Preliminare la risoluzione per inadempimento e la caparra

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|4 luglio 2022| n. 21085.

Preliminare la risoluzione per inadempimento e la caparra

In tema di contratto preliminare, va qualificata in termini di declaratoria di risoluzione per inadempimento – soggetta, pertanto, alla relativa disciplina generale – e non quale esercizio del diritto di recesso, la domanda con cui la parte non inadempiente, che abbia conseguito il versamento della caparra, chieda, oltre alla risoluzione del contratto, la condanna della controparte al risarcimento di ulteriori danni; in tal caso, dunque, essa non può incamerare la caparra, che perde la sua funzione di limitazione forfetaria e predeterminata della pretesa risarcitoria e la cui restituzione è ricollegabile agli effetti propri della risoluzione negoziale, ma solo trattenerla a garanzia della pretesa risarcitoria o in acconto su quanto le spetta, a titolo di anticipo dei danni che saranno in seguito accertati e liquidati

Ordinanza|4 luglio 2022| n. 21085. Preliminare la risoluzione per inadempimento e la caparra

Data udienza 1 giugno 2022

Integrale

Tag/parola chiave: Contratti – Preliminare di vendita – Parte non inadempiente – Ricezione della caparra – Richiesta oltre alla risoluzione del contratto della condanna al risarcimento di ulteriori danni – Impossibilità di incamerare la caparra – Perdita della sua funzione di limitazione forfetaria – Trattenimento a garanzia della pretesa risarcitoria o in acconto – Art. 1385 cc

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BELLINI Ubaldo – Presidente

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere

Dott. TRAPUZZANO Cesare – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso (iscritto al N. R.G. 25637/2017) proposto da:
(OMISSIS) S.r.l., (P.IVA: (OMISSIS)), avente quale amministratore unico la (OMISSIS) S.r.l., (P.IVA: (OMISSIS)), in persona del suo legale rappresentante pro – tempore, rappresentata e difesa, giusta procura in calce al ricorso, dall’Avv. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avv. (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), (C.F.: (OMISSIS)), (OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS)) e (OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS)), in proprio e quali eredi di (OMISSIS), rappresentati e difesi, giusta procura in calce al controricorso, dall’Avv. (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avv. (OMISSIS);
– controricorrenti –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Napoli n. 1531/2017, pubblicata il 5 aprile 2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 1 giugno 2022 dal Consigliere relatore Dott. Cesare Trapuzzano;
letta la memoria depositata nell’interesse della ricorrente ai sensi dell’articolo 380-bis.1. c.p.c..

