Stazione radio base ed installazione

Consiglio di Stato, Sentenza|14 febbraio 2022| n. 1050.

Stazione radio base ed installazione.

Il regolamento comunale ex art. 8, VI, L. n. 36/2001 (Legge quadro sulla protezione dall’elettromagnetismo), nel disciplinare il corretto insediamento sul territorio degli impianti stazioni radio base, può contenere regole a tutela di particolari zone e beni di pregio paesaggistico o ambientale o storico artistico, o anche per la protezione dall’esposizione ai campi elettromagnetici di zone sensibili (scuole, ospedali, ecc.), ma non può imporre limiti generalizzati all’installazione degli impianti se tali limiti sono incompatibili con l’interesse pubblico alla copertura di rete nel territorio nazionale. Il Comune non può prevedere limiti di carattere generale, volti a tutelare la popolazione dalle immissioni elettromagnetiche, dal momento che a tale funzione provvede lo Stato attraverso la fissazione di determinati parametri inderogabili, il rispetto dei quali è verificato dai competenti organi tecnici.

Sentenza|14 febbraio 2022| n. 1050. Stazione radio base ed installazione

Data udienza 3 febbraio 2022

Integrale

Tag- parola chiave: Stazione radio base – Installazione – Autorizzazione – Diniego – Silenzio assenso – Formazione

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5085 del 2021, proposto da
Il. It. S.p.A. A Socio Unico, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Do. Ie., Gi. Ma., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di Chieti, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Ma. Mo., Pa. Tr., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Fr. Si. in Roma, corso (…);
Associazione Co. Ch.-Or. – Suap, non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l’Abruzzo sezione staccata di Pescara Sezione Prima n. 00199/2021, resa tra le parti concernente diniego installazione di una stazione radio base su struttura esistente;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Chieti;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 3 febbraio 2022 il Cons. Davide Ponte e nessuno presenti per le parti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

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FATTO

Con l’appello in esame l’odierna parte appellante impugnava la sentenza n. 199 del 2021, del Tar Abruzzi sede di Pescara, recante rigetto dell’originario gravame, proposto dalla medesima parte istante al fine di ottenere l’annullamento del provvedimento prot. n. 048 del 17 novembre 2020 con il quale l’Associazione Co. Ch.-Or. – SUAP, di inefficacia della “richiesta di SCIA per installazione di una stazione radio base in Via (omissis) snc su struttura esistente, presentata da Il. It. in data 14 luglio 2020”, nonché del Regolamento comunale per l’installazione e l’esercizio degli impianti per la telefonia mobile del Comune di Chieti, approvato con deliberazione del Consiglio comunale n. 527 del 27 settembre 2019 (“il Regolamento”) e del relativo “Piano Antenne” di cui alla deliberazione del Consiglio n. 528 del 27 settembre 2019, laddove hanno previsto (art. 7 del Regolamento e “Piano Antenne” – Mappa delle Localizzazioni) che la SRB di Il. It. in esame possa essere ubicata solamente presso lo “Stadio An.”.
Nel ricostruire in fatto e nei documenti la vicenda, parte appellante formulava, avverso la sentenza di rigetto, i seguenti motivi di appello:
– erroneità della sentenza appellata nella parte in cui ha escluso il perfezionamento del silenzio assenso sulla domanda di autorizzazione di Il. It., violazione degli artt. 3 e 97 Cost, degli artt. 3, 6 e 10-bis della legge 241/1990, dell’art. 87 e dell’allegato 13 modello A del d.lgs 259/2003, eccesso di potere per illogicità, irragionevolezza ed erroneità dei presupposti;
– erroneità della sentenza nella parte in cui non ha dichiarato l’illegittimità dell’obbligo di Il. It. di installare la propria SRB solamente presso lo “Stadio An.”, violazione degli artt. 3 e 97 Cost, degli artt. 1, 3 e 6 della legge n. 241/1990, dell’art. 112 c.p.c., dell’art. 8 della legge 36/2001, eccesso di potere per illogicità, irragionevolezza, contraddittorietà ed erroneità dei presupposti, invalidità derivata;
– erroneità della sentenza nella parte in cui non si è avveduta della violazione degli artt. 3 e 4 del d.lgs 259/2003, 112 c.p.c., del par. 2 dell’art. 4 TUE e del decreto del Ministero dello Sviluppo Economico del 4 novembre 2016.
La parte appellata si costituiva in giudizio chiedendo la declaratoria di improcedibilità ed il rigetto dell’appello.
Con ordinanza n. 3916 del 2021 veniva accolta la domanda cautelare ai soli fini della sollecita calendarizzazione del giudizio di merito ai sensi dell’art. 55, comma 10, c.p.a.
Alla pubblica udienza del 3 febbraio 2022 la causa passava in decisione.

