In caso di rivendica di un bene mobile

Corte di Cassazione, sezione seconda civile, Ordinanza 28 febbraio 2019, n. 6007.

La massima estrapolata:

In caso di rivendica di un bene mobile, il rigore probatorio richiesto dall’articolo 948 c.c., deve necessariamente coniugarsi con i modi di acquisto della proprieta’ dei beni mobili e con la loro circolazione;
– per quanto riguarda i beni mobili, il titolo di acquisto e’ il possesso, anche in caso di acquisto a non domino, purche’ il possessore sia in buona fede al momento dell’acquisto e sussista un titolo astrattamente idoneo al trasferimento della proprieta’;
– dalla presunzione di buona fede nel possesso, prevista dall’articolo 1147 c.c., deriva che all’attore in rivendicazione di un bene mobile e’ sufficiente provare il possesso della cosa in base a titolo astrattamente e potenzialmente idoneo al trasferimento della proprieta’ (articolo 1153 c.c.), mentre spetta a chi resiste all’azione medesima di dimostrare l’eventuale mala fede al momento della consegna a non domino

Ordinanza 28 febbraio 2019, n. 6007

Data udienza 23 maggio 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere

Dott. ABETE Luigi – Consigliere

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere

Dott. GIANNACCARI Rossana – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 26089/2014 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS) C/O (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
FALLIMENTO DELLA (OMISSIS) SRL DI (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1337/2013 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 06/09/2013;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 23/05/2018 dal Consigliere ROSSANA GIANNACCARI.

RILEVATO

che:
– la vicenda oggetto del giudizio trae origine dalla domanda proposta dalla curatela del fallimento della (OMISSIS) s.r.l. nei confronti di (OMISSIS), avente ad oggetto la restituzione di un tendone, di cui la curatela asseriva essere proprietaria, per averlo acquistato con atto del 21.8.1992; deduceva che, successivamente all’acquisto del tendone, con atto di transazione del 15.12.1998, i due soci della societa’ fallita avevano diviso il compendio aziendale trasferendo a (OMISSIS) solo il capannone ma non il tendone, che sarebbe, pertanto, rimasto nella proprieta’ della societa’ fallita.
– a conclusione dei giudizi di merito, la Corte di Appello di Firenze, con sentenza del 12.7.2013, confermava la decisione del primo giudice;
– la corte territoriale, qualificata la domanda come rivendica di bene mobile, riteneva che il possesso costituisse titolo idoneo al trasferimento della proprieta’, ai sensi dell’articolo 1153 c.c., ma, poiche’ il (OMISSIS) aveva trasferito a terzi il tendone, alla curatela residuava la tutela risarcitoria;
– avverso la sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS) sulla base di tre motivi;
– ha resistito con controricorso il Fallimento (OMISSIS) s.r.l..

CONSIDERATO

che:
– con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione dell’articolo 948 c.c. e dell’articolo 1153 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, per avere la corte territoriale erroneamente ritenuto che, ai fini dell’azione di rivendicazione di bene mobile, fosse sufficiente il possesso in buona fede sulla base di un titolo astrattamente idoneo al trasferimento della proprieta’, anche in caso di acquisto a non domino, mentre, ad avviso del ricorrente, sarebbe necessario fornire la prova rigorosa della proprieta’ attraverso la produzione dei titoli dei propri danti causa, fino alla prova di un acquisto a titolo originario;
– il motivo e’ infondato;
– in caso di rivendica di un bene mobile, il rigore probatorio richiesto dall’articolo 948 c.c., deve necessariamente coniugarsi con i modi di acquisto della proprieta’ dei beni mobili e con la loro circolazione;
– per quanto riguarda i beni mobili, il titolo di acquisto e’ il possesso, anche in caso di acquisto a non domino, purche’ il possessore sia in buona fede al momento dell’acquisto e sussista un titolo astrattamente idoneo al trasferimento della proprieta’;
– dalla presunzione di buona fede nel possesso, prevista dall’articolo 1147 c.c., deriva che all’attore in rivendicazione di un bene mobile e’ sufficiente provare il possesso della cosa in base a titolo astrattamente e potenzialmente idoneo al trasferimento della proprieta’ (articolo 1153 c.c.), mentre spetta a chi resiste all’azione medesima di dimostrare l’eventuale mala fede al momento della consegna a non domino (Cass. 18.2.1977 n. 736);
– la corte territoriale ha fatto corretta applicazione dell principi di diritto espressi da questa Corte, ritenendo provato, in capo al fallimento, la proprieta’ del tendone, sulla base dell’atto di acquisto della (OMISSIS) s.r.l. del 21.8.1992 e del principio “possesso vale titolo”, previsto dall’articolo 1153 c.c., avendo la societa’ attrice, poi fallita, ricevuto in buona fede ed in base ad un titolo astrattamente idoneo al trasferimento della proprieta’ il possesso del bene, di cui lamentava il mancato godimento;
– con il secondo motivo di ricorso, si deduce la violazione dell’articolo 948 c.c., in relazione all’articolo 360 comma 1 n. 3 c.p.c., per avere la corte territoriale erroneamente ritenuto ammissibile l’azione di rivendica nonostante che il convenuto non fosse nel possesso del bene al momento della domanda, introdotta nel 2002, per aver trasferito il tendone alla (OMISSIS) s.r.l. gia’ nel 1998; secondo il ricorrente, l’azione di rivendica deve essere rivolta nei confronti del possessore e, solo nell’ipotesi in cui questi abbia perduto il bene nel corso del giudizio, sarebbe ammissibile l’azione risarcitoria;
– con il terzo motivo di ricorso si deduce la violazione dell’articolo 112 c.p.c., per avere la corte territoriale condannato il (OMISSIS) al risarcimento dei danni in assenza di specifica domanda, avendo il Fallimento della (OMISSIS) s.r.l. agito unicamente per la restituzione del tendone, sicche’ la sentenza sarebbe viziata da ultrapetizione;
– i motivi, che possono essere esaminati congiuntamente, per la loro connessione, sono infondati;
– ai sensi dell’articolo 948 c.c., il proprietario puo’ rivendicare la cosa da chiunque la possiede o detiene e puo’ proseguire l’esercizio dell’azione anche se costui, dopo la domanda, ha cessato, per fatto proprio, di possedere o detenere la cosa;
– sul piano testuale, la disposizione normativa richiede soltanto il requisito della attualita’, nell’attore, del diritto di proprieta’ e dello ius possidendi, e quello dell’attualita’, nel convenuto, del possesso o della detenzione del bene rivendicato, sicche’ la legittimazione passiva non viene meno se il possessore abbia trasferito ad altri il possesso, in quanto l’azione di rivendica e’, nel contempo, petitoria e restitutoria;
– proprio la particolare circolazione dei beni mobili rende necessaria, accanto alla tutela restitutoria, quella risarcitoria, ove il bene venga distrutto, trasferito a terzi o sia venuto a mancare per altra causa, circostanza che sfugge al controllo di chi esercita l’azione di rivendica;
– nei casi in cui la perdita del possesso sia avvenuta, invece, prima della proposizione della domanda, la giurisprudenza di questa Corte ritiene che l’azione esperibile sia soltanto quella personale o di risarcimento dei danni, diretta ad ottenere il valore pecuniario della cosa (Cass. Civ. Sez II, 18.4.2001 n. 5702; Cassazione civile, sez. II, 04/02/1992, n. 1207; N. 3705/1988);
– nella specie, la curatela aveva agito per il recupero del bene o, qualora cio’ non fosse possibile, per ottenere il suo controvalore in denaro e la tutela risarcitoria, come testualmente risulta dall’atto di citazione, sicche’ e’ corretta la decisione della corte territoriale, che ha ammesso la tutela risarcitoria indipendentemente dalla circostanza che il trasferimento fosse avvenuto prima o dopo l’instaurazione del giudizio.
– non vi e’ stata, pertanto, alcuna violazione dell’articolo 112 c.p.c., in quanto la tutela risarcitoria era stata oggetto di specifica domanda proposta dalla curatela fallimentare;
– il ricorso va, pertanto, rigettato, con conseguente condanna della parte ricorrente, risultata soccombente, al pagamento delle spese processuali, liquidate come in dispositivo;
– ricorrono i presupposti di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater (applicabile ratione temporis, essendo stato il ricorso proposto dopo il 30 gennaio 2013) per il raddoppio del versamento del contributo unificato.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 3.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

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