Società cooperative e le mutue assicuratrici

 

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Le società cooperative e le mutue assicuratrici

 

 

 

Sommario

1)           NOZIONE DI SOCIETÀ COOPERATIVA

 

La società cooperativa costituisce una particolare categoria di società[2] (altri autori[3] parlano di associazioni in senso stretto – altri[4] ancora di un’organizzazione non societaria, facendo leva soprattutto sulll’art. 2247 che nella nozione di società inserisce anche lo scopo di dividere gli utili), con soci a responsabilità limitata, dal ruolo non del tutto definito nella nostra economia.

Quindi, non si può dubitare che la coop costituisca un’impresa sia

A) nel senso economico – per la produzione di nuove ricchezze e per il vantaggio economico degli associati) – al di fuori di un’organizzazione economica produttiva, non si ha un’impresa coop, ma possono solo sorgere forme associative filantropiche o di mutuo soccorso[5] che esulano dal campo dell’economia;

B) che nel senso giuridico – in essa si ritrovano i requisiti previsti dall’art. 2082 c.c. relativamente all’imprenditore, vale a dire l’esercizio professionale di un’attività economica ai fini della produzione o dello scambio dei beni o dei servizi – non c’è coop, ma c’è associazione, nell’ipotesi in cui uno scopo di solidarietà venga perseguito da più persone con l’esercizio di attività non definibili come imprenditoriali.

Per la Cassazione[6] il socio di una cooperativa, beneficiario del servizio mutualistico reso da quest’ultima, è parte di due distinti (anche se collegati) rapporti (che non vanno, peraltro, sovrapposti, attesa la diversità della natura giuridica e la non assoluta omogeneità della relativa disciplina), l’uno di carattere associativo, che discende direttamente dall’adesione al contratto sociale e dalla conseguente acquisizione della qualità di socio, l’altro (per lo più di natura sinallagmatica), che deriva dal contratto bilaterale di scambio, per effetto del quale egli si appropria del bene o del servizio resogli dall’ente.

La disciplina è stata quasi riscritta dal D.lgs 17/1/2003 n.6 e coordinata con le modifiche apportate dal D.lgs. 6/2/2004 n. 37

Ciò che caratterizza la organizzazione delle società cooperative è:

a) da un lato: la variabilità del capitale, il fatto cioè che il capitale sociale non è determinato in un ammontare prestabilito, e può variare in aumento. A seguito di ammissione di nuovi soci, o in diminuzione, a seguito dell’uscita di vecchi soci, senza che ciò richieda la modificazione dell’atto costitutivo;

b) d’altro canto: il voto per teste (o capitario), il fatto cioè che ogni socio, salvo eccezioni, ha un voto quale che sia l’entità del capitale investito.

c) Inoltre: a queste caratteristiche organizzative se ne aggiunge, un’altra a carattere funzionale: non ogni impresa, vedi art. 2195 c.c., può costituirsi sotto forma di società cooperativa, ma unicamente le imprese aventi (solo o anche) scopo mutualistico. Ossia lo svolgimento dell’impresa si caratterizza per la gestione dei servizi a favore dei soci.

d) Infine: i soci devono essere in possesso di determinati requisiti specifici, al fine di assicurare che la compagine sociale sia composta almeno in prevalenza, da persone apprteneti a categorie speciali.

 

art. 2511 [7] c.c.    società cooperative

le cooperative sono società a capitale variabile con scopo mutualistico.

iscritte presso l’albo delle società cooperative di cui all’articolo 2512 secondo comma, e all’articolo 223-sexiesdecies delle disposizioni per l’attuazione del presente codice.[8]

 

Significato giuridico di scopo mutualistico

< Fornire beni o servizi o occasioni di lavoro direttamente ai membri dell’organizzazione a condizioni più vantaggiose di quelle che otterrebbero dal mercato > – Relazione al c.c. del 1942

La caratteristica principale della società cooperativa è da sempre identificata nella “mutualità”.

A tale termine la normativa non ha mai dato una definizione precisa, anche se la dottrina ha sempre identificato in tale caratteristica l’oggetto stesso della società cooperativa, intendendo come tale lo scopo della cooperativa rappresentato dalla volontà di assicurare ai soci le migliori condizioni per determinate prestazioni (risparmio per le cooperative di consumo, occasioni di lavoro per le cooperative di produzione e lavoro, assistenza per le mutue assicuratrici e così via), ciò in contrasto con lo scopo della ordinaria società di capitali rappresentato dalla mera realizzazione di un utile in proporzione al capitale sociale sottoscritto.

Per la Cassazione[9] lo scopo mutualistico proprio delle cooperative consiste in un particolare modo di organizzazione di svolgimento dell’attività d’impresa, che si caratterizza per la gestione di servizi in favore dei soci, i quali, come destinatari elettivi, anche se non esclusivi, dei beni o dei servizi forniti dalla cooperativa per effetto di tale gestione, conseguono in tal modo condizioni più favorevoli di quelle di mercato, dal momento che nel processo di produzione e di distribuzione vengono eliminati l’intermediazione ed il conseguente profitto di altri imprenditori. In particolare, il socio cooperatore, quale fruitore dei beni o dei servizi resi dall’impresa sociale (nelle cooperative di consumo), o quale fornitore dei fattori produttivi necessari per l’attività sociale (nelle cooperative di produzione e lavoro), persegue un vantaggio economico diverso dal lucro, di natura peculiare e variante a seconda del ramo di attività cooperativa esercitata dalla società, che non consiste prevalentemente nella più elevata remunerazione del capitale investito, ma si concretizza nella soddisfazione di un comune preesistente bisogno economico (di lavoro, di generi di consumo, di credito, di abitazione), con la congiunta consecuzione di un risparmio di spesa per i beni o servizi acquistati o realizzati dalla propria società (nelle cooperative di consumo), oppure di una maggiore remunerazione dei propri beni o servizi alla stessa ceduti o del lavoro a questa prestato (nelle cooperative di produzione e lavoro)

Per intendere il significato dello scopo mutualistico, occorre partire da alcuni esempi:

A) I consumatori e gli utenti, che vogliono ottenere da un imprenditore i beni o i servizi di cui essi hanno bisogno, dovranno essere disponibili, perché la loro domanda sia soddisfatta, a corrispondere un prezzo, superiore al costo di produzione, perché comprensivo dell’utile che l’imprenditore ha inteso riservarsi

B) I lavoratori che intendono prestare il loro lavoro come ausiliari di un imprenditore, dovranno essere disponibili, perché la loro offerta sia accettata, a ricevere un compenso inferiore a quello che essi potrebbero ottenere, se l’imprenditore non badasse al suo utile

C) I produttori di beni, che, mancando di una rete di distribuzione, intendano offrirli in vendita a chi ne fa commercio, dovranno essere disponibili, perché la loro offerta sia accettata, a ricevere un prezzo inferiore a quello che essi potrebbero ottenere, se il commerciante non badasse al suo utile.

La società cooperativa è una società che può costituirsi tra

  1. A) consumatori o utenti

COOPERATIVE DI CONSUMO

Con il fine di soddisfare la domanda di beni o servizi dei consumatori o utenti ovvero consiste nel procurare al minor costo possibile i beni e i servizi richiesti dai soci, consentendo loro di ottenere un risparmio di spesa.

B) Lavoratori

COOPERATIVE DI LAVORO. Con il fine di soddisfare l’offerta di lavoro dei  lavoratori soci ad un prezzo superiore a quello praticato dagli imprenditori

C) Produttori

COOPERATIVE  DI  PRODUZIONE

Con il fine di soddisfare l’offerta dei beni dei produttori ad un prezzo superiore a quello praticato dai commercianti

LO SCOPO

A) SCOPO O PROGRAMMA LUCRATIVO

Non è però escluso che la coop svolga la sua attività anche nei confronti dei terzi. Ciò avviene quando, accanto allo scopo mutualistico, i soci della società cooperative perseguono uno scopo lucrativo, e come si dice – la mutualità da essere pura diventa spuria (o impura).

La legge, infatti non esclude che la società coop possa agire nei confronti dei terzi per realizzare, nell’esercizio della sua attività degli utili.

Il programma lucrativo consiste nel collocare sul mercato sul mercato i beni e i servizi prodotti dall’impresa sociale ad un prezzo superiore al costo, sì da consentire alla società di ottenere un lucro (c.d. lucro soggettivo).

In conclusione, il programma lucrativo è un programma teso a speculare sui terzi e, se del caso, sugli stessi soci, per potere remunerare il capitale conferito all’impresa.

B) SCOPO O PROGRAMMA MUTUALISTICO

la definizione più appropriata, nonostante le grandi innovazioni della riforma, continua ad essere quella fornita dalla relazione al vecchio Codice civile (numero 1025), che individua l’essenza della mutualità nello scopo di fornire beni, servizi e occasioni di lavoro direttamente ai membri dell’organizzazione a condizioni più favorevoli di quelle che otterrebbero sul mercato.

I soci conferiscono beni o servizi per l’esercizio in comune di un’attività economica; ma ciò allo scopo di poter ottenere beni o servizi o poter offrire beni o servizi a condizioni più vantaggiose di quelle che potrebbero ottenere dal mercato, delle imprese lucrative.

In conclusione, questo programma, tende ad ottenere per i soci condizioni migliori di quelle praticate sul mercato delle imprese lucrative, e non si preoccupa di remunerare il capitale conferito all’impresa (programma c.d. anticapitalistico).

Secondo una sentenza di merito[10] lo scopo mutualistico, proprio delle cooperative, può avere gradazioni diverse, che vanno dalla cd. mutualità pura, caratterizzata dall’assenza di qualsiasi scopo di lucro, alla cd. mutualità spuria, che consente una maggiore dinamicità operativa anche nei confronti di terzi non soci, così conciliando il fine mutualistico con una attività commerciale e con la conseguente possibilità per la cooperativa di cedere beni e servizi a terzi a fini di lucro. La possibilità che la cooperativa assuma diverse tipologie comporta necessariamente una diversità di posizioni del socio cooperatore.

La differenza tra società mutualistica e società lucrativa si sia spostata nell’evoluzione della nostra legislazione, sempre di più, dal piano funzionale a quello organizzativo.

A far la differenza, ancor più che il diverso scopo, mutualistico o lucrativo, diventa soprattutto il diverso modo, non commisurato all’entità del capitale investito ma capitario, che i soci hanno di pensare sulla vita della loro società.

Come fare per realizzare simultaneamente i due scopi o programmi ?

A) ragionando sull’esempio di una coop di consumo tra soci tutti cooperatori, si può pensare ad una diversa articolazione dell’impresa sociale:

1)    a negozi (o reparti di negozi) destinati a servire, a prezzo di costo, i soci e;

2)    a negozi (o reparti di negozi) destinati a servire, a prezzo maggiorato a terzi.

Ma una simile soluzione, basata su strutture di distribuzione differenziate, ha storicamente avuto scarso successo, specie per l’impatto psicologico negativo che produce sui terzi (poco disponibili a subire la pur comprensibile disparità di trattamento), ed è anche difficile da realizzare, perché è difficile stabilire esattamente, sin dal momento della vendita, il prezzo di costo.

 B) Ragionando sempre sull’esempio di una coop di consumo, la società coop realizza i suoi programmi non attraverso strutture di distribuzione differenziate a seconda degli acquirenti, ma agendo sul mercato come una qualsiasi impresa lucrativa, e perciò vendendo i suoi beni ai soci e ai terzi ad uno stesso prezzo, determinando in modo considerare non solo i costi ma anche il guadagno dell’imprenditore.

 

Contabilmente la società coop terrà però separate le vendite fatte ai soci e quelle fatte ai terzi, e ciò al fine di potere conoscere le quantità e i valori delle vendite effettuate agli uni e agli altri, e, a fine esercizio, il guadagno rispettivamente ottenuto.

Approvato il bilancio di esercizio, la società coop provvederà quindi a distribuire ai soci, a titolo di utile, e perciò proporzionalmente di regola ai conferimenti, il guadagno ottenuto contrattando con i terzi, e a distribuire invece il guadagno ottenuto contrattando con i soci, in proporzione alla quantità e qualità degli scambi mutualistici (p.e., nella cooperative di consumo in proporzione al valore delle vendite fatte dalla coop ai soci), sì da assicurare ai soci il risparmio di spesa non ottenuto al momento dell’acquisto, e quindi come dice la legge (2545 sexies) – a titolo di ristorno.

La Cassazione[11] sul punto ha precisato che, i ristorni vanno tenuti distinti dagli utili in senso proprio, pur avendo con essi in comune la caratteristica della aleatorietà (in quanto la società può distribuirli solo se la gestione mutualistica dell’impresa si chiuda con un’eccedenza dei ricavi rispetto ai costi): mentre, infatti, gli utili costituiscono remunerazione del capitale e sono perciò distribuiti in proporzione al capitale conferito da ciascun socio, i ristorni costituiscono uno degli strumenti tecnici per attribuire ai soci il vantaggio mutualistico (risparmio di spesa o maggiore retribuzione) derivante dai rapporti di scambio intrattenuti con la cooperativa, traducendosi in un rimborso ai soci di parte del prezzo pagato per i beni o servizi acquistati dalla cooperativa, nelle cooperative di consumo, ovvero in integrazione della retribuzione corrisposta dalla cooperativa per le prestazioni del socio, nelle cooperative di produzione e lavoro (cfr. artt. 2511-2536 c.c.).

art. 2545 sexies [12] c.c.  ristorni

 l’atto costitutivo determina i criteri di ripartizione dei ristorni ai soci proporzionalmente alla quantità e qualità degli scambi mutualistici.

Le cooperative devono riportare separatamente nel bilancio i dati relativi all’attività svolta con i soci, distinguendo eventualmente le diverse gestioni mutualistiche.

L’assemblea può deliberare la ripartizione dei ristorni a ciascun socio anche mediante aumento proporzionale delle rispettive quote o con l’emissione di nuove azioni, in deroga a quanto previsto dall’articolo 2525, ovvero mediante l’emissione di strumenti finanziari.

 

 

Di seguito si evidenzia lo scopo mutualistico delle cooperative più diffuse.

 

A) Le cooperative di lavoro

Nelle cooperative di lavoro il vantaggio mutualistico si realizza attraverso una remunerazione, superiore a quella che offrirebbe il mercato, della prestazione che viene richiesta al socio da parte della cooperativa.

La cooperativa è retta e disciplinata secondo il principio della mutualità senza fini di speculazione privata. Lo scopo che i soci della cooperativa intendono perseguire è quello di ottenere, tramite l’esercizio in forma associata dell’impresa, continuità d’occupazione lavorativa e le migliori condizioni economiche, sociali, professionali. Per il raggiungimento del suddetto scopo mutualistico, i soci instaurano con la cooperativa, oltre al rapporto associativo, un ulteriore rapporto mutualistico di lavoro.

B) Le cooperative agricole di conferimento

Queste cooperative concentrano al proprio interno alcune fasi del processo di lavorazione o trasformazione dei prodotti conferiti dai soci al fine di consentire il loro collocamento sul mercato alle migliori condizioni economiche possibili.

La cooperativa è retta e disciplinata secondo il principio della mutualità senza fini di speculazione privata.

Lo scopo che i soci della cooperativa intendono perseguire è quello di ottenere, tramite l’esercizio in forma associata dell’impresa, la trasformazione dei prodotti agricoli conferiti e ricercare la loro collocazione più conveniente sul mercato, per conto dei soci conferenti.

Secondo recente Cassazione[13], lo scopo di lucro (c.d. lucro soggettivo) non è elemento essenziale per il riconoscimento della qualità di imprenditore commerciale, essendo individuabile l’attività di impresa tutte le volte in cui sussista una obiettiva economicità dell’attività esercitata, intesa quale proporzionalità tra costi e ricavi (c.d. lucro oggettivo), requisito quest’ultimo che, non essendo inconciliabile con il fine mulualistico, ben essere presente anche in una società cooperativa, pur quando essa operi solo nei confronti dei propri soci. Ne consegue che anche tale società ove svolga attività commerciale può, in caso di insolvenza, può essere assoggettata a fallimento in applicazione dell’articolo 2545-terdecies c.c.[14]; anche per le cooperative aventi ad oggetto le attività agricole è dovere del giudice, oltre che quello della verifica delle clausole statutarie e del loro tenore, esaminare anche in concreto l’atteggiarsi dell’attività d’impresa svolta dal sodalizio mutualistico esaminando le attività economiche svolte, alla luce della disciplina introdotta dal Decreto Legislativo n. 228 del 2001, articolo 1 senza che su tale esame si sovrapponga la considerazione dell’effettività dello scopo mutualistico, rilevante a diversi fini, ma non assorbente dell’esame dei presupposti di legge (articolo 2135 c.c.) per il riconoscimento (o l’esclusione) della qualità di impresa agricola esentata dal fallimento (L. Fall., articolo 1);

 

C) Le cooperative edilizie

Le cooperative edilizie hanno lo scopo di associare persone di varie professioni e condizioni per assicurare loro l’acquisto di un’abitazione in proprietà o in affitto.

La cooperativa si propone la costruzione di case per la cessione in proprietà ai propri soci.

A tal fine, la società può compiere tutte le operazioni necessarie e idonee alla realizzazione degli scopi sociali; può inoltre assumere partecipazioni in altre imprese a scopo di stabile investimento e non di collocamento sul mercato.

Oppure nel caso di cooperativa a proprietà indivisa

La società si propone la costruzione di case popolari ed economiche o di civile abitazione da assegnare ai soci, in proprietà divisa o in locazione, anche con patto di futura assegnazione o riscatto.

Per ultima Cassazione[15] in tema di cooperative edilizie deve distinguersi tra il rapporto sociale, di carattere associativo, e quello di scambio, di natura sinallagmatica, rapporti che, pur collegati, hanno causa giuridica autonoma; da ciò discende che il pagamento di una somma, eseguito dal socio a titolo di prenotazione dell’immobile, deve essere ascritto al rapporto di scambio e perciò al pagamento del prezzo d’acquisto, alla cui restituzione la cooperativa è, quindi, tenuta, in caso di scioglimento dal rapporto sociale per esclusione o per recesso, anche in presenza di un disavanzo di bilancio.

Ai fini processuali è stato poi chiarito dalla Cassazione[16] che in riferimento alle cooperative edilizie aventi per oggetto sociale la costruzione di alloggi da assegnare ai soci, in presenza di una clausola compromissoria che preveda il deferimento ad arbitri di qualsiasi controversia comunque connessa all’interpretazione e all’esecuzione del contratto associativo, va riconosciuta la competenza del collegio arbitrale anche in presenza di una controversia sorta in relazione al pagamento del prezzo per il trasferimento di un immobile cooperativo, in quanto, pur attinendo essa ad un rapporto di scambio, come tale ben distinto da quello associativo, quest’ultimo è pur sempre indirettamente finalizzato all’acquisto della proprietà dell’immobile, acquisto che costituisce l’effetto di una fattispecie complessa e progressiva, comprendente, oltre all’assunzione da parte della società dell’obbligo di prestare il proprio consenso all’atto di trasferimento, anche l’effettuazione della prenotazione, la quale accerta la realizzazione dei presupposti concreti per l’assegnazione, individuandone l’oggetto ed il corrispettivo, in modo da rendere dovuto il successivo atto traslativo.

D) Le cooperative di consumo

 

Le cooperative di consumo hanno l’obiettivo di fornire beni e servizi ai soci a condizioni più favorevoli di quelle presenti sul mercato, cioè al prezzo minore possibile salvaguardando l’aspetto qualitativo dei prodotti e dei servizi.

Lo scopo mutualistico che i soci intendono perseguire è quello di ottenere, nell’ambito dell’oggetto sociale, beni e servizi alle migliori condizioni rispetto a quelle ottenibili sul mercato.

Più in generale, la cooperativa si propone di:

  • fornire ai consumatori, soci e non, beni e servizi di buona qualità alle migliori condizioni possibili;
  • tutelare gli interessi dei consumatori, la loro salute e sicurezza anche accrescendone e migliorandone l’informazione e l’educazione attraverso apposite iniziative;
  • promuovere e favorire lo sviluppo della cooperazione anche a livello internazionale;
  • promuovere e organizzare attività e servizi culturali, ricreativi e socialmente utili;
  • contribuire a tutelare l’ambiente;
  • intervenire a sostegno dei Paesi in via di sviluppo e delle categorie sociali bisognose.

 

 E) Le cooperative sociali

Secondo l’art. 1 della legge n. 381/1991, «le cooperative sociali hanno lo scopo di perseguire l’interesse generale della comunità alla promozione umana e all’integrazione sociale dei cittadini».

Esse pertanto si differenziano dalle altre cooperative per il perseguimento di un fine più ampio rispetto allo scopo mutualistico semplice, in quanto esterno al gruppo che le costituisce.

La cooperativa sociale è, infatti, concepita come una forma organizzativa sociale «innovativa della mutualità, con la quale si è allargato – aggiungendosi quasi per sovrapposizione – lo schema ordinario (e tradizionale) della figura della società cooperativa; essa si caratterizza – oltre che per i requisiti mutualistici che sono peculiari alla figura generale della cooperativa -, soprattutto per le (nuove) finalità, che manifestamente trascendono – nel senso che lo inglobano e lo estendono – l’obiettivo (consolidatosi storicamente) dell’organizzazione sociale di mutualità (…) .

Nelle cooperative sociali questa forma di mutualità “solidaristica”, comunque, non si sostituisce bensì coesiste con la mutualità interna, propria di ogni cooperativa, che si concretizza, come abbiamo detto, nella realizzazione di uno scopo economico dei soci (es. sovraremunerazione della prestazione lavorativa, risparmio di spesa, ecc.).

Lo scopo solidaristico, in altre parole, pur incidendo sulla causa mutualistica, ridimensionandola, non elimina la possibilità di una gestione di servizio dei soci (è il tipico caso delle cooperative sociali di produzione e lavoro).

In conclusione, la cooperativa è retta e disciplinata secondo il principio della mutualità senza fini di speculazione privata ed ha, inoltre, lo scopo di procurare ai soci continuità d’occupazione lavorativa e di contribuire al miglioramento delle loro condizioni economiche, sociali, professionali, tramite l’esercizio in forma associata dell’impresa. Per il raggiungimento di tale scopo mutualistico, i soci instaurano con la cooperativa, oltre al rapporto associativo, un ulteriore rapporto mutualistico di lavoro.

 

 

LA PREVISIONE COSTITUZIONALE

 

Art. 45 COST. <riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata > e impegna il legislatore ordinario a promuoverne e favorirne l’incremento < con mezzi più idonei> .

In base a questa norma, il legislatore ordinario ha, quindi, dettato per le coop una legislazione di favore, e lo ha fatto con riguardo ai diversi settori, da quello fiscale, a quello creditizio, a quello agricolo, a quello marittimo ecc ecc.

Ma a sua volta, proprio questa legislazione di favore ha sollevato il problema di distinguere le cooperative, la cui funzione sociale è costituzionalmente riconosciuta dall’art. 45 cost., dalle altre, diverse cooperative: per le quali non  può dirsi giustificato, e costituzionalmente legittimo, un diverso, più favorevole trattamento, rispetto a quello riservato alle altre imprese.

 

La distinzione introdotta dal D.lgs 17/1/2003 n.6

COOPERATIVE DIVERSE EX ART. 2512 – 2514

COOPERATIVE A MUTUALITÀ PREVALENTE

Le coop che svolgono la loro attività, prevalentemente, in favore dei soci o che si avvalgono, prevalentemente, nello svolgimento delle loro attività, delle prestazioni lavorative fornite o dei beni o servizi apportati dai soci, e il cui statuto prevede particolari limitazioni dello scopo lucrativo.

La distinzione introdotta dal D.lgs 17/1/2003 n.6 tuttavia non soddisfa del tutto il dettato costituzionale

In primo luogo: perché essa riserva sì alle sole coop a mutualità prevalente l’applicazione delle disposizioni fiscali di carattere agevolativo, ma, nello stesso tempo, consente, ciò che nemmeno la legislazione precedente consentiva, che tutte le altre diverse agevolazioni si applicano anche alle coop diverse.

In secondo luogo: perché le coop possono essere sì a mutualità prevalente, ma, nello stesso tempo, perseguire quei fini di speculazione privata, di cui parla l’art. 45 cost.: come avviene, p.e., nelle coop di vendita tra i produttori che, anche quando agiscono solo a favore dei produttori soci,  possono avere  una funzione di pura speculazione privata, mirando a vendere sul mercato, attraverso l’eliminazione della concorrenza tra i soci della coop, i lori prodotti a prezzo più elevato, a tutto danno degli utenti e dei consumatori.

 

 

art. 2512. c.c.   cooperativa a mutualità prevalente

sono società cooperative a mutualità prevalente, in ragione del tipo di scambio mutualistico, quelle che:

1) svolgono la loro attività prevalentemente in favore dei soci, consumatori o utenti di beni o servizi (COOP DI CONSUMO);

2) si avvalgono prevalentemente, nello svolgimento della loro attività, delle prestazioni lavorative dei soci (COOP DI LAVORO);

3) si avvalgono prevalentemente, nello svolgimento della loro attività, degli apporti di beni o servizi da parte dei soci (COOP DI PRODUZIONE).

(PUBBLICITÀ SPECIALE) Le società coop a mutualità prevalente si iscrivono in un apposito albo, presso il quale depositano annualmente i propri bilanci.

 

art. 2513 c.c.[17]     criteri per la definizione della prevalenza

gli amministratori e i sindaci documentano la condizione di prevalenza di cui al precedente articolo nella nota integrativa al bilancio, evidenziando contabilmente i seguenti parametri:

  1. a) i ricavi dalle vendite dei beni e dalle prestazioni di servizi verso i soci sono superiori al cinquanta per cento del totale dei ricavi delle vendite e delle prestazioni ai sensi dell’articolo 2425, primo comma, punto A1;
  2. b) il costo del lavoro dei soci è superiore al cinquanta per cento del totale del costo del lavoro di cui all’articolo 2425, primo comma, punto B9;
  3. c) il costo della produzione per servizi ricevuti dai soci ovvero per beni conferiti dai soci è rispettivamente superiore al cinquanta per cento del totale dei costi dei servizi di cui all’articolo 2425, primo comma, punto B7, ovvero al costo delle merci o materie prime acquistate o conferite, di cui all’articolo 2425, primo comma, punto B6.

Quando si realizzano contestualmente più tipi di scambio mutualistico, la condizione di prevalenza è documentata facendo riferimento alla media ponderata delle percentuali delle lettere precedenti.

Nelle cooperative agricole la condizione di prevalenza sussiste quando la quantità o il valore dei prodotti conferiti dai soci è superiore al cinquanta per cento della quantità o del valore totale dei prodotti

 

In sostanza, la prevalenza ricorre quando i rapporti di scambio con i soci superano il 50 % del totale dei rapporti intrattenuti nell’anno della società.

Il criterio della prevalenza viene determinato avendo riguardo al valore economico di tali scambi e non al numero complessivo dei rapporti intercorsi tra socio e cooperativa. Con la conseguenza che una coop pur operando prevalentemente con i propri soci sotto il profilo della quantità dei rapporti posti in essere e delle operazioni compiute, potrebbe non essere considerata società coop a mutualità prevalente se il valore economico di tali operazioni fosse inferiore al 50% del valore delle operazioni complessivamente svolte dalla società.

Il Ministero delle Attività produttive ha stabilito con il D.M. 30.12.2005 i regimi derogatori ai criteri per la definizione della prevalenza dello scopo mutualistico delle società cooperative di cui all’art. 2513 c.c.

Tali regimi derogatori riguardano, in particolare, le cooperative di lavoro, quelle per la distribuzione di energia, quelle agricole di allevamento e conduzione, quelle per il commercio equo e solidale, quelle giornalistiche, quelle di consumo operanti in territori montani, quelle di editori che gestiscono agenzie giornalistiche, gli enti di formazione e le società finanziarie costituiti sotto forma di cooperative.

Al fine di poter dimostrare il possesso dei requisiti dell’art. 2513 c.c., l’art. 10, co. 4, L. 23.7.2009, n. 99 dispone per le società cooperative l’obbligo di comunicare annualmente “le notizie di bilancio all’amministrazione presso la quale è tenuto l’albo delle società cooperative con gli strumenti informatici di cui all’art. 223-sexiesdecies delle disposizioni per l’attuazione del codice civile”, quest’ultimo come novellato dall’art. 10, co. 6, L. 23.7.2009, n. 99.

art.  2514[18] c.c.    requisiti delle cooperative a mutualità prevalente

le cooperative a mutualità prevalente devono prevedere nei propri statuti:

  1. a) il divieto di distribuire i dividendi in misura superiore all’interesse massimo dei buoni postali fruttiferi, aumentato di due punti e mezzo rispetto al capitale effettivamente versato;
  2. b) il divieto di remunerare gli strumenti finanziari offerti in sottoscrizione ai soci cooperatori in misura superiore a due punti rispetto al limite massimo previsto per i dividendi;
  3. c) il divieto di distribuire le riserve fra i soci cooperatori;
  4. d) l’obbligo di devoluzione, in caso di scioglimento della società, dell’intero patrimonio sociale, dedotto soltanto il capitale sociale e i dividendi eventualmente maturati, ai fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione.

Le cooperative deliberano l’introduzione e la soppressione delle clausole di cui al comma precedente con le maggioranze previste per l’assemblea straordinaria.

 

art. 2515. c.c.    denominazione sociale

la denominazione sociale, in qualunque modo formata, deve contenere l’indicazione di società cooperativa.

L’indica.ne di coop. non può essere usata da soc.tà che non hanno scopo mutu.ico.

Le soc.à coop.ve a mutu.tà prev.te devono indicare negli atti e nella corris.denza il nu.ro di iscrizione presso l’albo delle coop.ve a mutualità prevalente e non necessariamente devono indicare nella loro denominazione la caratteristica della mutualità prevalente  non essendo espressamente previsto.

 

 

art.  2545 octies [19] c.c.   perdita della qualifica di cooperativa a mutualità prevalente

la cooperativa perde la qualifica di cooperativa a mutualità prevalente quando, per due esercizi consecutivi, non rispetti la condizione di prevalenza, di cui all’articolo 2513, ovvero quando modifichi le previsioni statutarie di cui all’articolo 2514.

In questo caso, sentito il parere del revisore esterno, ove presente, gli amministratori devono redigere un apposito bilancio, da notificarsi entro sessanta giorni dalla approvazione al Ministero delle attività produttive, al fine di determinare il valore effettivo dell’attivo patrimoniale da imputare alle riserve indivisibili. Il bilancio deve essere verificato senza rilievi da una società di revisione[20].

