Per dimostrare il proprio interesse concreto e attuale all’impugnazione immediata del bando

Consiglio di Stato, Sentenza|8 gennaio 2021| n. 284.

Per dimostrare il proprio interesse concreto e attuale all’impugnazione immediata del bando, l’impresa che abbia comunque formulato un’offerta, deve dimostrarne la non remuneratività in concreto, essendo a suo carico l’onere della prova dell’interesse ad agire.

Sentenza|8 gennaio 2021| n. 284

Data udienza 3 dicembre 2020

Integrale

Tag – parola chiave: Gara pubblica – Appalto Consip – Affidamento in concessione servizi museali – Impugnazione bando – Inammissibilità – Legittimazione ed interesse del partecipante – Dimostrazione della natura escludente del bando – Onere della prova – PEF – Riduzione monte orario e costo orario – Economicità delle condizioni di gara

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quinta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso iscritto in appello al numero di registro generale 1787 del 2020, proposto da
Op. La. Fi. s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati An. Cl. e Fr. Iu., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio An. Cl. in Roma, via (…);
contro
Consip s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati To. Di Ni. e Gi. Ru., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio To. Di Ni. in Roma, via (…);
Ministero per i beni e le attività culturali, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via (…);
per la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Toscana (sezione seconda) n. 1772/2019, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Consip s.p.a. e del Ministero per i beni e le attività culturali;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 3 dicembre 2020 il Cons. Giuseppina Luciana Barreca e data la presenza, ai sensi dell’art. 4, comma 1, ultimo periodo, d. l. n. 28/2020 e dall’art. 25 d. l. n. 137/2020, degli avvocati To. Di Ni., Gi. Ru. e An. Cl.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1.Con la sentenza indicata in epigrafe il Tribunale amministrativo regionale per la Toscana ha respinto il ricorso e i motivi aggiunti avanzati dalla società Op. La. Fi. s.p.a. contro la Consip s.p.a. e il Ministero per i beni e le attività culturali per l’annullamento del bando di gara per l’affidamento in concessione dei servizi museali presso i Musei del Bargello, pubblicato il 26 luglio 2019, e degli atti allegati, nonché dei successivi atti di errata corrige (con i quali sono state apportate modifiche al disciplinare e al capitolato tecnico e sono stati sostituiti degli allegati), del nuovo PEF – allegato D al capitolato tecnico e dei chiarimenti pubblicati sul sito della Consip.
1.1. La società ricorrente ha sostenuto che il piano economico finanziario non sarebbe stato in grado di garantire il mantenimento dell’equilibrio economico-finanziario dell’iniziativa e la sua sostenibilità, in quanto affetto da errori materiali e concettuali e fondato su presupposti del tutto disancorati dai dati storici e dai risultati della gestione corrente e/o realisticamente realizzabili, in particolare con riferimento ai ricavi sovrastimati per talune attività ed ai costi sotto-stimati del personale.
I motivi del ricorso introduttivo sono riassunti come segue nella sentenza appellata:
“con il primo motivo parte ricorrente articola i seguenti profili di doglianza: a) violazione dell’art. 115 d.lgs. n. 42/2004, che prevede che la esternalizzazione dei servizi deve mirare alla valorizzazione dei beni culturali; al contrario si ipotizza l’impiego di n. 34.479,00 ore annue di lavoro, a fronte delle n. 43.448,00 ore attualmente applicate per la gestione dei medesimi servizi, anzi di servizi superiori, avuto riguardo alla nuova apertura del bookshop del Museo di Casa Martelli; b) si sottostima il costo del personale, perché il CCNL Multiservizi prevede un costo orario, per il III livello, di Euro 17,36, mentre il PEF indica un costo di Euro 13,88 e la ricorrente applica attualmente una retribuzione oraria di Euro 20,10; c) le simulazioni, sia applicando il CCNL Multiservizi emendato di errori, che quello Commercio danno risultati di non sostenibilità economica, violando quindi la normativa che impone la sostenibilità economica delle concessioni; d) eccesso di potere nelle forme della carenza di istruttoria, illogicità manifesta e contraddittorietà ove solo si consideri che sono stati disattesi anche i dati, espressamente forniti dal concessionario uscente, relativi alla gestione in corso; mentre per la previsione di ricavi del bookshop del Museo di Casa Martelli, di nuova apertura, vengono stimati ricavi del tutto irrealistici;
– con il secondo motivo parte ricorrente censura la mancata realizzazione della finalità sociale che è propria della “clausola sociale”: è previsto un piano di assorbimento del personale, che però non è fatto oggetto di valutazione e di attribuzione di punteggio; impone l’applicazione di un CCNL diverso da quello applicato al gestore uscente, con conseguenze peggiorative per i lavoratori; si contesta, poi, la legittimità della previsione del CCNL Multiservizi, il quale non offre la migliore tutela sociale ai lavoratori oltre a non trovare adeguata copertura finanziaria nel PEF di gara; attualmente viene applicato un CCNL più favorevole e la ricorrente non potrebbe applicare CCNL diversi per porzioni diverse del proprio personale. “.
