Non è idonea ad integrare errore revocatorio la valutazione del contenuto degli atti di parte e della motivazione della sentenza

Corte di Cassazione, sezione sesta (lavoro) civile, Ordinanza 4 settembre 2020, n. 18372.

La massima estrapolata:

Non è idonea ad integrare errore revocatorio, rilevante ai sensi ed agli effetti dì cui agli artt. 391 bis e 395, n. 4) c.p.c., la valutazione, ancorché errata, del contenuto degli atti di parte e della motivazione della sentenza impugnata, trattandosi di vizio costituente errore di giudizio e non di fatto.

Ordinanza 4 settembre 2020, n. 18372

Data udienza 21 luglio 2020

Tag/parola chiave: Lavoro – Raggiungimento del sessantacinquesimo anno di età – Richiesta di proseguimento del rapporto di lavoro – Licenziamento – Legittimità – Ratio

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente

Dott. LEONE Maria Margherita – Consigliere

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere

Dott. DE FELICE Alfonsina – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 27303-2018 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 6986/2018 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE di ROMA, depositata il 21/03/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 21/07/2020 dal Consigliere Relatore Dott. DE FELICE ALFONSINA.

RILEVATO

Che:
questa Corte, con sentenza n. 6986 del 2018, ha dichiarato inammissibile il ricorso di (OMISSIS), dipendente della banca ICCREA, avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma che, confermando la sentenza del Tribunale della stessa citta’, aveva dichiarato legittimo il licenziamento avvenuto a seguito del diniego alla richiesta della lavoratrice di proseguire il rapporto oltre il raggiungimento del sessantacinquesimo anno di eta’, rigettando altresi’ la domanda risarcitoria per danno esistenziale, morale e alla salute asseritamente subito in conseguenza del licenziamento;
la Cassazione ha giudicato i motivi di ricorso generici e apodittici nonche’ carenti sotto il profilo delle allegazioni, e, non conformi al modello legale attualmente vigente, le censure di contraddittorieta’ della motivazione, segnatamente con riferimento alla decisivita’ dei vizi dedotti;
ha, inoltre, rilevato l’improcedibilita’ del ricorso per mancato deposito, nel corpo dell’atto, del contratto collettivo di settore oggetto di plurimi richiami, nonche’ della mancata indicazione del luogo preciso, nei gradi di merito, in cui lo stesso era stato depositato;
(OMISSIS) ha chiesto la revocazione della sentenza Cass. n. 6986 del 2018, sulla base di due motivi;
(OMISSIS) s.p.a. ha resistito con tempestivo controricorso;
e’ stata depositata proposta ai sensi dell’articolo 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

CONSIDERATO

Che:
col primo motivo la ricorrente deduce “Illegittimita’ della Sent. n. 6986/2018 per sussistenza del vizio revocatorio di cui all’articolo 395 c.c., n. 4 consistente nel non essersi la S.C. avvista della manifesta sussistenza di tutti i presupposti di legge per l’ammissibilita’ del ricorso R.G. n. 25600/15 proposto dalla Sig. Canestri” e per aver affermato che lo stesso ricorso “… risultava altresi’ improcedibile per ritenuta mancanza nel fascicolo di parte ricorrente di copia del CCNL Federcasse del 21/12/2007 nel fascicolo di parte ricorrente”;
col secondo motivo, contesta la “Illegittimita’ della Sent. n. 6986/2018 per sussistenza del vizio revocatorio di cui all’articolo 395 c.c., n. 4 consistente nel non essersi la S.C. avvista della manifesta sussistenza di tutti i presupposti di legge per l’ammissibilita’ quanto meno del quinto motivo di ricorso R.G. n. 25600/15 proposto dalla Sig. (OMISSIS)”, motivo col quale la ricorrente aveva censurato l’erronea interpretazione, da parte della sentenza d’appello, della normativa in tema di pensioni di vecchiaia segnatamente quanto alla disciplina del diritto di opzione riconosciuto al lavoratore che intenda proseguire il rapporto oltre il limite anagrafico previsto dalla legge;
i motivi, da esaminare congiuntamente per connessione, sono inammissibili, alla stregua del pacifico orientamento di questa Corte, in base al quale: “Non e’ idonea ad integrare errore revocatorio, rilevante ai sensi ed agli effetti di cui all’articolo 391-bis c.p.c. e articolo 395 c.p.c., n. 4), la valutazione, ancorche’ errata, del contenuto degli atti di parte e della motivazione della sentenza impugnata, trattandosi di vizio costituente errore di giudizio e non di fatto.” (Cosi’ Cass. n. 10184 del 2018);
e’ opportuno altresi’ richiamare le recenti Sezioni Unite n. 31132 del 2019, le quali, valorizzando l’orientamento sopra riportato hanno ulteriormente precisato che “L’impugnazione per revocazione delle sentenze della Corte di Cassazione e’ ammessa nell’ipotesi di errore compiuto nella lettura degli atti interni al giudizio di legittimita’, errore che presuppone l’esistenza di divergenti rappresentazioni dello stesso oggetto, emergenti una dalla sentenza e l’altra dagli atti e documenti di causa; pertanto, e’ esperibile, ai sensi dell’articolo 391-bis c.p.c. e articolo 395 c.p.c., comma 1, n. 4, la revocazione per l’errore di fatto in cui sia incorso il giudice di legittimita’ che non abbia deciso su uno o piu’ motivi di ricorso, ma deve escludersi il vizio revocatorio tutte volte che la pronunzia sul motivo sia effettivamente intervenuta, anche se con motivazione che non abbia preso specificamente in esame alcune delle argomentazioni svolte come motivi di censura del punto, perche’ in tal caso e’ dedotto non gia’ un errore di fatto (…) bensi’ un’errata considerazione e interpretazione dell’oggetto di ricorso e, quindi, un errore di giudizio.” (Sez. Un. 31132 del 2019);
in definitiva, il ricorso va dichiarato inammissibile, atteso che le critiche alla sentenza della Cassazione n. 6986 del 2018 formulate dalla ricorrente investono l’errata interpretazione delle proprie ragioni, e non sono invece basate su una svista percettiva immediatamente percepibile delle stesse da parte da parte del giudice di legittimita’, che sola puo’ dar luogo all’errore di fatto che giustifica il ricorso al rimedio della revocazione, ai sensi dell’articolo 395 c.p.c., n. 4;
le spese, come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza;
in considerazione dell’esito del giudizio, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al rimborso delle spese del presente giudizio in favore della controricorrente, che liquida in Euro 200 per esborsi, Euro 5.000,00 a titolo di compensi professionali, oltre a spese generali nella misura forfetaria del 15 per cento e accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, articolo l, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.

 

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