Responsabilità degli amministratori ed azione individuale ed azione sociale promossa dal socio

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|19 dicembre 2022| n. 37097.

Responsabilità degli amministratori ed azione individuale ed azione sociale promossa dal socio

In tema di società a responsabilità limitata, l’art. 2476, comma 6, cod. civ. esige – esattamente come l’art. 2935 cod. civ. dettato per le società per azioni, del quale riproduce la stessa formula letterale (soci e terzi “direttamente” danneggiati da atti colposi e dolosi degli amministratori) – che il comportamento doloso o colposo dell’amministratore, posto in essere tanto nell’esercizio dell’ufficio, quanto al di fuori delle incombenze ad esso correlate, abbia determinato un danno che incida direttamente sul patrimonio del socio o del terzo; in altri termini, mentre l’azione sociale è finalizzata al risarcimento del danno al patrimonio sociale che incida soltanto indirettamente sul patrimonio dei soci, l’azione individuale postula la lesione di un diritto soggettivo patrimoniale del socio o del terzo che non sia conseguenza del depauperamento del patrimonio della società. Non vi è dubbio, infatti, che – a differenza del terzo che non può risentire del danno se non da un atto che incida direttamente sul proprio patrimonio – il socio è pregiudicato anche dal danno che si produce nel patrimonio della società, che determina una riduzione del valore reale della sua partecipazione: trattasi, tuttavia, di danno “riflesso”, che, come tale, esula dalla fattispecie dell’art. 2476, comma 6, cod. civ., potendo essere risarcito solo in favore della società ai sensi dell’art. 2476, comma 3, cod. civ. (Nel caso di specie, la Suprema Corte, rigettando il ricorso, ha ritenuto incensurabile la sentenza gravata con la quale la corte territoriale, nel respingere la domanda risarcitoria proposta dal ricorrente in veste di socio nei confronti degli amministratori di una s.r.l. ritenuti responsabili di aver concluso la vendita di un cespite sociale ad un prezzo incongruo, aveva ritenuto che tale negozio avesse inciso pregiudizievolmente sulla conservazione del patrimonio sociale, e quindi cagionato in via diretta un danno alla società, e solo in via riflessa al valore della quota di partecipazione del socio ricorrente)

Ordinanza|19 dicembre 2022| n. 37097. Responsabilità degli amministratori ed azione individuale ed azione sociale promossa dal socio

Data udienza 12 ottobre 2022

Integrale

Tag/parola chiave: Società di capitali – Società a responsabilità limitata – Amministrazione e controlli – Responsabilità degli amministratori – Azione individuale ed azione sociale promossa dal socio – Presupposti rispettivi – Individuazione

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere

Dott. MARULLI Marco – Consigliere

Dott. FIDANZIA Andrea – rel. Consigliere

Dott. VALENTINO Daniela – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 606/2019 R.G. proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), ( (OMISSIS)) rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS), ( (OMISSIS));
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS), domiciliato ex lege in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS), ( (OMISSIS));
– controricorrenti –
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO GENOVA n. 1462/2018 depositata il 28/09/2018.
Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 12/10/2022 dal Consigliere Dott. ANDREA FIDANZIA.

FATTI DI CAUSA

Con sentenza n. 1462/2018, depositata il 28.9.2018, la Corte d’Appello di Genova, in parziale accoglimento dell’appello principale proposto da (OMISSIS) e (OMISSIS) avverso la sentenza del Tribunale di Savona n. 971/2015, ha respinto la domanda risarcitoria proposta da (OMISSIS), in qualita’ di socio della (OMISSIS) s.r.l., nei confronti del (OMISSIS) e del (OMISSIS), quali amministratori della predetta societa’, in relazione al danno che egli affermava di aver subito per effetto della vendita a prezzo non congruo di un complesso immobiliare (palazzina/casolare siti in (OMISSIS)) di proprieta’ della (OMISSIS) s.r.l. alla (OMISSIS) s.a.s., societa’ riconducibile alla moglie del (OMISSIS).
Il Tribunale di Savona aveva, invece, condannato i due amministratori (OMISSIS) e (OMISSIS) al pagamento in solido in favore dell’ (OMISSIS) della somma di Euro 20.602,85, rigettando le altre domande risarcitorie proposte dall’ (OMISSIS) in relazione sia all’attribuzione al (OMISSIS) del compenso di Euro 70.000,00, sia all’esecuzione da parte di entrambi gli amministratori di delibere assembleari inesistenti o invalide, oltre al pagamento ingiustificato di compensi alla moglie del (OMISSIS).
La Corte d’Appello ha osservato che, anche ammettendo che gli amministratori avessero venduto un immobile della societa’ ad un prezzo inferiore rispetto a quello di mercato e che tale vendita fosse avvenuta in conflitto di interessi (in quanto avvenuta in favore di societa’ di cui (OMISSIS) e la moglie erano soci), si tratterebbe comunque di una vendita che ha inciso pregiudizievolmente sulla conservazione del patrimonio sociale e che ha quindi cagionato in via diretta un danno alla societa’ e solo in via riflessa al valore della quota di partecipazione dell’ (OMISSIS). Inoltre la Corte d’Appello, nel rigettare l’appello incidentale proposto dall’ (OMISSIS) (con riferimento alle altre domande risarcitorie rigettate in primo grado), ha osservato che dalle allegazioni dell’appellante incidentale emergeva che non poteva ravvisarsi in capo al (OMISSIS) una responsabilita’ ex articolo 2476 c.c., comma 6, dovendosi comunque escludere un danno “diretto” a carico di quest’ultimo, che non fosse meramente il riflesso di quello cagionato al patrimonio della societa’.
Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS) affidandolo a tre motivi, depositando altresi’ (tardivamente) la memoria ex articolo 380 bis.1 c.p.c..
(OMISSIS) e (OMISSIS) hanno resistito in giudizio con controricorso, illustrato anche con memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo e’ stata dedotta la violazione e falsa applicazione dell’articolo 2476 c.c., comma 3, nonche’ l’omessa motivazione circa l’asserita mancata proposizione da parte del socio (OMISSIS) dell’azione ex articolo 2476 c.c., comma 3.
Si duole il ricorrente che il giudice di secondo grado avrebbe erroneamente ritenuto che egli non avesse proposto anche l’azione contrattuale ex articolo 2476 c.c., comma 3. In realta’, aveva proposto tale azione contestando gli inadempimenti posti in essere dagli amministratori ai loro doveri, seppur richiedendo solo il ristoro dei danni attinenti alla propria specifica posizione.
2. Il motivo e’ inammissibile.
La Corte d’Appello, nell’esercizio del potere di interpretazione e qualificazione della domanda – che compete al giudice di merito purche’ non travalichi i limiti della corrispondenza tra chiesto e pronunciato (e del divieto di sostituire d’ufficio un’azione diversa da quella proposta) e non incorra nel vizio di motivazione (vedi Cass. n. 13602/2019) – ha coerentemente ritenuto che l’ (OMISSIS) aveva proposto l’azione ex articolo 2476 c.c., comma 6, e non l’azione sociale ex articolo 2476 c.c., comma 3, e non aveva quindi agito come sostituto processuale, ex articolo 81 c.p.c., della societa’.
Il giudice di secondo grado ha rettamente valorizzato la circostanza che l’ (OMISSIS) aveva proposto una domanda finalizzata non al risarcimento del danno a favore della societa’, ma in proprio favore, chiedendo quindi il risarcimento di un danno “diretto” al proprio patrimonio.
3. Con il secondo motivo e’ stata dedotta la violazione e falsa applicazione dell’articolo 2476 c.c., comma 6 (nel testo ratione temporis applicabile) circa la configurazione del danno subito dal socio.
Deduce il ricorrente che erroneamente la Corte d’Appello aveva interpretato l’articolo 2476 c.c., comma 6, con gli stessi parametri interpretativi dell’articolo 2395 c.c.. Invoca la specificita’ della disciplina delle societa’ a responsabilita’ limitata rispetto a quella delle societa’ per azioni, la caratterizzazione maggiormente personalistica della s.r.l. in cui il ruolo dei soci e’, sostanzialmente, assimilabile a quello dei soci di societa’ di persone.
Osserva, inoltre, il ricorrente che, tenuto conto che, nel caso di specie, l’amministratore infedele (OMISSIS) era socio largamente maggioritario della societa’ (80%), dovrebbe ammettersi la legittimazione del socio che agisce a pretendere il ristoro pro quota per se’, e non integrale a favore della societa’, in quanto, diversamente, si andrebbe a favorire proprio il socio amministratore contro il socio che agisce.
Nel caso concreto, era comunque evidente la vendita, da parte dell’amministratore, dell’unico cespite immobiliare ad una societa’ riconducibile allo stesso ed alla propria moglie ad un prezzo di gran lunga inferiore a quello di mercato.
4. Con il terzo motivo e’ stata dedotta la violazione e falsa applicazione dell’articolo 2476 c.c., commi 3 e 6, con riferimento alle doglianze che hanno formato oggetto dell’appello incidentale, la violazione e falsa applicazione dell’articolo 2476 c.c., comma 1 e articolo 1176 c.c., con riferimento alla vendita a (OMISSIS) sas a prezzo vile e in conflitto di interessi, nonche’ l’illegittima ed eccezionale attribuzione del compenso all’amministratore.
5. Entrambi i motivi, da esaminare unitariamente in relazione alla stretta connessione delle questioni trattate, sono in parte infondati, in parte inammissibili.
In primo luogo, se, da un lato, il ricorrente ha dedotto nel primo motivo di aver esercitato (anche) l’azione sociale, dall’altro, contraddittoriamente, lo stesso, nello svolgere argomentazioni a fondamento della proposta domanda di risarcimento del danno a proprio favore, non contesta, tuttavia, nella sostanza, che il dedotto atto di mala gestio compiuto dagli amministratori (vendita di un cespite sociale a prezzo incongruo) avrebbe arrecato, in primis, un pregiudizio al patrimonio della societa’, e solo di riflesso a lui. Cio’ nonostante, egli invoca comunque il diritto del socio ad ottenere pro quota il ristoro, sia per una sorta di esigenza di equita’ (diversamente potrebbe essere favorito l’amministratore infedele detentore di una cospicua partecipazione sociale), sia in virtu’ del carattere personalistico della societa’ a responsabilita’ limitata, come rimodellata dalla riforma del diritto societario.
Tali considerazioni suggestive non sono meritevoli di accoglimento, in quanto stridono con la natura di societa’ di capitali della s.r.l. non certo mutata a seguito dell’entrata in vigore della riforma del diritto societario – la quale ha una personalita’ giuridica distinta da quella dei soci, con la conseguenza che non possono liquidarsi, nemmeno pro quota, a favore dei soci, i danni incontestabilmente arrecati alla societa’.
Il carattere maggiormente personalistico della societa’ a responsabilita’ limitata consente al socio di agire, ex articolo 2476 c.c., comma 3 (quale sostituto processuale della stessa societa’) per sanzionare l’amministratore infedele, senza che sia necessaria l’approvazione di una apposita Delib. per l’esercizio dell’azione di responsabilita’, ma non puo’ spingersi fino alla commistione – auspicata, invece, dal ricorrente – dell’interesse individuale del socio con quello della societa’, essendo cio’ incompatibile con la struttura del modello societario prescelto dai soci.
Pertanto, l’articolo 2476 c.c., comma 6, esige – esattamente come l’articolo 2935 c.c., dettato per le s.p.a., del quale riproduce la stessa formula letterale (soci e terzi “direttamente” danneggiati da atti colposi e dolosi degli amministratori) – che il comportamento doloso o colposo dell’amministratore, posto in essere tanto nell’esercizio dell’ufficio, quanto al di fuori delle incombenze ad esso correlate, abbia determinato un danno che incida direttamente sul patrimonio del socio o del terzo (vedi Cass. Civ. 20 maggio 2020, n. 9206): mentre l’azione sociale e’ finalizzata al risarcimento del danno al patrimonio sociale che incida soltanto indirettamente sul patrimonio dei soci, l’azione individuale postula la lesione di un diritto soggettivo patrimoniale del socio o del terzo che non sia conseguenza del depauperamento del patrimonio della societa’.
Non vi e’ dubbio, infatti, che – a differenza del terzo che non puo’ risentire del danno se non da un atto che incida direttamente sul proprio patrimonio – il socio e’ pregiudicato anche dal danno che si produce nel patrimonio della societa’, che determina una riduzione del valore reale della sua partecipazione. Tuttavia, si tratta di danno “riflesso”, e, come tale, esula dalla fattispecie dell’articolo 2476 c.c., comma 6 (cosi’ come da quella dell’articolo 2395 c.c.), potendo essere risarcito solo in favore della societa’ ai sensi dell’articolo 2476 c.c., comma 3 (articoli 2393 e 2393-bis c.c., per la societa’ per azioni).
In conclusione, l’inconfigurabilita’, nel caso di specie, di un danno “diretto” arrecato al socio comporta l’irrilevanza di tutte le deduzioni svolte dal ricorrente con riferimento in concreto sia alla predetta cessione (valore delle diverse stime, etc., considerazioni in ogni caso di merito), sia in relazione all’attribuzione all’amministratore del compenso di Euro 70.000,00.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento in favore dei controricorrenti delle spese processuali, che liquida in Euro 5.200, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

 

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