Qualora la cooperativa abbia perso la qualifica di cooperativa a mutualità prevalente per il mancato rispetto della condizione di prevalenza di cui all’articolo 2513, l’obbligo di cui al secondo comma si applica soltanto nel caso in cui la cooperativa medesima modifichi le previsioni statutarie di cui all’articolo 2514 o abbia emesso strumenti finanziari [21].

In tutti i casi di perdita della citata qualifica, la cooperativa è tenuta a segnalare espressamente tale condizione attraverso gli strumenti di comunicazione informatica previsti dall’articolo 223-sexiesdecies delle disposizioni per l’attuazione del presente codice [22].

Lo stesso obbligo sussiste per la cooperativa nel caso in cui le risultanze contabili relative al primo anno successivo alla perdita della detta qualifica evidenzino il rientro nei parametri della mutualità prevalente[23].

In seguito alle predette segnalazioni, l’amministrazione presso la quale è tenuto l’albo delle società cooperative provvede alla variazione della sezione di iscrizione all’albo medesimo senza alcun ulteriore onere istruttorio[24].

L’omessa o ritardata comunicazione della perdita della qualifica di cooperativa a mutualità prevalente è segnalata all’amministrazione finanziaria e comporta l’applicazione della sanzione amministrativa della sospensione semestrale di ogni attività dell’ente, intesa come divieto di assumere nuove eventuali obbligazioni contrattuali. (1) (3)

 

 

art. 2516. c.c. [25]   rapporti con i soci

nella costituzione e nell’esecuzione dei rapporti mutualistici deve essere rispettato il principio di parità di trattamento.

 

Il previgente art. 2516 c.c. è confermato dal nuovo art. 2519 c.c.[26] che, tuttavia, in presenza di certi presupposti, consente l’applicazione alle cooperative della disciplina della s.r.l. in luogo di quella della s.p.a..

Cosa s’intende per principio di parità di trattamento ?

Per la Cassazione[27], nell’ordinamento delle società cooperative – attesa l’accentuata rilevanza dell’elemento personale che ad esse è propria e stante l’operatività della regola di buona fede nell’esecuzione di ogni rapporto contrattuale (ivi compresi quelli societari) – è da ritenersi vigente (già prima dell’espressa previsione nel testo dell’art. 2516 c.c., novellato dal d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6) un generale principio di parità di trattamento dei soci da parte della società, il quale – da intendersi in senso relativo, e cioè come parità di trattamento dei soci che si trovino, rispetto alla società, in eguale posizione – attiene al modo in cui la società, e per essa i suoi amministratori e rappresentanti, è tenuta a comportarsi, definendo una regola di comportamento per gli organi sociale, la cui violazione, ove in fatto accertata, ben può esporre gli amministratori a responsabilità, ai sensi dell’art. 2395 c.c., applicabile alle cooperative in virtù dell’art. 2516 (ora art. 2519) c.c. (Enunciando il principio di cui in massima, la S.C. ha confermato la sentenza del giudice di merito, la quale, in sede di giudizio di rinvio, aveva affermato la responsabilità degli amministratori di una cooperativa edilizia, per il fatto che essi, a fronte della situazione debitoria di alcuni soci, non avevano attivato contro di essi alcuna iniziativa recuperatoria del credito sociale, ma avevano invece sopperito al fabbisogno finanziario dell’ente accendendo ipoteche su beni destinati ad altri soci, i quali avevano già assolto ogni obbligo di pagamento).

Sulla normativa applicabile si riportano sentenze di Cassazione e di merito.

Per recente Cassazione[28], la disposizione dell’articolo 2345 c.c., diretta a vietare i conferimenti in denaro nelle società per azioni, risultasse incompatibile ex articolo 2516 c.c. con la disciplina delle cooperative – al quale si intende qui dare continuità, secondo cui non può di regola essere demandato nè all’assemblea nè tantomeno agli organi della cooperativa il potere di imporre al socio versamenti in denaro ulteriori rispetto all’iniziale conferimento, salvo che tale potere non sia stabilito da una clausola statutaria per i fini dell’espletamento dell’attività della cooperativa e per il perseguimento dello scopo sociale[29].

Ancora, una deliberazione assembleare di società (nel caso, cooperativa), presa a maggioranza assoluta, anzichè alla unanimità come previsto dall’articolo 2315 c.c., u.p. (applicabile anche alle cooperative), essendo tale norma dichiaratamente derogabile, non può ritenersi del tutto inesistente, quasi fosse proveniente da un organo completamente sfornito di ogni potere deliberante: trattasi invece di deliberazione non conforme a legge e, come tale, soggetta alla disciplina speciale contenuta nell’articolo 2377 c.c.: per questa disposizione, le deliberazioni invalide, eccettuate quelle nulle per impossibilità o illiceità dell’oggetto (articolo 2379 c.c.) non sono soggette alle norme generali sulla nullità del contratto (articoli 1421, 1422 e 1423 c.c.), ma devono essere impugnate, a pena di decadenza, entro il termine di tre mesi dalla loro data o dalla loro iscrizione nel registro delle imprese. Trattasi dunque di invalidità della Delib., che non può essere rilevata d’ufficio, ma deve essere fatta valere dalla parte entro il detto breve termine di decadenza[30].

In seguito è stato parimenti ribadito che ai sensi dell’articolo 2345 c.c., comma 3, dettato per le societa per azioni, ma applicabile anche alle societa cooperative, in forza dell’espresso rinvio di cui all’articolo 2516 c.c., il principio dell’immodificabilità, senza il consenso di tutti i soci, delle prestazioni accessorie a carico dei soci medesimi, è derogabile dall’atto costitutivo. Da ciò consegue che la deliberazione della assemblea di una societa cooperativa, con cui la maggioranza imponga ai soci nuove prestazioni accessorie, ovvero modifichi quelle previste dall’atto costitutivo non è di per sè nulla per impossibilita dell’oggetto, nè inesistente per provenienza da un organo sfornito di potere, ma è soltanto impugnabile, se contraria alla legge od all’atto costitutivo, nei modi e nei termini previsti dall’articolo 2377 c.c.[31].

Per altra recente Cassazione[32] in tema di società cooperativa edilizia, in caso di pretermissione del socio prenotatario e di assunzione dell’obbligo di cessione di un alloggio a terzi, l’estraneità del cessionario alla compagine sociale e l’elusione dei diritti insorti in favore del socio per effetto dell’operazione mutualistica e del contratto di “prenotazione”, determina la radicale nullità della delibera di alienazione del bene a terzi, per illiceità dell’oggetto ai sensi dell’art. 2379 c.c., reso applicabile dall’art. 2516 c.c., potendo conseguirne, altresì, la nullità derivata del contratto preliminare stipulato con il terzo estraneo.

Secondo la Corte Partenopea[33] in tema di scioglimento di società (nel caso di specie cooperativa edilizia), l’art. 2456 c.c. trova applicazione anche per le società cooperative in virtù del rinvio contenuto nell’art. 2516 c.c. cosicché l’atto formale di cancellazione della società non ne determina l’estinzione laddove non siano ancora esauriti tutti i rapporti giuridici facenti capo alla società stessa e da questa intrattenuti con i terzi bensì ne residua una responsabilità dei soci limitata a quanto da ciascuno di essi ricevuto in sede di liquidazione.

Ancora, secondo la S.C.[34] in forza del rinvio operato (nel sistema previgente al d.lgs. n. 5 del 2003) dall’art. 2516 c.c. alle norme dettate per la liquidazione delle società per azioni, trova applicazione anche per le società cooperative l’art. 2449 c.c., che sancisce il divieto di nuove operazioni quando si sia verificata una causa di scioglimento e afferma la responsabilità illimitata e solidale degli amministratori per gli affari intrapresi in violazione di tale divieto. La norma si applica, altresì, alla gestione del commissario governativo, che, prevista quale mezzo di rapido intervento in caso di irregolarità di funzionamento, non si sottrae ai limiti dell’attività dell’impresa costituita in forma societaria nei confronti dei terzi e alla disciplina generale dell’insolvenza.

 

art. 2517 [35] c.c.     enti mutualistici

le disposizioni del presente titolo non si applicano agli enti mutualistici diversi dalle società.

 

art. 2520[36] c.c.     leggi speciali

le cooperative regolate dalle leggi speciali sono soggette alle disposizioni del presente titolo, in quanto compatibili.

La legge può prevedere la costituzione di cooperative destinate a procurare beni o servizi a soggetti appartenenti a particolari categorie anche di non soci.

2)           SOCIO COOPERATORE – LAVORATORE

È la figura più comune: viene ammesso come tale dopo la ratifica della sua domanda da parte del Consiglio di Amministrazione che ne delibera, nei termini previsti, l’iscrizione a Libro Soci dopo averne verificato i requisiti statutari di ammissibilità, stabilendo anche modalità e termini del versamento della quota sociale, nel rispetto dei limiti imposti dall’art. 2525 c.c.

Ha una responsabilità diretta sulla gestione della Cooperativa partecipando alle Assemblee ed esercitando diritto di voto.

Può svolgere la sua attività sia in forma subordinata che autonoma (art. 1, comma 3, legge n. 142/2001) nel rispetto di quanto previsto dai regolamenti interni (art. 6, comma 1, lett. b) legge n. 142/2001).

Non può esercitare attività concorrenziale con quella svolta dalla cooperativa, salvo espressa autorizzazione deliberata dal Consiglio di Amministrazione.

Il socio lavoratore è titolare, a fianco del rapporto associativo, anche di uno specifico e individuabile rapporto di lavoro (non “distinto” come modificato dalla legge n. 30/2003, art. 9, comma 1).

La legge è molto chiara nel disporre che a questo fanno capo due diversi e distinti rapporti giuridici: il rapporto associativo ed il rapporto di lavoro che il socio «stabilisce con la propria adesione o successivamente all’instaurazione del rapporto associativo».

Quanto al rapporto associativo, ad esso si fa riferimento nel comma 2 dell’articolo 1, che recita: «I soci lavoratori di cooperativa:

  1. a) concorrono alla gestione dell’impresa partecipando alla formazione degli organi sociali e alla definizione della struttura di direzione e conduzione dell’impresa;
  2. b) partecipano alla elaborazione di programmi di sviluppo e alle decisioni concernenti le scelte strategiche, nonché alla realizzazione dei processi produttivi dell’azienda;
  3. c) contribuiscono alla formazione del capitale sociale e partecipano al rischio d’impresa, ai risultati economici ed alle decisioni sulla loro destinazione;
  4. d) mettono a disposizione le proprie capacità professionali anche in relazione al tipo e allo stato dell’attività svolta, nonché alla quantità delle prestazioni di lavoro disponibili per la cooperativa stessa».

Per quanto riguarda il rapporto di lavoro, esso è disciplinato dal successivo comma 3 dell’art. 1, secondo cui l’attività lavorativa può essere prestata «in forma subordinata o autonoma o in qualsiasi altra forma, ivi compresi i rapporti di collaborazione coordinata non occasionale, con cui contribuisce comunque al raggiungimento degli scopi sociali».

Almeno con riferimento al lavoro prestato in favore della cooperativa, la legge ha espressamente riconosciuto che una stessa attività lavorativa possa essere resa a diverso titolo, in base alla volontà delle parti.

In altre parole, è lasciata alle parti la possibilità di determinare in concreto quali siano le modalità di svolgimento e le caratteristiche della prestazione lavorativa e di scegliere coerentemente la tipologia di contratto di lavoro più adatta a tali fini.

Inoltre. il legislatore, indicando quali possano essere le tipologie tra cui le parti sono libere di scegliere, utilizza una formula aperta: si può lavorare in forma subordinata, autonoma, parasubordinata «o in qualsiasi altra forma».

Come noto, la configurazione del rapporto del socio lavoratore con la cooperativa è stata oggetto di un vivacissimo dibattito giurisprudenziale e dottrinale.

La tesi giurisprudenziale tradizionale, supportata anche da buona parte della dottrina, riteneva che il lavoro prestato dal socio nell’ambito delle finalità istituzionali della cooperativa costituisse adempimento del patto sociale e fosse riconducibile al solo ed unico rapporto associativo, ritenuto incompatibile con il lavoro subordinato in quanto faceva difetto una condizione di antagonismo tra socio e cooperativa.

Ascrivibili allo stesso filone erano le pronunce che sostenevano la configurabilità di un rapporto di lavoro subordinato per attività estranee all’oggetto sociale, o allorquando il rapporto associativo celava, date le effettive modalità di svolgimento della prestazione, un rapporto di lavoro subordinato.

Si ricordano, per questo orientamento le cassazioni riprotate in nota[37].

Tuttavia, recentemente si erano registrate[38] aperture verso la configurazione di un rapporto di lavoro subordinato anche per le attività ricomprese nell’oggetto sociale, e ciò sulla semplice base della volontà delle parti di apportare come conferimento sociale un rapporto di lavoro da svolgersi nella forma e secondo le modalità del lavoro subordinato. In dottrina, sulla base di quest’asserita mancanza di incompatibilità, erano anche emerse posizioni a favore della libera scelta di conferire in cooperativa una prestazione di lavoro autonomo.

Il socio lavoratore titolare di rapporto di lavoro subordinato può attuare la sua prestazione in qualsiasi forma prevista dalla normativa vigente: a tempo indeterminato o determinato, a tempo pieno o parttime sempre con riguardo a quanto disposto dal Ccnl del settore.

Il socio lavoratore può essere inoltre titolare di rapporto di lavoro autonomo svolto anche sottoforma di collaborazione coordinata non occasionale, ivi compresa quindi la collaborazione a progetto nel rispetto di quanto previsto dalla legislazione attuale.

Il rapporto di lavoro con il socio lavoratore, sia che egli eserciti la sua attività in forma di lavoro subordinato che di collaborazione coordinata continuativa con o senza progetto, sarà oggetto di comunicazione preventiva al Centro per l’impiego nelle modalità consuete e sarà in seguito assoggettato a tutta la procedura prevista per tali tipologie contrattuali.

Non è prevista in tali casi alcuna agevolazione od esonero determinati dalla qualifica di socio di cooperativa.

Disciplina applicabile

Come regola generale in materia, l’articolo 1 della nuova legge, al secondo paragrafo del comma 3, chiarisce che: «Dall’instaurazione dei predetti rapporti associativi e di lavoro in qualsiasi forma derivano i relativi effetti di natura fiscale e previdenziale e tutti gli altri effetti giuridici rispettivamente previsti dalla presente legge, nonché, in quanto compatibili con la posizione del socio lavoratore, da altre leggi o da qualsiasi altra fonte». Differenze di regolamentazione si riscontrano, quindi, in base alla differente tipologia di rapporto singolarmente considerata, sia ai fini delle tutele applicabili sia ai fini fiscali e previdenziali. La disciplina applicabile non è solo quella espressamente prevista nella nuova legge, ma anche, purché compatibile con la posizione del socio lavoratore di cooperativa, quella risultante da altre «leggi o da qualsiasi altra fonte».

Competenza funzionale per le controversie

L’articolo 5, comma 2, della legge in esame, definisce la competenza funzionale del giudice nelle controversie tra il socio lavoratore e la cooperativa.

Sempre in conseguenza dell’instaurazione della duplicità di rapporti in capo al cooperatore, la disciplina è duplice: restano di competenza del giudice civile ordinario le controversie inerenti al rapporto associativo, mentre sono assegnate al giudice del lavoro (con applicazione del procedimento di cui agli articoli 409 e seguenti del cpc e delle procedure di conciliazione e arbitrato irrituale previste dai DDLgs 31 marzo 1998, n. 80 e 29 ottobre 1998, n. 387) le controversie relative al rapporto di lavoro, in qualsiasi forma svolto. Ancora una volta, è confermata la chiara scelta del legislatore verso una logica di «modulazione delle tutele» a prescindere dall’effettiva qualificazione del rapporto di lavoro.

In tema di esclusione e licenziamento del socio[39]

La giurisprudenza nel corso degli anni ha affrontato la complessa tematica del recesso del lavoratore in ambito amministrativo – societario in rapporto con il licenziamento e la disciplina applicabile.

 

La massima della sentenza del 2011[40]

In tema di licenziamento disciplinare irrogato da una società cooperativa di produzione e lavoro, la legge n. 142 del 2001 ha introdotto in favore dei soci un complesso di tutele minime e inderogabili che, pur non retroattive, sono applicabili a tutte le situazioni giuridiche che maturino nella vigenza della legge ancorché relative a rapporti contrattuali sorti anteriormente alla sua entrata in vigore. Ne consegue, che, ove il provvedimento di esclusione del socio sia stato deliberato nel vigore della nuova normativa, la mancata adozione del regolamento previsto dall’art. 6 della legge n. 142 del 2001 non comporta un vuoto di disciplina atteso che, pur costituendo quest’ultimo un tratto qualificante della nuova normativa della cooperazione del lavoro, non può la sua esistenza condizionare l’efficacia della disciplina legale che è informata alla regola fondamentale della duplicità dei rapporti che qualificano il lavoro cooperativo e dell’applicabilità a tali rapporti di tutti i conseguenti effetti di disciplina. Ne consegue, inoltre, che, rimosso il provvedimento di esclusione, il socio avrà diritto alla ricostituzione del rapporto associativo e del concorrente rapporto di lavoro indipendentemente dall’applicabilità dell’art. 18 dello statuto dei lavoratori.

Ancora, secondo la Cassazione in commento, in tema di società cooperative, l’inadempimento che giustifica l’esclusione del socio lavoratore ai sensi dell’art. 2533 c.c. deve essere qualificato in termini di specifica gravità e presuppone, pertanto, anche una valutazione del tempo trascorso fra la mancanza addebitata e la reazione da parte della società recedente, dovendosi ritenere non conforme ai criteri legali, anche alla luce delle regole di buona fede e correttezza, l’esclusione disposta a notevole distanza di tempo dai fatti addebitati, mentre resta escluso che nella clausola che sanziona la “violazione dello spirito mutualistico e solidaristico della cooperativa” sia ascrivibile la tutela in giudizio dei diritti del socio, salvo che si dimostri che la tutela giudiziaria fosse strumentale al perseguimento di finalità indebite, del tutto estranee alla legittima (anche se eventualmente infondata nel merito) protezione dei propri interessi giuridici.

Il nucleo della decisione investe, quindi, l’art. 5, co. 2, l. n. 142 del 2001, come novellato dall’art. 9, co. 1, lett. d), legge 14 febbraio 2003, n. 30, nella parte in cui prevede che l’esclusione o il recesso del socio lavoratore, deliberati nel rispetto delle previsioni statutarie e in conformità agli articoli 2526 e 2527 c.c., – disposizioni sostituite dal d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, con gli artt. 2532 e 2533 c.c. – estinguano il rapporto di lavoro.

Sul punto un giudicato c’è stato e nel senso della competenza del giudice del lavoro a conoscere della legittimità dell’esclusione del socio, quando con questa si estingua anche il rapporto di lavoro.

Alla medesima conclusione era già pervenuta la Cassazione nel 2005[41], allorché trasse dall’art. 40, co. 3, c.p.c. – che nelle ipotesi di connessione fa salva l’applicazione del rito speciale quando una delle cause rientri tra quelle indicate negli artt. 409 e 442 c.p.c. – il principio generale della vis attractiva del rito del lavoro, per poi concludere che la seconda parte dell’art. 5, co. 2, legge n. 142 del 1990, introducendo un’eccezione a principi generali di diritto processuale, dovesse interpretarsi «nel rigido rispetto della lettera e della ratio ad essa sottesa», con la conseguenza di considerare «prestazioni mutualistiche – ossia la lettera della norma, più della ratio in realtà orientata in senso contrario – , quelle «che – per eliminare l’intento speculativo delle società capitalistiche – si traducono in prestazioni che la società assicura ai suoi soci in termini più vantaggiosi rispetto ai terzi e che, a seguito della riforma introdotta dal d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, caratterizzano a vario titolo le suddette società»

Circa l’efficacia temporale della legge n. 142 del 2001, anche in rapporto all’adozione del regolamento interno di cui all’art. 6 [42] la disciplina del lavoro cooperativo troverebbe applicazione solo con riferimento ai rapporti sorti successivamente alla sua entrata in vigore ed a condizione che sia stato approvato dall’assemblea il suddetto regolamento.

In realtà, non è dubbio che, come afferma la Corte, le tutele previste dalla legge n. 142 del 2001, seppure non retroattive, si estendano, tuttavia, «a tutte le situazioni giuridiche che si maturino nella vigenza della legge stessa» e dunque siano attratti sotto il suo ombrello protettivo «tutti i rapporti contrattuali in essere al tempo della sua entrata in vigore».

Tornando, poi, all’esclusione del socio lavoratore alla Corte è stato chiesto di stabilire se la prima parte dell’art. 5, co. 2, legge n. 142 del 2001[43], debba interpretarsi nel senso che la delibera di esclusione del socio lavoratore determini anche l’estinzione ex lege del rapporto di lavoro, oppure se, comunque, gli organi competenti debbano porre in essere l’atto di licenziamento, secondo la disciplina propria di questo.

Si deve ricordare come, nel quadro attuale della legislazione cooperativa, i due contratti (contratto di lavoro e contratto associativo) mantengano la loro individualità causale, mentre il rapporto di lavoro, pur di scambio, divenga, secondo l’art. 2512 c.c., mutualistico, cioè strumento per realizzare lo scopo sociale, con conseguenze che si producono sul lato della disciplina applicabile e la caratterizzano come speciale.

Quanto al tipo di relazione tra i due, esclusa sia la reciproca autonomia e indifferenza sia il ritorno ad un unico rapporto, a trovare conferma è la tesi – in realtà formulata in relazione alla versione originale della legge n. 142 del 2001 e, anzi, ancor prima – del collegamento negoziale[44], altresì necessario, perché imposto dalla legge.

L’art. 5, co. 2, legge n. 142 del 2001, contiene una norma che pare sancire la regola dell’inscindibilità del rapporto di lavoro, in qualsiasi forma costituito, da quello sociale.

Si deve, tuttavia, ulteriormente considerare che: a) l’art. 2533 c.c. stabilisce che l’esclusione del socio risolve automaticamente i rapporti mutualistici, salvo diversa previsione dell’atto costitutivo; b) nel caso, invece, del recesso del socio l’effetto estintivo sul rapporto mutualistico è ritardato rispetto alla cessazione del rapporto sociale, stabilendo l’art. 2532 c.c. la sopravvivenza interinale del rapporto mutualistico fino alla chiusura dell’esercizio in corso ovvero del successivo, regola, peraltro, derogabile sia dall’atto costitutivo sia dalla legge.

Si deve riconoscere, poi, che l’esclusione e il recesso del socio estinguano automaticamente e inderogabilmente il rapporto di lavoro.

In queste ipotesi, infatti, la competenza attribuita all’atto costitutivo della cooperativa dal co. 4 dell’art. 2533 c.c.[45], non può trovare ingresso, in quanto effetto giuridico derivante da «altre leggi» e, ex art. 1, co. 3, legge n. 142 del 2001, incompatibile con la posizione di socio lavoratore: invero, con il venir meno del rapporto sociale, cade anche la ragion d’essere della specialità di quello di lavoro, che, tuttavia, neppure può ritenersi si trasformi ex lege in un «normale» rapporto di lavoro. Ne consegue che non sarà necessario procedere all’intimazione formale del licenziamento, perché è la stessa delibera di esclusione a produrre l’effetto estintivo del rapporto di lavoro.

Sull potere di esclusione da parte della cooperativa e come si rapporti alle ragioni giustificative del licenziamento, al riguardo, l’art. 2533 c.c. consente l’esclusione: a) nei casi previsti dall’atto costitutivo; b) per gravi inadempienze delle obbligazioni che derivano dalla legge, dal contratto sociale, dal regolamento o dal rapporto mutualistico; c) per mancanza o perdita dei requisiti previsti per la partecipazione alla società; d) nei casi previsti dall’art. 2286 c.c., che richiama, tra le altre causali, le gravi inadempienze delle obbligazioni derivanti dalla legge o dal contratto sociale e l’inidoneità sopravvenuta a svolgere l’opera conferita; e) del socio dichiarato fallito, che l’art. 2288, co. 1, c.c. esclude di diritto.

Tra quelle successive alla pronuncia del 2011, si riporta quella del 2016[46] nella quale testualmente si legge:

sussiste un rapporto di consequenzialità fra il recesso o l’esclusione del socio e l’estinzione del rapporto di lavoro, tale da escludere anche la necessità di un distinto atto di licenziamento[47]. Peraltro incidendo la Delib. di esclusione pure sul concorrente rapporto di lavoro, il giudice, nello scrutinare la sussistenza dei relativi presupposti di legittimità, dovrà, comunque, valutare, attraverso un adeguato bilanciamento degli interessi, tanto l’interesse sociale ad un corretto svolgimento del rapporto associativo quanto la tutela e la promozione del lavoro in cui essenzialmente si rispecchia la “funzione sociale” di questa forma di mutualità. Il che implica, fra l’altro, che, rimosso il provvedimento di esclusione, il socio avrà diritto alla ricostituzione del rapporto associativo e del concorrente rapporto di lavoro[48].

Da detti principi discende che, ove la esclusione venga disposta, il socio che contesti l’atto risolutivo dovrà necessariamente opporsi alla Delib., nelle forme e nei termini previsti dall’articolo 2533 [49] codice civile, e ciò anche allorquando la società abbia intimato il licenziamento, giacchè il difetto di opposizione rende definitivo lo scioglimento del rapporto sociale e produce gli effetti previsti dalla Legge n. 142 del 2001, articolo 5, comma 2, rendendo inammissibile per difetto di interesse l’azione proposta per contestare la legittimità del solo licenziamento.

La giurisprudenza di questa Corte[50] – continua la sentenza in commento –  ha anche chiarito che, ove la comunicazione della esclusione sia stata fatta al socio personalmente, lo spirare del termine di decadenza per la opposizione esclude che eventuali vizi del provvedimento possano essere successivamente dedotti, sia pure in via di eccezione, dalla parte interessata o rilevati dal giudice.

Questa Corte[51], sempre secondo la medesima sentenza, ha già affermato che, sebbene la fattispecie tipica del procedimento di opposizione all’esclusione tenda all’accertamento della sussistenza o meno dei presupposti che legittimano la esclusione medesima, tuttavia “l’opposizione è l’unico mezzo di tutela contro l’illegittimità della delibera tanto per la contestazione dei presupposti che per l’irragionevolezza del procedimento, senza doversi ricercare l’alternativa con i normali mezzi di impugnazione delle Delib. assembleari”.

Ciò comporta che, una volta che il socio lavoratore abbia avuto, come nella fattispecie, formale comunicazione della esclusione, il termine di decadenza opera anche in relazione alla denuncia dei vizi che attengano, non alla sussistenza dei presupposti sostanziali della esclusione, bensi’ alla formazione della volontà dell’organo societario legittimato ad adottare il provvedimento.

Si deve, però, aggiungere che, qualora il vizio sia relativo alla forma della deliberazione, fermo restando che lo stesso deve essere fatto valere con il rimedio disciplinato dall’articolo 2533 codice civile, e non con le normali azioni di nullità e annullabilità delle delibere, non possono non operare, quanto alla configurabilità o meno del profilo di illegittimità, i principi generali in tema di validità delle delibere societarie, e, quindi, l’articolo 2377 codice civile[52], applicabile alle Delib. del consiglio di amministrazione in forza del richiamo contenuto nell’articolo 2388 codice civile. Entrambe dette disposizioni, dettate per le società per azioni, disciplinano anche il funzionamento degli organi collegiali delle società cooperative ex articolo 2519 codice civile.

L’articolo 2377 codice civile, al comma 5, n. 3, esclude che la deliberazione possa essere impugnata “per l’incompletezza o l’inesattezza del verbale, salvo che impediscano l’accertamento del contenuto, degli effetti e della validità della deliberazione”.

L’articolo 2379 codice civile, invece, prevede la nullità della deliberazione nei casi di totale mancanza del verbale

La disciplina dettata dal Decreto Legislativo n. 6 del 2003, come modificato dal Decreto Legislativo n. 37 del 2004, esclude che la mancata o l’incompleta verbalizzazione possa determinare inesistenza della deliberazione, poichè la mancanza totale del verbale comporta nullità della delibera mentre la incompletezza dello stesso è priva di effetti, se consente comunque di ricostruire la volontà dell’organo collegiale, e, solo qualora ciò non si verifichi, comporta l’annullabilità della deliberazione.

Ha errato, in conclusione, nel caso di specie la Corte territoriale nell’affermare che la delibera di esclusione doveva ritenersi inesistente, posto che, anche nella ipotesi piu’ grave della totale mancanza del verbale, l’assenza del requisito formale determina nullità e non inesistenza della deliberazione, da far valere, per quanto sopra si è detto, nel termine di decadenza stabilito dall’articolo 2533 codice civile, ove la Delib. viziata abbia ad oggetto la esclusione del socio.

Smpre per altra sentenza del 2016[53], successiva all’ultima in commento, si legge testualmente “ed invero questa Corte, interpretando l’articolo 5, comma 2, nel testo modificato dalla L. n. 30 del 2003 (il rapporto di lavoro si estingue con il recesso o l’esclusione del socio deliberati nel rispetto delle previsioni statutarie ed in conformità con gli articoli 2526 e 2527 c.c.), ha evidenziato l’intento del legislatore di affermare “la preminenza del rapporto associativo su quello di lavoro, recuperando alla dimensione societaria;e protezioni lavoristiche introdotte ex novo con la Legge Quadro del 2001, in evidente collegamento con la soppressione, nell’articolo 1 del testo originario della legge di riforma, del riferimento ad un rapporto di lavoro non solo ulteriore ma anche distinto da quello associativo”. Ha affermato[54], pertanto, che “il legislatore ha, in particolare, previsto un rapporto di consequenzialità fra il recesso l’esclusione del socio e l’estinzione del rapporto di lavoro, che esclude la necessità, in presenza di comportamenti che ledono il contratto sociale oltre che il rapporto di lavoro, di un distinto atto di licenziamento, cosi’ come l’applicabilità delle garanzie procedurali connesse all’irrogazione di quest’ultimo”. Un simile rapporto “implica, tra l’altro, che, rimosso il provvedimento di esclusione, il socio avrà diritto alla ricostituzione del rapporto associativo e del concorrente rapporto di lavoro.

Ne consegue – conclude la Cassazione – che correttamente, in linea con la descritta opzione ermeneutica, la Corte territoriale ha ritenuto travolto, a seguito della dichiarazione di illegittimità in sede arbitrale del provvedimento, l’effetto automatico del provvedimento medesimo sul rapporto di lavoro, talchè le censure in disamina risultano infondate”.

Ma la Cassazione[55], ancora, con ultimo intervento a fronte dei contrasti esistenti in materia nella giurisprudenza della medesima Corte e dell’importanza della questione – la quale attiene alla ricostruzione dei meccanismi estintivi del rapporto e delle tutele applicabili per i moltissimi lavoratori che operano in cooperative come soci – ha rimesso il ricorso al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle sezioni unite della Corte.

Per l’importanza e la complessità della materia si riporta integralmente la sentenza, essendo di una chiarezza disarmante in ordine alle problematiche sottese ai rapporti tra il socio lavorate e la cooperativa:

Ebbene:

Ai fini della risoluzione della presente controversia e per quanto interessa in questa sede vengono in rilievo una serie di questioni di diritto, le quali si presentano tra loro intrecciate, determinando non pochi contrasti ed incertezze in giurisprudenza (anche in ordine ad aspetti ad essi correlati come quelli relativi alla scelta del rito – c.d. Fornero od ordinario – ed al regime della prescrizione applicabile) in relazione ai seguenti aspetti, di cui sempre si dibatte in presenza di un atto di esclusione, accompagnato o meno da un atto di licenziamento (mentre non determina problemi la fattispecie dell’intimazione del solo licenziamento):

  1. a) se la mancata impugnazione della delibera di esclusione del socio lavoratore (entro 60 giorni dalla comunicazione ai sensi dell’articolo 2533 c.c.), in presenza della sola impugnazione del licenziamento, pure intimato dalla cooperativa, determini in ogni caso l’estinzione ex lege del rapporto di lavoro – e quindi l’inutilità stessa dell’impugnazione esperita nei confronti del licenziamento – la L. n. 142 del 2001, ex articolo 5, comma 2, primo alinea, come modificato dalla L. 14 febbraio 2003, n. 30, articolo 9 il quale recita: “Il rapporto di lavoro si estingue con il recesso o l’esclusione del socio deliberati nel rispetto delle previsioni statutarie ed in conformità con l’articoli 2526 e 2527 c.c.”, (rectius articoli 2532 e 2533 c.c. stante il difetto di coordinamento della L. n. 30 del 2003 con il Decreto Legislativo 17 gennaio 2003, n. 6 “Riforma organica della disciplina delle società di capitali e società cooperative, in attuazione della L. 3 ottobre 2001, n. 366”). Tenuto conto altresi’ che quest’ultima regola riflette quanto nel frattempo affermato dal nuovo articolo 2533 ult. comma cit. secondo cui: “Qualora l’atto costitutivo non preveda diversamente, Lo scioglimento del rapporto sociale determina anche la risoluzione dei rapporti mutualistici pendenti”.
  2. b) Quale sia il valore da assegnare alla previsione della L. n. 142 del 2001, articolo 2, secondo cui in presenza di provvedimento di cessazione del rapporto associativo non si applica la L. n. 300 del 1970, articolo 18 (“esclusione dell’articolo 18 ogni volta che venga a cessare, col rapporto di lavoro, anche quello associativo”). Ciò, in particolare, dopo la riforma di cui alla L. n. 30 del 2003 che ha introdotto il meccanismo estintivo di cui all’articolo 5, comma 2 cit., non presente nell’originaria formulazione della L. n. 142 (che non conteneva alcuna espressa indicazione sui meccanismi estintivi dei rapporti).

In sintesi, come ben osservato, occorre decidere se, in base all’attuale disciplina, il rapporto di lavoro del socio lavoratore, nella fase estintiva, è regolato non dalle norme sue proprie, ma da quelle del rapporto associativo e se la legittimità del recesso da quest’ultimo costituisca l’unico parametro di riferimento.

c) Quale sia oggi la tutela applicabile al socio lavoratore di cooperativa in presenza di esclusione (preceduta o accompagnata, o meno dal licenziamento) dichiarata illegittima: potendo prospettarsi la tutela di diritto comune, secondo quanto affermato da Cass. 14741/2011; oppure quella sui licenziamenti anche L. n. 300 del 1970, ex articolo 18 (o, in presenza dei relativi presupposti, L. n. 604 del 1966, ex articolo 8), come affermano Cass. n. 1259/2015, Cass. 6 agosto 2012, n. 14143; Cass. 18 marzo 2014, n. 6224; Cass. 11 agosto 2014, n. 17868; Cass. n. 24795 del 05/12/2016.

d) Se allo scopo rilevi oppure no la natura sostanziale (lavoristica o meno) delle ragioni che conducono all’estinzione della complessa posizione in discorso. Dovendo in proposito ricordarsi che sul piano sostanziale la vicenda regolativa dei due rapporti contrattuali – che compongono la fattispecie giuridica relativa alla “posizione del socio lavoratore” (come la definisce la L. n. 142 nella sua intitolazione) – è sfociata, in forza di una peculiare ricostruzione, in una fattispecie complessa, non in due rapporti separati in cui conti la sostanza dell’uno o dell’altro rapporto; ma appunto in una fattispecie composita di socio-lavoratore in cui le ragioni dell’uno si riverberano su quello dell’altro, essendo i due rapporti collegati da un inscindibile nesso genetico e funzionale; in base al quale, in linea di principio, non vi può essere l’uno senza l’altro, perchè i due rapporti sono destinati a reggersi o a cadere insieme (simul stabunt simul cadent). Come si desume, anche in relazione alle causali estintive, dall’articolo 2533 c.c. il quale stabilisce che: “L’esclusione del socio, oltre che nel caso indicato all’articolo 2531, può aver luogo: 1) nei casi previsti dall’atto costitutivo; 2) per gravi inadempienze delle obbligazioni che derivano dalla legge, dal contratto sociale, dal regolamento o dal rapporto mutualistico; 3) per mancanza o perdita dei requisiti previsti per la partecipazione alla società; 4) nei casi previsti dall’articolo 2286; 5) nei casi previsti dell’articolo 2288, comma 1.” In particolare, si desume dalla previsione di cui al n. 2 della disposizione appena cit. che gli inadempimenti che si consumano all’interno del rapporto di lavoro possono in pari tempo costituire ragioni di esclusione dalla cooperativa (e pertanto, ai sensi della L. n. 142 del 2001 cit., articolo 5, di estinzione automatica del rapporto di lavoro).

e) Quali poteri officiosi ha il giudice nella qualificazione di una domanda di impugnazione del licenziamento in relazione alla quale (senza mettere in discussione ovviamente l’esistenza del vincolo associativo) si alleghi ovvero non risulti contestato, anche in base ai documenti prodotti nella causa, che il lavoratore, appunto in quanto socio lavoratore, sia stato altresi’ escluso dalla cooperativa per i medesimi motivi posti alla base dell’impugnato licenziamento ed afferenti al piano del rapporto di lavoro (come è appunto nel caso che si giudica).

 

Si tratta di stabilire cioè se in questi casi il giudice, nel rispetto dei fatti esposti dalle parti (Cass. Sez. Un. 1099/1998), non essendo vincolato alle qualificazioni giuridiche sostenute dalle parti (Cass. 9028/2014), possa, ai fini dell’esatta individuazione della domanda, procedere mediante l’esame complessivo dell’atto, prendendo in considerazione i documenti allegati ed ogni altro elemento utile allo scopo (Cass. sentenza n. 17947 del 08/08/2006) e pronunciarsi comunque sull’esclusione del socio dalla cooperativa; avendo perciò riguardo al contenuto sostanziale della pretesa fatta valere, come desumibile dalla natura delle vicende dedotte e rappresentate dalla parte istante, sicchè incorrerebbe nel vizio di omesso esame ove invece limiti la sua pronuncia in relazione alla sola prospettazione letterale della pretesa, trascurando la ricerca dell’effettivo suo contenuto sostanziale (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 3012 del 10/02/2010).

In relazione alle stesse questioni giuridiche sopra indicate si precisa, in particolare, che all’interno della giurisprudenza di legittimità esiste un orientamento giurisprudenziale secondo cui quello che prevale ai fini della ricostituzione della posizione di socio lavoratore (ma anche ai fini della precedente estinzione) è la ragione sostanziale che conduce all’esclusione, ovvero la natura lavoristica o societaria della causale che porta all’estinzione dei due rapporti e non tanto la natura societaria o lavoristica del provvedimento impugnato in giudizio.

Osserva a tale proposito la sentenza della Cassazione n. 1259/2015 (richiamando Cass. 6 agosto 2012, n. 14143; Cass. 18 marzo 2014, n. 6224; Cass. 11 agosto 2014, n. 17868; e nello stesso solco deve essere inserita anche la recente sentenza n. 24795 del 05/12/2016 che riconosce l’applicazione della tutela reintegratoria di cui all’articolo 18 st. lav. in caso di inefficacia della delibera di esclusione non comunicata al socio) che “in base ad un indirizzo di questa Corte ormai consolidato, in tema di società cooperativa di produzione e lavoro, se la delibera di esclusione del socio è fondata esclusivamente sull’intervenuto licenziamento disciplinare, alla dichiarazione della illegittimità del licenziamento consegue la pari illegittimità della delibera di esclusione del socio”.

Da tale proposizione si evince, ed in tal senso si erano già espressi giudici di merito (come appunto la sentenza della corte torinese impugnata in questo giudizio, che risolve in senso diametralmente opposto lo stesso problema affrontato dalla sentenza n. 6568/2015 della Corte d’appello di Napoli di cui al proc. n. R.G. 6473/2015 oggetto di coeva ordinanza di rimessione alle Sezioni Unite), che, anche in mancanza di impugnazione della delibera di esclusione, il giudice debba sempre pronunciare sull’impugnazione del licenziamento (non discendendo alcun effetto preclusivo dalla mancata impugnazione della delibera societaria). Ancor piu’, si sostiene, quando le ragioni che determinano (non tanto cronologicamente, ma sostanzialmente) il licenziamento e l’esclusione del socio dalla cooperativa siano di natura lavoristica. Sicchè l’impugnazione del licenziamento manterrebbe i suoi effetti anche in difetto di impugnazione della delibera di esclusione; e sarebbe anzi tale da determinare, sussistendone i presupposti, la ricostituzione del rapporto attraverso l’applicazione della tutela ex articolo 18.

Ed invero, a tale proposito, anche la sentenza di questa Corte n. 1259/2015 valorizzando la medesima impostazione, e la precedente proposizione, continua osservando: “…Pertanto, in base alla L. n. 142 del 2001, articolo 2, trova applicazione l’articolo 18 St.lav. Infatti tale disposizione (l’articolo 2) prevede che ai soci lavoratori di cooperativa con rapporto di lavoro subordinato si applica lo statuto dei lavoratori (L. 20 maggio 1970, n. 300), compreso l’articolo 18 sulla reintegrazione nel posto di lavoro del lavoratore illegittimamente licenziato, salvo che venga a cessare, col rapporto di lavoro, anche quello associativo. Sicchè, qualora non si abbia che il rapporto di lavoro si sia risolto in ragione della cessazione del rapporto associativo, ma al contrario che quest’ultimo sia cessato a causa dell’intimato licenziamento del socio lavoratore, non ricorre la fattispecie eccettuata dell’indicato articolo 2 e quindi trova applicazione la disciplina ordinaria sulla reintegrazione nel posto di lavoro del lavoratore illegittimamente licenziato (vedi, per tutte: Cass. 6 agosto 2012, n. 14143; Cass. 18 marzo 2014, n. 6224; Cass. 11 agosto 2014, n. 17868). Il suddetto indirizzo risulta applicabile anche nella specie, benchè sia stata l’esclusione dal rapporto sociale a comportare il licenziamento, e non viceversa. Infatti, ciò che rileva è che si sia avuta l’estromissione dalla società, con conseguente risoluzione del rapporto di lavoro subordinato, per ragioni disciplinari e non per ragioni attinenti al rapporto societario e che tali ragioni si siano rivelate inidonee a comportare detta estromissione, con illegittimità anche della risoluzione del rapporto lavorativo. In altri termini, ciò che conta è la sostanza e, nella sostanza, in questo caso, cosi come in quello esaminato dalle suindicate sentenze, si è avuto un licenziamento disciplinare illegittimo. Del resto, ragionando diversamente, alla Cooperativa sarebbe sufficiente comunicare l’esclusione dal rapporto sociale (implicante la risoluzione di quello lavorativo) per sottrarsi alle conseguenze di cui all’articolo 18 St.lav., cosi violando quella che è la ragione principale della costituzione delle cooperative di produzione e lavoro,rappresentata dal permettere ai soci lavoratori di usufruire di condizioni di lavoro migliori rispetto a quelle disponibili sul mercato, sia in termini qualitativi che economici. Ne deriva che, diversamente da quanto ritenuto dalla Corte territoriale, la presente ipotesi – al pari di tutti i casi di estromissione dalla società del socio lavoratore subordinato, determinata da ragioni disciplinari con contestuale licenziamento – non rientra fra i casi in cui la L. n. 142 cit., articolo 2, esclude l’applicabilità dell’articolo 18 St.lav., dovendo tale esclusione essere limitata alle ipotesi di cessazione del rapporto di lavoro derivante dalle cause di estromissione dalla società previste dallo statuto per ragioni attinenti al rapporto societario (diverse da quelle che possono determinare il licenziamento disciplinare), come, ad esempio, la mancata partecipazione ad un certo numero di assemblee, l’omesso versamento della quota sociale e cosi via.”.

In sostanza, secondo questo primo orientamento, quando l’esclusione risulti fondata su ragioni sostanziali di natura lavoristica, quello che conta è l’impugnazione del licenziamento (anche in mancanza di impugnazione di esclusione); e persino il giudice potrebbe qualificare come licenziamento l’atto di esclusione che su quelle stesse ragioni si fondi, e pronunciare pure l’applicazione dell’articolo 18 in ogni caso in cui riconosca l’illegittimità dell’esclusione dalla cooperativa.

Esiste invece un opposto orientamento della Suprema Corte, secondo cui: a) dall’esclusione del socio dalla cooperativa discende un automatico effetto estintivo ex lege sul rapporto di lavoro (ed in quanto tale rilevabile anche ex officio); b) risulta sempre necessario ai fini della tutela del socio rimuovere attraverso l’impugnazione la delibera di esclusione; c) la mancata impugnazione della delibera rende vana l’impugnativa del licenziamento – ovviamente fatto salvo il dovere del giudice di qualificare correttamente la domanda, (come esposto alla lettera e) precedente e come si chiede col ricorso per cassazione in questo giudizio); d) la tutela del socio va assicurata attraverso l’applicazione della c.d. tutela di diritto comune (Cass. 14741/2011: “rimosso il provvedimento di esclusione il socio avrà diritto alla ricostituzione del rapporto associativo e del concorrente rapporto di lavoro, indipendentemente dall’applicabilità dell’articolo 18 dello Statuto laddove prima della riforma del 2003 la delibera di esclusione non determinava l’automatica estinzione del rapporto di lavoro dal momento che, secondo l’opinione prevalente, quest’ultimo effetto presupponeva un autonomo atto del datore di lavoro inteso alla dismissione del rapporto di lavoro, fermo restando l’impossibilità di far discendere dall’annullamento dello stesso l’applicazione dell’articolo 18, “ogni volta che viene a cessare, col rapporto di lavoro, anche quello associativo (cosi’ il testo, oggi abrogato, della L. n. 142, articolo 2)”.

Sulla necessaria impugnazione della delibera di esclusione si è pronunciata di recente ex professo ed in punto Cass. 3836/2016 in un caso in cui dinanzi ad un licenziamento collettivo di socie lavoratrici, già qualificato illegittimo, la Corte ha invece rigettato le domande nel merito perchè, nonostante la disposta esclusione, le socie si erano limitate ad impugnare il licenziamento, rendendo irrilevante la dedotta questione relativa alla violazione della procedura prevista dalla L. n. 223 del 1991. Ha ricordato la sentenza “che, ove la esclusione venga disposta, il socio che contesti l’atto risolutivo dovrà necessariamente opporsi alla delibera, nelle forme e nei termini previsti dall’articolo 2533 c.c., e ciò anche allorquando la società abbia intimato il licenziamento, giacchè il difetto di opposizione rende definitivo lo scioglimento del rapporto sociale e produce gli effetti previsti dalla L. n. 142 del 2001, articolo 5, comma 2, rendendo inammissibile per difetto di interesse l’azione proposta per contestare la legittimità del solo licenziamento”. Ed ha altresi’ osservato che “questa Corte ha perciò affermato che sussiste un rapporto di consequenzialità fra il recesso o l’esclusione del socio e l’estinzione del rapporto di lavoro, tale da escludere anche la necessità di un distinto atto di licenziamento (Cass. 12.2.2015 n. 2802, che riprende la motivazione di Cass. n. 14741/2011 cit.).

Anche la sentenza di questa Corte n. 6373/2016, nel pronunciarsi sui requisiti formali della delibera di esclusione e sull’onere della sua comunicazione, ha richiamato la gravità degli effetti che discendono dall’adozione della delibera ai sensi della L. n. 142 del 2003, articolo 5, come mod. dalla L. n. 30 del 2003 (“la quale determina ex lege l’estinzione del rapporto di lavoro con assorbimento di qualsivoglia questione in merito alla sorte del licenziamento, pur di fatto irrogato”), per ricavarne la necessità sia della sua comunicazione al lavoratore sia che essa presenti, sul piano della motivazione, un contenuto minimo necessario finalizzato a garantire l’esercizio del diritto di difesa, (“un contenuto che non può essere soddisfatto dalla restituzione della quota sociale nella busta paga. Mentre non soddisfa l’onere della comunicazione al lavoratore il deposito della stessa delibera nella causa in corso contro il licenziamento”).

Pertanto, a fronte dei contrasti esistenti in materia nella giurisprudenza della Corte di Cassazione e dell’importanza della questione – la quale attiene alla ricostruzione dei meccanismi estintivi del rapporto e delle tutele applicabili per i moltissimi lavoratori che operano in cooperative come soci – si rende opportuno rimettere il ricorso al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle sezioni unite della Corte.

E l’intervento delle Sezioni Unite c’è stato con la sentenza

Corte di Cassazione, sezioni unite civili, sentenza 20 novembre 2017, n. 27436

con la quale è stato affermato il seguente principio: in tema di tutela del socio lavoratore di cooperativa, in caso d’impugnazione, da parte del socio, del recesso della cooperativa, la tutela risarcitoria non e’ inibita dall’omessa impugnazione della contestuale delibera di esclusione fondata sulle medesime ragioni, afferenti al rapporto di lavoro, mentre resta esclusa la tutela restitutoria

3)           L’ATTO COSTITUTIVO

 

(Codice civile – Libro V del lavoro – Titolo VI   delle società – Capo I   disposizioni generali cooperative a mutualità prevalente – sez II Della costituzione – artt. 2521 – 2524)

 

art. 2521 [56] c.c.   atto costitutivo

 la società deve costituirsi per atto pubblico.

L’atto costitutivo stabilisce le regole per lo svolgimento dell’attività mutualistica e può prevedere che la società svolga la propria attività anche con terzi.

L’atto costitutivo deve indicare:

1) il cognome e il nome o la denominazione, il luogo e la data di nascita o di costituzione, il domicilio o la sede, la cittadinanza dei soci (+ codice fiscale);

2) la denominazione, e il comune ove è posta la sede della società e le eventuali sedi secondarie;

3) la indicazione specifica dell’oggetto sociale con riferimento ai requisiti e agli interessi dei soci;

4) la quota di capitale sottoscritta da ciascun socio, i versamenti eseguiti  (applicabile per analogia art. 2342 ove si adotti il tipo di S.p.A.) e artt. 2464 e ss. ove si adotti il tipo di S.r.l.[57]) e, se il capitale è ripartito in azioni, il loro valore nominale;

5) il valore attribuito ai crediti e ai beni conferiti in natura;

6) i requisiti e le condizioni per l’ammissione dei soci e il modo e il tempo in cui devono essere eseguiti i conferimenti;

7) le condizioni per l’eventuale recesso (nel silenzio dell’atto costitutivo, si ritiene che la società sia costituita a tempo indeterminato. In questo caso, non è prevista la possibilità da parte del socio di recedere come nel caso della S.pA. e della S.r.l.; tuttavia sia in forza del ricorso al principio dell’analogia, sia in forza dei principi generali dell’ordinamento che riconnettono i poteri risolutori ai contraenti che si vincolano sine die, è agevole ritenere che anche nella coop senza durata si possa prevedere il recesso del socio) o per la esclusione dei soci;

8) le regole per la ripartizione degli utili e i criteri per la ripartizione dei ristorni;

9) le forme di convocazione dell’assemblea, in quanto si deroga alle disposizioni di legge;

10) il sistema di amministrazione adottato, il numero degli amministratori e i loro poteri, indicando quali tra essi hanno la rappresentanza della società;

11) il numero dei componenti del collegio sindacale;

12) la nomina dei primi amministratori e sindaci;

13) l’importo globale, almeno approssimativo, delle spese per la costituzione poste a carico delle società.

Lo statuto contenente le norme relative al funzionamento della società, anche se forma oggetto di atto separato, si considera parte integrante dell’atto costitutivo (non è richiamato l’art. 2328, ma si applica comunque in forza di legge ex art. 2519 co1).

I rapporti tra la società e i soci possono essere disciplinati da regolamenti che determinano i criteri e le regole inerenti allo svolgimento dell’attività mutualistica tra la società e i soci. I regolamenti, quando non costituiscono parte integrante dell’atto costitutivo, sono predisposti dagli amministratori e approvati dall’assemblea con le maggioranze previste per le assemblee straordinarie.

 

 

art.  2523 [58] c.c.     deposito dell’atto costitutivo e iscrizione della società

il notaio (in questo caso rispetto alla costituzione della S.p.A. ha un ulteriore compito che è quello di accertare la sussistenza dello scopo mutualistico) che ha ricevuto l’atto costitutivo deve depositarlo entro venti giorni presso l’ufficio del registro delle imprese nella cui circoscrizione è stabilita la sede sociale, a norma dell’articolo 2330.

Gli effetti dell’iscrizione e della nullità sono regolati rispettivamente dagli articoli 2331 (non è pertanto applicabile, per il fatto che sono richiamati espressamente gli effetti della nullità della S.p.A., alle coop il co 1 dell’art. 2332 che elenca tassativamente le cause di nullità della S.p.A, con la conseguenza che come per la società di persona, anche per le coop, le cause di nullità sono quelle previste in via generale dalla disciplina dei contratti – 1418 c.c.).

 

Le cooperative che intendono ottenere le agevolazioni fiscali, tributarie lavoristiche devono iscriversi nell’Albo tenuto presso il Ministero delle Attività Produttive (la previgente normativa prevedeva l’iscrizione al Registro prefettizio) esso è articolato in due sezioni, una che comprende tutte le cooperative a mutualità prevalente e l’altra che comprende le cooperative non a mutualità prevalente.

L’Albo sostituisce i Registri prefettizi e lo Schedario generale della cooperazione, facendo così cessare le preesistenti commissioni provinciali di vigilanza sulle cooperative; esso è strutturato in due sezioni.

Tenute all’iscrizione all’Albo sono tutte le società cooperative, di nuova costituzione ed esistenti. Dalla pubblicazione in G.U. del decreto, le cooperative esistenti hanno avuto 180 giorni per presentare, alla Camera di commercio competente, domanda di iscrizione, indicante la sezione e la categoria di appartenenza. Per le società di nuova costituzione o per quelle divenute cooperative in seguito a una modifica dello statuto, la competenza all’adempimento dell’iscrizione all’Albo si presenta in capo ai notai che depositano l’atto presso il Registro delle imprese.

L’iscrizione all’Albo, la cui mancanza configura un irregolare funzionamento sanzionabile con l’adozione del provvedimento di gestione commissariale, è altresì necessaria, ai sensi del paragrafo 3 della predetta circolare, quale presupposto per la fruizione dei benefici fiscali indicati all’art. 223-duodecies delle norme di attuazione e transitorie del Codice civile.

Mentre in precedenza, secondo il Tar Calabria[59], atteso che il requisito dell’autogestione è fondamentale per l’esistenza di una società cooperativa, società che, ex art. 2511 c.c., prevede una organizzazione indipendente dei mezzi funzionali allo svolgimento dell’attività economica nonché l’assunzione del c.d. rischio di impresa, la cancellazione di una cooperativa dal Registro Prefettizio e dallo Schedario generale della cooperazione ordinata dal Ministero delle attività produttive motivata dall’attribuzione ad un imprenditore non socio della gestione dell’esercizio oggetto dell’attività mutualistica, con assunzione della connessa responsabilità di impresa è legittima, proprio perché il requisito citato è venuto meno, mentre non ha importanza la continuità del fine mutualistico (in particolare, un trattamento di favore a beneficio dei soci nell’acquisito di generi somministrati).

 

art.  2524 [60]  c.c.      variabilità del capitale

 il capitale sociale non è determinato in un ammontare prestabilito.

Nelle società cooperative l’ammissione di nuovi soci, nelle forme previste dall’articolo 2528 non importa modificazione dell’atto costitutivo.

La società può deliberare aumenti di capitale con modificazione dell’atto costitutivo nelle forme previste dagli articoli 2438 e seguenti.

L’esclusione o la limitazione del diritto di opzione può essere autorizzata dall’assemblea su proposta motivata degli amministratori

 

Sul punto si riporta interessante massima del Tribunale Milanese[61] secondo la quale in tema di società cooperativa, anche per questo tipo di società è prevista la possibilità di effettuare aumenti di capitale a pagamento con diritto di opzione. Quindi, anche l’impresa manualistica, a fronte di perdite o, anche, per dare vita a nuove iniziative, può aumentare il capitale chiedendo ai soci di sottoscriverlo proporzionalmente alle rispettive partecipazioni, salva la possibilità in caso di mancata sottoscrizione, che nuovi soci sottoscrivano detto capitale. Ad ogni modo, fermo lo scopo mutualistico di detto tipo di società, la sottoscrizione di aumento di capitale resta, comunque, facoltativo per il socio.

4)           DELLE QUOTE E DELLE AZIONI

 

(Codice CivileLibro V del lavoro – Titolo VI   delle società – Capo I   disposizioni generali cooperative a mutualità prevalente – sez III  Delle quote e delle azioni – 2525 – 2537)

Le società cooperative, per lo svolgimento della loro attività economica, hanno le medesime necessità di finanziamento di qualunque altra organizzazione collettiva di impresa.

COOPERATIVE PER AZIONI

COOPERATIVE PER QUOTE

La società non può essere costituita da un solo socio

art. 2522 [62] c.c.   numero dei soci

per costituire una società cooperativa è necessario che i soci siano almeno nove.

Può essere costituita una società cooperativa da almeno tre soci quando i medesimi sono persone fisiche e la società adotta le norme della società a responsabilità limitata.

Se successivamente alla costituzione il numero dei soci diviene inferiore a quello stabilito nei precedenti commi, esso deve essere integrato nel termine massimo di un anno, trascorso il quale la società si scioglie e deve essere posta in liquidazione.

La legge determina il numero minimo di soci necessario per la costituzione di particolari categorie di cooperative.

 

art. 2525 [63] c.c.    quote e azioni

Il valore nominale di ciascuna azione o quota non può essere inferiore a venticinque euro né per le azioni superiore a cinquecento euro[64].

Ove la legge non preveda diversamente, nelle società cooperative nessun socio può avere una quota superiore a centomila euro, né tante azioni il cui valore nominale superi tale somma.

L’atto costitutivo (1 – A –  condizione), nelle società cooperative con più di cinquecento soci (2 – A –  condizione), può elevare il limite previsto nel precedente comma sino al due per cento (3 – A –  condizione) del capitale sociale. Le azioni eccedenti tale limite possono essere riscattate o alienate nell’interesse del socio dagli amministratori e, comunque, i relativi diritti patrimoniali sono destinati a riserva indivisibile a norma dell’articolo 2545-ter (si ritiene che fino al loro riscatto o alla loro alienazione, i diritti amministrativi connessi possono essere esercitati dal socio).

I limiti di cui ai commi precedenti non si applicano nel caso di conferimenti di beni in natura o di crediti, nei casi previsti dagli articoli 2545-quinquies e 2545-sexies, e con riferimento ai soci diversi dalle persone fisiche ed ai sottoscrittori degli strumenti finanziari dotati di diritti di amministrazione.

Alle azioni si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni degli articoli 2346 , 2347, 2348 , 2349, 2354 e 2355. Tuttavia nelle azioni non è indicato l’ammontare del capitale né quello dei versamenti parziali sulle azioni non completamente liberate

 

STRUTTURA c.d. APERTA: (c.d. porta aperta)

Il limite previsto dal 1°co risponde alla volontà di consentire l’ingresso nelle coop a persone poco abbienti che rientrano nelle categorie sociali ai cui bisogni essa si propone di sopperire, e in pari tempo di concederla, almeno tendenzialmente, a tutte queste persone.

Inoltre per la stessa ragione l’atto costitutivo deve indicare anche le condizioni per l’ammissione dei soci, < secondo criteri non discriminatori coerenti con lo scopo mutualistico e l’attività economica svolta >.

Ma in taluni segmenti della cooperazione, il principio della porta aperta ha, in passato incontrato forti resistenze, e lo spirito della legge è stato eluso, stabilendo le condizioni per l’ammissione con criteri restrittivi; né sembra che la riforma del 2003, solo perché impone < criteri non discriminatori >, sia in grado di determinare un’effettiva inversione di tendenza.

Il principio della porta aperta può dirsi così valido sia in entrata che in uscita, e spiega i frequenti mutamenti nel corpo sociale, anche quando la società sia chiusa al mercato: anche in questo caso, frequenti mutamenti sono possibili, perché essi non richiedono di necessità il trasferimento delle azioni o della quota ma si possono avere attraverso l’ammissione di nuove soci (che sottoscrivono nuove azioni o quote effettuando i relativi conferimenti) e conseguente aumento del capitale; o attraverso il recesso o l’esclusione dei vecchi soci (cui spetta la liquidazione delle proprie azioni o quote sulla base del bilancio dell’esercizio in corso al momento del recesso o dell’esclusione: 2535) e conseguente riduzione del capitale.

Come già scritto, per recente Cassazione[65], la disposizione dell’articolo 2345 c.c., diretta a vietare i conferimenti in denaro nelle società per azioni, risultasse incompatibile ex articolo 2516 c.c. con la disciplina delle cooperative – al quale si intende qui dare continuità, secondo cui non può di regola essere demandato nè all’assemblea nè tantomeno agli organi della cooperativa il potere di imporre al socio versamenti in denaro ulteriori rispetto all’iniziale conferimento, salvo che tale potere non sia stabilito da una clausola statutaria per i fini dell’espletamento dell’attività della cooperativa e per il perseguimento dello scopo sociale[66].

art. 2527 [67] c.c.   requisito dei soci

L’atto costitutivo stabilisce i requisiti per l’ammissione dei nuovi soci e la relativa procedura, secondo criteri non discriminatori coerenti con lo scopo mutualistico e l’attività economica svolta

Non possono in ogni caso divenire soci quanti esercitano in proprio imprese in concorrenza con quella della cooperativa[68].

L’atto costitutivo può prevedere, determinandone i diritti e gli obblighi, l’ammissione del nuovo socio cooperatore in una categoria speciale in ragione dell’interesse alla sua formazione ovvero del suo inserimento nell’impresa. I soci ammessi alla categoria speciale non possono in ogni caso superare un terzo del numero totale dei soci cooperatori. Al termine di un periodo comunque non superiore a cinque anni il nuovo socio è ammesso a godere i diritti che spettano agli altri soci cooperatori.

art.  2528 [69]  c.c.     procedura di ammissione e carattere aperto della società

l’ammissione di un nuovo socio è fatta con deliberazione degli amministratori su domanda dell’interessato. La deliberazione di ammissione deve essere comunicata all’interessato e annotata a cura degli amministratori nel libro dei soci.

Il nuovo socio deve versare, oltre l’importo della quota o delle azioni, il soprapprezzo eventualmente determinato dall’assemblea in sede di approvazione del bilancio su proposta dagli amministratori.

Il consiglio di amministrazione deve entro sessanta giorni motivare la deliberazione di rigetto della domanda di ammissione e comunicarla agli interessati.

Qualora la domanda di ammissione non sia accolta dagli amministratori, chi l’ha proposta può entro sessanta giorni dalla comunicazione del diniego chiedere che sull’istanza si pronunci l’assemblea, la quale delibera sulle domande non accolte, se non appositamente convocata, in occasione della sua prossima successiva convocazione.

Gli amministratori nella relazione al bilancio illustrano le ragioni delle determinazioni assunte con riguardo all’ammissione dei nuovi soci.

 

Per il tribunale Trevigiano[70] nelle società cooperative la qualità di socio si acquista con la delibera di ammissione da parte degli amministratori, che ha natura di fatto costitutivo del vincolo associativo. La trascrizione di detta delibera nel libro delle deliberazioni del Consiglio di amministrazione e nel libro dei soci ha, invece, mero valore documentale. In mancanza di tale trascrizione nel libro dei soci, pertanto, la prova del possesso della qualità di socio può essere fornita con qualsiasi altro mezzo ed essere anche desunta dal comportamento tenuto dallo stesso socio. (Nella specie in considerazione il possesso della qualità di socio da parte di un soggetto che si dichiarava estraneo alla compagine sociale è stata desunto dalla circostanza che quest’ultimo, in una fattura, avesse sottoposto la merce fornita alla società cooperativa al regime fiscale prescritto per i conferimenti sociali).

In precedenza la Cassazione[71] aveva affermato che in tema di società cooperative, la rivendicazione della qualità di socio non richiede altro che la allegazione della delibera di ammissione adottata, all’uopo, dagli amministratori della società, atto necessario e sufficiente a determinare, in via di accettazione della proposta dell’aspirante, la nascita del rapporto sociale, senza che l’insorgenza della qualità di socio possa, altresì, ritenersi condizionata all’annotazione della delibera “de qua” nel libro soci (art. 2525 comma secondo c.c.) da parte degli stessi amministratori.

 

art 2518 [72] c.c.   responsabilità per le obbligazioni sociali

nelle società cooperative per le obbligazioni sociali risponde soltanto la società con il suo patrimonio.

 

Per la S.C.[73] in tema di responsabilità del socio di società cooperativa a responsabilità limitata, deve ritenersi legittima la clausola statutaria che preveda l’obbligo dei soci di rimborsare alla società tutte le spese e gli oneri per il suo funzionamento, non implicando essa un’incidenza sulla tipologia societaria così da far assumere alla cooperativa la veste di società a responsabilità illimitata, in quanto detta clausola non impegna i soci per le obbligazioni sociali verso i terzi, ma regola solo i rapporti interni alla società ed è, inoltre, pienamente compatibile con la realizzazione dell’oggetto sociale, afferendo ad una prestazione accessoria ad esso funzionale.

Secondo il tribunale Tarantino[74] in merito al rapporto che lega la cooperativa al singolo socio, i principi regolatori della materia escludono la responsabilità personale del socio nelle società di capitali e, di riflesso, non consentono al liquidatore della società cooperativa a responsabilità limitata, in caso di insufficienza del suo patrimonio, di imporre ulteriori versamenti ai soci per il ripianamento delle obbligazioni sociali. Invero, nella cooperativa a r.l., essendo una società senza responsabilità sussidiaria, in difetto di diversa previsione statutaria, non è consentito porre a carico del singolo socio una quota del debito sociale, sia pure al fine di evitare, con modesto sacrificio, l’inizio di una procedura fallimentare e la possibile perdita del bene assicurato dallo strumento cooperativistico.

 

art. 2519 [75] c.c.   norme applicabili

alle società cooperative, per quanto non previsto dal presente titolo, si applicano in quanto compatibili le disposizioni sulla società per azioni.

L’atto costitutivo può prevedere che trovino applicazione, in quanto compatibili, le norme sulla società a responsabilità limitata nelle cooperative con un numero di soci cooperatori inferiore a venti ovvero con un attivo dello stato patrimoniale non superiore ad un milione di euro.

 

Non si applicano in tema di S.r.l.[76]

  • 1) 2462 nella parte in cui vi è riferimento al socio unico –
  • 2) 2463 che fissa il contenuto dell’atto costitutivo, ovviamente assorbito dall’art. 2521 –
  • 3) 2466 – in tema di socio moroso –
  • 4) 2467 – in tema di postergazione – i finanziamenti erogati dalle compagnie finanziarie ai sensi dell’art. 17 della l. n. 49 del 1985, come modificato dall’art. 12 della l. n. 57 del 2001, in qualità di soci sovventori di società cooperative ex art. 4 della l. n. 59 del 1992, non sono soggetti alla postergazione prevista dall’art. 2467 c.c., atteso che, giusta l’art. 2519 comma 1, c.c., alle cooperative risulta applicabile la disciplina delle società per azioni che non riproduce l’effetto postergativo[77].
  • 5) 2469 in tema di trasferimento delle partecipazioni
  • 6) 2471 derogato espressamente dall’art. 2537
  • 7) 2471 bis – in tema di pegno, usufrutto e sequestro della partecipazione sociale –
  • 8) 2473 – in tema di liquidazione della quota del socio receduto essendo derogato dall’art. 2535 –
  • 9) 2473 bis – sostituito dall’art. 2533.
  • 10) 2479 bis co 2 e 4 – in tema di quorum assembleari sostitutio da ciò che è previsto dall’art. 2538 –
  • 11) 2482 ter – in tema di riduzione del capitale sociale al di sotto del minimo legale è sostituito dall’art. 2545 duodecies

Come già scritto in riferimento all’art. 2516 c.c.[78], si riportano qui di seguito alcune pronunce di merito e di legittimità sulla normativa applicabile in forza del richiamo di cui all’art. 2519 c.c.

Per il Tribunale Fiorentino[79] in materia societaria lo strumento cautelare tipico della sospensione delle deliberazioni assembleari si è ritenuto applicabile anche alle società cooperative per effetto dell’espresso rinvio previsto dall’art. 2519 c.c. che ha appunto riconosciuto l’applicabilità dello strumento impugnatorio di cui all’art. 2378 comma 3° c.c. Sarebbe infatti irragionevole escluderne l’applicabilità alle società cooperative riservando alle medesime, quale unico strumento di tutela cautelare il ricorso alla procedura d’urgenza, ai sensi dell’art. 700 c.p.c., trattandosi di uno strumento del tutto residuale ed essendo ammissibile sono nel caso in cui non sussistano i presupposti di fatto e di diritto per accedere a diversi rimedi.

Secondo il Tribunale lagunare[80], in ordine all’esclusione dell’applicabilità dell’art. 2358 c.c. alle società cooperative, lo stesso non si fonda su argomenti di carattere testuale ma su valutazioni di incompatibilità. In riferimento alle banche popolari, ai fini della compatibilità a cui l’art. 2519 c.c. ricollega l’applicazione dell’art. 2358 c.c. alle società cooperative, deve tenersi conto della peculiare disciplina per esse dettata ed, in via generale, della considerazione che la mutualità nelle banche popolari si atteggia in maniera peculiare attesa la cumulabilità con finalità lucrative. Nella fattispecie si ravvisava una stretta correlazione tra il finanziamento concesso e gli acquisti di azioni della banca convenuta, nonostante il divieto previsto dall’art. 2358 c.c. La violazione del predetto divieto determina la nullità delle specie delle nullità virtuali per le quali il criterio generale di selezione della legittimazione è rappresentato dall’interesse a farla valere. Del resto, chi acquista o sottoscrive azioni di una società impiegando prestiti messi a disposizione dalla medesima, è portatore di un interesse alla regolarità dell’operazione che dipende dal rispetto dell’art. 2358 c.c., avendo interesse all’effettività del patrimonio della società di cui ha acquistato o sottoscritto azioni, pur se con prestiti forniti dalla stessa società ed alla tenuta finanziaria di quest’ultima.

Per il Tribunale Milanese[81] l’azione di responsabilità cosiddetta sociale prevista, per le società cooperative che non hanno optato in sede di costituzione per la applicabilità della disciplina della società a responsabilità limitata, dal combinato disposto degli artt. 2393 e 2519, comma 1, c.c., deve essere preceduta, ai sensi dell’art. 2393, comma 1. c.c., dalla delibera dei soci in sede assembleare. L’adozione di detta deliberazione costituisce, invero, condizione speciale dell’azione, alla cui carenza in alcun modo può supplire il principio di non contestazione di cui all’art. 115, comma 1, ultima parte, c.p.c. La eventuale persistente carenza della predetta deliberazione anche al momento della decisione può e deve essere rilevata ex officio dal giudice (come nella specie).

I FINANZIAMENTI

SOCI FINANZIATORI

la legge li ammette per consentire una più ampia raccolta di capitale di rischio; si tratta dei soci che partecipano alla vita sociale mossi non già dallo scopo, mutualistico, di conseguire beni o servizi o occasioni di lavoro o di vendita a condizioni vantaggiose, bensì da uno scopo di natura squisitamente lucrativa.

  1. 31.1.1992, n. 59 – artt. 5 – 6

SOCI SOVVENTORI

Le coop, eccezion fatta per le coop di credito ed assicurative e per quelle operanti nel settore dell’edilizia abitativa, hanno la facoltà di ammettere soci sovventori, purchè lo statuto preveda la costituzione di fondi per lo sviluppo tecnologico o per la ristrutturazione o il potenziamento aziendale. Raccolta di capitale di rischio anche fra i soggetti sprovvisti degli specifici requisiti soggettivi richiesti per partecipare all’attività mutualistica. I conferimenti dei soci sovventori sono rappresentati da azioni o quote nominative liberamente trasferibili. Al fine di evitare che la partecipazione dei soci sovventori sia animata da scopi esclusivamente speculativi, è però stabilito che il tasso di remunerazione non può essere maggiorato in misura superiore al 2% rispetto a quello stabilito per gli altri soci. Possono essere nominati anche amministratori ma non in numero tale che possano ottenere la maggioranza all’interno del c.d.a.

Per questa legge, infatti, può consentire in analogia con quanto previsto dall’art. 2548 c.c.  per i fondi di garanzia delle MUTUE ASSICURATRICI[82], la costituzione di fondi per lo sviluppo tecnologico o per la ristrutturazione o il potenziamento aziendale mediante speciali conferimenti da parte di soci cooperatori e non soci, attribuendo anche a quest’ultimi la qualità di soci.

Questi soci – che la stessa legge chiama soci sovventori – per disposizione statutaria possono godere:

A) di un trattamento privilegiato nella ripartizione degli utili e nella liquidazione delle azioni o delle quote
B) e del diritto di voto, ma i loro voti non devono in ogni caso superare  1/3 dei voti spettanti a tutti i soci.

SOCI DI PARTECIPAZIONE COOPERATIVA

Non ricorda quella dei soci sovventori delle mutue assicuratrici, bensì quella degli azionisti di risparmio delle società con azioni quotate.

Le coop che abbiano adottato procedure di programmazione pluriennale finalizzate allo sviluppo o all’ammodernamento aziendale, possono emettere azioni di partecipazione cooperativa che costituiscono una particolare categoria di azioni, le quali analogamente alle azioni di risparmio, sono prive del diritto di voto e sono privilegiate nella ripartizione degli utili e nel rimborso del capitale sociale – art. 5, co2 L. 59/1992.

Possono essere emesse per un ammontare non superiore al valore contabile delle riserve indivisibili o del patrimonio netto risultanti dall’ultimo bilancio certificato e depositato presso il Ministero del lavoro e della previdenza sociale e devono contenere, oltre alle indicazioni prescritte dall’art. 2354 c.c., la denominazione di <azioni di partecipazione cooperativa >.

Devono essere offerte in misura non inferiore alla metà in opzione ai soci e ai lavoratori dipendenti.

Le azioni di partecipazione cooperativa – come le azioni di risparmio – possono essere:

A) nominative o al portatore
B) sono prive del diritto di voto (ma non quello d’intervento) nelle assemblee sociali
C) godono di un privilegio nella ripartizione degli utili e nel rimborso del capitale
D) in particolare a queste azioni spetta una remunerazione maggiorata del 2% rispetto a quella delle altre quote o azioni
E) all’atto di scioglimento della società hanno diritto di prelazione nel rimborso del capitale per l’intero valore nominale
F) la riduzione del capitale sociale in conseguenza di perdite non comporta riduzione del loro valore nominale, se non per la parte della perdita che eccede il valore nominale complessivo delle altre azioni o quote.

Inoltre, questa categoria, dispone di un’organizzazione, articolata su un’assemblea speciale e un rappresentante comune, con poteri che richiamano quelli dell’assemblea speciale e del rappresentante comune degli azionisti di risparmio.

LE OBBLIGAZIONI

I limiti e i criteri di emissioni delle obbligazioni sono fissati dal CICR (< per un ammontare che, unitamente alla raccolta di cambiali finanziarie e certificati d’investimento, non può eccedere il limite del capitale versato e delle riserve risultanti dall’ultimo bilancio approvato >), ferma restando l’applicabilità della restante disciplina dettata per la società per azioni – artt. 2410 c.c. e ss.

L’emissione di obbligazioni è, invece, preclusa alle società cooperative svolgenti attività finanziarie non iscritte nell’elenco speciale previsto dall’art. 107 del T.U.B.

 

ALTRI STRUMENTI FINANZIARI

Si registrano due differenze rispetto alla disciplina prevista per la S.p.A. –

  1. A) la prima consiste nel fatto che gli apporti a fronte dei quali vengono emessi gli strumenti finanziari nelle società cooperative possono essere anche imputati a capitale;
  2. B) la seconda che ai possessori degli strumenti finanziri può essere riconosciuto il diritto di voto nell’assemblea generale degli azionisti, con la conseguenza che gli stessi titolari ai quali sia stato riconosciuto il diritto di voto hanno la possibilità di recedere dalla società ai sensi dell’art. 2437.

Ove la coop emettesse degli strumenti finanziari privi del diritto di voto in assemblea generale, ai possessori di tali strumenti è permesso di riunirsi in un’assemblea speciale, come disciplinata dagli artt. previsti in materia di S.p.A., e di essere rappresentati da un unico soggetto nell’assemblea generale.

art. 2526 [83] c.c.    soci finanziatori e altri sottoscrittori di titoli di debito

 l’atto costitutivo può prevedere l’emissione di strumenti finanziari, secondo la disciplina prevista per le società per azioni.

L’atto costitutivo stabilisce i diritti patrimoniali o anche amministrativi o attribuiti ai possessori degli strumenti finanziari e le eventuali condizioni cui è sottoposto il loro trasferimento. I privilegi previsti nella ripartizione degli utili e nel rimborso del capitale non si estendono alle riserve indivisibili a norma dell’articolo 2545-ter. Ai possessori di strumenti finanziari non può, in ogni caso, essere attribuito più di un terzo dei voti spettanti all’insieme dei soci presenti ovvero rappresentati in ciascuna assemblea generale[84] (affinché sia mantenuto il potere deliberativo in mano ai soci copperatori, anche per evitare che la presenza dei finanziatori possa snaturare la natura di scopo mutualistico della stessa società cooperativa).

Il recesso dei possessori di strumenti finanziari forniti del diritto di voto è disciplinato dagli articoli 2437 e seguenti.

La cooperativa cui si applicano le norme sulla società a responsabilità limitata può offrire in sottoscrizione strumenti privi di diritti di amministrazione solo a investitori qualificati[85].

art. 2541 [86] c.c.       assemblee speciali dei possessori degli strumenti finanziari

se sono stati emessi strumenti finanziari privi di diritto di voto, l’assemblea speciale di ciascuna categoria delibera:

1) sull’approvazione delle deliberazioni dell’assemblea della società cooperativa che pregiudicano i diritti della categoria;

2) sull’esercizio dei diritti ad essa eventualmente attribuiti ai sensi dell’articolo 2526;

3) sulla nomina e sulla revoca dei rappresentanti comuni di ciascuna categoria e sull’azione di responsabilità nei loro confronti;

4) sulla costituzione di un fondo per le spese, necessario alla tutela dei comuni interessi dei possessori degli strumenti finanziari e sul rendiconto relativo;

5) sulle controversie con la società cooperativa e sulle relative transazioni e rinunce;

6) sugli altri oggetti di interesse comune a ciascuna categoria di strumenti finanziari.

La assemblea speciale è convocate dagli amministratori della società cooperativa o dal rappresentante comune, quando lo ritengano necessario o quando almeno un terzo dei possessori degli strumenti finanziari ne faccia richiesta.

Il rappresentante comune deve provvedere all’esecuzione delle deliberazioni dell’assemblea speciale e deve tutelare gli interessi comuni dei possessori degli strumenti finanziari nei rapporti con la società cooperativa.

Il rappresentante comune ha diritto di esaminare i libri di cui all’articolo 2421, numeri 1) e 3) e di ottenere estratti; ha altresì il diritto di assistere all’assemblea della società cooperativa e di impugnarne le deliberazioni

art. 2529 [87] c.c.      acquisto delle proprie quote o azioni

 l’atto costitutivo può autorizzare gli amministratori ad acquistare o rimborsare quote o azioni della società, purché sussistano le condizioni previste dal secondo comma dell’articolo 2545-quinquies e l’acquisto o il rimborso è fatto nei limiti degli utili distribuibili e delle riserve disponibili risultanti dall’ultimo bilancio regolarmente approvato

Osservanza di un duplice limite

1 –  il rapporto tra patrimonio netto e complessivo indebitamento della società deve essere superiore ad ¼

2 – l’acquisto o il rimborso deve essere effettuato nei limiti degli utili e delle riserve disponibili risultanti dall’ultimo bilanci regolarmente approvato

 

art. 2530 [88] c.c.       trasferibilità della quota o delle azioni

 la quota o le azioni dei soci cooperatori non possono essere cedute con effetto verso la società, se la cessione non è autorizzata dagli amministratori (la funzione di gradimento dell’organo amministrativo è finalizzata a garantire nella società coop il rispetto delle norme inderogabili sui requisiti del socio).

Il socio che intende trasferire la propria quota o le proprie azioni deve darne comunicazione agli amministratori con lettera raccomandata.

Il provvedimento che concede o nega l’autorizzazione deve essere comunicato al socio entro sessanta (60) giorni dal ricevimento della richiesta.

(SILENZIO ASSENSO) Decorso tale termine, il socio è libero di trasferire la propria partecipazione e la società deve iscrivere nel libro dei soci l’acquirente che abbia i requisiti previsti per divenire socio.

Il provvedimento che nega al socio l’autorizzazione deve essere motivato. Contro il diniego il socio entro sessanta giorni dal ricevimento della comunicazione può proporre opposizione al tribunale.

Qualora l’atto costitutivo vieti la cessione della quota o delle azioni il socio può recedere dalla società, con preavviso di novanta giorni. Il diritto di recesso (vedi pag. successiva), in caso di divieto statutario di trasferimento della partecipazione, non può essere esercitato prima che siano decorsi due anni dall’ingresso del socio nella società.

 

Secondo la S.C.[89] ai sensi dell’art. 2530, primo comma, c.c., che riproduce l’art. 2523 c.c., nella formulazione vigente anteriormente alla novella introdotta con il d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, le quote o le azioni della società cooperativa non possono essere cedute con effetto verso la società, se la cessione non è autorizzata dagli amministratori; tuttavia, la mancanza dell’autorizzazione degli amministratori determina un’efficacia solo relativa dell’atto di disposizione, che rimane valido ed efficace rispetto ai soggetti diversi dalla cooperativa, mirando la disposizione ad impedire che alla cooperativa siano imposti mutamenti non graditi delle persone dei soci.

 

Per la Corte dell’Aquila[90], il negozio di trasferimento di quota sociale di cooperativa deve necessariamente avvenire mediante un atto a forma vincolata, nel senso che deve essere redatto nella forma della scrittura privata autenticata o dell’atto pubblico, sul presupposto di specialità dell’oggetto della disponibilità (appunto quote di cooperativa) la cui appartenenza risponde a requisiti soggettivi ben precisi, e per finalità sociali ben note, con la conseguenza che la semplice scrittura privata, o comunque una qualsivoglia caratura in forma libera può avere un rilievo ed un valore obbligatorio inter partes, al più quale promessa di donazione. Nel caso specifico, la dichiarazione unilaterale dell’appellato, indirizzata al presidente della cooperativa affinché provvedesse alla intestazione della propria quota in capo all’appellante, non può essere definita quale contratto o negozio, né come cessione di quota indirizzata alla cooperativa alla quale non è stata spedita, assumendo le vesti di una richiesta rivolta alla cooperativa, sicché correttamente il primo Giudice ha interpretato e valutato lo scritto, al quale l’appellante era rimasto estraneo, quale mera manifestazione di intento, mai perfezionata e, pertanto, inidonea a costituire obbligo dell’appellato di darvi seguito. Correttamente, dunque, il primo Giudice riteneva lo scritto inidoneo ad integrare una cessione di quote, in quanto avente i caratteri dell’atto unilaterale e non redatto nella forma dell’atto pubblico o scrittura privata autenticata, non potendo nemmeno essere valutato come preliminare di cessione a titolo gratuito, stante il divieto di legge, l’assenza di determinazione dell’oggetto ed anzi la diversità dell’oggetto della disposizione contenuta nell’atto posto a fondamento della domanda.

 

art 2531 [91] c.c.   mancato pagamento delle quote o delle azioni

il socio che non esegue in tutto o in parte il pagamento delle quote o delle azioni sottoscritte può, previa intimazione da parte degli amministratori, essere escluso a norma dell’articolo 2533.

5)           LO SCIOGLIMENTO DEL RAPPORTO SOCIALE LIMITATAMENTE AD UN SOCIO

 

(Codice CivileLibro V del lavoro – Titolo VI   delle società – Capo I   disposizioni generali cooperative a mutualità prevalente – sez III  Delle quote e delle azioni – 2525 – 2537)

 

 

La morte, il recesso, e l’esclusione sono regolate sulla falsariga di quanto avviene nelle società di persone[92].

 

art. 2532 [93] c.c.   recesso del socio

 il socio cooperatore può recedere dalla società nei casi previsti dalla legge e dall’atto costitutivo. Il recesso non può essere parziale  (la motivazione sta nel fatto che nella società cooperativa ciò che rileva è la persona del socio, in ordine al rapporto mutualistico, mentre nella S.p.A ciò che è importante è la partecipazione azionaria e non già la posizione del socio azionista, il quale può ben voler rischiare di meno e continuare ancora a partecipare alla società, conservando la sua ualità di socio).

La dichiarazione di recesso deve essere comunicata con raccomandata alla società. Gli amministratori devono esaminarla entro sessanta (60) giorni dalla ricezione. Se non sussistono i presupposti del recesso, gli amministratori devono darne immediata comunicazione al socio, che entro sessanta giorni dal ricevimento della comunicazione, può proporre opposizione innanzi il tribunale.

Il recesso ha effetto per quanto riguarda il rapporto sociale dalla comunicazione del provvedimento di accoglimento della domanda. Ove la legge o l’atto costitutivo non preveda diversamente, per i rapporti mutualistici tra socio e società il recesso ha effetto con la chiusura dell’esercizio in corso, se comunicato tre mesi prima, e, in caso contrario, con la chiusura dell’esercizio successivo.

 

In forza di una pronuncia della S.C.[94], ante riforma, in tema di società cooperative, il recesso convenzionale, contemplato dagli artt. 2518 e 2526 c.c. (nel testo anteriore alle modifiche introdotte dall’art. 8 del d.lgs. 17 gennaio 2006, n. 6), in quanto previsto dall’atto costitutivo, costituisce manifestazione della volontà negoziale, la quale può legittimamente disciplinarlo attraverso clausole che ne determinino il contenuto, ammettendo l’esercizio di tale facoltà in situazioni specifiche, ovvero limitandolo o subordinandolo alla sussistenza di determinati presupposti o condizioni, in particolare all’autorizzazione o all’approvazione del consiglio d’amministrazione o dell’assemblea dei soci. Tali clausole, volte a garantire il perseguimento dell’oggetto della società attraverso la conservazione dell’integrità della compagine sociale, attribuiscono ai predetti organi un potere discrezionale, che non può tuttavia essere esercitato in modo arbitrario, né tradursi in un rifiuto di provvedere o in un diniego assoluto ed immotivato dell’approvazione, i quali, oltre a contrastare con i principi di correttezza e buona fede, che vanno rispettati anche nell’esecuzione del contratto sociale, comporterebbero una sostanziale vanificazione del diritto di recesso, il cui esercizio, ai sensi dell’art. 2437 terzo comma c.c. (applicabile anche alle società cooperative), non può essere escluso o reso eccessivamente gravoso. La violazione di tale diritto, per inosservanza dei predetti principi, rende applicabile l’art. 1359 c.c., in virtù del quale la condizione si considera avverata, qualora sia mancata per causa imputabile alla parte che aveva interesse contrario al suo avveramento. La necessità dell’autorizzazione non comporta infatti la trasformazione della fattispecie in un accordo, nell’ambito del quale la determinazione della società venga ad assumere la funzione di accettazione della proposta del socio, configurandosi pur sempre il recesso come un negozio unilaterale, corrispondente al diritto potestativo di uscire dalla società o di rinunciare a conservare lo stato derivante dal rapporto giuridico nel quale il socio è inserito, e rispetto al quale la deliberazione del consiglio di amministrazione o dell’assemblea opera come condizione di efficacia.

Ulteriormente, secondo altra sentenza[95] ante riforma oltre al recesso legale del socio, previsto dagli artt. 2523 e 2437 c.c. (norma, quest’ultima dettata per le società per azioni, ma estensibile alle società cooperative) l’ordinamento prevede il recesso convenzionale (artt. 2518 e 2526 c.c.) e se il primo non può essere limitato o soppresso neppure da clausole statutarie, attraverso la previsione dell’approvazione degli organi statutari (la quale finirebbe per trasformare l’esercizio di un diritto potestativo in una proposta negoziale e per rimetterne l’efficacia alla discrezione di un terzo), non altrettanto può affermarsi per il recesso statutario, il quale, nascendo con l’atto costitutivo, come atto di manifestazione della volontà negoziale, dalla stessa volontà può essere disciplinato attraverso clausole, determinative del contenuto, sia quando attribuiscono al socio la facoltà di recedere in situazioni specifiche, sia quando questa stessa facoltà limitano o condizionano. Ne consegue che è legittima la disciplina convenzionale che subordina il recesso a determinati presupposti o condizioni, tra i quali l’autorizzazione o l’approvazione del consiglio d’amministrazione o dell’assemblea dei soci.

 

 

art. 2533 [96] c.c.   esclusione del socio

l’esclusione del socio, oltre che nel caso indicato all’articolo 2531, può aver luogo:

1) nei casi previsti dall’atto costitutivo (nel senso che le cause di esclusione devono essere indicate in modo specifico e determinato);

2) per gravi inadempienze delle obbligazioni che derivano dalla legge, dal contratto sociale, dal regolamento o dal rapporto mutualistico;

3) per mancanza o perdita dei requisiti previsti per la partecipazione alla società;

4) nei casi previsti dall’articolo 2286 (interdizione e inabilitazione);

5) nei casi previsti dell’articolo 2288, primo comma (fallimento).

L’esclusione deve essere deliberata (da ciò si desume che l’esclusione non opera di diritto) dagli amministratori o, se l’atto costitutivo lo prevede, dall’assemblea.

Contro la deliberazione di esclusione il socio può proporre opposizione al tribunale, nel termine di sessanta giorni dalla comunicazione.

Qualora l’atto costitutivo non preveda diversamente, lo scioglimento del rapporto sociale determina anche la risoluzione dei rapporti mutualistici pendenti (ciò significa che l’esclusione, di regola, determina oltre allo scioglimento del rapporto sociale, anche la risoluzione del rapporto mutualistico in termini di immediatezza, a differenza del recesso).

 

Ante riforma, sul punto, ai fini processuali, la Cassazione[97] ha più volte affermato che il procedimento di opposizione all’esclusione del socio di cooperativa è del tutto distinto dai normali mezzi di impugnazione delle delibere assembleari di cui agli articoli 2377 – 2379 c.c.; sennonchè, proprio sul presupposto dell’assoluta diversità fra le due fattispecie procedimentali, ha costantemente affermato che il socio escluso dalla cooperativa può far valere i vizi della relativa delibera esclusivamente mediante l’opposizione ex articolo 2527 c.c. da proporre entro il termine di trenta giorni dalla comunicazione[98].

Successivamente la medesima Casaszione[99] ha precisato che il termine di sessanta giorni previsto dal’art. 2533 c.c. per proporre opposizione avverso la delibera di esclusione del socio di società cooperativa, decorre dalla comunicazione della stessa, restando irrilevante la conoscenza del provvedimento “aliunde” acquisita; la prova dell’avvenuta comunicazione, da intendersi come partecipazione al socio non soltanto dei contenuti della delibera, ma anche delle sue motivazioni onde assicuragli il pieno esercizio del diritto di difesa nel termine breve assegnato, deve essere fornita in modo rigoroso, in ragione della gravità degli effetti derivanti al decorso del termine, senza che sia sufficiente la mera circostanza della proposizione di un’impugnativa stragiudiziale, che prova una semplice conoscenza di fatto dell’avvenuta esclusione.

