La mancata consegna al compratore del certificato di abitabilità non determina in via automatica la risoluzione del contratto preliminare

Corte di Cassazione, civile,
Ordinanza|3 febbraio 2023| n. 3419.

La mancata consegna al compratore del certificato di abitabilità non determina in via automatica la risoluzione del contratto preliminare

In tema di compravendita immobiliare, la mancata consegna al compratore del certificato di abitabilità non determina, in via automatica, la risoluzione del contratto preliminare per inadempimento del venditore, dovendo essere verificata in concreto l’importanza e la gravità dell’omissione in relazione al godimento ed alla commerciabilità del bene, sicché, ove in corso di causa si accerti che l’immobile promesso in vendita presentava tutte le caratteristiche necessarie per l’uso suo proprio e che le difformità edilizie rispetto al progetto originario erano state sanate a seguito della presentazione della domanda di concessione in sanatoria, del pagamento di quanto dovuto e del formarsi del silenzio-assenso sulla relativa domanda, la risoluzione non può essere pronunciata

Ordinanza|3 febbraio 2023| n. 3419. La mancata consegna al compratore del certificato di abitabilità non determina in via automatica la risoluzione del contratto preliminare

Data udienza 11 gennaio 2023

Integrale

Tag/parola chiave: Vendita – Contratto preliminare – Mancata consegna del certificato di abitabilità – Risoluzione automatica del contratto – Esclusione – Importanza e gravità dell’omissione – Valutazione – Necessità

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere

Dott. AMATO Cristina – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 17741/2018 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dagli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 385/2017 della CORTE D’APPELLO DI LECCE – SEZ. DIST. DI TARANTO, depositata il 27.11.2017;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 11.01.2023 dal Consigliere Dott. CRISTINA AMATO.

RILEVATO

che:
1. Il sig. (OMISSIS) conveniva innanzi al Tribunale di Lecce il sig. (OMISSIS), chiedendo dichiararsi il suo diritto a recedere dal contratto preliminare di compravendita di un immobile sito in (OMISSIS), stipulato con il promissario acquirente (OMISSIS) in data 25.02.2009, nonche’ il suo diritto a trattenere la somma versata in due riprese dal (OMISSIS) (Euro 30.000,00), a titolo di caparra confirmatoria. A sostegno della domanda proposta, il sig. (OMISSIS) assumeva in punto di fatto che le parti avevano concordato il differimento del termine di stipulazione del contratto definitivo previsto per il 10.06.2009 al 31.12.2009, ma che il giorno prima del rogito il promissario acquirente aveva comunicato al promittente venditore la mancata concessione del mutuo da parte dell’istituto bancario; contestualmente, lo stesso promissario chiedeva il certificato di abitabilita’ al sig. (OMISSIS). A seguito di tale comunicazione il promittente venditore fissava inutilmente nuova data del rogito al 10.02.2010. Costituitosi in giudizio, il sig. (OMISSIS) interponeva domanda riconvenzionale per la risoluzione del contratto di compravendita per inadempimento del promittente venditore, non in grado di produrre il certificato di abitabilita’ dell’immobile oggetto del preliminare.
Il Tribunale di Lecce, con sentenza n. 16/2016, respingeva la domanda attorea ritenendo che l’agibilita’ doveva reputarsi rilasciata solo con la certificazione del Comune di Taranto del 27.07.2010, data successiva a quella fissata per il rogito, sicche’ giustificatamente il promissario acquirente non poteva ritenersi obbligato ad adempiere.
2. Avverso detta pronuncia interponeva appello il sig. (OMISSIS), dolendosi della mancata assegnazione di rilevanza giuridica al silenzio-assenso formatosi sulla domanda di certificazione di agibilita’ presentata dal promittente venditore al Comune di Taranto. La Corte d’appello di Lecce, con sentenza n. 385/2017, accoglieva il gravame dichiarando sussistente il diritto del sig. (OMISSIS) a recedere dal contratto di preliminare di compravendita e a trattenere le somme a suo tempo versate da controparte a titolo di caparra confirmatoria, condannando il promissario acquirente alla restituzione della complessiva somma di Euro37,554,00, oltre alle spese di entrambi i gradi di giudizio. Per quel che ancora rileva in sede di legittimita’, osservava la Corte:
– dalla certificazione di abitabilita’ rilasciata dal Comune di Taranto in data 27.07.2010 risulta che il sig. (OMISSIS) aveva presentato domanda per il suo rilascio in data 03.07.2009: pertanto, in data 01.09.2009 – scaduti i 60 giorni previsti dal Decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, articolo 25, comma 4 – il certificato di abitabilita’ doveva reputarsi come gia’ rilasciato dal Comune, formatosi con il silenzio-assenso al rilascio della certificazione;
– la certificazione intervenuta in data 27.07.2010 risponde alla necessita’ per la P.A. di ottemperare all’obbligo gravante sulla stessa di emettere un provvedimento formale;
– stante l’illegittimita’ del rifiuto ad adempire del promissario acquirente, si ravvisa l’inadempimento colpevole del sig. (OMISSIS) all’obbligazione di stipula del contratto definitivo.
3. La suddetta sentenza veniva impugnata per cassazione dal sig. (OMISSIS), affidando il ricorso ad un unico motivo.
Resiste con controricorso (OMISSIS).
In prossimita’ dell’udienza il controricorrente ha presentato memoria.

CONSIDERATO

che:
1. Preliminarmente, si devono disattendere le censure di inammissibilita’ del ricorso sollevate dal controricorrente, che investono la mancata specificazione dei motivi di ricorso, da articolarsi ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 1)-5), nonche’ la mescolanza e sovrapposizione di mezzi di impugnazione eterogenei. Benche’ la mancata articolazione dei motivi renda difficile la lettura del presente ricorso, tuttavia occorre evitare un approccio eccessivamente puntiglioso: la sanzione dell’inammissibilita’ scatta solo allorche’ il deficit di chiarezza determini la violazione dei requisiti di contenuto-forma stabiliti dell’articolo 366 c.p.c., nn. 3 e 4 (Cass. Sez. U., n. 37552 del 30 novembre 2021). Nel ricorso e’ possibile distinguere i motivi delle censure, sebbene non specificati ai sensi articolo 360 c.p.c., comma 1.
2. Con l’unico motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione dell’articolo 1460 c.c., nonche’ omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio. Violazione e falsa applicazione della L. 7 agosto 1990, n. 241, articolo 20, nel testo applicabile ratione temporis. Violazione e falsa applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, articolo 25. Il ricorrente censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto determinante la sussistenza del certificato di abitabilita’ a seguito di formazione del silenzio-assenso del Comune di Taranto, e aggredisce la pronuncia sotto diversi profili: omesso esame di un fatto decisivo, ossia la circostanza che il promissario acquirente non poteva essere (e di fatto non era) al corrente della presentazione dell’istanza al Comune e dell’avvenuto decorso del termine utile per la formazione del silenzio-assenso; inoltre, l’atto amministrativo emanato dalla PA tramite silenzio-assenso non fornirebbe alcuna certezza all’acquirente in merito alla sua legittimita’, posto che esso potrebbe essere oggetto di un provvedimento di annullamento e/o revoca in autotutela della P.A.; infine, il giudice di seconde cure avrebbe dovuto accertare l’intero procedimento amministrativo di richiesta della certificazione di cui si discute, al fine di escludere l’eventuale esistenza di interruzioni e sospensioni del procedimento, come previste dalla L. n. 240 del 1990 (articolo 20), posto che la semplice istanza al Comune, proposta Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, ex articolo 25, non determina il silenzio-assenso e, quindi, non garantisce l’esistenza del certificato di abitabilita’.
2.1. Il motivo e’ infondato. Non puo’ essere accolta la prima censura, poiche’ lo stesso ricorrente riconosce che il promittente venditore, a seguito dell’espressa richiesta effettuata dal sig. (OMISSIS) – da lui avanzata unitamente alla comunicazione di mancata concessione del mutuo inviata al promittente venditore in prossimita’ della data di stipulazione del rogito – si era premurato di rassicurare il promissario acquirente, tramite il suo tecnico di fiducia, dell’avvenuto rilascio della certificazione mediante silenzio-assenso del Comune.
Priva di pregio e’, altresi’, l’argomentazione per cui l’atto amministrativo emanato dalla PA tramite silenzio-assenso non fornirebbe alcuna certezza all’acquirente, posto che anche la certificazione formale e’ suscettibile di essere annullata d’ufficio L. n. 241 del 1990, ex articolo 21-nonies. Oltre al fatto che e’ errata l’affermazione per cui la Corte d’Appello avrebbe attribuito valore probatorio all’istanza proposta Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, ex articolo 25: chiaramente il giudice di seconde cure – verificato il trascorrere dei 60 giorni previsti dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, richiamato articolo 25 – ha attribuito valore all’intera sequenza (presentazione dell’istanza e dell’autocertificazione sanitaria, decorso del tempo) ai fini della formazione dell’assentimento tacito al riconoscimento dell’abitabilita’ da parte del Comune di Taranto.
Il Collegio intende confermare quanto gia’ affermato da questa Corte: “In tema di compravendita immobiliare, la mancata consegna al compratore del certificato di abitabilita’ non determina, in via automatica, la risoluzione del contratto preliminare per inadempimento del venditore, dovendo essere verificata in concreto l’importanza e la gravita’ dell’omissione in relazione al godimento e alla commerciabilita’ del bene, sicche’, ove in corso di causa si accerti che l’immobile promesso in vendita presentava tutte le caratteristiche necessarie per l’uso suo proprio e che le difformita’ edilizie rispetto al progetto originario erano state sanate a seguito della presentazione della domanda di concessione in sanatoria, del pagamento di quanto dovuto e del formarsi del silenzio-assenso sulla relativa domanda, la risoluzione non puo’ essere pronunciata (Cass. Sez. 2, n. 29090 del 05/12/2017, conf. da Cass. Sez. 6 – 2, n. 34882 del 2022, non massimata). E da tale orientamento non vi e’ ragione di discostarsi.
2.2. In definitiva, il ricorso deve essere rigettato, e le spese addossate al ricorrente come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso;
condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, in favore del controricorrente, che liquida in Euro 6.100,00 oltre ad Euro200,00 di esborsi, oltre agli accessori di legge nella misura del 15%.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater (inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17) applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.

 

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