Sopravvenuto stato di detenzione per altra causa

Corte di Cassazione, penale, Sentenza|7 febbraio 2022| n. 4184.

In caso di rinvio del processo a causa del sopravvenuto stato di detenzione per altra causa dell’imputato, sebbene si configuri un’ipotesi di legittimo impedimento a comparire del predetto, deve farsi riferimento all’art. 159, comma primo, n. 3 cod. pen. ai fini del calcolo del periodo di sospensione dei termini di prescrizione del reato, all’art. 159, comma primo, n. 3 cod. pen. (salvo che per i casi eccezionali di detenzione all’estero), calcolandosi, pertanto, il giorno dell’impedimento, che ha determinato il rinvio dell’udienza, aumentato di sessanta giorni.

Sentenza|7 febbraio 2022| n. 4184. Sopravvenuto stato di detenzione per altra causa

Data udienza 22 dicembre 2021

Integrale

Tag – parola: Rinvio del processo per lo stato di detenzione dell’imputato per altra causa – Calcolo del periodo di sospensione della prescrizione – Riferimento al giorno dell’impedimento aumentato di giorni sessanta – Estinzione del reato prima della sentenza d’appello – Annullamento senza rinvio

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIOTALLEVI Giovanni – Presidente

Dott. PACILLI Giuseppina – Consigliere

Dott. SGADARI Giuseppe – Consigliere

Dott. TUTINELLI Vincenzo – Consigliere

Dott. ARIOLLI Giovanni – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 28/10/2019 della CORTE APPELLO di CALTANISSETTA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. GIOVANNI ARIOLLI;
procedimento a trattazione scritta ex Decreto Legge n. 137 del 2020, articolo 23-bis.

Sopravvenuto stato di detenzione per altra causa

RITENUTO IN FATTO

1. (OMISSIS), a mezzo di difensore di fiducia, ricorre per cassazione per l’annullamento della sentenza della Corte di appello di Caltanissetta del 28/10/2019, che ha confermato la sentenza emessa dal Tribunale di Enna con cui il ricorrente e’ stato condannato alla pena di giustizia in ordine al delitto di cui all’articolo 640-bis c.p., con le attenuanti generiche equivalenti.
Al riguardo deduce:
1) eccezione di prescrizione del reato in epoca antecedente alla sentenza della Corte di appello, non potendosi assegnare valenza alle sospensioni del termine disposte dal primo giudice in quanto avvenute in assenza dei presupposti di legge (cosi’ la sospensione per legittimo impedimento dell’imputato a cagione dello stato di detenzione sopravvenuto era stato calcolato per l’intera durata del rinvio dell’udienza pari a mesi otto e giorni tre; si era poi disposta la sospensione per la concessione di termine a difesa stante la nuova nomina fiduciaria dell’imputato con rinvio dell’udienza per mesi 3 gg. 28);
2) violazione di legge, inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullita’ in relazione all’articolo 420-ter c.p., commi 1 e 3.
Nullita’ della sentenza per mancata notificazione all’imputato legittimamente impedito dell’ordinanza di fissazione della nuova udienza;
3) violazione di legge, vizio di motivazione e travisamento della prova in ordine alla ritenuta sussistenza dell’elemento soggettivo del delitto di truffa aggravata ex articolo 640-bis c.p.;
4) insussistenza dell’elemento oggettivo del reato e erroneita’ della disposta confisca ex articolo 640-quater c.p. sino alla concorrenza dell’intero importo percepito.
2. Il P.G. presso questa Corte, con requisitoria in data 4/12/2021, ritenendo fondato il primo motivo di ricorso, ha concluso per l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per essere il reato estinto per prescrizione.
3. Con memoria in data 9/12/2021, la difesa del ricorrente ha insistito per l’accoglimento del ricorso.

 

Sopravvenuto stato di detenzione per altra causa

CONSIDERATO IN DIRITTO

4. Il ricorso e’ fondato con riguardo al primo motivo.
4.1. Il giudice di primo grado, infatti, risulta avere erroneamente calcolato, ai fini della sospensione del termine di prescrizione conseguente al rinvio dell’udienza per il sopravvenuto stato di detenzione dell’imputato per altra causa, l’intero periodo intercorrente tra le udienze, pari a mesi otto e giorni tre. Invero, pur configurandosi, nel caso di rinvio del processo a cagione dello stato di detenzione dell’imputato per altra causa, un’ipotesi di legittimo impedimento a comparire, ai fini del calcolo del periodo di sospensione della prescrizione deve farsi riferimento – salvi i casi eccezionali di detenzione all’estero dell’imputato – al disposto di cui all’articolo 159 c.p., comma 1, n. 3 calcolandosi, pertanto, il giorno dell’impedimento che ha determinato il rinvio dell’udienza, aumentato di giorni sessanta.
4.2. Parimenti del tutto errato e’, invece, avere computato ai fini sospensivi della prescrizione il rinvio concesso per termini a difesa al nuovo difensore. Al riguardo, infatti, questa Corte ha affermato che in tema di prescrizione del reato, la sospensione del procedimento e il rinvio o la sospensione del dibattimento comportano, senza necessita’ di un provvedimento formale, la sospensione dei relativi termini ogni qualvolta siano disposti per impedimento dell’imputato o del suo difensore, ovvero su loro richiesta e sempre che l’una o l’altro non siano determinati da esigenze di acquisizione della prova o dal riconoscimento di un termine a difesa (S.U. n. 1021 del 2001, dep. 2002, Rv. 220509; Sez. 7, n. 9466 del 2014, dep. 2015, Rv. 262670). Nel caso in esame, dalla lettura del verbale di udienza, risulta che il rinvio venne determinato “al fine di garantire l’effettivita’ del diritto alla difesa”, in ragione della nuova nomina conferita dall’imputato al difensore presente, al quale andava riconosciuto il detto termine ai sensi dell’articolo 108 c.p.p., comma 1.
5. Va, pertanto, annullata senza rinvio la sentenza impugnata per essere il reato estinto per prescrizione maturata prima della sentenza di appello, con assorbimento delle restanti censure, ad eccezione del motivo formulato con riguardo alla legittimita’ della confisca disposta dal primo giudice, trattandosi di questione che la Corte e’ tenuta ad esaminare in forza del disposto di cui all’articolo 578-bis c.p.p..
6. Cio’ premesso, il motivo dedotto in ordine alla confisca del profitto del reato e’ manifestamente infondato.

 

Sopravvenuto stato di detenzione per altra causa

6.1. Le sentenze di merito hanno evidenziato, con motivazione congrua e scevra da vizi logici, come l’erogazione dei contributi comunitari in relazione all’anno contestato (2011) sia conseguenza di una condotta fraudolenta del ricorrente consistita nella consapevole allegazione di falsi contratti di affitto attestanti il possesso dei terreni indicati nella domanda (alcuni danti causa risultavano gia’ deceduti, altri avevano negato la stipulazione dei contratti, alcuni terreni erano di proprieta’ demaniale non al medesimo rilasciati in concessione ovvero di spettanza di terzi). La documentazione condizionava l’erogazione del contributo e l’accoglimento della domanda implicava articolati controlli da parte dell’autorita’ competente per l’accertamento dell’ammissibilita’ dei contributi; pertanto la sua allegazione integra una condotta fraudolenta inquadrabile nella fattispecie astratta prevista dall’articolo 640-bis c.p., dato che, come correttamente ritenuto dalla Corte territoriale, la falsificazione e’ una condotta artificiosa idonea ad ingannare l’Autorita’ concedente circa l’esistenza delle condizioni per l’erogazione del contributo (Sez. 2, n. 53650 del 2016, Rv. 268854; Sez. 2, n. 23163 del 2016, Rv. 266979). Ne’ assume rilievo, ai fini dell’esclusione del reato contestato, la circostanza, peraltro non asseverata dalle sentenze di merito, che ai fini del contributo rilevi esclusivamente l’effettiva disponibilita’ dei terreni, sia perche’ la stessa normativa richiamata dal ricorrente attribuisce rilievo alla documentazione di carattere negoziale relativa ai presupposti di fatto da cui origina il diritto, sia perche’ e’ proprio la fonte primaria che demanda al Regolamento citato le modalita’ di applicazione per ottenere il beneficio. Infine, per quanto precisato in sentenza, e’ lo stesso ricorrente che ha dato rilievo al profilo formale, posto che al medesimo si deve la falsa allegazione.
6.2. Quanto, poi, all’entita’ della somma confiscata, riferita all’intero contributo erogato, essendo stata individuata la condotta illecita nell’allegazione del contratto falsificato, deve ritenersi che il vantaggio ingiusto generato dalla condotta decettiva sia l'”intero” contributo lucrato, come ritenuto dal Collegio territoriale, e non solo una parte di esso (ovvero quella riferibile ai terreni riconducibili alla parte del contratto falsificata) per come prospettato dal ricorrente. Si tratta di un’interpretazione della normativa penale nazionale che non e’ distonica rispetto alle indicazioni contenute nella normativa amministrativa Europea: questa pur non disciplinando la materia penale, distingue tra allegazioni “colposamente” inesatte, cui consegue un ridimensionamento del contributo (articolo 58 Reg. CE n. 1122/09) ed allegazioni “intenzionalmente” non corrispondenti al vero, cui segue, invece, la perdita dell’intero contributo per l’anno civile considerato (articolo 60 Reg. CE n. 1122/09). Deve essere chiarito, tuttavia, che il regolamento Europeo non individua alcuna sanzione penale, ma si limita a disciplinare gli effetti amministrativi che conseguono alla irregolarita’ (colposa o intenzionale) dell’allegazione. La definizione dell’area di penale rilevanza delle condotte fraudolente finalizzate all’otteninnenti di contributi dell’Unione, resta infatti affidata alla competenza del legislatore nazionale: e’ pertanto alla condotta descritta nell’articolo 640-bis c.p., ed alla conseguente nozione di profitto, che deve farsi riferimento per verificare l’esistenza delle condizioni che consentono l’attivazione della cautela reale. Il ragionamento svolto dal ricorrente, che distingue la parte del contributo riferibile ai terreni effettivamente nella sua disponibilita’ e le somme non dovute, in quanto relative a quelli cui si riferiva la falsificazione, non tiene in considerazione la circostanza (dirimente) che la condotta fraudolenta contestata “inquina” l’intera procedura, sicche’ il contributo ottenuto deve considerarsi integralmente illecito per illiceita’ della causa sottostante. La condotta posta in essere, inquadrata correttamente nella fattispecie prevista dall’articolo 640-bis c.p., rende, dunque, per come affermato da questa Corte con orientamento che il Collegio condivide, illecito l’intero contributo ottenuto e non solo parte di esso, non essendo possibile, data l’unicita’ del contratto, individuare frazioni lecita della procedura; pertanto, deve essere considerato illecito l’intero contributo lucrato e non solo una parte di esso (Sez. 2, n. 53650 del 5/10/2016, Rv. 268854).

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere il reato estinto per prescrizione. Conferma la confisca del profitto del reato disposta, anche per equivalente, dal Tribunale di Enna con sentenza del 23/01/2019.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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