 

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DIRITTO

1. L’analisi dei motivi di appello, con cui parte appellante ripropone nella sostanza le censure di prime cure criticando le argomentazioni svolte dalla sentenza impugnata, impone un preliminare excursus della fattispecie, risultante dalla documentazione in atti.
1.1 In data 17 luglio 2020 la società odierna appellante, quale operatrice del settore rete mobile, ha presentato al Comune di Chieti una istanza di autorizzazione, ai sensi dell’art. 87 del d.lgs. 259/2003, per la realizzazione di una SRB in Chieti, Via (omissis) snc (foglio 39, particella 4616) (codice impianto “CH66100_008 Chieti Megalò “).
1.2 In seguito a tale avvio procedimentale, con nota prot. n. 45972/2020 del 12 ottobre 2020, l’ARTA (agenzia regionale per la protezione dell’ambiente) ha rilasciato il parere tecnico ambientale e acustico favorevole. In data 1 ottobre 2020, con prot. 63590 veniva rilasciata dal Genio Civile attestazione di deposito del progetto.
1.3 In data 2 novembre 2020, decorso il termine di 90 giorni ed acquisito il predetto parere, la società ha comunicato, invocando l’art. 87, comma 9, d.lgs. n. 259 del 2003, il perfezionamento del titolo per silenzio assenso e il giorno successivo 3 novembre 2020 ha comunicato l’inizio dei lavori.
1.4 A seguito di tali comunicazioni, con nota del 17 novembre 2020 lo sportello unico attività produttive ha comunicato a Il. It. l’inefficacia della SCIA relativa alla installazione dell’impianto in questione, sulla scorta della nota del Comune di Chieti del 16 novembre 2020, con cui gli uffici comunali rilevavano quattro elementi di ostatività . In primo luogo, che “per tale impianto il Piano Antenne ha previsto la localizzazione sullo “Stadio An. (Sito n. 13)”, contrastando quindi la progettata soluzione con il piano antenne. In secondo luogo, “il silenzio assenso non può ritenersi formato quando, come nel caso di specie, non sussista conformità dell’opera da realizzare con le prescrizioni contenute nel Piano di localizzazione degli impianti (Corte di Cassazione terza sezione penale n. 722 del 21 marzo 2013)”. In terzo luogo, “il modello Allegato D2 – asseverazione relativa alla conformità edilizio urbanistica” allegato alla SCIA non risulta compilato ed asseverato da professionista”. Infine, “sul piano amministrativo, trattandosi di nuovo impianto non è possibile ricorrere alla SCIA di cui all’art. 87-bis del d.lgs 259/2003 ma occorre utilizzare il procedimento di autorizzazione ex art. 87 con rilascio di autorizzazione corredata di tutti i pareri necessari (conformità alla pianificazione comunale, ARTA, ASL, ecc.).

 

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2. Così ricostruita la fattispecie, è possibile passare all’esame delle questioni dedotte.
3. In via preliminare, il Comune odierno appellato eccepisce l’improcedibilità del gravame perché nelle more, in data 16 marzo 2021, il SUAP, su conforme parere dell’Ufficio Urbanistica dell’Ente, ha emesso il provvedimento definitivo a conclusione del procedimento amministrativo; tale atto sopravvenuto risulta impugnato, con richiesta di sospensiva, dalla odierna appellante con ricorso pendente dinanzi allo stesso T.A.R. Pescara (r.g. n. 228/2021).
3.1 L’eccezione è infondata.
In termini sostanziali l’interesse alla domanda di annullamento della dichiarazione di inefficacia del progetto assume rilievo preminente e dirimente, in quanto il relativo accoglimento comporterebbe la realizzabilità dello stesso. In particolare, se il provvedimento conclusivo di chiusura del procedimento è sì intervenuto in data 16 marzo 2021, nelle relative valutazioni nulla si aggiunge rispetto gli atti ivi impugnati, richiamando le motivazioni di inefficacia già espresse nella nota del Comune del 16 novembre 2020 e nel successivo provvedimento Suap; in proposito, secondo la giurisprudenza di questo Consiglio, l’intervenuta impugnazione dell’atto presupposto, se di natura lesiva, esonera il ricorrente dall’onere di contestare anche l’atto meramente conseguenziale, attesa l’automatica sua caducazione per effetto dell’eventuale annullamento del primo (Consiglio di Stato sez. IV, 15 ottobre 2020, n. 6241).
In termini formali tale preminenza è stata altresì riconosciuta in sede di impugnativa dell’atto sopravvenuto, laddove il TAR – con ordinanza del 5 novembre 2021, n. 466 – ha ritenuto “che assume rilievo dirimente l’esito gravame ai fini del presente giudizio che va pertanto rinviato a data successiva al deposito della decisione del giudice d’appello”.
4. Nel merito, con il primo motivo, parte appellante lamenta l’errore del Tar, sotto i diversi profili di legittimità richiamati nella narrativa in fatto, per non aver ritenuto formato il silenzio assenso per decorrenza del termine di 90 giorni.
La sentenza appellata ha escluso il formarsi del silenzio assenso in quanto “costituisce requisito essenziale, ai fini della formazione del silenzio sulla richiesta di permesso di costruire, la dichiarazione del progettista abilitato che assevera la conformità del progetto alla disciplina urbanistica vigente, poiché rappresenta la motivazione interna dell’esito favorevole al gestore, e può giustificare, in un’ottica di semplificazione, l’inerzia dell’Amministrazione e il conseguente assenso tacito su un progetto apparentemente conforme alla disciplina urbanistica. Ne consegue che non può ritenersi formato il silenzio assenso nell’ipotesi in cui sia mancata l’asseverazione del progettista e sia risultata omessa qualsiasi attestazione sulla conformità e compatibilità urbanistica dell’intervento, stante la necessità che tali dichiarazioni siano rese in maniera chiara ed inequivoca dal progettista, soprattutto in considerazione delle relative responsabilità, anche sul piano penale”.
4.1 L’appello è fondato.

 

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4.2 Ai sensi della disciplina di cui all’art. 87 in discussione, vigente ratione temporis, al comma 9 si statuisce che “Le istanze di autorizzazione si intendono accolte qualora, entro il termine perentorio di novanta giorni dalla presentazione del progetto e della relativa domanda non sia stato comunicato un provvedimento di diniego o un parere negativo da parte dell’organismo competente ad effettuare i controlli, di cui all’articolo 14 della legge 22 febbraio 2001, n. 36, e non sia stato espresso un dissenso, congruamente motivato, da parte di un’Amministrazione preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale o dei beni culturali. Nei predetti casi di dissenso congruamente motivato, ove non sia stata adottata la determinazione decisoria finale nel termine di cui al primo periodo, si applica l’articolo 2, comma 9-ter, della legge 7 agosto 1990, n. 241. Gli Enti locali possono prevedere termini più brevi per la conclusione dei relativi procedimenti ovvero ulteriori forme di semplificazione amministrativa, nel rispetto delle disposizioni stabilite dal presente comma. Decorso il suddetto termine, l’amministrazione procedente comunica, entro il termine perentorio di sette giorni, l’attestazione di avvenuta autorizzazione, scaduto il quale è sufficiente l’autocertificazione del richiedente…”.
4.3 In linea generale, il procedimento di installazione delle infrastrutture per impianti radioelettrici, disciplinato dall’art. 87 d.lg. n. 259/2003 (Codice delle comunicazioni elettroniche), costituisce un procedimento unico, nell’ambito del quale devono confluire anche le valutazioni edilizie, senza che debba essere attivato un secondo autonomo procedimento edilizio, in conformità delle esigenze di semplificazione procedimentale (cfr. ad es. Consiglio di Stato, sez. VI, 9 giugno 2021, n. 3019, 22 gennaio 2021, n. 666, 21 gennaio 2020, n. 506).
4.4 Sempre in linea generale, occorre tener presente al riguardo che la normativa applicabile alla materia esprime un particolare favor per la realizzazione di reti e servizi di comunicazione elettronica ad uso pubblico. L’articolo 86 del decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259, prevede, al comma 3, che “Le infrastrutture di reti pubbliche di comunicazione, di cui agli articoli 87 e 88, e le opere di infrastrutturazione per la realizzazione delle reti di comunicazione elettronica ad alta velocità in fibra ottica…sono assimilate ad ogni effetto alle opere di urbanizzazione primaria di cui all’art. 16, comma 7 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, pur restando di proprietà dei rispettivi operatori, e ad esse si applica la normativa vigente in materia”.
L’articolo 87 bis prevede procedure semplificate per determinate tipologie di impianti e l’articolo 90 dispone, al comma 1, che “Gli impianti di reti di comunicazione elettronica ad uso pubblico, ovvero esercitati dallo Stato, e le opere accessorie occorrenti per la funzionalità di detti impianti hanno carattere di pubblica utilità, ai sensi degli articoli 12 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327”.
4.4 Pertanto, sia alla luce dei principi in materia, operanti anche in termini ermeneutici della disciplina settoriale, sia a fronte del dato letterale del comma 9 predetto, non risulta che la previsione di semplificazione sia condizionata dalla formale presenza di un documento, come nel caso di specie richiesto dal Comune (la dichiarazione del professionista nel modello A2).
4.5 Il carattere preminente della norma, nei rilevati termini di accelerazione e semplificazione, è confermato dal testo della stessa, laddove si consente agli enti locali di dettare regole diverse ma unicamente in termini di ulteriore accelerazione.
4.6 Invero, a fronte del chiaro tenore letterale della norma – in merito al decorso del termine sull’istanza di autorizzazione – nel caso in esame, in assenza di un dissenso di “un’Amministrazione preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale o dei beni culturali” (che anzi nel caso di specie, l’Arta, si è espressa favorevolmente sui profili ambientali), il pacifico decorso del termine invocato (novanta giorni dal 17 luglio 2020) assume i connotati riconosciuti ed imposti dalla norma richiamata.
4.7 D’altronde, altrimenti opinando sia la lettera che la ratio acceleratoria e semplificatoria della norma predetta risulterebbero del tutto frustrate, laddove ogni eventuale carenza formale dell’istanza fosse in grado di escludere l’effetto dettato dalla stessa norma. Piuttosto, laddove la norma abbia inteso condizionare il decorso del termine lo ha compiutamente evidenziato, in specie con riferimento al rilievo del dissenso dell’amministrazione competente in termini ambientali e culturali. Ana rilievo non può riconoscersi, pena la violazione sia della lettera che della ratio della norma, ad eventuali carenze edilizie ed urbanistiche in specie se di carattere formale.
4.8 Resta all’evidenza del tutto salva l’applicazione della disciplina generale, che mantiene su di un piano di ragionevolezza e proporzionalità il sistema ordinamentale, tra tutela (degli interessi coinvolti e garantiti dalle amministrazioni) e semplificazione (dell’iter burocratico condizionante l’esercizio dell’attività economica degli operatori del settore in questione), in tema di autotutela, in termini espressamente ribaditi dallo stesso art. 20, l. 241 del 1990, in specie al comma 3.

 

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4.9 In definitiva, in linea generale il complesso sistema procedimentale delineato dall’articolo 87 comma 9 cit. (il meccanismo del silenzio-assenso ivi recato, in evidente chiave acceleratoria) non esclude la possibilità per cui, nell’inerzia dell’amministrazione locale competente, il titolo abilitativo si formi per silenzio anche nel caso in cui l’istanza non sia corredata dai necessari documenti a supporto (e nondimeno l’ente competente abbia omesso di adottare in tempo utile un provvedimento espresso di contenuto negativo). Comunque, nell’ipotesi in questione, resta pur sempre salva la possibilità per l’amministrazione competente di adottare gli atti di ritiro di cui è menzione, per l’ipotesi di silenzio-assenso, al comma 3 dell’articolo 20 cit., che fa espresso il rinvio, in parte qua, alle pertinenti disposizioni di cui agli articoli 21-quinquies e 21-nonies della medesima legge.
4.10 Nel caso di specie va quindi ribadito, da una parte, che il procedimento di installazione delle infrastrutture per impianti radioelettrici, così come disciplinato dal previgente art. 87 cit., costituisce un procedimento unico, nell’ambito del quale devono confluire anche le valutazioni edilizie, in conformità delle esigenze di semplificazione procedimentale, e, dall’altra parte che l’Amministrazione non può esigere documenti diversi da quelli di cui all’allegato 13, modello A, d.lgs. n. 259/2003, attese le finalità acceleratorie e semplificatorie del procedimento di cui agli artt. 87 e 87 bis, d.lgs. n. 259/2003, sicché la richiesta da parte del Comune di ulteriore documentazione non prevista dalla normativa risulta un aggravamento procedimentale contrario della ratio della normativa previgente nonché alla logica sottesa dagli artt. 1 e 2 della legge n. 241 del 1990. D’altronde, il comma 5 dello stesso art. 87 cit., come detto applicabile ratione temporis, sancisce che, nell’ambito del procedimento speciale per l’installazione di infrastrutture di comunicazione elettronica, il potere-dovere di integrazione spettante al responsabile del procedimento possa essere esercitato una sola volta ed entro 15 giorni dalla presentazione dell’istanza al fine di evitare che una richiesta reiterata o tardiva di integrazione documentale possa eludere la richiamata regola del silenzio-assenso, impedendone l’esercizio al di fuori dei termini previsti.
4.11 Per quanto già dirimente quanto espresso in relazione al silenzio assenso, per completezza va evidenziato come parimenti condivisibili siano le deduzioni dell’appellante in merito l’applicabilità dell’art. 10 bis della l. 241 cit.: la Sezione si è già espressa circa la non esistenza di ragioni impeditive all’applicazione dell’art. 10 bis l. 241 cit. anche con riferimento al procedimento, regolato dall’art. 87 del d.lgs. n. 259 del 2003, per l’esame delle domande di autorizzazione alla installazione di infrastrutture di comunicazione elettronica, sebbene si sia in presenza di una disciplina speciale tesa a consentire una decisione in tempi certi e rapidi (Consiglio di Stato sez. VI, 10 febbraio 2020, n. 1001).
4.12 L’accoglimento della censura predetta, da cui consegue l’accertamento del verificarsi del silenzio assenso di cui all’art. 87 comma 9 cit., assume evidente rilievo assorbente ai fini di causa. Ragioni di completezza impongono peraltro anche l’esame delle restanti censure.
5. Con il secondo motivo di appello veniva riproposto il terzo motivo di ricorso originario, di contestazione dei provvedimenti impugnati perché hanno imposto alla SRB della società, “la localizzazione denominata “Stadio An. (Sito n. 13)”.
5.1 Anche tale motivo risulta fondato.
5.2 Il Comune, ai sensi dell’art. 7 del Regolamento, ha indicato i siti puntuali dove le SRB di Il. It. possono essere unicamente ubicate. In particolare, con riguardo all’area in esame, la Mappa delle Localizzazioni, per Il. It., ha individuato il sito puntuale denominato “n. 13 – Stadio An.”.
5.3 Una lettura combinata dell’art. 7 del Regolamento e della Mappa delle Localizzazioni nel senso che Il. It. possa utilizzare per la propria SRB qui di interesse solamente lo “Stadio An.” appare dar vita ad una previsione illegittima.

 

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5.4 La legge n. 36 del 22 febbraio 2001 (“Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici”) distingue le competenze dello Stato, delle Regioni e dei Comuni precisando in particolare, all’articolo 4 che “Lo Stato esercita le funzioni relative: a) alla determinazione dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità, in quanto valori di campo come definiti dall’art. 3, comma 1, lettera d) numero 2), in considerazione del preminente interesse nazionale alla definizioni di criteri unitari e di normative omogenee in relazione alle finalità di cui all’articolo 1”.
Il successivo articolo 8 (rubricato “Competenze delle regioni, delle province e dei comuni”) prevede, in particolare, al comma 1, che “Sono di competenza delle Regioni, nel rispetto dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità nonché delle modalità e dei criteri fissati dallo Stato, fatte salve le competenze dello Stato e delle autorità indipendenti: a) l’esercizio delle funzioni relative all’individuazione dei siti di trasmissione e degli impianti per telefonia mobile”.
Il successivo comma 2 dispone che “Nell’esercizio delle funzioni di cui al comma 1, lettere a) e c), le regioni si attengono ai principi relativi alla tutela della salute pubblica, alla compatibilità ambientale ed alle esigenze di tutela dell’ambiente e del paesaggio”.
Il comma 4 prevede che “Le regioni, nelle materie di cui al comma 1, definiscono le competenze che spettano alle province e ai comuni, nel rispetto di quanto previsto dalla legge 31 luglio 1997, n. 249”.
Il comma 6, infine, dispone che “I comuni possono adottare un regolamento per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici”.
5.5 Va anzitutto osservato che l’assimilazione, per effetto della previgente disciplina prevista dall’art. 86 c. 3 D.Lgs. n. 259/2003, delle infrastrutture di reti pubbliche di TLC alle opere di urbanizzazione primaria implica che le stesse siano in generale compatibili con ogni destinazione urbanistica e, dunque, con ogni zona del territorio comunale (in ossequio al principio della necessaria capillarità della distribuzione di detti impianti); inoltre, i criteri per la localizzazione non possono essere adoperati quale misura, più o meno surrettizia, di tutela della popolazione da immissioni elettromagnetiche, che l’art. 4 L. n. 36 del 2001 riserva allo Stato (cfr. Consiglio di Stato, sez. II, 6 dicembre 2021, n. 8141 e sez. VI, 3 agosto 2018, n. 4794).
5.6 La giurisprudenza formatasi nella materia degli ambiti di legittima operatività dei regolamenti comunali ha chiarito che il legislatore statale, nell’inserire le infrastrutture per le reti di comunicazione fra le opere di urbanizzazione primaria, ha espresso un principio fondamentale della normativa urbanistica, a fronte del quale la potestà regolamentare attribuita ai Comuni dall’articolo 8, comma 6 della legge 22 febbraio 1981, n. 36, non può svolgersi nel senso di un divieto generalizzato di installazione in aree urbanistiche predefinite, al di là della loro ubicazione o connotazione o di concrete (e, come tali, differenziate) esigenze di armonioso governo del territorio (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 5 dicembre 2013, n. 687).
Le opere di urbanizzazione primaria, in quanto tali, risultano in generale dunque compatibili con qualsiasi destinazione urbanistica e, dunque, con ogni zona del territorio comunale, poiché dall’articolo 86, comma 3, del d.lgs. n. 259/1993 si desume il principio della necessaria capillarità della localizzazione degli impianti relativi ad infrastrutture di reti pubbliche di comunicazioni (Cons. St., sez. VI, 3891 del 2017).
5.7 In linea con questo orientamento è stato ribadito che alle Regioni ed ai Comuni è consentito – nell’ambito delle proprie e rispettive competenze – individuare criteri localizzativi degli impianti di telefonia mobile (anche espressi sotto forma di divieto) quali ad esempio il divieto di collocare antenne su specifici edifici (ospedali, case di cura ecc.) mentre non è loro consentito introdurre limitazioni alla localizzazione, consistenti in criteri distanziali generici ed eterogenei (prescrizione di distanze minime, da rispettare nell’installazione degli impianti, dal perimetro esterno di edifici destinati ad abitazioni, a luoghi di lavoro o ad attività diverse da quelle specificamente connesse all’esercizio degli impianti stessi, di ospedali, case di cura e di riposo, edifici adibiti al culto, scuole ed asili nido nonché di immobili vincolati ai sensi della legislazione sui beni storico-artistici o individuati come edifici di pregio storico-architettonico, di parchi pubblici, parchi gioco, aree verdi attrezzate ed impianti sportivi).

 

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5.8 Ne deriva che la scelta di individuare, come nella specie, un’area specifica ove collocare gli impianti, anche se in base al criterio della massima distanza possibile dal centro abitato, non può ritenersi condivisibile, costituendo un limite alla localizzazione (non consentito) e non un criterio di localizzazione (consentito). A ciò deve aggiungersi che la potestà attribuita all’amministrazione comunale di individuare aree dove collocare gli impianti è condizionata dal fatto che l’esercizio di tale facoltà deve essere rivolto alla realizzazione di una rete completa di infrastrutture di telecomunicazioni, tale da non pregiudicare, come ritenuto dalla giurisprudenza, l’interesse nazionale alla copertura del territorio e all’efficiente distribuzione del servizio (cfr. ad es. Consiglio di Stato sez. VI, n. 1592 del 2018).
5.9 Sulla illegittimità di una scelta amministrativa preclusiva condizionata dalla mera distanza da un sito si è pronunciata la stessa Corte costituzionale (Corte cost., 7 novembre 2003, n. 331), la quale, nel dichiarare l’illegittimità dell’art. 3 comma 12 lett. a), l. reg. Lombardia 6 marzo 2002 n. 4, ha ritenuto che: “tale disposizione, stabilendo un generale divieto di installazione di impianti per le telecomunicazioni e per la radiotelevisione entro il limite inderogabile di 75 metri di distanza dal perimetro di proprietà di asili, edifici scolastici, nonché strutture di accoglienza socio assistenziali, ospedali, carceri, oratori, parchi gioco, case di cura, residenze per anziani, orfanotrofi e strutture similari, e relative pertinenze, costituisce non già un criterio di localizzazione, la cui individuazione è rimessa dall’art. 3 lett. d) n. 1, l. 22 febbraio 2001 n. 36 alla legislazione regionale, ma un divieto che, in particolari condizioni di concentrazione urbanistica di luoghi specialmente protetti, potrebbe addirittura rendere impossibile la realizzazione di una rete completa di infrastrutture per le telecomunicazioni, e quindi in una limitazione alla localizzazione, non consentita dalla legge quadro, in considerazione dell’evidente nesso di strumentalità tra impianti di ripetizione e diritti costituzionali di comunicazione, attivi e passivi. Né la disposizione regionale può trovare giustificazione nel generale principio di derogabilità in melius (rispetto alla tutela dei valori ambientali), da parte delle regioni, degli standard posti dallo Stato, in quanto in presenza di una legge quadro statale che detta una disciplina esaustiva della materia, attraverso la quale si persegue un equilibrio tra esigenze plurime, necessariamente correlate le une alle altre, attinenti alla protezione ambientale, alla tutela della salute, al governo del territorio e alla diffusione sull’intero territorio nazionale della rete per le telecomunicazioni, interventi regionali di tipo aggiuntivo devono ritenersi, a differenza che in passato, incostituzionali, perché l’aggiunta si traduce in una alterazione e quindi in una violazione, dell’equilibrio tracciato dalla legge statale di principio (cfr. C. cost. n. 382 del 1999, 307 del 2003)”.
5.10 La recente modifica dell’articolo 8 della legge n. 36 del 2001 (adottata con l’articolo 38, comma 6 del decreto legge n. 76 del 2020, convertito dalla legge n. 120 del 2020) ha confermato tale interpretazione precisando che i comuni possono adottare un regolamento per i fini indicati “con riferimento a siti sensibili individuati in modo specifico, con esclusione della possibilità di introdurre limitazioni alla localizzazione in aree generalizzate del territorio di stazioni radio base per reti di comunicazione elettroniche di qualsiasi tipologia e in ogni caso di incidere, anche in via indiretta mediante provvedimenti contingibili urgenti, sui limiti di esposizione a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici, sul valori di attenzione e sugli obiettivi di qualità, riservate allo Stato ai sensi dell’articolo 4”.
5.11 Va quindi ribadito, anche dopo la predetta modifica normativa, che in tema di autorizzazione alla realizzazione di stazioni radio base per la telefonia mobile, deve ritenersi illegittimo il regolamento comunale che vieti l’istallazione di tali impianti in aree diverse da quelle individuate dal Comune, comportando una limitazione alla localizzazione in aree generalizzate del territorio. La specificazione dei siti è ammessa dalla norma ma in negativo, a fini di tutela, e non può quindi estendersi alla ulteriore limitazione della specificazione dei siti quali unici punti ammessi, pena una illogica inversione del criterio normativamente stabilito.

 

Stazione radio base ed installazione

Il regolamento previsto dall’art. 8, comma 6, l. n. 36/2001, nel disciplinare il corretto insediamento nel territorio degli impianti stazioni radio base, può contenere regole a tutela di particolari zone e beni di pregio paesaggistico o ambientale o storico artistico, o anche per la protezione dall’esposizione ai campi elettromagnetici di zone sensibili (scuole, ospedali, ecc.), ma non può imporre limiti generalizzati all’installazione degli impianti se tali limiti sono incompatibili con l’interesse pubblico alla copertura di rete nel territorio nazionale. Deve allora ritenersi consentito ai Comuni, nell’esercizio dei loro poteri di pianificazione territoriale, di raccordare le esigenze urbanistiche con quelle di minimizzazione dell’impatto elettromagnetico, ai sensi dell’ultimo inciso del comma 6 dell’art. 8, prevedendo con regolamento anche limiti di carattere generale all’installazione degli impianti, purché sia comunque garantita una localizzazione alternativa degli stessi, in modo da rendere possibile la copertura di rete del territorio nazionale. Possono, quindi, ritenersi legittime anche disposizioni che non consentono, in generale, la localizzazione degli impianti nell’area del centro storico (o in determinate aree del centro storico) o nelle adiacenze di siti sensibili (come scuole e ospedali), purché sia garantita la copertura di rete, anche nel centro storico e nei siti sensibili, con impianti collocati in altre aree. In definitiva, ciò che risulta necessario è che la possibile interdizione di allocazione di impianti in specifiche aree del territorio comunale risponda a particolari esigenze di interesse pubblico e che, comunque, i criteri localizzativi adottati non si trasformino in limitazioni alla copertura di rete. È necessario cioè che il limite o il divieto posto dall’ente locale non impedisca la capillare distribuzione del servizio all’interno del territorio, Deve, quindi, esservi un equo contemperamento tra l’interesse urbanistico perseguito dal Comune e l’interesse alla piena ed efficiente copertura di rete.
6. Quanto sin qui evidenziato assume rilievo dirimente anche in merito al terzo motivo di appello, stante la necessità di conformare l’interpretazione del Piano Antenne predisposto dal Comune e del relativo regolamento in ossequio al principio della concorrenza e allo sviluppo sostenibile del territorio.
7. Alla luce delle considerazioni che precedono l’appello va pertanto accolto, e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, va accolto il ricorso di primo grado.
Sussistono giusti motivi, stante l’incertezza normativa in materia, per compensare le spese del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso di primo grado.
Spese del doppio grado di giudizio compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 3 febbraio 2022 con l’intervento dei magistrati:
Hadrian Simonetti – Presidente FF
Silvestro Maria Russo – Consigliere
Dario Simeoli – Consigliere
Stefano Toschei – Consigliere
Davide Ponte – Consigliere, Estensore

 

Stazione radio base ed installazione

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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