I motivi aggiunti sono, a loro volta, sintetizzati come segue:
“gli atti gravati integrano modifiche sostanziali della legge di gara, in quanto incidenti sulla formulazione dell’offerta tecnica, di quella economica e sul PEF; ciò in grave violazione degli artt. 60, 74, 79 del Codice dei contratti pubblici, che scandiscono regole, tempi e modi della redazione dei documenti di gara e delle loro modifiche; detti interventi andavano operati in conformità delle regole del contrarius actus ex artt. 21 quinquies e 21 nonies della legge 241/90, alla luce della portata modificativa del contenuto delle obbligazioni contrattuali; viene eliminato il controllo accessi a Casa Martelli; si afferma, quindi, rispondendo al quesito n. 43, che “il Piano Economico Finanziario di massima (Allegato D_PEF Musei del Bargello NEW) […] non prevede una voce specifica relativa al costo del personale per il servizio di controllo accessi”; si è in presenza di una modifica sostanziale della legge di gara funzionale a ridurre il costo del personale;
– gli atti sono inoltre illegittimi sulla base delle censure già articolate nel ricorso principale. “.
1.2. Il primo giudice ha dato atto della costituzione in resistenza del Ministero e della Consip e dell’eccezione di inammissibilità dell’impugnazione, per carenza d’interesse, sollevata da quest’ultima per non essere state impugnate clausole della legge di gara impeditive della partecipazione, come sarebbe dimostrato dal fatto che la ricorrente ha presentato un’offerta, (all’epoca) in corso di valutazione, come quelle presentate da altri operatori economici.
Il primo giudice ha ritenuto di soprassedere su tale eccezione e di passare all’esame delle censure articolate nel ricorso e nei motivi aggiunti, senza neanche esaminare altre eccezioni di inammissibilità di singoli motivi del ricorso e motivi aggiunti parimenti formulate da Consip.
1.2.1. Le ragioni della decisione di rigetto del primo motivo del ricorso introduttivo si fondano sulla ritenuta economicità delle condizioni di gara, sia quanto alla riduzione del monte orario previsto nei nuovi piani di gestione rispetto al monte orario attualmente in essere (riduzione, ritenuta coerente con nuove e più razionali forme di gestione e con la previsione dell’art. 115, comma 3, del d.lgs. n. 42 del 2004), sia quanto alla stima del costo orario risultante dalle indicazioni del bando (ritenuto superiore al costo orario del CCNL Multiservizi, considerato dall’amministrazione, una volta escluso dal calcolo il monte di quasi 9.000 ore annue per il controllo degli accessi).
In aggiunta, si afferma in motivazione che “in ogni caso l’eventuale presenza di costi in parte sottostimati troverebbe sicuro assorbimento nell’utile medio di esercizio calcolato dal PEF, per tutta la durata della concessione, in Euro 744.651,00, con il risultato che specifiche e puntuali contestazioni di singole voce di costo (che peraltro comporterebbero un sindacato sostituito di merito da parte del giudice amministrativo) risultano inammissibili, in quanto comunque inidonee ad annullare il previsto utile e quindi a far saltare l’equilibrio economico-finanziario dell’operazione”. Si reputa infine non convincente la censurata sovrastima dei ricavi previsti per il bookshop di Ca. Ma., in quanto calcolati “non già sui visitatori del museo ma sui possibili clienti dello shop, che è frequentabile anche autonomamente (cioè da chi non visita il Museo) e con collocazione assai centrale in Firenze”.
1.2.2. Le censure del secondo motivo sono state ritenute infondate perché, in merito alla previsione della legge di gara di applicazione del CCNL Multiservizi (in luogo del CCNL Commercio sinora applicato dalla ricorrente, gestore uscente) non risultava violato l’art. 30, comma 4, del d.lgs. n. 50 del 2016 (e comunque l’operatore restava libero di applicare un CCNL più vantaggioso per i propri dipendenti, fermo restando il mantenimento dell’equilibrio economico-finanziario) né risultava violato l’art. 50 del Codice dei contratti pubblici (che non prevede l’obbligatoria valutazione, ai fini dell’attribuzione del punteggio, dei piani di riassorbimento del personale di cui alla c.d. clausola sociale).
1.2.3.Sono stati respinti anche i motivi aggiunti, escludendo la portata innovativa del chiarimento n. 43 (sul sistema automatico di controllo degli accessi) e delle altre rettifiche o errata corrige (in particolare, modifica della planimetria di Casa Martelli e presenza di un accesso per i non visitatori).
1.3. Respinto il ricorso, le spese di lite sono state compensate tra le parti.
2. Avverso la sentenza Op. La. Fi. s.p.a. ha proposto appello con tre motivi.
2.1. Si sono costituiti in giudizio, resistendo all’impugnazione, il Ministero per i beni e le attività culturali e la Consip s.p.a., quest’ultima riproponendo, ai sensi dell’art. 101, comma 2, Cod. proc. amm., le eccezioni non esaminate in primo grado.
2.2. All’esito dell’udienza del 9 luglio 2020, con ordinanza collegiale n. 4926 del 5 agosto 2020, si è chiesto a Consip di fornire chiarimenti “in merito al numero delle domande di partecipazione, ai concorrenti ammessi, all’esito della gara e del subprocedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta […] nonché in merito ad eventuali ulteriori determinazioni assunte da Consip o dal Ministero per i beni e le attività culturali nella procedura selettiva oggetto del presente contenzioso”.
Consip ha depositato relazione istruttoria e documenti in data 23 settembre 2020.
La società appellante ha depositato, a sua volta, documenti in data 12 novembre 2020.
2.3. All’udienza del 3 dicembre 2020, già fissata con l’ordinanza istruttoria, la causa è stata posta in decisione, previo deposito di memorie di Opera Laboratori Fiorentini e di Consip, nonché di memoria di replica di quest’ultima e di note di udienza di entrambe.
3. Ritiene il Collegio che sia fondata e vada accolta l’eccezione di inammissibilità del ricorso e dei motivi aggiunti con i quali sono stati impugnati gli atti della gara prima del suo svolgimento.
Le ragioni dell’eccezione, come riproposta da Consip, cui ha aderito il Ministero per i beni e le attività culturali, trovano riscontro nella decisione dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato 26 aprile 2018, n. 4. Con quest’ultima, in relazione alla questione, oggetto dell’ordinanza di rimessione, di definizione dei casi in cui nelle procedure di affidamento dei contratti pubblici, sussista l’onere di immediata impugnazione del bando, si è affermato il seguente principio di diritto: “le clausole del bando di gara che non rivestano portata escludente devono essere impugnate unitamente al provvedimento lesivo e possono essere impugnate unicamente dall’operatore economico che abbia partecipato alla gara o manifestato formalmente il proprio interesse alla procedura”. Si è peraltro chiarito che sono immediatamente impugnabili, anche dall’operatore economico che non partecipi alla gara, le cause aventi effetti “immediatamente escludenti”.
Sebbene si tratti di principi che danno continuità al precedente indirizzo interpretativo maggioritario (affermato dalle fondamentali pronunce dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, 29 gennaio 2003, n. 1 e id., 7 aprile 2011, n. 4, seguite da altra pronuncia della stessa Adunanza plenaria, 25 febbraio 2014, n. 9), è noto che essi sono stati variamente interpretati dalla giurisprudenza a proposito della, maggiore o minore, portata da attribuire alla nozione di “clausole del bando immediatamente escludenti”, comprendendovi, tra le altre, quelle attinenti alla formulazione dell’offerta, sia sul piano tecnico che economico (cfr. Cons. Stato, IV, 7 novembre 2012, n. 5671; Cons. Stato, III, 23 gennaio 2015, n. 293; Cons. Stato, IV, 11 ottobre 2016, n. 418; Cons. Stato, V, 26 giugno 2017, n. 3110; Cons. Giust. Amm. Reg. Sicilia, 8 agosto 2016, n. 258).
Con la citata decisione n. 4/2018 l’Adunanza plenaria ha ribadito, non solo che deve restare escluso l’onere di immediata impugnazione delle prescrizioni del bando riguardanti il metodo di gara, il criterio di aggiudicazione e la valutazione dell’anomalia (come già affermato nel precedente n. 1/2003), ma anche che, con riferimento alla vigente legislazione (d.lgs. n. 50 del 18 aprile 2016, siccome modificato dal d.lgs. n. 56 del 19 aprile 2017), sono immediatamente impugnabili soltanto le clausole del bando preclusive della partecipazione o tali da impedire con certezza la stessa formulazione dell’offerta.
Queste ultime sono le uniche eccezioni alla regola della non immediata impugnabilità del bando ed, in quanto tali, sono di stretta interpretazione.
3.1. Ne consegue che sono di certo clausole immediatamente escludenti quelle che riguardano i requisiti di partecipazione, impedendo in radice la partecipazione alla gara degli operatori economici che ne siano privi.
3.2. Meno agevole, e foriera di differenziate pronunce giurisprudenziali, anche successive all’ultima decisione dell’Adunanza plenaria, è la fattispecie di clausola immediatamente escludente che si assuma consistere nella difficoltà /impossibilità di formulare un’offerta consapevole e competitiva.
Diversi sono i profili che possono comportare tale difficoltà /impossibilità : come la casistica giurisprudenziale dimostra, essi vanno dalle clausole che impongono oneri o termini procedimentali o adempimenti propedeutici alla partecipazione di impossibile soddisfazione o del tutto spropositati, ai bandi gravemente carenti o errati nell’indicazione dei dati essenziali per la formulazione dell’offerta tecnica o economica, fino alla fattispecie oggetto del presente giudizio.
In questa, il profilo dell’offerta che viene in rilievo attiene alla sua sostenibilità economica, vale a dire all’utilità che possa astrattamente essere tratta, pur nella normale alea contrattuale, dall’aggiudicazione della gara e dall’esecuzione del contratto; in specie, quando, come deduce la ricorrente, non sia tanto impossibile la formulazione dell’offerta quanto il rispetto delle modalità di svolgimento del servizio oggetto di appalto o di concessione (come imposte dal bando) senza compromettere la convenienza economica della partecipazione alla gara e dell’aggiudicazione.
Riguardo a tale fattispecie, i profili meritevoli di approfondimento, per un verso, attengono all’ambito soggettivo della preclusione della partecipazione, se sia cioè sufficiente che questa colpisca la singola impresa ovvero se sia necessario che coinvolga tutti o gran parte degli operatori economici del settore; per altro verso, attengono alle condizioni in presenza delle quali, in relazione alla singola gara, sia ravvisabile l’immediata lesività delle clausole del bando per l’oggettiva compromissione dell’interesse dell’operatore economico al conseguimento di un margine di utile (quindi attengono all’appetibilità economica dell’affidamento ed all’individuazione della misura di redditività, al di sotto della quale le condizioni poste dall’amministrazione possano essere considerate insostenibili).
Ritiene il Collegio che entrambe tali questioni vadano risolte assumendo a parametro di giudizio la natura eccezionale delle fattispecie di immediata impugnabilità della legge di gara, di cui si è detto sopra, con le precisazioni di cui appresso.
3.2.1. Quanto al primo profilo, risultano in apparente contrapposizione l’affermazione giurisprudenziale, richiamata dall’appellante, secondo cui, nella prospettiva della redditività dell’affidamento, il carattere immediatamente escludente di una clausola deve essere verificato e apprezzato in concreto, cioè in relazione allo specifico punto di vista dell’impresa e della sua specifica organizzazione imprenditoriale (Cons. Stato, III, 21 febbraio 2019, n. 513, nonché Cons. Stato, V, 25 novembre 2019, n. 8033 e 27 novembre 2019, n. 1331) e l’affermazione giurisprudenziale, richiamata invece dall’appellata Consip, che “per potersi definire “immediatamente escludente” (con quanto ne segue su oneri e modalità di impugnazione), la previsione della lex specialis deve porre con immediata e oggettiva evidenza, nei confronti di tutti indistintamente gli operatori economici, l’astratta impossibilità per un qualsiasi operatore “medio” di formulare un’offerta economicamente sostenibile (ossia astrattamente idonea a produrre – pur nella normale alea contrattuale – un utile derivante dall’esecuzione del contratto).” (Cons. Stato, V, 18 marzo 2019, n. 1736).
In proposito, giova precisare che vanno tenute distinte, da un lato, la legittimazione ad agire e l’individuazione del correlato interesse concreto ed attuale all’azione in giudizio ed il relativo onere della prova e, dall’altro, le deduzioni concernenti l’illegittimità del bando per contrarietà a previsioni di legge od ai principi della concorrenza e della libertà di partecipazione alle procedure selettive ed il relativo onere probatorio. Le prime attengono alla prospettazione della parte circa la portata immediatamente escludente delle clausole contrattuali, che va accertata in via pregiudiziale (cfr. Cons. Stato, III, 20 marzo 2020, n. 2400); le seconde invece implicano che, una volta accertata la preclusione dell’impresa ricorrente a partecipare alla gara, si esaminino le questioni di merito, ben potendosi concludere per la legittimità degli atti di gara, malgrado l’effetto escludente nei confronti dell’operatore economico ricorrente, dal momento che la discrezionalità della stazione appaltante si può spingere fino a ridurre la platea dei potenziali concorrenti, sempre che tale scelta non sia irragionevolmente limitativa della concorrenza, in quanto correttamente esercitata attraverso la previsione di requisiti pertinenti e congrui rispetto allo scopo perseguito, e risponda quindi ai parametri della ragionevolezza e della proporzionalità rispetto alla tipologia e all’oggetto dello specifico appalto (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 2 marzo 2020, n. 1484; Sez. V, 23 settembre 2015, n. 4440).
Orbene, in linea di principio, i presupposti della legittimazione ad agire vanno verificati nei confronti della singola impresa ricorrente, poiché è l’impossibilità di partecipare alla gara specificamente di quest’ultima che la legittima all’azione e radica il suo interesse concreto e attuale a lamentare gli effetti, appunto perciò, “immediatamente escludenti” delle clausole del bando.
In tale prospettiva, è evidente che, seppure si sia ammessa la legittimazione all’impugnazione immediata del bando da parte dell’operatore economico che abbia poi partecipato alla gara (così, da ultimo, Cons. Stato, V, 27 novembre 2019, n. 8088), siffatta partecipazione costituisce un indice molto serio della portata non immediatamente escludente degli atti di gara.
Soprattutto quando la presentazione della domanda di partecipazione non si presti alla prognosi, con carattere di ragionevole certezza, di esito infausto, ma anzi l’offerta dell’operatore economico ricorrente sia reputata ammissibile e valutata dalla stazione appaltante, unitamente a diverse altre, risulta per tabulas la mancanza di impedimenti alla sua formulazione.
Ne consegue che, in casi siffatti, quando l’operatore economico abbia partecipato alla gara presentando un’offerta ammessa e valutata dalla stazione appaltante, l’onere della prova della portata immediatamente escludente del bando è più gravoso. Esso è soddisfatto soltanto quando il ricorrente fornisca adeguata dimostrazione che, malgrado ciò, l’offerta non è economicamente utile né competitiva, vale a dire che, pur non precludendo il bando la partecipazione alla gara né l’eventuale aggiudicazione, le condizioni dell’affidamento resterebbero comunque lesive dell’interesse effettivo all’aggiudicazione, cioè al bene della vita messo in gara, perché non in grado di garantire un adeguato utile d’impresa.
Quindi, per dimostrare il proprio interesse concreto e attuale all’impugnazione immediata del bando, l’impresa che abbia comunque formulato un’offerta, deve dimostrarne la non remuneratività in concreto, vale a dire appunto nei suoi confronti, essendo a suo carico, come detto, l’onere della prova dell’interesse ad agire.
La soluzione della questione del riparto dell’onere della prova data dal su citato precedente di questo Consiglio di Stato, III, n. 2400/2020, richiamato negli scritti conclusivi dell’appellante, non è del tutto convincente (laddove intesa, come fa l’appellante, nel senso che atterrebbe all’onere della prova della legittimazione ad agire la possibilità della parte ricorrente di “produrre un principio di prova in ordine alla asserita incongruità, spettando al giudice il potere di approfondire la questione eventualmente disponendo – ove ritenuto necessario – una verificazione sul punto”, onde pervenire alla decisione di merito).
Pare opportuno precisare che, ai fini della verifica dell’ammissibilità dell’impugnazione immediata del bando, non si tratta di valutare la maggiore o minore certezza degli elementi di prova offerti dalla parte ricorrente circa la non remuneratività dell’affidamento, quanto l’idoneità delle allegazioni e degli elementi addotti dalla ricorrente a riscontro della sussistenza di un proprio interesse ad agire, cioè a dimostrazione che la propria offerta, in quanto rispettosa delle condizioni di gara, finisce per essere in perdita o comunque priva di significativi margini di utile.
Attiene invece al merito, l’ulteriore dimostrazione -spettante sempre alla ricorrente, pur nel rispetto del principio dispositivo con metodo acquisitivo che regola la prova nel processo amministrativo- che, oltre a non essere remunerativo per l’impresa ricorrente (quindi “immediatamente escludente” nei suoi confronti), l’affidamento, come congegnato dalla stazione appaltante, è anticoncorrenziale, tale cioè che l’amministrazione, nel perseguimento del suo interesse all’ottenimento della prestazione alle condizioni più favorevoli, ha finito per impedire o rendere oltremodo difficile il confronto concorrenziale, rendendo economicamente insostenibile l’affidamento per tutte o gran parte delle imprese operanti nel settore.
3.2.2. Viene a questo punto in rilievo il secondo dei profili suddetti.
Al riguardo, va dato seguito all’orientamento giurisprudenziale per il quale è da considerare immediatamente escludente la legge di una gara di appalto che preveda una base d’asta insufficiente alla copertura dei costi o alla remunerazione del capitale impegnato per l’esecuzione della commessa ovvero che escluda un sia pur minimo margine di utile ed, a maggior ragione, che comporti l’esecuzione in perdita (Cons. Stato, III, 21 febbraio 2019, n. 513; id., III, 26 febbraio 2019, n. 1331; id., V, 25 novembre 2019, n. 8033); per contro, pur essendosi ammessa l’impugnazione immediata di bandi che avrebbero comportato la stipulazione di un contratto a condizioni eccessivamente onerose e non convenienti (Cons. Stato, III, 23 gennaio 2015, n. 293, nonché, di recente, Cons. Stato, V, n. 8088/2019, citata), meno agevole è la relativa valutazione quando, non di vera e propria insostenibilità economica dell’offerta si tratti, quanto della mancanza di convenienza economica. Ciò in ragione del fatto che, come affermato in giurisprudenza “l’ordinamento è orientato, con i contratti pubblici, non al supporto economico delle imprese in difficoltà economiche ma all’acquisizione, in regime di concorrenza, dell’offerta più conveniente per l’amministrazione. Nel che è insito, naturalmente, un calcolo dei costi e dei ricavi che tende a contenere il margine di utile in termini competitivi. Che da questo, per un’impresa, possa derivare una minor “appetibilità ” economica dell’appalto, è nella normalità delle cose e non rappresenta una generalizzata e oggettiva “barriera all’ingresso” del micro-mercato costituito dalla singola gara. Per il resto, si tratta di scelte amministrative che rientrano nella discrezionalità della amministrazione che con la lex specialis si autodetermina in relazione al proprio fabbisogno di approvvigionarsi, a un prezzo che stima ragionevole, di beni o servizi” (Cons. Stato, V, 18 marzo 2019, n. 1736).
