Premessa la natura autonoma dell’actio ad exhibendum

Consiglio di Stato, Sezione quinta, Sentenza 14 agosto 2020, n. 5036.

La massima estrapolata:

Premessa la natura autonoma dell’actio ad exhibendum, ancorché strumentale a una controversia (già ) pendente, occorre distinguere “tra ordinanze che si pronunciano sul ricorso, accogliendolo o respingendolo in relazione ai presupposti inerenti all’accesso in quanto tale, e ordinanze che respingono il ricorso perché ritengono i documenti richiesti non utili ai fini del giudizio in corso”, con la conseguenza che “nel primo caso l’ordinanza ha natura decisoria, ed è appellabile sia nel caso in cui il giudice escluda l’accessibilità sulla base della ritenuta carenza dei presupposti previsti dalla disciplina dell’accesso, sia nel caso in cui il giudice accolga la domanda di accesso, ritenendo sussistenti le condizioni legittimanti l’ostensione senza passare al vaglio della pertinenza dei documenti in relazione al giudizio in corso”, mentre “nel secondo caso l’ordinanza ha natura meramente istruttoria e non è appellabile autonomamente.

Sentenza 14 agosto 2020, n. 5036

Data udienza 25 giugno 2020

Tag – parola chiave: Accesso agli atti – Tutela giurisdizionale – Actio ad exhibendum – Natura autonoma – Ordinanze decisorie e istruttorie – DIfferenze

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quinta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello numero di registro generale 3092 del 2020, proposto da
Ci. s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Pi. Pi. e Al. Bo., con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;
contro
Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Provveditorato Interregionale Opere Pubbliche Veneto, Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia – Venezia, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via (…);
Fi. s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Pa. Cl. e Ma. Pa., con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso lo studio dell’avvocato Pa. Cl. in Roma, via (…);
Be. s.r.l. ed altri, non costituite in giudizio;
nei confronti
Consorzio Ve. Nu., non costituito in giudizio;
per la riforma
dell’ordinanza collegiale del Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, Sezione Prima, n. 00258/2020, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e del Provveditorato Interregionale Opere Pubbliche Veneto, Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia – Venezia, nonché della Fi. s.p.a.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 25 giugno 2020, tenuta con modalità da remoto come da verbale, il Cons. Alberto Urso, dati presenti per le parti, ai sensi all’art. 4, comma 1, penultimo periodo, d.-l. n. 28 del 2020 gli avvocati Pa., Cl., Pi., Bo. e dello Stato Pa.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. La Fi. s.p.a. impugnava la propria esclusione dalla gara per l’affidamento di appalto misto di servizi e lavori, con prevalenza di servizi, avente a oggetto la manutenzione delle paratoie della bocca del (omissis) indetta dal Consorzio Ve. Nu. con bando pubblicato sulla Guue il 10 giugno 2019.
Con successivi motivi aggiunti impugnava la sopraggiunta aggiudicazione della procedura alla Ci. s.p.a. quale unica concorrente rimasta in gara.
2. In sede di ricorso la Fi. proponeva anche domanda finalizzata all’accesso ex art. 116, comma 2, Cod. proc. amm. ai documenti d’offerta della Ci., stante l’ostensione solo parziale concessa dall’amministrazione, anche a fronte dell’opposizione formulata dalla controinteressata.
3. Il Tribunale amministrativo adì to, nella resistenza del Consorzio Ve. Nu., del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, nonché della Ci. s.p.a. accoglieva l’istanza di accesso con l’ordinanza collegiale segnata in oggetto che disponeva l’ostensione entro il termine di trenta giorni dei documenti richiesti.
4. Avverso tale ordinanza ha proposto appello la Ci. deducendo:
I) error in iudicando: violazione e/o falsa applicazione degli artt. 53 d.lgs. n. 50 del 2016, 98 e 99 d.lgs. n. 30 del 2005; violazione dell’art. 97 Cost.; eccesso di potere per difetto d’istruttoria, contraddittorietà, travisamento dei fatti, illogicità e ingiustizia manifeste;
II) error in iudicando: violazione e/o falsa applicazione degli artt. 22 l. n. 241 del 1990, 53 d.lgs. n. 50 del 2016 e 34, comma 2, Cod. proc. amm.; violazione dell’art. 97 Cost.; eccesso di potere per difetto d’istruttoria, contraddittorietà, travisamento dei fatti, illogicità e ingiustizia manifeste.
