Possesso ingiustificato di arma

Corte di Cassazione, penale, Sentenza|17 giugno 2021| n. 23840.

Possesso ingiustificato di arma.

Integra la contravvenzione di cui all’art. 699, comma secondo, cod. pen., e non quella di cui all’art. 4, comma 3, legge 18 aprile 1975, n.110, il porto ingiustificato di un tirapugni metallico, il quale, non avendo altra funzione che quella di incrementare la potenzialità lesiva dell’azione violenta perpetrata a mezzo di esso, costituisce un’arma propria cd. bianca. (In motivazione, la Corte ha precisato che la noccoliera, a differenza del tirapugni metallico, non ha siffatta esclusiva funzione, in quanto può essere utilizzata anche allo scopo di proteggere le nocche della mano).

Sentenza|17 giugno 2021| n. 23840. Possesso ingiustificato di arma

Data udienza 13 gennaio 2021
Integrale

Tag – parola: Possesso ingiustificato di arma – Tirapugni – Natura di arma propria – Nozione di arma – Armi bianche – Armi da fuoco – Armi proprie ed improprie – Caso di lieve entità – Esclusione per le armi

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROCCHI Giacomo – Presidente

Dott. BINENTI Roberto – Consigliere

Dott. SANTALUCIA Giuseppe – Consigliere

Dott. DI GIURO Gaetano – Consigliere

Dott. CAIRO Antonio – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 24/09/2019 della CORTE APPELLO di TRIESTE;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. ANTONIO CAIRO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott. LOY Maria Francesca, che ha concluso chiedendo inammissibilita’ del ricorso.

Possesso ingiustificato di arma

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con sentenza in data 24 settembre 2019 la Corte d’appello di Trieste, in parziale riforma della decisione emessa dal Tribunale di Trieste il 15 febbraio 2017 assolveva (OMISSIS) dal reato ascritto al capo B) perche’ il fatto non sussiste e rideterminava la pena in quella di anni uno mesi sei di arresto, confermando nel resto la decisione impugnata.
Il giudice di primo grado aveva inflitto la condanna alla pena di anni uno mesi sette di arresto nei confronti di (OMISSIS), previa unificazione per continuazione delle condotte di detenzione e di porto ingiustificato di un tirapugni, con confisca di quanto in sequestro e revoca del beneficio della sospensione condizionale della pena precedentemente concesso.
Emergeva che il (OMISSIS) (OMISSIS), mentre percorreva una via del centro abitato, era stato sorpreso in possesso di un tirapugni, in metallo che teneva nella tasca del giubbotto.
2. Ricorre per cassazione, (OMISSIS), con il ministero del difensore di fiducia, avvocato (OMISSIS) e deduce quanto segue.
2.1. Con il primo motivo lamenta il vizio di motivazione per erronea applicazione della legge e, in particolare, si duole della violazione dell’articolo 699 c.p., comma 2, oltre che del vizio di motivazione.
La sentenza impugnata non aveva fatto applicazione del principio di specialita’ e non aveva spiegato le ragioni per le quali avesse, comunque, respinto il riconoscimento della L. 18 aprile 1975, n. 110, articolo 4 (Norme integrative della disciplina vigente, per il controllo delle armi, delle munizioni e degli esplosivi).
Per il tirapugni avrebbe trovato espressa applicazione l’articolo 4 anzidetto.
Nella specie si era erroneamente ritenuto che l’articolo 4, comma 5, della legge citata trovasse applicazione nei soli casi di armi improprie, mentre l’articolo 699 c.p. si sarebbe dovuto applicare per le sole armi proprie.
3. Il ricorso e’ infondato e va respinto.
3.1. Il c.d. tirapugni e’ da ritenere un’arma a tutti gli effetti, visto che l’unico scopo puo’ essere quello di offendere un’altra persona, colpendola. Con l’impiego dell’oggetto in esame, invero, si possono solo produrre lesioni a terzi e cio’ lo assoggetta alle leggi che disciplinano l’acquisto, la detenzione e l’uso delle armi.
Sono da qualificare come armi tutti gli strumenti atti ad offendere e che, sono, naturalmente, destinati a recare un’offesa o un danno ad altro soggetto.
All’interno della categoria si suole distinguere le armi bianche dalle armi da fuoco.
Le prime comprendono tutti gli strumenti atti ad offendere che possono provocare ferite per mezzo di punte (come pugnali e baionette), forme contundenti (manganelli) o lame di metallo (sciabole, spade, katane, ecc.).
Nella categoria rientrano, altresi’, quelle che permettono di scagliare altri oggetti (archi, balestre, cerbottane, o cdd. armi da lancio).
In generale, le armi bianche, sfruttano solo la forza di chi le impugna e la potenzialita’ lesiva dell’oggetto.

 

Possesso ingiustificato di arma

Le armi da fuoco sono strumenti atti ad offendere che sfruttano il particolare meccanismo costruttivo, basato sull’esplosione o sulla deflagrazione. Esse integrano la categoria delle classiche armi da sparo e utilizzano, dunque, una peculiarita’ di tipo esplosivo (pistole, bombe, fucili, ecc.).
Le armi da fuoco si contraddistinguono, allora, per un utilizzo ben diverso dalle armi bianche.
Queste ultime richiedono la forza e l’abilita’ dell’utilizzatore; quelle da fuoco, sfruttano, per recare offesa, il semplice risultato del meccanismo esplosivo.
Le armi improprie, a differenza di quelle proprie, possono essere qualificate come strumenti idonei a offendere, ma non hanno, in via esclusiva e per destinazione naturale, quello scopo, ne’ sono state ideate e realizzate per quella finalita’.
Si possono definire improprie, allora, le armi che, per loro natura, non sono destinate all’offesa della persona, pur potendo, tuttavia, nuocere, se utilizzate in maniera pericolosa (cacciaviti, martelli, asce, trapani, catene, tubi di ferro e qualsiasi strumento che, pur non avendo come naturale destinazione l’offesa, puo’ essere utilizzato anche con quel fine.
La distinzione indicata e’ stata tracciata dalla giurisprudenza di legittimita’ che ha spiegato che in tema di reati concernenti le armi, per arma in senso proprio deve intendersi quella la cui destinazione naturale e’ l’offesa alla persona; rientrano in tale categoria, secondo l’articolo 30 T.U.L.P.S. e l’articolo 45 comma 1, del relativo regolamento, sia le armi da sparo che quelle cosiddette bianche. Sono invece armi improprie quelle che, pur avendo una specifica diversa destinazione, possono tuttavia servire all’offesa personale, secondo le indicazioni date dalla L. 18 aprile 1975, n. 110, articolo 4. Delle armi proprie in genere e’ vietata la detenzione non previamente denunciata all’autorita’ di pubblica sicurezza; delle armi improprie e’ vietato solo il porto, non anche la detenzione. (Sez. 1, n. 3377 del 22/02/1995, P.M. in proc. Scalmana, Rv. 200698; Sez. 1, n. 14953 del 17/03/2009, Gebril, Rv. 243917).
3.2. Il tirapugni in metallo e’ uno strumento che ha naturale e oggettiva finalita’ di offesa e che, impiegato, e’ utilizzato solo per incrementare lo spessore lesivo che deriva da un colpo o un’azione violenta. Infatti, se impugnato, ha la finalita’ esclusiva di produrre lesioni, anche di certa gravita’.
Si tratta di un oggetto ideato per l’offesa e che va, per detta qualita’, annoverato tra le armi proprie, nella categoria di quelle bianche, che sfruttano abilita’ e forza fisica individuale, per recare offesa e/o produrre lesioni.
E’, pertanto, arma a tutti gli effetti.

 

Possesso ingiustificato di arma

A differenza del noccoliere che e’ uno strumento che puo’ avere analoga finalita’ d’impiego, il tirapugni metallico ha solo lo scopo di ledere.
Il noccoliere, al contrario, come strumento di protezione della parte anatomica dell’arto prensile puo’ essere realizzato in materiali diversi (cuoio, pellame e puo’ essere impiegato con un fine di lesione, ma puo’ essere anche utilizzato allo scopo di proteggere la mano e le nocche che ne caratterizzano l’ossatura.
Da cio’ discende che allorquando il tirapugni sia in metallo e abbia le caratteristiche anzidette e’ un’arma che ha destinazione naturale di offesa contro le persone. Di oggetti siffatti e’ assolutamente vietato il porto e la condotta e’ sanzionata con la pena dell’arresto dal cpv. dell’articolo 699 c.p., le cui disposizioni sono fatte salve dalla L. n. 110 del 1975, articolo 40, e non con quella dell’ammenda prevista dal comma 3 dell’articolo 4 di questa (Sez. 1, n. 2776 del 16/11/1993 (dep. 1994) De Palo, Rv. 196794; Sez 1 n. 3377 del 28/3/1995 P.M. in proc. Scalmana, rv. 200698; Sez 1 n. 8 del 11/3/1992, P.G. in proc. Boriosi, rv 191121).
Da quanto premesso discende l’infondatezza del motivo di ricorso sul punto.
3.3. Quanto alla omessa applicazione dell’attenuazione di cui alla L. 18 aprile 1975, n. 110, articolo 4, comma 3, essa trova applicazione nei soli casi di oggetti atti ad offendere e giammai potrebbe applicarsi alla fattispecie de qua del porto di un tirapugni metallico.
L’invocata diminuente speciale del caso di lieve entita’ e’ applicabile ai soli oggetti atti a offendere e non alle armi, come quello della vicenda in esame. Questo Collegio, infatti, condivide il principio di diritto piu’ volte ribadito dalla giurisprudenza di legittimita’ (tra le altre, Sez. 1, n. 9335 del 22/06/1998, dep. 12/08/1998, Ciro, Rv. 211288; Sez. 1, n. 44609 del 14/10/2008, dep. 01/12/2008, Errante, Rv. 242043; Sez. F, n. 33396 del 28/07/2009, dep. 17/08/2009, Balacco, Rv. 244643), secondo cui l’indicata diminuente e’ applicabile nei casi di lieve entita’ riferibili al porto dei soli “oggetti atti a offendere”, ricollegandosi ai commi precedenti, ove si distinguono gli strumenti atti a offendere dalle armi.
3.4. Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

 

Possesso ingiustificato di arma

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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