Pagamento del prezzo complessivo contestualmente alla firma dell’atto

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|10 novembre 2022| n. 33200.

Pagamento del prezzo complessivo contestualmente alla firma dell’atto

L’indicazione del venditore, contenuta nell’atto notarile di compravendita, che il “pagamento del prezzo complessivo è avvenuto contestualmente alla firma del presente atto” non è coperto da fede privilegiata ex art. 2700 cod. civ., ma ha natura confessoria, con la conseguenza che il quietanzante non è ammesso alla prova contraria per testi o per presunzioni, salvo che dimostri, in applicazione analogica dell’art. 2732 cod. civ., che il rilascio della quietanza è avvenuto per errore di fatto o per violenza o salvo che se ne deduca la simulazione; quest’ultima nel rapporto tra le parti deve essere provata mediante contro dichiarazione scritta

Ordinanza|10 novembre 2022| n. 33200. Pagamento del prezzo complessivo contestualmente alla firma dell’atto

Data udienza 21 ottobre 2022

Integrale

Tag/parola chiave: Vendita – Decreto ingiuntivo – Opposizione – Quietanza – Atto a contenuto negoziale – Prova dell’effettivo mancato pagamento dell’IVA – Prova dell’errore in cui è caduto il dichiarante al momento del rilascio della quietanza – Articolo 2732 c.c. – Applicazione analogica

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente
Dott. VARRONE Luca – rel. Consigliere

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere

Dott. TRAPUZZANO Cesare – Consigliere

Dott. POLETTI Dianora – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4987/2018 R.G. proposto da:
(OMISSIS) SAS (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), ( (OMISSIS)) rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS), ( (OMISSIS));
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliate in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), ( (OMISSIS)) rappresentate e difese dall’avvocato (OMISSIS), ( (OMISSIS));
– controricorrenti –
avverso la sentenza della Corte d’Appello DI PERUGIA n. 510/2017 depositata il 04/07/2018;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21/10/2022 dal Consigliere Dott. LUCA VARRONE.

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FATTI DI CAUSA

1. La societa’ immobiliare (OMISSIS) Sas (OMISSIS) proponeva appello avverso la sentenza del Tribunale di Perugia di accoglimento dell’opposizione proposta da (OMISSIS) e (OMISSIS) avverso il decreto ingiuntivo n. 189/2011 con il quale quest’ultime erano state condannate al pagamento in favore della societa’ attrice della somma di Euro 6500 oltre accessori.
La domanda monitoria concerneva un credito, rappresentato dalla sola IVA sul prezzo di vendita di un immobile sito in (OMISSIS), da parte della societa’ attrice alle convenute.
Nella prospettazione di parte attrice, che aveva emesso per quel credito la fattura n. (OMISSIS), l’IVA non era stata pagata.
2. Le opponenti avevano indicato l’esistenza di una quietanza attestante l’avvenuto pagamento, all’atto del rogito notarile, di una somma di denaro comprensiva anche dell’importo ingiunto a titolo di Iva per l’acquisto dell’immobile.
3. Il giudice di primo grado, all’esito dell’istruttoria documentale e testimoniale, aveva revocato il decreto opposto attribuendo alla quietanza natura di atto unilaterale di riconoscimento del pagamento, avente natura di confessione stragiudiziale ai sensi dell’articolo 2735 c.c., che sollevava il debitore dall’onere probatorio di dimostrare la veridicita’ della circostanza del pagamento, vincolando il giudice all’affermazione che il pagamento era stato realmente eseguito. Tale circostanza poteva essere messa in discussione esclusivamente tramite la dimostrazione dell’errore di fatto o della violenza al fine di privare di efficacia la confessione ai sensi dell’articolo 2732 c.c. ma, a tal fine, non era sufficiente dimostrare la non corrispondenza al vero della confessione, ma era necessario dimostrare anche la circostanza che il fatto confessato fosse stato erroneamente rappresentato o percepito dal debitore. Questa seconda dimostrazione non era stata sufficientemente provata.

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4. La Corte d’Appello di Perugia rigettava l’impugnazione. In primo luogo, riteneva infondati i motivi di violazione del principio del contraddittorio e di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, in quanto il giudice di primo grado non aveva introdotto alcun tema di indagine nuovo e non vi era stata alcuna violazione processuale come prospettata nell’atto di appello. Anche l’eccezione di nullita’ della sentenza ex articolo 281 sexies c.p.c. doveva essere rigettata perche’ nella sentenza emessa in calce al verbale dell’udienza, il 23 luglio 2015, era stato dato atto della pubblicazione della decisione mediante lettura in udienza. In ogni caso, secondo la Corte d’Appello anche qualora la lettura non fosse avvenuta, circostanza nella specie non dimostrata risultando agli atti il contrario, l’omessa lettura del dispositivo in udienza non produceva alcuna nullita’ qualora fosse comunque avvenuto il deposito immediato del dispositivo e della motivazione, situazione che produceva come unica conseguenza la dilazione del termine per impugnare.
4.1 Quanto al merito della vicenda, le valutazioni contenute nella sentenza impugnata dovevano essere confermate perche’ la quietanza, quale atto unilaterale recettizio contenente una dichiarazione di scienza comportante confessione stragiudiziale, non poteva essere revocata se non per errore di fatto o violenza, ai sensi dell’articolo 2732 c.c. A tal fine era necessario provare le circostanze e le ragioni dell’erroneo convincimento circa la verita’ del fatto al momento della dichiarazione confessoria.
5. La societa’ immobiliare di (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza sulla base di cinque motivi.
6. (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno resistito con controricorso.

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RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso e’ cosi’ rubricato: nullita’ della sentenza per violazione dell’articolo 101 c.p.c., comma 2.
La censura ha ad oggetto l’introduzione a sorpresa di una nuova causa petendi rappresentata dalla mancata prova circa la sussistenza di tutti i presupposti richiesti dall’articolo 2732 c.c. al fine di ottenere la revoca della confessione stragiudiziale, rappresentata nella specie dalla quietanza liberatoria contenuta nel rogito di compravendita del (OMISSIS). La societa’ istante, invece, non aveva mai chiesto la revoca della quietanza liberatoria ex articolo 2732 c.c., ma al contrario si era avvalsa del contenuto di tale quietanza invocandolo a fondamento della propria domanda quale atto da interpretarsi, unitamente agli altri elementi probatori, nel senso che la immobiliare di (OMISSIS) non aveva mai ricevuto in pagamento l’IVA relativa al prezzo dell’immobile che aveva venduto alle resistenti con il rogito del (OMISSIS). Il Tribunale di Perugia, dunque, avrebbe dovuto riservare la decisione assegnando alle parti a pena di nullita’ un termine non inferiore a 20 giorni e non superiore a 40 per il deposito in cancelleria di una memoria contenente osservazioni sulla medesima questione. Di conseguenza, la sentenza della Corte d’Appello nel rigettare l’atto di appello, con conferma della sentenza di primo grado, avrebbe violato l’articolo 101 c.p.c., comma 2.
2. Il secondo motivo di ricorso e’ cosi’ rubricato: nullita’ della sentenza perche’ emessa in forma extrapetita o ultrapetita in violazione dell’articolo 112 c.p.c.
La censura e’ ripetitiva della precedente sotto il profilo della violazione dell’articolo 112 c.p.c. e del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato. La Corte di merito avrebbe rigettato l’appello dell’immobiliare sul presupposto della mancanza di prova dell’errore che aveva determinato la confessione senza avvedersi che la ricorrente non aveva mai chiesto l’invalidazione della quietanza liberatoria mediante revoca della stessa e, al contrario, si era avvalsa del contenuto di tale quietanza, invocandolo a fondamento della propria domanda.
2.1 I primi due motivi di ricorso, che stante la loro evidente connessione possono essere trattati congiuntamente, sono infondati.
La censura di violazione dell’articolo 101 c.p.c., comma 2, e articolo 112 c.p.c. e’ del tutto infondata sotto molteplici profili. In primo luogo, nel corso del giudizio non e’ stata prospettata, ne’ dal giudice, ne’ dalla originaria convenuta, alcuna diversa causa petendi, infatti, secondo la stessa prospettazione della ricorrente, alla richiesta della societa’ istante di avvalersi della quietanza liberatoria – quale atto da interpretarsi, unitamente agli altri elementi probatori, nel senso che la immobiliare di (OMISSIS) non aveva mai ricevuto in pagamento l’IVA – e’ corrisposta l’eccezione di pagamento provata dalla medesima quietanza formulata dalla controparte con l’opposizione al decreto ingiuntivo. Risulta evidente, pertanto, che l’interpretazione della suddetta quietanza, al fine di stabilire il suo effettivo contenuto e la sua efficacia, come d’altra parte richiesto dalla stessa ricorrente, ha rappresentato l’oggetto principale del giudizio mentre il fatto che la ricorrente non ha chiesto l’invalidazione della quietanza, ai sensi dell’articolo 2732 c.c., a ben vedere, e’ la ragione del rigetto della sua domanda di pagamento. Ne consegue che non vi e’ stata alcuna violazione dell’articolo 101 c.p.c., comma 2, o dell’articolo 112 c.p.c.
3. Il terzo motivo di ricorso e’ cosi’ rubricato: nullita’ della sentenza per violazione dell’articolo 281 sexies c.p.c.

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Sostiene la ricorrente che la motivazione della sentenza di primo grado e il suo dispositivo non sono stati letti all’udienza del 23 luglio 2015 dal giudice di primo grado come si evidenzierebbe anche dal verbale di udienza che non menziona tale lettura.
Il giudice di secondo grado nel rigettare il motivo di impugnazione, secondo la ricorrente, ha erroneamente affermato che nella sentenza si dava atto della pubblicazione della decisione mediante lettura in udienza del dispositivo. Tale circostanza non emergerebbe in quanto il giudice ha affermato di aver deciso come da separato provvedimento rispetto alla stessa sentenza. In realta’, sia la motivazione della sentenza che il suo dispositivo non sarebbero stati letti all’udienza del 23 luglio 2015 come risulterebbe dal verbale di udienza che non menziona tale lettura.
3.1 Il terzo motivo di ricorso e’ inammissibile.
Al di la’ di ogni altra considerazione sulla censura in esame. deve preliminarmente rilevarsi la sua inammissibilita’ perche’ la stessa non si confronta con la seconda ratio decidendi della sentenza impugnata. Infatti, la Corte d’Appello ha evidenziato che anche qualora fosse mancata la lettura del dispositivo in udienza, circostanza nella specie non dimostrata risultando agli atti il contrario, l’omessa lettura del dispositivo in udienza non avrebbe prodotto alcuna nullita’ ma solo la dilazione del termine per impugnare.
Deve, pertanto, farsi applicazione del seguente principio di diritto: Ove la sentenza sia sorretta, come nella specie, da una pluralita’ di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficienti a giustificare la decisione adottata, l’omessa impugnazione di una di esse rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, la quale, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, in nessun caso potrebbe produrre l’annullamento della sentenza (ex plurimis Sez. 1, Ord. n. 18119 del 2020, Sez. 65, Ord. n. 9752 del 2017). Nello stesso senso anche Sez. 3, Ord. n. 15399 del 2018 secondo cui: Il giudice di merito che, dopo avere aderito ad una prima ratio decidendi, esamini ed accolga anche una seconda ratio, al fine di sostenere la propria decisione, non si spoglia della potestas iudicandi, atteso che l’articolo 276 c.p.c., distingue le questioni pregiudiziali di rito dal merito, ma non stabilisce, all’interno di quest’ultimo, un preciso ordine di esame delle questioni; in tale ipotesi, pertanto, la sentenza risulta sorretta da due diverse rationes decidendi, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, sicche’ l’omessa impugnazione di una di esse rende inammissibile la censura relativa alle altre.

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4. Il quarto motivo di ricorso e’ cosi’ rubricato: Violazione o falsa applicazione degli articoli 2730, 2732, 2735 c.c. e degli articoli da 1362 al 1371 c.c.
La ricorrente lamenta che la Corte d’Appello ha interpretato il contenuto della quietanza sulla base della sola fattura n. (OMISSIS), estromettendo dall’indagine ermeneutica e dai criteri di interpretazione della dichiarazione di quietanza tutte le prove testimoniali raccolte nel giudizio di primo grado. La mancata prova della revoca della quietanza avrebbe costituito il presupposto per considerare non dimostrabile e non dimostrato il mancato pagamento dell’IVA da parte dell’appellante attraverso le prove testimoniali considerate dalla Corte come inutiliter data.
L’erroneita’ di tale ragionamento consisterebbe nel fatto che la natura di confessione stragiudiziale della quietanza non impedisce di dimostrare in altro modo il mancato pagamento, ossia non attraverso l’invalidazione della quietanza bensi’ attraverso l’interpretazione della dichiarazione di quietanza e della ricostruzione del fatto storico rappresentato dal suo contenuto mediante l’acquisizione e la valutazione in tal senso delle dichiarazioni testimoniali assunte in corso di causa. In altri termini le prove erano dirette ad interpretare la quietanza e non ad invalidarla.
5. Il quinto motivo di ricorso e’ cosi’ rubricato: omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio oggetto di discussione tra le parti.
La censura ha ad oggetto la parte della sentenza di appello in cui la Corte, nel valutare la dichiarazione di quietanza contenuta nell’atto notarile del (OMISSIS), si e’ basata esclusivamente sulla fattura numero (OMISSIS) senza tener conto delle prove testimoniali raccolte nel giudizio di primo grado, aventi ad oggetto la circostanza del pagamento dell’IVA e le dichiarazioni rese dall’opponente in sede di interrogatorio formale, ancorche’ si trattasse di elementi decisivi ai fini della prova del mancato versamento dell’IVA.
5.1 Il quarto e il quinto motivo di ricorso, che stante la loro evidente connessione possono essere trattati congiuntamente, sono inammissibili.
La ricorrente richiede una rivalutazione in fatto della vicenda al fine di dimostrare che la quietanza non si riferisse al pagamento dell’IVA. La Corte d’Appello, invece, ha ritenuto che la dichiarazione resa davanti al Notaio, in ossequio ai comuni dati di ermeneutica giuridica, deve essere considerata come letteralmente riferita sia al versamento del prezzo dell’immobile, sia all’IVA ad esso relativa, come dimostrato dall’attestazione dell’avvenuto pagamento apposta sulla fattura.
Quanto all’interpretazione della quietanza, quale atto a contenuto negoziale, deve ribadirsi che: L’interpretazione di un atto negoziale e’ un tipico accertamento in fatto riservato al giudice di merito, normalmente incensurabile in sede di legittimita’, salvo che, come accennato, nelle ipotesi di omesso esame di un fatto decisivo e oggetto di discussione tra le parti, alla stregua del c.d. “minimo costituzionale” del sindacato di legittimita’ sulla motivazione, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 5 nella formulazione attualmente vigente, ovvero, ancora, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3, per violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale, previsti dall’articolo 1362 c.c. e ss. (Cass. n. 14355 del 2016, in motiv.). Il sindacato di legittimita’ puo’ avere, quindi, ad oggetto solamente l’individuazione dei criteri ermeneutici del processo logico del quale il giudice di merito si sia avvalso per assolvere i compiti a lui riservati, al fine di verificare se sia incorso in vizi del ragionamento o in errore di diritto (Cass. n. 23701 del 2016). Pertanto, al fine di riscontrare l’esistenza dei denunciati errori di diritto o vizi di ragionamento, non basta che il ricorrente faccia, com’e’ accaduto nel caso di specie, un astratto richiamo alle regole di cui agli articoli 1362 c.c. e ss., occorrendo, invece, che specifichi, per un verso, i canoni in concreto inosservati e, per altro verso, il punto e il modo in cui il giudice di merito si sia da essi discostato (Cass. n. 7472 del 2011; piu’ di recente, Cass. n. 27136 del 2017). Ne consegue l’inammissibilita’ dei motivi di ricorso che, come quelli in esame, pur denunciando la violazione delle norme ermeneutiche o l’omesso esame di fatti decisivi, si risolvono, in realta’, nella mera proposta di una interpretazione diversa rispetto a quella adottata dal giudice di merito (Cass. n. 24539 del 2009), cosi’ come e’ inammissibile ogni critica della ricostruzione della volonta’ negoziale operata dal giudice di merito che si traduca nella sola prospettazione di una diversa valutazione ricostruttiva degli stessi elementi di fatto da quegli esaminati (Cass. n. 2465 del 2015, in motiv.). La Corte d’Appello ha fatto ricorso al criterio letterale mentre la difesa del ricorrente e’ tutta incentrata sulla prova dell’effettivo mancato pagamento dell’IVA. In effetti, per sottrarsi al sindacato di legittimita’ sotto i profili di censura dell’ermeneutica contrattuale, quella data dal giudice al negozio non dev’essere l’unica interpretazione possibile o la migliore in astratto, ma solo una delle possibili e plausibili interpretazioni, per cui, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o piu’ interpretazioni (plausibili), non e’ consentito alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito dolersi in sede di legittimita’ del fatto che sia stata privilegiata l’altra (Cass. 16254 del 2012; conf., piu’ di recente, Cass. 27136 del 2017).
Ne consegue la fondatezza della decisione nella parte in cui si afferma che la prova del mancato pagamento non e’ sufficiente per porre nel nulla l’effetto negoziale derivante dalla quietanza che, invece, richiede anche la prova dell’errore in cui e’ caduto il dichiarante al momento del rilascio della quietanza medesima. Deve farsi applicazione del seguente principio di diritto: L’indicazione del venditore, contenuta nell’atto notarile di compravendita, che il “pagamento del prezzo complessivo e’ avvenuto contestualmente alla firma del presente atto” non e’ coperto da fede privilegiata ex articolo 2700 c.c., ma ha natura confessoria, con la conseguenza che il quietanzante non e’ ammesso alla prova contraria per testi o per presunzioni, salvo che dimostri, in applicazione analogica dell’articolo 2732 c.c., che il rilascio della quietanza e’ avvenuto per errore di fatto o per violenza o salvo che se ne deduca la simulazione; quest’ultima nel rapporto tra le parti deve essere provata mediante contro dichiarazione scritta. (Sez. 2, Ordinanza n. 20520 del 29/09/2020, Rv. 659196 – 01).
6. Il ricorso e’ rigettato.
7. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
8. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, si da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’ nei confronti della parte controricorrente che liquida in Euro 2300 piu’ 200 per esborsi, oltre al rimborso forfettario al 15% IVA e CPA come per legge;
ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis se dovuto.

 

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