Riconoscimento dell’assegno divorzile

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|2 agosto 2022| n. 23997.

Riconoscimento dell’assegno divorzile

Il riconoscimento dell’assegno divorzile richiede una valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, che tenga conto del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare ed alla formazione del patrimonio comune, nonché di quello personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio ed all’età dell’avente diritto, condotto sulla scorta di un percorso motivazionale logico e specifico, che si fondi, anche nelle parti in cui è svolto attraverso un rinvio “per relationem” alla sentenza di primo grado, sui motivi di impugnazione proposti. (Nella specie, la S.C. ha censurato la decisione d’appello nella parte in cui aveva attribuito al coniuge la titolarità di due società e di plurimi immobili, mediante il mero rinvio alla motivazione della sentenza di primo grado, in modo acritico e senza specificare la natura degli immobili o la tipologia di diritto reale effettivamente posseduti, non operando così alcuna valutazione concreta circa la fondatezza dei motivi di gravame proposti).

Ordinanza|2 agosto 2022| n. 23997. Riconoscimento dell’assegno divorzile

Data udienza 12 aprile 2022

Integrale

Tag/parola chiave: Cessazione degli effetti civili del matrimonio – Assegno divorzile – Art. 5, comma 6, L. n. 898/1970 – Art. 2697 c.c. – Errore di percezione – Sindacato di legittimiità – Limiti

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere

Dott. MARULLI Marco – Consigliere

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere

Dott. REGGIANI Eleonora – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS)
(OMISSIS), presso lo studio dell’avv. (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avv. (OMISSIS), che la rappresenta e difende in virtu’ di procura speciale in calce al ricorso per cassazione;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avv. (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avv. (OMISSIS), in virtu’ di procura speciale in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 837/2019 della Corte d’appello di Messina, depositata il 19/11/2019;
letti gli atti e i documenti di causa;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
12/04/2022 dalla Dott.ssa ELEONORA REGGIANI.

Riconoscimento dell’assegno divorzile

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza n. 837/2019, depositata il 19/11/2019, la Corte di appello di Messina ha respinto l’impugnazione principale proposta da (OMISSIS) contro la sentenza di primo grado ed anche l’impugnazione incidentale di (OMISSIS), confermando la decisione del Tribunale che, pronunciando la cessazione degli effetti civili del matrimonio contratto dalle parti, aveva previsto la corresponsione di un assegno divorzile in favore della ex moglie di Euro 700,00.
Avverso tale decisione (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi.
L’intimata si e’ difeso con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memorie ex articolo 380 bis.1 c.p.c..

Riconoscimento dell’assegno divorzile

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso e’ dedotta la violazione della L. n. 898 del 1970, articolo 5, comma 6, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3); la violazione dell’articolo 115 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4)m (errore di percezione); la violazione dell’articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4), e dell’articolo 118 disp. att. c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4), (difetto di motivazione – nullita’ della sentenza di appello).
In particolare, il ricorrente ha ritenuto che la Corte di merito ha errato nel valutare le condizioni reddituali e patrimoniali del ricorrente, evidenziando in particolare: 1) la nullita’ della sentenza di appello per avere la Corte erroneamente attribuito al (OMISSIS) la proprieta’ di un numero considerevole di unita’ immobiliari, incorrendo in un errore di percezione, concernente il contenuto della relazione della Guardia di finanza, ove il ricorrente risultava “intestatario e/o cointestatario di 29 unita’ immobiliari tra terreni e fabbricati”, essendo ben diversa, in termini di valore, la proprieta’ esclusiva da quella comune e il riferimento a terreni piuttosto che a fabbricati; 2) la nullita’ della sentenza di appello la cui motivazione non consente di comprendere gli elementi presi in esame e il ragionamento seguito nel ritenere riferibili al ricorrente due societa’ (la (OMISSIS) s.r.l. e la (OMISSIS) s.r.l.), nonostante le critiche contenute nel secondo motivo di appello, e ribadite in comparsa conclusionale, contenendo una motivazione per relationem alla pronuncia di primo grado e alle note conclusionali dell’appellata, che non ha risposto alle censure mosse dall’appellante e riportate nel ricorso per cassazione; 3) la nullita’ della sentenza di appello nella parte in cui ha affermato che le condizioni economiche della ex moglie non erano paragonabili a quelle del ricorrente, seguendo un iter logico argomentativo incomprensibile a confronto con le critiche mosse dal ricorrente con il primo motivo di appello.

Riconoscimento dell’assegno divorzile

Con il secondo motivo di ricorso e’ dedotta la violazione della L. n. 898 del 1970, articolo 5, comma 6, dell’articolo 2697 c.c., e dell’articolo 115 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3); la violazione dell’articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4), e dell’articolo 118 disp. att. c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4).
Il ricorrente ha, in particolare, censurato la decisione nella parte in cui ha ritenuto sussistenti i presupposti per il riconoscimento dell’assegno divorzile in base al ritenuto squilibrio tra le condizioni delle parti e, considerando in poche righe gli altri indici contenuti nella L. n. 898 del 1970, articolo 5, comma 6, riconoscendo il diritto ad un assegno di Euro 700,00 mensili in modo del tutto arbitrario e senza tenere conto dell’onere della prova gravante sulla ex moglie.
Con il terzo motivo e’ dedotto l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5); la violazione dell’articolo 115 c.p.c., dell’articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4), e dell’articolo 118 disp. att. c.p.c. in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4); la violazione dell’articolo 115 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4).
Il ricorrente ha censurato la sentenza nella parte in cui la Corte ha rigettato il terzo motivo di appello, che richiedeva di considerare le patologie di cui il ricorrente era portatore, considerate solo in parte dal giudice del gravame – valutando, in particolare, solo quelle conseguenti all’infortunio sul lavoro, che aveva comportato una riduzione della capacita’ lavorativa del 6% ritenute non incidenti sulla sua capacita’ lavorativa – mentre invece la ulteriore documentazione prodotta, se esaminata, avrebbe potuto evidenziare patologie che costringevano la parte a periodiche cure e controlli e che rendevano impossibile l’espletamento di attivita’ lavorativa (problemi alla vista, stati di ansia, stress, insonnia, crisi respiratorie, problemi a carico del colon), come pure poteva emergere dalla prova per testi e dalla CTU sul punto, non ammesse senza alcuna motivazione.
Nello stesso motivo, il ricorrente ha evidenziato che la Corte di appello ha errato nel ritenere che egli percepisse un reddito di Euro 15.000,00 annui, perche’ quello era il reddito prodotto l’ultimo anno della sua attivita’ di trasportatore, prima che, nel 2016, cessasse definitivamente l’attivita’. Ha quindi richiamato le censure contenute nel primo motivo di ricorso in ordine alla riconduzione al ricorrente delle utilita’ provenienti dalle societa’ (OMISSIS) s.r.l. (comunque inattiva e non produttiva di redditi) e Ortotrasporti s.r.l. che, invece, ha ribadito non essere a lui riconducibili.

Riconoscimento dell’assegno divorzile

Con il quarto motivo e’ dedotta la violazione dei principi generali in ordine ai rapporti tra assegno di mantenimento e assegno di divorzio in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3), avendo la Corte di appello confermato l’erogazione di un assegno di divorzio di importo maggiore di quello previsto in sede di separazione.
Con il quinto motivo e’ dedotta la errata condanna del ricorrente al pagamento delle spese di giudizio di primo grado, nonostante la ritenuta soccombenza reciproca, e l’errata compensazione di quelle di appello.
2. Occorre preliminarmente rilevare che parte ricorrente risulta avere allegato alcuni documenti alla memoria ex articolo 380 bis.1 c.p.c. del 26/03/2022.
Questa Corte ha piu’ volte precisato che, nel giudizio di legittimita’, possono essere prodotti, dopo la scadenza del termine di cui all’articolo 369 c.p.c., e ai sensi dell’articolo 372 c.p.c., solo i documenti che attengono all’ammissibilita’ del ricorso e non anche quelli concernenti l’allegata fondatezza del medesimo (Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 9685 del 26/05/2020).
Nel caso di specie, si tratta di documentazione medica, formatasi successivamente alla proposizione del ricorso, volta a rappresentare le condizioni di salute della parte, del tutto inconferenti ai fini della valutazione dell’ammissibilita’ dell’impugnazione.
La produzione deve pertanto ritenersi inammissibile.

Riconoscimento dell’assegno divorzile

3. il primo motivo di ricorso e’ fondato nei termini di seguito evidenziati.
3.1. Con riferimento alla censura al punto 1), parte ricorrente ha dedotto che il giudice di appello ha male inteso le risultanze della relazione della Guardia di finanza sulle sue proprieta’ immobiliari, ove si legge che lo stesso risultava “intestatario e/o cointestatario di 29 unita’ immobiliari tra terreni e fabbricati”, poiche’ nella sentenza impugnata si legge che “i disposti accertamenti della Guardia di Finanza hanno evidenziato, come riportato nella sentenza impugnata, che il (OMISSIS) e’ intestatario di ben 29 unita’ immobiliari, dislocate in varie zone della (OMISSIS) ed anche nell'(OMISSIS)…” (p. 5 della sentenza impugnata).
Questa Corte, con orientamento condiviso, ha piu’ volte affermato che, in materia di ricorso per cassazione, mentre l’errore di valutazione in cui sia incorso il giudice di merito, che investe l’apprezzamento della fonte di prova come dimostrativa, o meno, del fatto che si intende provare non e’ mai sindacabile in sede di legittimita’, l’errore di percezione, cadendo sulla ricognizione del contenuto oggettivo della prova, qualora investa una circostanza che ha formato oggetto di discussione tra le parti, e’ sindacabile ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4), per violazione dell’articolo 115 del medesimo codice, norma che vieta di fondare la decisione su prove reputate dal giudice esistenti, ma in realta’ mai offerte (cosi’ Cass., Sez. 3, Sentenza n. 9356 del 12/04/2017; conf. Cass., Sez. L, Sentenza n. 27033 del 24/10/2018; diversa e’ l’ipotesi in cui la circostanza non abbia fatto parte della materia del contendere, decisa nella statuizione impugnata, sui cui v. tra le tante Cass., Sez. L, Sentenza n. 24395 del 03/11/2020).
E’ pertanto evidente come sia di grande rilievo la distinzione, ai fini della valutazione del compendio immobiliare del ricorrente, tra proprieta’ esclusiva e proprieta’ condivisa e tra proprieta’ di terreni e proprieta’ di fabbricati, che il giudice di merito non risulta avere effettuato, con una decisone che sul punto deve pertanto essere cassata.
3.2. Anche la censura al punto 2) del primo motivo di ricorso e’ meritevole di accoglimento.
Nel secondo motivo di appello, riportato integralmente nel ricorso per cassazione, relativo alla valutazione del reddito del ricorrente quest’ultimo ha illustrato gli argomenti posti a fondamento dell’impugnazione sul punto proposta (p. 15-19 del ricorso per cassazione). Tuttavia, la Corte di merito ha, in proposito, semplicemente affermato che “per la individuazione degli elementi che consentono di ricondurre al (OMISSIS) dette societa’, di cui non risultano significativamente depositati i bilanci, si rinvia per ragioni di economia alla sentenza impugnata (v. penultima pagina) ed anche le note conclusionali di parte appellata (v. pag. 7/10)” (p. 6 della sentenza di appello).
Questa Corte, con orientamento condiviso, ha affermato che la sentenza d’appello non puo’ ritenersi legittimamente resa per relationem, in assenza di un comprensibile richiamo ai contenuti degli atti cui si rinvia, ai fatti allegati dall’appellante e alle ragioni del gravame, cosi’ da risolversi in una acritica adesione ad un provvedimento solo menzionato, senza che emerga una effettiva valutazione, propria del giudice di appello, della infondatezza dei motivi del gravame (cosi’ Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 2397 del 03/02/2021).
In altre parole, la sentenza d’appello puo’ essere motivata per relationem, purche’ il giudice del gravame dia conto, sia pur sinteticamente, delle ragioni della conferma in relazione ai motivi di impugnazione ovvero della identita’ delle questioni prospettate in appello rispetto a quelle gia’ esaminate in primo grado, sicche’ dalla lettura della parte motiva di entrambe le sentenze possa ricavarsi un percorso argomentativo esaustivo e coerente, mentre va cassata la decisione con cui la corte territoriale si sia limitata ad aderire alla pronunzia di primo grado in modo acritico senza alcuna valutazione di infondatezza dei motivi di gravame.
Nel caso di specie, si e’ verificata proprio questa evenienza, poiche’ la Corte di merito si e’ limitata a dichiarare infondato il motivo di appello relativo alla valutazione delle consistenze economiche del ricorrente, richiamando semplicemente, per quanto riguarda le societa’ alla motivazione della sentenza di primo grado e alle allegazioni della parte appellata sul punto senza nulla specificare in ordine alla fondatezza delle censure mosse.
3.3. Il riscontrato vizio della decisione, riferito alle censure sopra illustrate, riguardanti le condizioni economiche del ricorrente, si estende in via derivata alla comparazione delle consistenze reddituali e patrimoniali degli ex coniugi, censurata nel successivo punto 3), la quale, infatti, presuppone la corretta valutazione delle consistenze di ciascuno di essi.
4. Anche il secondo motivo e’ fondato nei termini di seguito evidenziati.

Riconoscimento dell’assegno divorzile

4.1. Com’e’ noto, la giurisprudenza piu’ recente di questa Corte (Cass., Sez. U, Sentenza n. 18287 dell’11/07/2018) ha stabilito che il riconoscimento dell’assegno di divorzio, cui deve attribuirsi una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa, ai sensi della L. n. 898 del 1970, articolo 5, comma 6, richiede l’accertamento dell’inadeguatezza dei mezzi dell’ex coniuge istante e dell’impossibilita’ di procurarseli per ragioni oggettive, applicandosi i criteri equi-ordinati di cui alla prima parte della norma, i quali costituiscono il parametro cui occorre attenersi per decidere sia sulla attribuzione sia sulla quantificazione dell’assegno.
Il giudizio deve essere espresso, in particolare, alla luce di una valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare ed alla formazione del patrimonio comune, nonche’ di quello personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio ed all’eta’ dell’avente diritto.
Si e’ anche precisato che la natura perequativo-compensativa discende direttamente dalla declinazione del principio costituzionale di solidarieta’, e conduce al riconoscimento di un contributo volto a consentire al coniuge richiedente non il conseguimento dell’autosufficienza economica sulla base di un parametro astratto – come ritenuto dal giudice dell’appello nel presente giudizio, facendo propri gli argomenti del precedente di legittimita’ sopra menzionato (p. 3-5 della decisione impugnata) – bensi’ il raggiungimento in concreto di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare, in particolare tenendo conto delle aspettative professionali sacrificate.
La funzione equilibratrice del reddito degli ex-coniugi, anch’essa assegnata dal legislatore all’assegno divorzile, non e’ finalizzata alla ricostituzione del tenore di vita endoconiugale, ma al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall’ex coniuge economicamente piu’ debole alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi.
4.2. Nel caso di specie, proprio con riferimento alla funzione perequativo-compensativa dell’assegno divorzile, il giudice di appello ha ritenuto che “e’ incontestabile il contributo fornito dalla (OMISSIS), che per quasi dieci anni ha lavorato nella ditta di autotrasporto gestita dal marito, alla formazione di quello patrimoniale e di quello personale, di notevole consistenza dell’altro coniuge”(p. 7 della sentenza impugnata).
Tuttavia, come dedotto dal ricorrente, tale apporto della moglie all’impresa del marito in costanza di matrimonio risulta essere formalizzato da un rapporto di lavoro subordinato, come pure accertato dal giudice di appello, che in sentenza ha preso atto del fatto che la ex moglie “e’ stata dipendente della ditta di autotrasporti del marito dall’anno 1999 ed e’ stata licenziata il 12/05/2008″(p. 6 della decisione impugnata).
D’altronde, la stessa ex moglie del ricorrente ha affermato, in controricorso, di avere percepito una retribuzione di Euro 1.300,00 mensili per l’attivita’ lavorativa prestata ed anche un TFR di Euro 8.235,26 alla cessazione del rapporto (p. 16 del controricorso).
In assenza di ulteriori specificazioni in ordine, ad esempio, all’impiego dei proventi dell’attivita’ lavorativa, non puo’ pertanto attribuirsi rilievo, ai fini della valutazione della spettanza dell’assegno divorzile, sotto il profilo della funzione perequativo-compensativa dello stesso, alla quasi decennale prestazione di attivita’ di lavoro subordinato della controricorrente nell’impresa dell’ex marito, per la quale la controricorrente e’ stata gia’ retribuita.
Il rilievo del contributo personale o economico alla famiglia, al patrimonio comune dei coniugi o a quello individuale dell’altro deve essere valutato sulla base di altri elementi, dedotti e provati dalla parte interessata, che non abbiano altro ristoro se non mediante la previsione dell’assegno divorzile.
5. Il terzo motivo di ricorso e’ fondato nei limiti di seguito illustrati.
5.1. Con riferimento al dedotto mancato esame della documentazione medica offerta, deve infatti rilevarsi che nella sentenza impugnata risulta esaminata solo quella inerente all’infortunio occorso al ricorrente, valutato dall’Inail (p. 8 della decisione impugnata), mentre invece parte ricorrente ha dedotto che “Dalla copiosa documentazione prodotta unitamente al fascicolo di primo e secondo grado (cartella clinica, relazione medica e firma della Dott.ssa (OMISSIS) ecc.), della quale se ne da’ conto negli atti di causa, si evince che (OMISSIS) soffre di ulteriori patologie che attengono a problemi di vista, a stati di ansia, stress, insonnia, crisi respiratorie, problemi a carico del colon, che lo costringono a periodiche cure e controlli e che rendono impossibile l’espletamento di attivita’ lavorativa con ripercussioni sulla situazione reddituale”.

Riconoscimento dell’assegno divorzile

Tale documentazione, acquisita la processo, avrebbe dovuto essere valutata al fine di verificare la concreta possibilita’, per il ricorrente, di svolgere attivita’ lavorativa e, dunque, di produrre reddito, cosi’ rendendosi decisiva ai fini della situazione sulla spettanza o comunque sulla determinazione nel quantum dell’assegno divorzile.
5.2. Il vizio della decisione, determinato dal mancato esame della documentazione medica sopra indicata, si estende, in via derivata, alla valutazione di superfluita’ della CTU e delle altre istanze istruttorie, finalizzate ad accertare le condizioni di salute del ricorrente.
E’ invece assorbita la censura relativa alla valutazione delle consistenze reddituali e patrimoniali del ricorrente, il cui esame e’ superfluo, all’esito dell’accoglimento della corrispondente censura nel primo motivo di ricorso.
6. Allo stesso modo devono ritenersi assorbiti gli ulteriori motivi di ricorso, tenuto conto dell’accoglimento delle censure sopra indicate.
7. In conclusione, deve essere accolto il primo, il secondo e il terzo motivo di ricorso nei limiti di cui in motivazione e, assorbite le altre censure, la sentenza deve essere cassata con rinvio alla Corte d’appello di Messina, in diversa composizione, anche per la decisione sulle spese del giudizio di legittimita’.
8. In caso di diffusione, devono essere omesse le generalita’ delle parti e dei soggetti menzionati nella decisione, a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo, il secondo e il terzo motivo di ricorso nei termini di cui in motivazione e, assorbite le altre censure, cassa la sentenza impugnata nei limiti indicati e rinvia la causa alla Corte d’appello di Messina, in diversa composizione, anche per la decisione sulle spese del giudizio di legittimita’;
dispone che, in caso di diffusione della presente ordinanza, siano omesse le generalita’ delle parti e dei soggetti menzionati, a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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