Società di capitali e la responsabilità dei sindaci

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|11 maggio 2022| n. 14873.

Società di capitali e la responsabilità dei sindaci.

In tema di società azionarie, ove i sindaci abbiano mantenuto un comportamento inerte, non vigilando adeguatamente sulla condotta illecita gestoria contraria alla corretta gestione dell’impresa, non è sufficiente ad esonerarli da responsabilità la dedotta circostanza di essere stati tenuti all’oscuro dagli amministratori o di avere essi assunto la carica dopo l’effettiva realizzazione di alcuni dei fatti dannosi, allorché, assunto l’incarico, fosse da essi esigibile lo sforzo diligente di verificare la situazione e di porvi rimedio, onde l’attivazione conformemente ai doveri della carica avrebbe potuto permettere di scoprire tali fatti e di reagire ad essi, prevenendo danni ulteriori

Ordinanza|11 maggio 2022| n. 14873. Società di capitali e la responsabilità dei sindaci

Data udienza 29 marzo 2022

Integrale

Tag/parola chiave: Società di capitali – Società per azioni – Responsabilità dei sindaci – Omesso esercizio dei poteri-doveri di controllo attribuiti dalla legge – Comportamento inerte – Omessa adeguata vigilanza sulla condotta illecita gestoria contraria alla corretta amministrazione dell’impresa – Esimenti – Irrilevanza ai fini dell’affermazione della responsabilità

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere

Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere

Dott. ABETE Luigi – Consigliere

Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 4204/2017 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentati e difesi dagli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS), giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrenti –
contro
Curatela del Fallimento (OMISSIS) S.p.a., in persona dei curatori avv. (OMISSIS) e Dott. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
nonche’ contro
(OMISSIS), (OMISSIS), domiciliati in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS), giuste procure in calce al controricorso e ricorso incidentale;
controricorrenti e ricorrenti incidentali –
contro
Curatela del Fallimento (OMISSIS) S.p.a., in persona dei curatori avv. (OMISSIS) e Dott. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura in calce al controricorso al ricorso incidentale;
– controricorrente al ricorso incidentale –
avverso la sentenza n. 176/2016 della CORTE D’APPELLO di CAMPOBASSO, depositata il 07/07/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 29/03/2022 dal cons. Dott. NAZZICONE LOREDANA.

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FATTI DI CAUSA

La Corte d’appello di Campobasso con sentenza del 7 luglio 2016 ha accolto l’impugnazione proposta dal Fallimento (OMISSIS) s.p.a. avverso la decisione del Tribunale di Isernia del 15 maggio 2008, e, in riforma della stessa, ha condannato in solido L.Fall., ex articolo 146 l’amministratore (OMISSIS) ed i componenti del collegio sindacale (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) al risarcimento del danno di Euro 1.250.000,00, oltre interessi legali sulla somma anno per anno rivalutata in base agli indici Istat dal 31 dicembre 2000.
Premesso che sussisteva, sin dal bilancio al (OMISSIS), una causa di scioglimento della societa’, ai sensi dell’articolo 2447 c.c., la corte territoriale:
– ha accertato che dal bilancio (OMISSIS) risulta il compimento di atti di gestione da parte degli amministratori, in quanto la voce relativa ai “costi di gestione” e’ pari circa a Lire 4.900.000.000 per materie prime e sussidiarie, merci, servizi, godimento di beni di terzi, salari e stipendi, oltre ad ulteriori oneri diversi di gestione per Lire 3.521.974.257, indicati nella nota integrativa, e che dal bilancio intermedio al (OMISSIS) risultano costi pari a Lire 13.911.879.990 per materie prime e sussidiarie, costi di produzione, altri costi industriali, servizi amministrativi, salari e stipendi, oneri sociali ed altri costi commerciali;
– ha escluso sia provato che tali atti gestori siano riconducibili al fine liquidatorio o di mero completamento delle attivita’ gia’ intraprese;
– ha ritenuto responsabili anche i sindaci – (OMISSIS) (in carica al (OMISSIS)) e (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) (nominati il (OMISSIS)) – per i danni prodottisi a seguito delle nuove operazioni, in quanto dai medesimi era conosciuto o conoscibile con l’ordinaria diligenza lo stato di scioglimento della societa’, palesandosi l’esistenza di nuovi atti gestori dallo stesso divario tra le maggiori perdite menzionate nell’assemblea del (OMISSIS) e quelle esposte nel bilancio del (OMISSIS); l’assemblea predetta assunse deliberazioni illegittime, in quanto mancava una situazione patrimoniale aggiornata, ed i sindaci non si attivarono per impugnare la suddetta deliberazione, ma si limitarono a manifestare la loro preoccupazioni, ad invitare l’assemblea ad assumere gli opportuni provvedimenti ed esternare le loro perplessita’ sulle valutazioni dell’attivo patrimoniale;
– ha liquidato il danno sulla base degli accertamenti tecnico-contabili compiuti dal c.t.u., nella consulenza espletata in grado di appello, individuando le perdite riconducibili al periodo successivo allo scioglimento della societa’ – previa sottrazione delle voci del conto economico afferenti la gestione finanziaria e la gestione straordinaria, non influenzate dal compimento delle nuove operazioni, inoltre detraendo gli ammortamenti, le svalutazioni e le perdite su crediti in complessivi Euro 2.744.341,65; quindi, tenuto conto della domanda attorea contenuta nel tetto di Euro 1.250.000,00, ha liquidato il danno in tale somma, con accessori.

 

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Avverso questa sentenza propongono ricorso principale gli ex sindaci (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), affidato a cinque motivi, ed incidentale l’ex amministratore (OMISSIS) e l’ex sindaco (OMISSIS), residuati in giudizio dopo la transazione nelle more intervenuta, che articolano due motivi.
Ha depositato controricorso la procedura.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – I motivi del ricorso principale promosso dai sindaci deducono:
1) violazione e falsa applicazione degli articoli 2449 e 2697 c.c., oltre al vizio di motivazione, per avere la corte territoriale invertito l’onere di allegazione e prova, in quanto la curatela non ha indicato le operazioni poste in essere dagli amministratori in violazione del divieto ex articolo 2449 c.c., essendosi limitata ad allegare l’esistenza di “spese”, che e’ concetto distinto, e cio’ sin dall’atto introduttivo del giudizio;
2) violazione e falsa applicazione degli articoli 2393 e 2697 c.c., perche’ il danno e’ stato liquidato raffrontando i conti economici dei successivi esercizi sociali, ma il raffronto dei valori patrimoniali non e’ utilizzabile, pena l’inversione dell’onere probatorio;
3) violazione e falsa applicazione dell’articolo 1226 c.c., perche’ il danno e’ stato liquidato secondo un inammissibile criterio equitativo, mentre non era certo neppure nell’an;
4) violazione e falsa applicazione degli articoli 2407 e 2697 c.c., perche’ la corte del merito non ha accertato un’effettiva responsabilita’ in capo ai sindaci, ne’, ancor prima, la procedura attrice ha individuato i doveri da essi violati, anzi la corte del merito ha elencato l’intensa attivita’ di controllo e di richiamo svolta dai sindaci in detto periodo, ma non ha indicato neppure uno specifico addebito nei loro confronti e, tanto meno, il danno da essi cagionato;
5) omesso esame di fatto decisivo, consistente nell’incontestata situazione di istruttoria pre-fallimentare della societa’ all’epoca della nomina dei ricorrenti, tanto che, in attesa dell’accertamento circa lo stato d’insolvenza e della presenza del pubblico ministero, la posizione dei sindaci poteva essere solo quella di vigile attesa.
2. – I motivi del ricorso incidentale, proposto dal sindaco (OMISSIS) e dall’amministratore (OMISSIS), entrambi in carica al (OMISSIS), deducono:
1) violazione e falsa applicazione degli articoli 1218, 2449 e 2697 c.c., per non avere la corte territoriale considerato che la curatela non ha neppure indicato le operazioni poste in essere dagli amministratori in violazione del divieto ex articolo 2449 c.c. dopo il (OMISSIS), avendo la procedura solo allegato costi di produzione, ma non gli atti negoziali compiuti ed il danno derivatone;

 

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2) violazione e falsa applicazione dell’articolo 1226 c.c., perche’ il danno e’ stato liquidato secondo un inammissibile criterio equitativo, mentre non era certo neppure nell’an ed il criterio si palesa dunque arbitrario.
3. – Il primo motivo del ricorso principale ed il primo motivo del ricorso incidentale vertono sulle medesime censure, e, pertanto, possono essere congiuntamente trattati.
Essi sono infondati.
Se vi fosse stato, in ipotesi, un vizio di indeterminatezza della domanda, ai sensi dell’articolo 163 c.p.c., comma 3, nn. 3 e 4, il vizio stesso avrebbe potuto e dovuto essere eccepito dai convenuti in primo grado e rilevato d’ufficio dal giudice, con declaratoria conseguente – ove reputato sussistente – di nullita’ dell’atto di citazione ed assegnazione di un termine per integrarlo a pena di inammissibilita’.
Cio’, tuttavia, non e’ avvenuto, essendo proseguita la causa in primo ed in secondo grado, con adeguato esercizio del diritto di difesa delle parti, che hanno lungamente dedotto ed argomentato circa i fatti di inadempimento imputati agli amministratori: dunque, proprio questo gia’ palesa come tali fatti fossero sufficientemente individuati e che non vi fu l’omessa allegazione dei fatti costitutivi della pretesa, che e’ onere dell’attore esporre, e quindi provare, ai sensi dell’articolo 2697 c.c.
La corte del merito ha accertato, sulla base dei documenti in atti, ed in particolare dei bilanci sociali, il compimento di atti di gestione da parte degli amministratori.
A tal fine essa, con l’ausilio di una consulenza tecnica d’ufficio, ha esaminato le voci di bilancio e la loro composizione, giungendo alla conclusione – in punto di fatto non piu’ sindacabile – che tali documenti rivelano il compimento, da parte degli amministratori, di nuove operazioni, nel senso inteso dall’articolo 2449 c.c. (nel testo vigente ratione temporis) compiendo atti di gestione, pure in presenza dello stato di scioglimento per perdite, essendo ridotto il capitale sociale al di sotto del limite legale.
Nessuna inversione dell’onere probatorio ha, quindi, operato la corte, allorche’ ha ritenuto – una volta emerse le nuove operazioni dai bilanci – che sugli organi sociali gravasse l’onere di provare, al contrario, la funzionalita’ delle medesime operazioni alla sola liquidazione della societa’ ed alla conservazione degli attivi societari a quel mero fine. In tal modo, non e’ stato violato l’articolo 2697 c.c., in quanto il giudice del merito non ha addossato affatto, secondo l’assunto dei ricorrenti, agli stessi l’onere di provare l’insussistenza di nuove operazioni, ma unicamente quello di dimostrare che i nuovi atti gestori – positivamente accertati post scioglimento della societa’ trovassero giustificazione nella prosecuzione e nel compimento delle attivita’ gia’ intraprese, al fine di smentire l’assunto avverso.
In tal modo, sotto tale profilo, i due motivi si palesano inammissibili, laddove essi, pur sotto l’egida del vizio di violazione di legge o motivazionale, finiscono in realta’ per sindacare un accertamento di puro fatto, relativo all’esistenza, o no, della prova di nuove operazioni nel periodo considerato.

 

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Nel giudizio di merito e’ stato accertato che, nel corso degli esercizi sociali tra il (OMISSIS) e la dichiarazione di fallimento in data (OMISSIS), quando dunque la societa’ aveva perso interamente il proprio capitale, furono compiute nuove operazioni: la Corte territoriale, invero, ha accertato, nell’ambito dei poteri ad essa riservati, che, dai documenti prodotti ed in particolare dai bilanci societari, come esaminati e valutati nelle singole poste, con l’ausilio del c.t.u, risulta il compimento di atti gestori, da parte della societa’, ormai in istato di scioglimento, e che questo implicava, appunto, il compimento di nuove operazioni.
Quanto ai profili di diritto, non ha errato la corte del merito, laddove ha applicato i principi da tempo affermati da questa Corte nell’ambito della speciale disposizione dell’articolo 2449 c.c., nel testo previgente, secondo cui la norma – oltre a prevedere una particolare responsabilita’ degli amministratori in solido con la societa’ verso i terzi – puo’ dare luogo anche alla ulteriore e diversa responsabilita’ riconducibile, a seconda dei casi, agli articoli 2393, 2394 e 2395 c.c.
Invero, il compimento di operazioni incompatibili con la situazione di scioglimento in cui versa la societa’ e’ certamente un atto contrario e doveri al cui rispetto e’ tenuto l’amministratore: dunque, oltre all’assunzione di responsabilita’ legale nei confronti di coloro verso i quali la societa’ risulti obbligata per effetto di quelle nuove operazioni, e’ ben possibile che ne scaturisca anche un’ulteriore e diversa responsabilita’ di volta in volta riconducibile, a seconda dei casi, alla previsione dell’articolo 2393 c.c. (se ne sia derivato un danno per il patrimonio sociale), dell’articolo 2394 c.c. (se ne sia derivato un impoverimento del medesimo patrimonio sociale che lo abbia reso insufficiente a soddisfare le ragioni di uno o piu’ creditori) o anche dell’articolo 2395 c.c. (se il danno abbia toccato direttamente la sfera giuridica di un socio o di un terzo).
In tal senso sono plurime decisioni di questa Corte (cfr. Cass. 6 settembre 2007, n. 18724; Cass. 16 febbraio 2007, n. 3694; Cass. 19 settembre 1995, n. 9887; v. pure Cass. 2 ottobre 2015, n. 19733; Cass., sez. un., 6 maggio 2015, n. 9100; Cass. 5 febbraio 2015, n. 2156).
4. – Il secondo ed il terzo motivo del ricorso principale, al pari del secondo motivo del ricorso incidentale, vertono sul danno liquidato dalla corte territoriale.
Le censure non meritano accoglimento in punto di diritto e sono inammissibili con riguardo al giudizio sul fatto.

 

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La corte territoriale, dopo avere disposto una c.t.u. in grado di appello, ha dato seguito sigli accertamenti da essa compiuti, giudicati immuni da vizi logico-giuridici, liquidando il danno tenuto conto delle perdite riconducibili al periodo successivo allo scioglimento della societa’, peraltro depurandole da tutte le voci, vuoi perche’ non afferenti alle nuove operazioni in senso proprio (ma ad una gestione conservativa), vuoi perche’ non costituenti perdite, ed infine si e’ mantenuta nei limiti del quantum della domanda, ai sensi dell’articolo 99 c.p.c.
In tal modo, in punto di diritto, non ha violato i principi enunciati da questa Corte, secondo cui non e’ giustificata la liquidazione del danno in misura pari alla perdita incrementale derivante dalla prosecuzione dell’attivita’, poiche’ non tutta la perdita riscontrata dopo il verificarsi della causa di scioglimento puo’ essere riferita alla prosecuzione dell’attivita’ medesima, potendo in parte comunque prodursi anche in pendenza della liquidazione o durante il fallimento, per il solo fatto della svalutazione dei cespiti aziendali, in ragione del venir meno dell’efficienza produttiva e dell’operativita’ dell’impresa (Cass. 23 giugno 2008, n. 17033) ed il danno non va commisurato alla differenza tra attivita’ e passivita’ accertate in sede concorsuale, ma va determinato in relazione alle conseguenze immediate e dirette delle violazioni contestate (Cass. 4 luglio 2012, n. 11155; Cass. 23 giugno 2008, n. 17033).
Il giudizio sul fatto, dal suo canto, non puo’ essere in nessun modo riproposto in sede di legittimita’.
5. – Il quarto e quinto motivo del ricorso principale vertono sulla specifica situazione dei sindaci. Essi sostengono che difetterebbe l’accertamento di fatti di inadempimento loro imputabili, avendo anzi posto in essere i medesimi una serie di avvertenze e richiami nei confronti degli amministratori, in un periodo in cui vi erano istanze di fallimento nei confronti della societa’.
I motivi sono inammissibili.

 

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I ricorrenti sono stati nominati il (OMISSIS) e sono rimasti in carica sino al fallimento, dichiarato il (OMISSIS).
La corte territoriale ha loro imputato di non essersi attivati maggiormente, a fronte di una situazione patrimoniale palesemente in perdita, ma di essersi limitati a generiche manifestazioni di perplessita’ e inviti nei confronti degli amministratori.
I motivi sono inammissibili, laddove, al fine di sostenere l’assunto della inesigibilita’ di un diverso comportamento, ne’ elencano gli atti in concreto da essi compiuti, ne’ deducono, al di la’ di una generica affermazione circa l’essere “in corso presso il Tribunale di Isernia istruttoria per i ricorsi presentati da numerosi creditori”, le date di tali istanze, collocandole cronologicamente rispetto al periodo della carica. Cio’ rende altresi’ non decisivo il fatto pretesamente omesso dall’esame del giudice del merito, ossia l’esistenza di istanze di fallimento, del resto difficilmente ignote ai giudici del merito, atteso il dato fattuale del fallimento dichiarato ad (OMISSIS).
In punto di diritto, la corte d’appello ha richiamato il corretto principio, secondo cui, ove i sindaci abbiano mantenuto un comportamento inerte, non vigilando adeguatamente sulla condotta illecita gestoria contraria alla corretta gestione dell’impresa, non e’ sufficiente ad esonerarli da responsabilita’ la dedotta circostanza di essere stati tenuti all’oscuro dagli amministratori o di avere essi assunto la carica dopo l’effettiva realizzazione di alcuni dei fatti dannosi, allorche’, assunto l’incarico, fosse da essi esigibile lo sforzo diligente di verificare la situazione e di porvi rimedio, onde l’attivazione conformemente ai doveri della carica avrebbe potuto permettere di scoprire tali fatti e di reagire ad essi, prevenendo danni ulteriori (Cass. 12 luglio 2019, n. 18770, ed altre).
Cio’, in una situazione gia’ palesatasi di perdite rilevanti ex articolo 2447 c.c., i sindaci non hanno, secondo la corte d’appello, esperito tutte le attivita’ necessarie ai fini di scongiurare il danno.
6. – Le spese seguono la soccombenza dei ricorrenti principali ed incidentali nei confronti della procedura, con responsabilita’ solidale, mentre sono compensate per intero fra i primi, per l’interesse nella sostanza comune.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale e il ricorso incidentale; condanna in solido (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) ed (OMISSIS) al rimborso delle spese di lite in favore del FALLIMENTO (OMISSIS) S.P.A., liquidate in Euro 7.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15% sui compensi ed agli accessori, come per legge; compensa per intero le spese tra i ricorrenti principali ed incidentali.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versarnento, da parte dei ricorrenti principali ed incidentali, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello richiesto, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

 

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