Ricorso per cassazione è inammissibile la mescolanza e la sovrapposizione di mezzi d’impugnazione eterogenei

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|10 ottobre 2022| n. 29346.

Ricorso per cassazione è inammissibile la mescolanza e la sovrapposizione di mezzi d’impugnazione eterogenei

In tema di ricorso per cassazione, è inammissibile la mescolanza e la sovrapposizione di mezzi d’impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’articolo 360, comma 1, n. 3 e n. 5, del Cpc, non essendo consentita la prospettazione di una medesima questione sotto profili incompatibili, quali quello della violazione di norme di diritto, che suppone accertati gli elementi del fatto in relazione al quale si deve decidere della violazione o falsa applicazione della norma, e del vizio di motivazione, che quegli elementi di fatto intende precisamente rimettere in discussione; o quale l’omessa motivazione, che richiede l’assenza di motivazione su un punto decisivo della causa rilevabile d’ufficio, e l’insufficienza della motivazione, che richiede la puntuale e analitica indicazione della sede processuale nella quale il giudice d’appello sarebbe stato sollecitato a pronunciarsi, e la contraddittorietà della motivazione, che richiede la precisa identificazione delle affermazioni, contenute nella sentenza impugnata, che si porrebbero in contraddizione tra loro. Infatti, l’esposizione diretta e cumulativa delle questioni concernenti l’apprezzamento delle risultanze acquisite al processo e il merito della causa mira a rimettere al giudice di legittimità il compito di isolare le singole censure teoricamente proponibili, onde ricondurle ad uno dei mezzi d’impugnazione enunciati dall’articolo 360 del Cpc, per poi ricercare quale o quali disposizioni sarebbero utilizzabili allo scopo, così attribuendo, inammissibilmente, al giudice di legittimità il compito di dare forma e contenuto giuridici alle lagnanze del ricorrente, al fine di decidere successivamente su di esse.

Ordinanza|10 ottobre 2022| n. 29346. Ricorso per cassazione è inammissibile la mescolanza e la sovrapposizione di mezzi d’impugnazione eterogenei

Data udienza 12 luglio 2022

Integrale

Tag/parola chiave: USUCAPIONE

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente

Dott. PAPA Patrizia – Consigliere

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere

Dott. LA BATTAGLIA Luigi – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 361/2018 R.G. proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), ( (OMISSIS)), che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), ( (OMISSIS)) per procura a margine del ricorso;
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS); rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS), ( (OMISSIS)) per procura su foglio separato congiunto al controricorso;
– controricorrente –
e contro
(OMISSIS);
– intimato –
avverso la sentenza della Corte d’Appello di Venezia n. 1110/2017 depositata il 24.5.2017;
Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 12/07/2022 dal Consigliere Dott. LUIGI LA BATTAGLIA.

Ricorso per cassazione è inammissibile la mescolanza e la sovrapposizione di mezzi d’impugnazione eterogenei

RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE

1. Con atto di citazione notificato il 30.3.2010, (OMISSIS) e (OMISSIS) convennero in giudizio, dinanzi al Tribunale di Belluno, (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), spiegando azione di rivendicazione di un immobile identificato in catasto al foglio (OMISSIS), particelle (OMISSIS). I convenuti proposero domanda riconvenzionale di usucapione, deducendo che la stessa fosse maturata in periodo antecedente all’acquisto da parte degli attori. Il giudice di primo grado accolse tale domanda, rigettando quella principale.
Interposero appello (OMISSIS) e (OMISSIS), mentre (OMISSIS) e (OMISSIS) e (OMISSIS), costituendosi in giudizio, avanzarono appello incidentale subordinato, finalizzato alla declaratoria di cessazione della materia del contendere (sul presupposto che, a verbale dell’udienza del 23.5.2013, nel processo di primo grado, le parti avessero raggiunto una conciliazione) e alla condanna degli appellanti al rimborso delle spese sostenute per la manutenzione degli immobili rivendicati (se del caso, a titolo di risarcimento del danno o di arricchimento senza causa). Gli appellanti incidentali domandarono, inoltre, l’ammissione delle prove gia’ richieste, e non ammesse, nel giudizio di primo grado.
La Corte d’Appello di Venezia confermo’ il rigetto della domanda di rivendica (tenuto conto che, quale prova del proprio titolo, gli appellanti avevano prodotto unicamente la dichiarazione di successione di (OMISSIS)), ma riformo’ la sentenza di primo grado in ordine alla domanda riconvenzionale di usucapione, che venne respinta valorizzando la testimonianza di (OMISSIS) (secondo la quale, prima del 2008 – allorquando cambiarono la serratura del “rustico” – gli appellati avevano detenuto il terreno per mera tolleranza degli appellanti, con i quali peraltro nel 2006 avevano intrattenuto trattative per l’acquisto dell’immobile, a dimostrazione del fatto che non se ne ritenevano proprietari). La Corte d’Appello ritenne, inoltre, che non si fosse verificata la cessazione della materia del contendere, in quanto l’accordo transattivo di cui al menzionato verbale d’udienza era stato condizionato da una delle parti a una successiva verifica tecnica, che non era stata mai effettuata. Propongono ricorso per cassazione (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS).
Ha depositato controricorso (OMISSIS), mente e’ rimasto intimato (OMISSIS).
Con la memoria depositata il 30.6.2022, i ricorrenti hanno eccepito l’inammissibilita’ del controricorso per nullita’ della relativa notificazione. In effetti, dall’avviso di ricevimento della notifica effettuata a mezzo posta ex L. n. 53 del 1994, si evince che quello di via (OMISSIS) (indicato, nel ricorso, quale domicilio eletto dai ricorrenti) e’ risultato un “civico inesistente sconosciuto”, e che non sia stata eseguita un’ulteriore notifica da parte della controricorrente, ne’ nelle forme “tradizionali”, ne’ in modalita’ telematica (nonostante nel ricorso fossero indicati, a questo scopo, due indirizzi di posta elettronica certificata: si veda, al riguardo, Cass., n. 3685/2021, secondo cui la” notificazione del controricorso e’ validamente effettuata all’indirizzo di posta elettronica certificata indicata dal difensore di fiducia del ricorrente per cassazione esercente fuori giurisdizione, indipendentemente dalla limitazione di siffatta indicazione alle sole comunicazioni di cancelleria giacche’, a seguito dell’introduzione del Decreto Legge n. 179 del 2012, articolo 16-sexies, conv., con modific., dalla L. n. 221 del 2012, fermo quanto previsto dall’articolo 366 c.p.c., e salvo che non sia possibile per causa imputabile al destinatario, le notificazioni e le comunicazioni vanno eseguite al “domicilio digitale” di cui ciascun avvocato e’ dotato, corrispondente all’indirizzo P.E.C. – risultante dal ReGindE – indicato, una volta per tutte, al Consiglio dell’ordine di appartenenza e conoscibile dai terzi attraverso la consultazione dell’Indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata (INI-PEC)”; nonche’ Cass., n. 10355/2020, alla cui stregua “l’indicazione compiuta dalla parte, che pure abbia eletto domicilio ai sensi del Regio Decreto n. 37 del 1934, articolo 82, di un indirizzo di posta elettronica certificata, senza che ne sia circoscritta la portata alle sole comunicazioni, implica l’obbligo di procedere alle successive notificazioni nei confronti della stessa parte esclusivamente in via telematica; ne consegue che, a fronte di siffatta indicazione, la notifica della sentenza d’appello presso il domiciliatario, anziche’ presso l’indirizzo di posta elettronica, e’ inidonea a far decorrere il termine breve di impugnazione per la proposizione del ricorso per cassazione. (Nella specie, la S.C. ha rigettato l’eccezione di inammissibilita’ del ricorso per tardivita’, per non essere stata la sentenza di appello notificata all’indirizzo PEC indicato nell’atto di citazione in appello, ove la parte aveva peraltro precisato di voler ricevere “le comunicazioni e notificazioni nel corso del giudizio”)). Ove fosse stato tempestivamente ripreso, da parte della controricorrente, il procedimento di notificazione, irrilevante sarebbe stato, ai fini dell’ammissibilita’ dell’atto, il relativo perfezionamento oltre il termine ex articolo 370 c.p.c., tenuto conto del recente insegnamento di questa Corte, secondo il quale “nell’ipotesi in cui la notifica del controricorso per cassazione, effettuata nel termine ex articolo 370 c.p.c., non sia andata a buon fine a causa dell’erronea indicazione (meramente colposa ovvero consapevolmente ingannevole) del proprio domicilio da parte del ricorrente, il successivo perfezionamento della stessa oltre il suddetto termine, a seguito di immediata rinnovazione, non determina l’inammissibilita’ del controricorso medesimo, vertendosi in una fattispecie assimilabile a un’oggettiva e automatica rimessione in termini, in forza della regola espressa dall’articolo 153 c.p.c., e altresi’ evincibile dal principio costituzionale del diritto di difesa e da quello sovranazionale di effettivita’ della tutela giurisdizionale (articolo 19 TUE, articolo 263 TFUE e articolo 6 CEDU), oltre che dell’obbligo delle parti di conformare la loro condotta al principio della leale collaborazione processuale (articolo 88 c.p.c.)” (Cass., n. 1784/2022). Non essendosi verificato cio’, il controricorso deve dichiararsi inammissibile.

Ricorso per cassazione è inammissibile la mescolanza e la sovrapposizione di mezzi d’impugnazione eterogenei

2. Con il primo motivo di ricorso (articolato in due censure), i ricorrenti deducono l’omesso esame, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 5, dei fatti rappresentati dalla “usucapione ante 2008 dei beni immobili oggetto di causa”; dal “cambiamento delle chiavi del rustico”; dal “possesso uti dominus dei ricorrenti che provvedevano altresi’ alla raccolta dei frutti” (pag. 12 del ricorso). A pag. 22 del ricorso si afferma che l’omissione concernerebbe il “fatto decisivo e controverso costituito dalla prova del comportamento e del possesso idoneo ad usucapire (..)”. Viene, inoltre, censurata la violazione dell’articolo 115 c.p.c., per non avere il giudice d’appello dato ingresso alle richieste istruttorie degli odierni ricorrenti. In particolare, secondo questi ultimi, la prova sarebbe stata ammessa all’udienza del 9.2.2012 ma poi mai espletata, nonostante fosse stata fissata un’udienza allo scopo. Gli appellati avevano poi reiterato, nella comparsa di costituzione e risposta di secondo grado, le istanze istruttorie in discorso.
Il motivo e’ inammissibile.
I ricorrenti non riportano il contenuto dell’ordinanza del giudice di primo grado, ammissiva dei mezzi istruttori richiesti, ne’ il successivo verbale dell’udienza nella quale il giudice non dette piu’ corso alla prova testimoniale gia’ ammessa, ne’ le conclusioni formalizzate in primo grado (ove le istanze istruttorie sarebbero dovute essere riproposte in modo specifico: v. Cass., n. 10525/2022). Si deve tener presente, inoltre, che, “qualora con il ricorso per cassazione siano denunciati la mancata ammissione di mezzi istruttori e vizi della sentenza derivanti dal rifiuto del giudice di merito di dare ingresso a mezzi istruttori ritualmente richiesti, il ricorrente ha l’onere di indicare specificamente i mezzi istruttori, trascrivendo le circostanze che costituiscono oggetto di prova, nonche’ di dimostrare sia l’esistenza di un nesso eziologico tra l’omesso accoglimento dell’istanza e l’errore addebitato al giudice, sia che la pronuncia, senza quell’errore, sarebbe stata diversa, cosi’ da consentire al giudice di legittimita’ un controllo sulla decisivita’ delle prove” (Cass., n. 23194/2017). Sotto quest’ultimo profilo il ricorso si mostra, invero, carente, limitandosi ad invocare la necessita’ di “procedere all’esame dei fatti sulla base delle istanze istruttorie degli odierni ricorrenti, per consentire solo allora la formazione della prova poi liberamente valutabile dal Giudice di Merito” (pag. 22). Infine, dall’angolo visuale dell’articolo 360 c.p.c., n. 5, si deve richiamare il principio da ultimo espresso da Cass., n. 10525/2022, alla cui stregua, “in tema di giudizio di cassazione, il motivo di ricorso di cui all’articolo 360 c.p.c., n. 5, deve riguardare un fatto storico considerato nella sua oggettiva esistenza, senza che possano considerarsi tali ne’ le singole questioni decise dal giudice di merito, ne’ i singoli elementi di un accadimento complesso, comunque apprezzato, ne’ le mere ipotesi alternative, ne’ le singole risultanze istruttorie, ove comunque risulti un complessivo e convincente apprezzamento del fatto svolto dal giudice di merito sulla base delle prove acquisite nel corso del relativo giudizio”. Nel caso di specie, i ricorrenti, non censurano propriamente l’omessa valutazione di un fatto storico, quanto piuttosto l’apprezzamento del compendio probatorio posto a base della decisione, per definizione riservato al giudice di merito.
3. Il secondo e il terzo motivo di ricorso (articolati, rispettivamente, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., nn. 5 e 4) possono esaminarsi congiuntamente, in quanto entrambi volti a censurare l’affermazione, contenuta nella sentenza impugnata, secondo cui la circostanza che i ricorrenti si fossero offerti di acquistare l’immobile sarebbe “pacifica”. Anche in questo caso, invero, a essere contestata non e’ – a ben vedere – l’omissione dell’esame del fatto storico in se’ considerato, ma l’apprezzamento del giudice di merito circa la relativa (non) contestazione. Al piu’ si sarebbe potuto censurare, pertanto, la falsa applicazione dell’articolo 115 c.p.c., comma 1. In ogni caso, il fatto in discorso non risulta decisivo ai fini della decisione, come si evince chiaramente dal passaggio della motivazione secondo cui tale fatto “e’ anche indizio contrario alla tesi dell’usucapione” (pag. 9 della sentenza impugnata). L’aggettivo “pacifica”, utilizzato dalla Corte d’Appello, non appare, peraltro, neppure inequivocabilmente riferibile all’applicazione del meccanismo della non contestazione, ben potendo attagliarsi alla valutazione sintetica delle complessive risultanze probatorie. Da questo punto di vista, la doglianza dei ricorrenti non inficia il ragionamento probatorio effettuato dai giudici di seconde cure, limitandosi ad esporre di aver censurato l’inutilizzabilita’ della corrispondenza riservata tra avvocati (che non risulta, peraltro, essere stata la fonte esclusiva di conoscenza del fatto della trattativa suddetta).
Ne discende l’infondatezza dei motivi.
4. Con il quarto motivo viene censurata, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3, la violazione degli articoli 1140, 1141 e 1158 c.c., per avere ritenuto che la piu’ volte menzionata trattativa integrasse rinuncia tacita all’usucapione. Anche questo motivo e’ infondato, atteso che – a ben vedere – la sentenza impugnata non ha attribuito alla trattativa l’effetto di rinuncia a un’usucapione gia’ intervenuta, ma quello di “indizio” concorrente a comporre il compendio probatorio contrario alla stessa configurazione ab imis del possesso utile all’usucapione.
5. Il quinto motivo viene ricondotto ai vizi di cui all’articolo 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5, e censura la mancata dichiarazione della cessazione della materia del contendere, sulla base della scrittura transattiva intercorsa tra le parti.
Il motivo appare, anzitutto, inammissibile, tenuto conto che, “in tema di ricorso per cassazione, e’ inammissibile la mescolanza e la sovrapposizione di mezzi d’impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, non essendo consentita la prospettazione di una medesima questione sotto profili incompatibili, quali quello della violazione di norme di diritto, che suppone accertati gli elementi del fatto in relazione al quale si deve decidere della violazione o falsa applicazione della norma, e del vizio di motivazione, che quegli elementi di fatto intende precisamente rimettere in discussione; o quale l’omessa motivazione, che richiede l’assenza di motivazione su un punto decisivo della causa rilevabile d’ufficio, e l’insufficienza della motivazione, che richiede la puntuale e analitica indicazione della sede processuale nella quale il giudice d’appello sarebbe stato sollecitato a pronunciarsi, e la contraddittorieta’ della motivazione, che richiede la precisa identificazione delle affermazioni, contenute nella sentenza impugnata, che si porrebbero in contraddizione tra loro. Infatti, l’esposizione diretta e cumulativa delle questioni concernenti l’apprezzamento delle risultanze acquisite al processo e il merito della causa mira a rimettere al giudice di legittimita’ il compito di isolare le singole censure teoricamente proponibili, onde ricondurle ad uno dei mezzi d’impugnazione enunciati dall’articolo 360 c.p.c., per poi ricercare quale o quali disposizioni sarebbero utilizzabili allo scopo, cosi’ attribuendo, inammissibilmente, al giudice di legittimita’ il compito di dare forma e contenuto giuridici alle lagnanze del ricorrente, al fine di decidere successivamente su di esse” (Cass., n. 26874/2018). In ogni caso, in difetto di una concorde prospettazione delle parti circa l’idoneita’ delle dichiarazioni rese a far venir meno la materia del contendere, la statuizione del giudice di primo grado appare frutto di una discrezionale valutazione degli effetti delle dichiarazioni rese dalle parti a verbale dell’udienza del 23.5.2013, tenuto conto che “la cessazione della materia del contendere presuppone che le parti si diano reciprocamente atto del sopravvenuto mutamento della situazione sostanziale dedotta in giudizio e sottopongano conclusioni conformi in tal senso al giudice, potendo al piu’ residuare un contrasto solo sulle spese di lite, che il giudice con la pronuncia deve risolvere secondo il criterio della cosiddetta soccombenza virtuale. Allorquando, invece, la sopravvenienza di un fatto, che si assume suscettibile di determinare la cessazione della materia del contendere, sia allegato da una sola parte e l’altra non aderisca a tale prospettazione, il suo apprezzamento, ove esso sia dimostrato, non puo’ concretarsi in una pronuncia di cessazione della materia del contendere, ma, ove abbia determinato il soddisfacimento del diritto azionato con la domanda dell’attore, in una valutazione dell’interesse ad agire, con la conseguenza che il suo rilievo potra’ dare luogo ad una pronuncia dichiarativa dell’esistenza del diritto azionato (e, quindi, per tale aspetto, di accoglimento della domanda) e di sopravvenuto difetto di interesse ad agire dell’attore in ordine ai profili non soddisfatti da tale dichiarazione, in ragione dell’avvenuto soddisfacimento della sua pretesa per i profili ulteriori rispetto alla tutela dichiarativa” (Cass., n. 21757/2021).
6. Conclusivamente, il ricorso dev’essere rigettato, senza che i ricorrenti possano essere condannati al pagamento delle spese processuali del giudizio di legittimita’, stante l’inammissibilita’ del controricorso di (OMISSIS) e l’indefensio di (OMISSIS). Poiche’ il ricorso e’ stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013, ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17 (che ha aggiunto del Testo Unico di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater), deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali dell’obbligo di versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello – se dovuto – previsto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.

 

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