5. Resiste la Fi. s.p.a. chiedendo la reiezione dell’appello ed eccependone l’inammissibilità, anche perché proposto avverso ordinanza e non sorretto da attuale interesse a fronte dell’ormai intervenuta ostensione dei documenti controversi; si sono costituiti inoltre il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e il Provveditorato Interregionale Opere Pubbliche Veneto, Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia – Venezia che hanno manifestato la loro estraneità alla controversia in quanto relativa esclusivamente a profili inerenti all’accesso.
Non s’è invece costituito il Consorzio Ve. Nu., pur regolarmente intimato.
6. Alla camera di consiglio del giorno 25 giugno 2020 tenuta ai sensi e con le modalità di cui all’art. 84, comma 5 e 6, d.-l. n. 18 del 2020, convertito con modificazioni dalla legge n. 27 del 2020, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Va preliminarmente esaminata l’eccezione d’inammissibilità dell’appello sollevata dalla Fi. in ragione della circostanza che il provvedimento gravato consiste in un’ordinanza ex art. 116, comma 2, Cod. proc. amm., come tale non appellabile in quanto avente contenuto meramente ordinatorio e non ricompresa fra gli atti passibili d’impugnazione indicati dalla legge.
L’eccezione è infondata.
1.1. Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale “sebbene l’attuale disciplina non preveda più, come il previgente art. 25, comma 5, l. 7 agosto 1990, n. 241, l’appellabilità entro trenta giorni al Consiglio di Stato (…) l’ordinanza che decide sull’istanza in materia di accesso presentata in corso di causa [è ] immediatamente appellabile” (Cons. Stato, V, 15 maggio 2019, n. 3151).
Ciò in applicazione del principio per cui “i provvedimenti del giudice amministrativo di primo grado sono appellabili quando, pur avendo forma esteriore di ordinanza e non di sentenza, hanno reale contenuto decisorio della controversia, cioè quando esplicitamente o implicitamente risolvono in tutto o in parte la questione che oppone le parti ovvero un punto pregiudiziale di essa. Difatti, al fine di stabilire se un provvedimento ha natura di sentenza o di ordinanza, quindi se sia o meno appellabile, è decisiva non già la forma adottata, ma il suo contenuto in base al principio della prevalenza, in materia, della sostanza sulla forma” (Cons. Stato, III, 15 luglio 2014, n. 3688, secondo cui “nel caso di specie l’ordinanza appellata ha sicuramente portata decisoria, avendo definito l’incidente [ex art. 116, comma 2, Cod. proc. amm.] in relazione alla sussistenza delle condizioni legittimanti l’ostensione”).
In tale contesto, premessa la natura autonoma dell’actio ad exhibendum, ancorché strumentale a una controversia (già ) pendente (Cons. Stato, V, 21 maggio 2018, n. 3028), occorre distinguere “tra ordinanze che si pronunciano sul ricorso, accogliendolo o respingendolo in relazione ai presupposti inerenti all’accesso in quanto tale, e ordinanze che respingono il ricorso perché ritengono i documenti richiesti non utili ai fini del giudizio in corso”, con la conseguenza che “nel primo caso l’ordinanza ha natura decisoria, ed è appellabile sia nel caso in cui il giudice escluda l’accessibilità sulla base della ritenuta carenza dei presupposti previsti dalla disciplina dell’accesso, sia nel caso in cui il giudice accolga la domanda di accesso, ritenendo sussistenti le condizioni legittimanti l’ostensione senza passare al vaglio della pertinenza dei documenti in relazione al giudizio in corso”, mentre “nel secondo caso l’ordinanza ha natura meramente istruttoria e non è appellabile autonomamente” (Cons. Stato, IV, 27 ottobre 2011, n. 5765).
1.2. Aderendo a tali condivisibili principi, ben applicabili alla fattispecie in esame, non vi è ragione di dubitare della natura decisoria – nei termini suindicati – dell’ordinanza, che invero non s’è limitata ad esaminare l’utilità dei documenti oggetto d’accesso ai fini del decidere, ma ha definito in modo compiuto l’actio ad exhibendum proposta dalla Fi. scrutinando (favorevolmente all’istante) i presupposti per l’ostensione dei documenti richiesti.
Pertanto detta ordinanza va considerata appellabile.
2. Passando all’esame dell’appello, la sua infondatezza nel merito consente di prescindere dall’esame delle altre eccezioni preliminari sollevate da Fi..
3. Col primo motivo la Ci. si duole dell’accoglimento della domanda d’accesso deducendo che difetterebbe nella specie il necessario nesso di strumentalità e di stretta indispensabilità dei documenti rispetto alla difesa della ricorrente: ciò in quanto la sua offerta – cui l’istanza d’accesso della Fi. si rivolge – non aveva formato oggetto di valutazione da parte della commissione, essendo essa Ci. l’unica concorrente rimasta in gara; al contempo il provvedimento d’esclusione della Fi. prescindeva affatto dalla suddetta offerta, sicché anche secondo tale prospettiva l’accesso andava denegato, né potrebbe farsi riferimento alla sola prospettazione unilaterale della ricorrente al fine di apprezzare la legittimazione all’accesso.
Sotto altro profilo poi i documenti richiesti conterrebbero segreti tecnici e commerciali, sicché non rileverebbe la circostanza che essa Ci. non ne avesse indicato la riservatezza e inostensibilità in sede partecipativa, avendo comunque proposto opposizione all’accesso una volta richiesto dalla Fi..
Il motivo è infondato.
3.1. È pacifico e documentato che l’esclusione della Fi. dalla gara è avvenuta in ragione del contenuto della sua offerta, in specie poiché l’offerta tecnica conteneva elementi inerenti a quella economica in relazione alla contrazione del termine di esecuzione (cfr. doc. 1 ricorrente).
Alla luce di ciò, la documentazione d’offerta della Ci. risulta presentare il carattere della (necessaria) strumentalità all’interesse perseguito dalla Fi., atteso che quest’ultima, nell’impugnare la propria esclusione, intenderebbe farne valere vizi – così come dedotto anche nella presente sede – correlati alla disparità di trattamento subita rispetto alla Ci..
Allo stesso modo la Fi. potrebbe dall’esame dell’offerta concorrente desumere (come espressamente dedotto dalla stessa) i vizi che ne avrebbero imposto l’esclusione o impedito l’aggiudicazione ex art. 95, comma 12, d.lgs. n. 50 del 2016 e artt. 21 e 23 del disciplinare con conseguente necessaria riedizione della gara, cui la ricorrente parimenti avrebbe interesse nell’ambito dell’impugnativa del provvedimento d’aggiudicazione (cfr. al riguardo anche infra, sub § 4 ss.).
In tale prospettiva nessun rilievo assume la circostanza che l’offerta dell’appellante non sia stata valutata in sede di gara, atteso che la sua conoscenza avrebbe per la Fi. tutt’altre finalità, intese a dimostrare l’illegittimità per disparità di trattamento dell’esclusione impugnata ovvero l’illegittima aggiudicazione o la doverosa esclusione della Ci., con conseguente necessaria riedizione della procedura.
Pertanto i presupposti generali di necessaria strumentalità dell’accesso alla coltivazione di un interesse giuridicamente rilevante possono ritenersi nella specie ben integrati (sull’elaborazione del principio di strumentalità e sue declinazioni in materia d’accesso, cfr., inter multis, Cons. Stato, V, 27 dicembre 2019, n. 8829; 2 ottobre 2019, n. 6603 e relativi richiami).
D’altra parte non è dato ravvisare alcuna violazione dell’art. 34, comma 2, cod. proc. amm. in relazione a poteri non ancora esercitati dall’amministrazione – in tesi coincidenti con la valutazione delle offerte – atteso che non rileva ai fini dell’accesso quest’ultima valutazione, bensì l’esame dei contenuti dell’offerta della Ci. nei termini e per le ragioni suindicate.
3.2. In senso inverso neppure rileva la circostanza che i documenti rivestirebbero in specie il carattere della riservatezza in quanto contenenti segreti tecnici e commerciali sottesi all’offerta dell’appellante.
Sul punto, al di là dei profili dibattuti fra le parti in ordine alla mancata enucleazione delle specifiche ragioni di segretezza, nonché all’omessa indicazione di elementi di riservatezza dalla Ci. in sede partecipativa, è assorbente rilevare la sussistenza nella specie di quel nesso di stretta indispensabilità per l’esercizio del diritto di difesa da parte della Fi. che giustifica di per sé l’accesso ai sensi dell’art. 53, comma 6, d.lgs. n. 50 del 2016 (cfr. Cons. Stato, V, 28 febbraio 2020, n. 1451; 12 novembre 2019, n. 7743).
Sia i profili d’illegittimità dell’esclusione della ricorrente per disparità di trattamento, sia l’illegittimità dell’aggiudicazione alla Ci. o la sua necessaria esclusione, con conseguente riedizione della gara, non possono infatti essere ragionevolmente rilevate e argomentate se non all’esito dell’esame dell’offerta della controinteressata, ciò che vale peraltro a considerare l’accesso effettivamente funzionale alle difese, non già correlato a una mera arbitraria e unilaterale prospettazione dell’interessata; né l’appellante fornisce – rispetto alle ragioni dell’accesso difensivo della Fi. nei siffatti termini – specifici elementi d’evidenza, in relazione a singoli documenti o loro parti, idonei ad escludere le suddette ragioni e giustificare una limitazione all’accesso.
Allo stesso modo, non rileva ai fini dello scrutinio di siffatto nesso di strumentalità l’esame ex post del tenore delle domande giudiziali dell’interessata, la quale ben può – all’esito dell’accesso – modularne discrezionalmente il contenuto: il che rende di per sé irrilevanti, al di là di ogni ulteriore questione, le censure incentrate sul contenuto dei motivi aggiunti proposti dalla Fi..
3.3. Allo stesso modo, in sé non rilevante è la dedotta violazione della par condicio derivante dalla circostanza che la Ci. non ha ancora avuto accesso alla richiesta documentazione della Fi., atteso che ciò non incide di per sé sulla presente azione, potendo semmai la Ci. far valere distintamente le proprie ragioni in relazione all’accesso alla suddetta documentazione.
4. Col secondo motivo la Ci. deduce l’erroneità dell’accoglimento della domanda d’accesso della Fi. per la mancanza d’un interesse qualificato, in quanto esclusa dalla gara e pertanto priva d’interesse all’accesso ai relativi documenti in quanto ormai estranea agli effetti della procedura.
Anche tale motivo è infondato.
4.1. La giurisprudenza ha affermato che “avendo partecipato alla gara solo i due raggruppamenti in causa (…) il concorrente escluso avrebbe comunque avuto un interesse strumentale a contestare gli esiti della procedura, ai fini di una sua riedizione: nel caso di specie, infatti, pur non essendo stati proposti due ricorsi simmetrici, effettivamente la fattispecie dedotta in giudizio risulta analoga a quella relativa al ricorso incidentale escludente, vertendosi in entrambi i casi della persistenza o meno dell’interesse del ricorrente, “a seguito della reiezione dei motivi di ricorso avverso la sua esclusione, ad ottenere una pronuncia di accertamento della illegittimità della mancata esclusione della aggiudicataria e la conseguente caducazione dell’intera gara, al fine di una sua eventuale riedizione”. Situazione considerata dall’Adunanza plenaria di questo Consiglio nella sentenza 11 maggio 2018, n. 6, laddove non è dubitabile che “nel caso in cui siano rimasti in gara unicamente due concorrenti e gli stessi propongano ricorsi reciprocamente escludenti, si imponga la disamina di ambedue i mezzi di impugnazione dai medesimi proposti, quali che siano i motivi di censura ivi contenuti” (da ultimo, Cons. Stato, V, 3 maggio 2019, n. 2880)” (Cons. Stato, V, 24 marzo 2020, n. 2049).
La stessa Corte di Giustizia ha posto in risalto, al riguardo, che “in una situazione (…) in cui una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico ha dato luogo alla presentazione di due offerte e all’adozione, da parte dell’amministrazione aggiudicatrice, di due decisioni in contemporanea recanti rispettivamente rigetto dell’offerta di uno degli offerenti e aggiudicazione dell’appalto all’altro, l’offerente escluso, che ha presentato un ricorso avverso tali due decisioni, deve poter chiedere l’esclusione dell’offerta dell’offerente aggiudicatario, in modo tale che la nozione di “un determinato appalto”, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 3, della direttiva 92/13, come modificata dalla direttiva 2007/66, può, se del caso, riguardare l’eventuale avvio di una nuova procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico”.
Infatti “in una situazione del genere, all’offerente che ha proposto ricorso deve essere riconosciuto un interesse legittimo all’esclusione dell’offerta dell’aggiudicatario che può portare, se del caso, alla constatazione dell’impossibilità, per l’amministrazione aggiudicatrice, di procedere alla scelta di un’offerta regolare (v., in tal senso, sentenze del 4 luglio 2013, Fastweb, C- 100/12, EU:C:2013:448, punto 33, nonché del 5 aprile 2016, PFE, C- 689/13, EU:C:2016:199, punto 24)” (Cgue, 11 maggio 2017, causa C-131/16).
Alla luce di tali principi, essendo riconosciuto all’impresa esclusa che ha impugnato il provvedimento espulsivo l’interesse a ottenere l’esclusione dell’aggiudicataria utile alla riedizione della gara, alla stessa occorre riconoscere anche lo strumentale accesso ai documenti della procedura e in specie all’offerta della controinteressata in funzione delle suddette domande.
Il che è quanto si verifica nel caso di specie, in cui a seguito dell’esclusione (anche) della Fi., la Ci. è l’unica concorrente rimasta in gara e perciò aggiudicataria della stessa; dimodoché l’eventuale vizio escludente a carico della stessa, o l’annullamento dell’aggiudicazione, consentirebbe la riedizione della gara cui la Fi. ha (legittima) ragione d’aspirare.
Solo nel caso in cui l’esclusione sia ormai definitiva è infatti preclusa senz’altro all’operatore economico la possibilità di muovere contestazioni all’offerta degli altri concorrenti, e in specie dell’aggiudicatario (in tal senso, oltre alla già citata sentenza della Corte di Giustizia dell’11 maggio 2017 nella causa C-131/16, cfr. Id., 21 dicembre 2016, causa C-355/15, richiamata dalla stessa appellante; nello stesso solco si colloca anche Cons. Stato, V, 17 giugno 2014, n. 3079, pure citata dall’appellante, in cui il difetto d’interesse a dolersi degli esiti della procedura discendeva dalla definitività dell’esclusione subita dal ricorrente).
A ciò si aggiunga peraltro che, come già rilevato, l’acquisizione dei documenti richiesti dalla Fi. risulta funzionale anche alla censura della propria esclusione sotto il profilo dell’eccesso di potere sub specie di disparità di trattamento.
5. In conclusione l’appello va respinto.
La particolarità della fattispecie giustifica la compensazione delle spese di lite del presente grado di giudizio fra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Compensa le spese del presente grado di giudizio fra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso nella camera di consiglio del giorno 25 giugno 2020, tenuta ai sensi dell’art. 84, comma 6, d.l. n. 18 del 2020, convertito con modificazioni dalla legge n. 27 del 2020, con l’intervento dei magistrati:
Carlo Saltelli – Presidente
Fabio Franconiero – Consigliere
Valerio Perotti – Consigliere
Angela Rotondano – Consigliere
Alberto Urso – Consigliere, Estensore

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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