Rapporto di collaborazione coordinata e continuativa

Corte di Cassazione, sezione lavoro civile, Ordinanza 6 febbraio 2020, n. 2854.

La massima estrapolata:

Quando un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa sia instaurato senza l’individuazione di uno specifico progetto, programma di lavoro o fase di esso, non si fa luogo ad accertamenti volti a verificare se il rapporto si sia esplicato secondo i canoni dell’ autonomia o della subordinazione, ma ad automatica conversione in rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, sin dalla data di costituzione dello stesso.

Ordinanza 6 febbraio 2020, n. 2854

Data udienza 20 novembre 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere

Dott. GHINOY Paola – Consigliere

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere

Dott. CALAFIORE Daniela – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 19835-2014 proposto da:
(OMISSIS) S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR 19, presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), chela rappresenta e difende unitamente agli Avvocati (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
I.N.P.S. ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario della (OMISSIS) S.P.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CESARE BECCARIA N. 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati (OMISSIS);
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 60/2014 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, depositata il 08/06/2014 R.G.N. 473/2013.

RILEVATO

che:
1. la Corte d’appello di Brescia, con sentenza n. 60/2014, ha accolto parzialmente (solo con riferimento al rapporto di lavoro relativo a (OMISSIS)) l’appello proposto da (OMISSIS) s.r.l. contro la sentenza di primo grado di rigetto della opposizione alla cartella di pagamento emessa dall’Inps, a seguito di accertamento ispettivo, con cui si chiedeva il pagamento di contributi per gli anni 2004-2007 relativi alla posizione di 111 lavoratori subordinati, con i quali erano stati stipulati contratti di lavoro a progetto nell’ambito di una attivita’ aziendale di call center;
2. la Corte territoriale, confermando sul punto la decisione di primo grado, ha riscontrato la mancanza di un progetto, di un programma o di una fase dello stesso sufficientemente specifico, al cospetto di una attivita’ strumentale e continuativa attinente al normale ciclo produttivo dell’impresa rispetto alla quale non era prospettabile il raggiungimento di un risultato concreto e definitivo;
la sentenza impugnata ha dedotto da tali considerazioni, sul piano interpretativo, l’essenzialita’ del progetto nel rapporto di lavoro in questione, la cui conoscenza e’ necessaria perche’ il lavoratore abbia contezza dell’oggetto della propria attivita’ e realizzi lo scopo della collaborazione; cio’ giustifica l’interpretazione adottata in ordine alla natura assoluta della presunzione di subordinazione, in mancanza di valido progetto o programma, derivante dal testo del Decreto Legislativo n. 276 del 2003, articolo 69, comma 1;
peraltro, la sentenza impugnata -pur non condividendo la teoria della presunzione relativa sulla natura subordinata del rapporto in esame adottata dalla sentenza di primo grado- ha per completezza rilevato che le risultanze istruttorie avevano dimostrato comunque la natura subordinata dei rapporti lavorativi in questione;
infatti, l’istruttoria espletata (19 testimoni), diversamente da quella relativa al rapporto di (OMISSIS), aveva dimostrato che i lavoratori operavano nella struttura aziendale della (OMISSIS), avevano una propria posizione di lavoro ed utilizzavano strumenti aziendali, erano seguiti da supervisori di sala che li controllavano ogni volta che rendevano la prestazione, percepivano una retribuzione proporzionata alle ore di lavoro e, se una volta data la disponibilita’ a lavorare non si presentavano al lavoro cio’ era avvenuto solo per fatti sopravvenuti che comunicavano a (OMISSIS) s.r.l.;
tali lavoratori non seguivano una determinata campagna o un certo cliente ma si mettevano a disposizione di (OMISSIS) s.r.l., non essendo rilevante che i lavoratori fossero presenti secondo le loro disponibilita’ comunque manifestate alla societa’;
avverso tale sentenza (OMISSIS) s.r.l. ha proposto ricorso per cassazione sostenuto da due motivi, al quale ha resistito l’Inps con controricorso.

CONSIDERATO

che:
con il primo motivo di ricorso si denuncia violazione o falsa applicazione del Decreto Legislativo n. 276 del 2003, articolo 61, nella parte in cui prevede che i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa debbano essere riconducibili ad uno o piu’ progetti o programmi specifici determinati dal committente o gestiti autonomamente dal collaboratore; si addebita alla sentenza impugnata di aver errato in punto di accertamento della genericita’ dei progetti (in considerazione del testo vigente ratione temporis anteriore alla modifica di cui alla L. n. 92 del 2012), posto che non aveva distinto il progetto dal programma e non aveva considerato che i contratti in questione riportavano uno specifico programma, rispondendo a due effettive tipologie;
inoltre, l’erronea sovrapposizione della nozione di progetto a quella di programma di lavoro aveva comportato l’assenza di accertamento sulla sussistenza di quest’ultimo ed, in ogni caso, la sentenza era errata anche laddove aveva sostenuto che il progetto indicato coincideva con l’oggetto societario;
con il secondo motivo si deduce violazione sempre del Decreto Legislativo n. 276 del 2003, articolo 61 in relazione all’articolo 2094 c.c., stavolta sotto il profilo della erroneita’ dell’interpretazione che aveva sminuito la rilevanza del dato che ciascun lavoratore, in concreto, aveva reso una prestazione di lavoro coordinata e continuativa e le risultanze istruttorie avevano dimostrato la mancanza del suo inserimento nella struttura aziendale e degli altri indici della subordinazione;
i due motivi, in quanto connessi, vanno trattati congiuntamente e sono infondati;
questa Corte ha statuito che: “In tema di lavoro a progetto, il Decreto Legislativo n. 276 del 2003, articolo 69, comma 1, (ratione temporis applicabile, nella versione antecedente le modifiche di cui alla L. n. 92 del 2012, articolo 1, comma 23, lettera f)), si interpreta nel senso che, quando un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa sia instaurato senza l’individuazione di uno specifico progetto, programma di lavoro o fase di esso, non si fa luogo ad accertamenti volti a verificare se il rapporto si sia esplicato secondo i canoni dell’autonomia o della subordinazione, ma ad automatica conversione in rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, sin dalla data di costituzione dello stesso” (Cass. 31/8/2016, n. 17448; Cass. 17/08/2016, n. 17127; Cass. 21/6/2016,n. 12820; Cass. 10/5/2016, n. 9471);
nei precedenti citati si e’ precisato che: a) il comma 1 dell’articolo 69, introduce una vera e propria disposizione sanzionatoria per il caso di mancata riconducibilita’ del rapporto coordinato e continuativo ad uno specifico progetto o programma, disponendo tout court che il rapporto “e’ considerato” di lavoro subordinato a tempo indeterminato sin dall’origine, espressione tipica dei casi di c.d. “conversione” del rapporto ope legis (quali ad es. le fattispecie interpositorie o di illegittima apposizione del termine finale di durata al contratto di lavoro); b) una diversa interpretazione, volta a ritenere ammissibile la prova diretta a dimostrare l’insussistenza della subordinazione “presunta” finirebbe per legittimare la perpetuazione -delle collaborazioni coordinate e continuative anche in assenza di uno specifico progetto e programma, ogni qualvolta il committente riuscisse a dimostrare il carattere autonomo del rapporto contrattuale, che e’ proprio l’effetto che il legislatore del 2003 intendeva scongiurare; c) questa opzione interpretativa spiega anche la differenza tra la previsione del comma 1 di cui all’articolo 69 rispetto al meccanismo sancito dal comma 2 di detta disposizione: benche’, invero, entrambe siano sanzionate con l’applicazione della disciplina propria dei rapporti di lavoro subordinato, si tratta di fattispecie strutturalmente differenti, giacche’ nella prima rileva il dato formale della mancanza di uno specifico progetto a fronte di una prestazione lavorativa che, in punto di fatto, rientra nello schema generale del lavoro autonomo, laddove nella seconda rilevano le modalita’ di tipo subordinato con cui, nonostante l’esistenza di uno specifico progetto, e’ stata di fatto resa la prestazione lavorativa (vedi in tal senso, in motivazione Cass. 10/5/2016 n. 9471);
questa interpretazione della norma non induce dubbi di legittimita’ costituzionale, con riguardo sia agli articoli 3 e 38 Cost. che con riguardo agli articoli 101 e 104 Cost. in quanto la Corte costituzionale, con la sentenza n. 399 del 5 dicembre 2008, pervenendo alla declaratoria di illegittimita’ costituzionale del Decreto Legislativo n. 276 del 2003, articolo 86, ha rimarcato come la novita’ introdotta dagli articoli 61 e segg. del Decreto Legislativo cit. risieda proprio nel divieto di instaurare rapporti di collaborazione coordinata e continuativa che, pur avendo ad oggetto genuine prestazioni di lavoro autonomo, non siano riconducibili ad un progetto, divieto che risulta giustificato dalla contrarieta’ di detti rapporti alla norma imperativa che prescrive l’obbligo di utilizzare il nuovo tipo legale di contratto (ex articolo 1418 c.c.);
in altri termini, la conversione del contratto di lavoro autonomo continuativo, instaurato senza progetto, in rapporto di lavoro subordinato e’ la conseguenza della valutazione legale tipica compiuta dal legislatore, nell’esercizio della sua discrezionalita’, attraverso la previsione del Decreto Legislativo n. 386 del 2003, articolo 69, comma 1;
come e’ stato osservato anche in dottrina, la tecnica usata e’ quella della nullita’ del contratto, che sia stato in concreto posto in essere senza progetto (o senza un progetto specifico), accompagnata dalla sua cd. conversione o trasformazione ope legis mediante la sostituzione di diritto delle clausole invalide con la disciplina inderogabile del rapporto, ne’ si giustificano dubbi di legittimita’ costituzionale con riguardo alla regola dell’indisponibilita’ del tipo contrattuale (secondo i principi espressi dalla Corte costituzionale nelle sentenze n. 115 del 1994 e 121 del 1993) posto che la Corte costituzionale ha stabilito il principio secondo cui “spetta al legislatore stabilire la qualificazione giuridica dei rapporti di lavoro, pur non essendo allo stesso consentito negare la qualifica di rapporti di lavoro subordinato a rapporti che oggettivamente abbiano tale natura”;
la definizione legale del contratto a progetto, fornita dal Decreto Legislativo n. 276 del 2003, articolo 61 (abrogato del Decreto Legislativo n. 81 del 2015, articolo 52), prevede, per la configurazione della fattispecie, oltre alla presenza di tutti i caratteri della gia’ nota figura delle collaborazioni continuative e coordinate, anche la riconducibilita’ dell’attivita’ “a uno o piu’ progetti specifici o programmi di lavoro o fasi di esso determinati dal committente e gestiti autonomamente dal collaboratore in funzione del risultato, nel rispetto del coordinamento con la organizzazione del committente e indipendentemente dal tempo impiegato per l’esecuzione della attivita’ lavorativa”;
la norma in esame non richiede che il progetto specifico debba inerire ad una attivita’ eccezionale, originale o del tutto diversa rispetto alla ordinaria e complessiva attivita’ di impresa, tuttavia e’ necessaria la riconducibilita’ dell’attivita’ “a uno o piu’ progetti specifici o programmi di lavoro o fasi di esso determinati dal committente e gestiti autonomamente dal collaboratore in funzione del risultato, nel rispetto del coordinamento con la organizzazione del committente e indipendentemente dal tempo impiegato per l’esecuzione della attivita’ lavorativa”;
il risultato diventa cosi’ un fattore chiave che giustifica l’autonomia gestionale del progetto o del programma di lavoro, sia nei tempi sia nelle modalita’ di realizzazione, e cio’ perche’ l’interesse del creditore e’ relativo al perfezionamento del risultato convenuto che, pur non necessariamente identificandosi in uno specifico opus, deve in ogni caso assumere una sua precisa connotazione, differenziandosi dalla mera disponibilita’, da parte del committente, di una prestazione di lavoro eterodiretta, tipica del rapporto di lavoro subordinato;
conseguentemente, al committente viene richiesto di esplicitare ex ante, in forma scritta (su cui cfr. Cass. 19 aprile 2016, n. 7716), l’obiettivo che il contratto si prefigge di raggiungere ed il risultato della prestazione richiesta al collaboratore, che deve essere necessariamente rivolta a quell’obiettivo; non viene, invece, richiesto che il progetto abbia ad oggetto un’attivita’ altamente specialistica o di particolare contenuto professionale, e tanto meno che sia unica e irripetibile;
in questa chiave interpretativa, il requisito della specificita’ deve riguardare tanto il progetto quanto il programma (o la fase di lavoro), non ravvisandosi differenze concettuali tra i due termini;
e la riprova che per il legislatore “programma” e “progetto” siano sostanzialmente sinonimi si rinviene nel successivo articolo 62, che nel disciplinare la forma ed il contenuto del contratto dispone alla lettera b) che il contratto debba contenere la “indicazione del progetto o programma di lavoro, o fase di esso, individuata nel suo contenuto caratterizzante, che viene dedotto in contratto”, cosi’ ponendo sullo stesso piano, indifferentemente, programmi e progetti i quali devono essere entrambi caratterizzati dalla esatta individuazione della prestazione richiesta al lavoratore e dalla relativa indicazione nell’atto scritto;
la “specificita’ del progetto, programma o fase” diviene dunque l’elemento caratterizzante un legittimo rapporto di lavoro a progetto;
nel caso di specie, il suddetto requisito della specificita’ non e’ stato previsto nei contratti in relazione ad un progetto o programma, bensi’ con riferimento ad attivita’ certamente prive di specificita’, trattandosi (come riporta la stessa ricorrente alla pag. 10 del ricorso) di attivita’ di gestore di contatti telefonici definendo per contatto una relazione instaurata con il cliente tramite telefono, email, fax ed altri strumenti a disposizione dell’agente telefonico, con l’obiettivo di gestire – secondo criteri di qualita’ stabiliti – i contatti telefonici che si presentano durante l’attivita’ lavorativa, oppure di rispondere o effettuare telefonate per fornire informazioni relative a prodotto/evento/servizio utilizzando gli strumenti messi a disposizione della societa’ su liste di clienti acquisiti o clienti potenziali;
tali indicazioni, in mancanza di qualsiasi ulteriore descrizione, determinano la sostanziale mera coincidenza con la normale attivita’ di impresa del call center, e, dunque risultava rivolta a soddisfare esigenze ordinarie e continuative della committente;
in definitiva, il ricorso va rigettato;
le spese seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’ che liquida in favore dell’INPS, in Euro 13000,00 per compensi, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, spese forfetarie nella misura del 1 5 % e spese accessorie di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso ex articolo 13, comma 1 bis, ove dovuto.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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