Rinunzie e transazioni con riguardo alla prestazione di lavoro subordinato

Corte di Cassazione, lavoro civile, Sentenza 23 ottobre 2020, n. 23385.

Rinunzie e transazioni, con riguardo alla prestazione di lavoro subordinato e alla conclusione del relativo rapporto, la dichiarazione del lavoratore può assumere il suddetto valore sempre che risulti accertato, sulla base dell’interpretazione del documento, che essa sia stata rilasciata con la consapevolezza di diritti determinati ovvero obiettivamente determinabili e con il cosciente intento di abdicarvi o di transigere sui medesimi.

Sentenza 23 ottobre 2020, n. 23385

Data udienza 16 settembre 2020

Tag/parola chiave: Impiego privatizzato – Amministratore delegato – Determinazione del compenso – Accordo conciliativo – Interpretazione del contratto – Criteri

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAIMONDI Guido – Presidente

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere

Dott. CINQUE Guglielmo – rel. Consigliere

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 11401-2018 proposto da:
(OMISSIS), domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’Avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) S.P.A. (gia’ (OMISSIS) S.P.A.);
– intimata –
avverso la sentenza n. 751/2017 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 02/01/2018 R.G.N. 513/2014;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 16/09/2020 dal Consigliere Dott. GUGLIELMO CINQUE;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CELESTE ALBERTO,che ha concluso per inammissibilita’ in subordine rigetto;
udito l’Avvocato (OMISSIS),per delega Avvocato (OMISSIS).