3.3. In conclusione, poiché vanno considerate “clausole immediatamente escludenti” solo quelle che con assoluta e oggettiva certezza incidono direttamente sull’interesse delle imprese in quanto precludono, per ragioni oggettive e non di normale alea contrattuale, un’utile partecipazione alla gara a un operatore economico (in termini, Cons. Stato, Ad. plen., 26 aprile 2018, n. 4), il ricorrente dimostra, in via pregiudiziale, il suo interesse ad agire, quando prova di non aver potuto formulare, anche in ragione della propria organizzazione aziendale, un’offerta oggettivamente competitiva, e dimostra, nel merito, l’illegittimità della legge di gara quando prova che tale impossibilità è comune alla maggioranza delle imprese operanti nel settore.
E’ vero peraltro che i due profili finiscono quasi per sovrapporsi quando, come nel caso di specie, la parte ricorrente deduca la generale non remuneratività delle condizioni di affidamento, asseritamente desumibile dalla legge di gara, in specie, dal piano – economico finanziario di massima, predisposto dalla stazione appaltante per l’affidamento di una concessione di servizi.
4. Applicando i principi e i criteri interpretativi su esposti al caso oggetto del presente giudizio, va esclusa l’ammissibilità dell’impugnazione immediata del bando e degli atti allegati, in specie del PEF, ma anche dei chiarimenti e degli atti successivi, così come formulata dall’appellante, già ricorrente in primo grado.
In particolare, quest’ultima non ha fornito significativi ed oggettivi elementi di riscontro, anche indiziario, dell’assunto che le clausole del bando le abbiano imposto la formulazione di un’offerta economicamente o finanziariamente insostenibile ovvero comportante modalità di esecuzione che renderebbero quest’ultima oggettivamente impossibile, perché particolarmente gravosa, per i costi che comporta o per l’esiguità dei ricavi, o eccessivamente limitativa dell’organizzazione imprenditoriale.
Il dato di fatto sul quale la ricorrente ha insistito è costituito dalla circostanza di aver presentato l’offerta in raggruppamento, sostenendo che tale scelta in ordine alla composizione dell’operatore economico partecipante sarebbe stata imposta da un bando che non realizzerebbe gli scopi di legge e le finalità da questa enunciate, in particolare quanto alla garanzia di “creare valore nell’arco dell’efficacia del contratto e di generare un livello di redditività adeguato per il capitale investito” e di “generare flussi di cassa sufficienti a garantire il rimborso del finanziamento”, come prescritto dal Codice e dalla legge di gara (art. 3, lett. fff del Codice dei contratti pubblici e punto 17 del disciplinare).
4.1. In merito a tale ultimo assunto, la ricorrente avrebbe dovuto fornire indici significativi che fosse effettivamente in negativo il PEF di massima recepito nel disciplinare e quindi nel bando, a causa dell’insostenibilità e dell’anti-economicità della gestione, non essendo sufficiente allo scopo il mero confronto con l’attività svolta quale gestore uscente, nel contesto di una concessione del tutto diversa, avente condizioni contrattuali e tecniche risalenti – a quanto risulta dagli atti – ad un affidamento del 1998.
L’assunto poi della generale ed oggettiva impossibilità di mantenere l’equilibrio economico finanziario dell’iniziativa e dell’insostenibilità economica dell’affidamento nel suo complesso -che avrebbe dovuto ragionevolmente indurre gli operatori economici del settore a disertare la gara ovvero a presentare offerte tendenzialmente incongrue- è risultato smentito dallo svolgimento della selezione quale esposto nella relazione istruttoria depositata da Consip: partecipazione alla gara di cinque operatori economici (sia singoli che in raggruppamenti temporanei); ammissione di tutti e cinque i concorrenti; valutazione delle loro offerte, tecniche ed economiche, e redazione di regolare graduatoria; verifica della soglia di anomalia dell’offerta del concorrente primo graduato; infine, alla data del 7 settembre 2020, aggiudicazione definitiva non efficace.
Se si può convenire con l’appellante sul fatto che non sia corretto affermare, come fa l’Avvocatura generale dello Stato, che le condizioni di concessione indicate in gara “non debbono garantire di per sé l’utile al concessionario”, essendo piuttosto vero il contrario, alla stregua del principio di equilibrio economico finanziario delle concessioni; va tuttavia sottolineato che il PEF di massima prevede un utile stimato di Euro 744.651,00 e che l’appellante non ha dimostrato che le condizioni di gara siano tali da impedire, non tanto il raggiungimento di questo preciso obiettivo (ciò, che non rileva ai fini dell’ammissibilità del gravame), quanto l’adozione di metodi di gestione che consentano di conseguire comunque un utile d’impresa, non rilevando le valutazioni soggettive del singolo operatore circa la convenienza dell’operazione da intraprendere, a fronte dei ricavi ipotizzabili.
4.2. La scelta di partecipare alla selezione in r.t.i., quale mandante per la sola attività di bookshop, risulta essere più in linea con la libertà imprenditoriale e commerciale dell’impresa che con una limitazione di quest’ultima imposta dal bando. L’assunto dell’appellante di essere stata in ciò fortemente limitata dalle condizioni di gara è rimasto del tutto generico e privo di riscontro oggettivo (non essendo chiaramente collegabile nemmeno con i vizi che la ricorrente ascrive alla legge di gara, quanto alle asserite sovrastima dei ricavi e sottostima dei costi).
4.3. Quanto, poi, agli effetti sui costi e sui ricavi degli eventi legati alla pandemia da Covid 19, su cui si è soffermata l’appellante negli scritti conclusivi, è da condividere l’argomentazione difensiva delle parti appellate, basata sulla loro sopravvenienza alla pubblicazione del bando (in data 26 luglio 2019), ma anche alla presentazione del ricorso introduttivo del presente giudizio. I vizi dedotti dalla ricorrente, attinenti specialmente alla sottostima dei costi del personale necessario per lo svolgimento dei servizi oggetto di concessione ed alla sovrastima dei ricavi conseguibili dall’attività di bookshop del Museo di Casa Martelli, prescindono del tutto dai detti eventi sopravvenuti. Questi ultimi sono perciò irrilevanti ai fini del decidere.
4.4.Parimenti estranea all’oggetto del presente giudizio è la deduzione di illegittimità della gara per aver attribuito prevalenza al servizio di biglietteria (Euro 16.354.537,32) rispetto a quello di bookshop (Euro 2.415.997,13), già oggetto delle pronunce di questa Sezione V, n. 4869/20, n. 5214/20 e n. 6549/20. Sebbene, infatti, queste ultime (così come altre precedenti, n. 4307/2020 e n. 4311/2020), pronunciandosi in merito alla legittimità di bandi relativi a concessioni di servizi museali, abbiano valorizzato la finalità preminente di valorizzazione dei beni culturali che va riconosciuta a queste ultime, occorre considerare che tale finalità è stata richiamata nel presente giudizio, ma solo a fondamento del primo motivo del ricorso introduttivo e che però questo contiene -come detto sopra- ben altre censure, rispetto a quelle oggetto dei richiamati precedenti giurisprudenziali.
5. L’appello va quindi respinto, previo accoglimento dell’eccezione di inammissibilità riproposta in appello e correzione in tale senso della decisione di primo grado.
5.1. Sussistono giusti motivi di compensazione delle spese processuali, attesa la complessità delle questioni, di diritto e di fatto, poste dall’immediata impugnazione del bando e degli atti allegati.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 3 dicembre 2020, tenuta ai sensi dell’art. 4 del d.l. n. 28 del 2020 e dell’art. 25 del d.l. n. 137 del 2020, con l’intervento dei magistrati:
Francesco Caringella – Presidente
Fabio Franconiero – Consigliere
Federico Di Matteo – Consigliere
Angela Rotondano – Consigliere
Giuseppina Luciana Barreca – Consigliere, Estensore

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

Per aprire la pagina facebook @avvrenatodisa
Cliccare qui

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *