REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCRIMA Antonietta – Presidente
Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere
Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere
Dott. AMBROSI Irene – Consigliere
Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. 23992/21 proposto da:
(OMISSIS), e (OMISSIS), elettivamente domiciliati presso l’indirizzo PEC del proprio difensore, difesi dall’avvocato (OMISSIS), in virtu’ di procura speciale apposta in calce al ricorso;
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS) s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato presso l’indirizzo PEC del proprio difensore, difeso dall’avvocato (OMISSIS), in virtu’ di procura speciale apposta in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma 8 giugno 2021 n. 4137;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 28 febbraio 2023 dal Consigliere relatore Dott. Marco Rossetti.
Revocatoria e l’atto di disposizione anteriore al credito e la prova del dolo specifico
FATTI DI CAUSA
1. (OMISSIS) e (OMISSIS) nel 2007 costituirono un fondo patrimoniale nel quale conferirono l’immobile sito a (OMISSIS).
2. Nel 2010 la societa’ ” (OMISSIS) s.p.a.” (che in seguito mutera’ ragione sociale in (OMISSIS) s.p.a.) convenne dinanzi al Tribunale di Tivoli, sezione staccata di Castelnuovo di Porto, (OMISSIS) e (OMISSIS), chiedendo che il suddetto atto fosse dichiarato inefficace nei confronti della societa’ attrice ai sensi dell’articolo 2901 c.c..
A fondamento della domanda la societa’ attrice dedusse che:
-) (OMISSIS) e la (OMISSIS) erano ambedue soci della (OMISSIS) s.p.a. (che in seguito si trasformo’ in (OMISSIS) s.r.l.);
-) tra i due esistevano reciproci rapporti di dare ed avere, che le parti intesero regolare con un accordo in virtu’ del quale (OMISSIS) si era obbligato a versare alla (OMISSIS) la somma di Euro 200.600,08;
-) il conferimento nel fondo patrimoniale della casa di abitazione dei coniugi (OMISSIS) – (OMISSIS) pregiudicava il suddetto credito.
3. Con sentenza 8 novembre 2013 n. 1615 il Tribunale di Tivoli accolse la domanda.
Il Tribunale ritenne “non esservi dubbio” che al momento di costituzione del fondo patrimoniale (OMISSIS) fosse a conoscenza del pregiudizio che l’atto avrebbe potuto arrecare alla (OMISSIS).
La sentenza venne appellata dai soccombenti.
4. Con sentenza 8 giugno 2021 n. 4137 la Corte d’appello di Roma rigetto’ il gravame.
La Corte d’appello ha rilevato in fatto che l’atto costitutivo del fondo patrimoniale venne stipulato il 2 maggio 2007, mentre l’accordo in virtu’ del quale (OMISSIS) si obbligo’ a pagare circa 200.000 Euro alla (OMISSIS) venne concluso 40 giorni dopo.
Ha, quindi, osservato in punto di diritto che quando l’atto dispositivo e’ anteriore al sorgere del credito, l’accoglimento dell’azione revocatoria richiede la prova della dolosa preordinazione dell’atto al fine di nuocere alle ragioni dei creditori, ma che a tal fine e’ sufficiente la prova del dolo generico, vale a dire dalla semplice consapevolezza, in capo al debitore, che l’atto da lui concluso arrechera’ pregiudizio ai creditori.
Cio’ premesso in iure, la Corte d’appello ha ritenuto in facto che la prova della consapevolezza, in capo a (OMISSIS), del pregiudizio che la costituzione del fondo patrimoniale avrebbe arrecato alla (OMISSIS) poteva trarsi in via presuntiva dal breve termine intercorso fra la costituzione del fondo patrimoniale e l’accordo fonte dell’obbligazione verso la (OMISSIS); dal fatto che i due coniugi si indussero a costituire un fondo patrimoniale dopo 36 anni di matrimonio; dal fatto che i coniugi modificarono il regime patrimoniale della famiglia lo stesso giorno della costituzione del fondo patrimoniale; dal fatto che i due coniugi non avevano altri immobili.
5. La sentenza d’appello e’ stata impugnata per Cassazione da (OMISSIS) e (OMISSIS) con ricorso fondato su due motivi.
La (OMISSIS) ha resistito con controricorso.
Ambo le parti hanno depositato memoria.
Revocatoria e l’atto di disposizione anteriore al credito e la prova del dolo specifico
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Col primo motivo i ricorrenti lamentano, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3, la violazione dell’articolo 2901 c.c..
Nella illustrazione del motivo sostengono che mentre la legge richiede, per dichiarare inefficace un atto dispositivo anteriore al sorgere del credito, la “dolosa preordinazione” di esso al fine di pregiudicare le ragioni del creditore, la Corte d’appello ha ritenuto sufficiente al fine di accoglimento della domanda la mera consapevolezza del disponente di nuocere alle ragioni del creditore. Cosi’ giudicando, osservano i ricorrenti, la sentenza impugnata ha finito per equiparare l’ipotesi dell’atto dispositivo successivo al sorgere del credito, a quella dell’atto dispositivo anteriore al sorgere del credito, ipotesi che invece la legge tiene ben distinte quanto a presupposti.
1.1. Il motivo e’ infondato, per quanto la motivazione della sentenza impugnata debba essere corretta.
Non v’e’ dubbio, infatti, che la revoca ex articolo 2901 c.c., d’un atto pregiudizievole compiuto prima del sorgere del credito esige non gia’ la mera consapevolezza del suo effetto pregiudizievole, ma la volonta’ di stipularlo al fine precipuo di nuocere a questi ultimi, e che le dissenzienti decisioni pronunciate da Sez. 3, Sentenza n. 24757 del 07/10/2008 e Sez. 3, Sentenza n. 21338 del 15/10/2010 non hanno avuto alcun seguito nella successiva giurisprudenza di questa Corte (Sez. 3, Sentenza n. 7768 del 29.3.2018; Sez. 3, Ordinanza n. 18770 del 28.7.2017).
1.2. Tuttavia e’ altrettanto vero che la Corte d’appello, pur formalmente affermando il suddetto erroneo principio di diritto, ha poi rigettato il gravame per avere accertato in concreto quattro circostanze di fatto ritenute palesemente dimostrative dell’intento fraudolento, e quindi del consilium fraudis: il breve divario temporale tra atto dispositivo e insorgenza del debito del disponente; l’inusualita’ del fatto che un fondo patrimoniale per i bisogni della famiglia venga costituito dopo 36 anni di matrimonio; il contestuale mutamento del regime patrimoniale familiare; l’assenza di altri immobili.
Sicche’, come gia’ ritenuto da questa Corte in fattispecie identica, se la Corte territoriale pur facendo riferimento al dolo generico, in realta’ accerti la ricorrenza del dolo specifico, e’ sufficiente correggere in diritto la motivazione della decisione della Corte di merito (Cass. 7768/18, cit.).
2. Col secondo motivo i ricorrenti prospettano il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 5.
Nell’illustrazione del motivo sviluppano una tesi cosi’ riassumibile:
-) la Corte d’appello ha ritenuto raggiunta la prova del dolo ricorrendo a presunzioni semplici;
-) tuttavia per la Corte d’appello ha trascurato di considerare numerose circostanze che, se prese in esame, avrebbero privato di decisivita’ gli indizi su cui il giudice di merito baso’ la prova presuntiva, e per l’esattezza:
-) la circostanza che la societa’ (OMISSIS), controllata da (OMISSIS), al momento in cui quest’ultimo si obbligo’ personalmente nei confronti della (OMISSIS), era in fase di rilancio, il che lasciava prevedere imminenti e forti ricavi;
-) la circostanza che al momento della costituzione del fondo patrimoniale (OMISSIS) non poteva prevedere che la (OMISSIS) avrebbe preteso da lui l’adempimento delle obbligazioni della (OMISSIS) verso la (OMISSIS);
-) la circostanza che, sino ad un anno e mezzo dopo l’insorgenza del debito di (OMISSIS) nei confronti della (OMISSIS), il debitore aveva onorato “finche’ gli e’ stato possibile” il proprio debito;
-) la circostanza che il debitore, per adempiere le proprie obbligazioni nei confronti della (OMISSIS), aveva venduto l’ultimo immobile rimasto, ad eccezione di quello destinato ad abitazione familiare.
2.1. Il motivo e’ inammissibile per piu’ ragioni.
In primo luogo e’ inammissibile ex articolo 348 ter c.p.c., dal momento che il vizio di omesso esame del fatto decisivo non puo’ essere dedotto quando nei gradi di merito vi siano state due decisioni conformi in punto di fatto.
2.2. In secondo luogo e’ inammissibile perche’ il vizio di “omesso esame del fatto decisivo”, previsto dall’articolo 360 c.p.c., n. 5, ricorre quando il giudice decide la controversia senza tenere conto di una circostanza di fatto risolutiva, cioe’ astrattamente idonea, se esaminata, a determinare un differente esito della lite (Sez. U., Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629831 – 01).
Non ricorre invece il suddetto vizio quando il giudice di merito esamina e ricostruisce i fatti controversi, ma lo faccia privilegiando alcune fonti di prova, e trascurandone altre.
Infatti il giudice di merito non e’ obbligato a dare conto nella motivazione di ogni fonte di prova acquisita agli atti, ma puo’ limitarsi ad indicare quelle ritenute decisive e sufficienti ai fini della decisione.
Pertanto l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per se’, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, qualora i fatti di causa siano stati comunque presi in considerazione dal giudice, ancorche’ la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (ex multis, Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 2268 del 26/01/2022, Rv. 663758 – 01; Sez. 6 – L, Ordinanza n. 28887 del 08/11/2019, Rv. 655596 – 01; Sez. 2 -, Ordinanza n. 27415 del 29/10/2018, Rv. 651028 – 01; Sez. 6 – L, Ordinanza n. 2498 del 10/02/2015, Rv. 634531 – 01).
2.3. Nel caso di specie il “fatto controverso” oggetto del contendere era rappresentato dalla sussistenza dell’animus nocendi in capo all’odierno ricorrente, allorche’ stipulo’ l’atto di costituzione del fondo patrimoniale: e tale fatto controverso e’ stato debitamente esaminato dalla Corte d’appello, che l’ha ritenuto dimostrato in base agli elementi indiziari elencati a p. 7, terzo capoverso, della sentenza impugnata.
Per contro, le circostanze di fatto elencate alle pagine 23-24 del ricorso costituiscono soltanto elementi istruttori, allegati allo scopo di negare la sussistenza del requisito della dolosa preordinazione dell’atto dispositivo in pregiudizio della societa’ creditrice.
Se, quindi, la sentenza impugnata non da’ conto delle suddette circostanze, cio’ non costituisce un vizio di omesso esame d’un fatto decisivo per i fini di cui all’articolo 360 c.p.c., n. 5, ma piuttosto esprime un implicito rigetto della loro rilevanza, e dunque un apprezzamento riservato al giudice di merito e non sindacabile in questa sede.
2.4. In ogni caso le circostanze del cui omesso esame i ricorrenti si dolgono sono prive del requisito della decisivita’, in quanto l’eventualita’ che il debitore adempia parzialmente la propria obbligazione non e’ radicalmente incompatibile con la dolosa preordinazione di un atto dispositivo al fine di sottrarsi ad un adempimento integrale.
3. Le spese del presente giudizio di legittimita’ seguono la soccombenza, ai sensi dell’articolo 385 c.p.c., comma 1, e sono liquidate nel dispositivo.
P.Q.M.
(-) rigetta il ricorso;
(-) condanna (OMISSIS) e (OMISSIS), in solido, alla rifusione in favore di (OMISSIS) s.p.a. delle spese del presente giudizio di legittimita’, che si liquidano nella somma di Euro 5.800, oltre 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie Decreto Ministeriale 10 marzo 2014, n. 55, ex articolo 2, comma 2;
(-) ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.