L’interesse che determina l’incapacità a testimoniare

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|2 febbraio 2021| n. 2286.

L’interesse che determina l’incapacità a testimoniare, ai sensi dell’articolo 246 cod. proc. civ., è solo l’interesse giuridico, personale, concreto ed attuale, che comporta o una legittimazione principale a proporre l’azione o una legittimazione secondaria a intervenire nel giudizio proposto da altri. Pertanto, attesa l’interpretazione restrittiva del divieto di testimoniare, incidente sul diritto di difesa, e la natura dell’opposizione allo stato passivo fallimentare, divenuta giudizio a trattazione singolare con la riforma di cui al Dlgs n. 169 del 2007, deve escludersi che il creditore ammesso allo stato passivo sia, in quanto tale, incapace di testimoniare nel giudizio di opposizione allo stato passivo promosso da altro creditore, occorrendo viceversa apprezzare in concreto se l’eventuale intervento ex articolo 99, comma 8, legge fall., come sostituito dal predetto Dlgs n. 169, si correli ad un interesse giuridico, personale, concreto ed attuale, alla definizione del predetto giudizio.

Ordinanza|2 febbraio 2021| n. 2286

Data udienza 15 dicembre 2020

Integrale

Tag/parola chiave: Mezzi di prova – Fallimento – Creditore ammesso allo stato passivo – Incapacità di rendere testimonianza nel giudizio di opposizione – Esclusione – Eventuale intervento ex articolo 99, comma 8, legge fall. – Correlazione ad un interesse giuridico personale, concreto ed attuale, alla definizione del predetto giudizio – Accertamento

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere

Dott. FERRO Massimo – rel. Consigliere

Dott. GENTILI Andrea – Consigliere

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), rappr. e dif. dall’avv. (OMISSIS), elettera dom. presso e nello studio dell’avv. (OMISSIS), in (OMISSIS), come da procura in calce all’atto;
– ricorrente –
contro
FALLIMENTO (OMISSIS) s.r.l., in persona dei cur. fall. p.t.;
– intimato –
per la cassazione del decreto Trib. Lucera 26.11.2014;
udita la relazione della causa svolta dal Consigliere relatore Dott. Massimo Ferro alla Camera di consiglio del 15.12.2020.

FATTI DI CAUSA

Rilevato che:
1. (OMISSIS) impugna il decreto Trib. Lucera 26.11.2014 che, in reiezione dell’opposizione svolta L. Fall., ex articolo 98, avverso il decreto con cui il giudice delegato aveva negato l’ammissione al passivo del suo credito, ha confermato l’esclusione di un rapporto di lavoro subordinato;
2. secondo il tribunale: a) la qualita’ di socio del ricorrente era coerente con il ruolo di gestione tenuto all’interno della societa’; b) le prestazioni riscontrate, anche mediante prove per testi, deponevano per l’assenza di sicuri indici di subordinazione, vigilanza e controllo;
4. il ricorso e’ su cinque motivi.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Considerato che:
1. con il primo motivo si contesta la violazione dell’articolo 132 c.p.c., laddove il decreto impugnato non reca il riferimento “In nome del popolo italiano”, oltre alla intestazione “Repubblica italiana”, il n. di R.G. e l’anno d’iscrizione della causa, l’indicazione delle parti e dei difensori, le conclusioni;
2. con il secondo motivo s’invoca la violazione della L. Fall., articolo 25, n. 6, per avere il curatore svolto resistenza alla opposizione allo stato passivo del ricorrente ma senza produrre l’autorizzazione del giudice delegato, dovendosi applicare la medesima regola – gia’ assunta dal tribunale adito in altro caso – di dichiarazione di contumacia del curatore;
3. con il terzo motivo si deduce la violazione dell’articolo 167 c.p.c., per omessa indicazione nel decreto delle generalita’ del resistente all’atto di costituzione della curatela;
4. con il quarto motivo si invoca la violazione della L. Fall., articolo 99, articoli 187 e 189 c.p.c., anche come vizio di motivazione, avendo contraddittoriamente il tribunale, in persona del relatore, raccolto le richieste istruttorie delle parti e, senza provocarne la discussione, riferito al collegio che poi decideva nel merito;
5. con il quinto motivo si deducono, anche come vizio di motivazione, violazioni plurime degli articoli 115, 116, 210 e 213 c.p.c., L. Fall., articolo 99, articolo 111 Cost., laddove il giudice immotivatamente avrebbe negato ingresso, senza provvedimento ad hoc, alle istanze istruttorie formulate, oltre che alla CTU, ordine di esibizione, prove contrarie, limiti alla capacita’ testimoniale dei testi escussi;
6. il primo motivo e’ inammissibile, ex articolo 360 bis c.p.c., alla luce del consolidato principio per cui “in relazione all’assenza delle prescrizioni di cui all’articolo 132 c.p.c., occorre considerare che: la mancata indicazione della formula “In nome del popolo Italiano” costituisce un mera irregolarita’ formale che non incide sulla validita’ della sentenza, cosi’ come l’omessa, incompleta o inesatta indicazione, nell’epigrafe o nel dispositivo della sentenza, del nominativo di una delle parti in causa, che non e’ motivo di nullita’, ma costituisce mero errore, emendabile con la procedura prevista per la correzione degli errori materiali, qualora dalla stessa sentenza e dagli atti sia individuabile inequivocamente la parte pretermessa o inesattamente indicata” (Cass. 10853/2010, gia’ sulla scia di Cass. s.u. 550/1985; e poi conf. 249/2010, 256535/2008); anche nella specie erano indicati nel provvedimento impugnato i soggetti fra i quali si era ritualmente instaurato il contraddittorio e lo svolgimento del processo – ivi incluse le presupposte conclusioni delle parti – risulta ampiamente evincibile dal testo;
7. il secondo motivo e’ inammissibile, ex articolo 360 bis c.p.c., in applicazione del principio, gia’ affermato da Cass. 7918/2012, per cui “ai sensi della L. Fall., articolo 31, come riformato dal Decreto Legislativo n. 5 del 2006, non e’ richiesta l’autorizzazione del giudice delegato per la costituzione del curatore nei giudizi d’impugnazione del decreto di esecutivita’ dello stato passivo e in quelli in materia di dichiarazione tardiva di credito. Ne’ la novella giustifica il dubbio di costituzionalita’ della disciplina, per la violazione dei limiti di cui alla Legge Delega 14 maggio 2005, n. 80, articolo 1, comma 6, attesi i criteri ivi posti dell’abbreviazione dei tempi per l’accertamento del passivo e dell’accelerazione dei giudizi” (conf. 11543/2017);
8. il terzo motivo e’ inammissibile, sia per la ricorrenza della medesima ratio d’irrilevanza gia’ esplicitata con riguardo alle omissioni trattate con il primo motivo, sia per la mancata riproduzione testuale del piu’ ampio atto di costituzione del curatore, sia infine per l’omessa deduzione di un qualsivoglia interesse a dolersi della circostanza (non avendo il ricorrente rappresentato quale lesione in concreto sarebbe derivata al proprio diritto di difesa, tanto piu’ che non sussisteva alcuna incertezza sulla provenienza dell’atto);
9. il quarto motivo e’ inammissibile, da un canto per omessa rappresentata relazione tra preteso vizio del contraddittorio e lesione del diritto di difesa, posto che la doglianza appare precipuamente diretta avverso un provvedimento istruttorio collegiale – gia’ assunto sulle istanze di tutte le parti e alla luce di esse -, a sua volta asseritamente modificativo di precedente analogo sul punto e senza che la parte abbia provveduto a riportarne per esteso il tenore; tale difetto di specificita’ della censura non permette di verificare quale violazione dell’iter processuale sarebbe accaduta con riguardo alle plurime norme invocate; la L. Fall., articolo 99, invero, prescrive che la parte concentri le sue istanze, anche istruttorie, nell’atto di opposizione, predisponendo il tribunale poi l’obbligatoria udienza prodromica alla riserva di decisione, senza individuare alcuna fase di “precisazione delle conclusioni”, istituto non strettamente indispensabile, ne’ a rigore previsto, in ragione della specialita’ e celerita’ del rito camerale ivi ospitato; anche di recente questa Corte ha ribadito (Cass. 17507/2020) che “il giudizio di opposizione allo stato passivo e’ integralmente disciplinato dalla L. Fall., articolo 99”, ne’, in generale, in esso puo’ invocarsi la violazione del diritto di difesa per la mancata concessione del termine per memorie conclusive ai sensi della L. Fall., articolo 99, comma 11, che puo’ essere accordato, o meno, dal tribunale in base ad una valutazione discrezionale, avuto riguardo all’andamento del giudizio, che potrebbe anche rendere superflua un’appendice scritta (Cass. 5596/2017, 21825/2017, 13304/2018, 1397/2019, 13930/2019);
10. inoltre, anche per questo profilo la parte omette di riferire quale vulnus al diritto di difesa le sarebbe derivato, infine deducendo inammissibilmente il vizio di motivazione su un fatto del tutto impropriamente indicato ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5; Cass. s.u. 8053/2014 ha chiarito che “la parte ricorrente dovra’ indicare – nel rigoroso rispetto delle previsioni di cui all’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6) e articolo 369 c.p.c., comma 2, n. 4) – il fatto storico, il cui esame sia stato omesso, il dato, testuale (emergente dalla sentenza) o extratestuale (emergente dagli atti processuali), da cui ne risulti l’esistenza, il come e il quando (nel quadro processuale) tale fatto sia stato oggetto di discussione tra le parti”, regola cui il ricorrente si e’ sottratto gia’ omettendo di indicare un vero e proprio “fatto”, in senso storico e normativo, ossia un fatto principale, ex articolo 2697 c.c., cioe’ un “fatto” costitutivo, modificativo impeditivo o estintivo, o anche un fatto secondario, vale a dire un fatto dedotto ed affermato dalle parti in funzione di prova di un fatto principale;
11. il quinto motivo, quanto al primo e terzo profilo di censura, e’
inammissibile, in applicazione del principio per cui “l’esame dei documenti esibiti e delle deposizioni dei testimoni, nonche’ la valutazione dei documenti e delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio sull’attendibilita’ dei testi e sulla credibilita’ di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute piu’ idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata” (Cass. 16056/2016, 19011/2017, 29404/2017);
12. cosi’ come, si ribadisce, l’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, “nel cui paradigma non e’ inquadrabile la censura concernente la omessa valutazione di deduzioni difensive” (Cass. 26305/2018); mentre “il giudizio sulla necessita’ ed utilita’ di far ricorso allo strumento della consulenza tecnica d’ufficio rientra nel potere discrezionale del giudice del merito, la cui decisione e’, di regola, incensurabile nel giudizio di legittimita’” (Cass. 7472/2017), senza che la denuncia, pur consentita in astratto, si sia nella specie riversata sull’omesso esame di “un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che sia stato oggetto di discussione tra le parti, ed abbia carattere decisivo”;
13. il terzo profilo del quinto motivo e’ infondato per una parte del profilo ed inammissibile per altra; nel riepilogo delle ragioni di dedotta inammissibilita’ dei testi indicati dal curatore (e poi ammessi dal tribunale), il ricorrente – invocando la violazione dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 – fa riferimento ad un’unica causa di incapacita’ (pag. 12-14), vale a dire la loro natura di “pretesi creditori ed ex cliente rimasti insoddisfatti dalla (OMISSIS)” (pag. 24), affermata in via diretta ovvero indiretta; in particolare, avendo riguardo ai testi citati nel decreto impugnato, la contestata incapacita’ risulta in realta’ segnalata quanto a (OMISSIS) (pag. 12), mentre di (OMISSIS) si predica l’essere marito di altra creditrice insinuata, sostenendo la tesi che fosse in societa’ con il coniuge titolare dell’impresa (pag. 13) ed infine, quanto a (OMISSIS), si menziona l’essere stato istante per la dichiarazione di fallimento e dunque che, nella veste, “avrebbe potuto presentare anche istanza tardiva d’ammissione al passivo” (pag. 14); orbene, la genericita’ ed eterogeneita’ delle indicazioni d’incapacita’, non altrimenti esplicitate, fa ritenere che l’ammissione ciononostante – di quei testi risulti, in primo luogo, superata implicitamente nella decisione della loro escussione (Cass. 29191/2017);
14. la medesima censura, in ogni caso, appare inammissibile, non rilevando come motivo di cassazione poiche’ dal suo accoglimento in astratto non deriverebbe in concreto una statuizione del giudice di esaminare l’eccezione nel merito, stante la sua infondatezza (Cass. 12412/2006, 5435/2010, 24445/2010); infatti, con essa non risulta dedotta alcuna violazione di un piu’ specifico principio di incompatibilita’ a rendere testimonianza, il quale non appare in radice dallo stesso riepilogo operato in ricorso circa le difese avanzate sul punto nel merito; all’opposto, invero, gia’ questa Corte, in tema, ha statuito che “l’interesse che determina l’incapacita’ a testimoniare, ai sensi dell’articolo 246 c.p.c., e’ solo l’interesse giuridico, personale, concreto ed attuale, che comporta o una legittimazione principale a proporre l’azione o una legittimazione secondaria a intervenire nel giudizio proposto da altri. Pertanto, attese l’interpretazione restrittiva del divieto di testimoniare, incidente sul diritto di difesa, e la natura dell’opposizione allo stato passivo fallimentare, divenuta giudizio a trattazione singolare con la riforma di cui al Decreto Legislativo n. 169 del 2007, deve escludersi che il creditore ammesso allo stato passivo sia, in quanto tale, incapace di testimoniare nel giudizio di opposizione allo stato passivo promosso da altro creditore, occorrendo viceversa apprezzare in concreto se l’eventuale intervento L. Fall., ex articolo 99, comma 8, come sostituito dal Decreto Legislativo n. 169 citato, si correli a un interesse giuridico, personale, concreto ed attuale, alla definizione del predetto giudizio” (Cass. 8239/2012); si tratta di principio ribadito, anche oltre la materia concorsuale, allorche’ si e’ ripetuto che “l’attuazione del principio costituzionale del diritto di difesa impone di interpretare in senso restrittivo tale divieto, salvo valutare sul piano dell’attendibilita’ le deposizioni”; cosi’ si sono espresse Cass. 8368/2018, n. m. (negando che pretesi autori del medesimo mobbing potessero di per se’ incorrere nel limite a deporre) e Cass. 525/2020, in motivazione (analogamente quanto al creditore della venditrice, in tema di pagamento in contanti del prezzo di un immobile venduto a terzi);
il ricorso principale va dunque rigettato; sussistono i presupposti per il cd. raddoppio del contributo unificato (Cass. s.u. 4315/2020).

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso; ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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