L’intermediario risponde comunque del reato di concorso in estorsione, salvo che il suo intervento abbia avuto la sola finalità di perseguire l’interesse della vittima

Corte di Cassazione, sezione quinta penale, Sentenza 26 settembre 2018, n. 41865.

La massima estrapolata:

L’intermediario risponde comunque del reato di concorso in estorsione, salvo che il suo intervento abbia avuto la sola finalità di perseguire l’interesse della vittima e sia stato dettato da motivi di solidarietà umana, finalità motivatamente esclusa nel caso di specie dall’ordinanza impugnata.

Sentenza 26 settembre 2018, n. 41865

Data udienza 11 giugno 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUNO Paolo Antonio – Presidente

Dott. SCOTTI Umberto Luigi – Consigliere

Dott. FIDANZIA Andrea – rel. Consigliere

Dott. BORRELLI Paola – Consigliere

Dott. RICCARDI Giuseppe – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 09/02/2018 del TRIB. LIBERTA’ di MESSINA;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. ANDREA FIDANZIA;
lette/sentite le conclusioni del PG Dr. PERLA LORI, per il rigetto;
udito il difensore avv. (OMISSIS).
Il difensore presente si riporta ai motivi.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 9 febbraio 2018 il Tribunale del Riesame di Messina ha confermato l’ordinanza del 3 gennaio 2018 con cui il G.I.P. presso lo stesso Tribunale ha applicato a (OMISSIS) la misura della custodia cautelare in carcere per il delitto di estorsione consumata ai danni di (OMISSIS) ed estorsione tentata ai danni di (OMISSIS), aggravate ex L. n. 203 del 1991, articolo 7.
2. Con atto sottoscritto dal proprio difensore ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS), affidandolo ai seguenti motivi.
2.1. Con il primo motivo e’ stata dedotta violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’articolo 192 c.p.p. per mancanza di gravi indizi in ordine alla consapevolezza del ricorrente della illiceita’ delle richieste del (OMISSIS).
Assume il ricorrente che le prove valorizzate dal Tribunale del Riesame, consistenti nelle dichiarazioni delle persone offese, non consentono di ritenere la sussistenza di un grave quadro indiziario in ordine alla sua consapevolezza della natura illecita del rapporto tra il (OMISSIS) e le persone offese. Il (OMISSIS) conosceva solo dai giornali le vicende giudiziarie del (OMISSIS), erano state le persone offese a contattarlo affinche’ si procurasse delle informazioni dal (OMISSIS), risiedendo quest’ultimo nel suo stesso palazzo, e ne’ le stesse persone offese ne’ il (OMISSIS) gli avevano comunicato la causale della dazione.
2.2. Con il secondo motivo e’ stato dedotto vizio di motivazione in relazione all’articolo 275 c.p.p. per la mancata applicazione degli arresti domiciliari.
Assume il ricorrente che la presunzione di sussistenza delle esigenze cautelari era superata dalla sua estraneita’ al contesto associativo, al suo stato di incensuratezza, alla mera occasionalita’ della sua condotta, peraltro, stimolata dalle stesse persone offese, con conseguente illogicita’ della motivazione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1 n primo motivo e’ infondato.
L’ordinanza impugnata ha evidenziato il contributo causale che l’indagato ha fornito a (OMISSIS), soggetto che si trovava agli arresti domiciliari per reati collegati alla mafia barcellonese, nelle estorsioni (consumata e tentata) da quest’ultimo rispettivamente perpetrate ai danni di (OMISSIS) e (OMISSIS), gestori di fatto della sala giochi scommesse denominata “(OMISSIS) Bet”.
Il Tribunale del Riesame ha altresi’ messo in luce con argomentazioni immuni da vizi logici come il (OMISSIS) fosse al corrente della natura illecita della dazione di denaro dell’ (OMISSIS) al (OMISSIS) e non potesse sostenersi che il (OMISSIS) avesse agito nell’esclusivo interesse delle persone offese: lo stesso ha continuato a portare all’ (OMISSIS) “ambasciate” quale portavoce di (OMISSIS) Mariano, nonostante fosse ben consapevole che lo stesso (OMISSIS) non intendesse assecondare le richieste estorsive dello stesso (OMISSIS). Ne’, peraltro, puo’ giustificarsi la condotta del (OMISSIS) con il rilievo che era vicino di casa del (OMISSIS), avendo l’ordinanza impugnata coerentemente osservato che tale circostanza poteva aver, al piu’, rappresentato una mera occasione iniziale di contatto tra i due, ma non poteva costituire la causa del durevole contegno del (OMISSIS), ne’ giustificarlo. Non vi e’ dubbio che il Tribunale del Riesame abbia fatto buon uso dei principi elaborati da questa Corte, essendo orientamento consolidato che, ai fini dell’integrazione del concorso di persone nel reato di’ estorsione, e’ sufficiente la coscienza e volonta’ di contribuire, con il proprio comportamento, al raggiungimento dello scopo perseguito da colui che esercita la pretesa illecita. Peraltro, l’intermediario risponde comunque del reato di concorso in estorsione, salvo che il suo intervento abbia avuto la sola finalita’ di perseguire l’interesse della vittima e sia stato dettato da motivi di solidarieta’ umana, finalita’ motivatamente esclusa nel caso di specie dall’ordinanza impugnata (sez. 2 n. 6824 del 18/01/2017,Rv. 269117; conf. Sez. 2 n. 37896 del 20/07/2017, Rv. 270723).
2. Il secondo motivo e’ infondato.
Va osservato che, in tema di custodia cautelare in carcere, la contestazione dell’aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, articolo 7 determina una presunzione relativa di concretezza ed attualita’ del pericolo di recidiva, superabile solo dalla prova, offerta dall’interessato, di elementi da cui desumere l’affievolimento o la cessazione di ogni esigenza cautelare, sicche’, in difetto di detta prova, l’onere motivazionale incombente sul giudice ai sensi dell’articolo 274 c.p.p. deve ritenersi rispettato mediante il semplice riferimento alla mancanza di elementi positivamente valutabili nel senso di un’attenuazione delle esigenze di prevenzione (Sez. 2, n. 3105 del 22/12/2016, Rv. 269112).
Nel caso di specie, secondo la ricostruzione dell’ordinanza impugnata, nessun elemento ha offerto l’indagato da cui desumere l’attenuazione delle esigenze cautelari, essendo, viceversa, la misura cautelare in carcere adeguata anche in considerazione del fatto che la eventuale misura degli arresti domiciliari presso la residenza dell’indagato collocherebbe il (OMISSIS) nel territorio in cui sono maturate le condotte contestate.
Il rigetto del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
La Cancelleria dovra’ provvedere agli adempimenti di cui all’articolo 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda alla Cancelleria per le comunicazioni di cui all’articolo 94 disp. att. c.p.p., comma 1.

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *