Principio del tantum devolutum quantum appellatum

Corte di Cassazione, civile, Sentenza|7 marzo 2022| n. 7367.

Principio del tantum devolutum quantum appellatum.

Consolidata dal sopraggiunto giudicato quella parte della statuizione di primo grado non impugnata dall’appellante, non v’è ragione di precludere al giudice dell’appello il vaglio di quei profili di doglianza (questi sì devoluti), rimasti non esaminati, perché assorbiti dalla pronuncia di accoglimento di motivi di appello mai posti; preclusione inevitabile ove la decisione di appello fosse cassata senza rinvio (Principio enunciato in motivazione, ai sensi dell’articolo 384 del Cpc).

Sentenza|7 marzo 2022| n. 7367. Principio del tantum devolutum quantum appellatum

Data udienza 26 gennaio 2022

Integrale

Tag/parola chiave: Proprietà – Successione – Nullità donazione – Riconvenzionale di usucapione – Appello – Principio del tantum devolutum quantum appellatum

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere

Dott. GRASSO Giuseppe – rel. Consigliere

Dott. VARRONE Luca – Consigliere

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 15414/2017 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
contro
(OMISSIS);
– intimata –
avverso la sentenza n. 301/2017 della CORTE D’APPELLO di LECCE, depositata il 14/03/2017;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 26/01/2022 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE GRASSO;
sentito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.ssa CERONI Francesca, che ha concluso per l’inammissibilita’, in subordine il rigetto del ricorso;
udito l’Avvocato (OMISSIS), che si riporta agli atti.

FATTI DI CAUSA

La vicenda al vaglio, per quel che qui rileva, puo’ sintetizzarsi nei
termini seguenti:
– (OMISSIS), dichiaratasi proprietaria di uno stacco di terreno, a lei pervenuto per successione del padre, (OMISSIS) e poi della madre, (OMISSIS), cito’ in giudizio (OMISSIS) e la di lui moglie, (OMISSIS), perche’ fosse dichiarata la nullita’ dell’atto di donazione, con il quale il (OMISSIS) aveva donato alla moglie il predetto terreno, di cui si era affermato proprietario per usucapione, chiedendo che fosse dichiarata la nullita’ della donazione e la piena proprieta’ del fondo in capo all’attrice;
– il Tribunale di Lecce, rigettata la domanda principale, accolse quella riconvenzionale, cosi’ dichiarando l’acquisto per usucapione del bene da parte di (OMISSIS) e la legittimita’ dell’acquisto a titolo gratuito da parte di (OMISSIS);
– la Corte d’appello di Lecce, accolta l’impugnazione (OMISSIS), sovverti’ l’epilogo di primo grado, cosi’ accogliendo la domanda principale in toto, con conseguente rigetto di quella riconvenzionale.
(OMISSIS) ricorreva avverso quest’ultima sentenza sulla base di tre censure, resisteva con controricorso (OMISSIS).
Venuto il processo all’adunanza camerale del 15 settembre 2021 il Collegio ha disposto trattazione in pubblica udienza.
Entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Conviene esaminare primariamente il secondo motivo, che per la sua fondatezza assorbe il vaglio del primo e del terzo.
Il ricorrente denunzia violazione dell’articolo 2909 c.c., articoli 112 e 342 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 4, lamentando, in sintesi, quanto appresso.
(OMISSIS) con l’appello aveva imputato al Tribunale di avere accolto una domanda riconvenzionale che assumeva non formulata e contestando, altresi’, ammissione testimoniale, senza, tuttavia, confutare l’esercizio del possesso ventennale.
Prosegue il ricorrente affermando che la Corte locale, alla quale aveva segnalato quale fosse il tema che le era stato devoluto dall’impugnazione, aveva deciso in senso sfavorevole ad esso, sulla base di argomenti incomprensibili.
Lo scrutinio della doglianza impone al Giudice della legittimita’ d’appropriarsi del fatto processuale, costituito dalla citazione d’appello di (OMISSIS), peraltro messo a specifica disposizione dal ricorrente.
Queste, sia pure in sintesi, le critiche censuratorie mosse alla sentenza di primo grado dall’appellante:
– viene contestata la legittimita’ di un atto traslativo da parte di colui che si dichiari proprietario del bene per usucapione, senza che il suo acquisto a titolo originario risulti accertato previamente dal giudice;
– non avrebbe potuto essere pronunciata la declaratoria di acquisto per usucapione in favore di (OMISSIS), per non avere costui spiegato precipua domanda riconvenzionale e, pertanto, il Tribunale non avrebbe potuto neppure ammettere i testi richiesti al fine di dimostrare il possesso ventennale, ammissione alla quale l’appellante si era opposta;
– la donazione avrebbe dovuto essere dichiarata nulla, contemplando cosa altrui.
La Corte salentina, per quel che qui rileva, afferma che l’appellante aveva spiegato con l’appello “una eccezione riconvenzionale avverso la domanda con la quale il convenuto, in via riconvenzionale, (aveva) chiesto dichiararsi che l’acquisto per usucapione, del diritto di proprieta’ del cespite in oggetto, fosse maturato gia’ prima dell’atto di liberalita’ compiuto in favore della (OMISSIS)”. Indi, alla stregua delle risultanze istruttorie, reputa che l’appellato aveva goduto del fondo per mera tolleranza del fratello (OMISSIS) e pertanto non aveva usucapito il bene, che, di conseguenza, non avrebbe potuto trasferire alla moglie.
Ti motivo e’ fondato.
La decisione contrasta con il principio, discendente dal combinato disposto degli articoli 112 e 342 c.p.c., dei “tantum devolutum quantum appellatum”.
La sentenza di primo grado, rigettata la domanda principale di rivendicazione di (OMISSIS), accolse quella riconvenzionale, a sua volta costituita da due domande: dichiararsi l’acquisto per usucapione del bene da parte di (OMISSIS); dichiararsi valido l’atto di donazione, che vedeva quale donante il (OMISSIS) e quale donataria la (OMISSIS), nonostante che il donante non fosse stato previamente dichiarato proprietario per usucapione da una precedente sentenza.
Con l’appello, come si e’ visto, (OMISSIS) nessuna critica muove alla declaratoria d’usucapione in favore di (OMISSIS) (salvo a contestare che la domanda riconvenzionale della controparte fosse stata in effetti processualmente proposta). Oggetto esclusivo dell’impugnazione e’ la declaratoria di validita’ dell’atto di donazione, perche’, secondo costei, il donante avrebbe dovuto essere qualificato privo di titolo, poiche’ il di lui acquisto per usucapione non era stato, in precedenza, dichiarato giudizialmente, e, comunque, trattandosi di donazione di cosa futura.
Non e’ dato comprendere perche’ mai la Corte d’appello avrebbe potuto mettere in discussione il capo della sentenza di primo grado riguardante la declaratoria d’usucapione in capo al (OMISSIS) in assenza d’impugnazione sul punto, ricorrendo alla non pertinente affermazione, secondo la quale si sarebbe stati in presenza di “una eccezione riconvenzionale avverso la domanda con la quale il convenuto, in via riconvenzionale, ha chiesto dichiararsi che l’acquisto per usucapione”.
Invero, se ben puo’ ipotizzarsi, anche in appello, l’eccezione in senso lato di tolleranza (cfr., ex multis, Cass. nn. 31638/2018, 9275/2018, 19830/2014, 17339/2009), occorre tuttavia, che il capo della sentenza, con la quale si affermi l’usucapione venga espressamente censurato con l’appello e poi, ovviamente, che l’eccezione in parola venga sollevata. Qui non e’ dato riscontrare nessuna delle due necessarie condizioni.
Questa Corte ha mitigato il principio devolutivo nei casi in cui il giudizio di appello, pur limitato all’esame delle sole questioni oggetto di specifici motivi di gravame, si estende ai punti della sentenza di primo grado che siano, anche implicitamente, connessi a quelli censurati, sicche’ non viola il principio del “tantum devolutum quantum appellatum” il giudice di secondo grado che fondi la propria decisione su ragioni diverse da quelle svolte dall’appellante nei suoi motivi, ovvero esamini questioni non specificamente da lui proposte o sviluppate, le quali, pero’, appaiano in rapporto di diretta connessione con quelle espressamente dedotte nei motivi stessi e, come tali, comprese nel “thema decidendum” del giudizio. Cosi’, si e’ ritenuto che il motivo di appello relativo alla sussistenza del requisito dimensionale per il riconoscimento della tutela reintegratoria implicava necessariamente la questione preliminare della illegittimita’ o inefficacia del licenziamento, sulla quale non si era formato il giudicato interno, essendo ancora “sub iudice” l’effetto giuridico riconducibile alla patologia dell’atto (Sez. Lav. n. 8604, 3/4/2017, Rv. 643897). Del pari, questa Corte ha cassato con rinvio la sentenza di merito che aveva ritenuto non “espressamente censurato” dal motivo d’appello il profilo inerente la quantificazione dell’indennizzo dovuto per polizza vita, nonostante la prospettata non debenza fosse argomentata non dall’insussistenza o dall’estinzione dell’obbligo contrattuale bensi’ da considerazioni legate proprio ai criteri di calcolo del dovuto (Sez. 3, n. 9202, 13/04/2018, Rv. 648592). Analogamente la S.C. ha rigettato la censura di extrapetizione mossa alla sentenza impugnata, evidenziando che il motivo di appello con il quale si riteneva necessaria, da parte della banca trattaria, la verifica del beneficiario e dell’importo recato da un assegno bancario poneva altresi’ la questione, logicamente preliminare, della rilevabilita’ “ictu oculi” della contraffazione del medesimo titolo, sulla quale la corte di merito aveva legittimamente incentrato la propria attenzione (Sez. 1, n. 1377, 26/1/2016, Rv. 638411).
Qui, tuttavia, deve escludersi che l’appello possa intendersi esteso alla declaratoria d’usucapione, questione niente affatto connessa, anche solo implicitamente, ai punti fatti oggetto di censura d’appello.
L’appellante (OMISSIS) critica la sentenza di primo grado per avere reputato “a domino” l’atto traslativo a titolo gratuito del bene, non gia’ perche’ il donante non fosse divenuto proprietario dello stesso per effetto del possesso ultraventennale, ma per altra ragione: secondo l’appellante l’acquisto per usucapione presupporrebbe che il titolo venga accertato dal giudice, in difetto, pur ove sussistano tutti i presupposti di legge, l’istituto non opererebbe. In altri termini, con l’appello non si era in alcun modo contestata la sussistenza delle condizioni legali, affermata dal Tribunale, dalle quali discende “ope legis” l’acquisto per usucapione, bensi’ che la controparte non avrebbe potuto alienare il bene, in assenza di una statuizione giudiziale che ne avesse accertato l’acquisto per usucapione.
L’asserto (che, peraltro non si confronta con la natura dell’usucapione, costituente modo d’acquisto a titolo originario della proprieta’) non predica affatto come condizione, sia pure implicita, la non sussistenza dei presupposti dell’usucapione, che non vennero contestati con l’appello, ma, ben diversamente, che, per la validita’ dell’atto traslativo (nella specie la donazione), l’alienante avrebbe dovuto previamente munirsi di statuizione giudiziaria che lo avesse proclamato proprietario, non bastando che l’interessato, davanti al notaio, si fosse dichiarato proprietario per usucapione.
La Corte di Lecce, come si e’ visto, reputata ritualmente formulata la domanda riconvenzionale di (OMISSIS), riforma la sentenza del Tribunale negando la sussistenza della maturata usucapione in capo al donatario, valorizzando, peraltro d’ufficio, in assenza dell’eccezione di parte, una interpretazione delle risultanze probatorie, sulla base della quale ritiene che il godimento da parte di (OMISSIS) fosse stato frutto di mera tolleranza del proprietario.
La sentenza resa, in violazione del principio “tantum devolutum quantum appellatum”, su un punto non compreso neppure implicitamente nel “thema decidendum”, come delimitato dai motivi di gravame, deve essere cassata senza rinvio (Cass. n. 19229, 29/9/2015, Rv. 636880; ma gia’, Cass. n. 5601/1994).
Il Collegio pienamente condivide il riportato approdo, puntualmente ricognitivo del potere di riforma devoluto dalla legge al giudice d’appello.
Tuttavia, deve altresi’ affermarsi il seguente principio di diritto: “consolidata dal sopraggiunto giudicato quella parte della statuizione di primo grado non impugnata dall’appellante, non v’e’ ragione di precludere al giudice dell’appello il vaglio di quei profili di doglianza (questi si’ devoluti), rimasti non esaminati, perche’ assorbiti dalla pronuncia di accoglimento di motivi d’appello mai posti; preclusione inevitabile ove la decisione d’appello fosse cassata senza rinvio”.
Sicche’, restando al caso di specie, l’accoglimento del motivo impone affermarsi l’intangibilita’ dell’acquisto per usucapione del ricorrente, predicato dalla sentenza del Tribunale, erroneamente travolta dalla riforma d’appello e, tuttavia, il rinvio alla Corte d’appello per lo scrutinio delle critiche censuratorie, ritualmente proposte con l’appello, che investono la validita’ della donazione (cioe’, come si e’ riportato, se colui si dichiari proprietario per usucapione, senza previo accertamento giudiziale, possa alienare il bene), non potendo un tale scrutinio essere svolto direttamente dal Giudice della legittimita’, senza che sulle critiche di cui detto si sia prima pronunciato il Giudice d’appello.
2. Con il primo motivo il ricorrente prospetta violazione degli articoli 101, 112, 163 c.p.c. e segg. e articolo 167 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 4, allegando che (OMISSIS) non aveva mai dedotto che (OMISSIS) avesse goduto del terreno per mera tolleranza e nonostante cio’ la Corte di Lecce, senza eccezione di parte e senza invitare le parti a discutere sul punto, aveva, a sorpresa e d’ufficio, statuito che l’utilizzo del terreno si era avuta per tolleranza del titolare.
2.1. Con il terzo lamenta violazione e/o falsa applicazione degli articoli 1140, 1141, 1144, 1158, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, nonche’ l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 5, per non avere la sentenza rispettato la presunzione di cui all’articolo 1141 c.c., comma 1, per avere acceduto a una nozione di tolleranza in contrasto con l’interpretazione di legittimita’ e in contrasto con le evidenze di causa, sulla base di una motivazione contraddittoria e illogica.
2.2. Sia il primo che il terzo motivo restano definitivamente assorbiti dall’accoglimento del secondo (assorbimento proprio).
3. Il Giudice del rinvio, all’esito, regolera’ le spese di primo grado, appello, rinvio e cassazione.

P.Q.M.

accoglie il secondo motivo del ricorso e dichiara assorbiti il primo e il terzo; dichiarato formatosi il giudicato sull’acquisto per usucapione del bene per cui e’ causa da parte di (OMISSIS) cassa la sentenza impugnata e rinvia, per quanto in motivazione, alla Corte d’appello di Lecce, altra composizione, anche per il complessivo regolamento delle spese.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

Per aprire la pagina facebook @avvrenatodisa
Cliccare qui

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *