Principio dell’autoresponsabilità in tema di più procedure di recupero

Corte di Cassazione, civile, Sentenza|3 marzo 2023| n. 6513.

Principio dell’autoresponsabilità in tema di più procedure di recupero

In ossequio al principio dell’autoresponsabilità in tema di più procedure di recupero azionate nei confronti del medesimo debitore per debiti omogenei dello stesso creditore, sono irripetibili le spese che siano state sostenute per l’avvio delle diverse procedure senza alcun reale vantaggio a favore del creditore.

Sentenza|3 marzo 2023| n. 6513. Principio dell’autoresponsabilità in tema di più procedure di recupero

Data udienza 14 febbraio 2023

Integrale

Tag/parola chiave: Pignoramento – Creditore munito di più titoli esecutivi – Pluralità di pignoramenti – Medesimo credito e medesimo debitore – Contrarietà a correttezza e buona fede – Conseguenze – Irripetibilità delle spese processuali eccedenti quelle dovute per un pignoramento unitari

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere

Dott. ROSSI Raffaele – Consigliere

Dott. SAJIA Salvatore – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso n. 253-21 proposto da:
-) Avv. (OMISSIS), elettivamente domiciliato presso il proprio indirizzo PEC e difeso da se medesimo ex articolo 86 c.p.c.;
– ricorrente –
contro
-) (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato presso l’indirizzo PEC del proprio difensore, difeso dall’avvocato Antonio Ciavarella in virtu’ di procura speciale apposta in calce al controricorso;
– controricorrente –
nonche’
-) (OMISSIS) s.p.a.;
– intimato –
avverso la sentenza del Tribunale di Roma 28 ottobre 2020 n. 15086; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14 febbraio 2023 dal Consigliere relatore Dott. Marco Rossetti;
viste le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.ssa Anna Maria Soldi, che ha chiesto il rigetto del ricorso.

FATTI DI CAUSA

1. (OMISSIS), creditore di (OMISSIS) e munito di sette diversi titoli giudiziali, nel 2018 notifico’ all’amministrazione comunale sette precetti ed esegui’ sette pignoramenti presso terzi. In tutti e sette i casi pignoro’ un credito del Comune di Roma nei confronti della societa’ (OMISSIS) s.p.a..
L’importo dei sette crediti, per come indicato nei vari atti di precetto ed al netto delle spese, variava da 5,80 a 372,08 Euro. La somma del capitale, delle spese e degli onorari richiesti con i sette precetti era di Euro 3.177,74.
2. Il Giudice dell’esecuzione, riuniti i pignoramenti, con ordinanza 24.1.2019 assegno’ al creditore la somma di Euro 3.177,74 a titolo di capitale e spese di precetto; Euro 669,56 a titolo di rimborso delle spese della procedura esecutiva, ed Euro 625,44 a titolo di onorari per la procedura esecutiva.
3. (OMISSIS) propose opposizione ex articolo 617 c.p.c. avverso la suddetta ordinanza, lamentando la mancata liquidazione delle spese successive all’ordinanza di assegnazione e la sottostima dei compensi professionali.
4. Il Tribunale di Roma con sentenza 28.10.2020 n. 15086 rigetto’ l’opposizione e condanno’ l’opponente alle spese ed al pagamento d’una ulteriore somma ai sensi dell’articolo 96, comma 3, c.p.c..
Il Tribunale ritenne che (OMISSIS), iniziando sette diverse esecuzioni per crediti di modesto valore nei confronti del medesimo debitore, avesse tenuto una condotta contraria ai doveri di correttezza e buona fede. La condotta dell’opponente, ad avviso del Tribunale, fu contraria ai doveri di correttezza e buona fede perche’:
-) aggravava inutilmente la posizione del debitore;
-) esponeva il debitore al rischio di moltiplicazione delle procedure esecutive, in virtu’ della considerazione che crediti di cosi’ modesta entita’, tenuto conto del limite di cui all’articolo 546 c.p.c., se maggiorati delle spese non avrebbero mai potuto trovare integrale soddisfazione nell’ambito del singolo pignoramento presso terzi;
-) tre dei sette pignoramenti avevano ad oggetto crediti di pochi Euro.
Sulla base di queste premesse, il Tribunale ha concluso che l’importo dei compensi professionali liquidato dal giudice dell’esecuzione non fu sottostimato, perche’ la suddetta liquidazione andava compiuta “come se fosse stato unico il precetto ed il processo esecutivo sin dall’origine”.
Infine, il Tribunale ha ritenuto che l’opposizione agli atti esecutivi proposta da (OMISSIS) costituisse un abuso del processo sanzionabile ai sensi dell’articolo 96 c.p.c., in quanto compiuta con colpa grave.
5. La sentenza d’appello e’ stata impugnata per cassazione da (OMISSIS), con ricorso fondato su due motivi ed illustrato da memoria.
(OMISSIS) ha resistito con controricorso.
Il terzo pignorato (OMISSIS) s.p.a. non ha svolto attivita’ difensiva.
Il Procuratore Generale ha depositato conclusioni scritte chiedendo il rigetto del ricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo il ricorrente lamenta sia il vizio di violazione di legge (sostenendo che la sentenza impugnata abbia violato gli articoli 1175 e 2233 c.c.; 88,92 e 95 c.p.c.; 75 costituzione, 111); sia il vizio di “carenza, illogicita’, erroneita’, abnormita’ e contraddittorieta’ della motivazione”, assumendo che tale vizio rientri nella previsione di cui all’articolo 360 c.p.c., n. 5.
Nella illustrazione del motivo il ricorrente prospetta varie censure che possono essere cosi’ riassunte:
a) ha errato il Tribunale nel ritenere che il creditore avesse preteso con l’atto di precetto spese eccessive; in realta’ l’atto di precetto conteneva solo piccoli refusi il cui effetto fu quello di incrementare il credito richiesto, rispetto a quello reale, soltanto di nove Euro;
b) la scelta di avviare plurime procedure esecutive non poteva ridondare a sfavore del creditore, in quanto pur essa fu conseguenza dell’inadempimento da parte di (OMISSIS) delle proprie obbligazioni;
c) la motivazione con cui il Tribunale aveva rigettato l’opposizione era “illogica ed abnorme”, perche’ aveva per effetto di “impedire l’accesso alla giustizia” di chi vanti plurimi crediti ma di modesti importi;
d) la motivazione con cui il Tribunale aveva rigettato l’opposizione era inoltre “inconferente rispetto al thema decidendum”, il quale riguardava unicamente la liquidazione dei compensi professionali;
e) fu illegittima l’affermazione secondo cui le spese dovute al creditore procedente andavano liquidate come se questi avesse introdotto una sola procedura esecutiva, poiche’ nel caso di piu’ cause successivamente riunite spetta al difensore un compenso professionale liquidato separatamente per ciascuna causa fino al momento della riunione;
f) il giudice dell’esecuzione, liquidando per le sette diverse procedure esecutive la complessiva somma di Euro 1.295, comprensiva delle spese generali, dell’Iva e della cassa forense, aveva attribuito al difensore un compenso di Euro 59,86 per ciascuna procedura, non rispettoso del decoro della professione.
1.1. La censura di “carenza, illogicita’, erroneita’, abnormita’ e contraddittorieta’ della motivazione” e’ inammissibile.
Infatti il novellato articolo 360 c.p.c., n. 5, nel testo ormai vigente da dieci anni (ovvero quello introdotto dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, articolo 54, comma 1, lettera (b), convertito in l. 7 agosto 2012, n. 134), non consente piu’ di censurare in sede di legittimita’ il vizio di motivazione, tranne l’ipotesi in cui la motivazione manchi del tutto “sinanche come segno grafico “, ovvero sia assolutamente incomprensibile (Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830).
Ne’ l’una, ne’ l’altra di tali ipotesi ricorrono nel caso di specie.
La motivazione della sentenza impugnata infatti esiste ed e’ ben chiara: il creditore non poteva pretendere la liquidazione di sette diversi compensi professionali perche’ costitui’ un abuso del processo introdurre sette diverse procedure esecutive pignorando il medesimo credito.
1.2. Le restanti censure sono infondate, per quanto la motivazione del provvedimento impugnato debba essere in parte corretta.
Il Tribunale ha rigettato l’opposizione sul presupposto che l’importo liquidato dal giudice dell’esecuzione a titolo di compenso professionale non fosse inferiore al minimo previsto dai parametri forensi.
E’ giunto a tale conclusione ritenendo che nel caso di specie le sette procedure esecutive introdotte da (OMISSIS) dovessero essere considerate unitariamente, come una sola esecuzione, ai fini della liquidazione delle spese di lite.
Ed ha affermato che le sette procedure si dovevano considerare una sola, ai fini delle spese, perche’ introdurle costitui’ per il creditore un abuso del processo.
1.3. Tale statuizione e’ conforme a diritto.
Stabilisce infatti l’articolo 92 c.p.c. che il giudice “puo’ escludere la ripetizione delle spese sostenute dalla parte vincitrice, se le ritiene eccessive o superflue”.
La norma costituisce applicazione del generale principio di autoresponsabilita’, di cui e’ espressione l’articolo 1227 c.c., ed il suo campo applicativo non e’ limitato al giudizio ordinario di cognizione, ma si estende ovviamente anche alle procedure esecutive, come gia’ ritenuto da questa Corte (cfr. Sez. 3, Sentenza n. 23847 del 18/09/2008, la quale ha negato la ripetibilita’ delle spese di pignoramenti successivi del medesimo bene; e’ conforme Sez. 3, Sentenza n. 13204 del 26/07/2012; ma nello stesso senso si veda gia’ Sez. 1, Sentenza n. 1043 del 15/04/1970, ove si legge che l’esecuzione deve avvenire “senza spese superflue”).
1.4. Il principio di autoresponsabilita’ applicato alla materia delle spese processuali ha per corollario l’irripetibilita’ delle spese sostenute senza vantaggio alcuno per il creditore.
Nel caso di specie il creditore procedente era il medesimo nelle sette procedure esecutive, medesimo era il debitore, medesimo era il terzo pignorato, medesimo era il credito pignorato.
Le sette esecuzioni, inoltre, furono iniziate pressoche’ contestualmente, come si desume dai rispettivi numeri di ruolo (16600/18, 16601/18, 16603/18, 16604/18, 16606/18, 16846/18, 16847/18).
Nulla, dunque, avrebbe impedito al creditore di procedere esecutivamente uno actu. La scelta di eseguire sette diversi pignoramenti presso terzi, pressoche’ contestuali ed in danno del medesimo debitore fu quindi una condotta che aggravo’ inutilmente la posizione di quest’ultimo, senza in nulla giovare al creditore. Od, almeno, senza che questi abbia mai allegato o evidenziato espressamente quale legittimo frutto intendesse trarre dalla moltiplicazione delle procedure esecutive, o quale rischio evitare.
Pertanto l’avvio di tante procedure esecutive quanti erano i titoli esecutivi di cui il creditore disponeva nei confronti del medesimo debitore fu una condotta colposa (e anche disciplinarmente rilevante, come gia’ ritenuto da questa Corte: cfr. Sez. U, Sentenza n. 21948 del 28/10/2015) la quale comporto’ spese superflue.