Preliminare la risoluzione per inadempimento e la caparra

FATTI DI CAUSA

1.- Con citazione notificata il 10 dicembre 2008, la (OMISSIS) S.r.l. conveniva, davanti al Tribunale di Ariano Irpino, (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), chiedendo che fosse dichiarata la legittimita’ del recesso esercitato dalla societa’ attrice, nella qualita’ di promissaria acquirente, in relazione al contratto preliminare di vendita stipulato il 30 gennaio 2008, in quanto i convenuti, nella qualita’ di promittenti alienanti, erano rimasti inadempienti, con la condanna degli stessi al pagamento, in solido, della somma di Euro 48.000,00, pari al doppio della caparra confirmatoria gia’ versata. In subordine, instava per il riconoscimento della nullita’ e inefficacia del suddetto preliminare, ai sensi dell’articolo 6 del contratto, con la conseguente condanna dei convenuti alla restituzione della caparra confirmatoria versata di Euro 24.000,00.
Al riguardo, l’attrice esponeva: che il contratto preliminare stipulato tra le parti aveva ad oggetto un piccolo appezzamento di terreno, sito nel Comune di (OMISSIS), riportato in catasto al foglio n. (OMISSIS), particella n. (OMISSIS); che i promittenti venditori si erano impegnati, ai sensi dell’articolo 2 del preliminare, a costituire, sulle particelle nn. (OMISSIS) e sulla porzione della particella n. (OMISSIS) non promessa in vendita, una servitu’ di passo e di passaggio anche per le opere di urbanizzazione, in favore della porzione di particella n. (OMISSIS) promessa in vendita; che il prezzo era stato concordato in complessivi Euro 205.000,00, comprensivo della pratic:a edilizia relativa alla costruzione di otto unita’ abitative, gia’ presentata dai promittenti alienanti in data 26 giugno 2007 al Comune di Cortona; che, in ordine a tale pratica, era stato gia’ rilasciato il parere favorevole della commissione edilizia, ma non era stato ancora rilasciato il titolo autorizzativo, subordinato alla presentazione e approvazione del progetto delle opere di urbanizzazione e della strada di piano regolatore; che aveva versato, a titolo di caparra confirmatoria, la somma di Euro 24.000,00 e il saldo avrebbe dovuto essere corrisposto al momento della stipula del rogito, fissato per la data del 30 ottobre 2008; che, all’articolo 6 del contratto, era stato concordato che la promessa di vendita era subordinata all’effettiva edificabilita’ del terreno e all’approvazione del relativo progetto di realizzazione di un fabbricato residenziale; che, in caso contrario, il preliminare era da considerarsi nullo e i promittenti venditori dovevano restituire alla promissaria acquirente la caparra; che la stipula del rogito era stata rinviata a seguito di comunicazione della promissaria acquirente del 20 ottobre 2008; che, con raccomandata del 6 novembre 2008, la promissaria acquirente aveva invitato i promittenti venditori a presentarsi il giorno 19 novembre 2008 dinanzi al notaio, con la documentazione necessaria; che all’incontro del 19 novembre 2008 era emerso che i promittenti alienanti non avevano adempiuto agli obblighi che si erano assunti con il preliminare e, in particolare, non avevano provveduto a costituire la servitu’ a carico delle particelle nn. (OMISSIS) di proprieta’ di terzi, non avevano ancora ottenuto il permesso a costruire dal Comune di Cortona, ne’ era stato approvato il progetto per le opere di urbanizzazione; che, in virtu’ dell’articolo 6 del preliminare, la promissaria acquirente, con raccomandata a.r. del 20 novembre 2008, aveva espresso la propria volonta’ di ritenersi libera dal contratto, chiedendo la restituzione del doppio della caparra.
Si costituivano in giudizio (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), i quali resistevano alla domanda, eccependo, in rito, l’incompetenza territoriale del Tribunale di Ariano Irpino e sostenendo, nel merito, di avere adempiuto agli obblighi previsti dal preliminare. In via riconvenzionale, chiedevano che fosse accertato l’inadempimento della (OMISSIS) S.r.l. in ordine alle obbligazioni assunte con l’atto preliminare e, per l’effetto, che fosse pronunciata le risoluzione del contratto per colpa della Domus, autorizzando i convenuti a trattenere la somma di Euro 24.000,00, a suo tempo versata dalla societa’ attrice a titolo di caparra confirmatoria, e condannando altresi’ la societa’ al pagamento della somma di Euro 13.177,56, a titolo di risarcimento degli ulteriori danni subiti.
Deducevano, in specie: che la Domus aveva chiesto una proroga per la stipula del definitivo, che veniva da essi accettata, con fissazione della nuova data di stipulazione del definitivo al 2 dicembre 2008, poi modificata al 15 dicembre 2008; che, all’incontro richiesto dalla Domus dinanzi al notaio del 19 novembre 2008, erano gia’ in possesso della documentazione necessaria alla stipula del definitivo e che le motivazioni addotte dalla Domus erano pretestuose; che avevano, infatti, gia’ costituito la servitu’ di passo e passaggio sulle particelle nn. (OMISSIS) ed avevano gia’ ottenuto la concessione edilizia, come risultava dalla documentazione versata in atti; che occorreva solo provvedere al ritiro della concessione, previo pagamento delle relative spese, le quali erano state convenzionalmente poste a carico della promissaria acquirente; che a carico della Domus erano state poste anche le spese della fideiussione, a garanzia delle opere di urbanizzazione, come risultava chiaramente dall’articolo 5 del contratto.

Preliminare la risoluzione per inadempimento e la caparra

Il Tribunale adito, con sentenza n. 15/2012 del 16 gennaio 2012, accoglieva la domanda subordinata proposta dalla societa’ attrice e, per l’effetto, dichiarava l’inefficacia del contratto preliminare del 30 gennaio 2008, ai sensi dell’articolo 6 del medesimo contratto, ravvisando l’inadempimento dei promittenti alienanti esclusivamente per non aver ottenuto la definitiva approvazione del progetto per le opere di urbanizzazione nonche’ per non aver pagato i relativi oneri o prestato fideiussione, e condannava, quindi, i convenuti alla restituzione della caparra di Euro 24.000,00, oltre interessi.
2.- Sul gravame interposto da (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), la Corte d’appello di Napoli, con la sentenza di cui in epigrafe, accoglieva l’appello e, per l’effetto, in totale riforma della decisione impugnata, pronunciava la risoluzione del contratto preliminare di vendita del 30 gennaio 2008 per inadempimento imputabile a colpa della (OMISSIS) S.r.l., dichiarava il diritto degli appellanti a ritenere la caparra confirmatoria di Euro 24.000,00 e condannava l’appellata alla refusione delle spese di entrambi i gradi del giudizio.
A sostegno dell’adottata pronuncia la Corte territoriale rilevava: a) che, secondo l’articolo 5 del preliminare, le parti avevano concordato di escludere dal prezzo di vendita le spese inerenti: al ritiro dei permessi di costruire, agli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria, al costo di istruzione della pratica edilizia, alle spese tecniche e di ritiro del permesso di costruire con riferimento alla pratica relativa alle opere di urbanizzazione; b) che, inoltre, avevano precisato che gli oneri di urbanizzazione per la realizzazione della strada e la canalizzazione delle utenze erano a carico della parte promittente acquirente; c) che al successivo articolo 6 le parti avevano subordinato l’efficacia della promessa di vendita all’approvazione del progetto relativo alle opere di urbanizzazione e all’articolo 7 i promittenti venditori avevano autorizzato la promissaria acquirente, o chi per essa, a continuare l’espletamento delle pratiche per i progetti di cui all’articolo 6; d) che dal tenore letterale delle sopra riportate clausole risultava evidente che l’efficacia della promessa di vendita era subordinata alla mera approvazione del progetto delle opere di urbanizzazione e non al rilascio della stessa, altrimenti la previsione di cui all’articolo 7 non avrebbe avuto ragion d’essere; e) che parimenti era chiaro che i costi relativi alla suddetta pratica dovevano essere posti a carico della promissaria acquirente, come risultava dall’articolo 5; f) che la tesi di parte appellata, secondo cui le spese in questione dovevano essere sostenute dai promittenti venditori, salvo regresso nei confronti della promissaria acquirente, non trovava riscontro nel contratto, ne’ in altri atti, ed appariva in contrasto con la delega conferita dai promittenti alienanti nell’articolo 7; g) che, pertanto, a rendersi inadempiente era stata la promissaria acquirente, poiche’ alla data del 29 novembre 2008 i promittenti venditori avevano dato prova di essere in possesso di tutta la documentazione che si erano obbligati contrattualmente a procurare e, in particolare, avevano ottenuto l’approvazione della pratica per le opere di urbanizzazione; h) che la circostanza che detta approvazione costituisse un mero etto prodromico al rilascio effettivo dell’autorizzazione, subordinata alla prestazione della fideiussione, non poteva influire sulla determinazione degli obblighi posti a carico dei promittenti venditori, sia perche’ la loro prestazione contrattuale prevedeva che si procurassero la mera approvazione del progetto ex articolo 6, sia perche’ i relativi oneri, ivi compresa la fideiussione, erano a carico della promissaria acquirente ex articolo 5; i) che conseguentemente, alla data del 19 novembre 2008, non vi era nessun inadempimento da parte dei promittenti alienanti, tanto piu’ che l’incontro del 19 novembre 2008, come risultava dalla corrispondenza intercorsa con il notaio, era meramente preliminare alla stipula del rogito, ossia finalizzato al solo conferimento dell’incarico al notaio da parte di entrambe le parti; I) che la dichiarazione della Domus del 20 novembre 2008, con cui la stessa si riteneva sciolta dal contratto, era illegittima e ingiustificata; m) che, di contro, con raccomandata del 24 novembre 2008, legittimamente i promittenti alienanti avevano fissato per la stipula del definitivo la data del 15 dicembre 2008, alla quale la Domus non si era presentata; n) che, per l’effetto, il contratto preliminare doveva risolversi per inadempimento della Domus, con il diritto dei promittenti venditori a ritenere la caparra versata; o) che la domanda di risarcimento degli ulteriori danni non poteva trovare accoglimento, in quanto non risultavano ne’ allegati ne’ provati tali ultronei nocumenti e, comunque, la domanda era contraddetta dalla richiesta di ritenzione della caparra.
3.- Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato a un unico, complesso motivo, la (OMISSIS) S.r.l. Hanno resistito con controricorso gli intimati (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), in proprio e quali eredi di (OMISSIS).
4.- La ricorrente ha presentato memoria.

Preliminare la risoluzione per inadempimento e la caparra

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- Con l’unico e articolato motivo proposto la ricorrente denuncia, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione degli articoli 1373, 1351 e 1385 c.c., per avere la Corte d’appello ritenuto legittimi i tardivi adempimenti dei promittenti alienanti, quali meri atti unilaterali privi di efficacia, senza rilevare che le attivita’ da questi ultimi espletate, oltre che incomplete, erano state eseguite solo successivamente alla comunicazione con cui la promissaria acquirente aveva esercitato, in data 20 novembre 2008, il recesso dal contratto preliminare.
Secondo l’istante, la Corte d’appello non avrebbe potuto considerare la prova del possesso, da parte dei promittenti venditori, della documentazione necessaria alla stipula della vendita alla data del 29 novembre 2008, ne’ la comunicazione della convocazione davanti al notaio inoltrata il 24 novembre 2008 per il giorno 15 dicembre 2008, ai fini della stipula del definitivo, senza riscontrare che ogni attivita’ da essi compiuta, successiva alla ricezione del recesso, non poteva piu’ essere collegata al preliminare.
Sostiene, poi, la ricorrente che, alla data del 19 novembre 2008, i promittenti alienanti erano ancora inadempienti agli obblighi assunti con il preliminare e che non avrebbero avuto la potesta’ di individuare il notaio, indicando la data della convocazione.
Rileva, quindi, l’istante che la Corte di merito avrebbe male interpretato l’articolo 7 del preliminare, da cui si sarebbe potuta desumere una mera autorizzazione, in favore della Domus, di accesso saltuario al fondo e non gia’ una delega di sostituzione della promissaria acquirente ai promittenti alienanti in ambito amministrativo, sicche’ unici intestatari responsabili delle pratiche amministrative pendenti, presso gli uffici tecnici del Comune di Cortona, sarebbero stati i promittenti venditori, stante la persistente assenza, in capo alla Domus, della concreta relazione giuridica qualificata con l’immobile, per mancanza delle condizioni di validita’ della dichiarazione di cui all’articolo 7 del contratto.
Evidenzia, altresi’, la ricorrente che i promittenti venditori erano inadempienti, alla data del 14 ottobre 2008, a ciascuna delle attivita’ preposte all’approvazione del progetto delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria, come era stato accertato dinanzi al notaio il 19 novembre 2008 e, ancora, alla data del 29 novembre 2008, non essendo stata rilasciata la polizza fideiussoria.
Con la conseguenza che la Corte territoriale avrebbe dovuto dichiarare l’inefficacia o la nullita’ del contratto preliminare per l’inadempimento dei promittenti venditori, poiche’ la Domus non aveva alcun ruolo negli adempimenti relativi all’approvazione del progetto delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria, in difetto di alcuna legittimazione a portare avanti le corrispondenti pratiche amministrative.
In ultimo, l’istante precisa che, a seguito dell’errata individuazione della parte inadempiente, il Giudice del gravame avrebbe dichiarato la risoluzione del vincolo contrattuale per inadempimento della promissaria acquirente, riconoscendo ai promittenti venditori il diritto a trattenere la somma percepita a titolo di caparra confirmatoria, ancorche’ non fosse stato provato il danno, in violazione delle norme che stabiliscono l’incompatibilita’ tra gli istituti della risoluzione per inadempimento e l’azione di recesso.
1.1.- La doglianza con cui si contesta la valutazione del Giudice di merito, in ordine all’integrazione dell’inadempimento imputabile della promissaria acquirente, e’ inammissibile.
E cio’ perche’ il ragionamento logico e giuridico compiuto dalla sentenza impugnata e’ esente da censure.
Segnatamente la Corte territoriale ha evidenziato che, al momento in cui la Domus ha dichiarato di volersi sciogliere dal preliminare, l’approvazione del progetto funzionale all’edificazione sul terreno oggetto della promessa, con la costituzione delle correlate servitu’ di passo e di passaggio, era stata gia’ ottenuta dai promittenti alienanti.
Ha, altresi’, coerentemente interpretato le clausole di cui agli articoli 5, 6 e 7 del preliminare, in ordine all’individuazione della parte tenuta a curare il rilascio effettivo dell’autorizzazione (recte il suo ritiro), all’esito della prestazione della fideiussione, precisando che tali oneri erano a carico della Domus, cui era stato conferito anche il potere di sostituzione nell’avanzamento delle pratiche amministrative.
A cio’ consegue che esula dal vizio di legittimita’, anche ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – peraltro non evocato nella fattispecie qualsiasi contestazione volta a criticare il “convincimento’ che il giudice di merito si e’ formato, ex articolo 116 c.p.c., commi 1 e 2, in esito all’esame del materiale probatorio e al conseguente giudizio di prevalenza degli elementi di fatto, operato mediante la valutazione della maggiore o minore attendibilita’ delle fonti di prova, essendo esclusa, in ogni caso, una nuova rivalutazione dei fatti da parte della Corte di legittimita’ (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 15276 del 01/06/2021; Sez. U, Sentenza n. 20867 del 30/09/2020; Sez. 6-5, Ordinanza n. 91 del 07/01/2014).
Ed invero, non puo’ in questa sede essere presa in considerazione la diversa ponderazione effettuata dalla ricorrente, ai fini della revisione del ragionamento decisorio su cui si fonda la sentenza d’appello.
Infatti, il giudizio di cassazione e’ un giudizio a critica vincolata, nel quale le censure alla pronuncia di merito devono trovare collocazione entro un elenco tassativo di motivi, in quanto la Corte di cassazione non e’ mai giudice del fatto in senso sostanziale ed esercita un controllo sulla legalita’ e logicita’ della decisione che non consente di riesaminare e di valutare autonomamente il merito della causa. Ne discende che la parte non puo’ limitarsi a censurare la complessiva valutazione delle risultanze processuali contenuta nella sentenza impugnata, contrapponendovi la propria diversa interpretazione, al fine di ottenere la revisione degli accertamenti di fatto compiuti (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 6519 del 06/03/2019; Sez. 5, Sentenza n. 25332 del 28/11/20141).
1.2.- Peraltro, il richiamato articolo 1373 c.c., non puo’ trovare applicazione nella fattispecie, in quanto si riferisce all’ipotesi in cui sia stata attribuita, ad una o a entrambe le parti, la facolta’ di recedere ad nutum dal contratto e non gia’ allorche’ ricorra un inadempimento qualificato (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 8776 del 26/11/1987; Sez. 2, Sentenza n. 6582 del 15/12/1984).
Nella fattispecie risulta pacificamente che non era stata prevista la convenzionale attribuzione ad uno dei contraenti dello ius poenitendi, quale facolta’ della parte di sciogliere unilateralmente il contratto, prescindendosi da eventuali inadempienze dell’altro contraente alle obbligazioni assunte.
Senonche’ il recesso unilaterale dal contratto, previsto dall’articolo 1385 c.c., comma 2, e’ di natura legale e non convenzionale, trovando la sua giustificazione nell’inadempienza dell’altra parte, laddove l’articolo 1373 c.c., comma 1, secondo il quale il recesso non puo’ essere esercitato quando il contratto abbia avuto un principio di esecuzione, riguarda esclusivamente il recesso convenzionale e non anche quello stabilito dall’articolo 1385 in favore del contraente non inadempiente (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 7762 del 27/03/2013; Sez. 2, Sentenza n. 12860 del 28/12/1993; Sez. 1, Sentenza n. 1098 del 16/05/1962).
Alla luce di quanto precede, nel caso in esame, – per un verso – non era stata pattuita una facolta’ di recesso unilaterale, in favore di una o di entrambe le parti, e – per altro verso – non vi erano le condizioni per esercitare il recesso, a cura della promissaria acquirente, ai sensi dell’articolo 1385 c.c., poiche’ in base all’accertamento – in questa sede insindacabile – del Giudice di merito, al momento in cui esso e’ stato esercitato, non vi era alcun inadempimento imputabile ai promittenti alienanti.
1.3.- E’ invece fondata la censura con cui si contesta la violazione dell’articolo 1385 c.c..
Al riguardo, occorre evidenziare che la sentenza della Corte d’appello, in accoglimento della domanda riconvenzionale proposta dagli appellanti gia’ nel giudizio di prime cure, ha “dichiarato” la risoluzione del preliminare per inadempimento imputabile a colpa della promissaria acquirente – per essersi questa ingiustificatamente rifiutata di addivenire alla stipula del definitivo, nonostante i promittenti venditori avessero assolto all’adempimento degli obblighi assunti con il preliminare stesso – e, al contempo, ha dichiarato il diritto degli appellanti a ritenere la caparra confirmatoria versata in loro favore, pari a Euro 24.000,00, disattendendo la domanda di risarcimento dei danni ulteriori, in quanto non provata e non compatibile con la richiesta di trattenimento della caparra.
Ora, la caparra confirmatoria ex articolo 1385 c.c., ha la funzione di liquidare convenzionalmente il danno da inadempimento in favore della parte non inadempiente che intenda esercitare il potere di recesso conferitole ex lege, sicche’, ove cio’ avvenga, essa e’ legittimata a ritenere la caparra ricevuta ovvero ad esigere il doppio di quella versata; qualora, invece, detta parte preferisca agire per la risoluzione ovvero l’esecuzione del contratto, il diritto al risarcimento del danno va provato nell’an e nel quantum (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 20532 del 29/09/2020; Sez. 2, Sentenza n. 8417 del 27/04/2016).
Nella fattispecie i promittenti venditori non hanno affatto evocato il diritto potestativo di recesso dal preliminare di cui all’articolo 1385 c.c., con riferimento alla versata caparra confirmatoria, in ragione dell’inadempimento colpevole e di non scarsa importanza addebitato alla promissaria acquirente (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 21209 del 08/08/2019; Sez. 6-2, Ordinanza n. 409 del 13/01/2012).
Hanno, invece, aderito all’opzione concessa dall’articolo 1385 c.c., u.c., secondo cui la parte non inadempiente – che puo’ avvalersi del recesso – puo’ agire per la risoluzione del contratto e, in tal caso, “il risarcimento del danno e’ regolato dalle norme generali”.
All’esito, il Giudice del gravame ha pronunciato, con sentenza costitutiva (nonostante l’improprio riferimento alla “dichiarazione” della risoluzione giudiziale), la risoluzione per inadempimento ai sensi dell’articolo 1453 c.c., autorizzando i promittenti alienanti a ritenere la caparra confirmatoria e respingendo la domanda di risarcimento dei danni ulteriori.
Alla stregua della predetta ricostruzione, in tema di contratto preliminare, va qualificata in termini di declaratoria dr risoluzione per inadempimento – soggetta, pertanto, alla relativa disciplina generale – e non quale esercizio del diritto di recesso, la domanda con cui la parte non inadempiente, che abbia conseguito il versamento della caparra, chieda, oltre alla risoluzione del contratto, la condanna della controparte al risarcimento di ulteriori danni; in tal caso, dunque, essa non puo’ incamerare la caparra, che perde la sua funzione di limitazione forfetaria e predeterminata della pretesa risarcitoria e la cui restituzione e’ ricollegabile agli effetti propri della risoluzione negoziale, ma solo trattenerla a garanzia della pretesa risarcitoria o in acconto su quanto le spetta, a titolo di anticipo dei danni che saranno in seguito accertati e liquidati (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 40292 del 15/12/2021; Sez. 2, Ordinanza n. 21559 del 07/10/2020; Sez. 2, Ordinanza n. 25146 del 08/10/2019; Sez. 2, Sentenza n. 8571 del 27/03/2019; Sez. 6-2, Ordinanza n. 24824 del 09/10/2018; Sez. 2, Sentenza n. 20957 del 08/09/2017).
Ne’ la piu’ recente giurisprudenza sulla possibilita’ di avvalersi della caparra confirmatoria anche ove non sia esercitato il recesso, alla stregua della natura coordinata (e non subordinata) del gerundio “ritenendo”, di cui all’articolo 1385 c.c., comma 2, puo’ applicarsi alla fattispecie, posto che l’evocata lettura postula che, al momento in cui si chiede di ritenere la caparra o si esige il suo doppio, il contratto si sia gia’ risolto, o per effetto dello scioglimento che consegue all’esercizio del diritto potestativo di recesso, o per effetto della maturazione di una fattispecie di risoluzione ope legis o di diritto, di cui occorra solo accertare la gia’ avvenuta integrazione (con riferimento alla risoluzione di diritto conseguita ad una diffida ad adempiere, Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 18392 del 08/06/2022; Sez. 2, Sentenza n. 26206 del 03/11/2017; Sez. 3, Sentenza n. 2999 del 28/02/2012; con riferimento alla risoluzione di diritto conseguita alla decorrenza di un termine essenziale, Cass. Sez. 2, Sentenza n. 21838 del 25/10/2010), evenienza, questa, non afferente al caso in disputa, in cui – come anticipato – la risoluzione, sebbene con efficacia retroattiva, e’ conseguita ad una declaratoria costitutiva.
Sicche’, per effetto della pronuncia di risoluzione del contratto preliminare di vendita, per inadempimento qualificato imputabile alla promissaria acquirente, il Giudice d’appello non avrebbe potuto riconoscere il diritto dei promittenti venditori a ritenere la caparra confirmatoria versata, ma avrebbe dovuto riconoscere il danno nei limiti della prova fornita sull’an e sul quantum, rispetto alla quale la disponibilita’ della caparra avrebbe potuto avere una mera funzione di garanzia per il soddisfacimento della pretesa risarcitoria.
E cio’ perche’, all’esito dell’interpretazione del giudice di merito in ordine all’azione spiegata, la richiesta formulata in termini di domanda di risoluzione, con l’aggiuntiva pretesa di trattenere la caparra e di risarcire l’ulteriore danno arrecato, e’ stata qualificata, avendo riguardo non solo al nomen iuris utilizzato dalla parte nell’introdurre l’azione caducatoria degli effetti del contratto (ossia volta ad ottenere lo scioglimento del rapporto), ma anche alla stregua della connessa domanda di risarcimento dei danni ulteriori, quale pronuncia costitutiva di risoluzione contral:tuale, senza che sia stata convertita in azione di recesso.
2.- Alle argomentazioni innanzi espresse consegue l’accoglimento, nei sensi di cui motivazione, dell’unico articolato motivo proposto.
La sentenza impugnata va cassata, con rinvio della causa alla Corte d’appello di Napoli, in diversa composizione, che decidera’ uniformandosi ai principi di diritto enunciati e tenendo conto dei rilievi svolti, provvedendo anche alla pronuncia sulle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione accoglie il ricorso, nei sensi di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e rinvia la causa alla Corte d’appello di Napoli, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimita’.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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