Ritardare volutamente il pagamento di una somma di denaro di spettanza del Comune

Corte di Cassazione, sezione seconda penale, Sentenza 29 novembre 2019, n. 48623

Massima estrapolata:

Ritardare volutamente il pagamento di una somma di denaro di spettanza del Comune, nella consapevolezza che la cifra di cui si è in possesso appartenga all’ente locale, non determina l’incriminazione per appropriazione indebita o peculato. Pertanto, non può essere disposto il sequestro del denaro non ancora versato all’ente locale.

Sentenza 29 novembre 2019, n. 48623

Data udienza 2 ottobre 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VERGA Giovanna – Presidente

Dott. PARDO Ignazio – Consigliere

Dott. PACILLI G.A.R. – rel. Consigliere

Dott. TUTINELLI Vincenzo – Consigliere

Dott. ARIOLLI Giovanni – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Pubblico Ministero presso il Tribunale di La Spezia;
c/
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza emessa dal Tribunale del riesame di La Spezia il 20.6.2019;
Visti gli atti, l’ordinanza e il ricorso;
Udita nell’udienza camerale del 2.10.2019 la relazione fatta dal Consigliere Giuseppina Anna Rosaria Pacilli;
Udito il Sostituto Procuratore Generale in persona di Luigi Cuomo, che ha chiesto di annullare con rinvio l’ordinanza impugnata;
Udito l’avv. (OMISSIS), in sostituzione dell’avv. (OMISSIS), difensore del ricorrente, che si e’ riportato alla memoria depositata.

RITENUTO IN FATTO

In data 20 giugno 2019 il Tribunale del riesame di La Spezia ha accolto il riesame proposto da (OMISSIS) avverso il decreto di sequestro preventivo, adottato dal G.I.P. il 21 maggio 2019, ed ha disposto la restituzione della somma di Euro 60.500,00 al ricorrente, sottoposto ad indagini preliminari per il delitto di appropriazione indebita aggravata.
Secondo la contestazione provvisoria, l’indagato, in qualita’ di responsabile dell’Associazione culturale “(OMISSIS)”, aveva assunto l’incarico di occuparsi del servizio di biglietteria, relativo ad una mostra dedicata ad (OMISSIS), organizzata dal Comune di (OMISSIS) ed affidata in gestione alla cooperativa (OMISSIS), assumendo a titolo gratuito l’onere di ricevere dalla predetta cooperativa gli incassi conseguiti per intero, di calcolare e consegnare alla cooperativa le parti di provvigioni ad essa spettante e di versare il resto alle casse comunali. Quest’ultimo impegno non era stato adempiuto dal (OMISSIS), che aveva trattenuto indebitamente la parte di incassi spettante al Comune di (OMISSIS), ammontante a 60.500,00 Euro.
Contro il provvedimento del Tribunale del riesame ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di La Spezia, che ha dedotto l’erronea applicazione della legge penale, per avere il giudice del riesame errato nel ritenere che il denaro, provento degli incassi della mostra, fosse di proprieta’ del (OMISSIS) e quest’ultimo, nell’omettere il versamento al Comune di (OMISSIS), avesse al piu’ commesso un inadempimento di natura civilistica. Secondo il ricorrente, l’indagato aveva l’obbligo di destinare il denaro al Comune di (OMISSIS), dopo averlo ricevuto dalla cooperativa (OMISSIS), cosi’ che il giudice del riesame avrebbe dovuto uniformarsi a quanto statuito dalla Suprema Corte di cassazione, secondo cui “l’appropriazione indebita o il peculato di un bene fungibile possono essere configurati solo nei casi in cui il bene sia ab origine conferito dal proprietario con un vincolo di destinazione, che viene violato dal depositarlo nonostante lo stesso, in ossequio ai principi civilistici (ovvero ai sensi dell’articolo 1782 c.c.) sia proprietario a tutti gli effetti del bene fungibile”.
In data 13 settembre 2019 e’ pervenuta una memoria difensiva nell’interesse di (OMISSIS), con cui e’ stato chiesto di dichiarare l’inammissibilita’ del ricorso, non avente ad oggetto tutte le rationes decidendi del provvedimento impugnato, fondato anche sul difetto dell’interversione del possesso.
All’odierna udienza camerale, celebrata ex articolo 127 c.p.p., e’ stata verificata la regolarita’ degli avvisi di rito; all’esito, le parti presenti hanno concluso come da epigrafe e questa Corte Suprema, riunita in camera di consiglio, ha deciso come da dispositivo in atti.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ inammissibile.
Il Tribunale del riesame ha ritenuto che, nel caso in disamina, non fosse sussistente l’interversio possessionis, che costituisce elemento necessario per la configurabilita’ del reato di appropriazione indebita.
In particolare, il menzionato Tribunale, dopo aver ricordato l’insegnamento di questa Corte (S.U. n. 1327/2005) secondo cui sono res altrui il denaro o la cosa mobile che confluiscono nel patrimonio di un soggetto con un vincolo di destinazione, ha rimarcato che “non puo’ essere considerata costitutiva di appropriazione indebita ogni condotta di inadempimento di un’obbligazione, che veda come prestazione o controprestazione, seppure vincolata, la dazione a un terzo di una somma di denaro”: cio’, se non altro, perche’ l’inadempimento di una mera obbligazione e’ gia’ sanzionata penalmente dall’articolo 641 c.p. ma esclusivamente nell’ipotesi in cui essa sia stata assunta ab origine con il proposito di eluderla e dissimulando lo stato di insolvenza di denaro.
Tanto premesso, il Tribunale del riesame ha soffermato l’attenzione su un altro elemento costitutivo della fattispecie contestata, ossia l’interversio possessionis, che ha ritenuto insussistente, atteso che l’indagato, “attraverso email, inviata al Comune di (OMISSIS) in data 18 luglio 2018, non ha mai messo in dubbio la titolarita’ da parte dell’ente di una quota delle somme ricevute dalla (OMISSIS) Soc. Coop. ma ne ha chiesto il dilazionamento, previo primo versamento di Euro 6.497,43. Lo stesso, quindi, attraverso il suo comportamento non ha posto in essere il mutamento della relazione giuridica, richiesto dalla fattispecie appropriativa fra se’ e il denaro, ma sta unicamente ritardando, per ragioni non scandagliabili dal Tribunale in sede di riesame, il versamento della spettanza di pertinenza del Comune di (OMISSIS)”.
Alla luce di siffatte argomentazioni deve rilevarsi che il giudice del riesame, richiamando l’insegnamento di questa Corte (S.U. n. 1327/2005) sopra ricordato, non ha affermato che il denaro, provento degli incassi della mostra, fosse di proprieta’ dell’indagato e non avesse un vincolo di destinazione, ma ha rimarcato che, nella specie, difettava un altro elemento costitutivo della fattispecie contestata, ossia l’interversio possessionis, atteso che l’indagato, non consegnando il denaro al Comune, non si era comportato uti dominus del bene, ma aveva riconosciuto la signoria del bene stesso in capo al creditore.
Precisato infatti che puo’ dirsi verificata l’interversio possessionis allorquando si realizzi un’immutazione del rapporto tra il soggetto e la res, ossia quando il soggetto abbia cessato d’esercitare il potere di fatto sulla cosa in nome altrui ed abbia iniziato ad esercitarlo esclusivamente in nome proprio, con correlata sostituzione al precedente “animus detinendi” dell'”animus rem sibi habendi”, deve rilevarsi che il provvedimento impugnato non e’ inficiato da violazioni di legge, avendo il giudice di merito fatto corretta applicazione dei principi enunciati da questa Corte, secondo cui l’omessa restituzione della cosa non realizza l’ipotesi di reato di cui all’articolo 646 c.p., se non quando si ricollega, oggettivamente, ad un atto di disposizione uti dominus e, soggettivamente, all’intenzione di convertire il possesso in proprieta’ (v., tra le altre, Sez. 2, n. 38604 del 20/9/2007, Rv. 238163).
Posto poi che ogni altro rilievo (quale, ad es., l’effettiva sussistenza in capo al ricorrente della mera volonta’ di procrastinare l’adempimento dell’obbligazione), esula dal sindacato demandato a questa Corte in tema di misure cautelari reali, limitato alle violazioni di legge – nozione in cui rientrano la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente (in quanto correlate all’inosservanza di precise norme processuali) ma non anche l’illogicita’ manifesta e la contraddittorieta’ (cosi’ Sez. U., n. 5876 del 28.1.2004, P.c. Ferazzi in proc. Bevilacqua, Rv. n. 226710) – deve concludersi per la declaratoria di inammissibilita’ del ricorso.
2. A tale declaratoria non consegue la condanna al pagamento delle spese processuali, trattandosi di parte pubblica ricorrente.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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