Nel giudizio di appello in caso di diversa valutazione del materiale probatorio in primo grado ritenuto idoneo

Corte di Cassazione, penale, Sentenza|15 aprile 2021| n. 14194.

Nel giudizio di appello, in caso di diversa valutazione del materiale probatorio in primo grado ritenuto idoneo a giustificare una pronuncia di colpevolezza, per la riforma della sentenza non occorre che la motivazione esprima una forza persuasiva superiore, ma è sufficiente che la diversa valutazione sia dotata di pari o addirittura minore plausibilità di quella operata dal primo giudice, perché l’assoluzione a differenza della condanna non presuppone la certezza dell’innocenza ma la mera non certezza della colpevolezza.

Sentenza|15 aprile 2021| n. 14194

Data udienza 18 marzo 2021

Integrale

Tag – parola chiave: CIRCOLAZIONE STRADALE – RESPONSABILITA’ DA SINISTRI STRADALI – RESPONSABILITA’ DA SINISTRI STRADALI (IN GENERE)

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PICCIALLI Patrizia – Presidente

Dott. DOVERE Salvatore – Consigliere

Dott. ESPOSITO Aldo – Consigliere

Dott. PEZZELLA Vincenzo – rel. Consigliere

Dott. TANGA Antonio L. – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS) – parte civile;
nel procedimento a carico di:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
inoltre:
AVIVA ITALIA (Responsabile Civile);
avverso la sentenza del 26/06/2019 del TRIBUNALE di MACERATA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. VINCENZO PEZZELLA;
– lette le conclusioni scritte per l’udienza senza discussione orale (Decreto Legge n. 137 del 2020, articolo 23, comma 8) del PM, in persona del Sostituto Procuratore Dr. TASSONE KATE, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata in relazione al primo motivo di ricorso ed il rigetto nel resto;
– lette le conclusioni scritte del 3/2/2020 e del 10/3/2021 a firma dell’Avv. (OMISSIS), nell’interesse della parte civile ricorrente (OMISSIS), che ha insistito per l’accoglimento del ricorso, con vittoria di spese:
– lette le conclusioni del 29/1/2020 a firma dell’Avv. (OMISSIS) e del 25/2/2021 a firma dell’Avv. (OMISSIS) nell’interesse dell’imputato (OMISSIS), che hanno chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi il ricorso della parte civile.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 24/9/2018 il Giudice di Pace di Macerata, riconosciutegli le circostanze attenuanti generiche, condannava (OMISSIS) alla pena di Euro 800 di multa, oltre al risarcimento del danno alla costituita parte civile, con una provvisionale immediatamente esecutiva di Euro 20.000, in quanto riconosciutolo colpevole del reato p. e p. dall’articolo 590 c.p., perche’ per colta dovuta a negligenza, imprudenza ed inosservanza delle norme concernenti la disciplina della circolazione stradale, cagionava a (OMISSIS) lesioni personali consistenti in frattura gamba con sindrome compartimentale e deficit SPE a sinistra giudicate guaribili con prognosi di circa 60 gg. In particolare, (OMISSIS) mentre era alla guida del motociclo Kawasaki tg. (OMISSIS) lungo la (OMISSIS) nel territorio extraurbano del comune di (OMISSIS) con direzione di marcia monti-mare non era in grado di compiere in condizioni di sicurezza tutte le manovre richieste dalla normale circolazione poiche’ andava a tamponare il ciclomotore Piaggio tg. (OMISSIS) condotto da (OMISSIS) che lo precedeva lungo la suddetta via. In (OMISSIS).
Sull’appello proposto dall’imputato, con sentenza del 26/6/2019 il Tribunale di Macerata, in riforma della sentenza di primo grado, assolveva il (OMISSIS), con la formula “perche’ il fatto non costituisce reato”.
2. Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per Cassazione, a mezzo del proprio difensore di fiducia, la parte civile (OMISSIS), deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’articolo 173 disp. att. c.p.p., comma 1.
Con un unico motivo la parte civile ricorrente deduce violazione di legge e vizio motivazionale, osservando che l’imputato aveva interposto appello avverso la sentenza di condanna per due motivi: erroneo riconoscimento di responsabilita’ penale e conseguente erronea condanna al risarcimento dei danni e sussistenza dell’esimente dello stato di necessita’.
Orbene, le affermazioni contenute nell’atto di appello riguardanti la dinamica dei fatti non si sarebbero confrontate con quanto esposto dal Giudice di Pace e con la condotta contestata nel capo di accusa, e dunque si lamenta che l’appello doveva essere dichiarato inammissibile.
In ogni caso il tribunale sarebbe incorso in un travisamento dei fatti poiche’ dal verbale della Polizia Stradale era emerso che la moto condotta dal (OMISSIS) aveva tamponato ad elevata velocita’ il ciclomotore del (OMISSIS), che non stava svoltando a sinistra ma semplicemente seguendo l’andamento della strada di percorrenza.
Chiede, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata.
3. In data 29/1/2020 e’ stata presentata memoria difensiva a firma dell’Avv. (OMISSIS), nell’interesse dell’imputato (OMISSIS), con cui si chiede dichiararsi inammissibile il ricorso proposto dalla parte civile.
In data 3/2/2020 e’ stata depositata memoria difensiva a firma dell’Avv. (OMISSIS), nell’interesse della parte civile ricorrente (OMISSIS), con cui, ulteriormente illustratili, si insiste nei motivi del ricorso e si chiede l’annullamento della sentenza impugnata).
In particolar modo, si ribadisce che, a fronte di un appello alle soglie della inammissibilita’ per genericita’ e palese infondatezza, il giudice monocratico, avrebbe pronunciato la propria decisione, incurante del fatto che un altro giudice si era gia’ espresso, in senso contrario, e che vi era stato un atto di appello fondato su due motivi rispetto ai quali non si pronuncia. Non una parola – ci si duole- si rinviene nella impugnata sentenza a contestazione del ragionamento del primo giudicante, ritenuto meritevole di riforma e, del pari, non una parola in sentenza in relazione ai due motivi di appello, cosi’ come evincibili da un atto che si assume essere generico e privo di indicazione dei capi della sentenza impugnati e delle motivazioni a sostegno.
Inoltre, ribadisce il vizio di motivazione per completa e prevenuta illogicita’ della sentenza impugnata che risulta documentalmente che l’imputato, proveniente da tergo ha in realta’ tamponato lo scooter in sella al quale viaggiava la parte offesa. La illogicita’ sarebbe comprovata dalla posizione di quiete dei due mezzi coinvolti nel sinistro, cosi’ come risultante dagli elaborati redatti dalla Polstrada intervenuta.
Nella grafica che viene proposta vengono evidenziate su detto elaborato le due ipotesi: la freccia verde rappresenta la situazione di quiete dei mezzi nell’ipotesi del tamponamento da parte dell’imputato mentre quella rossa la ipotetica posizione di quiete nella ipotesi della difesa. E si evince che solo il forte urto da tergo descritto dai verbalizzanti e testimoniato anche dai punti di collisione rinvenibili sul motociclo e sul ciclomotore, giustificano il “volo” di circa dieci metri compiuto dalla parte lesa e le lesioni patite.
4. Con atto del 25/2/2021 venivano presentate nuove conclusioni a firma dell’Avv. (OMISSIS) nell’interesse di (OMISSIS), con cui si insiste per la declaratoria di inammissibilita’ del ricorso proposto dalla parte civile.
In data 1/3/2021 ha reso le proprie conclusioni scritte il PG presso questa Corte di legittimita’ che ha chiesto l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata limitatamente al secondo motivo di ricorso, con rigetto nel resto.
In data 10/3/2021 vengono rassegnate le conclusioni, con allegata nota spese, nell’interesse della parte civile ricorrente, a firma dell’Avv. (OMISSIS), con cui si insiste per l’accoglimento del ricorso, con rifusione di spese.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. In primis, va evidenziato che, ad avviso del Collegio il ricorso e’ ammissibile, ritenendosi di dover aderire all’orientamento della giurisprudenza di questa Corte di legittimita’ secondo cui sussiste l’interesse della parte civile ad impugnare la decisione assolutoria pronunciata con la formula “perche’ il fatto non costituisce reato”, in quanto le limitazioni all’efficacia del giudicato previste dall’articolo 652 c.p.p. non incidono sull’estensione del diritto all’impugnazione ad essa riconosciuto in termini generali nel processo penale dall’articolo 576 c.p.p., imponendosi altrimenti alla stessa di rinunciare agli esiti dell’accertamento compiuto nel processo penale e a riavviare “ab initio” l’accertamento in sede civile, con conseguente allungamento dei tempi processuali (cosi’ Sez. 2, n. 10638 del 30/1/2020 Enderlin, Rv. 278519, Sez. 4, n. 10114 del 21/11/2019 dep. 2020, Zanini. Rv. 278643; Sez. 2, n. 36930 del 04/07/2018, Addonisio, Rv. 273519; Sez. 5, n. 27318 del 07/03/2019, Marzuoli, Rv. 276640).
Giungendo, condivisibilmente alle medesime conclusioni, altra pronuncia ha anche posto l’accento sul fatto che, chi intraprende il giudizio civile dopo avere gia’ ottenuto in sede penale il riconoscimento della responsabilita’ per fatto illecito della controparte, si giova di tale accertamento e si trova in posizione migliore di chi deva cominciare il giudizio “ex novo” (Sez. 6, n. 36526 del 28/10/2020, Pilato, Rv. 280182).
E’ noto alla Corte che esiste anche un orientamento di segno contrario, che tuttavia si ritiene non condivisibile, con cui si e’ affermato essere inammissibile per carenza di interesse il ricorso della parte civile avverso la sentenza di assoluzione con la formula “perche’ il fatto non costituisce reato”, trattandosi di accertamento che non ha efficacia di giudicato nell’eventuale giudizio civile per le restituzioni e il risarcimento del danno (cosi’ Sez.4, n. 33255 del 9/7/2019, PC Gancia c/ Luparelli Rv.276598; Sez.4, n. 25141 del 14/3/2019, Aloi C/ De Torna, Rv. 276338; Sez.4, n. 18781 del 12/3/2019, Comellini C/ Montaguti, Rv.275761; Sez. 3, n. 24589 del 15/03/2017, PC in Proc. Saporito, Rv. 270053).
A seguire tale tesi, tuttavia, si costringerebbe la parte civile che intende impugnare la sentenza assolutoria perche’ il fatto non costituisce reato, a rinunciare agli esiti dell’accertamento compiuto nel processo penale ed a riavviare ab initio l’accertamento in sede civile, con grave nocumento anche per i tempi complessivi dell’accertamento giurisdizionale.
Come ricorda la sentenza 56626/20, sul tema si sono gia’ pronunziate le Sezioni Unite di questa Corte (Sez. Un., n. 40049 del 29/05/2008, Guerra, Rv. 240815), che hanno affermato l’interesse della parte civile ad impugnare la sentenza di assoluzione “perche’ il fatto non costituisce reato”, sebbene priva di efficacia di giudicato nel giudizio civile o amministrativo per le restituzioni o il risarcimento del danno, “al fine di ottenere l’affermazione di responsabilita’ per il fatto illecito perche'”, come gia’ ricordato, “chi intraprende il giudizio civile dopo avere gia’ ottenuto in sede penale il riconoscimento della responsabilita’ per fatto illecito della sua controparte si giova di tale accertamento e si trova in una posizione migliore di chi deve cominciare dall’inizio”.
In tale prospettiva il diritto all’impugnazione, che e’ riconosciuto in termini generali alla parte civile dall’articolo 576 c.p.p., “non soffre alcuna limitazione in relazione alla formula di assoluzione, dato che la scelta di esercitare i propri diritti in sede penale implica che la parte abbia la prerogativa di percorrere l’intero itinerario processuale previsto per le impugnazioni a nulla rilevando le limitazioni all’efficacia di giudicato previste dall’articolo 652 c.p.p., che non incidono sull’estensione del diritto all’impugnazione, ma operano sul piano dell’efficacia del giudicato penale nel giudizio civile” (cfr. Sez. 5, n. 27318 del 07/03/2019, Mazzini, Rv. 276640; Sez. 2, n. 41784 del 18/07/2018, Tola, Rv. 275416; Sez. 2, n. 36930 del 04/07/2018, Addonisio, cit.).
3. Peraltro, la piu’ recente pronunzia delle Sezioni Unite Papaleo (Sez. Un., n. 28911 del 28/03/2019, Papaleo, Rv. 275953), in un caso in cui il Supremo Collegio era chiamato a risolvere la diversa questione dell’ammissibilita’ dell’impugnazione della parte civile avverso la sentenza che abbia dichiarato l’estinzione del reato per prescrizione, ha ribadito i principi affermati dalla sentenza Guerra, affermando che in base all’articolo 576 c.p.p. la parte civile e’ legittimata all’impugnazione di tutte le sentenze di proscioglimento pronunciate nel giudizio, senza alcuna distinzione (e quindi anche quelle prive di efficacia di giudicato nel giudizio civile e amministrativo), e senza che alcuna limitazione possa desumersi dalla previsione di cui all’articolo 538 c.p.p., stante la natura derogatoria della previsione dell’articolo 576 rispetto a quella dell’articolo 538 c.p.p. e il diverso ambito applicativo delle due norme, consentendo l’articolo 576 c.p.p. alla parte civile di ottenere la condanna al risarcimento dei danni in sede di appello, laddove in primo grado sia mancata la sentenza di condanna.
Va ancora una volta, pertanto, richiamato il condivisibile dictum di Sez. 6 n. 56626/20, ove, a commento di SS.UU. Papaleo si legge: “Sotto il profilo della sussistenza dell’interesse a ricorrere la Corte ha escluso la rilevanza della mancanza di efficacia di giudicato nel giudizio civile di danno ai sensi dell’articolo 652 c.p.p. della sentenza oggetto di impugnazione della parte civile, sulla base della considerazione “che, se lo stesso sistema ha riconosciuto al danneggiato la possibilita’ di azionare la propria pretesa di carattere civilistico percorrendo, oltre alla via del giudizio civile, anche quella del giudizio penale mediante la costituzione in esso di parte civile, una interpretazione che venisse a ritenere insussistente l’interesse alla impugnazione nel processo penale sol perche’ sarebbe pur sempre possibile la residua azione civile si tradurrebbe nella sostanziale ripulsa dello stesso congegno normativo e nella indebita “amputazione” di una facolta’ riconosciuta dallo stesso legislatore; ne’ puo’ condividersi un ragionamento che, rispetto all’interesse a che, con il mezzo di impugnazione, si possa ottenere un risultato piu’ favorevole rispetto a quello avutosi per effetto della decisione impugnata, privilegi, fino a farla diventare esclusiva, la valutazione di elementi esterni a quelli del raffronto, appunto, tra contenuto della decisione impugnata (che non sia venuta, ovviamente, meno per altre ragioni) e contenuto della decisione che, attraverso l’impugnazione, si intenda perseguire”. Ritenendo che la possibilita’, per la parte civile, di assicurarsi quegli stessi vantaggi al di fuori del processo penale non possa annullare l’interesse ad ottenerli, ancor prima e in modo processualmente piu’ rapido e conveniente innanzitutto in sede penale, nella sentenza “Papaleo” e’ stato ribadito il principio (gia’ affermato da Sez. U, n. 40049 del 29/05/2008, Guerra, Rv. 240815) secondo cui, “avendo il danneggiato, con la costituzione di parte civile, inteso trasferire in sede penale l’azione civile di danno, lo stesso ha “interesse ad ottenere nel giudizio penale il massimo di quanto puo’ essergli riconosciuto”, si’ che non gli si puo’ negare l’interesse ad impugnare la decisione di proscioglimento anche quando questa manchi, come e’ nel caso in esame, di efficacia preclusiva”; e’ stata inoltre ritenuta condivisibile la richiamata considerazione secondo cui, “in caso di assoluzione perche’ il fatto non costituisce reato, le limitazioni all’efficacia di giudicato, previste dall’articolo 652 c.p.p., non incidono sull’estensione del diritto all’impugnazione, riconosciuto in termini generali alla parte civile nel processo penale dall’articolo 576 c.p.p., giacche’, tra l’altro, ove si ritenesse il contrario, la parte civile che intendesse impugnare la sentenza assolutoria sarebbe costretta a rinunciare agli esiti dell’accertamento compiuto nel processo penale e a riavviare ab initio l’accertamento in sede civile, con conseguente allungamento dei tempi processuali (Sez. 2, n. 41784 del 18/07/2018, Edilscavi, Rv. 275416, e Sez. 2, n. 36930 del 04/07/2018, Addonisio, Rv. 273519)”.
4. Detto dell’ammissibilita’ del ricorso, ritiene, tuttavia il Collegio che i motivi proposti siano infondati e che, pertanto, lo stesso vada rigettato.
Ed invero, con entrambi i motivi di ricorso, nel sottolineare – come poi anche ulteriormente precisato nella memoria difensiva del 3/2/2020 – che il giudice di appello non si sia confrontato con la ricostruzione dei fatti e con il percorso motivazionale del giudice di primo grado, il difensore della parte civile ricorrente finisce, per lamentarsi, in concreto, che il giudice di secondo grado non offra una motivazione c.d. rafforzata.
Ebbene, sul punto, la doglianza e’ infondata.
Come ha avuto modo di ricordare in piu’ occasioni questa Corte se per la riforma in appello di una decisione assolutoria, non e’ sufficiente una diversa valutazione caratterizzata da pari o addirittura minore plausibilita’ rispetto a quella operata dal primo giudice, ma occorre che la sentenza di appello abbia una forza persuasiva superiore, tale da far cadere ogni ragionevole dubbio, in qualche modo intrinseco alla stessa situazione di contrasto (la c.d. motivazione rafforzata), nel caso inverso tale diversa valutazione e’ del tutto sufficiente giacche’, se la condanna deve presupporre la certezza della colpevolezza, l’assoluzione, come detto in precedenza, non presuppone la certezza dell’innocenza, ma la mera non certezza della colpevolezza (cosi’ Sez. 3, n. 42007 del 27/9/2012, M. Rv. 253605 che richiama sez. 6, n. 40159 del 3/11/2011, Galante, Rv. 251066).
Sono poi intervenute le Sezioni Unite Troise (Sez. Un., n. 14800 del 21/12/2017 dep. 2018, Troise, Rv. 272430) a ricordare come “la disposizione che ha introdotto nel sistema codicistico il canone dell’oltre ogni ragionevole dubbio e’ stata, non a caso, riferita dal legislatore all’esclusivo ambito di applicazione dell’articolo 533 c.p.p., che attiene alla pronuncia di una sentenza di condanna, mentre dall’articolo 530 c.p.p., che disciplina il diverso esito assolutorio, non soltanto non emerge un criterio di giudizio analogo, ma ne affiora, nella sostanza, uno opposto. Nel comma 2 di tale articolo, infatti, si prevede che il giudice debba pronunciare assoluzione in tutti i casi in cui un dubbio sussiste e non puo’ essere superato, cio’ che equivale a descrivere – dalla prospettiva dell’assolu-zione – il mancato soddisfacimento della regola del ragionevole dubbio” (in senso conforme era, peraltro, la prevalente elaborazione giurisprudenziale di questa Corte cfr. Sez. 5, n. 42443 del 07/06/2016, G., Rv. 267931; Sez. 5, n. 35261 del 6/04/2017, Lento, Rv. 270721; Sez. 5, n. 2499 del 15/11/2016, dep. 2017, Vizza, Rv. 269073; Sez. 3, n. 46455 del 17/02/2017, M., Rv. 271110; Sez. 6, n. 55748 del 14/09/2017, Macri’, non mass.)
Presunzione di innocenza e ragionevole dubbio – ricordano ancora SSUU Troise- impongono “soglie probatorie asimmetriche in relazione alla diversa tipologia dell’epilogo decisorio: la certezza della colpevolezza per la condanna, il dubbio processualmente plausibile per l’assoluzione”. E comportano: “…conseguenze sulla estensione dell’obbligo di motivazione, che, in caso di totale riforma in grado di appello, si atteggia diversamente a seconda che si verta nell’ipotesi di sovvertimento della sentenza assolutoria ovvero in quella della totale riforma di una sentenza di condanna. Mentre nel primo caso, infatti, al giudice d’appello si impone l’obbligo di argomentare circa la plausibilita’ del diverso apprezzamento come l’unico ricostruibile al di la’ di ogni ragionevole dubbio, in ragione di evidenti vizi logici o inadeguatezze probatorie che abbiano inficiato la permanente sostenibilita’ del primo giudizio, per il ribaltamento della sentenza di condanna, al contrario, il giudice d’appello puo’ limitarsi a giustificare la perdurante sostenibilita’ di ricostruzioni alternative del fatto, sulla base di un’operazione di tipo essenzialmente demolitivo”.
Deve trattarsi, e’ la condivisibile conclusione cui pervengono le SS.UU Troise, di ricostruzioni non solo astrattamente ipotizzabili in rerum natura, ma la cui plausibilita’ nella fattispecie concreta risulti ancorata alle risultanze processuali, assunte nella loro oggettiva consistenza. Ed e’ dunque necessario che il dubbio ragionevole risponda non solo a criteri dotati di intrinseca razionalita’, ma sia suscettibile di essere argomentato con ragioni verificabili alla stregua del materiale probatorio acquisito al processo.
5. Se dunque al giudice di appello, in casi come quello che ci occupa, non e’ richiesta una motivazione rafforzata -come sembra richiedere la parte civile ricorrente – bensi’, come si afferma nel principio di diritto statuito dalle SS.UU Troise “… una motivazione puntuale e adeguata della sentenza assolutoria, dando una razionale giustificazione della difforme conclusione adottata rispetto a quella del giudice di primo grado” ritiene il Collegio che il tribunale marchigiano abbia ottemperato al suo obbligo. Cio’ facendo con una motivazione esaustiva, priva di aporie logiche, oltre che corretta in punto di diritto, e che, pertanto, si sottrae ai denunciati vizi di legittimita’.
I giudici di merito ricordano come dalla relazione conclusiva del distaccamento Polizia Stradale – Ufficio Infortunistica di Civitanova Marche del 3/12/2014 sia dato evincere che il (OMISSIS) alle h. 15:40 (OMISSIS), alla guida del ciclomotore, Piaggio tg. (OMISSIS) percorreva la S.P. 485 con direzione di marcia mare-monti. Tuttavia, su tale strada era in corso una gara ciclistica, in cui vi erano dei concorrenti in fuga ed il (OMISSIS) si era trovato a circolare tra questi ed il gruppo degli inseguitori. Una volta giunto sul tratto curvilineo a sinistra della provinciale, entrava in collisione con il motociclo Kawasaki tg. (OMISSIS) condotta da (OMISSIS), il quale – proveniente da tergo – seguiva la gara ciclistica in direzione di (OMISSIS), in quanto faceva parte della scorta tecnica. L’urto, di forte entita’, si era verificato sulla corsia monti della (OMISSIS), tra il fianco anteriore destro del motociclo condotto dal (OMISSIS) (che, dopo la collisione, assumeva la posizione di quiete) ed il fianco sinistro parte posteriore del ciclomotore condotto dal (OMISSIS), che – in seguito della spinta ricevuta dal motociclo, disarcionato il conducente – proseguiva sulla via Circonvallazione in direzione (OMISSIS), per poi rovinare a terra ed assumere la posizione di quiete fuori strada a sinistra adagiato sul fianco sinistro, con la parte anteriore rivolta verso mare obliqua verso sud.
Quanto ai comportamenti dei singoli che avevano portato a tale evento, il giudice di appello da’ atto delle diverse versioni dei fatti fornite nel corso del processo. Ricorda, in particolare, che la persona offesa, (OMISSIS), riferiva che con il proprio scooter, mentre stava per immettersi sulla provinciale per raggiungere (OMISSIS), alla rotonda aveva visto delle persone con delle casacche e delle divise; sebbene avesse rallentato, nonostante la sua titubanza, tuttavia non avendo ricevuto alcuna indicazione contraria – si era immesso sul relativo tratto di strada, seppure avesse notato due auto della gara ciclistica con una grande scritta “(OMISSIS)”, rendendosi conto che era in corso una gara ciclistica.
Ciononostante, a suo dire, aveva proseguito verso (OMISSIS) fino all’ultima rotonda, tenendosi ad una distanza di 200 metri dai ciclisti, procedendo ad una velocita’ di 30 km/h. Mentre si trovava all’interno della propria corsia di marcia, vicino al centro della carreggiata, “svoltava leggermente a sinistra”, ma era stato tamponato da una moto di grande cilindrata sul lato posteriore sinistro. Nonostante ribadisse che era in corso una gara ciclistica ed avesse incrociato altre moto e scooter, tuttavia, negava che alcuno lo avesse fermato presso le tre rotonde o che alcuno gli aveva fatto segnalazioni acustiche (il richiamo e’ al verbale dell’udienza dell’8. 5.2017).
Anche (OMISSIS), amico del (OMISSIS), con cui questi doveva recarsi a vedere una partita, pur avendo notato i cartelli con la scritta “gara ciclistica”, si era immesso con il suo scooter sul tratto di strada che conduceva da (OMISSIS), sostenendo che nessuno gli aveva impedito di passare. E aveva ricordato come, nella curva prima del centro abitato, aveva visto una moto della scorta che tamponava uno scooter, che – pur tenendo la destra della carreggiata – svoltava a sinistra, mentre la moto proseguiva dritta verso (OMISSIS). L’impatto – secondo il racconto- era avvenuto a meta’ della curva, mentre lo scooter aveva gia’ iniziato a percorrere la strada che proseguiva a sinistra, Il (OMISSIS) si trovava ad una distanza di 50 metri e procedeva ad una velocita’ di 30 o 40 km all’ora, allorquando era stato superato dalla moto del (OMISSIS), il quale, dunque, andava ad una velocita’ maggiore (verbale dell’udienza dell’8.5.2017).
Di contro veniva offerta una diversa ricostruzione della dinamica dell’incidente. A cominciare dal teste (OMISSIS), coordinatore delle scorte tecniche della gara, che sosteneva di avere intimato allo scooter del (OMISSIS) di fermarsi a destra con paletta e fischietto, tuttavia questi non aveva ottemperato al suo ordine ed egli, con la radio, si era rivolto al (OMISSIS), affinche’ questi lo facesse accostare a destra, costituendo un pericolo per i due gruppi di ciclisti, che procedevano ad una velocita’ di circa 50 km/h. Il teste spiegava che le scorte tecniche, di cui faceva parte il (OMISSIS), avevano il compito di assicurare l’incolumita’ dei concorrenti e dei mezzi autorizzati, per cui per svolgere il proprio compito, in quel tratto di gara non vi era l’obbligo di rispettare il codice della strada (verbale dell’udienza del 7.5.2018).
Ancora, il teste (OMISSIS), il quale indossava la casacca della scorta tecnica ed aveva una paletta in mano, un fischietto ed una bandiera, riferiva che “il conducente dello scooter” aveva disatteso il suo “ordine di fermarsi”. Quindi, aveva visto la moto del (OMISSIS) che – dopo aver “lampeggiato” e “suonato” – si era affiancata allo scooter che, tuttavia, aveva “girato di scatto”, senza azionare l’indicatore della freccia ed aveva “battuto con la moto che lo aveva affiancato”. Lo scooter era in mezzo al gruppo in fuga, continuando la corsa insieme ai ciclisti. Sebbene immediatamente dietro lo scooter non vi fosse nessuno, tuttavia poi erano sopraggiunti “altri ciclisti” (verbale dell’udienza del 7.5.2018).
Nella sentenza impugnata si rileva come tali ultime versioni dei fatti avallano quando dichiarato dallo stesso imputato, il quale faceva parte della scorta tecnica della gara ciclistica in oggetto. E aveva confermato di essere stato avvertito dal capo scorta, via radio, che uno scooter si era introdotto nel percorso di gara, eludendo la sorveglianza, disattendendo il suo ordine di fermarsi.
Il (OMISSIS) ha riferito di essere partito per fermarlo, notando che lo scooter proseguiva la sua marcia, sebbene anche (OMISSIS) sbandierasse e gli intimasse di fermarsi. Quindi di esserglisi avvicinato, lampeggiando e suonando, ma lo scooter aveva proseguito la sua marcia; dunque, lo aveva affiancato a sinistra, ma il conducente in “modo repentino e senza attivare la freccia”, gli era andato addosso a sinistra, cagionando l’urto tra la parte anteriore destra (di lato) della sua moto e la parte sinistra dello scooter: “la ruota dello scooter” aveva colpito la carrozzeria del suo motociclo, i veicoli avevano scarrocciato ed erano caduti a terra. Lo scooter aveva gia’ affrontato due incroci prima della svolta a sinistra, procedendo per circa due o tre chilometri. Allorquando il Monelli lo aveva raggiunto, il (OMISSIS) si trovava in mezzo al gruppo in fuga. Dopo l’impatto era transitato il gruppo di circa 70 ciclisti, nonche’ l’ambulanza che seguiva la gara, che si era fermata per portare i primi soccorsi. L’imputato ricordava che, nel corso di una gara, non era consentito ai veicoli estranei di circolare, per cui gli stessi dovevano essere fermati immediatamente, costituendo un pericolo per i partecipanti alla corsa (verbale dell’udienza del 7.5.2018).
6. La sentenza impugnata da’ conto anche che l’intervento del (OMISSIS) a cercare di fermare la corsa del ciclomotore non puo’ ritenersi illegittimo.
Cio’ in quanto con ordinanza prefettizia dell’1/9/2014 veniva disposto che: “l’organizzazione predisporra’ idoneo servizio e se necessario specifica segnaletica in corrispondenza delle intersezioni stradali che interessano il transito della corsa in modo che tutti gli utenti della strada siano resi edotti della sospensione temporanea della circolazione”(…) “gli organi di polizia preposti alla vigilanza o alla tutela delle strade percorse o attraversate cureranno l’intensificazione della vigilanza sui tratti di strada interessati per la manifestazione”. E perche’, ai sensi dell’articolo Ibis della disciplina delle scorte tecniche in competizioni ciclistiche su strada (provvedimento del 27.11.2002 GU n. 29 del 5.2.2003 e succ. mod), il direttore di gara “puo’ vietare ai soggetti che costituiscono pericolo o intralcio alla sicurezza della gara di seguire o precedere i concorrenti”. Ai sensi dell’articolo 8 durante, inoltre, lo svolgimento del servizio tutti i veicoli di scorta tecnica devono essere posizionati in modo da garantire, tra l’altro, “il transito in condizioni di assoluta sicurezza”. L’articolo 11 stabilisce che tutte le persone che effettuano la scorta con i veicoli “devono intervenire con efficacia e tempestivita’ di fronte ad ogni situazione che necessiti di attivita’ di segnalazione”. E in base all’articolo 12 il personale della scorta tecnica deve provvedere a rendere attuale la sospensione temporanea della circolazione, a tutela della sicurezza della competizione, attraverso segnalazioni con la paletta.
Corretto appare anche il richiamo all’insegnamento di questa Corte di legittimita’, per cui “in tema di responsabilita’ da sinistri stradali, gli organizzatori di corse automobilistiche (..) hanno l’obbligo giuridico di porre in essere tutte le cautele possibili onde evitare incidenti di gara, non potendo, in difetto, invocare il carattere intrinsecamente pericoloso della predetta attivita’, che soltanto con riguardo alle condotte dei partecipanti puo’ dirsi non ispirata al comune concetto di prudenza” (Sez. 4, n. 35326 dei 3/7/2008, Rv. 241982).
Dunque, a tutela dei ciclisti e degli altri partecipanti alla gara, legittimamente poteva e doveva essere indotto a fermarsi lo scooter che si era frapposto alla stessa.
Ebbene, dopo avere correttamente rilevato che e’ comunque necessario che l’imputazione soggettiva dell’evento avvenga attraverso un apprezzamento della concreta prevedibilita’ ed evitabilita’ dell’esito antigiuridico da parte dall’agente modello e ricordato come questa Corte di legittimita’ abbia stabilito che, in casi come quello che ci occupa, per pervenirsi ad un’affermazione di responsabilita’ dell’imputato deve darsi conto che la condotta di guida della vittima fosse prevedibile e che le conseguenze determinatesi nel corso dell’incidente fossero prevedibili ed evitabili’ (il conferente richiamo e’ ai dicta di Sez. 4, n. 37606 del 6/7/2007 Rv. 237050; Sez. 4, n. 17602 del 15/4/2010 Rv. 247340), il giudice di appello offre una logica motivazione delle sue conclusioni in ordine alla mancanza di prova in ordine all’elemento soggettivo del reato.
7. A tale conclusione il giudice marchigiano perviene sul rilievo che la versione dei fatti sostenuta dalla persona offesa e dal suo amico (OMISSIS), risulti smentita dai testi (OMISSIS) e (OMISSIS), rispettivamente coordinatore della scorta tecnica e componente della stessa, come del resto il (OMISSIS). E che la prospettazione degli eventi fornita dal (OMISSIS) e dal (OMISSIS) appaia connotata da maggiore attendibilita’, per la posizione rivestita dai due testi, sostanzialmente terzi rispetto ai fatti, nonche’ per la verosimiglianza della descrizione, risultando plausibile che, avendo notato uno scooter estraneo alla gara, immettersi sul tratto di strada in cui si stava svolgendo la corsa, il coordinatore della scorta tecnica ed un suo componente avessero tempestivamente tentato di fermare “intruso”, con le modalita’ stabilite in questi casi, ovverosia azionando la paletta, stante la temporanea sospensione della circolazione lungo il percorso della gara.
L’inattendibilita’ del (OMISSIS), peraltro, amico della persona offesa, anch’egli immessosi nel tratto di strada in cui si stava svolgendo la corsa ciclistica, viene ritenuta avallata dal fatto che questi sosteneva di aver visto transitare auto e moto che provenivano da entrambi i sensi di marcia, proprio “mentre vedeva i ciclistf’, in palese contrasto con quanto disposto dalla ricordata ordinanza prefettizia. E, del resto, lo stesso (OMISSIS) ammetteva di essersi reso conto che fosse in corso una gara ciclistica, e che, nonostante la titubanza iniziale, non aveva esitato ad immettersi proprio sul percorso di gara: egli, unitamente al (OMISSIS) erano partiti insieme e dovevano andare a vedere una partita -come riferito dal (OMISSIS)- circostanza che per il giudice del merito spiegherebbe la verosimile “urgenza” di arrivare a destinazione, anche a costo di tenere un comportamento imprudente in violazione della sospensione temporanea della circolazione connessa allo svolgimento della corsa ciclistica in oggetto.
Viene motivatamente ritenuto, ed e’ peraltro ammesso anche dalla persona offesa, che, nonostante la temporanea sospensione della circolazione sul tratto di strada in oggetto, il (OMISSIS) con il suo scooter si era immesso nel percorso di gara e -circostanza invece che la persona offesa non conferma, ma che univocamente viene ricordata dai testi (OMISSIS) e (OMISSIS) – aveva disatteso due successivi ordini di fermarsi intimati sia dal (OMISSIS) che dal (OMISSIS) e, nonostante il (OMISSIS), chiamato via radio dal (OMISSIS), avesse cercato di bloccare il (OMISSIS), lampeggiandogli e suonandogli, questi aveva proseguito la sua marcia e con una manovra repentina ed improvvisa, senza azionare la freccia, aveva svoltato a sinistra colpendo il (OMISSIS) sulla ruota anteriore sul lato destro, con la parte posteriore sinistra dal suo scooter, per cui i due conducenti erano caduti al suolo.
Il giudice di appello, pertanto, finisce per condividere la ricostruzione dei fatti fornita dallo stesso giudice di prime cure, il quale pure aveva evidenziato come la manovra della persona offesa fosse stata “inaspettata”, aderendo, dunque, alla versione dei fatti fornita dal (OMISSIS).
Tuttavia il tribunale perviene ad una diversa e motivata conclusione per cui, non essendovi dubbio che non solo il (OMISSIS) a bordo del suo scooter si fosse trovato nel tratto di strada con temporanea sospensione della circolazione, ma che, improvvisamente e senza azionare la freccia, imprevedibilmente avesse svoltato a sinistra, invece di bloccare il suo scooter, nonostante i due successivi ordini di fermarsi e sebbene il (OMISSIS), che stava sopraggiungendo, gli lampeggiasse e suonasse, appare evidente come la sua manovra del tutto inaspettata non potesse essere affatto prevista dal (OMISSIS), il quale non aveva avuto neppure il tempo per poter evitare l’evento stante la repentinita’ dello stesso.
Rispetto a tale motivata, logica e coerente pronuncia il ricorrente chiede una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e l’adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione. Ma per quanto sin qui detto un siffatto modo di procedere e’ inammissibile perche’ trasformerebbe questa Corte di legittimita’ nell’ennesimo giudice del fatto.
Va in proposito ricordato che, per assunto pacifico, la ricostruzione di un incidente stradale nella sua dinamica e nella sua eziologia – valutazione delle condotte dei singoli utenti della strada coinvolti, accertamento delle relative responsabilita’, determinazione dell’efficienza causale di ciascuna colpa concorrente – e’ rimessa al giudice di merito ed integra una serie di apprezzamenti di fatto che sono sottratti al sindacato di legittimita’ se sorretti da adeguata motivazione (ex multis Sez. 4, n. 54996 del 24/10/2017, Baldisseri, Rv. 271679; Sez. 4, n. 10335 del 10/2/2009, Pulcini, non mass.; Sez. 4, n. 43403 del 17/10/2007, Azzarito, Rv. 238321). E in altra condivisibile pronuncia si e’ chiarito che sono sottratti al sindacato di legittimita’, se sorretti da adeguata motivazione, gli apprezzamenti di fatto necessari alla ricostruzione di un incidente stradale nella sua dinamica e nella sua eziologia quali la valutazione delle condotte dei singoli utenti della strada coinvolti, l’accertamento delle relative responsabilita’ e la determinazione dell’efficienza causale di ciascuna colpa concorrente (Sez. 4, n. 37838 del 01/07/2009, Tarquini, Rv. 245294).
8. Al rigetto del ricorso consegue ex lege la condanna della parte civile ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la parte civile ricorrente al pagamento delle spese processuali.

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

Per aprire la pagina facebook @avvrenatodisa
Cliccare qui

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *