Società ed il contratto concluso in conflitto di interessi

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|13 marzo 2023| n. 7279.

Società ed il contratto concluso in conflitto di interessi

In tema di società, il contratto concluso in conflitto di interessi integra l’illecito di cui all’art. 2476 c.c. allorché l’amministratore abbia fatto prevalere un interesse extrasociale, che oltre ad essere incompatibile con quello della società, sia per essa pregiudizievole, alla stregua di una valutazione della condotta, operata secondo un giudizio “ex ante”, che tenga conto della mancata adozione delle cautele, delle verifiche e delle informazioni preventive, normalmente richieste per una scelta analoga a quella adottata, nonché della diligenza mostrata nell’apprezzare preventivamente i margini di rischio connessi all’operazione. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza della corte territoriale, che aveva escluso il carattere illecito dell’attribuzione, in favore dell’amministratore revocato, di un compenso, stabilito all’esito di una transazione intervenuta a definizione della controversia intrapresa dal medesimo avverso la società).

Ordinanza|13 marzo 2023| n. 7279. Società ed il contratto concluso in conflitto di interessi

Data udienza 2 febbraio 2023

Integrale

Tag/parola chiave: Società di capitali – Società a responsabilità limitata – Amministratori – Azione sociale della minoranza – Responsabilità degli amministratori – Condizioni – Interesse extrasociale – Rilevanza – Ipotesi concernente la conclusione di un contratto in conflitto di interessi – Onere probatorio – Estremi – Interesse estraneo o pregiudizievole per la società – Necessità

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente
Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere

Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9853/2018 R.G. proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA VIA MERULANA 247, presso lo studio dell’avvocato DI GIOVANNI FRANCESCO (DGVFNC56P14H501Y) che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), domiciliato ex lege in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato RESCIGNO VINCENZO (RSCVCN67T01H703H);
-controricorrente-
nonche’ contro
(OMISSIS), (OMISSIS), domiciliato ex lege in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato CASTALDI FILIPPO (CSTFPP46H09F912P);
-controricorrenti-
nonche’ contro
(OMISSIS), domiciliato ex lege in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato DE PRISCO NICOLA (DPRNCL58D20G230B);
-controricorrente-
nonche’ contro
(OMISSIS) SRL, in persona del curatore speciale;
– intimata –
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO NAPOLI n. 267/2018 depositata il 19/01/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 02/02/2023 dal Consigliere LOREDANA NAZZICONE.

FATTI DI CAUSA

Con sentenza del 19 gennaio 2018, la Corte d’appello di Napoli ha respinto l’impugnazione avverso la sentenza di primo grado, pronunciata dal Tribunale di Napoli, la quale aveva rigettato le domande, proposte dalla socia (OMISSIS), volte alla condanna dell’amministratrice (OMISSIS), dell’ex amministratore di diritto e amministratore di fatto (OMISSIS), nonche’ degli altri soci, al risarcimento dei danni ai sensi dell’articolo 2476 c.c., patiti sia dall’ (OMISSIS) s.r.l. (nella misura richiesta non inferiore ad Euro 500.000,00), sia dalla socia (in misura di almeno Euro 100.000,00).
Avverso questa sentenza ha proposto ricorso (OMISSIS), sulla base di due motivi.
Resistono con controricorsi (OMISSIS), (OMISSIS) con (OMISSIS) (i quali depositano anche la memoria) e (OMISSIS), mentre la societa’, in persona del curatore speciale, e’ rimasta intimata.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – La Corte territoriale ha ritenuto, per quanto ancora rileva, che:
a) circa l’allegazione di costi ingiustificati, illecitamente nell’assunto attoreo fatti gravare sulla societa’: a’) la decisione di transigere la controversia insorta con l’ex amministratore (OMISSIS), che aveva intrapreso un giudizio ordinario per il pagamento di compensi nella misura di Euro 292.750,93 in relazione alla gestione societaria negli anni dal 2005 al 2010, e’ stata adottata a maggioranza dall’assemblea dei soci; ha comportato il pagamento in suo favore della minor somma di Euro 146.000,00 e non puo’ essere sindacata dal giudice, trattandosi di scelta discrezionale degli organi sociali, ne’ emergendo elementi di avventatezza, irrazionalita’ o arbitrio della scelta medesima; a”) la spesa pubblicitaria di Euro 61.732,00 sostenuta nel corso di un esercizio sociale, e’ del pari frutto di una scelta discrezionale e insindacabile, non essendo sufficiente a ritenere la mala gestio l’allegata prestazione delle attivita’ sanitarie per l’unico cliente SSN, posto che, come ritenuto anche dal Tribunale, la societa’ ha interesse a fidelizzare i clienti in regime di convenzione e a fornire prestazioni ai privati; a”’) i costi per il personale sono derivati anch’essi da scelte discrezionali e non sindacabili, escluso che fossero manifestamente avventati;
b) quanto alla falsita’ dei bilanci societari, per avere essi esposto al patrimonio netto gli utili non distribuiti dalla societa’ personale, prima della trasformazione nell’attuale s.r.l., invece di competenza dei singoli soci e quindi da appostare a debito, il Tribunale ha rilevato che le deliberazioni di approvazione di detti bilanci sono stati impugnate in sede contenziosa e che la loro eventuale caducazione farebbe ex se venir meno il presupposto dell’intentata azione di responsabilita’, ma l’appellante non ha attaccato tale ratio decidendi; inoltre, il Tribunale ha condivisibilmente rilevato che manca l’allegazione e la prova del danno, e che non automaticamente la perdita eventualmente derivata dalla prosecuzione dell’attivita’ sociale, nonostante lo stato di scioglimento della societa’, puo’ ricondursi al fatto degli amministratori che abbiano proseguito l’attivita’ sociale;
c) circa il danno cagionato direttamente alla socia, il Tribunale ha rilevato che la stessa si e’ autonomamente determinata a effettuare nuovi esborsi in societa’, e il motivo non e’ adeguatamente specifico nel contestare tale affermazione, insistendo senza alcun riferimento concreto sulla esistenza di un danno per le continue richieste da parte della societa’.
2. – Con il primo motivo, la ricorrente deduce la violazione degli articoli 2391, 2392 e 2476 c.c., per non avere la corte d’appello co’lto il carattere abusivo delle scelte gestorie menzionate, in ragione della perdurante posizione di (OMISSIS) quale amministratore di fatto, che palesava come quelle scelte fossero contrarie all’interesse sociale, dal momento che egli aveva, dopo la revoca cautelare per mala gestio disposta dal giudice ai sensi dell’articolo 2476, comma 3, c.c., sostituito a se’, quale sorta di longa manus, la nuova amministratrice, cosi’ volgendo a proprio beneficio esclusivo parte rilevante dei risultati dell’attivita’ sociale, in primis ottenendo dalla transazione un compenso non deliberato dall’assemblea e quattro volte superiore a quello corrisposto alla nuova amministratrice.
Con il secondo motivo, deduce la violazione o falsa applicazione degli articoli 2391, 2392, 2476, 2485 e 2486 c.c., perche’ la falsita’ dei bilanci era stata dedotta proprio per rimarcare il ruolo di sostanziale gestore della societa’ da parte dell’amministratore revocato, e non per ottenere una declaratoria di nullita’ o una rettifica dei bilanci stessi, oggetto invece di separato giudizio. In particolare, i bilanci continuano a recare, quale patrimonio netto, una posta che, invece, e’ composta dagli utili prodotti dalla societa’ personale ante trasformazione, che dovevano essere quindi imputati alla voce “debiti”. Cio’ ha quindi comportato l’esistenza di perdite occultate, in costanza delle quali e’ proseguita l’attivita’ sociale, con danno per la societa’ e per il singolo socio, cui non e’ permesso di conseguire la quota di liquidazione.
3. – Il primo motivo e’ infondato.
3.1. – L’attribuzione all’ex amministratore revocato di un compenso, quale conseguenza della conclusione di un contratto di transazione tra il medesimo e la societa’ a definizione della lite dal primo intrapresa, e’ stata dalla socia inquadrata nell’a’mbito della condotta in conflitto di interessi, posta in thesi in essere dalla nuova amministratrice, nonche’ dall’amministratore di fatto, con danno al patrimonio sociale.
La censura denuncia invero un sostanziale conflitto di interessi da parte della nuova amministratrice (OMISSIS), che, in concorso con l’ex amministratore (OMISSIS) – il quale, dopo essere stato revocato giudizialmente dalla carica, avrebbe nell’assunto continuato di fatto a gestire la societa’ – e con gli altri soci, ha comportato la corresponsione della somma di Euro 146.000,00 a titolo di compensi in favore all’ex amministratore, in virtu’ della transazione conclusa tra il medesimo e la societa’ amministrata da (OMISSIS), sua dipendente sia presso la stessa, sia presso altre societa’.
Tali fatti, nella loro materialita’, sono stati accertati o ritenuti incontestati dalla Corte territoriale: salvo la perdurante attivita’ del (OMISSIS) come amministratore di fatto e sostanziale ispiratore delle scelte societarie, sulla quale, invece, la corte del merito ha ritenuto superfluo indagare, in ragione della ritenuta natura puramente discrezionale delle condotte gestorie, imputate dalla socia ai convenuti.
3.2. – All’articolo 2476 c.c. va ricondotto, fra le condotte illecite imputabili a chi gestisce una societa’, l’agire in conflitto di interessi, per conto proprio o per conto altrui, dell’amministratore di diritto o di fatto.
La facolta’ per la societa’ di agire, ai sensi dell’articolo 2475-ter c.c., per l’annullamento dei contratti conclusi dagli amministratori in conflitto di interessi, per conto proprio o di terzi, ove il conflitto era conosciuto o riconoscibile dal terzo, non esclude, invero, che la medesima condotta sia posta a fondamento non di un’azione caducatoria – qual e’ quella prevista nella norma menzionata – ma dell’azione di risarcimento del danno patito dalla societa’.
Giova ricordare che il conflitto di interessi di cui all’articolo 1394 c.c. postula un rapporto d’incompatibilita’ fra le esigenze del rappresentato e quelle personali del rappresentante o di un terzo che egli a sua volta rappresenti, rapporto che va riscontrato non in termini astratti e ipotetici, ma con riferimento al singolo atto, di modo che e’ ravvisabile esclusivamente rispetto al contratto le cui intrinseche caratteristiche consentano l’utile di un soggetto solo passando attraverso il sacrificio dell’altro (Cass. 29 settembre 2005, n. 19045).
Si osserva che sussiste conflitto di interessi tra rappresentante e rappresentato qualora il terzo persegua interessi propri o di terzi incompatibili con quelli del rappresentato, cosicche’ all’utilita’ conseguita o conseguibile dal rappresentante o dal terzo corrisponda o possa corrispondere il danno del rappresentato; l’accertamento dell’esistenza del conflitto – che coinvolge un’indagine di fatto riservata al giudice di merito ed e’ sindacabile dal giudice di legittimita’ per vizi di motivazione ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 5 – deve essere, peraltro, condotto sulla base del contenuto e delle modalita’ dell’operazione, prescindendo da una contestazione di formale contrapposizione di posizioni, che puo’ valere come semplice elemento presuntivo di conflitto (Cass. 26 settembre 2005, n. 18792; Cass. 10 aprile 2000, n. 4505).
Dunque, si ha conflitto di interessi rilevante quando vi e’, di fatto, un conflitto tra un interesse non sociale – quindi un interesse che non e’ in alcun modo riconducibile al contratto di societa’ – e uno qualsiasi degli interessi che sono riconducibili a tale contratto (cfr., in motivazione, Cass. 12 dicembre 2005, n. 27387) e quando dati comportamenti dell’amministratore “non siano in se’ vietati dalla legge o dallo statuto e l’obbligo di astenersi dal porli in essere discenda dal dovere di lealta’, coincidente col precetto di non agire in conflitto di interessi con la societa’ amministrata… l’illecito e’ integrato dal compimento dell’atto in violazione di uno dei menzionati doveri; in tal caso l’onere della prova dell’attore non si esaurisce nella prova dell’atto compiuto dall’amministratore ma investe anche quegli elementi di contesto dai quali e’ possibile dedurre che lo stesso implica violazione del dovere di lealta’…” (Cass. 17 gennaio 2007, n. 1045).
Piu’ in generale, l’azione di responsabilita’ sociale e’ esperibile nei confronti dell’amministratore ogni qualvolta le sue condotte, valutate ex ante, risultino manifestamente avventate e imprudenti, ne’ assumendo rilievo il principio di insindacabilita’ degli atti di gestione in presenza di scelte di natura palesemente arbitraria (Cass. 16 dicembre 2020, n. 28718).
Pertanto, nel caso di conflitto di interessi con la societa’ rappresentata, la sfera dei poteri di indagine del giudice si amplia, potendo essere considerato il merito di quella scelta, nel senso che il giudice e’ chiamato a valutare la ragionevolezza della stessa, secondo un giudizio ex ante, tenendo conto della mancata adozione delle cautele, delle verifiche e delle informazioni preventive, normalmente richieste per una scelta di quel tipo nonche’ della diligenza mostrata nell’apprezzare preventivamente i margini di rischio connessi all’operazione (cfr., fra le altre, Cass. 22 giugno 2020, n. 12108; Cass. 22 giugno 2017, n. 15470).
L’amministratore, dunque, risponde dei danni causati alla societa’, qualora abbia fatto prevalere l’interesse extrasociale, come dovra’ accertarsi da parte del giudice di merito, allorche’ verifichi che egli abbia agito senza che la scelta abbia un fondamento razionale o se non sia accompagnata dalle verifiche imposte dalla diligenza richiesta, ma sia, al contrario, connotata da imprudenza (o, addirittura, da dolo).
In particolare, ove si deduca la conclusione di un contratto in conflitto di interessi, non basta che il terzo abbia un interesse diverso o anche contrario a quello della societa’ – situazione che puo’ porsi, di regola, per i contratti sinallagmatici, ove al vantaggio economico prodotto da una condizione contrattuale per una parte corrisponde specularmente una minore convenienza per l’altra – dovendo essere interessi fra loro incompatibili e fare difetto i presupposti per addivenire a quel regolamento contrattuale, in quanto l’accordo non risponda a nessun interesse della societa’ e sia per essa pregiudizievole.
Tale situazione deve essere palesata, trattandosi di atto gestorio per il quale vige la regola dell’insindacabilita’ giudiziale delle scelte di merito, da indici ed elementi di anomalia del contesto concreto in cui la scelta e’ stata compiuta, che e’ onere di chi agisce provare, con qualsiasi mezzo probatorio.
3.3. – Proprio tale essendo l’azione proposta, nella specie, contro gli amministratori (e gli altri soci), ai sensi dell’articolo 2476 c.c., per i danni cagionati alla societa’ quale azione sociale della minoranza, la sua delibazione presupponeva l’accertamento del concreto conflitto per conto proprio o di terzi, in capo alla nuova amministratrice e degli altri soci, nel favorire unicamente gli interessi dell’ex amministratore revocato, e non quello della societa’.
L’attrice non ha dedotto, quale elemento che rendesse irragionevole quella scelta, ad esempio, l’assenza di effettive prestazioni gestorie di (OMISSIS), solo facendo questione di misura del compenso, che sarebbe stato superiore a quanto poi corrisposto alla nuova amministratrice, e del perdurante ruolo da lui svolto nell’amministrazione della societa’: ma la Corte territoriale ha escluso, con accertamento ad essa riservato, che il primo elemento fosse, nella vicenda concreta, sproporzionato o frutto di una determinazione avventata, esponendo come, a fronte della domanda giudiziale per il pagamento del compenso nella misura di Euro 292.750,93, relativo alla gestione societaria negli anni 2005-2010, l’assemblea dei soci abbia stabilito di transigere, corrispondendogli la somma di Euro 146.000,00, pari alla meta’ del richiesto; quanto al continuare egli nella gestione o al dirigere l’amministratrice di diritto, la Corte non ha ritenuto necessario indagare sul punto, una volta ritenuto quel compenso comunque dovuto per il passato.
La Corte d’appello, invero, ha rilevato che la somma costituisce il compenso per l’attivita’ svolta dal (OMISSIS) quale amministratore della societa’ nel corso di cinque anni e che il medesimo aveva giudizialmente richiesto una cifra doppia, e ha evidenziato la mancanza di elementi sintomatici del perseguimento di un interesse extrasociale, ritenendo esistente il debito e non irragionevole quel compenso.
In tal modo, la Corte d’appello non e’ incorsa nel vizio di falsa applicazione dell’articolo 2476 c.c., ne’ tale valutazione fattuale puo’ essere qui ripetuta.
4. – Il secondo motivo e’ inammissibile.
La Corte territoriale, con riguardo alla denunziata falsita’ dei bilanci sociali che avrebbe comportato il divieto dell’amministratore di gestire per fini non meramente conservativi, ha affermato che il motivo relativo era inidoneo a censurare la decisione del Tribunale, non attaccando la relativa ratio decidendi: e neppure in questa sede la ricorrente censura detto passaggio argomentativo della sentenza impugnata, rendendo il motivo inammissibile.
Inoltre, il motivo ripropone un giudizio sul fatto, concernente la vera natura di una posta iscritta a bilancio e lo stato di scioglimento della societa’, che non si puo’ compiere in questa sede: costituisce invero principio consolidato quello che l’apprezzamento del giudice di merito relativo alla ricostruzione della dinamica dei fatti, all’accertamento delle condotte pregiudizievoli, alla sussistenza della colpa dei soggetti coinvolti e alla loro eventuale graduazione, al pari dell’accertamento dell’esistenza o dell’esclusione del rapporto di causalita’ tra i comportamenti dei singoli soggetti e l’evento dannoso, integrano altrettanti giudizi di merito, che restano sottratti al sindacato di legittimita’, ove informati a esatti principi giuridici (fra le altre, Cass. 25 gennaio 2012, n. 1028; 23 febbraio 2006, n. 4009; 14 luglio 2003, n. 11007).
Quanto esposto rende irrilevante ogni questione circa il rigetto dell’impugnativa di bilancio ad opera della sentenza prodotta solo con la memoria dai controricorrenti.
5. – Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso delle spese di lite, liquidate: a) in favore di (OMISSIS) e di (OMISSIS), nella misura per ciascuno di Euro 8.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15% ed agli accessori di legge; b) in favore solidale di (OMISSIS) e (OMISSIS) nella misura di Euro 8.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15% ed agli accessori, come per legge.
Ai sensi dell’articolo 13, comma 1-quater, Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, ove dovuto.

 

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