Di tale condotta era dunque consentito al giudice tenere conto ai sensi dell’articolo 92 c.p.c. escludendo la ripetibilita’ di quelle spese, come del resto gia’ ritenuto da questa Corte allorche’ reputo’ legittima la compensazione delle spese della procedura esecutiva, in un caso in cui il creditore aveva dapprima ingiustificatamente rifiutato in pagamento un assegno circolare, e poi iniziato l’esecuzione (Sez. 3, Sentenza n. 23997 del 16/11/2011).
1.4. Il dispositivo della sentenza impugnata fu dunque conforme a diritto, in quanto il Tribunale ha:
a) accertato in punto di fatto una condotta contraria a correttezza, generatrice di spese processuali evitabili ed inutili;
b) escluso in punto di diritto la ripetibilita’ delle spese superflue, causate da quella condotta contraria a correttezza.
E superflue furono, per quanto detto, le spese ed i compensi richiesti per le sei procedure esecutive iniziate subito dopo la prima, nonostante il creditore gia’ al momento della notifica del primo pignoramento fosse gia’ in possesso di tutti e sette i titoli esecutivi.
1.5. Ne’ sussiste il vizio di violazione dei parametri minimi previsti dal Decreto Ministeriale n. 55-14.
Il valore complessivo degli importi precettati dall’odierno ricorrente fu infatti di Euro 1.560,55; aggiungendo a tale importo le spese di notifica di un precetto (10,83) ed il relativo compenso (Euro 218,87), per come indicati dallo stesso ricorrente, si perviene al risultato di Euro 1.790,25. Per l’espropriazione di crediti di tale importo il Decreto Ministeriale n. 55-14 prevede per le due fasi dell’esecuzione un compenso minimo di Euro 450. Avendo il Giudice dell’esecuzione accordato al creditore la maggior somma di Euro 625, non sussiste la lamentata violazione dei parametri tariffari.
1.6. Il primo motivo di ricorso va dunque rigettato sulla base del seguente principio di diritto:
“il creditore munito di piu’ titoli esecutivi nei confronti del medesimo debitore non tiene una condotta conforme a correttezza e buona fede se, senza alcun vantaggio o interesse, effettua tanti pignoramenti del medesimo credito, quanti sono i titoli di cui dispone. In tal caso correttamente il giudice dell’esecuzione, riuniti i procedimenti, liquida al creditore procedente le sole spese ed i soli compensi professionali corrispondenti a quelli strettamente necessari per la notifica d’un solo precetto e d’un solo pignoramento, di valore pari alla somma dei titoli esecutivi separatamente azionati”.
2. Col secondo motivo il ricorrente ha impugnato la sentenza del Tribunale nella parte in cui lo ha condannato ex articolo 96, comma 3, c.p.c..
Nella illustrazione del motivo sostiene il ricorrente che la condanna prevista da tale ultima norma puo’ essere pronunciata a carico di chi ha introdotto una lite con la consapevolezza della sua infondatezza, ovvero senza usare la normale diligenza per acquisire tale consapevolezza.
Tali presupposti non ricorrevano nel caso di specie, dal momento che l’opponente aveva proposto l’opposizione lamentando la “matematica ed incontrovertibile” violazione dei parametri minimi di liquidazione dei compensi professionali.
2.1. Il motivo e’ inammissibile.
In punto di diritto, infatti, le affermazioni contenute nella sentenza sono corrette: il Tribunale ha ravvisato un abuso del processo che ha comportato spese superflue a carico del debitore, ed ha conseguentemente condannato l’opponente ex articolo 96, comma 3, Lo stabilire, poi, se nel caso di specie vi fu o non vi fu un abuso del processo e’ questione di puro fatto, riservata al giudice di merito ed insindacabile in quanto tale in sede di legittimita’.
3. Le spese del presente giudizio di legittimita’ vanno a poste a carico del ricorrente, ai sensi dell’articolo 385, comma 1, c.p.c., e sono liquidate nel dispositivo, avuto riguardo al petitum.

Per questi motivi

la Corte di cassazione:
(-) rigetta il ricorso;
(-) condanna (OMISSIS) alla rifusione in favore di (OMISSIS) delle spese del presente giudizio di legittimita’, che si liquidano nella somma di Euro 2.200, di cui 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie ex Decreto Ministeriale n. 10.3.2014 n. 55, articolo 2, comma 2;
(-) ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.

 

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