FATTI DI CAUSA

1. Il Tribunale di Venezia, con la pronuncia n. 66 del 2014, ha dichiarato inammissibile la domanda, proposta nei confronti della (OMISSIS) spa da (OMISSIS) il quale, premesso di essere stato componente del primo consiglio di amministrazione della neocostituita societa’ (OMISSIS) spa e di essere stato nominato amministratore delegato in data 22.12.1995, senza che fosse determinato il relativo compenso, ne aveva chiesto il pagamento, con riguardo all’anno 1997, nella misura commisurata a quella che nel 1998 il Consiglio aveva determinato in favore del nuovo amministratore delegato, dando atto altresi’ di avere rinunciato alle somme relative al 1996 per dedizione alla societa’.
2. Il primo giudice ha, in sintesi, rilevato che la questione del compenso era stata conciliata con un accordo transattivo intervenuto tra le parti in data 17.9.1998, nonostante il testo letterale non chiaro dell’accordo.
3. La Corte di appello di Venezia, con la sentenza n. 751 del 2017, sul gravame proposto dal (OMISSIS) ha confermato la pronuncia di primo grado.
4. I giudici di seconde cure, condividendo l’impostazione del Tribunale in tema di interpretazione del contratto ove non deve essere valorizzato solo il dato letterale dell’accordo, ma anche altri elementi quali la condotta posteriore, ai fini di individuare l’intenzione comune delle parti e lo scopo che le stesse avevano perseguito con l’accordo, hanno ritenuto, dopo avere ripercorso tutte le vicende relative ai ruoli svolti dall’appellante presso la societa’, culminati con l’accordo conciliativo raggiunto per la risoluzione anticipata del rapporto al 31.12.1998, che la transazione del 17.9.1998 avesse posto fine in modo definitivo non solo al rapporto dirigenziale, ma a tutte le questioni riguardanti anche il ruolo svolto da amministratore delegato dal (OMISSIS).
5. Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS) affidato ad un unico articolato motivo.
6. La (OMISSIS) spa e’ rimasta intimata.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico articolato motivo il ricorrente denunzia la violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto: nello specifico la violazione degli articoli 1362 – 1371 c.c. (ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3). Deduce, in sintesi, l’immotivata svalutazione degli elementi letterali risultanti dall’accordo intercorso tra le parti in data 17.9.1998 e la conseguente violazione, in particolare, del principio della necessaria interpretazione preliminare dell’atto negoziale e del principio del gradualismo.
2. Si sostiene che i giudici del merito non avevano chiarito e spiegato perche’, avendo riguardo al tenore letterale dell’accordo del 17.9.1998, le parti, pur utilizzando i termini solo al singolare e richiamando il solo rapporto di lavoro dirigenziale come Direttore generale, avrebbero fatto riferimento anche ai compensi del (OMISSIS) quale Amministratore delegato e ad una contestuale rinuncia ad essi. Inoltre, ci si duole che la Corte territoriale, pur in presenza di dati letterali che riguardavano il solo ruolo di Direttore generale, che dovevano costituire il primo criterio esegetico con esclusione degli altri, aveva voluto individuare la volonta’ dei contraenti attraverso il comportamento delle parti, cosi’ violando il principio del “gradualismo” e senza fornire una compiuta ed articolata motivazione della ritenuta equivocita’ ed insufficienza del dato letterale.
3. Il ricorso non e’ fondato presentando le censure, ivi contenute, profili di inammissibilita’ e di infondatezza.
4. E’ opportuno precisare alcuni principi in tema di interpretazione degli atti di abdicativi e conciliativi riguardanti i reciproci diritti derivanti dal rapporto di lavoro, affermati dalla giurisprudenza di legittimita’.
5. In materia di rinunzie e transazioni, con riguardo alla prestazione di lavoro subordinato e alla conclusione del relativo rapporto, la dichiarazione del lavoratore puo’ assumere il suddetto valore sempre che risulti accertato, sulla base dell’interpretazione del documento, che essa sia stata rilasciata con la consapevolezza di diritti determinati ovvero obiettivamente determinabili e con il cosciente intento di abdicarvi o di transigere sui medesimi (Cass. n. 10056 del 1991; Cass. n. 1657 del 2008).
6. L’oggetto del negozio transattivo va identificato non in relazione alle espressioni letterali usate dalle parti, bensi’ in rapporto all’oggettiva situazione di contrasto che le parti stesse hanno iniziato a comporre attraverso reciproche concessioni in relazione alle posizioni assunte dalle stesse non solo nella lite in atto ma anche in vista di una controversia che possa insorgere tra loro e che esse intendono prevenire e il giudice di merito, al fine di indagare sulla portata e sul contenuto transattivo di una scrittura negoziale, puo’ attingere ad ogni elemento idoneo a chiarire i termini dell’accordo, ancorche’ non richiamati dal documento, senza che cio’ comporti violazione del principio in base al quale la transazione deve essere provata per iscritto (cfr. Cass. n. 729 del 2003; Cass. n. 9120 del 2015).
7. In tema di interpretazione generale dei contratti, poi, qualora le espressioni letterali utilizzate non siano sufficienti per ricostruire la comune volonta’ delle parti, occorre avere riguardo all’intento comune che esse hanno perseguito.
8. In riferimento, quindi, alla interpretazione del contratto di transazione, per verificare se sia configurabile tale negozio ed il suo effettivo contenuto, occorre indagare innanzi tutto se le parti, mediante l’accordo, abbiano perseguito la finalita’ di porre fine all’incertus litis eventus, senza tuttavia che sia percio’ necessario che esse esteriorizzino il dissenso sulle contrapposte pretese, ne’ che siano usate espressioni direttamente rivelatrici del negozio transattivo, la cui esistenza puo’ anche essere desunta da qualsiasi elemento che esprima la volonta’ di porre fine ad ogni ulteriore contesa.
9. Quanto, infine, ai requisiti dell’aliquid datum e dell’aliquid retentum, essi non sono da rapportare agli effettivi diritti delle parti, bensi’ alle rispettive pretese e contestazioni e, pertanto, non e’ necessaria l’esistenza di un equilibrio economico tra le reciproche concessioni (cfr. Cass. n. 7548 del 2003).
10. Il relativo accertamento costituisce giudizio di merito censurabile, in sede di legittimita’, soltanto in caso di violazione dei criteri di ermeneutica contrattuale o in presenza di vizi della motivazione (Cass. n. 9831 del 2013).
11. Cio’ premesso e venendo all’esame del caso di cui e’ processo, deve osservarsi che la Corte territoriale, condividendo la impostazione decisionale del primo giudice, ha prima di tutto evidenziato una certa discrasia tra il dato letterale della conciliazione, che riguardava la risoluzione anticipata del rapporto di lavoro, e tutto il contesto dello stesso da cui traspariva la non indifferenza rispetto alla fase del rapporto in cui il (OMISSIS) era stato amministratore delegato, in quanto il legame tra i due ruoli (quello cioe’ di amministratore delegato e quello di direttore generale) era stato considerato rilevante nelle intercorse reciproche concessioni.
12. Non vi e’ stata, pertanto, alcuna lesione del principio di gradualismo nell’uso dei canoni interpretativi del contratto perche’ il mero significato letterale ed il collegamento tra le varie clausole erano insufficienti alla individuazione del comune intento delle parti (Cass. n. 397 del 2002; Cass. n. 9910 del 2004).
13. Correttamente, pertanto, la comune volonta’ e’ stata ricostruita sulla base del senso letterale delle espressioni usate e della ratio del precetto contrattuale desumibile anche dalla loro condotta posteriore.
14. Inoltre, a prescindere dal fatto che il ricorrente non ha riportato, in ossequio al principio di autosufficienza, nel testo del motivo, ai fini di una corretta e completa valutazione delle doglianze (da non potersi condurre sulla base delle sole deduzioni e specificazioni contenute nel ricorso alle cui lacune non e’ possibile sopperire con indagini integrative di specificazione dei vizi lamentati), l’accordo intercorso tra le parti in data 17.9.1998 nella sua interezza, va rilevato che le censure in fatto – iu’ che ad evidenziare i criteri esegetici legali in concreto asseritamente non osservati dal giudice di merito e, soprattutto il modo in cui questi si sia discostato si risolvono in una critica della decisione sfavorevole, formulata attraverso la mera prospettazione di una diversa (e piu’ favorevole) interpretazione rispetto a quella adottata dal giudicante.
15. Giova precisare, a tale proposito, che per sottrarsi al sindacato di legittimita’ l’interpretazione data dal giudice di merito ad un contratto non deve essere l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, ma una delle possibili e plausibili interpretazioni; sicche’, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o piu’ interpretazioni, non e’ consentito, alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito, dolersi in sede di legittimita’ del fatto che fosse stata privilegiata l’atra (Cass. n. 24539 del 2009; Cass. n. 27136 del 2017).
16. La Corte di merito, nella specie, con adeguata e congrua motivazione ha indicato le ragioni per le quali ha ritenuto che l’accordo risolutivo riguardasse, oltre al periodo in cui il (OMISSIS) aveva rivestito la carica di Direttore generale, anche il periodo in cui era stato Amministratore delegato, sottolineando, per avvalorare tale convincimento, sia aspetti logico-giuridici (riconoscimenti di un incentivo all’esodo con l’aggiunta di una quota di TFR riguardante tutto il rapporto; la disponibilita’ di benefits aggiuntivi; rinuncia al compenso di amministratore delegato per l’anno 1996, la circostanza che il C.d.A., nella seduta del 30.9.1998, ratificando l’accordo conciliativo, aveva espresso un apprezzamento per l’opera svolta nei “ruoli dallo stesso ricoperti”), sia letterali (perche’ nell’accordo le parti si erano comunque obbligate a rinunciare espressamente ad ogni azione promossa o promuovenda e a non avere piu’ nulla a pretendere per alcun titolo, ragione o causa, l’una dall’altra in ragione della transazione).
17. Siffatta motivazione, oltre ad essere logicamente congrua, e’ altresi’ giuridicamente corretta nonche’ in linea con i principi ed orientamenti giurisprudenziali sopra richiamati, di talche’ le critiche concernono la ricostruzione della volonta’ negoziale operata dal giudice di merito e si rivelano, in realta’, come una inammissibile proposta di una interpretazione avversa rispetto a quella adottata.
18. Alla stregua di quanto esposto, il ricorso deve essere rigettato.
19. Nulla va disposto in ordine alle spese di lite non avendo la intimata svolto attivita’ difensiva.
20. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, sempre come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis se dovuto.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

Per aprire la pagina facebook @avvrenatodisa
Cliccare qui

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *