Il rilascio della copia del titolo in forma esecutiva a persona diversa da quella in cui favore il titolo sia stato emesso

Corte di Cassazione, civile, Sentenza|15 febbraio 2023| n. 4676.

Il rilascio della copia del titolo in forma esecutiva a persona diversa da quella in cui favore il titolo sia stato emesso

Il rilascio della copia del titolo in forma esecutiva a persona diversa da quella in cui favore il titolo sia stato emesso non dà luogo a nullità o inefficacia del titolo, ma costituisce una irregolarità che deve essere fatta valere ai sensi dell’art. 617 c.p.c.; tale conclusione vale anche nel caso in cui il rilascio del titolo in forma esecutiva, per quanto avvenuto nei confronti di uno dei soggetti in cui favore sia stato emesso il titolo, sia poi notificato al debitore, antecedentemente o contestualmente al precetto, da altro soggetto in cui favore pure il titolo sia stato emesso.

Sentenza|15 febbraio 2023| n. 4676. Il rilascio della copia del titolo in forma esecutiva a persona diversa da quella in cui favore il titolo sia stato emesso

Data udienza 5 dicembre 2022

Integrale

Tag/parola chiave: ESECUZIONE CIVILE – OPPOSIZIONE ALL’ESECUZIONE

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente
Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – rel. Consigliere

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere

Dott. AMBROSI Irene – Consigliere

Dott. GUIZZI Stefano Giaime – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 21536/2020 R.G. proposto da:
(OMISSIS) S.R.L., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa, in virtu’ di procura speciale a margine del ricorso, dagli avv.ti (OMISSIS) ed elettivamente domiciliata presso lo studio del secondo, in (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) S.P.A., – (gia’ denominata (OMISSIS) s.p.a. – (OMISSIS)), in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa, in virtu’ di procura in calce al controricorso, dall’avv. (OMISSIS), domiciliata per legge in Roma, piazza Cavour, presso la Cancelleria della Corte Suprema di Cassazione;
– controricorrente –
e nei confronti di:
(OMISSIS) S.R.L., – SOCIETA’ (OMISSIS) S.R.L. in liquidazione, in persona dei legali rappresentanti;
– intimate –
avverso la sentenza della Corte d’Appello di Campobasso n. 48/2020 depositata in data 12 febbraio 2020;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 5 dicembre 2022 dal Consigliere Dott.ssa Pasqualina Anna Piera Condello.
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Dott.ssa Soldi Annamaria, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il difensore della parte ricorrente, avv. (OMISSIS) che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito il difensore della parte controricorrente, avv. (OMISSIS), per delega dell’avv. (OMISSIS), che ha chiesto il rigetto del ricorso.

Il rilascio della copia del titolo in forma esecutiva a persona diversa da quella in cui favore il titolo sia stato emesso

FATTI DI CAUSA

1. La societa’ (OMISSIS) s.r.l. – debitrice esecutata nella procedura esecutiva immobiliare, promossa da (OMISSIS) s.r.l., quale successore di (OMISSIS), e nella quale erano intervenute la (OMISSIS) s.p.a., quale successore del (OMISSIS) s.p.a. in forza della sentenza n. 583/98 della Corte d’Appello di Napoli, ed (OMISSIS) s.p.a. per credito derivante da tre cartelle esattoriali propose opposizione ex articolo 615 c.p.c., contestando la legittimazione del creditore procedente e del primo creditore intervenuto, nonche’ la persistenza e l’entita’ dei crediti.
Disposta la sospensione dell’esecuzione, la (OMISSIS) s.r.l. instauro’ il giudizio di merito, nel quale si costitui’ la societa’ esecutata, deducendo che ne’ la societa’ procedente, ne’ i creditori intervenuti avessero diritto di procedere ad esecuzione forzata e, in subordine, che i crediti azionati erano estinti per prescrizione; chiese, altresi’, che venissero accertati gli importi effettivamente dovuti in favore dei creditori.
Il Tribunale di Campobasso dichiaro’ che la (OMISSIS) s.r.l. non aveva diritto di agire in via esecutiva, perche’ il suo credito era prescritto, e respinse l’opposizione proposta nei confronti della (OMISSIS) s.r.l.; infine, dando atto che (OMISSIS) s.p.a. aveva dichiarato di rinunciare all’intervento nella procedura esecutiva, dichiaro’ inammissibile la domanda riconvenzionale spiegata dalla esecutata nei confronti di (OMISSIS) s.p.a. in relazione a due cartelle esattoriali (perche’ attinenti a crediti tributari) e cessata la materia del contendere in relazione ad altra cartella esattoriale (perche’ annullata dalla Corte d’appello di Campobasso con sentenza n. 64/2012).
2. La sentenza di primo grado, avverso la quale la debitrice esecutata ha proposto gravame, e’ stata confermata dalla Corte d’appello di Campobasso.
Respingendo i primi due motivi di appello, con i quali l’appellante aveva insistito nell’eccezione di difetto di legittimazione del creditore procedente, i giudici di appello hanno osservato che:
a) la nota integrativa del bilancio chiuso al 31 dicembre 2009 riportava espressamente tra le poste passive “il debito per Euro 268.618 risultante da atto di precetto di (OMISSIS) s.r.l. alla data del 5 maggio 2005, comprendente il debito per accensione mutuo al 31/12/1984 pari a lire 170 milioni (oggetto della summenzionata procedura esecutiva) presso BPM (credito poi ceduto a (OMISSIS) s.r.l. che agisce nella procedura quale cessionaria del credito)”;
b) era infondata l’eccezione, riproposta dall’appellante, secondo la quale la cessione effettuata dalla (OMISSIS) in favore della (OMISSIS) s.p.a. (poi divenuta (OMISSIS) s.r.l.) “era relativa solamente a crediti ri(n)venienti da operazioni di affidamento e non relativa a contratti di mutuo fondiario”, in quanto l’atto di cessione del credito riguardava i “crediti tutti vantati da questa banca verso n. 26 nominativi di cui all’allegato elenco”, tra i quali figurava anche quello della esecutata; irrilevante era la missiva del 18 marzo 1992 della (OMISSIS) (atto successivo alla cessione che specificava un importo maggiore della situazione debitoria rispetto all’atto di cessione), perche’ essa si riferiva a crediti vantati nei confronti dei fideiussori (OMISSIS) e (OMISSIS), in proprio e quali fideiussori, e non alle esposizioni debitorie della societa’;
c) neppure assumeva rilevanza il provvedimento del 14 maggio 2014 del G.I.P. del Tribunale di Campobasso, nel quale si leggeva che il credito era stato pagato, in quanto tale affermazione, che riguardava il Petrucciani in proprio e non la societa’, non integrava prova dell’avvenuto pagamento; parimenti irrilevante era la lettera datata 28 giugno 1993, sia perche’ la consulenza grafologica allegata all’atto di appello aveva fatto emergere che essa era “frutto di evidente manomissione”, dato che il destinatario e la cifra di lire 713.900,491 indicata in calce erano stati inseriti successivamente con macchina da scrivere avente carattere “a margherita” diverso rispetto a quella del corpo della lettera, sia perche’ il documento non era stato tempestivamente contestato ex articolo 215 c.p.c. nel giudizio di primo grado, sicche’ l’eccezione non poteva essere sollevata per la prima volta in grado di appello;
d) costituiva eccezione nuova e, quindi, inammissibile, quella con cui la debitrice denunciava che il mutuo azionato da (OMISSIS) s.r.l. non potesse essere oggetto di cessione ex articolo 58 del t.u.b., come pure la contestazione che la esecuzione fosse stata intrapresa da soggetto “non titolare della spedizione in forma esecutiva”, considerato che effettivo titolare del diritto per successione a titolo particolare era la (OMISSIS) s.r.l., a prescindere dall’avvenuta spedizione in forma esecutiva a favore di un terzo ( (OMISSIS) s.p.a.), che integrava mera irregolarita’, in difetto di un concreto pregiudizio per il debitore;
e) costituiva motivo nuovo, come tale inammissibile per violazione dell’articolo 345 c.p.c., la deduzione che il Capo dell’archivio notarile di Campobasso avesse attestato che alla data del 19 novembre 2004 la (OMISSIS) Banca risultasse titolare del credito in questione.
Esaminando l’impugnazione proposta nei confronti della (OMISSIS) s.p.a., la Corte territoriale ha rilevato che:
a) il credito, che derivava da contratti bancari, era stato azionato in via esecutiva in forza di decreto ingiuntivo; l’opposizione proposta avverso detto decreto ingiuntivo era stata respinta in primo ed in secondo grado; a seguito di cassazione della decisione, la Corte d’Appello di Napoli, quale giudice di rinvio, aveva pronunciato la sentenza n. 583/98, ormai divenuta definitiva;
b) il titolo esecutivo fino all’emissione della sentenza pronunciata nel giudizio di rinvio era rappresentato dal decreto ingiuntivo, emesso dal Tribunale di Campobasso, mentre dopo la pronuncia della sentenza conclusiva del giudizio di rinvio era costituito dalla sentenza n. 583/98;
c) in primo grado l’appellante si era limitata a contestare che la (OMISSIS) s.p.a. fosse una banca, senza fare espresso riferimento alla inapplicabilita’ ratione temporis dell’articolo 58, comma 7, del t.u.b.; tale ultima questione era in ogni caso irrilevante per il fatto che la cessione era stata portata a conoscenza del ceduto ex articolo 1264 c.c. mediante l’atto di intervento nella procedura esecutiva, nel quale si indicavano gli elementi essenziali del negozio;
d) l’atto di intervento nella procedura esecutiva costituiva, ai sensi dell’articolo 2943 c.c., comma 2, fatto idoneo ad interrompere la prescrizione, che, pertanto, non era ancora maturata.
3. Avverso la suddetta decisione la (OMISSIS) s.r.l. propone ricorso per cassazione, sulla base di sette motivi.
(OMISSIS) s.p.a. (gia’ (OMISSIS) s.p.a.) resiste mediante controricorso.
Le societa’ (OMISSIS) s.r.l. e (OMISSIS) s.r.l., in liquidazione, non hanno svolto attivita’ difensiva in questa sede.
4. In data 6 ottobre 2022 la societa’ ricorrente ha depositato istanza di riunione del presente ricorso a quello iscritto al n. 22992/20 r.g. e, in data 7 novembre 2022, richiesta di discussione orale ai sensi del Decreto Legge n. 137 del 2020, articolo 23, comma 8-bis, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 176 del 2000 e prorogato dal Decreto Legge n. 228 del 2021, articolo 16, comma 1, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 15 del 2022.
Il Procuratore Generale presso questa Corte ha depositato conclusioni scritte.
In prossimita’ dell’udienza pubblica la parte ricorrente ha depositato memoria ex articolo 378 c.p.c..

 