Inoltre, la stessa Corte Suprema[100] ha anche precisato che nel giudizio di opposizione contro la deliberazione di esclusione del socio di una società cooperativa, incombe sulla società – che, pur se formalmente convenuta, ha sostanziale veste di attore – l’onere di provare i fatti posti a fondamento dell’atto impugnato.

Ancora, per la medesima Cassazione[101], in tema di espulsione del socio dalla cooperativa l’apprezzamento della sussistenza dei gravi motivi non è rimesso all’esclusiva discrezionalità degli organi associativi giacchè rientra tra i compiti del giudice del merito, adito in sede di opposizione avverso la deliberazione di esclusione, riscontrare l’effettiva sussistenza della causa di esclusione posta a fondamento della detta deliberazione e la sua inclusione fra quelle previste per legge o dallo statuto, nonché accertare la congruità della motivazione adottata a sostegno della ritenuta gravità

Per Giurisprudenza di merito[102] in tema di esclusione del socio (art. 2533 c.c.), la comunicazione della delibera di esclusione necessaria per salvaguardare il diritto di difesa del socio lavoratore, in forza dei medesimi principi valevoli per il provvedimento di licenziamento, deve avere un contenuto minimo necessario per garantire quel diritto di difesa e, che, non può dirsi rappresentato dalla mera restituzione della quota sociale.

Ancora per altra sentenza di merito[103] sono valide ed efficaci le clausole di esclusione del socio a contenuto generico, inserite nell’atto costitutivo o nello statuto della società cooperativa, giacché il procedimento di esclusione sostituisce, sia pure con contraddittorio giudiziale posticipato alla delibera di esclusione, l’azione generale di risoluzione del contratto per l’inadempimento, dalla quale ripete i relativi presupposti applicativi. In presenza di clausole di esclusione dal contenuto generico, pertanto, non si legittima sul piano generale un giudizio di nullità contenutistica, dovendosi per contro scrutinare la correttezza della valutazione operata dagli organi sociali; di talché il giudice, dopo aver accertato la fondatezza sul piano oggettivo del fatto contestato, è tenuto, oltre che a spiegare in che modo il medesimo atto rientri nella categoria ipotizzata come causa di esclusione, a ponderarne la rilevanza in riferimento allo specifico interesse della società che sarebbe stato leso e con riguardo alla gravità dell’inadempimento. (Nel caso concreto, deve escludersi che la condotta contestata al socio, consistita nella presentazione di una denuncia nei confronti degli amministratori, era passibile si essere sanzionata con la misura espulsiva, difettando i connotati di strumentalità, irragionevolezza o inescusabile negligenza nella proposizione della stessa.)

2534 [104] c.c.   morte del socio

in caso di morte del socio, gli eredi hanno diritto alla liquidazione della quota o al rimborso delle azioni secondo le disposizioni dell’articolo seguente.

L’atto costitutivo può prevedere che gli eredi provvisti dei requisiti per l’ammissione alla società subentrino nella partecipazione del socio deceduto.

Nell’ipotesi prevista dal secondo comma, in caso di pluralità di eredi, questi debbono nominare un rappresentante comune, salvo che la quota sia divisibile e la società consenta la divisione.

 

Affinché gli eredi possano partecipare alla coop sono necessarie alcune condizioni

1)            previsione dell’atto costitutivo

2)            che gli eredi siano provvisti dei requisiti per l’ammissione alla società

3)            in caso di pluralità di eredi, questi debbono nominare un rappresentante comune

Per una pronuncia di merito[105] la previsione di cui all’art. 2534 c.c., nella parte in cui dispone che l’atto costitutivo può prevedere il subentro nella partecipazione del socio deceduto degli eredi provvisti dei requisiti per l’ammissione, mostra chiaramente di ritenere che la società, a differenza dal passato, ha l’obbligo di apprezzarne preventivamente la sussistenza, non spiegandosi altrimenti, né sul piano letterale né tanto meno sotto il profilo dell’interpretazione logica e sistematica, l’esplicito riferimento alle condizioni che possano legittimare l’adesione. Tale riferimento, totalmente assente dal testo del previgente art. 2528 c.c., ora esprime e sintetizza la necessità di una misurata valutazione circa la compatibilità delle qualità personali e soggettive degli eredi con la natura e con le finalità mutualistiche del sodalizio ed al tempo stesso, di riflesso, impone di motivare il diniego dell’autorizzazione. Ciò è tanto più innegabile alla luce dell’analoga fattispecie disciplinata dall’art. 2530 c.c., laddove è riconosciuta al socio, al quale la cooperativa abbia opposto il proprio rifiuto al trasferimento della quota, la possibilità di proporre opposizione al Tribunale per far valere in quella sede le proprie ragioni. Se, dunque, tale diritto compete al socio in relazione al possibile ingresso di soggetti totalmente estranei alla compagine sociale, a maggior ragione lo si deve riconoscere a coloro che rappresentano la continuazione della persona del socio defunto, dovendosi diversamente propendere per una disparità di trattamento che non appare giustificata alla luce della sostanziale omogeneità delle posizioni giuridiche soggettive e della identità del contesto nel quale assumono rilevanza. Nel caso concreto, deve trovare accoglimento la domanda della parte attrice, avente ad oggetto la declaratoria di illegittimità della deliberazione assunta dal consiglio di amministrazione, la revoca della stessa ed al diritto dell’erede di subentrare nella posizione sociale del de cuius, mentre gli ulteriori requisiti previsti per l’ammissione non hanno formato oggetto di alcuna valutazione da parte della cooperativa e restano pertanto estranei all’ambito oggettivo della pronunzia, che non può investire aspetti in merito ai quali la società non si è espressa.

art. 2535 [106] c.c.    liquidazione della quota o rimborso delle azioni del socio uscente

la liquidazione della quota o il rimborso delle azioni ha luogo sulla base del bilancio dell’esercizio in cui si sono verificati il recesso, l’esclusione o la morte del socio.

La liquidazione della partecipazione sociale, eventualmente ridotta in proporzione alle perdite imputabili al capitale, avviene sulla base dei criteri stabiliti nell’atto costitutivo. Salvo diversa disposizione, la liquidazione comprende anche il rimborso del soprapprezzo, ove versato, qualora sussista nel patrimonio della società e non sia stato destinato ad aumento gratuito del capitale ai sensi dell’articolo 2545-quinquies, terzo comma.

Il pagamento deve essere fatto entro centottanta giorni dall’approvazione del bilancio. L’atto costitutivo può prevedere che, per la frazione della quota o le azioni assegnate al socio ai sensi degli articoli dell’articolo 2545-quinquies e 2545-sexies, la liquidazione o il rimborso, unitamente agli interessi legali, possa essere corrisposto in più rate entro un termine massimo di cinque anni

 

Per la Cassazione[107] in tema di società cooperative, l’insorgenza del diritto del socio alla quota di liquidazione e del relativo credito si verifica soltanto in presenza di una causa di scioglimento del rapporto sociale, anteriormente vantando tale soggetto esclusivamente una mera aspettativa legata all’eventualità che, all’atto del verificarsi di detta causa, il patrimonio della società abbia una consistenza tale da permettere l’attribuzione “pro quota” di valori proporzionali alla sua partecipazione; ne consegue che, in caso di esclusione dalla società a seguito della dichiarazione di fallimento del socio, il credito di quest’ultimo relativo alla quota di liquidazione nasce – o almeno diviene certo – esclusivamente per effetto della dichiarazione di fallimento, ciò implicando l’assenza dei presupposti necessari per ritenerne la compensabilità, ex art. 56, legge fall., con i contrapposti crediti vantati dalla società nei suoi confronti. (Principio affermato dalla S.C. in un caso di insinuazione al passivo nel fallimento del socio da parte di una banca cooperativa, condannata alla restituzione di quanto ricavato dalla vendita delle azioni realizzata dopo il fallimento).

Per le Sezioni Unite[108], in tema di società, la costituzione del rapporto societario e l’originario conferimento, pur rappresentando il presupposto giuridico del diritto del socio alla quota di liquidazione, non rilevano come fatto direttamente genetico di un contestuale credito restitutorio del conferente, configurandosi la posizione di quest’ultimo come mera aspettativa o diritto in attesa di espansione, destinato a divenire attuale soltanto nel momento in cui si addivenga alla liquidazione (del patrimonio della società o della singola quota del socio, al verificarsi dei presupposti dello scioglimento del rapporto societario soltanto nei suoi confronti), ed alla condizione che a tale momento dal bilancio (finale o di esercizio) risulti una consistenza attiva sufficiente a giustificare l’attribuzione “pro quota” al socio stesso di valori proporzionali alla sua partecipazione. Pertanto, il credito relativo alla quota di liquidazione vantato dal socio di una cooperativa escluso dalla società per effetto della dichiarazione di fallimento (ovvero, ai sensi dell’art. 2533 n. 5 c.c., nel testo introdotto dal d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6 a seguito della delibera di esclusione che è in facoltà della società adottare in caso di fallimento del socio) nasce o comunque diviene certo esclusivamente nel momento in cui interviene quella dichiarazione (o quella delibera), con la conseguenza che, non potendosi considerare detto credito anteriore al fallimento, viene a mancare il presupposto necessario, ai sensi dell’art. 56 della legge fallimentare, per la compensabilità dello stesso con i contrapposti crediti vantati dalla società nei confronti del socio.

art. 2536 [109] c.c.  responsabilità del socio uscente e dei suoi eredi

il socio che cessa di far parte della società risponde verso questa per il pagamento dei conferimenti non versati, per un anno dal giorno in cui il recesso, la esclusione o la cessione della quota si è verificata.

Se entro un anno dallo scioglimento del rapporto associativo si manifesta l’insolvenza della società, il socio uscente è obbligato verso questa nei limiti di quanto ricevuto per la liquidazione della quota o per il rimborso delle azioni.

Nello stesso modo e per lo stesso termine sono responsabili verso la società gli eredi del socio defunto.

 

 

art. 2537 [110] c.c.    creditore particolare del socio

il creditore particolare del socio cooperatore, finché dura la società, non può agire esecutivamente sulla quota e sulle azioni del medesimo (si vuole evitare che attraverso azioni esecutive ––  possano entrare a far parte della società soggetti privi dei requisiti statutari o di legge, invece, si ritiene cheil creditore possa compiere atti conservativi sulla quota di liquidazione del socio e fare valer i propri diritti sugli utili spettanti al socio suo debitore. Inoltre non possono essere sottoposte a pegno o ad usufrutto ex art. 2352 c.c.).

 

Sul punto la Cassazione[111] ha avuto modo di affermare che il creditore particolare del socio, sebbene non possa – ai sensi dell’art. 2531 c.c., applicabile “ratione temporis” (ora art. 2537 c.c.) – agire esecutivamente sulla quota o sulle azioni del socio debitore finché dura la società cooperativa, può, tuttavia, agire in via cautelare, con la conseguenza che tale disposizione non può ritenersi ostativa all’ammissibilità dell’azione revocatoria ordinaria nei confronti del socio (in quanto tenderebbe alla revoca dell’attribuzione patrimoniale di un bene – la quota o le azioni della società – non suscettibile di espropriazione), poiché anche nell’ipotesi in cui il bene, oggetto dell’atto di cui si chiede la revoca, non sia più nella disponibilità dell’acquirente per essere stato alienato a terzi, il creditore ha comunque interesse ad agire in revocatoria, il cui accoglimento consentirebbe all’acquirente di promuovere, nei confronti dell’alienante, le azioni di risarcimento del danno o di restituzione del prezzo dell’acquisto.

6)    ORGANIZZAZIONE SOCIALE

 

(Codice Civile – Libro V del lavoro – Titolo VI   delle società – Capo I   disposizioni generali cooperative a mutualità prevalente – sez IV Degli organi sociali – 2538 – 2545 septies)

Il sistema e la disciplina degli organi nelle società coop cambiano a seconda che la società coop utilizzi il modello S.p.A. (artt. 2363 – 2379 – Ter applicabilità inoltre delle norme previste per il sistema monistico – 2049 – sexiedecies – 2409 novies decies e dualistico – 2409 octies – 2409 quinquiesdecies ) e, all’interno di questo le diverse modalità di amministrazione e di controllo previsti dal legislatore, oppure il modello della S.r.l.[112], secondo quanto previsto, in via generale dall’art. 2519 c.c.

A)   ASSEMBLEA

art. 2538 [113] c.c.    assemblea

nelle assemblee hanno diritto di voto coloro che risultano iscritti da almeno novanta giorni nel libro dei soci (in questo modo si evita che gli amministratori possano manipolare le maggioranze ammettendo un numero massiccio di soci all’ultimo momento).

Ciascun socio cooperatore ha un voto (voto per teste o capitario), qualunque sia il valore della quota o il numero delle azioni possedute. L’atto costitutivo determina i limiti al diritto di voto degli strumenti finanziari offerti in sottoscrizione ai soci cooperatori.

Ai soci cooperatori persone giuridiche l’atto costitutivo può attribuire più voti, ma non oltre 5, in relazione all’ammontare della quota oppure al numero dei loro membri.

Nelle cooperative in cui i soci realizzano lo scopo mutualistico attraverso l’integrazione delle rispettive imprese o di talune fasi di esse, l’atto costitutivo può prevedere che il diritto di voto sia attribuito in ragione della partecipazione allo scambio mutualistico. Lo statuto stabilisce un limite per il voto plurimo per tali categorie di soci, in modo che nessuno di essi possa esprimere più del decimo dei voti in ciascuna assemblea generale. In ogni caso, ad essi non può essere attribuito più di un terzo dei voti spettanti all’insieme dei soci presenti o rappresentati in ciascuna assemblea generale.

Le maggioranze richieste per la costituzione delle assemblee e per la validità delle deliberazioni sono determinate dall’atto costitutivo e sono calcolate secondo il numero dei voti spettanti ai soci.

L’atto costitutivo può prevedere che il voto venga espresso per corrispondenza, ovvero mediante altri mezzi di telecomunicazione. In tal caso l’avviso di convocazione deve contenere per esteso la deliberazione proposta. Se sono poste in votazione proposte diverse da quelle indicate nell’avviso di convocazione, i voti espressi per corrispondenza non si computano ai fini della regolare costituzione dell’assemblea.

 

In ordine all’ultimo comma, per il Tribunale Felsineo[114] in tema di società di capitali, nel caso di specie un istituto bancario (l’art. 2538, ultimo comma, c.c. – si applica alle cooperative rene dalle leggi speciali solo “in quanto compatibili” con la disciplina speciale.), è valido il voto espresso attraverso mezzi di telecomunicazione (cd. voto telematico). In materia, i mezzi di telecomunicazione possono essere utilizzati a prescindere dalla partecipazione in via fisica o telematica al luogo dove si tiene la riunione. Cosicché, appare chiaro che, chi utilizza tale strumento esercita la facoltà di privilegiare il momento del voto a quello di partecipazione effettiva all’assemblea e pertanto deve considerarsi presente alla stessa.

 

art. 2539 [115] c.c.    rappresentanza nell’assemblea

nelle cooperative disciplinate dalle norme sulla società per azioni ciascun socio può rappresentare sino ad un massimo di 10 soci (al fine di evitare un’eccessiva concentrazione di voti nella stessa persona – la delega, può essere fatta solo a favore dei soci e non già di persone estranee alla società).

Il socio imprenditore individuale può farsi rappresentare nell’assemblea anche dal coniuge, dai parenti entro il terzo grado e dagli affini entro il secondo che collaborano all’impresa.

 

art. 2540 [116] c.c.    assemblee separate

l’atto costitutivo delle società cooperative può prevedere lo svolgimento di assemblee separate, [A] anche rispetto a specifiche materie ovvero [B] in presenza di particolari categorie di soci.

Lo svolgimento di assemblee separate deve essere previsto quando la società cooperativa ha più di 3000 soci e svolge la propria attività in più province ovvero se ha più di 500 soci e si realizzano più gestioni mutualistiche.

L’atto costitutivo stabilisce il luogo, i criteri e le modalità di convocazione e di partecipazione all’assemblea generale dei soci delegati e assicura in ogni caso la proporzionale rappresentanza delle minoranze espresse dalle assemblee separate.

I delegati debbono essere soci. Alla assemblea generale possono assistere anche i soci che hanno preso parte alle assemblee separate.

Le deliberazioni della assemblea generale possono essere impugnate ai sensi dell’articolo 2377 anche dai soci assenti e dissenzienti nelle assemblee separate quando, senza i voti espressi dai delegati delle assemblee separate irregolarmente tenute, verrebbe meno la maggioranza richiesta per la validità della deliberazione.

Le deliberazioni delle assemblee separate non possono essere autonomamente impugnate (le assemblee separate hanno solo una funzione preparatoria di quella generale, in quanto la volontà sociale si forma solo con la deliberazione dell’assemblea generale e solo questa è impugnabile, anche per vizi delle deliberazioni delle assemblee separate).

Le disposizioni del presente articolo non si applicano alle società cooperative con azioni ammesse alla quotazione in mercati regolamentati.

Procedimento separato
1 –  ASSEMBLEA SEPARATA 2 – ASSEMBLEA GENERALE

 

Al fine di agevolare la partecipazione dei soci e la formazione delle maggioranze nelle cooperative con ampia compagine sociale e territorialmente articolate.

La possibilità di pervenire a una formazione progressiva della volontà sociale attraverso lo svolgimento di assemblee separate rappresenta indubbiamente una peculiarità delle società cooperative, coerente con il principio democratico che ne ispira la disciplina, potendo essere ravvisata la funzione di tale istituto nell’intento di agevolare la partecipazione assembleare dei soci in presenza di situazioni che potrebbero renderla oltremodo difficoltosa le assemblee separate siano applicabili a tutte le cooperative, a prescindere dal fatto che siano a mutualità prevalente o meno e, altresì, dal fatto che siano assoggettabili alla disciplina delle s.p.a. o delle s.r.l., sebbene in tale ultimo caso il ricorso alle assemblee separate costituisca ipotesi marginale, in considerazione dell’art. 2519, comma 2, c.c., che consente l’applicabilità dell’art. 2462 e segg. c.c. solo nel caso di cooperative con meno di venti soci cooperatori o con un attivo dello stato patrimoniale inferiore a un milione di euro.

La disciplina dell’assemblea delle società cooperative si modella sostanzialmente su quella dettata, per lo stesso organo, in tema di s.p.a. (art. 2363 e segg. c.c.) sulla base del rinvio, di carattere generale, operato dal previgente art. 2516 c.c.

Il previgente art. 2516 c.c. è confermato dal nuovo art. 2519 c.c. che, tuttavia, in presenza di certi presupposti, consente l’applicazione alle cooperative della disciplina della s.r.l. in luogo di quella della s.p.a.(2).

All’interno del Codice civile erano (e continuano ad essere) dedicate alla disciplina delle assemblee di cooperative diverse disposizioni in materia di convocazione (art. 2518, n. 10, ora art. 2521, n. 9, c.c.), spettanza ed esercizio di voto, maggioranze, rappresentanza e assemblee separate (artt. 2532-2534 c.c., ora artt. 2538-2540 c.c.).

Uno dei principi di carattere generale, definito come in precedenza uno degli elementi strutturali tipici della società cooperativa, espressione della norma contenuta nel “nuovo” art. 2538 c.c., è il principio del voto capitario.

Il comma 2 dell’art. 2538 c.c. continua infatti a prevedere la regola secondo cui ciascun socio cooperatore ha un solo voto in assemblea, a prescindere dal valore della sua quota o dal numero delle azioni possedute, pur essendo confermata la possibilità, nel caso si tratti di persone giuridiche, di attribuire statutariamente più voti, in ogni caso non più di cinque, tenuto conto dell’ammontare della quota o del numero dei loro membri.

La portata innovativa del precetto va senz’altro individuata nella possibilità, prevista dalla norma, al comma 4, di derogare alla regola generale del voto capitario nelle cooperative in cui i soci realizzino lo scopo mutualistico attraverso l’integrazione delle rispettive imprese o di talune fasi di esse, in attuazione del disposto dell’art. 5, comma 2, lett. e ), legge n. 366/2001.

La previsione risponde quindi all’esigenza di differenziare il ruolo dei soci all’interno della società in relazione al diverso interesse di ciascuno al rapporto mutualistico, consentendo, in particolare, di dare peso maggiore nella formazione delle delibere assembleari ai soggetti che più di altri usufruiscono delle prestazioni della cooperativa.

Secondo quanto previsto dal vecchio art. 2532 c.c. ed ora dal nuovo art. 2538, comma 1, c.c. nelle assemblee hanno diritto di voto coloro che risultino iscritti da almeno tre mesi nel libro dei soci.

Secondo l’orientamento espresso in dottrina, il diritto di intervento in assemblea spetta comunque a tutti coloro che sono iscritti nel libro dei soci, quantunque possa trattarsi di soggetti non ancora ammessi a votare per mancata decorrenza del termine di tre mesi fissato dalla norma sopra richiamata.

In assenza di indicazioni normative sul punto, si è discusso se il diritto di intervenire alla riunione assembleare spetti anche agli azionisti di partecipazione cooperativa a cui è negato espressamente il diritto di voto.

La soluzione negativa dovrebbe imporsi ove si parta dal presupposto che i soggetti in esame non sono soci.

In merito alla fissazione dei quorum costitutivi e deliberativi, il comma 5 dell’art. 2538 c.c. affida interamente ed esclusivamente alle disposizioni statutarie il relativo compito.

L’autonomia statutaria non può tuttavia essere considerata priva di limiti, dovendo essere rispettati i principi generali desumibili dalla disciplina della s.p.a. o della s.r.l. (diversamente da quanto previsto nella disciplina anteriore alla riforma, il modello di riferimento non è più solo quello della s.p.a.; le cooperative con un numero di soci inferiore a venti o con un attivo dello stato patrimoniale non superiore a un milione di euro possono infatti utilizzare anche le regole delle s.r.l., se in questo senso si esprime l’atto costitutivo, ex art. 2519 c.c.), alla quale occorre pur sempre far riferimento alla luce del disposto di cui all’art. 2519 c.c. Può pertanto escludersi la validità di clausole statutarie che richiedano l’unanimità dei consensi o che non prevedano quorum differenziati per la prima convocazione e per quelle successive, o per le assemblee ordinarie e straordinarie(14). Deve quindi ritenersi che, in assenza di qualsiasi previsione statutaria al riguardo, si potrebbero nondimeno ritenere applicabili gli artt. 2368 e 2369 c.c. alla luce della disposizione generale dell’art. 2519, comma 1, c.c., secondo il quale alle società cooperative, per quanto non espressamente previsto dalle disposizioni codicistiche, si applicano le norme sulla s.p.a., salva l’applicazione delle disposizioni relative all’assemblea delle s.r.l. nell’ipotesi contemplata dal comma 2 del citato art. 2519 c.c.

È poi confermata la regola secondo cui per il calcolo dei predetti quorum occorre fare riferimento al numero dei voti spettanti ai soci, anziché all’entità della partecipazione dagli stessi detenuta.

 

B)   L’AMMINISTRAZIONE

È organizzata in modo diverso a seconda che la società sia per azioni o quote

art.  2544 [117] c.c.     sistemi di amministrazione

indipendentemente dal sistema di amministrazione adottato non possono essere delegati dagli amministratori, oltre le materie previste dall’articolo 2381, i poteri in materia di ammissione, di recesso e di esclusione dei soci e le decisioni che incidono sui rapporti mutualistici con i soci.

Se la cooperativa ha adottato il sistema di amministrazione di cui all’articolo 2409-octies, i possessori di strumenti finanziari non possono eleggere più di un terzo dei componenti del consiglio di sorveglianza e più di un terzo dei componenti del consiglio di gestione. I componenti del consiglio di sorveglianza eletti dai soci cooperatori devono essere scelti tra i soci cooperatori ovvero tra le persone indicate dai soci cooperatori persone giuridiche.

Se la cooperativa ha adottato il sistema di amministrazione di cui all’articolo 2409-sexiesdecies. agli amministratori eletti dai possessori di strumenti finanziari, in misura comunque non superiore ad un terzo, non possono essere attribuite deleghe operative né gli stessi possono fare parte del comitato esecutivo.

 

S.p.A.

TRADIZIONALE

A.U. o C.D.A.

MONISTICO

C.D.A., nominato dall’assemblea

DUALISTICO

Comitato di gestione nominato dal consiglio di sorveglianza

S.R.L. = A.U. o C.D.A.

 

art. 2542 [118] c.c.    consiglio di amministrazione

la nomina degli amministratori spetta all’assemblea fatta eccezione per i primi amministratori che sono nominati nell’atto costitutivo e salvo quanto disposto nell’ultimo comma del presente articolo.

La maggioranza degli amministratori è scelta tra i soci cooperatori ovvero tra le persone indicate dai soci cooperatori persone giuridiche.

[ Nelle società cooperative cui si applica la disciplina delle società per azioni, l’atto costitutivo stabilisce i limiti al cumulo delle cariche e alla rieleggibilità degli amministratori nel limite massimo di tre mandati consecutivi [119]].

L’atto costitutivo può prevedere che uno o più amministratori siano scelti tra gli appartenenti alle diverse categorie dei soci, in proporzione dell’interesse che ciascuna categoria ha nell’attività sociale. In ogni caso, ai possessori di strumenti finanziari non può essere attribuito il diritto di eleggere più di un terzo degli amministratori.

La nomina di uno o più amministratori può essere attribuita dall’atto costitutivo allo Stato o ad enti pubblici. In ogni caso, la nomina della maggioranza degli amministratori è riservata all’assemblea.

 

È bene precisare come ha avuto modo di fare la Corte Milanese[120] che nelle società cooperative, non diversamente che nelle società per azioni, il potere di stare in giudizio spetta, secondo la legge, ai titolari dell’organo che ne ha la rappresentanza sostanziale; può essere conferito, in base allo statuto, anche a soggetti che, nell’ambito dell’organizzazione della società, sono preposti ad un settore di rapporti con poteri di rappresentanza sostanziale.

 

C) GLI ORGANI DI CONTROLLO

 

S.p.A.  – artt. 2397 – 2408 

TRADIZIONALE MONISTICO DUALISTICO

S.R.L.

 

art. 2543 [121] c.c.  organo di controllo

la nomina del collegio sindacale è obbligatoria nei casi previsti dal secondo e terzo comma dell’articolo 2477, nonché quando la società emette strumenti finanziari non partecipativi.

L’atto costitutivo può attribuire il diritto di voto nell’elezione dell’organo di controllo proporzionalmente alle quote o alle azioni possedute ovvero in ragione della partecipazione allo scambio mutualistico.

I possessori degli strumenti finanziari dotati di diritti di amministrazione possono eleggere, se lo statuto lo prevede, nel complesso sino ad un terzo dei componenti dell’organo di controllo

 

art. 2545 [122]  c.c.    relazione annuale sul carattere mutualistico della cooperativa

gli amministratori e i sindaci della società, in occasione della approvazione del bilancio di esercizio debbono, nelle relazioni previste dagli articoli 2428 e 2429 indicare specificamente i criteri seguiti nella gestione sociale per il conseguimento dello scopo mutualistico

art. 2545 -bis[123] c.c.    diritti dei soci

nelle società cooperative cui si applica la disciplina della società per azioni, oltre a quanto stabilito dal primo comma dell’articolo 2422, i soci, quando almeno un decimo del numero complessivo lo richieda ovvero almeno un ventesimo quando la cooperativa ha più di tremila soci, hanno diritto di esaminare, attraverso un rappresentante, eventualmente assistito da un professionista di sua fiducia, il libro delle adunanze e delle deliberazioni del consiglio di amministrazione e il libro delle deliberazioni del comitato esecutivo, se esiste.

I diritti di cui al comma precedente non spettano ai soci in mora per la mancata esecuzione dei conferimenti o inadempienti rispetto alle obbligazioni contratte con la società.

 

7)           DELLE MODIFICAZIONI DELLO STATUTO

 

(Codice Civile – Libro V del lavoro – Titolo VI  delle società – Capo I  disposizioni generali cooperative a mutualità prevalente – Sezione V   delle modificazioni dello statuto – 2545 octies – 2545 terdecies)

 

art.  2545 octies  c.c.    perdita della qualifica di cooperativa a mutualità prevalente

La cooperativa perde la qualifica di cooperativa a mutualità prevalente quando, per due esercizi consecutivi, non rispetti la condizione di prevalenza, di cui all’articolo 2513, ovvero quando modifichi le previsioni statutarie di cui all’articolo 2514[124]. In questo caso, sentito il parere del revisore esterno, ove presente, gli amministratori devono redigere un apposito bilancio, da notificare entro sessanta giorni dalla approvazione al MInistero delle attività produttive, al fine di determinare il valore effettivo dell’attivo patrimoniale da imputare alle riserve indivisibili[125]. L’omessa o ritardata comunicazione della perdita della qualifica di cooperativa a mutualità prevalente è segnalata all’amministrazione finanziaria e comporta l’applicazione della sanzione amministrativa della sospensione semestrale di ogni attività dell’ente, intesa come divieto di assumere nuove eventuali obbligazioni contrattuali[126].

 

L’art. 2545-octies c.c. prevede due casi di perdita della qualifica di cooperativa a mutualità prevalente.

Il primo caso è quando vengono modificate le condizioni di cui all’art. 2514 c.c. dove il Legislatore richiede inderogabilmente le seguenti previsioni statutarie:

  • 1) il divieto di distribuire i dividendi in misura superiore all’interesse massimo dei buoni postali fruttiferi, aumentato di due punti e mezzo rispetto al capitale effettivamente versato;
  • 2) il divieto di remunerare gli strumenti finanziari offerti in sottoscrizione ai soci cooperatori in misura superiore a due punti rispetto al limite massimo previsto per i dividendi;
  • 3) il divieto di distribuire le riserve tra i soci cooperatori;
  • 4) in caso di scioglimento della società, l’obbligo di devoluzione dell’intero patrimonio sociale ai fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione dedotto soltanto il capitale sociale ed i dividendi maturati

Il secondo caso di perdita della mutualità, e sicuramente il più consueto, si verifica quando per due esercizi consecutivi la cooperativa non rispetta i parametri della prevalenza di cui all’art. 2513, co. 1, c.c. In funzione dello scambio mutualistico soci-cooperativa i parametri per il rispetto della prevalenza sono i seguenti:

1) cooperative di consumo o di utenza: ricavi delle vendite dei beni e delle prestazioni di servizi verso i soci superiori al 50% del totale dei ricavi delle vendite e delle prestazioni ai sensi dell’art. 2425, co. 1, c.c.;

2) cooperative di produzione e lavoro: costo del lavoro dei soci superiore al 50% del totale del costo del lavoro di cui all’art. 2425, co. 1, c.c.;

3) cooperative di apporto: costo della produzione per servizi ricevuti dai soci ovvero per beni conferiti dai soci superiore al 50% del totale dei costi dei servizi di cui all’art. 2425, co. 1, c.c., ovvero al costo delle materie prime o merci acquistate o conferite, di cui all’art. 2425, co. 1, c.c.

Nel caso in cui si realizzino più scambi mutualistici, la percentuale di prevalenza deve essere calcolata sulla base della media ponderata dei singoli scambi. Una disciplina particolare viene prevista per le cooperative agricole, le quali, al fine di documentare il rispetto della prevalenza, possono alternativamente utilizzare per il calcolo sia il valore dei beni conferiti sia la loro quantità.

All’avverarsi di una delle suddette condizioni, ai sensi dell’art. 2545-octies, co. 2, c.c., gli amministratori hanno l’obbligo, sentito il parere dell’eventuale revisore esterno, di redigere un bilancio straordinario al fine di determinare il valore dell’effettivo attivo patrimoniale da accantonare a riserva indivisibile. Tale bilancio straordinario deve essere verificato senza rilievi da una società di revisione.

Alla disciplina sin qui prevista, che resta in vigore, l’art. 10, co. 8, L. 23.7.2009, n. 99 introduce un terzo comma all’art. 2545-octies c.c. che condiziona la procedura del bilancio straordinario, solo nel caso in cui la cooperativa, oltre al mancato rispetto per due esercizi consecutivi della prevalenza, proceda a modificare anche le clausole statutarie richieste dall’art. 2514 c.c.

La procedura del bilancio straordinario di cui all’art. 2545-octies c.c. resta valida anche nel caso in cui una cooperativa a mutualità prevalente abbia emesso strumenti finanziari.

In sintesi, escluso il caso che la cooperativa abbia emesso strumenti finanziari, il mancato rispetto delle condizioni di prevalenza per due esercizi consecutivi non comporta più per l’organo amministrativo l’adozione della procedura di cui all’art. 2545-octies, co. 2, c.c. salvo che non siano modificate anche le previsioni inderogabili di cui all’art. 2514 c.c.

Il nuovo art. 2545-octies c.c. alleggerisce, quindi, gli oneri amministrativi per quelle cooperative che, pur non rispettando nel biennio la percentuale di prevalenza, lasciano immutate le condizioni richieste dall’art. 2514 c.c. evitando una procedura complessa e gravosa sia da un punto di vista amministrativo che finanziario.

 

art.  2545 novies [127] c.c.    modificazioni dell’atto costitutivo

alle deliberazioni che importano modificazioni dell’atto costitutivo si applica l’articolo 2436.

La fusione e la scissione di società coop. sono disciplinate dal titolo V, capo X, sez. II e III

 

art. 2545 decies [128] c.c.   trasformazione

le società cooperative diverse da quelle a mutualità prevalente possono deliberare, con il voto favorevole di almeno la metà dei soci della cooperativa, la trasformazione in una società del tipo previsto dal titolo V, capi II, III, IV, V, VI e VII, o in consorzio.

Quando i soci sono meno di cinquanta, la deliberazione deve essere approvata con il voto favorevole dei due terzi di essi. Quando i soci sono più di diecimila, l’atto costitutivo può prevedere che la trasformazione sia deliberata con il voto favorevole dei due terzi dei votanti se all’assemblea sono presenti, personalmente o per delega, almeno il venti per cento dei soci.

All’esito della trasformazione gli strumenti finanziari con diritto di voto sono convertiti in partecipazioni ordinarie, conservando gli eventuali privilegi.

 

art.  2545  undecies [129] c.c.    devoluzione del patrimonio e bilancio di trasformazione

la deliberazione di trasformazione devolve il valore effettivo del patrimonio, dedotti il capitale versato e rivalutato e i dividendi non ancora distribuiti, eventualmente aumentato fino a concorrenza dell’ammontare minimo del capitale della nuova società, esistenti alla data di trasformazione, ai fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione.

Alla proposta di deliberazione di trasformazione gli amministratori allegano una relazione giurata di un esperto designato dal tribunale nel cui circondario ha sede la società cooperativa, attestante il valore effettivo del patrimonio dell’impresa[130].

 

art. 2545 [131] duodecies  c.c.   scioglimento

la società cooperativa si scioglie per le cause indicate ai numeri 1), 2), 3), 5), 6) e 7) dell’articolo 2484, nonché per la perdita del capitale sociale.

 

Lo scioglimento della società, e dunque anche della società cooperativa, non importa la sua estinzione, bensì esclusivamente l’instaurazione del procedimento di liquidazione, nel corso del quale, dopo la soddisfazione dei creditori sociali, il residuo è distribuito tra i soci nei limiti nei quali ciò è consentito dalla legislazione speciale sulle cooperative, e con l’osservanza delle norme – anche statutarie – in materia.

Solo dopo l’integrale liquidazione del patrimonio sociale si danno i presupposti per l’estinzione della società (nel caso di specie, alla luce di tale principio, la Suprema Corte[132] ha escluso che la causa di scioglimento della società possa produrre l’effetto, postulato dai ricorrenti, dell’automatico trasferimento di un bene sociale, quale immobile oggetto della controversia, al condominio (vale a dire alla proprietà indivisa per quote dei condomini).

Secondo altro principio espresso dalla Cassazione[133] per effetto del richiamo operato dall’art. 2516 cod. civ (ante riforma nel sistema previgente al d.lgs. n. 5 del 2003), si applicano alle società cooperative le norme sulla liquidazione delle società per azioni, tra le quali l’art. 2452 c.c., che rende applicabile anche alle società di capitali l’art. 2310 dello stesso codice, a norma del quale la rappresentanza della società, a partire dalla iscrizione della nomina dei liquidatori, spetta, anche in giudizio, agli stessi in via esclusiva, salve eventuali limitazioni risultanti dallo statuto o dall’atto di nomina. Tuttavia la messa in liquidazione di una società cooperativa non determina la sua estinzione nè fa venir meno la sua rappresentanza in giudizio, che è determinata invece soltanto dalla effettiva liquidazione dei rapporti giuridici pendenti, che alla stessa facevano capo, e dalla definizione di tutte le controversie in corso con i terzi. Ne deriva che una società costituita in giudizio non perde la legittimazione processuale e che la rappresentanza sostanziale e processuale della stessa permane, per i rapporti rimasti in sospeso e non definiti, nei medesimi organi che la rappresentavano prima del disposto procedimento di liquidazione, restando esclusa l’interruzione dei processi pendenti.

 

art.   2545 terdecies [134] c.c.   insolvenza

in caso di insolvenza della società, l’autorità governativa alla quale spetta il controllo sulla società dispone la liquidazione coatta amministrativa. Le cooperative che svolgono attività commerciale sono soggette anche al fallimento.

La dichiarazione di fallimento preclude la liquidazione coatta amministrativa e il provvedimento di liquidazione coatta amministrativa preclude la dichiarazione di fallimento.

 

 

Le sezioni unite[135], hanno avuto modo di chiarire che lo scopo mutualistico non esclude la natura commerciale dell’impresa, e anche tale società ove svolga attività commerciale può, in caso di insolvenza, può essere assoggettata a fallimento in applicazione dell’articolo 2545 terdecies c.c.

Per ultima Cassazione[136] ai fini del riconoscimento della qualità di imprenditore commerciale, è necessario individuare l’esistenza di una obiettiva economicità dell’attività d’impresa valutata in termini di proporzionalità tra costi e ricavi, non costituendo elemento essenziale il cosiddetto lucro soggettivo.

Il requisito del lucro oggettivo non essendo inconciliabile con il fine mutualistico può sussistere anche nella società cooperativa persino quando operi solo nei confronti dei propri soci, comportando l’assoggettamento a fallimento qualora svolga attività commerciale e si trovi in stato d’insolvenza, ai sensi dell’art. 2545-terdecies c.c.

8)           VIGILANZA GOVERNATIVA

 

(Codice Civile Libro V del lavoro – Titolo VI delle società – Capo I  disposizioni generali cooperative a mutualità prevalente – Sezione VI   dei controlli – 2545 quaterdecies – 2545 octesdecies)

D.lgs. 2/8/2002 n.220, ha riordinato la materia, e questa legge è tuttora in vigore, per le parti non derogate dalle nuove disposizioni introdotte nel c.c. dalla riforma del 2003.

La vigilanza è attribuita al Ministero delle attività produttive, salvo che per le coop di credito, per le quali è demandata alla Banca d’Italia (perle Mutue Assicuratrici è demandata al Ministero dell’industria), che la esercita mediante < revisioni cooperative > ed < ispezioni straordinarie > art. 1.

Le revisioni cooperative sono effettuate periodicamente, ogni 2 anni, fatte salve le leggi speciali che le prevedono per determinate cooperative con periodicità annuale ex art 2 1 – 2 co, e sono effettuate a mezzo di revisori incaricati dal ministero ovvero, se le società cooperative aderiscono ad associazioni nazionali di categoria, riconosciute dal Ministero, a mezzo di revisori incaricati da queste associazioni ex art 2 3 – 4 co.

Le ispezioni straordinarie sono invece disposte dal Ministero < sulla base di programmati accertamenti a campione, di esigenza di approfondimenti derivanti dalle revisioni cooperative ed ogni qualvolta se ne ravvisi l’opportunità >, da funzionari del Ministero ex art 8.

Per il sostenimento di questa ispezione le cooperative corrispondono con cadenza biennale, negli anni dispari, un contributo attraverso il Mod. F24.

Finalità della revisione ordinaria, ai sensi dell’art. 4, D.Lgs. 220/2002, è quella di verificare la natura mutualistica dell’ente cooperativo e l’assenza di scopo di lucro all’interno della struttura, di accertare la consistenza patrimoniale, ma anche di fornire all’organo amministrativo suggerimenti e consigli per migliorare la gestione della cooperativa.

Finalità della stessa, ai sensi dell’art. 9, D.Lgs. 220/2002, è quella di verificare l’osservanza delle disposizioni di legge, statutarie e mutualistiche nonché il regolare funzionamento amministrativo-contabile, riscontrare la natura mutualistica, rilevare la consistenza patrimoniale e accertare la correttezza dei rapporti instaurati con i soci lavoratori.

Al fine di dare pubblicità alla revisione e ai suoi esiti, la cooperativa deve esporre presso la sede sociale un estratto del verbale dell’ultima revisione, ai sensi dell’art. 17, D.Lgs. 220/2002. In alternativa, occorre consegnare a tutti i soci l’estratto al fine di garantirne la conoscenza.

 

art. 2545 quaterdecies [137] c.c.  controllo sulle società cooperative

le società cooperative sono sottoposte alle autorizzazioni, alla vigilanza e agli altri controlli sulla gestione previsti dalle leggi speciali.

 

art.   2545 quinquiesdecies [138] c.c.   controllo giudiziario

i fatti previsti dall’articolo 409 c.c. possono essere denunciati al tribunale dai soci che siano titolari del decimo del capitale sociale ovvero da un decimo del numero complessivo dei soci, e, nelle società cooperative che hanno più di tremila soci, da un ventesimo dei soci.

Il ricorso deve essere notificato a cura dei ricorrenti anche all’autorità di vigilanza.

Il tribunale, sentiti in camera di consiglio gli amministratori, i sindaci e l’autorità di vigilanza, dichiara improcedibile il ricorso se per i medesimi fatti sia stato già nominato un ispettore o un commissario dall’autorità di vigilanza.

L’autorità di vigilanza dispone la sospensione del procedimento dalla medesima iniziato se il tribunale per i medesimi fatti ha nominato un ispettore o un amministratore giudiziario.

 

Per il Tribunale Salernitano[139] anche con riferimento alle società cooperative a responsabilità limitata risulta operante la previsione di cui all’art. 2545 quinquiesdecies c.c., dettata per le cooperative per azioni in materia di controllo giudiziario per gravi irregolarità gestionali.

Ed è stato anche precisato[140] che il ricorso ai sensi dell’art. 2545 quinquiesdecies c.c. deve essere notificato anche all’autorità amministrativa di vigilanza delle società cooperative, non essendo equipollente la notifica al revisore contabile.

 

art.  2545 [141] sexiesdecies c.c.  gestione commissariale

in caso di irregolare funzionamento delle società cooperative, l’autorità governativa può revocare gli amministratori e i sindaci, e affidare la gestione della società ad un commissario, determinando i poteri e la durata. Ove l’importanza della società cooperativa lo richieda, l’autorità di vigilanza può nominare un vice commissario che collabora con il commissario e lo sostituisce in caso di impedimento.

Al commissario possono essere conferiti per determinati atti anche i poteri dell’assemblea, ma le relative deliberazioni non sono valide senza l’approvazione dell’autorità governativa.

Se l’autorità di vigilanza accerta irregolarità nelle procedure di ammissione dei nuovi soci, può diffidare la società cooperativa e, qualora non si adegui, assumere i provvedimenti di cui ai commi precedenti.

 

art.  2545 septiesdecies [142] c.c.  scioglimento per atto dell’autorità

 l’autorità di vigilanza, con provvedimento da pubblicarsi nella Gazzetta Ufficiale e da iscriversi nel registro delle imprese, può sciogliere le società cooperative e gli enti mutualistici che non perseguono lo scopo mutualistico o non sono in condizione di raggiungere gli scopi per cui sono stati costituiti o che per due anni consecutivi non hanno depositato il bilancio di esercizio o non hanno compiuto atti di gestione.

Se vi è luogo a liquidazione, con lo stesso provvedimento sono nominati uno o più commissari liquidatori.

 

art. 2545 octiesdecies [143] c.c.   sostituzione dei liquidatori

in caso di irregolarità o di eccessivo ritardo nello svolgimento della liquidazione ordinaria di una società cooperativa, l’autorità governativa può sostituire i liquidatori o, se questi sono stati nominati dall’autorità giudiziaria, può chiederne la sostituzione al tribunale.

Fatti salvi i casi di liquidazione per i quali è intervenuta la nomina di un liquidatore da parte dell’autorità giudiziaria, l’autorità di vigilanza dispone la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, per la conseguente cancellazione dal registro delle imprese, dell’elenco delle società cooperative e degli enti mutualistici in liquidazione ordinaria che non hanno depositato i bilanci di esercizio relativi agli ultimi cinque anni.

Entro il termine perentorio di trenta giorni dalla pubblicazione i creditori e gli altri interessati possono presentare all’autorità governativa formale e motivata domanda intesa a consentire la prosecuzione della liquidazione. Trascorso il suddetto termine, a seguito di comunicazione da parte dell’autorità di vigilanza, il conservatore del registro delle imprese territorialmente competente provvede alla cancellazione della società cooperativa o dell’ente mutualistico dal registro medesimo.

 

 

9)           IL BILANCIO E GLI UTILI –  LE RISERVE L’ATTUAZIONE DELLO SCOPO MUTUALISTICO: I RISTORNI

 

(Codice Civile – Libro V del lavoro – Titolo VI   delle società – Capo I  disposizioni generali cooperative a mutualità prevalente – Sezione IV  degli organi sociali – 2538 – 2545 septies)

 

La formazione fel bilancio di esercizio delle coop è integralmente assoggettata alla disciplina prevista per la S.p.A.

 

art.  2545  ter [144] c.c.   riserve indivisibili

sono indivisibili le riserve che per disposizione di legge o dello statuto non possono essere ripartite tra i soci, neppure in caso di scioglimento della società.

Le riserve indivisibili possono essere utilizzate per la copertura di perdite solo dopo che sono esaurite le riserve che la società aveva destinato ad operazioni di aumento di capitale e quelle che possono essere ripartite tra i soci in caso di scioglimento della società.

 

Interessente sulle modalità e sull’interpretazione dell’atto di destinazione è una pronuncia del Tribunale Trentino, secondo la quale

Quanto ai dati letterali è da rilevare che:

  • le parole “conferente” e “beni conferiti” contenute nell’art. 2645 ter c.c. presuppongono un’alterità soggettiva dal conferente ad altro individuo, fattispecie incompatibile con un atto individuale” (vedi Trib. Reggio Emilia 07.06.2012);
  • l’art. 2645 ter c.c. attribuendo il potere di agire per la realizzazione degli interessi di cui al vincolo di destinazione a qualsivoglia interessato e anche al conferente implica che la disposizione prevede l’intervento di un soggetto diverso a cui il diritto sul bene vincolato è trasferito, non essendo logicamente ipotizzabile che il conferente possa convenire sé stesso[145];
  • art. 2645 ter c.c. consentendo la possibilità di instaurare un giudizio ai terzi interessati anche dopo la morte del conferente per l’attuazione della finalità dell’atto di destinazione implica il conferimento del bene dal conferente ad altro soggetto[146];
  • l’assenza di elementi a definire la tipologia di un negozio, la sua natura, la sua causa e i suoi effetti[147].

Per cui la formulazione letterale della norma in esame depone per un’interpretazione limitata alle sole ipotesi di destinazione c.d. traslativa collegate ad altre fattispecie negoziali tipiche o atipiche dotate di causa autonoma (norma sugli effetti e non sugli atti)[148].

In tal senso depongono anche la collocazione della disposizione tra le norme sulla pubblicità ovvero in una parte del codice civile non relativo al diritto sostanziale.

Un’interpretazione estensiva della disposizione sarebbe in contrasto con il principio generale della responsabilità illimitata principio posto a tutela del credito dettato dall’art. 2740 c.c. Pertanto l’atto di destinazione de quo[149] deve ritenersi inidoneo a produrre un effetto di separazione patrimoniale opponibile ai creditori ai sensi dell’art. 2645 ter c.c. e pertanto il vincolo derivante da tale atto non è opponibile all’attrice.

 

art. 2545 quater [150] c.c.   riserve legali, statutarie e volontarie

qualunque sia l’ammontare del fondo di riserva legale, deve essere a questo destinato almeno il 30% degli utili netti annuali (per rafforzare la consistenza del patrimonio sociale).

Una quota degli utili netti annuali deve essere corrisposta ai fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione, nella misura e con le modalità previste dalla legge (che ammonta al 3% – essi sono gestiti dalle associazioni nazionali delle cooperazioni).

L’assemblea determina, nel rispetto di quanto previsto dall’articolo 2545-quinquies, la destinazione degli utili non assegnati ai sensi del primo e secondo comma.

 

art.   2545 quinquies [151] c.c.  diritto agli utili e alle riserve dei soci cooperatori

l’atto costitutivo indica le modalità e la percentuale massima di ripartizione dei dividendi tra i soci cooperatori.

Possono essere distribuiti dividendi, acquistate proprie quote o azioni ovvero assegnate ai soci le riserve divisibili se il rapporto tra il patrimonio netto e il complessivo indebitamento della società è superiore ad un quarto. La condizione non si applica nei confronti dei possessori di strumenti finanziari. [152].

L’atto costitutivo può autorizz. l’assemblea ad assegnare ai soci le riserve divisibili attraverso:

  1. a) l’emissione degli strumenti finanziari di cui all’articolo 2526;
  2. b) mediante aumento proporzionale delle quote sottoscritte e versate, o mediante l’emissione di nuove azioni, anche in deroga a quanto previsto dall’articolo 2525, nella misura massima complessiva del venti per cento del valore originario.

Le riserve divisibili, spettanti al socio in caso di scioglimento del rapporto, possono essere assegnate, se lo statuto non prevede diversamente, attraverso l’emissione di strumenti finanziari liberamente trasferibili e devono esserlo ove il rapporto tra il patrimonio netto e il complessivo indebitamento della società sia inferiore ad un quarto.

Le disposizioni dei commi secondo e terzo non si applicano alle cooperative con azioni quotate in mercati regolamentati[153]

 

Per quanto riguarda i dividendi

 

  • 1) Società cooperative non a mutualità prevalente

 

Vale il duplice limite alla ripartizione dei dividendi, l’uno statutario l’altro legale.

innanzitutto è lo statuto che deve indicare oltre che le modalità di ripartizione, la percentuale massima dei dividendi ripartibili tra i soci, e sotto questo aspetto lo statuto è libero di fissare qualsiasi percentuale (al limite anche il 99%)

secondo il limite legale l’utile di bilancio può essere distribuito nella percentuale massima fissato dallo statuto se il rapporto tra il patrimonio netto e il complessivo indebitamento della società non è superiore ad ¼, dovendo altrimenti essere destinato a riserve.

 

  • 2) società cooperative a mutualità prevalente

 

Vale quanto previsto dall’art. 2514, co 1 a) < il divieto di distribuire i dividendi in misura superiore all’interesse massimo dei buoni postali fruttiferi, aumentato di due punti e mezzo rispetto al capitale effettivamente versato >

La dottrina dominante e la prassi definiscono in maniera pressoché pacifica i ristorni come le somme rivenienti dagli avanzi di gestione, distribuiti ai soci, non in base ai criteri capitalistici fondati all’assegnazione di dividendi, bensì in ragione della partecipazione allo scambio mutualistico.

I ristorni rappresentano la traduzione in termini monetari del vantaggio mutualistico, ossia del risparmio di spesa o di quell’aumento di guadagno che la cooperativa deve procurare al socio, vantaggio che solo per esigenze di praticità viene differito alla fine dell’esercizio, quando è possibile quantificare e retrocedere tali eccedenze.

 

art.  2545 sexies [154] c.c.   ristorni

 l’atto costitutivo determina i criteri di ripartizione dei ristorni ai soci proporzionalmente alla quantità e qualità degli scambi mutualistici.

Le cooperative devono riportare separatamente nel bilancio i dati relativi all’attività svolta con i soci, distinguendo eventualmente le diverse gestioni mutualistiche.

L’assemblea può deliberare la ripartizione dei ristorni a ciascun socio anche mediante aumento proporzionale delle rispettive quote o con l’emissione di nuove azioni, in deroga a quanto previsto dall’articolo 2525, ovvero mediante l’emissione di strumenti finanziari.

 

L’Agenzia delle entrate ha precisato che i ristorni attribuiti ai soci delle società cooperative e loro consorzi sono totalmente deducibili ai fini del calcolo dell’utile netto preso a base per l’applicazione delle percentuali di imponibilità (C.M. 9.4.2008, n. 35/E). Le società cooperative e i loro consorzi possono dedurre dal reddito le somme ripartite tra i soci sotto forma di restituzione di una parte del prezzo pagato per acquistare beni e servizi della cooperativa stessa, nonché sotto forma di eventuali maggiori compensi per i conferimenti effettuati (C.M. 18.6.2002, n. 53/E).  Le somme relative al ristorno possono anche essere imputate ad incremento delle quote sociali (art. 12, D.P.R. 601/1973).

Per la sezione tributaria della S.C[155]. il “ristorno” (che ha ricevuto espressa disciplina nell’articolo 2521 c.c., comma 3, n. 8 e nell’articolo 2545 sexies c.c., introdotti con la riforma societaria dal Decreto Legislativo 17 gennaio 2003, n. 6) deve ritenersi compatibile con lo scopo mutualistico, in quanto il vincolo cooperativo è assunto dal socio proprio in vista della realizzazione di un vantaggio patrimoniale che non è riducibile – come nelle società di capitali – alla quota di capitale investito ma corrisponde, invece, alla soddisfazione di “un comune preesistente bisogno economico (il bisogno del lavoro, il bisogno del bene casa, il bisogno di generi di consumo, di credito, ecc.) e di soddisfarlo conseguendo un risparmio di spesa, per i beni o servizi acquistati o realizzati dalla propria società (cooperative di consumo), o una maggiore retribuzione per i propri beni o servizi alla stessa ceduti (cooperative di produzione e di lavoro).

La Cassazione[156], inoltre, ha più volte chiarito che i ristorni “costituiscono uno degli strumenti tecnici per attribuire ai soci il vantaggio mutualistico (risparmio di spesa o maggiore remunerazione) derivante dai rapporti di scambio intrattenuti con la cooperativa. Essi, in sostanza, si traducono in un rimborso ai soci di parte del prezzo pagato per i beni o servizi acquistati dalla cooperativa (cooperative di consumo), ovvero in integrazione della retribuzione corrisposta dalla cooperativa per le prestazioni del socio (cooperative di produzione e di lavoro). Come parte della dottrina ha segnalato, la sola caratteristica che hanno in comune con gli utili è l’aleatorietà, in quanto la società potrà distribuire ristorni soltanto se la gestione mutualistica dell’impresa si è chiusa con un’eccedenza dei ricavi rispetto ai costi”.

Per il tribunale Meneghino[157] l’attribuzione alle imprese consorziate di somme a titolo di ristorno di eccedenze di gestione non può di per sé essere ritenuta in contrasto né con il divieto statutario di distribuzione di utili ai consorziati, né, tantomeno, con i principi del consorzio il cui statuto esclude fini di lucro imputati direttamente all’ente consortile; di talché appare del tutto coerente la ripartizione tra i consorziati delle eccedenze di gestione. Il divieto di distribuzione di utili, invero, in quanto connotato dell’attività del consorzio in senso mutualistico, di per sé non esclude che i vantaggi derivanti ai consorziati dalla loro partecipazione al consorzio possano essere attuati, oltre che attraverso la contrattazione consortile con i produttori, anche attraverso la ripartizione tra i consorziati delle c.d. eccedenze di gestione mediante la tecnica del ristorno, vale a dire mediante attribuzione di somme di denaro periodicamente ai consorziati in proporzione ai rapporti derivati dagli scambi regolati da strumenti consortili. Quanto precede è positivamente stabilito per le società cooperative connotate in senso mutualistico, dalla disciplina di cui agli artt. 2521, comma 3, n. 8, c.c. e 2545 sexies c.c.

10)      IL GRUPPO COOPERATIVO PARITETICO

 

(Codice Civile – Libro V del lavoro – Titolo VI   delle società – Capo I  disposizioni generali cooperative a mutualità prevalente – Sezione IV  degli organi sociali – 2538 – 2545 septies)

 

art.   2545 septies [158] c.c.   gruppo cooperativo paritetico

il contratto (tale accordo contrattuale è inquadrabile nello schema del consorzio) con cui più cooperative appartenenti anche a categorie diverse regolano, anche in forma consortile, la direzione e il coordinamento delle rispettive imprese deve indicare:

1) la durata;

2) la cooperativa o le cooperative cui è attribuita direzione del gruppo, indicandone i relativi poteri;

3) l’eventuale partecipazione di altri enti pubblici e privati;

4) i criteri e le condizioni di adesione e di recesso dal contratto;

5) i criteri di compensazione e l’equilibrio nella distribuzione dei vantaggi derivanti dall’attività comune.

La cooperativa può recedere dal contratto senza che ad essa possano essere imposti oneri di alcun tipo qualora, per effetto dell’adesione al gruppo, le condizioni dello scambio risultino pregiudizievoli per i propri soci.

Le cooperative aderenti ad un gruppo sono tenute a depositare in forma scritta l’accordo di partecipazione presso l’albo delle società cooperative.

 

Fenomeno diffuso nel settore bancario e nel settore assicurativo. Il gruppo rappresenta una aggregazione di soggetti imprenditoriali, collegati a livello organizzativo, ma indipendenti sotto il profilo giuridico, che risponde all’esigenza di organizzare una attività comune in alcuni settori operativi.

Nonostante l’autonomia formale, che è mantenuta dalle singole imprese collettive, nel gruppo sussiste una direzione economica unitaria che consente di svolgere una politica comune e di realizzare le finalità dell’intera organizzazione. In tal senso, l’impresa-gruppo si presenta unitaria, ancorché, sotto l’aspetto giuridico, le singole imprese che lo compongono mantengono la loro autonomia formale, garantendo così una flessibilità strutturale dell’organismo economico, a fronte della limitazione della responsabilità.

L’organizzazione del gruppo può assumere due diverse configurazioni:

  • a catena, quando la società capogruppo (holding) controlla direttamente una società che, a sua volta, ne controlla un’altra, e così via;
  • a stella, quando la capogruppo controlla direttamente tutte le società.

Il “gruppo cooperativo”, costituito da sole cooperative in cui il controllo avviene per mezzo di un apposito contratto, è una forma di collaborazione con cui più cooperative, appartenenti anche a diverse categorie, regolano, anche in forma consortile, il funzionamento in termini di direzione e coordinamento delle loro imprese.

A fronte della costituzione del gruppo paritetico, le cooperative aderenti sono obbligate a iscrivere presso l’Albo delle società cooperative, previsto dall’art. 2512[159], il testo dell’accordo di partecipazione in forma scritta.

 

11)        MUTUE ASSICURATRICI

 

(Codice Civile – Libro V del lavoro – Titolo VI delle società – Capo II Delle mutue assicuratrici – 2546 – 2548 c.c.)

 

 

La mutua assicuratrice ha senza dubbi caratteri comuni con il contratto di assicurazione, tanto è vero che essa è specificamente richiamata nella disciplina generale di tale contratto ex art. 1884 c.c.

Nelle mutue assicuratrici i soci assicurati sono obbligati verso la società al pagamento di contributi, che costituiscono nel contempo conferimento e premio di assicurazione.

Essi sono calcolati con i criteri tecnici propri dei premi di assicurazione e al pari di quest’ultimi sono di regola pagati periodicamente.

Le società di mutuo soccorso rappresentano un istituto che ha sempre operato prevalentemente al fine di offrire agli associati un aiuto nei più svariati casi di necessità personale e familiare e tale attività, che tende a configurarsi come integrazione delle prestazioni sanitarie pubbliche e delle assicurazioni sociali, è ancora disciplinata dalla legge 15 aprile 1886, n. 3818 richiamata implicitamente dall’art. 2517 c.c.

art. 2546 [160] c.c.   nozione

nella società di mutua assicurazione le obbligazioni sociali sono garantite dal patrimonio sociale.

I soci sono tenuti al pagamento di contributi fissi o variabili, entro il limite massimo determinato dall`atto costitutivo.

Nelle mutue assicuratrici non si può acquistare la qualità di socio, se non assicurandosi presso la società (c.c.1884), e si perde la qualità di socio con l`estinguersi dell`assicurazione, salvo quanto disposto dall`art. 2548.

 

Natura giuridica –

  1. A) rapporto unitario e tipico –
  2. B) contratto misto –
  3. C) contratto collegato[161] (rapporto assicurativo + rapporto associativo ma che mantengono una loro autonomia)

 

 

art. 2547 [162] c.c.  norme applicabili

le società di mutua assicurazione sono soggette alle autorizzazioni, alla vigilanza e agli altri controlli stabiliti dalle leggi speciali sullesercizio dellassicurazione (c.c.1886), e sono regolate dalle norme stabilite per le società cooperative a responsabilità limitata, in quanto compatibili con la loro natura (disp.di att. al c.c. 107).

 

art. 2548  [163] c.c.  conferimenti per la costituzione di fondi di garanzia

 l’atto costitutivo può prevedere la costituzione di fondi di garanzia per il pagamento delle indennità, mediante speciali conferimenti da parte di assicurati o di terzi, attribuendo anche a questi ultimi la qualità di socio.

L’atto costitutivo può attribuire a ciascuno dei soci sovventori più voti, ma non oltre cinque, in relazione all’ammontare del conferimento.

I voti attribuiti ai soci sovventori, come tali devono in ogni caso essere inferiori al numero dei voti spettanti ai soci assicurati.

I soci sovventori possono essere nominati amministratori. La maggioranza degli amministratori deve essere costituita da soci assicurati.

 

 

NOTE

[1] Per aprire il colelgamento testuale cliccare sul paragrafo o sul numero di pagina

[2] Ferri

[3] Ascarelli

[4] Abbadessa

[5] Cfr. par.fo n. 11) MUTUE ASSICURATRICI, pag. 152. L’articolo 23 del decreto legge 18 ottobre 2012 n. 179, convertito dalla legge 17 dicembre 2012 n. 221, contiene alcune disposizioni in materia di società di mutuo soccorso, con diverse modifiche all’originaria legge 15 aprile 1886 n. 3818.

Misure per le società cooperative e di mutuo soccorso (Dl 179/2012, articolo 23) Le ragioni delle novità introdotte con il decreto legge 179/2012 sono spiegate nella relazione di accompagnamento al decreto legge, nella quale si legge che «L’urgenza di approvare le norme in esame deriva da diversi fattori, tra i quali emerge la circostanza che le Sms (di seguito Società di mutuo soccorso) sono disciplinate da una legge del 1886 che, per ovvi motivi, ha necessità di una profonda rivisitazione, soprattutto in alcune sue parti, per consentire loro di svolgere con maggiore efficacia i loro compiti nel campo socio-sanitario e previdenziale. Si tratta di obiettivi che possono essere raggiunti anche considerando l’opportunità e necessità di garantire alle stesse procedure pubblicitarie più certe e coerenti con la loro missione istituzionale e il definitivo avvio di un sistema di vigilanza che verifichi il rispetto dei requisiti normativi che le contraddistinguono».

In via generale, le società di mutuo soccorso vengono definite come enti di tipo associativo che possono essere costituiti, con finalità mutualistiche e con attribuzione della personalità giuridica, tra soggetti che, nell’ambito dell’autonomia privata, intendono porre in essere forme di previdenza e assistenza volontarie, al fine di darsi reciproco sostegno in caso di malattia, invalidità lavorativa temporanea o permanente, vecchiaia, e in genere in ogni situazione che incida sulla vita o sulla capacità lavorativa dei soci. Soltanto in via accessoria, tali strutture associative possono proporsi scopi di carattere culturale o assistenziale in senso generico.

Rispetto al passato, il nuovo testo dell’articolo 1 della legge 3818/1886 contiene una descrizione più dettagliata dell’oggetto delle società di mutuo soccorso, precisando, innanzitutto, che esse «non hanno finalità di lucro, ma perseguono finalità di interesse generale, sulla base del principio costituzionale di sussidiarietà». Tali finalità vengono realizzate «attraverso l’esclusivo svolgimento in favore dei soci e dei loro familiari conviventi di una o più delle seguenti attività: a)erogazione di trattamenti e prestazioni socio-sanitari nei casi di infortunio, malattia e invalidità al lavoro, nonché in presenza di inabilità temporanea o permanente; b)erogazione di sussidi in caso di spese sanitarie sostenute dai soci per la diagnosi e la cura delle malattie e degli infortuni; c)erogazione di servizi di assistenza familiare o di contributi economici ai familiari dei soci deceduti; d)erogazione di contributi economici e di servizi di assistenza ai soci che si trovino in condizione di gravissimo disagio economico a seguito dell’improvvisa perdita di fonti reddituali personali e familiari e in assenza di provvidenze pubbliche. Le attività previste dalle lettere a) e b)possono essere svolte anche attraverso l’istituzione o la gestione dei fondi sanitari integrativi di cui al decreto legislativo 30 dicembre 1992 n. 502, e successive modificazioni».

[6] Corte di Cassazione, Sezione I civile, sentenza 28 marzo 2007, n. 7646

[7] Il presente articolo ha così sostituito l’originario art. 2511, in virtù dell’art. 8 D.Lgs 17.01.2003, n. 6, con decorrenza dal 01.01.2004. Si riporta di seguito il testo previgente: “Le imprese che hanno scopo mutualistico possono costituirsi come società cooperative a responsabilità illimitata o limitata secondo le disposizioni seguenti.”

Il presente articolo è stato così modificato dall’art. 10, L. 23.07.2009, N. 99 (G.U. 31.07.2009, n. 176, S.O. 136), con decorrenza 15.08.2009.

[8] Il testo dell’art. 2511 c.c. ante riforma si limitava ad affermare che “le cooperative sono società a capitale variabile con scopo mutualistico”. La versione rivista dall’art. 10, co. 1, L. 23.7.2009, n. 99 dello stesso articolo aggiunge, in coda alla disposizione, “iscritte presso l’albo delle società cooperative di cui all’articolo 2512, secondo comma, e all’articolo 223-sexiesdecies delle disposizioni per l’attuazione del presente codice”.

[9] Corte di Cassazione, Sezione I civile, sentenza 7 giugno 2006, n. 13271

[10] Corte d’Appello Genova, Sezione III civile, sentenza 4 maggio 2004, n. 344

[11] Corte di Cassazione, Sezione I civile, sentenza 24 febbraio 2015, n. 3701

[12] Il presente articolo è stato così inserito in virtù dell’art. 8 D.Lgs 17.01.2003, n. 6, con decorrenza dal 01.01.2004.

[13] Corte di Cassazione, Sezione VI civile, ordinanza 12 maggio 2016, n. 9788, per la consultazione del testo integrale aprire il seguente collegamento on-line http://3.70.129.172/2016/05/25/corte-di-cassazione-sezione-vi-civile-ordinanza-12-maggio-2016-n-9788/

[14] Corte di Cassazione, sezione prima, sentenza n. 6835 del 2014

[15] Corte di Cassazione, Sezione III civile, sentenza 15 novembre 2016, n. 23215 così da ultimo, Corte di Cassazione n. 13641/13 la quale così affermava: legittimazione del socio che intende ottenere la restituzione del prezzo pagato per la prenotazione di immobile da realizzare ad esperire l’azione prevista dall’articolo 2932 c.c., applicabile a qualunque fattispecie dalla quale sorga l’obbligo di prestare il consenso al fine del trasferimento o della costituzione di un diritto (Corte di Cassazione 30/5/1995 n. 6071), nei confronti della società cooperativa il cui oggetto sociale preveda la costruzione di alloggi da assegnare ai soci in quanto il socio, non solo beneficiario del rapporto mutualistico, è parte di due distinti ma collegati rapporti, l’uno di carattere associativo, che discende direttamente dall’adesione al contratto sociale e dalla conseguente acquisizione della qualità di socio, l’altro, di natura sinallagmatica, che deriva dal contratto bilaterale di scambio. Gli esborsi riferiti a quest’ultimo rapporto, finalizzati all’assegnazione dell’immobile realizzato dalla cooperativa costituita a tale scopo, ineriscono dunque al contratto di scambio avente causa giuridica omologa a quella della compravendita, che ne rappresenta il titolo d’imputazione., nonchè Corte di Cassazione n. 16304/09, 9393/04, n. 15550/00).

Il medesimo principio è stato affermato anche nel precedente di cui a Corte di Cassazione n. 2612/2007

[16] Corte di Cassazione, Sezione 6 civile, ordinanza 14 gennaio 2013, n. 723

[17] Il presente articolo ha così sostituito l’originario art. 2513, in virtù dell’art. 8 D.Lgs 17.01.2003, n. 6, con decorrenza dal 01.01.2004. Si riporta di seguito il testo previgente:

“Nelle società cooperative a responsabilità illimitata per le obbligazioni sociali risponde la società con il suo patrimonio e, in caso di liquidazione coatta amministrativa o di fallimento, rispondono in via sussidiaria i soci solidalmente e illimitatamente a norma dell’art. 2541 .”.

La presente lettera è stata così modificata dall’ art. 25, D.Lgs. 28.12.2004, n. 310, con decorrenza dal 14.01.2005. Si riporta di seguito il testo previgente:

“b) il costo del lavoro dei soci è superiore al cinquanta per cento del totale del costo del lavoro di cui all’articolo 2425, primo comma, punto B9;”.

[18] Il presente articolo ha così sostituito l’originario art. 2510, in virtù dell’art. 8 D.Lgs 17.01.2003, n. 6, con decorrenza dal 01.01.2004. Si riporta di seguito il testo previgente:

“Nelle società cooperative a responsabilità limitata per le obblig azioni sociali risponde la società con il suo patrimonio. Le quote di partecipazione possono essere rappresentate da azioni.

L’ atto costitutivo può stabilire che in caso di liquidazione coatta amministrativa o di fallimento della società ciascun socio risponda sussidiariamente e solidalmente per una somma multipla della propria quota a norma dell’art. 2541.”

[19] Il presente articolo è stato così inserito in virtù dell’art. 8 D.Lgs 17.01.2003, n. 6, con decorrenza dal 01.01.2004.

[20] Il presente comma è stato così modificato dall’ art. 31, D.Lgs. 28.12.2004, n. 310, con decorrenza dal 14.01.2005. Si riporta di seguito il testo previgente: “In questo caso, sentito il parere del revisore esterno, ove presente, gli amministratori devono redigere il bilancio al fine di determinare il valore effettivo dell’attivo patrimoniale da imputare alle riserve indivisibili. Il bilancio deve essere verificato senza rilievi da una società di revisione.”.

[21] Il presente comma è stato aggiunto dall’art. 10, L. 23.07.2009, N. 99 (G.U. 31.07.2009, n. 176, S.O. 136), con decorrenza 15.08.2009.

[22] Il presente comma è stato aggiunto dall’art. 10, L. 23.07.2009, N. 99 (G.U. 31.07.2009, n. 176, S.O. 136), con decorrenza 15.08.2009.

[23] Il presente comma è stato aggiunto dall’art. 10, L. 23.07.2009, N. 99 (G.U. 31.07.2009, n. 176, S.O. 136), con decorrenza 15.08.2009.

[24] Il presente comma è stato aggiunto dall’art. 10, L. 23.07.2009, N. 99 (G.U. 31.07.2009, n. 176, S.O. 136), con decorrenza 15.08.2009.

[25] Il presente articolo ha così sostituito l’originario art. 2516, in virtù dell’art. 8 D.Lgs 17.01.2003, n. 6, con decorrenza dal 01.01.2004. Si riporta di seguito il testo previgente:

“Alle società cooperative si applicano in ogni caso le disposizioni riguardanti i conferimenti e le prestazioni accessorie, le assemblee, gli amministratori , i sindaci , i libri sociali , il bilancio e la liquidazione delle società per azioni, in quanto compatibili con le disposizioni seguenti e con quelle delle leggi speciali.”

[26] Cfr. Par.fo n. 4) DELLE QUOTE E DELLE AZIONI, pag. 79

[27] Corte di Cassazione, Sezione I civile, sentenza 2 aprile 2004, n. 6510

[28] Corte di Cassazione, Sezione I civile, sentenza 17 maggio 2017, n. 12374, per la consultazione del testo integrale aprire il seguente collegamento on-line http://3.70.129.172/2017/09/19/corte-di-cassazione-sezione-prima-civile-sentenza-17-maggio-2017-n-12374/

[29] Corte di Cassazione 18 aprile 1998, n. 3942, sulla scia di Corte di Cassazione 22 gennaio 1994, n. 654; Corte di Cassazione 29 ottobre 1999, n. 12157; Corte di Cassazione 9 maggio 2008, n. 11555, concernente fattispecie successiva alla modificazione della disciplina delle cooperative ad opera del Decreto Legislativo 17 gennaio 2003, n. 6; Corte di Cassazione 17 luglio 2008, n. 19719; per l’ammissibilità dell’imposizione di versamenti in denaro ulteriori in forza di apposite clausole statutarie v. pure Corte di Cassazione 25 settembre 2013, n. 21903, in motivazione

[30] Corte di Cassazione 1 ottobre 1960, n. 2542

[31] Corte di Cassazione 7 luglio 1976, n. 2536; Corte di Cassazione 29 novembre 1978, n. 5643

[32] Corte di Cassazione, Sezione I civile, sentenza 4 novembre 2015, n. 22565

[33] Corte d’Appello Napoli, Sezione III civile, sentenza 16 luglio 2015, n. 3250

[34] Corte di Cassazione, Sezione I civile, sentenza 16 febbraio 2007, n. 3694

[35] Il presente articolo ha così sostituito l’originario art. 2517, in virtù dell’art. 8 D.Lgs 17.01.2003, n. 6, con decorrenza dal 01.01.2004. Si riporta di seguito il testo previgente:

“Le società cooperative che esercitano il credito, le casse rurali ed artigiane, le società cooperative per la costruzione e l’acquisto di case popolari ed economiche e le altre società cooperative regolate dalle leggi speciali sono soggette alle disposizioni del presente titolo, in quanto compatibili con le disposizioni delle leggi speciali.”

[36] Il presente articolo ha così sostituito l’originario art. 2520, in virtù dell’art. 8 D.Lgs 17.01.2003, n. 6, con decorrenza dal 01.01.2004. Si riporta di seguito il testo previgente:

“La variazione del numero e delle persone dei soci non importa modificazione dell’atto costitutivo.

Il capitale della società, anche se questa è a responsabilità limitata, non è determinato in un ammontare prestabilito.

Ogni trimestre deve essere depositato per l’iscrizione presso l’ufficio del registro delle imprese, a cura degli amministratori, un elenco delle variazioni delle persone dei soci a responsabilità illimitata o di quelli che hanno assunto responsabilità per una somma multipla dell’ammontare della propria quota.”

[37] Corte Costituzionale, 12 febbraio 1996, n. 30, GI , 1996, I, p. 389; Corte di Cassazione, n. 12777/1999; Corte di Cassazione 17 luglio 1998, n. 7046, Rep. Foro It. , 1998, n. 773; Corte di Cassazione 11328/1994; Corte di Cassazione n. 11381/1992; Corte di Cassazione, 8 settembre 1988, n. 5095, NGL , 1988, p. 436

[38] Corte di Cassazione n. 2315/1998, ma già Corte di Cassazione n. 3146/1992

[39] Cfr. par.fo n. 5) LO SCIOGLIMENTO DEL RAPPORTO SOCIALE LIMITATAMENTE AD UN SOCIO, pag. 95

[40] Corte di Cassazione, Sezione lavoro civile, sentenza 5 luglio 2011, n. 14741. In precedenza Corte di Cassazione, Sezione VI civile, ordinanza 6 dicembre 2010, n. 24692.  In tema di lavoro del socio di cooperativa, nel regime successivo all’entrata in vigore della legge 14 febbraio 2003, n. 30, la controversia sul licenziamento intimato in dipendenza o contestualmente all’esclusione del socio non spetta alla competenza del tribunale in funzione di giudice del lavoro, ma compete al tribunale ordinario (nella specie, con il rito societario di cui al d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 5, “ratione temporis” applicabile), avendo la legge richiamata valorizzato la dipendenza del rapporto di lavoro da quello societario, l’accertamento della cui legittima cessazione è pregiudiziale a quello della legittimità del licenziamento.

[41] Corte di Cassazione 18 gennaio 2005, n. 850

[42] Art. 6. (Regolamento interno).

  1. Entro nove mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, le cooperative di cui all’articolo 1 definiscono un regolamento, approvato dall’assemblea, sulla tipologia dei rapporti che si intendono attuare, in forma alternativa, con i soci lavoratori. Il regolamento deve essere depositato entro trenta giorni dall’approvazione presso la Direzione provinciale del lavoro competente per territorio. Il regolamento deve contenere in ogni caso:
  2. a) il richiamo ai contratti collettivi applicabili, per ciò che attiene ai soci lavoratori con rapporto di lavoro subordinato;
  3. b) le modalità di svolgimento delle prestazioni lavorative da parte dei soci, in relazione all’organizzazione aziendale della cooperativa e ai profili professionali dei soci stessi, anche nei casi di tipologie diverse da quella del lavoro subordinato;
  4. c) il richiamo espresso alle normative di legge vigenti per i rapporti di lavoro diversi da quello subordinato;
  5. d) l’attribuzione all’assemblea della facoltà di deliberare, all’occorrenza, un piano di crisi aziendale, nel quale siano salvaguardati, per quanto possibile, i livelli occupazionali e siano altresí previsti: la possibilità di riduzione temporanea dei trattamenti economici integrativi di cui al comma 2, lettera b), dell’articolo 3; il divieto, per l’intera durata del piano, di distribuzione di eventuali utili;
  6. e) l’attribuzione all’assemblea della facoltà di deliberare, nell’ambito del piano di crisi aziendale di cui alla lettera d), forme di apporto anche economico, da parte dei soci lavoratori, alla soluzione della crisi, in proporzione alle disponibilità e capacita finanziarie;
  7. f) al fine di promuovere nuova imprenditorialità, nelle cooperative di nuova costituzione, la facoltà per l’assemblea della cooperativa di deliberare un piano d’avviamento alle condizioni e secondo le modalità stabilite in accordi collettivi tra le associazioni nazionali del movimento cooperativo e le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative.
  8. Salvo quanto previsto alle lettere d), e) ed f) del comma 1, il regolamento non può contenere disposizioni derogatorie in pejus rispetto ai trattamenti retributivi ed alle condizioni di lavoro previsti dai contratti collettivi nazionali di cui all’articolo 3. Nel caso in cui violi la disposizione di cui al primo periodo, la clausola è nulla.

[43] Art. 5. (Altre normative applicabili al socio lavoratore).

  1. Il riferimento alle retribuzioni ed ai trattamenti dovuti ai prestatori di lavoro, previsti dall’articolo 2751-bis, numero 1), del codice civile, si intende applicabile anche ai soci lavoratori di cooperative di lavoro nei limiti del trattamento economico di cui all’articolo 3, commi 1 e 2, lettera a). La presente norma costituisce interpretazione autentica delle disposizioni medesime.
  2. Le controversie relative ai rapporti di lavoro in qualsiasi forma di cui al comma 3 dell’articolo 1 rientrano nella competenza funzionale del giudice del lavoro; per il procedimento, si applicano le disposizioni di cui agli articoli 409 e seguenti del codice di procedura civile. In caso di controversie sui rapporti di lavoro tra i soci lavoratori e le cooperative, si applicano le procedure di conciliazione e arbitrato irrituale previste dai decreti legislativi 31 marzo 1998, n. 80, e successive modificazioni, e 29 ottobre 1998, n. 387. Restano di competenza del giudice civile ordinario le controversie tra soci e cooperative inerenti al rapporto associativo.

[44] Per un maggior approfondimento sul collegamento negoziale aprire il seguente link o cliccare sull’immagine http://3.70.129.172/2011/10/27/il-collegamento-negoziale/

[45] Cfr. Par.fo n. 4) DELLE QUOTE E DELLE AZIONI, pag. 95

[46] Corte di Cassazione, Sezione lavoro civile, sentenza 26 febbraio 2016, n. 3836

[47] Corte di Cassazione 12.2.2015 n. 2802 che riprende la motivazione di Corte di Cassazione n. 14741/2011 cit.

[48] Corte di Cassazione n. 14741/2011 e negli stessi termini Corte di Cassazione n. 14143/2012; Corte di Cassazione 11548/2015

[49] Cfr. Par.fo n. 4) DELLE QUOTE E DELLE AZIONI, pag. 99

[50] Corte di Cassazione 15.9.2004 n. 18556

[51] Corte di Cassazione 26.3.1996 n. 2690 e negli stessi termini Corte di Cassazione 15.9.2004 n. 18556

[52] Per un maggior approfondimento in tema di invalidità delle delibere assembleari aprire il seguente link o cliccare sull’immagine http://3.70.129.172/2011/05/17/linvalidita-delle-deliberazioni-assembleari-nella-s-p-a-inesistenza-nullita-irregolarita-annullabilita%ef%bb%bf/

[53] Corte di Cassazione, Sezione Lavoro civile, sentenza 13 maggio 2016, n. 9916

[54] in tal senso Corte di Cassazione n. 14741 del 5/1/2011, rv. 61/913; conforme Sez. L, Sentenza n. 2802 del 12/02/2015, Rv. 634384: “la delibera di esclusione del socio da una società cooperativa è sufficiente a determinare l’automatica estinzione del rapporto di lavoro, senza che sia necessario uno specifico atto e, licenziamento, trovando la posizione del socio lavoratore adeguata tutela nel disposto dell’articolo 2533 c.c., che gli riconosce la facoltà di proporre opposizione al tribunale contro la delibera degli amministratori o, se previsto dall’atto costitutivo, dall’assemblea”

[54] Il presente articolo ha così sostituito l’originario art. 2521, in virtù dell’art. 8 D.Lgs 17.01.2003, n. 6, con decorrenza dal 01.01.2004. Si riporta di seguito il testo previgente:

“Nelle società cooperative nessun socio può avere una quota superiore a cinquantamila euro, né tante azioni il cui valore nominale superi tale somma.

Il valore nominale di ciascuna quota o azione non può essere inferiore a venticinque euro. Il valore nominale di ciascuna azione non può essere superiore a cinquecento euro.

Alle azioni si applicano le disposizioni degli artt. 2346, 2347, 2348, 2349 e 2354. Tuttavia nelle azioni non è indicato l’ammontare del capitale, né quello dei versamenti parziali sulle azioni non completamente liberate.

[55] Corte di Cassazione, Sezione Lavoro civile, ordinanza 24 maggio 2017, n. 13031

[56] Il presente articolo ha così sostituito l’originario art. 2521, in virtù dell’art. 8 D.Lgs 17.01.2003, n. 6, con decorrenza dal 01.01.2004. Si riporta di seguito il testo previgente:

“Nelle società cooperative nessun socio può avere una quota superiore a cinquantamila euro, né tante azioni il cui valore nominale superi tale somma.

Il valore nominale di ciascuna quota o azione non può essere inferiore a venticinque euro. Il valore nominale di ciascuna azione non può essere superiore a cinquecento euro.

Alle azioni si applicano le disposizioni degli artt. 2346, 2347, 2348, 2349 e 2354. Tuttavia nelle azioni non è indicato l’ammontare del capitale, né quello dei versamenti parziali sulle azioni non completamente liberate.

[57] Per un maggior approfondimento sulla S.R.L. aprire il seguente link o cliccare sull’immagine http://3.70.129.172/2014/10/31/la-s-r-l-societa-a-responsabilita-limitata/

[58] Il presente articolo ha così sostituito l’originario art. 2523, in virtù dell’art. 8 D.Lgs 17.01.2003, n. 6, con decorrenza dal 01.01.2004. Si riporta di seguito il testo previgente:

“Le quote e le azioni non possono essere cedute con effetto verso la società, se la cessione non è autorizzata dagli amministratori.

L’atto costitutivo può vietare la cessione delle quote o delle azioni con effetto verso la società, salvo in questo caso il diritto del socio di recedere dalla società.”

[59] Tribunale Amministrativo Regionale CALABRIA – Reggio Calabria, Sezione II, sentenza 12 marzo 2004, n. 623

[60] Il presente articolo ha così sostituito l’originario art. 2524, in virtù dell’art. 8 D.Lgs 17.01.2003, n. 6, con decorrenza dal 01.01.2004. Si riporta di seguito il testo previgente:

“Il socio che non esegue in tutto o in parte il pagamento delle quote o delle azioni sottoscritte può, previa intimazione da parte degli amministratori, essere escluso a norma dell’art. 2527.”

[61] Tribunale Milano, Sezione III civile, sentenza 30 maggio 2013, n. 11895

[62] Il presente articolo ha così sostituito l’originario art. 2522, in virtù dell’art. 8 D.Lgs 17.01.2003, n. 6, con decorrenza dal 01.01.2004. Si riporta di seguito il testo previgente:

“L’atto costitutivo può autorizzare gli amministratori ad acquistare o a rimborsare quote o azioni della società, purché l’acquisto o il rimborso sia fatto nei limiti degli utili distribuibili e delle riserve disponibili risultanti dall’ultimo bilancio regolarmente approvato.

(2) Il presente comma è stato così modificato dall’ art. 26, D.Lgs. 28.12.2004, n. 310, con decorrenza dal 14.01.2005. Si riporta di seguito il testo previgente:

“Può essere costituita una società cooperativa da almeno tre soci quando i medesimi sono persone fisiche e la società adotta le norme della società a responsabilità limitata.”.

[63] Il presente articolo ha così sostituito l’originario art. 2525, in virtù dell’art. 8 D.Lgs 17.01.2003, n. 6, con decorrenza dal 01.01.2004. Si riporta di seguito il testo previgente:

“L’ ammissione di un nuovo socio è fatta con deliberazione degli amministratori su domanda dell’interessato.

La deliberazione di ammissione deve essere annotata a cura degli amministratori nel libro dei soci.

Il nuovo socio deve versare, oltre l’importo della quota o dell’azione, una somma da determinarsi dagli amministratori per ciascun esercizio sociale, tenuto conto delle riserve patrimoniali risultanti dall’ultimo bilancio approvato.”.

[64] Il presente comma è stato così modificato dall’ art. 27, D.Lgs. 28.12.2004, n. 310, con decorrenza dal 14.01.2005. Si riporta di seguito il testo previgente:

“Il valore nominale di ciascuna azione o quota non può essere inferiore a venticinque euro nè superiore a cinquecento euro.”.

[65] Corte di Cassazione, Sezione I civile, sentenza 17 maggio 2017, n. 12374, per la consultazione del testo integrale aprire il seguente collegamento on-line http://3.70.129.172/2017/09/19/corte-di-cassazione-sezione-prima-civile-sentenza-17-maggio-2017-n-12374/

 

[66] Corte di Cassazione 18 aprile 1998, n. 3942, sulla scia di Corte di Cassazione 22 gennaio 1994, n. 654; Corte di Cassazione 29 ottobre 1999, n. 12157; Corte di Cassazione 9 maggio 2008, n. 11555, concernente fattispecie successiva alla modificazione della disciplina delle cooperative ad opera del Decreto Legislativo 17 gennaio 2003, n. 6; Corte di Cassazione 17 luglio 2008, n. 19719; per l’ammissibilità dell’imposizione di versamenti in denaro ulteriori in forza di apposite clausole statutarie v. pure Corte di Cassazione 25 settembre 2013, n. 21903, in motivazione

[67] Il presente articolo ha così sostituito l’originario art. 2527, in virtù dell’art. 8 D.Lgs 17.01.2003, n. 6, con decorrenza dal 01.01.2004. Si riporta di seguito il testo previgente:

“L’esclusione del socio, qualunque sia il tipo della società, oltre che nel caso indicato nell’art. 2524, può aver luogo negli altri casi previsti dagli artt. 2286 e 2288, primo comma, e in quelli stabiliti dall’atto costitutivo.

Quando l’esclusione non ha luogo di diritto, essa deve essere deliberata dall’ assemblea dei soci o, se l’atto costitutivo lo consente, dagli amministratori, e deve essere comunicata al socio.

Contro la deliberazione di esclusione il socio può, nel termine di trenta giorni dalla comunicazione, proporre opposizione davanti al tribunale. Questo può sospendere l’esecuzione della deliberazione.

[68] Il presente comma è stato così sostituito dall’ art. 28, D.Lgs. 28.12.2004, n. 310, con decorrenza dal 14.01.2005. Si riporta di seguito il testo previgente:

“Non possono in ogni caso divenire soci quanti esercitano in proprio imprese identiche o affini con quella della cooperativa.”.

[69] Il presente articolo ha così sostituito l’originario art. 2528, in virtù dell’art. 8 D.Lgs 17.01.2003, n. 6, con decorrenza dal 01.01.2004. Si riporta di seguito il testo previgente:

“In caso di morte del socio, salvo che l’atto costitutivo disponga la continuazione della società con gli eredi, questi hanno diritto alla liquidazione della quota o al rimborso delle azioni, secondo le disposizioni dell’articolo seguente.”

[70] Tribunale Treviso, civile, sentenza 4 luglio 2011, n. 1148

[71] Corte di Cassazione, Sezione 1 civile, sentenza 28 gennaio 1999, n. 742

[72]  Il presente articolo ha così sostituito l’originario art. 2518, in virtù dell’art. 8 D.Lgs 17.01.2003, n. 6, con decorrenza dal 01.01.2004. Si riporta di seguito il testo previgente:

“La società deve costituirsi per atto pubblico .

L’atto costitutivo deve indicare:

1) il cognome e il nome, il luogo e la data di nascita, il domicilio , la cittadinanza dei soci;

2) la denominazione , la sede della società e le eventuali sedi secondarie;

3) l’oggetto sociale;

4) se la società è a responsabilità illimitata o limitata e, in questo caso, se il capitale sociale è ripartito in azioni e l’eventuale responsabilità sussidiaria dei soci;

5) la quota di capitale sottoscritta da ciascun socio, i versamenti eseguiti e, se il capitale è ripartito in azioni, il valore nominale di queste;

6) il valore dei crediti e dei beni conferiti in natura ;

7) le condizioni per l’ ammissione dei soci e il modo e il tempo in cui devono essere eseguiti i conferimenti;

8) le condizioni per l’eventuale recesso e per l’ esclusione dei soci;

9) le norme secondo le quali devono essere ripartiti gli utili , la percentuale massima degli utili ripartibili e la destinazione che deve essere data agli utili residui;

10) le forme di convocazione dell’assemblea, in quanto si deroghi alle disposizioni di legge;

11) il numero degli amministratori e i loro poteri, indicando quali tra essi hanno la rappresentanza sociale;

12) il numero dei componenti il collegio sindacale ;

13) la durata della società;

14) l’importo globale, almeno approssimativo, delle spese per la costituzione poste a carico della società.

Lo statuto contenente le norme relative al funzionamento della società, anche se forma oggetto di atto separato, si considera parte integrante dell’atto costitutivo e deve essere a questo allegato.

[73] Corte di Cassazione, Sezione I civile, sentenza 17 luglio 2008, n. 19719

[74] Tribunale Taranto, Sezione I civile, sentenza 25 giugno 2013, n. 1362

[75] Il presente articolo ha così sostituito l’originario art. 2519, in virtù dell’art. 8 D.Lgs 17.01.2003, n. 6, con decorrenza dal 01.01.2004. Si riporta di seguito il testo previgente:

“L’atto costitutivo deve essere depositato entro trenta giorni per l’iscrizione nel registro delle imprese, a cura del notaio che lo ha ricevuto o degli amministratori, a norma dell’art. 2330.

Gli effetti dell’iscrizione e della nullità dell’atto costitutivo sono regolati rispettivamente dagli artt. 2331 e 2332.”

[76] Per un maggior approfondimento sulla S.R.L. aprire il seguente link o cliccare sull’immagine http://3.70.129.172/2014/10/31/la-s-r-l-societa-a-responsabilita-limitata/

[77] Corte di Cassazione, Sezione I civile, sentenza 20 maggio 2016, n. 10509

[78] Cfr. par.fo n. 1) NOZIONE DI SOCIETÀ COOPERATIVA, pag. 28

[79] Tribunale Firenze, civile, sentenza 23 febbraio 2017

[80] Tribunale Venezia, sentenza 15 giugno 2016

[81] Tribunale Milano, civile, ordinanza 23 aprile 2015

[82] Cfr. par.fo n. 11) MUTUE ASSICURATRICI, pag. 152

[83] Il presente articolo ha così sostituito l’originario art. 2526, in virtù dell’art. 8 D.Lgs 17.01.2003, n. 6, con decorrenza dal 01.01.2004. Si riporta di seguito il testo previgente:

“La dichiarazione di recesso, nei casi in cui questo è ammesso dalla legge o dall’atto costitutivo, deve essere comunicata con raccomandata alla società e deve essere annotata nel libro dei soci a cura degli amministratori.

Essa ha effetto con la chiusura dell’esercizio in corso , se comunicata tre mesi prima e, in caso contrario, con la chiusura dell’esercizio successivo.

[84] Il presente comma è stato così modificato in virtù dell’art. 8 D.Lgs 17.01.2003, n. 6, come modificato dall’art. 5, lett. fff), D.Lgs. 06.02.2004 n. 37 (G.U. 14.02.2004 n. 37, S.O. n. 24), con decorrenza dal 29.02.2004. Si riporta, di seguito, il testo previgente:

“L’atto costitutivo stabilisce i diritti di amministrazione o patrimoniali attribuiti ai possessori degli strumenti finanziari e le eventuali condizioni cui è sottoposto il loro trasferimento. I privilegi previsti nella ripartizione degli utili e nel rimborso del capitale non si estendono alle riserve indivisibili a norma dell’articolo 2545 ter. Ai possessori di strumenti finanziari non può, in ogni caso, essere attribuito più di un terzo dei voti spettanti all’insieme dei soci presenti ovvero rappresentati in ciascuna assemblea generale.”

[85] Il presente comma si interpreta nel senso che, nelle cooperative cui si applicano le norme sulle società a responsabilità limitata, il limite all’emissione di strumenti finanziari si riferisce esclusivamente ai titoli di debito ai sensi dell’art. 11, comma 3-bis D.L. 23.12.2013, n. 145 con decorrenza dal 22.02.2014, convertito con modificazioni dalla L. 21.02.2014, n. 9.

[86] Il presente articolo ha così sostituito l’originario art. 2541, in virtù dell’art. 8 D.Lgs 17.01.2003, n. 6, con decorrenza dal 01.01.2004. Si riporta di seguito il testo previgente:

“Nelle cooperative con responsabilità sussidiaria illimitata

o limitata dei soci, questi, sia in caso di liquidazione coatta amministrativa sia in caso di fallimento, rispondono per il pagamento dei debiti sociali in proporzione della parte di ciascuno nelle perdite, secondo un piano di riparto da formarsi dai commissari liquidatori o dal curatore. Nella stessa proporzione si ripartiscono le somme dovute dai soci insolventi.

Dopo la chiusura della liquidazione coatta amministrativa o del fallimento, a meno che non sia intervenuto un concordato, resta salva l’azione dei creditori insoddisfatti nei confronti dei singoli soci nei limiti della loro responsabilità sussidiaria.”

[87] Il presente articolo ha così sostituito l’originario art. 2529, in virtù dell’art. 8 D.Lgs 17.01.2003, n. 6, con decorrenza dal 01.01.2004. Si riporta di seguito il testo previgente:

“Nel caso di recesso , esclusione o morte del socio, la liquidazione della quota o il rimborso delle azioni ha luogo sulla base del bilancio dell’esercizio in cui il rapporto sociale si scioglie limitatamente al socio. Il pagamento deve essere fatto entro sei mesi dall’approvazione del bilancio stesso.”

[88] Il presente articolo ha così sostituito l’originario art. 2530, in virtù dell’art. 8 D.Lgs 17.01.2003, n. 6, con decorrenza dal 01.01.2004. Si riporta di seguito il testo previgente:

“Il socio che cessa di far parte della società risponde verso questa per il pagamento dei conferimenti non versati per due anni dal giorno in cui il recesso , l’ esclusione o la cessione della quota o dell’azione si è verificato. Per lo stesso periodo il socio uscente è responsabile verso i terzi, nei limiti della responsabilità sussidiaria stabiliti dall’atto costitutivo, per le obbligazioni assunte dalla società sino al giorno in cui la cessazione della qualità di socio si è verificata.

Nello stesso modo e per lo stesso termine sono responsabili verso la società e verso i terzi gli eredi del socio defunto.”

[89] Corte di Cassazione, Sezione I civile, sentenza 19 ottobre 2011, n. 21644

[90] Corte d’Appello L’Aquila, civile, sentenza 15 settembre 2012, n. 1165

[91] Il presente articolo ha così sostituito l’originario art. 2531, in virtù dell’art. 8 D.Lgs 17.01.2003, n. 6, con decorrenza dal 01.01.2004. Si riporta di seguito il testo previgente:

“Il creditore particolare del socio, finché dura la società, non può agire esecutivamente sulla quota e sulle azioni del socio debitore.

In caso di proroga della società il creditore particolare del socio può fare opposizione a norma dell’art. 2307.”

[92] Per un maggior approfondimento sullo sciglimento del singolo rapporto nelle società semplici aprire il seguente link o cliccare sull’immagine http://3.70.129.172/2011/12/05/lo-scioglimento-del-singolo-rapporto-nelle-societa-semplici/

[93] Il presente articolo ha così sostituito l’originario art. 2532, in virtù dell’art. 8 D.Lgs 17.01.2003, n. 6, con decorrenza dal 01.01.2004. Si riporta di seguito il testo previgente:

“Nelle assemblee hanno diritto di voto coloro che risultano iscritti da almeno tre mesi nel libro dei soci.

Ogni socio ha un voto, qualunque sia il valore della quota o il numero delle azioni .

Tuttavia nelle società cooperative con partecipazione di persone giuridiche l’atto costitutivo può attribuire a queste più voti, ma non oltre cinque, in relazione all’ammontare della quota o delle azioni, oppure al numero dei loro membri.

Le maggioranze richieste per la regolarità della costituzione delle assemblee e per la validità delle deliberazioni sono calcolate secondo il numero dei voti spettanti ai soci. L’atto costitutivo può determinare le maggioranze necessarie in deroga agli artt. 2368 e 2369.

Il voto può essere dato per corrispondenza, se ciò è ammesso dall’atto costitutivo. In tal caso l’avviso di convocazione dell’assemblea deve contenere per esteso la deliberazione proposta.”

[94] Corte di Cassazione, Sezione I civile, sentenza 2 maggio 2006, n. 10135

[95] Corte di Cassazione, Sezione I civile, sentenza 6 aprile 2001, n. 5126

[96] Il presente articolo ha così sostituito l’originario art. 2533, in virtù dell’art. 8 D.Lgs 17.01.2003, n. 6, con decorrenza dal 01.01.2004. Si riporta di seguito il testo previgente:

“Se la società cooperativa ha non meno di cinquecento soci e svolge la propria attività in più comuni, l’atto costitutivo può stabilire che l’assemblea sia costituita da delegati eletti da assemblee parziali, convocate nelle località nelle quali risiedono non meno di cinquanta soci.

Le assemblee separate devono deliberare sulle materie che formano oggetto dell’assemblea generale, ed in tempo utile perché i delegati da esse eletti possano partecipare a questa assemblea.

I delegati devono essere soci.

Nell’atto costitutivo devono altresì essere stabilite le modalità per la convocazione delle assemblee separate, per la nomina dei delegati all’assemblea generale, nonché per la validità delle deliberazioni delle assemblee separate e di quella generale.

Le stesse disposizioni si applicano alle società cooperative costituite da appartenenti a categorie diverse, in numero non inferiore a trecento, anche se non ricorrono le condizioni indicate nel primo comma.”

[97] Corte di Cassazione, Sezione I civile, sentenza 5 dicembre 2011, n. 25945; Corte di Cassazione nn. 2339/82, 2690/96

[98] Corte di Cassazione nn. 2690/96 cit., 16727/04, 18556/04, 12001/05

[99] Corte di Cassazione, Sezione Lavoro civile, sentenza 16 novembre 2016, n. 23353

[100] Corte di Cassazione, Sezione I civile, sentenza 21 febbraio 2017, n. 4402. Corte di Cassazione, Sezione I civile, sentenza 8 agosto 2016, n. 16617, Corte di Cassazione 26 settembre 2013, n. 22097; Corte di Cassazione 6 marzo 2003, n. 3342; Corte di Cassazione 20 luglio 1993, n. 8096

[101] Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 18 novembre 2015, n. 23628. Per la consultazione del testo integrale aprire il seguente collegamento on-line http://3.70.129.172/2015/12/14/corte-di-cassazione-sezione-i-sentenza-18-novembre-2015-n-23628-in-tema-di-espulsione-del-socio-dalla-cooperativa-lapprezzamento-della-sussistenza-dei-gravi-motivi-non-e-rimesso-all/

In precedenza, Corte di Cassazione, Sezione I civile, sentenza 2 febbraio 2015, n. 1796, in tema di società cooperative ed in ipotesi di esclusione del socio, compete al giudice del merito la valutazione in concreto della riconducibilità dei comportamenti del socio escluso alla previsione statutaria che giustifica il provvedimento di esclusione, alla stregua del disposto dell’articolo 2527 c.c., vecchio testo, in relazione all’articolo 2286 c.c.. Il giudice, adito in sede di opposizione avverso la Deliberazione di esclusione, è invero chiamato a riscontrare l’effettiva sussistenza della causa posta a fondamento della detta Deliberazione e la sua inclusione fra quelle previste dalla legge o dallo statuto (Corte di Cassazione 15 ottobre 2002, n. 14665).

[102] Tribunale Milano, Sezione Lavoro civile, sentenza 26 aprile 2017, n. 966

[103] Tribunale Salerno, Sezione I civile, sentenza 17 maggio 2017, n. 2353

[104] Il presente articolo ha così sostituito l’originario art. 2534, in virtù dell’art. 8 D.Lgs 17.01.2003, n. 6, con decorrenza dal 01.01.2004. Si riporta di seguito il testo previgente:

“Il socio non può farsi rappresentare nelle assemblee se non da un altro socio e nei casi previsti dall’atto costitutivo. Ciascun socio non può rappresentare più di cinque soci.”

[105] Tribunale Taranto, Sezione I civile, sentenza 22 gennaio 2015, n. 238

[106] Il presente articolo ha così sostituito l’originario art. 2535, in virtù dell’art. 8 D.Lgs 17.01.2003, n. 6, con decorrenza dal 01.01.2004. Si riporta di seguito il testo previgente:

“Gli amministratori devono essere soci o mandatari di persone giuridiche socie. Essi devono prestare cauzione nella misura e nei modi stabiliti dall’atto costitutivo, salvo che da questo ne siano esonerati.

L’atto costitutivo può prevedere che uno o più amministratori o sindaci siano scelti tra gli appartenenti alle diverse categorie dei soci, in proporzione dell’interesse che ciascuna categoria ha nell’attività sociale. Non si applicano le disposizioni del secondo e del terzo comma dell’art. 2397.

La nomina di uno o più amministratori o sindaci può essere attribuita dall’atto costitutivo allo Stato o ad enti pubblici.

In ogni caso la nomina della maggioranza degli amministratori e dei sindaci è riservata all’assemblea dei soci.”

[107] Corte di Cassazione, Sezione I civile, sentenza 7 luglio 2008, n. 18599

[108] Corte di Cassazione, Sezione U civile, aentenza 23 ottobre 2006, n. 22659

[109] Il presente articolo ha così sostituito l’originario art. 2536, in virtù dell’art. 8 D.Lgs 17.01.2003, n. 6, con decorrenza dal 01.01.2004. Si riporta di seguito il testo previgente:

“Qualunque sia l’ammontare del fondo di riserva legale, deve essere a questa destinata almeno la quinta parte degli utili netti annuali.

Una quota degli utili netti annuali deve essere corrisposta ai fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione, nella misura e con le modalità previste dalla legge.

La quota di utili che non è assegnata ai sensi dei commi precedenti e che non è utilizzata per la rivalutazione delle quote o delle azioni, o assegnata ad altre riserve o fondi, o distribuita ai soci, deve essere destinata a fini mutualistici.

[110] Il presente articolo ha così sostituito l’originario art. 2537, in virtù dell’art. 8 D.Lgs 17.01.2003, n. 6, con decorrenza dal 01.01.2004. Si riporta di seguito il testo previgente:

“Alle deliberazioni che importano modificazioni dell’atto costitutivo si applicano le disposizioni dell’art. 2436.

Alle deliberazioni che riducono la responsabilità dei soci verso i terzi si applicano le disposizioni dell’art. 2499.”

[111] Corte di Cassazione, Sezione I civile, sentenza 23 maggio 2014, n. 11491

[112] Per un maggior approfondimento sulla S.R.L. aprire il seguente link o cliccare sull’immagine http://3.70.129.172/2014/10/31/la-s-r-l-societa-a-responsabilita-limitata/

[113] Il presente articolo ha così sostituito l’originario art. 2538, in virtù dell’art. 8 D.Lgs 17.01.2003, n. 6, con decorrenza dal 01.01.2004. Si riporta di seguito il testo previgente:

” La fusione e la scissione di società cooperative sono regolate dalle disposizioni degli articoli dal 2501 al 2504 decies.

[114] Tribunale Bologna, civile, sentenza 18 marzo 2014, n. 899

[115] (1) Il presente articolo ha così sostituito l’originario art. 2539, in virtù dell’art. 8 D.Lgs 17.01.2003, n. 6, con decorrenza dal 01.01.2004. Si riporta di seguito il testo previgente:

“La società cooperativa si scioglie per le cause indicate nell’art. 2448, escluso il n. 4, nonché per la perdita del capitale sociale .”

[116] Il presente articolo ha così sostituito l’originario art. 2540, in virtù dell’art. 8 D.Lgs 17.01.2003, n. 6, con decorrenza dal 01.01.2004. Si riporta di seguito il testo previgente:

“Qualora le attività della società, anche se questa è in liquidazione, risultino insufficienti per il pagamento dei debiti, l’autorità governativa alla quale spetta il controllo sulla società può disporre la liquidazione coatta amministrativa.

Sono tuttavia soggette al fallimento le società cooperative che hanno per oggetto una attività commerciale, salve le disposizioni delle leggi speciali.”

[117] Il presente articolo ha così sostituito l’originario art. 2544, in virtù dell’art. 8 D.Lgs 17.01.2003, n. 6, con decorrenza dal 01.01.2004. Si riporta di seguito il testo previgente:

“Le società cooperative , che a giudizio dell’autorità governativa non sono in condizione di raggiungere gli scopi per cui sono state costituite, o che per due anni consecutivi non hanno depositato il bilancio annuale, o non hanno compiuto atti di gestione, possono essere sciolte con provvedimento dell’autorità governativa, da pubblicarsi nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica e da iscriversi nel registro delle imprese . Le società cooperative edilizie di abitazione e i loro consorzi che non hanno depositato in tribunale nei termini prescritti i bilanci relativi agli ultimi due anni sono sciolti di diritto e perdono la personalità giuridica.

Se vi è luogo a liquidazione, con lo stesso provvedimento sono nominati uno o più commissari liquidatori.

[118] Il presente articolo ha così sostituito l’originario art. 2542, in virtù dell’art. 8 D.Lgs 17.01.2003, n. 6, con decorrenza dal 01.01.2004. Si riporta di seguito il testo previgente:

“Le società cooperative sono sottoposte alle autorizzazioni, alla vigilanza e agli altri controlli sulla gestione stabiliti dalle leggi speciali .”.

[119] Il presente comma è stato soppresso dall’ art. 29, D.Lgs. 28.12.2004, n. 310, con decorrenza dal 14.01.2005.

[120] Corte d’Appello Milano, Sezione I civile, sentenza 14 febbraio 2012, n. 557, cfr. Corte di Cassazione Civ. n. 4666/1998

[121] Il presente articolo ha così sostituito l’originario art. 2543, in virtù dell’art. 8 D.Lgs 17.01.2003, n. 6, con decorrenza dal 01.01.2004. Si riporta di seguito il testo previgente:

“In caso d’irregolare funzionamento delle società cooperative, l’autorità governativa può revocare gli amministratori e i sindaci e affidare la gestione della società a un commissario governativo, determinandone i poteri e la durata. Ove l’importanza della società cooperativa lo richieda, l’autorità governativa può nominare un vice commissario che collabora con il commissario e lo sostituisce in caso di impedimento.

Al commissario governativo possono essere conferiti per determinati atti anche i poteri dell’ assemblea, ma le relative deliberazioni non sono valide senza l’approvazione dell’autorità governativa.

[122] Il presente articolo ha così sostituito l’originario art. 2545, in virtù dell’art. 8 D.Lgs 17.01.2003, n. 6, con decorrenza dal 01.01.2004. Si riporta di seguito il testo previgente:

“In caso d’irregolarità o di eccessivo ritardo nello svolgimento della liquidazione ordinaria di una società cooperativa, l’autorità governativa può sostituire i liquidatori o, se questi sono stati nominati dall’autorità giudiziaria, può chiederne la sostituzione al tribunale.”

[123] Il presente articolo è stato così inserito in virtù dell’art. 8 D.Lgs 17.01.2003, n. 6, con decorrenza dal 01.01.2004.

[124] Comma così modificato dall’art. 31 D.Lgs. 28 dicembre 2004, n. 310

[125] Oltre alla consistente riduzione dell e agevolazioni fiscali, la perdita della mutualità prevalente determina, in linea generale, l’obbligo di redigere un bilancio straordinario al fine di determinare il valore effettivo dell’attivo patrimoniale da imputare alle riserve indivisibili. L’adempimento deve essere posto in essere nella sola ipotesi in cui la cooperativa modifichi le previsioni statuarie obbligatorie previste dall’ art. 2514, ovvero abbia emesso strumenti finanziari. Nei casi diversi da quelli considerati, in effetti, il patrimonio rimane indivisibile, essendo in ogni caso non consentita la sua distribuzione a favore dei soci

[126] Comma aggiunto dall’art. 10, comma 8 della L. 23 luglio 2009, n. 99

[127] Il presente articolo è stato così inserito in virtù dell’art. 8 D.Lgs 17.01.2003, n. 6, con decorrenza dal 01.01.2004.

[128] Il presente articolo è stato così inserito in virtù dell’art. 8 D.Lgs 17.01.2003, n. 6, con decorrenza dal 01.01.2004.

[129] Il presente articolo è stato così inserito in virtù dell’art. 8 D.Lgs 17.01.2003, n. 6, con decorrenza dal 01.01.2004.

[130] Il presente comma è stato aggiunto dall’ art. 32, D.Lgs. 28.12.2004, n. 310, con decorrenza dal 14.01.2005.

[131] Il presente articolo è stato così inserito in virtù dell’art. 8 D.Lgs 17.01.2003, n. 6, con decorrenza dal 01.01.2004.

[132] Corte di Cassazione, Sezione I civile, sentenza 10 luglio 2009, n. 16288

[133] Corte di Cassazione, Sezione III civile, sentenza 15 febbraio 2006, n. 3279. Conforme Corte di Cassazione, Sezione I civile, Sentenza 16 febbraio 2007, n. 3694. In forza del rinvio operato (nel sistema previgente al d.lgs. n. 5 del 2003) dall’art. 2516 c.c. alle norme dettate per la liquidazione delle società per azioni, trova applicazione anche per le società cooperative l’art. 2449 c.c., che sancisce il divieto di nuove operazioni quando si sia verificata una causa di scioglimento e afferma la responsabilità illimitata e solidale degli amministratori per gli affari intrapresi in violazione di tale divieto. La norma si applica altresì alla gestione del commissario governativo, che, prevista quale mezzo di rapido intervento in caso di irregolarità di funzionamento, non si sottrae ai limiti dell’attività dell’impresa costituita in forma societaria nei confronti dei terzi e alla disciplina generale dell’insolvenza.

[134] Il presente articolo è stato così inserito in virtù dell’art. 8 D.Lgs 17.01.2003, n. 6, con decorrenza dal 01.01.2004.

[135] Corte di Cassazione, Sezione U civile, sentenza 14 giugno 2016, n. 12191

[136] Corte di Cassazione, Sezione I civile, sentenza 13 aprile 2017, n. 9567. In precedenza, Corte di Cassazione, Sezione VI civile, ordinanza 12 luglio 2016, n. 14250. Lo scopo di lucro (cd. lucro soggettivo) non è elemento essenziale per il riconoscimento della qualità di imprenditore commerciale, poiché è configurabile attività di impresa tutte le volte in cui sussista una obiettiva economicità dell’attività esercitata, intesa quale proporzionalità tra costi e ricavi (cd. lucro oggettivo), requisito quest’ultimo che, non essendo inconciliabile con il fine mutualistico, può essere presente anche in una società cooperativa, pur quando essa operi solo nei confronti dei propri soci, sicché anche tale società, ove svolga attività commerciale, può, in caso di insolvenza, essere assoggettata a fallimento in applicazione dell’art. 2545 terdecies c.c.

[137] Il presente articolo è stato così inserito in virtù dell’art. 8 D.Lgs 17.01.2003, n. 6, con decorrenza dal 01.01.2004.

[138] Il presente articolo è stato così inserito in virtù dell’art. 8 D.Lgs 17.01.2003, n. 6, con decorrenza dal 01.01.2004.

[139] Tribunale Salerno, civile, decreto 22 febbraio 2011

[140] Corte d’Appello Milano, civile, sentenza 2 novembre 2006

[141] Il presente articolo prima inserito in virtù dell’art. 8 D.Lgs 17.01.2003, n. 6, è stato, poi, così modificato dall’ art. 33, D.Lgs. 28.12.2004, n. 310, con decorrenza dal 14.01.2005. Si riporta di seguito il testo previgente:

“In caso di irregolare funzionamento delle società cooperative, l’autorità governativa può revocare gli amministratori e i sindaci, e affidare la gestione della società ad un commissario, determinando i poteri e la durata.

[142] Il presente articolo è stato così inserito in virtù dell’art. 8 D.Lgs 17.01.2003, n. 6, con decorrenza dal 01.01.2004.

[143] Il presente articolo è stato così inserito in virtù dell’art. 8 D.Lgs 17.01.2003, n. 6, è stato, poi, così modificato dall’ art. 34, D.Lgs. 28.12.2004, n. 310, con decorrenza dal 14.01.2005. Si riporta di seguito il testo previgente:

“In caso di irregolarità o di eccessivo ritardo nello svolgimento della liquidazione ordinaria di una società cooperativa, l’autorità governativa può sostituire i liquidatori o, se questi sono stati nominati dall’autorità giudiziaria, può chiederne la sostituzione al tribunale.

Fatti salvi i casi di liquidazione per i quali è intervenuta la nomina di un liquidatore da parte dell’autorità giudiziaria, l’autorità di vigilanza dispone la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, per la conseguente cancellazione dal registro delle imprese, dell’elenco delle società cooperative e degli enti mutualistici in liquidazione ordinaria che non hanno depositato i bilanci di esercizio relativi agli ultimi cinque anni.

Entro il termine perentorio di trenta giorni dalla pubblicazione i creditori e gli altri interessati possono presentare all’autorità governativa formale e motivata domanda intesa a consentire la prosecuzione della liquidazione. Trascorso il suddetto termine, a seguito di comunicazione da parte dell’autorità di vigilanza, il conservatore del registro delle imprese territorialmente competente provvede alla cancellazione della società cooperativa o dell’ente mutualistico dal registro medesimo.”.

[144] Il presente articolo è stato così inserito in virtù dell’art. 8 D.Lgs 17.01.2003, n. 6, con decorrenza dal 01.01.2004.

[145] Trib. Santa Maria Capua a Vetere 28.11.2013

[146] Trib. Santa Maria Capua a Vetere 28.11.2013

[147] Trib. Reggio Emilia del 27.01.2014

[148] Trib. Reggio Emilia sentenza 12.05.2014, Trib. Santa Maria Capua Vetere ord. 28.11.2013; Trib. Trieste decr. 07.04.2006

[149] Nella fattispecie in esame l’atto in questione presenta i caratteri della c.d. autodestinazione a carattere unilaterale (o destinazione pura): la convenuta con l’atto pubblico del 16.04.2010 in veste di conferente ha costituto un vincolo sugli immobili sopra indicati di sua proprietà al fine di “soddisfare l’interesse della signora Ie.Wi. al perseguimento delle finalità meglio indicate in premessa” ovvero “preservare gli interessi personali e patrimoniali della figlia minore Ie.Is. … che convive con la sola madre unica esercente la potestà genitoriale” (vedi art. 2 e premesse dell’atto). Va messo in risalto che la destinazione dei beni ha avuto attraverso la separazione patrimoniale operata dallo stesso titolare dei beni che ha, comunque, conservato la proprietà dei medesimi (vedi art. 4 dell’atto).

[150] Il presente articolo è stato così inserito in virtù dell’art. 8 D.Lgs 17.01.2003, n. 6, con decorrenza dal 01.01.2004.

[151] Il presente articolo è stato così inserito in virtù dell’art. 8 D.Lgs 17.01.2003, n. 6, con decorrenza dal 01.01.2004.

[152] Il presente comma è stato così modificato dall’ art. 30, D.Lgs. 28.12.2004, n. 310, con decorrenza dal 14.01.2005. Si riporta di seguito il testo previgente:

“Possono essere distribuiti dividendi, acquistate proprie quote o azioni ovvero assegnate ai soci le riserve divisibili se il rapporto tra il patrimonio netto e il complessivo indebitamento della società è superiore ad un quarto. Il divieto non si applica nei confronti dei possessori di strumenti finanziari.”.

[153] Il presente comma è stato aggiunto dall’ art. 30, D.Lgs. 28.12.2004, n. 310, con decorrenza dal 14.01.2005.

[154] Il presente articolo è stato così inserito in virtù dell’art. 8 D.Lgs 17.01.2003, n. 6, con decorrenza dal 01.01.2004.

[155] Corte di Cassazione, Sezione TRI civile, sentenza 11 dicembre 2013, n. 27682. Corte di Cassazione, Sezione TRI civile, Sentenza 11 dicembre 2013, n. 27683. Il “ristorno” (che ha ricevuto espressa disciplina nell’articolo 2521 c.c., comma 3, n. 8 e nell’articolo 2545 sexies c.c., introdotti con la riforma societaria dal Decreto Legislativo 17 gennaio 2003, n. 6) deve ritenersi compatibile con lo scopo mutualistico, in quanto il vincolo cooperativo è assunto dal socio proprio in vista della realizzazione di un vantaggio patrimoniale che non è riducibile -come nelle società di capitali- alla quota di capitale investito ma corrisponde, invece, alla soddisfazione di “un comune preesistente bisogno economico (il bisogno del lavoro, il bisogno del bene casa, il bisogno di generi di consumo, di credito, ecc.) e di soddisfarlo conseguendo un risparmio di spesa, per i beni o servizi acquistati o realizzati dalla propria società (cooperative di consumo), o una maggiore retribuzione per i propri beni o servizi alla stessa ceduti (cooperative di produzione e di lavoro).

[156] Corte di Cassazione, Sezione I civile, sentenza 22 maggio 2015, n. 10641, Corte di Cassazione, sez. I, 8 settembre 1999, n. 9513, m. 529729

[157] Tribunale Milano, civile, sentenza 10 dicembre 2014, n. 14669

[158] Il presente articolo è stato così inserito in virtù dell’art. 8 D.Lgs 17.01.2003, n. 6, con decorrenza dal 01.01.2004.

[159] Cfr. Par.fo n. 1) NOZIONE DI SOCIETÀ COOPERATIVA, pag. 22

[160] Il presente articolo ha così sostituito l’originario art. 2546, in virtù dell’art. 8 D.Lgs 17.01.2003, n. 6, con decorrenza dal 01.01.2004. Si riporta di seguito il testo previgente:

“Nella società di mutua assicurazione le obbligazioni sociali sono garantite dal patrimonio sociale.

I soci sono tenuti al pagamento di contributi fissi o variabili, entro il limite massimo determinato dall’atto costitutivo.

Nelle mutue assicuratrici non si può acquistare la qualità di socio, se non assicurandosi presso la società, e si perde la qualità di socio con l’estinguersi dell’assicurazione, salvo quanto disposto dall’art. 2548.”

[161] Per un maggior approfondimento sul collegamento negoziale aprire il seguente link o cliccare sull’immagine http://3.70.129.172/2011/10/27/il-collegamento-negoziale/

 

[162] Il presente articolo ha così sostituito l’originario art. 2547, in virtù dell’art. 8 D.Lgs 17.01.2003, n. 6, con decorrenza dal 01.01.2004. Si riporta di seguito il testo previgente:

“Le società di mutua assicurazione sono soggette alle autorizzazioni, alla vigilanza e agli altri controlli stabiliti dalle leggi speciali sull’esercizio dell’assicurazione, e sono regolate dalle norme stabilite per le società cooperative a responsabilità limitata, in quanto compatibili con la loro natura.”

[163] Il presente articolo ha così sostituito l’originario art. 2548, in virtù dell’art. 8 D.Lgs 17.01.2003, n. 6, con decorrenza dal 01.01.2004. Si riporta di seguito il testo previgente:

“L’atto costitutivo può prevedere la costituzione di fondi di garanzia per il pagamento delle indennità, mediante speciali conferimenti da parte di assicurati o di terzi, attribuendo anche a questi ultimi la qualità di socio.

L’atto costitutivo può attribuire a ciascuno dei soci sovventori più voti , ma non oltre cinque, in relazione all’ammontare del conferimento.

I voti attribuiti ai soci sovventori, come tali, devono in ogni caso essere inferiori al numero dei voti spettanti ai soci assicurati.

I soci sovventori possono essere nominati amministratori. La maggioranza degli amministratori deve essere costituita da soci assicurati.”

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