fornitura di manufatti odontotecnici per ortognatodonzia”.
L’offerta doveva essere formulata includendo il materiale richiesto dall’art. 3 del Capitolato Speciale di Gara, ed al fine di rendere possibile la valutazione, i concorrenti erano tenuti a recapitare presso la Stazione Appaltante i campioni prescritti dall’art. 6 del Capitolato Speciale, tra cui vi era “N. 1 APPARECCHIO TWIN BLOCK (VOCE 3)”.
Non erano ammessi alla fase successiva tre concorrenti, tra i quali il Laboratorio Ortodontico Sc. per la presentazione di un campione con un “significativo errore tecnico di costruzione del Twin Block”. Il giudizio di “non ammissione/punteggio inferiore al richiesto” era espresso dalla Commissione Giudicatrice in quanto rilevava un “significativo errore tecnico di costruzione del TB (presenza di gancio di Adams su primo molare inferiore su TB). Espansore rapido con graccia (rectius: braccia) posteriori eccessivamente scostate dal palato. Ditta non ammessa in quanto non raggiunge il punteggio minimo richiesto per il parametro “Qualità, precisione e funzionalità del manufatto””. Nello stesso giorno della seduta pubblica del 6 luglio 2018, il portale telematico “eApplatiFVG” inoltrava una pec all’odierna Società appellata comunicandole la sua esclusione. All’esito dei necessari controlli, con determinazione n. 1076 dd. 2 ottobre 2018 il dirigente responsabile approvava i verbali di gara e disponeva l’aggiudicazione della procedura in oggetto in favore dei due concorrenti valutati “idonei” Ne. Re. d’I. e RTI costituito da Wi. s.r.l., Laboratorio ortodontico di Tr. Ma. & Fa. s.n. c., Centro odontoiatrico De. s.r.l..
Avverso l’esclusione il Laboratorio Ortodontico Sc. proponeva ricorso. Di seguito, notificava motivi aggiunti avverso anche i provvedimenti medio tempore sopravvenuti: in particolare, con il primo motivo aggiunto, deduceva la violazione degli artt. 3 e 6 del Capitolato Speciale di gara, e dell’art. 3 l. n. 241/1990 e la “motivazione incongrua, carente e perplessa” espressa dalla Commissione giudicatrice, nonché l'”eccesso di potere sotto diverso profilo per contraddittorietà, sproporzionalità ed illogicità manifesta”; ed in via subordinata, l’illegittimità del Capitolato Speciale di gara per “genericità, incongruità e contraddittorietà manifesta”. Il “Twin Block” (cd. TB) prescritto dal combinato disposto degli artt.3 e 6 del Capitolato Speciale di gara sarebbe una prescrizione “generica”, “senza vincoli” e “senza recare alcuna menzione specifica di ordine tecnico o terapeutico”, per la quale “non esiste alcun brevetto o prototipo che indichi se e su quali denti debba essere agganciato il prodotto”. Il giudizio tecnico (sfavorevole) espresso dalla Commissione Giudicatrice sul campione di TB offerto dal Laboratorio Sc. – che è stato valutato secondo il modello “Twin Block di Cl.” (ossia il modello ideato per la cura delle “malocclusioni di Classe 2 con retrusione mandibolare”) – sarebbe frutto di un “abbaglio istruttorio” e di “violazione della lex specialis”.
Il TAR adito, con ordinanza istruttoria n. 129 del 24.11.2018, riteneva di dover disporre una verificazione ai sensi dell’art. 66 c.p.a., al fine di conoscere “se il dispositivo, denominato con la locuzione ‘apparecchio twin block’, costituisca una specifica tipologia di manufatto, con caratteristiche da considerarsi nella generalità dei casi, secondo le tecniche del settore, univoche o pressoché univoche, ovvero se la medesima locuzione sia riferita ad una ‘famiglià di dispositivi, provvisti di elementi costruttivi diversificati, avendo cura di evidenziare le eventuali differenze rinvenibili all’interno di tale ‘famiglià, con particolare riferimento ai suddetti elementi costruttivi e alle tecniche di ancoraggio alla dentatura”.
La verificazione dava il seguente esito:
– “alla richiesta di costruzione dell’apparecchiatura ortodontica con denominazione “Twin Block” si conviene che la prescrizione clinica faccia riferimento al “Twin Block di Cl.” (ideatore e divulgatore del dispositivo a livello scientifico e clinico) utilizzato per il trattamento delle malocclusioni di Classe 2 con retrusione mandibolare”;
– “altre varianti costruttive dello stesso si riferiscono a situazioni diverse di malocclusione che prevedono comunque una specifica e individuale richiesta”;
– “nel Twin Block (che, quindi, è convenzionalmente inteso come “di Cl.” ideato “per il trattamento delle malocclusioni di Classe 2 con retrusione mandibolare”) “la placca inferiore prevede elementi di tenuta a livello del primo premolare (ganci di Adams)””.
Tuttavia, il giudice di primo grado, dichiarata l’inammissibilità del ricorso introduttivo, accoglieva il primo motivo di ricorso per motivi aggiunti con conseguente annullamento in parte qua del Capitolato Speciale di Gara.
All’esito della verificazione espletata in data 22.1.2019, il giudice di primo grado con la sentenza n. 190 del 6.5.2019, ha accolto il primo motivo aggiunto di ricorso promosso dal Laboratorio Ortodontico Sc., con conseguente annullamento in parte qua del Capitolato Speciale di gara relativo alla procedura di gara in questione, nonché degli atti conseguenti.
Secondo il giudice di primo grado, “il giudizio di esclusione appare illegittimo perché fondato sull’applicazione di una regola tecnica la quale, anche se funzionale alla formulazione di giudizi omogenei ed oggettivi (perché resi in riferimento ad una sola tipologia di manufatto), si traduce, specie perché non divulgata prima della produzione dei campioni, nella inammissibile alterazione delle prescrizioni comuni alle quali la stessa commissione giudicatrice avrebbe dovuto attenersi nel corso della procedura”.
Avverso siffatta sentenza propone, dunque, appello l’A.R.C.S. per i motivi di seguito specificati.
1 – Erroneità della sentenza, con riferimento ai punti 3, 3.1, 3.2, 3.3, 3.4, violazione del principio di prudente apprezzamento delle prove ex art. 64 c.p.a., travisamento dei fatti ed erronea valutazione delle risultanze della verificazione ex art. 66 c.p.a., difetto di motivazione, contraddittorietà ed illogicità manifesta, in quanto la decisione non avrebbe tenuto in considerazione le risultanze dell’istruttoria; il giudizio tecnico della Commissione Giudicatrice sarebbe stato correttamente e logicamente svolto raffrontando il campione presentato dai concorrenti (tra cui l’appellato Laboratorio Ortodontico Sc.) con il modello ideato dal Prof. Cl., caratterizzato da una precisa collocazione inferiore del cd. Gancio di Adams per la cura delle malocclusioni di Classe 2 con retrusione mandibolare. Questo disegno sarebbe, infatti, il modello costruttivo di riferimento che viene unanimemente e convenzionalmente riconosciuto dalla letteratura specialistica e dalla comunità scientifica; la formulazione della lex specialis non avrebbe quindi dato adito ad alcun dubbio interpretativo, dovendo considerarsi che i partecipanti alla gara sono soggetti dotati di conoscenze professionali e specialistiche, essendo ditte operanti nel settore medicale di riferimento; ancora la sentenza non avrebbe motivato adeguatamente sullo scostamento dall’esito della verificazione ed, invece, avrebbe valorizzato erroneamente un documento prodotto dalla ricorrente in primo grado recante la asserita risposta a mezzo email che le sarebbe stata inviata dal Prof. Cl..
2- Erroneità della sentenza con riferimento al punto 3.2, per eccesso di potere giurisdizionale, difetto di motivazione per travisamento dei fatti ed erronea valutazione delle risultanze della verificazione ai sensi dell’art. 66 c.p.a., contraddittorietà ed illogicità manifesta.
3 – Erroneità della sentenza con riguardo al punto 3.4, per eccesso di potere giurisdizionale per violazione del limite di sindacato di legittimità del giudice amministrativo ai sensi dell’art. 7, c.p.a., illegittimo sconfinamento nel merito amministrativo e violazione del principio di separazione dei poteri, erroneità della sentenza per motivazione insufficiente ed illogica e per violazione del principio di proporzionalità .
4 – Erroneità della sentenza in riferimento al punto 3.2. per motivazione viziata per ultra petizione in violazione dell’art. 34 c.p.a., nonché del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunziato di cu all’art. 112 c.p.c., richiamato dall’art. 39 c.p.a., in quanto il ricorrente in primo grado si doleva della formulazione asseritamente “generica” della prescrizione Twin Block e non già del “contesto potenzialmente disomogeneo” dell’esame tecnico, né della violazione del “canone di uniformità ” della lex specialis.
5 – Erroneità della sentenza in relazione al punto 3.3., per eccesso di potere giurisdizionale e per violazione dei limiti del sindacato di legittimità sul giudizio tecnico della Commissione giudicatrice, motivazione insufficiente, perplessa ed illogica, in quanto l’accoglimento della censura avrebbe semmai dovuto condurre all’annullamento della sola fase della procedura di gara, che ha portato alla non attribuzione al Laboratorio Sc. del punteggio qualitativo minimo.
Si è costituita la Regione Friuli Venezia Giulia.
Si è, altresì, costituito il Laboratorio appellato che, oltre a ribadire la correttezza della sentenza di primo grado, con controricorso ha riproposto le censure non scrutinate dal Tribunale di primo grado:
1 – Violazione e/o falsa applicazione del Capitolato speciale di gara (artt. 3 e 6) – violazione e/o falsa applicazione dell’art. 3, l. n. 241/1990 – motivazione incongrua, carente e perplessa – eccesso di potere sotto diverso profilo per contraddittorietà, sproporzionalità ed illogicità manifesta; in via subordinata, illegittimità del Capitolato speciale di gara per genericità, incongruità e contraddittorietà manifesta. Il giudizio della Commissione sarebbe illogico anche per aver valutato che il manufatto sarebbe stato realizzato con bracci troppo scostati dal palato, mentre i bracci dell’espansore dovrebbero essere giocoforza scostati dal cavo della bocca, proprio per evitare la formazione di piaghe all’innesto dell’apparecchio.
2 – Incompatibilità della Commissione tecnica giudicatrice, violazione e/o falsa applicazione degli art. 42 e 77, d.lgs. n. 50/2016, violazione e/o falsa applicazione dell’art. 6-bis, l. n. 241/1990, violazione e/o falsa applicazione dell’art. 7, d.P.R. n. 62/2013, violazione e/o falsa applicazione dell’art. 3 del Regolamento per la nomina dei componenti le commissioni giudicatrici per l’affidamento di appalti pubblici di servizi, forniture e concessioni di E.G.A.S., eccesso di potere per sviamento. Infatti, risulta provato per tabulas che due dei tre Commissari operino collaborando presso l’A.S.U.I. di Trieste e l’A.A.S. 5 “Friuli occidentale” per l’attività di ortognatodonzia, in violazione dell’art. 77, commi IV, V e IX del d.lgs. n. 50/2016, ove si afferma che “i commissari non devono aver svolto né possono svolgere alcun’altra funzione o incarico tecnico o amministrativo relativamente al contratto del cui affidamento si tratta. La nomina del RUP a membro delle commissioni di gara è valutata con riferimento alla singola procedura”.
3 – Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 29, 32, 53 e 77 d.lgs. n. 50/2016 – Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 37 d.lgs. n. 33/2013, eccesso di potere, sotto un diverso profilo, per incongruità, perplessità, abnormità ed irrazionalità manifeste con particolare riferimento alle disposizioni del Capitolato speciale ed al Disciplinare di gara, violazione del principio dell’unicità della Commissione di gara, violazione del principio di giusto procedimento, poiché il provvedimento esclusivo della odierna appellata, lungi dall’essere pubblicato sul sito della Stazione appaltante nei due giorni successivi alla sua emissione, è stato oggetto solo di una pec che non allegava il provvedimento; il provvedimento di aggiudicazione sarebbe stato in modo anomalo pubblicato molto dopo; i criteri di aggiudicazione sarebbero contenuti nel Capitolato; si sarebbe verificato un indebito sdoppiamento dell’organo valutatore, in seggio di gara e Commissione valutatrice; il mancato rispetto del termine dilatorio per la stipula del contratto.
Con ordinanza n. 3583 del 2019 era accolta l’istanza cautelare di sospensione dell’esecutorietà della sentenza.
Con memoria per l’udienza di discussione, l’Azienda contesta l’eccezione formulata dal Laboratorio Sc. (a pag. 11 del Controricorso) di inammissibilità dei documenti prodotti in appello, recanti la letteratura scientifica in materia. Controdeduce, altresì, in ordine agli ulteriori motivi del ricorso di primo grado non esaminati dal primo giudice.
Con memoria in replica la Società appellata afferma che, dalla documentazione prodotta dall’appellante, non si evincerebbe la necessità dei ganci Adams.
L’Azienda appellante ha eccepito l’inammissibilità della memoria di replica in mancanza del deposito della memoria conclusionale
All’udienza di discussione del 7 novembre 2019 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

I – Ritiene il Collegio che l’oggetto principale del giudizio sia la censura di erroneità della sentenza laddove avrebbe non correttamente apprezzato l’esito della verificazione (di cui ai motivi 1 e 2 dell’appello), profilo a cui sono connesse tutte le altre deduzioni.
La questione che si pone all’attenzione del Collegio attiene, in particolare, al significato da attribuire alla prescrizione contenuta nel bando di gara sulla apparecchiatura “Twin Block”. A tal proposito, il Collegio ritiene di poter trattare congiuntamente i cinque motivi di appello proposti da ARCS, essendo tutti volti a censurare l’interpretazione che la sentenza del giudice di primo grado avrebbe dato alla suddetta prescrizione della lex specialis, sulla base di una erronea valutazione delle risultanze della verificazione. L’appellante deduce, infatti, la violazione del principio di prudente apprezzamento delle prove sancito dall’art. 64 c.p.a., da cui scaturirebbe un eccesso di potere giurisdizionale consistente nella violazione dei limiti del sindacato di legittimità del giudice amministrativo ex art. 7 c.p.a.
E’ utile, innanzitutto, chiarire i termini della questione che interessano l’apparecchiatura “Twin Block”.
Secondo l’Amministrazione, odierna appellante, la prescrizione contenuta nel bando di gara sulla apparecchiatura “Twin Block” farebbe riferimento al modello ideato dal Prof. Cl., caratterizzato da una precisa collocazione inferiore del cd. Gancio di Adams per la cura delle malocclusioni di Classe 2 con retrusione mandibolare. A parere di ARCS questo disegno sarebbe, infatti, il modello costruttivo di riferimento che viene unanimemente e convenzionalmente riconosciuto dalla letteratura specialistica e dalla comunità scientifica per l’apparecchio denominato, sic et simpliciter, “Twin Block” costituente oggetto della fornitura di cui trattasi.
Invece, secondo la tesi del ricorrente di primo grado, Laboratorio Ortodontico Sc., odierna appellata, con il termine “twin block” si identificherebbe non un apparecchio dalle caratteristiche univoche e immutabili, bensì una serie di dispositivi che possono legittimamente essere predisposti a seconda degli usi terapici che se ne voglia fare. Ciò legittimerebbe gli operatori economici chiamati a fornire “un apparecchio twin block”, secondo quanto statuito nella lex specialis, a seguire liberamente la scelta terapica ritenuta più opportuna nella costruzione del manufatto.
Al fine di poter dirimere la questione, il TAR ha incaricato di svolgere una verificazione il Referente per la Scuola di Specializzazione in Ortognatodonzia, istituita presso l’Università degli Studi di Padova – Dipartimento di Neuroscienze. A tal proposito, si è già detto che al verificatore è stato chiesto “se il dispositivo, denominato con la locuzione ‘apparecchio twin block’, costituisca una specifica tipologia di manufatto, con caratteristiche da considerarsi nella generalità dei casi, secondo le tecniche del settore, univoche o pressoché univoche, ovvero se la medesima locuzione sia riferita ad una ‘famiglià di dispositivi, provvisti di elementi costruttivi diversificati, avendo cura di evidenziare le eventuali differenze rinvenibili all’interno di tale ‘famiglià, con particolare riferimento ai suddetti elementi costruttivi e alle tecniche di ancoraggio alla dentatura”.
Il verificatore rispondeva al quesito posto dal giudice precisando che “- alla richiesta di costruzione dell’apparecchiatura ortodontica con denominazione “Twin Block” si conviene che la prescrizione clinica faccia riferimento al “Twin Block di Cl.” (ideatore e divulgatore del dispositivo a livello scientifico e clinico) utilizzato per il trattamento delle malocclusioni di Classe 2 con retrusione mandibolare; – altre varianti costruttive dello stesso si riferiscono a situazioni diverse di malocclusione che prevedono comunque una specifica e individuale richiesta”.
Il giudice di primo grado ha ritenuto che la verificazione confermasse l’inidoneità della locuzione ripetuta nelle due disposizioni contenute nel capitolato a designare in modo univoco il manufatto oggetto della fornitura e, nel contempo, dell’esame tecnico eseguito dalla Commissione, in esito al quale il Laboratorio Ortodontico Sc. è risultato escluso.
Tuttavia, il Collegio ritiene di non poter condividere le conclusioni cui è pervenuto il giudice di primo grado e di dover accogliere le doglianze promosse da ARCS con riferimento alla valutazione delle risultanze della verificazione nel senso di seguito esposto.
II – Al riguardo, va precisato che nel processo amministrativo, la verificazione, di cui all’art. 66 c.p.a., è diretta ad appurare la realtà oggettiva delle cose, e si risolve essenzialmente in un accertamento diretto ad individuare, nella realtà delle cose, la sussistenza di determinati elementi, ovvero a conseguire la conoscenza dei fatti, la cui esistenza non sia accertabile o desumibile con certezza dalle risultanze documentali (cfr. Consiglio di Stato, III Sez., 19.10.2017, n. 4848).
Dunque, a differenza della consulenza tecnica d’ufficio prevista dall’art. 67 c.p.a. al fine di consentire al giudice di acquisire un giudizio tecnico, la verificazione è uno strumento probatorio che mira all’effettuazione di un mero accertamento tecnico di natura non valutativa. In buona sostanza, la verificazione comporta l’intervento, in funzione consultiva del giudice, di un organismo qualificato per la risoluzione di controversie che implichino l’apporto di competenze tecniche essenziali ai fini della definizione della questione (Cons. St., sez. IV, 18 gennaio 2010, n. 138). L’esito della verificazione è certo autonomamente apprezzabile dal giudice, il quale può anche discostarsi dalle conclusioni del verificatore, a condizione tuttavia che ne espliciti adeguatamente le ragioni. La giurisprudenza amministrativa riconosce, infatti, al giudice di discostarsi dalle risultanze della verificazione (così come da quelle di una consulenza tecnica disposta in corso di causa). Tuttavia, è necessaria la motivazione del dissenso con attenta valutazione di tutti gli elementi esposti nella relazione del verificatore (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 18 novembre 2013 n. 5454).
III – Ebbene, nel caso di specie, scopo della verificazione era quello di fornire al giudice un criterio medico-specialistico al fine di poter interpretare la prescrizione contenuta nel bando di gara sulla apparecchiatura “Twin Block”.
Il verificatore Prof. Lorenzo Favero, individuato nel Dipartimento di neuroscienze della Scuola di Specializzazione in Ortognatodonzia, quale Referente, ha espressamente indicato – come sopra già evidenziato – che: “alla richiesta di costruzione dell’apparecchiatura ortodontica con denominazione “Twin Block” si conviene che la prescrizione clinica faccia riferimento al “Twin Block di Cl.” (ideatore e divulgatore del dispositivo a livello scientifico e clinico) utilizzato per il trattamento delle malocclusioni di Classe 2 con retrusione mandibolare. Altre varianti costruttive dello stesso si riferiscono a situazioni diverse di malocclusione che prevedono comunque una specifica e individuale richiesta.”
Le conclusioni del primo giudice, pertanto, risultano contraddittorie rispetto a quanto affermato dal tecnico incaricato.
Il giudice di primo grado, a parere di questo Collegio, è incorso nell’errore di individuare il criterio medico specialistico richiesto al verificatore nella seconda affermazione contenuta nella verificazione, laddove si sostiene che “altre varianti costruttive dello stesso si riferiscono a situazioni diverse di malocclusione che prevedono comunque una specifica e individuale richiesta”.
Tuttavia, questo secondo inciso contenuto nella relazione del verificatore non può essere apprezzato da se solo senza coordinarlo con la prima affermazione, con la quale il verificatore “conviene” che con la denominazione “Twin Block” si fa riferimento “alla prescrizione clinica “Twin Block di Cl.” (ideatore e divulgatore del dispositivo a livello scientifico e clinico) utilizzato per il trattamento delle malocclusioni di Classe 2 con retrusione mandibolare”.
In altri termini, il verificatore al quesito “se il dispositivo, denominato con la locuzione ‘apparecchio twin block’, costituisca una specifica tipologia di manufatto, con caratteristiche da considerarsi nella generalità dei casi, secondo le tecniche del settore, univoche o pressoché univoche” risponde positivamente e individua la specifica tipologia di manufatto con caratteristiche pressoché univoche nel Twin Block di Cl., di cui indica anche le caratteristiche tecniche-costruttive.
Pertanto, è questo il criterio medico-specialistico a cui il Collegio ritiene di dover ricorrere al fine di interpretare correttamente la prescrizione contenuta nella lex specialis sull’apparecchiatura “Twin Block”.
È vero che si ammette anche l’esistenza di “altre varianti costruttive”, ma con riferimento a situazioni diverse di malocclusione, che avrebbero dovuto comunque essere oggetto di “una specifica e individuale richiesta”, che la Stazione Appaltante nel caso di specie ha ritenuto di non dover fare.
La decisione del primo giudice appare oltre che contraddittoria con l’esito della verificazione, anche frutto di un equivoco, avendo inteso – evidentemente – il Tribunale che il riferimento fosse a diverse ipotesi di strumentazioni.
L’interpretazione sin qui resa, del resto è coerente con la stessa risposta del prof. Cl., invocata da parte appellata e con la documentazione scientifica prodotta dall’appellante.
Il Collegio ritiene pertanto di dover riformare la sentenza del Tar Friuli Venezia Giulia laddove ha accolto il primo motivo aggiunto di ricorso presentato dal Laboratorio Ortodontico Sc..
IV – Si rende necessario l’esame degli ulteriori motivi, rimasti assorbiti in primo grado, e ripresentati dall’odierno appellato nel presente giudizio.
IV.a) – Un primo ordine di doglianze concerne il giudizio tecnico della Commissione di Gara sull’espansore rapido presentato dal Laboratorio Sc.. In particolare, in sede di valutazione qualitativa delle offerte tecniche, la Commissione di Gara ha assegnato al Laboratorio Sc. il punteggio “MEDIOCRE: coefficiente 0,40: punti 12,00” in relazione al parametro “Qualità, precisione e funzionalità del manufatto” esibito in sede di campionatura ai sensi del Capitolato Speciale, a causa dell’eccessivo scostamento delle braccia posteriori dal palato del suddetto estensore.
A parere dell’appellato, la valutazione tecnica operata dalla commissione di gara appare manifestamente illogica, incongrua, sproporzionata e contraddittoria, in quanto si è appuntata sul discostarsi dell’apparecchio dal palato ma non ha dedotto dalla stessa la logica conseguenza che ciò implicherebbe, ossia l’invasione dello spazio della lingua.
In primo luogo, va precisato, che il motivo risulta improcedibile, per effetto dell’accertata carenza della corrispondenza tra quanto offerto e quanto richiesto dalla legge di gara.
In ogni caso, a differenza della prima questione esaminata pocanzi, con cui si chiedeva al giudice di interpretare il significato di una prescrizione contenuta nel bando di gara, il Collegio ritiene di dover accogliere l’eccezione di inammissibilità sollevata da ARCS, non potendosi pronunciare su una valutazione tecnica che ha legittimamente compiuto la Commissione di Gara in sede di valutazione delle offerte.
Infatti, aderendo all’orientamento recentemente ribadito dalla Sezione, deve ritenersi che la valutazione delle offerte nonché l’attribuzione dei punteggi da parte della commissione giudicatrice rientrano nell’ampia discrezionalità tecnica riconosciutale; per cui, fatto salvo il limite della abnormità della scelta tecnica, di norma devono ritenersi inammissibili le censure che impongono il merito di valutazioni per loro natura opinabili, perché sollecitano il giudice amministrativo ad esercitare un sindacato sostitutorio, al di fuori dei tassativi casi sanciti dall’art. 134 c.p.a (Cons. St., Sez. III, 10 luglio 2019, n. 4865).
IV.b) Altro motivo di impugnazione proposto dall’odierno appellato concerne l’incompatibilità di alcuni commissari di gara.
Questo consiglio ha già avuto modo di pronunziarsi sulla questione, evidenziando che la situazione di incompatibilità va valutata in concreto, tenendo conto della portata della funzione o dell’incarico svolti dal singolo commissario e della relativa incidenza nello svolgimento della determinata procedura di gara e che le disposizioni invocate da parte appellata non possono trovare immediata completa applicazione sino all’entrata in vigore dell’Albo Nazionale Obbligatorio per la nomina dei Commissari istituito presso l’ANAC.
Ne discende che, nella specie che occupa, come correttamente evidenziato da parte appellante, l’incompatibilità con l’incarico di Commissario non poteva essere desunta dal rapporto di lavoro con il SSR degli esperto nel settore di riferimento dell’appalto, siccome tale fattispecie non rientra nelle ipotesi tipizzate dal citato art. 77.
Gli elementi esposti da parte appellata quanto all’incompatibilità dei commissari non sono in realtà idonei ad incidere sull’imparzialità degli stessi, per quanto ampiamente evidenziato dall’Azienda appellante e risultano, peraltro, anche in parte smentiti quanto allo loro veridicità (ad esempio, la frequentazione con una ditta risultata vincitrice).
La giurisprudenza amministrativa è del resto costante nel ritenere che le situazioni di incompatibilità nelle gare pubbliche debbano risultare oggetto di specifica ed inequivoca prova, anche sulla base di elementi di fatto indizianti, gravi, precisi e concordanti. In particolare, questa Sezione ha sempre richiesto: – che debbano essere allegati concreti elementi dai quali desumere l’effettiva incompatibilità dei commissari di gara, presupposto indispensabile per l’accoglimento della relativa censura non potendo, infatti, farsi riferimento ad elementi presuntivi e generici; – che debbano sussistere elementi specifici atti, in concreto, a far ritenere la dedotta incompatibilità e che dal deducente debbano essere addotti dirimenti elementi probatori al riguardo (cfr. di recente Cons. St., Sez. III, 3 luglio 2018, n. 4054).
IV.c) – Quanto al terzo motivo di doglianza, esso si palesa manifestamente infondato, in quanto si sovrappone la fase di verifica dei requisiti di partecipazione (conclusasi per quanto di interesse, con l’ammissione dell’operatore con la determinazione EGAS n. 564 dd. 14 maggio 2018, pubblicata nella piattaforma “e-appaltiFVG”) con l’esclusione del Laboratorio appellato per mancato raggiungimento del punteggio tecnico/qualitativo minimo, provvedimento che necessariamente è confluito in quello finale di aggiudicazione, pubblicato all’esito della gara pubblica e comunicato dal Seggio di Gara nella Seduta Pubblica del 6 luglio 2018 alla presenza dei rappresentanti delle Ditte presenti (come precisato nella memoria dell’Azienda appellante, cfr. Verbale n. 2 depositato sub doc.17 fascicolo di primo grado), a cui ha fatto seguito la “pec informativa all’interessata.
Per quanto attiene tutti gli altri profili di censura, deve ritenersi che il motivo risulti anche improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse, in ragione della mancata corrispondenza dell’offerta dell’originaria parte appellante.
IV.d) – Ancora, infondato il motivo inerente la collocazione dei criteri di attribuzione del punteggio, stante la necessaria considerazione unitaria della legge di gara. Nella specie, peraltro, la collocazione nel Capitolato Speciale di gara delle modalità di attribuzione dei punteggi alla offerta tecnica ed economica dei concorrenti risulta giustificata dalla stretta connessione alle specifiche tecniche dei manufatti odontotecnici, esplicitati dall’A.R.C.S. proprio nel Capitolato Speciale.
IV.e) – Ciò detto, la censura risulta peraltro inammissibile per genericità ; come risulta infondato e prima ancora inammissibile per la medesima ragione, il motivo relativo all’indebito sdoppiamento tra Seggio di gara e Commissione, che trova la propria prescrizione nel Disciplinare di gara (art. 7) e nel Regolamento E.G.A.S. (art. 1, comma 3).
IV.f) – Da ultimo, va respinta l’ulteriore censura relativa al mancato rispetto del termine dilatorio, prescindendo dalla sua infondatezza alla luce di quanto disposto dall’art. 32 comma 10 d.lgs. n. 50/2016, in ragione dell’intervenuta improcedibilità della stessa.
IV.g) – Tutte le censure su indicate, in ogni caso, sono affette da eccessiva genericità e pertanto inammissibili.
V – In considerazione della complessità della fattispecie, sussistono giusti motivi per compensare le spese del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Terza, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma dell’appellata sentenza n. 190 del 2019, respinge il ricorso di prime cure.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 7 novembre 2019 con l’intervento dei magistrati:
Roberto Garofoli – Presidente
Giulio Veltri – Consigliere
Paola Alba Aurora Puliatti – Consigliere
Solveig Cogliani – Consigliere, Estensore
Giovanni Tulumello – Consigliere

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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