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RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Preliminarmente, non sono configurabili, nella specie, i presupposti di cui all’articolo 335 c.p.c. per l’accoglimento dell’istanza di riunione, poiche’ non si verte in ipotesi di una pluralita’ di impugnazioni avverso una stessa sentenza, laddove l’oggetto dei ricorsi di cui si invoca la riunione riguarda due provvedimenti del tutto distinti (Cass., sez. U, 23/01/2013, n. 1521).
Anche se l’istanza in questione e’ stata formulata in ragione della pretesa connessione soggettiva esistente fra i due provvedimenti impugnati – oltre che in considerazione della identita’ dei profili di censura riferiti alla posizione della (OMISSIS) (gia’ (OMISSIS) s.p.a.) – e tale presupposto, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, e’ sufficiente per consentire – anche in sede di legittimita’ – di decidere discrezionalmente per la riunione dei procedimenti quando la trattazione separata prospetti l’eventualita’ di soluzioni contrastanti, ovvero siano ravvisabili ragioni di economia processuale, ovvero siano configurabili profili di unitarieta’ sostanziale e processuale della controversia (Cass., sez. U, 04/08/2010, n. 18050; Cass., sez. 2, 17/06/2008, n. 16405), nella specie, neppure sussistono le condizioni per disporre la riunione, considerato che il ricorso iscritto al n. 22992/20 r.g. e’ stato gia’ riservato in decisione.
2. Con il primo motivo si deduce “Nullita’ della sentenza per violazione e falsa applicazione degli articoli 91 e ss. e 96 c.p.c., in riferimento all’articolo 360 c.p.c., n. 4, avendo la Corte d’appello deciso sull’erroneo presupposto che il credito azionato da SGC fosse sorto e si fosse poi estinto per prescrizione, laddove il detto credito non era mai sorto e pertanto l’azione esecutiva, esercitata in assoluta carenza di titolo, non poteva dare luogo a condanna delle spese di lite e per responsabilita’ processuale aggravata, attesi i danni provocati dalla chiusura dello stabilimento in cui la societa’ svolgeva la propria attivita’; e, comunque, per non avere la Corte d’appello considerato che al momento dell’esercizio dell’azione esecutiva il credito era gia’ prescritto e, pertanto, la relativa declaratoria non poteva non dar luogo a condanna alle spese di lite e per responsabilita’ processuale aggravata. Violazione e falsa applicazione delle norme sulle presunzioni semplici (articolo 2729 c.c.), in riferimento all’articolo 360 c.p.c., n. 3. Impugnazione dei paragrafi nn. 6 e ss. della sentenza gravata”.

 

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Secondo la ricorrente, la Corte d’appello, ritenendo “presumibile” l’esistenza del credito della (OMISSIS) s.r.l., avrebbe da cio’ tratto erronee conseguenze in tema di regolamento delle spese giudiziali e di risarcimento dei danni per responsabilita’ aggravata.
Sostiene che dalla stessa documentazione prodotta dal creditore procedente, ed in particolare dalla lettera raccomandata datata 22 giugno 1993, spedita dalla (OMISSIS) all’allora (OMISSIS) s.p.a. (ora (OMISSIS) s.r.l.) emergeva che i crediti ceduti erano soltanto quelli “rinvenienti da operazioni di affidamento”, ossia quelli relativi ai conti correnti; l’elenco allegato “dei crediti a sofferenza al 31.12.1992 oggetto di cessione alla (OMISSIS) s.p.a.” riportava i nominativi di n. 26 posizioni, ma dal confronto di tale documento con quello datato 18 marzo 1992, relativo alla ricognizione di credito, a quella data, operata dalla (OMISSIS), si evinceva che le uniche somme cedute, inerenti la societa’ (OMISSIS) s.r.l., erano quelle relative a presunti scoperti di conto corrente intestati alla societa’, sicche’ non risultava compreso nella cessione il mutuo fondiario di lire 170 milioni stipulato il 31 dicembre 1984, azionato dal creditore procedente.
Soggiunge che, ad escludere che il mutuo fosse compreso tra i crediti ceduti contribuiva, da una parte, la considerazione che, per espressa disposizione della Banca d’Italia (ex articolo 58 t.u.b.) i crediti derivanti da mutui fondiari non potevano essere ceduti a soggetti diversi dalle Banche e, quindi, alla (OMISSIS) s.r.l., che era una societa’ finanziaria non abilitata alla gestione del credito fondiario, e, dall’altra, che la (OMISSIS) s.r.l. aveva iniziato la procedura esecutiva con un titolo spedito in forma esecutiva a favore di altro soggetto ( (OMISSIS)); in tal senso deponeva, altresi’, la circostanza che il Capo dell’archivio notarile di Campobasso aveva attestato che alla data del 19 novembre 2004 (OMISSIS) Banca risultava titolare del credito in esame. In ogni caso, il credito, pur se esistente, era certamente prescritto gia’ da prima che iniziasse la procedura esecutiva.
2.1. Il motivo, siccome riferito al capo sulle spese, e’ inammissibile.
2.2. La ricorrente, impugnando tale capo, reitera le medesime deduzioni difensive gia’ svolte dinanzi alla Corte d’appello e prospetta una diversa valutazione delle risultanze istruttorie, piu’ confacente alle proprie esigenze, ma contrastante con quella fatta propria dai giudici di merito, cosi’ riproponendo questioni fattuali che sono gia’ state sottoposte al vaglio dei giudici di appello.
Infatti, la Corte territoriale, con accertamento puntuale ed esaustivo, ha disatteso tutte le contestazioni sollevate dall’odierna ricorrente con riguardo alla legittimazione attiva della (OMISSIS) s.r.l., concludendo, in esito all’esame del corredo probatorio offerto dalle parti, ed in particolare della documentazione prodotta dal creditore e dalla esecutata, che il credito azionato fosse esistente e ricompreso tra quelli ceduti dalla (OMISSIS) all’allora (OMISSIS) s.p.a. (ora (OMISSIS) s.r.l.).
Avendo rigettato i motivi di gravame dell’appellante, che neppure aveva specificamente impugnato la conclusione di inesistenza originaria del credito azionato dalla (OMISSIS) s.r.l. o, comunque, di inesistenza al momento dell’avvio della procedura, la Corte territoriale, facendo buon governo delle disposizioni normative evocate in rubrica, ha escluso, proprio per la configurazione di soccombenza in capo alla odierna ricorrente, sia che le spese del giudizio di primo grado potessero essere poste a carico del creditore procedente, sia che ricorressero i presupposti per la pronuncia di condanna al risarcimento dei danni per responsabilita’ aggravata.

 

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2.3. Va, d’altro canto, rilevato che la conferma, in sede di appello, della compensazione integrale delle spese di lite e del rigetto della domanda di responsabilita’ aggravata ex articolo 96 c.p.c., rese in primo grado, risulta del tutto adeguata, perche’ poggia sull’accertata sussistenza del diritto di credito e sull’accoglimento dell’opposizione per motivi ricollegati all’errata valutazione della prescrizione, determinata da una serie di atti che, apparentemente, si atteggiavano come interruttivi del termine prescrizionale.
3. Con il secondo motivo, deducendo la “Carenza di legittimazione ad agire della (OMISSIS) s.p.a. (societa’ creditrice intervenuta nella procedura esecutiva n. 58/07 RGE): violazione e falsa applicazione degli articoli 99 e 100 c.p.c. in riferimento all’articolo 360 c.p.c., n. 4. Impugnazione dei paragrafi nn. 10 e 11 della sentenza gravata”, la ricorrente censura la decisione impugnata nella parte in cui la Corte d’appello ha respinto l’eccezione di carenza di legittimazione passiva, ribadendo che la societa’ creditrice non aveva assolto all’onere di dimostrare la titolarita’ del credito azionato.
4. Con il terzo motivo, deducendo la “Violazione e falsa applicazione dell’articolo 58 T.U.B. – Decreto Legislativo n. 385 del 1993 – (in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3), violazione e falsa applicazione dell’articolo 2697 c.c. (in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3), violazione e falsa applicazione dell’articolo 1264 c.c. (in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3). Impugnazione del paragrafo n. 11 della sentenza impugnata (pagg. 10 e 11)”, la ricorrente contesta alla Corte d’appello di avere erroneamente applicato alla fattispecie dell’articolo 58 t.u.b., il comma 7 e rimarca che, non essendo la (OMISSIS) s.p.a. una banca, non poteva considerarsi valida la comunicazione di cessione dei crediti “in blocco” effettuata tramite pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del 1997, consentita all’epoca nel solo in caso di cessione in favore di banche.
Assume, quindi, che la (OMISSIS) s.p.a. non aveva provato la propria legittimazione ad agire e che l’atto di intervento depositato nella procedura, in difetto di notificazione/comunicazione alla parte debitrice esecutata, non poteva spiegare gli effetti di cui all’articolo 1264 c.c..
4.1. Il secondo ed il terzo motivo, strettamente connessi, possono essere congiuntamente scrutinati e sono infondati.
4.2. Come e’ noto, nel trasferimento di un’azienda bancaria (o di un ramo di azienda) il cessionario assume la veste di successore a titolo particolare, con applicazione delle disposizioni dettate dall’articolo 111 c.p.c., nelle controversie aventi a oggetto rapporti compresi in quell’azienda (o ramo). Ed e’ onere di chi assuma di aver in tal modo ottenuto la legittimazione ad agire allegare e dimostrare l’effettiva estensione del suo titolo di acquisto sul piano oggettivo, in relazione ai rapporti e ai crediti che si assumono essere stati in tal modo acquistati.

 

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Anche di recente questa Corte ha chiarito che chi agisce affermandosi successore a titolo particolare del creditore originario, in virtu’ di un’operazione di cessione in blocco secondo la speciale disciplina di cui al Decreto Legislativo n. 385 del 1993, articolo 58 ha l’onere di dimostrare l’inclusione del credito medesimo in detta operazione e, quindi, di fornire la prova documentale della propria legittimazione sostanziale, salvo che la controparte non l’abbia esplicitamente o implicitamente riconosciuta (Cass., sez. 6-1, 05/11/2020, n. 24798; Cass., sez. 1, 22/02/2022, n. 5857).
Neppure e’ ultroneo ribadire che la disciplina in materia di cessione del credito, prevista dal codice civile, e’ parzialmente derogata da quella speciale prevista dal Decreto Legislativo n. 385 del 1993, richiamato articolo 58 secondo cui, in caso di “cessione a banche di aziende, di rami di azienda, di beni e rapporti giuridici individuabili in blocco”, la “banca cessionaria da’ notizia dell’avvenuta cessione mediante iscrizione nel registro delle imprese e pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana (…)”, cosicche’ “nei confronti dei debitori ceduti gli adempimenti pubblicitari previsti dal comma 2 producono gli effetti indicati dall’articolo 1264 c.c.”.
La ratio di tale previsione deve essere rinvenuta nella necessita’ di dispensare la Banca dall’onere, considerato eccessivo, di provvedere alla notifica della cessione alle singole controparti dei rapporti acquisiti: pertanto, sulla base di tale disposizione, la pubblicazione dell’avviso di cessione nella Gazzetta Ufficiale, nonche’ la sua iscrizione nel registro delle imprese assumono una peculiare rilevanza perche’ consentono di ritenere il trasferimento efficace nei confronti dei debitori ceduti a prescindere da una formale notifica agli stessi, sempre che oggetto della cessione siano crediti individuabili in blocco, ossia crediti che, seppure autonomi, sono funzionalmente connessi sotto il profilo funzionale sulla base di criteri predefiniti.
Con specifico riferimento alla rilevanza sul piano probatorio della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della cessione in blocco, questa Corte ha in piu’ occasioni affermato, con argomentazioni del tutto condivisibili, che in tema di cessione in blocco dei crediti da parte di una banca, ai sensi del Decreto Legislativo n. 385 del 1993, articolo 58 e’ sufficiente a dimostrare la titolarita’ del credito in capo al cessionario la produzione dell’avviso di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale recante l’indicazione per categorie dei rapporti ceduti in blocco, senza che occorra una specifica enumerazione di ciascuno di essi, allorche’ gli elementi comuni presi in considerazione per la formazione delle singole categorie consentano di individuare senza incertezze i rapporti oggetto della cessione (Cass., sez. 5, 29/12/2017, n. 31118, Cass., sez. 3, 13/06/2019, n. 15884; Cass., sez. 1, 26/06/2019, n. 17110).

 

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4.3. Posto cio’, le doglianze in esame si scontrano con l’accertamento operato dalla Corte territoriale, la quale, confermando la sentenza di primo grado, ha accertato, da un lato, che la creditrice aveva dimostrato di agire in forza di atto di cessione del credito, effettuata dal (OMISSIS) con atto del 31 dicembre 1996 e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 16 gennaio 1997, e, dall’altro, che la cessione includeva anche il diritto di credito originariamente vantato al (OMISSIS) nei confronti dell’odierna ricorrente, definitivamente accertato con sentenza della Corte di Appello di Napoli n. 583/1998, passata in giudicato.
L’apprezzamento svolto dai giudici di appello, che non puo’ essere rimesso in discussione in questa sede semplicemente reiterando le argomentazioni e difese gia’ svolte in grado di appello, risulta rispettoso dei criteri di riparto in materia di onere delle prova e cio’ porta ad escludere la denunciata violazione dell’articolo 2697 c.c., configurabile soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni e non invece laddove oggetto di censura sia la valutazione che il giudice abbia svolto delle prove proposte dalle parti (sindacabile, quest’ultima, in sede di legittimita’, entro i ristretti limiti del “nuovo” articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5) (Cass., sez. 3, 29/05/2018, n. 13395; Cass., sez. L, 19/08/2020, n. 17313).
Infatti, le argomentazioni poste a fondamento della decisione della Corte territoriale non risultano idoneamente contrastate dalle deduzioni difensive reiterate dalla odierna ricorrente anche con la memoria illustrativa, secondo cui la Corte d’appello, in esito all’esame del corredo probatorio, non avrebbe tenuto conto che il contratto per notar (OMISSIS) del 31 dicembre 2016, con il quale la (OMISSIS) s.p.a. ha acquistato il credito originariamente vantato dal (OMISSIS), non essendo un atto pubblico, ma una scrittura privata, seppure con firma autenticata dal notaio, non avrebbe alcuna valenza probatoria; trattasi, a ben vedere, di contestazione, non solo gia’ vagliata dai giudici di merito che l’hanno ritenuta irrilevante, ma evidentemente volta a sollecitare un riesame di una quaestio facti, preclusa in sede di legittimita’.
Neppure si ravvisano le ulteriori violazioni denunciate con i mezzi in esame, avendo la sentenza qui impugnata dato atto dell’intervenuta pubblicazione dell’atto di cessione del credito sulla Gazzetta Ufficiale, che costituisce presupposto di efficacia della cessione “in blocco” dei rapporti giuridici nei confronti dei debitori ceduti, ponendosi la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale sullo stesso piano degli adempimenti prescritti in via generale dall’articolo 1264 c.c..
Come ripetutamente chiarito da questa Corte, la notificazione al debitore ceduto, prevista dall’articolo 1264 c.c., non si identifica con quella effettuata ai sensi dell’ordinamento processuale, ma costituisce un atto a forma libera che, come tale, puo’ concretarsi in qualsivoglia atto idoneo a porre il debitore nella consapevolezza della mutata titolarita’ attiva del rapporto obbligatorio (Cass., sez. 3, 28/01/2014, n. 1770; Cass., sez. 6 – 1, 13/05/2021, n. 12734).

 

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Pertanto, i rilievi mossi dalla ricorrente alla ritualita’ della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, ed in particolare la dedotta inapplicabilita’ ratione temporis dell’articolo 58, comma 7, del t.u.b. – peraltro tardivamente eccepita soltanto in appello, come rilevato dalla Corte territoriale – si appalesano del tutto irrilevanti se si considera che con l’atto di intervento nella procedura esecutiva la societa’ creditrice ha comunque portato a conoscenza della debitrice esecutata l’avvenuta cessione del credito (Cass., sez. 1, 17/03/2006, n. 5997; Cass., sez. 3, 30/07/2004, n. 14610), mediante espressa indicazione degli estremi dell’atto di cessione del 31 dicembre 1996, come accertato dai giudici di appello.
5. Con il quarto motivo si denuncia la “Violazione dell’articolo 474 c.p.c. per errata individuazione del titolo esecutivo consistente nell’aver ritenuto, fino all’emissione della sentenza pronunciata nel giudizio di rinvio, che il titolo esecutivo era rappresentato dal decreto ingiuntivo opposto anziche’ dalla sentenza della Corte di Appello di Campobasso nella parte in cui questa era divenuta definitiva a seguito della sentenza emessa dalla Corte di Cassazione (in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 4). Falsa applicazione dell’articolo 474 c.p.c. (in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 4) nell’aver ritenuto che “in nessun caso il creditore avrebbe potuto agire in executivis sulla base della sentenza della Corte di appello di Campobasso che non avrebbe mai potuto costituire titolo esecutivo”.
La ricorrente ha premesso di avere proposto opposizione avverso il decreto ingiuntivo, provvisoriamente esecutivo, ottenuto dal (OMISSIS), e che, all’esito del giudizio, l’adito Tribunale di Campobasso, con sentenza n. 23/1987 aveva rigettato l’opposizione; con successiva sentenza n. 30/1991, la Corte d’appello di Campobasso aveva rigettato l’impugnazione da essa proposta e questa Corte, con sentenza n. 9791/1994, aveva accolto solo parzialmente il ricorso con riguardo al conteggio degli interessi; in sede di rinvio la Corte di appello si era pronunciata, con la sentenza n. 538/98, esclusivamente sugli interessi.
Sostiene che, diversamente da quanto ritenuto dalla sentenza impugnata, i titoli esecutivi sui quali si fonda l’originario credito del (OMISSIS) nei confronti dell’esecutata sono rappresentati dalla sentenza n. 30/1991 emessa dalla Corte di appello di Campobasso in relazione alla somma capitale complessiva – per scoperto bancario e ricevute bancarie scontate e poi risultate impagate – e dalla sentenza n. 583/1998 della Corte d’appello di Napoli in relazione agli interessi da essa dovuti al (OMISSIS).

 

Il rilascio della copia del titolo in forma esecutiva a persona diversa da quella in cui favore il titolo sia stato emesso

La censura e’ infondata.
In fatto, deve ritenersi adeguatamente acquisito che la vicenda processuale si sia svolta come riassunta nella sentenza impugnata e nel ricorso, secondo la seguente cronologia: emissione di decreto ingiuntivo, provvisoriamente esecutivo, in favore dell’istituto di credito e contro la debitrice, che e’ stato revocato, a seguito di cassazione della decisione d’appello, dai giudici di rinvio con sentenza che ha rideterminato il credito della Banca.
Dato, quindi, per scontato che la revoca del decreto ingiuntivo e’ intervenuta solo con la sentenza pronunciata dai giudici di appello in sede di rinvio, la sentenza impugnata non si discosta dal principio affermato da questa Corte, pure richiamato dai giudici di secondo grado, secondo cui in caso di opposizione a decreto ingiuntivo, laddove questa venga integralmente rigettata, il titolo esecutivo, in forza del disposto di cui all’articolo 653 c.p.c., e’ comunque costituito dal decreto ingiuntivo e non dalla sentenza di rigetto dell’opposizione, se non limitatamente alle spese del giudizio di opposizione con essa liquidate (Cass., sez. U, 22/02/2010, n. 4071; Cass., sez. 1, ord. 26/08/2021, n. 23500).
In particolare, le Sezioni Unite, con la richiamata sentenza n. 4071/10, nell’affrontare la questione degli effetti dell’estinzione del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, in caso di mancata riassunzione in seguito a rinvio da parte della Corte di cassazione, e la connessa questione dei limiti di applicabilita’ degli articoli 393 e 653 c.p.c., hanno risposto al quesito, dirimente ai fini dell’esame del mezzo in esame, se e quando eventualmente la sentenza che decide sull’opposizione abbia efficacia sostitutiva del decreto opposto.
In proposito, facendo leva sul testo dell’articolo 653 c.p.c., hanno affermato che “solo la sentenza di accoglimento anche parziale dell’opposizione sostituisce comunque il decreto ingiuntivo opposto, secondo quanto dispone l’articolo 653 c.p.c., comma 2, (Cass., sez. L, 20 maggio 2004, n. 9626; Cass., sez. 3, 12 febbraio 1994, n. 1421)”; la sentenza di rigetto dell’opposizione, invece, non si sostituisce al decreto opposto, perche’, “in tal caso, il titolo esecutivo e’ costituito dal decreto ingiuntivo e non dalla sentenza che integralmente lo conferma”, come dispone dell’articolo 653 c.p.c., il comma 1.
Da quanto appena detto le Sezioni Unite hanno desunto, in piena coerenza con la distinzione desumibile dal testo dell’articolo 653 c.p.c., che: “a) l’estinzione del giudizio di rinvio, conseguente a cassazione di una decisione di rigetto, in primo grado o in appello, dell’opposizione proposta contro un decreto ingiuntivo, fa passare in giudicato il decreto opposto, secondo quanto prevede l’articolo 653 c.p.c., comma 1; b) l’estinzione del giudizio di rinvio, conseguente a cassazione di una decisione di accoglimento, in primo grado o in appello, dell’opposizione proposta contro un decreto ingiuntivo, estingue l’intero processo, secondo quanto prevede l’articolo 393 c.p.c.”.
Da tale ricostruzione si desume che in presenza di un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo – contenente la condanna provvisoria e sommaria dell’ingiunto al pagamento di una somma di danaro o alla consegna di una cosa mobile determinata – sino a quando l’opposizione non venga accolta, sia pure solo in parte, il titolo fondante l’esecuzione, quanto a sorte capitale, accessori e spese, e’ costituito dal decreto ingiuntivo. Solo a seguito dell’accoglimento, anche solo parziale, dell’opposizione il decreto ingiuntivo viene ad essere revocato e perde efficacia e ad esso si sostituisce la sentenza che statuisce direttamente, riformandola o modificandola, sulla domanda monitoria; in altri termini, venendo meno, in tal caso, l’accertamento contenuto nel decreto ingiuntivo, l’efficacia esecutiva dello stesso viene travolta.
A tale proposito deve, tuttavia, precisarsi che la natura di titolo esecutivo del decreto ingiuntivo permane anche quando la sentenza di rigetto dell’opposizione sia cassata con rinvio dalla Corte di cassazione e cio’ proprio alla stregua dei principi enunciati dalla sentenza delle Sezioni Unite sopra citata, secondo i quali all’estinzione del giudizio di rinvio consegue la definitiva cristallizzazione dell’efficacia esecutiva del decreto opposto – o il suo consolidamento, con acquisizione dell’esecutorieta’, nel caso in cui non ne fosse gia’ in precedenza munito – in virtu’ dell’articolo 653 c.p.c., comma 1 che, limitatamente a tale ipotesi, prevale sul disposto di cui all’articolo 393 c.p.c..
Siffatta conclusione si spiega se si considera che la sentenza di cassazione con rinvio si limita ad annullare la decisione d’appello, rimettendo al giudice del rinvio la decisione sulla pretesa creditoria fatta valere con l’azione monitoria, con la conseguenza che solo con la pronuncia del giudice del rinvio, che revoca il decreto ingiuntivo, il provvedimento monitorio perde la sua idoneita’ a fondare l’azione esecutiva, che deve, da quel momento, fondarsi esclusivamente sulla sentenza del giudice del rinvio, che diviene, pertanto, l’unico titolo in grado di legittimare l’esecuzione.
In applicazione dei superiori principi alla vicenda in esame deve, dunque, ritenersi che il decreto ingiuntivo del 30 maggio 1985, dichiarato provvisoriamente esecutivo ai sensi dell’articolo 642 cod. proc. civ., abbia costituito l’unico titolo legittimante l’esecuzione per la soddisfazione della pretesa creditoria da esso recata per l’intero corso del giudizio e sino alla pronuncia n. 583/98 resa in sede di rinvio dalla Corte d’appello di Napoli, con la quale e’ stata espressamente disposta la revoca del decreto stesso ed e’ stata adottata statuizione di condanna sostitutiva, avente ad oggetto il credito dell’istituto bancario considerato in tutte le poste che complessivamente lo componevano.
Alla stregua delle considerazioni svolte, non puo’, pertanto, condividersi l’assunto di parte ricorrente secondo il quale si avrebbero due distinti titoli esecutivi, per i rispettivi oggetti, di cui uno formatosi per effetto del giudicato interno conseguente alla sentenza di questa Corte n. 9791/1994 e l’altro derivante dalla pronuncia della sentenza di rinvio, ne’ che la Banca avrebbe dovuto azionare, in tempi diversi, i due titoli esecutivi, e precisamente “dopo l’11.4.1994, la sentenza della Corte d’appello di Campobasso quanto al capitale risultante dalle ricevute bancarie impagate, con i relativi interessi; dopo il 4.3.198, la sentenza di rinvio della Corte d’appello di Napoli quanto agli interessi sullo scoperto di c/c”.
6. Con il quinto motivo, deducendo la “prescrizione del credito fatto valere dalla (OMISSIS) s.p.a. Violazione e falsa applicazione degli articoli 2934, 2935, 294, 2945 e 2953 c.c. (in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3). Impugnazione dei paragrafi n. 10 e 12 della sentenza impugnata”, la ricorrente censura la decisione impugnata per avere respinto l’eccezione di prescrizione del credito vantato dalla creditrice ed assume che la Corte d’appello avrebbe erroneamente interpretato la sentenza n. 9791/1994 emessa da questa Corte, nonche’ la sentenza n. 583/98 della Corte d’appello di Napoli, e che il dies a quo per calcolare la prescrizione del diritto di credito originariamente vantato dal (OMISSIS) nei suoi confronti doveva farsi decorrere dall’11 aprile 2004 (data di emissione della sentenza n. 9791/94) e non, invece, dalla data del passaggio in giudicato della sentenza n. 583/98.
6.1. Anche il quinto motivo e’ infondato.
6.2. Con la notifica del decreto ingiuntivo, l’opposto esercita una azione di condanna idonea ad interrompere la prescrizione ex articolo 2943 c.c. e tale interruzione ha effetti permanenti, e non meramente istantanei, ex articolo 2945 c.c., fino alla sentenza che decide il giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo ovvero fino a quando quest’ultimo sia divenuto non piu’ impugnabile ed abbia quindi acquistato autorita’ ed efficacia di cosa giudicata sostanziale al pari di una sentenza di condanna. Dal momento del passaggio in giudicato della sentenza che decide sull’opposizione decorre poi l’ulteriore termine di prescrizione previsto dall’articolo 2953 c.c. (Cass., sez. 3, 14/07/2004, n. 13081; Cass., sez. 6-3, 03/09/2013, n. 20176).
In applicazione di tale principio, la cessazione dell’effetto permanente dell’interruzione della prescrizione si e’ verificata solo con il passaggio in giudicato della sentenza n. 538/98, che, rideterminando il credito con statuizione sostitutiva di quella contenuta nel decreto ingiuntivo, ha definito il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, revocandolo. Il dies a quo del nuovo termine di prescrizione deve, dunque, farsi decorrere dal passaggio in giudicato di detta sentenza e non dalla pronuncia della sentenza di cassazione con rinvio di questa Corte n. 9791/94. Infatti, si deve considerare che dall’annullamento, da parte di questa Corte, della sentenza della Corte di Appello di Campobasso n. 30/91, non e’ derivato l’automatico passaggio in giudicato del capo della sentenza relativo all’accertamento ed alla quantificazione del credito – per capitale – dovuto per scoperto bancario, cosicche’ non puo’ farsi decorrere dalla sentenza di annullamento con rinvio il termine di prescrizione della voce che ne costituisce oggetto.
Ne deriva che, alla data del 2 maggio 2008 – data di deposito dell’atto di intervento nella procedura esecutiva immobiliare, indicata dalla stessa parte ricorrente a pag. 29 del ricorso – il credito azionato dalla (OMISSIS) s.p.a. non era ancora prescritto, come ritenuto dalla sentenza in questa sede impugnata.
7. Con il sesto motivo la ricorrente deduce la “Violazione e falsa applicazione dell’articolo 475 c.p.c. nella parte in cui la sentenza impugnata ha giudicato legittimo che la (OMISSIS) s.p.a. abbia utilizzato la copia della sentenza n. 583/1998 della Corte di Appello di Napoli spedita in forma esecutiva in favore del (OMISSIS) s.p.a. (in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 4). Impugnazione del paragrafo n. 14 (che rinvia al paragrafo n. 6.8) della sentenza impugnata”. Lamenta che la Corte d’appello avrebbe mal interpretato gli scritti difensivi, ritenendo che non sarebbe stato indicato il pregiudizio in concreto patito, evidenziando, al riguardo, che, in difetto del comportamento illegittimo della creditrice, non avrebbe mai subito l’esecuzione forzata dei beni di sua proprieta’.
7.1. Il motivo e’ inammissibile.
7.2. L’esame della censura impone la preliminare individuazione della natura del vizio dedotto, al fine dell’inquadramento dell’opposizione nelle fattispecie di cui all’articolo 615 o di cui all’articolo 617 c.p.c., per le quali vale un diverso regime di impugnazione.
La questione, in sostanza, e’ se l’apposizione della formula esecutiva sul titolo in favore di soggetto diverso da quello che lo aziona nel procedimento esecutivo ne determina l’inesistenza, ovvero dia luogo ad una mera irregolarita’ formale. Cio’ in quanto, nel primo caso, la carenza dei presupposti dell’azione espropriativa potrebbe essere rilevata d’ufficio o denunciata dall’opponente fintanto che non sia stata disposta la vendita o l’assegnazione, a norma degli articoli 530, 552 e 569 c.p.c. (articolo 615 c.p.c., comma 2); nell’altra ipotesi, invece, il vizio sarebbe censurabile nelle forme e nei termini propri dell’opposizione agli atti esecutivi (articolo 617 c.p.c.).
Sul punto, occorre dare continuita’ alla consolidata giurisprudenza di questa Corte, secondo cui il rilascio della copia del titolo in forma esecutiva a persona diversa da quella in cui favore il titolo sia stato emesso non da’ luogo a nullita’ o inefficacia del titolo, ma costituisce una irregolarita’ che deve essere fatta valere a norma dell’articolo 617 c.p.c. Alla medesima irregolarita’, da denunciare negli stessi modi, da’ luogo la circostanza che il rilascio del titolo in forma esecutiva, per quanto avvenuto nei confronti di uno dei soggetti in cui favore sia stato emesso il titolo, sia poi notificato al debitore, antecedentemente o contestualmente al precetto, da altro soggetto in cui favore pure il titolo sia stato emesso (Cass., sez. 6 – 3, n. 24548 del 18/11/2014).
Trattasi, a ben vedere, di un vizio di forma che non attiene all’esistenza del titolo esecutivo e che si concreta in una irregolarita’ del procedimento esecutivo (Cass., sez. 6-3, 18/11/2014, n. 24548; Cass., sez. 3, 12/02/2019, n. 3967), che non determina l’invalidita’ del titolo esecutivo, ne’ la sua idoneita’ ad acquisire efficacia esecutiva.
In conformita’ a tali principi si deve pervenire alla conclusione che, dando luogo tale doglianza ad un’opposizione agli atti esecutivi, la sentenza di primo grado che, pur in difetto di espressa pronuncia, implicitamente ha ritenuto l’infondatezza della questione, non potesse essere impugnata con appello, ma solo con ricorso per cassazione, sicche’, sul punto, la sentenza d’appello va cassata senza rinvio, stante l’improponibilita’ dell’appello.
7.3. In ogni caso il vizio dedotto e’ infondato, in quanto, in caso di successione nel titolo esecutivo ex latere creditoris – da intendersi come fenomeno di traslazione del diritto inter vivos o mortis causa verificatasi prima dell’instaurazione del processo esecutivo, il titolo puo’ essere azionato coattivamente dal successore senza che sia indispensabile una nuova spedizione in forma esecutiva in suo favore, in quanto la copia esecutiva puo’ essere rilasciata, indifferentemente, a favore della parte al cui beneficio e’ stato pronunciato il provvedimento oppure dei suoi successori, purche’ sia fatta indicazione in calce della persona alla quale e’ stata spedita (articolo 475 c.p.c., comma 2, nel testo anteriore all’entrata in vigore del Decreto Legislativo 10 ottobre 2022, n. 149) e non siano spedite in forma esecutiva piu’ copie del medesimo titolo in favore di ogni titolare attivo del credito (articolo 476 c.p.c., comma 1, anch’esso nel testo applicabile ratione temporis) (Cass., sez. 3, 11/12/2020, n. 28303).
La ricorrente, peraltro, non puo’ limitarsi a lamentare l’esistenza dell’irregolarita’ formale in se’ considerata, senza dedurre che essa abbia davvero determinato un pregiudizio ai diritti tutelati dal regolare svolgimento del processo esecutivo (per tutte, Cass., sez. 6 – 3, 18/07/2018, n. 19105); e tanto in virtu’ del generale principio di diritto processuale, elaborato da questa Corte (tra le molte, Cass., sez. U., 09/08/2018, n. 20685, punti 26 e 27 delle ragioni della decisione, ove altri riferimenti), per il quale nessuno ha diritto al rispetto delle regole del processo in quanto tali, ma solo se, appunto in dipendenza della loro violazione, ha subito un concreto pregiudizio.
8. Con il settimo motivo si denuncia la “Violazione e falsa applicazione degli articoli 474, 499 e 500 c.p.c., in riferimento all’articolo 360 c.p.c., n. 4, sui poteri spettanti all’intervenuto munito di titolo in presenza di vizi originari della procedura esecutiva (Cass., sez. U, sent. n. 61/2014). Potere del giudice dell’opposizione di pronunciare anche di ufficio la estinzione atipica per carenza di azione esecutiva”.
La ricorrente lamenta che la sentenza d’appello, in contrasto con i principi enunciati dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza 7 gennaio 2014, n. 61, pur avendo rilevato che il processo esecutivo era stato iniziato da un creditore – la (OMISSIS) s.r.l. – originariamente privo di titolo, per gia’ maturata prescrizione del diritto, ha comunque ritenuto valido l’intervento spiegato da altro creditore munito di titolo, la (OMISSIS) s.p.a., anziche’ dichiarare l’estinzione del processo esecutivo.
Il motivo e’ inammissibile.
In tema di ricorso per cassazione, qualora siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, il ricorrente deve, a pena di inammissibilita’ della censura, non solo allegarne l’avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito ma, in virtu’ del principio di autosufficienza, anche indicare in quale specifico atto del giudizio precedente cio’ sia avvenuto, giacche’ i motivi di ricorso devono investire questioni gia’ comprese nel thema decidendum del giudizio di appello, essendo preclusa alle parti, in sede di legittimita’, la prospettazione di questioni o temi di contestazione nuovi, non trattati nella fase di merito ne’ rilevabili di ufficio (Cass., sez. 2, 09/08/2018, n. 20694).
Tale onere non e’ stato assolto dalla ricorrente che non ha chiaramente allegato in ricorso – non valendo, com’e’ noto, alcun atto successivo a colmare le sue eventuali lacune – dimostrato di avere fatto valere tale censura in precedenza e, per di piu’, per il peculiare regime del divieto di motivi nuovi nelle opposizioni esecutive (da ultimo, v. Cass., sez. 3, ord. 6/04/2022, n. 11237, nonche’ – entrambe in motivazione e con richiami giurisprudenziali – Cass., sez. U, 21/09/2021, n. 25478 e Sez. U n. 28387 del 14/12/2020), nel ricorso introduttivo ex articolo 615 c.p.c..
9. Conclusivamente, vanno dichiarati inammissibili il primo ed il settimo motivo, vanno rigettati il secondo, il terzo, il quarto ed il quinto motivo e, pronunciando sul sesto motivo, la sentenza va cassata senza rinvio nella parte in cui e’ stata resa su appello avverso capi della sentenza di primo grado impugnabili esclusivamente con ricorso per cassazione. La statuizione sulle spese della medesima sentenza qui gravata, tuttavia, puo’ essere mantenuta ferma, atteso che pure dopo la qui disposta cassazione senza rinvio in parte qua permane integra la complessiva soccombenza della parte in quella sede condannata.
Le spese del giudizio di legittimita’ seguono la complessiva soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
Poiche’ l’impugnazione non e’ stata integralmente disattesa in rito o nel merito, non deve disporsi il cd. raddoppio del contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibili il primo ed il settimo motivo; rigetta il secondo, il terzo, il quarto ed il quinto motivo; pronunciando sul sesto motivo, cassa senza rinvio la sentenza impugnata nella parte in cui e’ stata resa su appello avverso capi della sentenza di primo grado impugnabili esclusivamente con ricorso per cassazione.
Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimita’ che liquida in Euro 10.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

 

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