Vincolo della continuazione e determinazione della pena complessiva

Corte di Cassazione, penale, Sentenza|24 dicembre 2021| n. 47127.

Vincolo della continuazione e determinazione della pena complessiva.

Il giudice, ove riconosca la continuazione tra reati, ai sensi dell’articolo 81 del Cp, nel determinare la pena complessiva, oltre a individuare il reato più grave e stabilire la pena base per tale reato, deve anche calcolare e motivare l’aumento di pena in modo distinto per ognuno dei reati satellite.

Sentenza|24 dicembre 2021| n. 47127. Vincolo della continuazione e determinazione della pena complessiva

Data udienza 24 giugno 2021

Integrale

Tag – parola: Processo penale – Reati – Vincolo della continuazione – Determinazione della pena complessiva – Individuazione del reato più grave – Statuizione circa la pena base per tale reato – Necessità del calcolo e motivazione dell’aumento della pena in modo distinto per ognuno dei reati satellite

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE PENALI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FUMU Giacomo – Presidente

Dott. DIOTALLEVI Giovanni – Consigliere

Dott. VESSICHELLI Maria – Consigliere

Dott. ROSI Elisabetta – Consigliere

Dott. ANDREAZZA Gastone – Consigliere

Dott. BONI Monica – Consigliere

Dott. DOVERE Salvator – rel. Consigliere

Dott. DE AMICIS Gaetano – Consigliere

Dott. CAPUTO Angelo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1. (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
2. (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 25/05/2020 della Corte di Appello di Roma;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal componente Salvatore Dovere;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. FODARONI Maria Giuseppina, che ha concluso quanto al ricorso del (OMISSIS), chiedendo l’annullamento con rinvio limitatamente al trattamento sanzionatorio; quanto al ricorso dello (OMISSIS), per l’annullamento con rinvio dell’impugnata sentenza relativamente alla motivazione sulla tipologia della sostanza stupefacente ed il rigetto nel resto;
lette le note scritte dell’avv. (OMISSIS), difensore di fiducia di (OMISSIS), pervenute il 21.6.2021, con le quali si e’ chiesto l’accoglimento del ricorso; rilevato che l’avv. (OMISSIS), difensore di fiducia di (OMISSIS), ha fatto pervenire richiesta di rinvio con la dichiarazione di astensione, rigettata per le ragioni indicate nel verbale di udienza.

Vincolo della continuazione e determinazione della pena complessiva

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 25 maggio 2020, la Corte di Appello di Roma ha parzialmente riformato la pronuncia emessa all’esito di giudizio abbreviato dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Roma nei confronti di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), i quali erano stati ritenuti tutti responsabili di reati in materia di sostanze stupefacenti e (OMISSIS) anche di reati in materia di armi.
In particolare, per quel che qui rileva, (OMISSIS) era stato giudicato responsabile della cessione illecita di alcune dosi di sostanza stupefacente a (OMISSIS), per un valore di 450 Euro, ritenuta integrare il delitto di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5, (capo 2), di tre cessioni di sostanza stupefacente del tipo cocaina a (OMISSIS), qualificate alla stregua del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5, (capo 3), del concorso nella illecita detenzione di 1,335 chilogrammi di sostanza stupefacente del tipo cocaina, qualificata alla stregua dell’articolo 110 c.p., e articolo 73, commi 1 e 6, Testo Unico Stup. (capo 7), del concorso nella cessione di alcune dosi di sostanza stupefacente del tipo cocaina a (OMISSIS), qualificata alla stregua dell’articolo 110 c.p., e articolo 73, comma 5, Testo Unico Stup. (capo 12) e del reato di cui all’articolo 110 c.p., L. n. 895 del 1967, articoli 2, 4 e 7, in relazione al concorso nella detenzione e nel porto illegali di una pistola (capo 5), per i quali era stato condannato alla pena complessiva di cinque anni e quattro mesi di reclusione e 30.000,00 Euro di multa, determinata riconoscendo il vincolo della continuazione tra tutti i reati.

 

Vincolo della continuazione e determinazione della pena complessiva

(OMISSIS) era stato ritenuto responsabile di concorso nella cessione illecita di sostanza stupefacente del tipo cocaina (articolo 110 c.p., e articolo 73, comma 1, Testo Unico Stup.) ed era stato condannato alla pena di quattro anni di reclusione e 20.000,00 Euro di multa.
La Corte di appello ha confermato integralmente l’affermazione di responsabilita’ penale dei predetti imputati ed ha rideterminato la pena inflitta a (OMISSIS) e a (OMISSIS), avendo riconosciuto al primo la continuazione tra i delitti oggetto del presente procedimento e quelli di cui alla sentenza irrevocabile della Corte di Appello di Roma n. 12991/18 del 15 novembre 2018. Per l’effetto ha inflitto due anni di reclusione ed Euro 10.000,00 di multa (all’esito dell’applicazione della diminuente prevista per il rito) a titolo di aumento della pena di sei anni di reclusione e 20.000,00 Euro di multa stabilita con la sentenza irrevocabile. Quanto a (OMISSIS), avendo riconosciuto anche per questi la continuazione con i reati oggetto della sentenza n. 8985/18, la Corte di appello ha determinato l’aumento della pena inflitta con la sentenza irrevocabile, pari a cinque anni di reclusione e 10.000,00 Euro di multa, in un anno e sei mesi di reclusione e 10.000,00 Euro di multa (all’esito dell’applicazione della diminuente prevista per il rito).
2. Con atto sottoscritto dal difensore di fiducia, l’avv. (OMISSIS), (OMISSIS) ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza articolando un unico motivo, con il quale denuncia il vizio di motivazione del provvedimento impugnato, nella parte in cui il giudice non avrebbe specificamente motivato circa la determinazione della pena, omettendo di indicare nel dettaglio i singoli aumenti per ciascuno dei reati posti in continuazione. Inoltre lamenta che la Corte di appello ha erroneamente indicato la pena inflitta con la pronuncia gia’ passata in giudicato, che non sarebbe pari a sei anni di reclusione ma a cinque anni e due mesi di reclusione, in quanto ridotta in sede di esecuzione dal Tribunale di Roma, con provvedimento del 3 dicembre 2019.

 

Vincolo della continuazione e determinazione della pena complessiva

3. Ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza anche (OMISSIS), con atto sottoscritto dal difensore avv. (OMISSIS), il quale ha denunciato l’erronea applicazione degli articoli 192 e 533 c.p.p., ed il vizio della motivazione poiche’ la Corte non avrebbe correttamente valutato l’unico indizio a carico dell’imputato, consistente nello stralcio di una conversazione ambientale (dell’11.1.2017) estremamente generica e priva di qualunque riscontro, non in grado di sostenere il giudizio che sia stata consumata una cessione di sostanze stupefacenti’ e segnatamente di cocaina; sul punto l’esponente ravvisa anche un difetto di motivazione perche’ non sarebbero state spiegate le ragioni per le quali i due etti di cui alla conversazione intercettata fossero di cocaina e non di droga leggera, pure rinvenuta allo (OMISSIS) in esito a successiva perquisizione domiciliare.
Con un secondo motivo il ricorrente ha lamentato l’erronea applicazione degli articoli 133 e 62 bis c.p., nonche’ l’omessa o apparente motivazione, relativamente al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche. Ha sostenuto che la Corte di appello ha errato nel ritenere esistenti precedenti specifici, essendo egli incensurato al tempo; e che non si e’ confrontata con le argomentazioni proposte dalla difesa con l’atto di appello.
4. La Sezione Terza di questa Corte, cui il ricorso e’ stato assegnato, ha ritenuto di dover registrare un contrasto di giurisprudenza sul tema della esatta portata dell’obbligo di motivazione nel caso di reati ritenuti legati dal vincolo della continuazione.

 

Vincolo della continuazione e determinazione della pena complessiva

4.1. L’ordinanza rileva che, secondo una prima soluzione interpretativa, in tema di determinazione della pena per il reato satellite, non sussiste un obbligo di specifica motivazione per ogni singolo aumento, essendo sufficiente indicare le ragioni a sostegno della quantificazione della pena base. La Sezione rimettente indica come espressive di tale orientamento Sez. 1, n. 39350 del 19/07/2019, Oliveti, Rv. 276870 – 02; Sez. 6, n. 18828 del 08/02/2018, Nicotera, Rv. 273385; Sez. 2, n. 18944 del 22/03/2017, Innocenti, Rv. 270361; Sez. 3, n. 44931 del 02/12/2016, dep. 2017, Portulesi, Rv. 271787; Sez. 4, n. 23074 del 22/11/2016, dep. 2017, Paternoster, Rv. 270197; Sez. 2, n. 50987 del 06/10/2016, Aquila, Rv. 268731; Sez. 2, n. 50699 del 04/10/2016, Chierchiello, Rv. 268908; Sez. 2, n. 43605 del 14/09/2016, Ferracane, Rv. 268451; Sez. 2, n. 34662 del 07/07/2016, Felughi, Rv. 267721; Sez. 5, n. 29847 del 30/4/2015, Del Gaudio, Rv. 264551; Sez. 5, n. 29829 del 13/3/2015, Pedercini, Rv. 265141; Sez. 5, n. 25751 del 5/2/2015, Bornice, Rv. 264993; Sez. 2, n. 49007 del 16/9/2014, lussi, Rv. 261424; Sez. 5, n. 27382 del 28/4/2011, Franceschin, Rv. 250465; Sez. 5, n. 11945 del 22/09/1999, De Rosa, Rv. 214857; Sez. 3, ord. n. 3034 del 26/9/1997, Coletta, Rv. 209369).
Ma rammenta distintamente, per le ulteriori argomentazioni proposte, Sez. 2, n. 4707 del 21/11/2014, dep. 2015, Di Palma, Rv. 262313, che rinviene nel consolidamento della progressione criminosa che viene effettuato con il riconoscimento del vincolo della continuazione la ragione della sufficienza dei parametri indicati per la determinazione della pena del reato principale; altra pronuncia che fa perno anche sulla modesta entita’ dell’aumento per il reato satellite (Sez. 5, n. 11945/1999, De Rosa, cit.); e Sez. 3, n. 24979 del 22/12/2017, dep. 2018, F., Rv. 273533, che pure si caratterizza per affermazioni non del tutto coincidenti, posto che, da un verso, a’ncora l’esclusione della necessita’ di una motivazione esplicita al caso che la pena base venga inflitta nella misura minima edittale e l’aumento per la continuazione sia esiguo, dall’altro, pone il principio che se la pena base e’ quantificata a livelli coincidenti o prossimi al minimo edittale ma la pena in aumento puo’ configurare in astratto un cumulo materiale di reati il giudice e’ tenuto a specificare dettagliatamente le ragioni che lo hanno indotto a tale decisione, onde evidenziare che non ha adottato criteri contraddittori rispetto a quelli seguiti nella determinazione della pena-base.

 

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Ad avviso della Terza Sezione posizione analoga a questa da ultimo illustrata e’ espressa da Sez. 5, n. 32511 del 14/10/2020, Radosavljevic, Rv. 279770, secondo la quale non sussiste un obbligo di specifica motivazione per ogni singolo aumento, essendo sufficiente indicare le ragioni a sostegno della quantificazione della pena-base, vieppiu’ quando non sia possibile dubitare del rispetto del limite legale del triplo previsto dall’articolo 81 c.p., comma 1, in considerazione della misura contenuta degli aumenti di pena irrogati, e i reati posti in continuazione siano integrati da condotte criminose seriali ed omogenee.
Autonoma considerazione viene dedicata anche a Sez. 5, n. 29829 del 13/3/2015, Pedercini, Rv. 265141, perche’ la stessa, pur muovendo dal principio secondo cui “non sussiste l’obbligo di specifica motivazione per gli aumenti di pena relativi ai reati satellite, valendo a questi fini le ragioni a sostegno della quantificazione della pena-base”, aggiunge, pero’, che “l’aumento per la continuazione operato sul reato piu’ grave (e quindi sulla pena base) puo’ essere determinato anche in termini cumulativi, senza che sia necessario indicare specificamente l’aumento di pena correlato a ciascun reato satellite, non previsto dalla vigente normativa, per cui non da’ luogo a nessuna nullita’ l’aumento di pena per i reati satelliti determinato in termini unitari e complessivi, e non distintamente, in relazione a ciascuna delle violazioni”. L’ordinanza segnala che nel medesimo alveo si pongono anche Sez. 2, n. 4984 del 21/1/2015, Giannone, Rv. 262290; sez. 5, n. 17081 del 26/11/2014, dep. 2015, Bruni, Rv. 263700; Sez. 5, n. 7164 del 13/1/2011, De Felice, Rv. 249710; Sez. 2, n. 32586 del 3/6/2010, Ben Ali, Rv. 247978; Sez. 1, n. 3100 del 27/11/2009, dep. 2010, Amatrice, Rv. 245958; nonche’ alcune pronunce non massimate, tra le quali vengono citate Sez. 2, n. 29826 del 7/6/2016, Stricagnoli; Sez. 2, n. 29824 del 7/6/2016, De Gaetano; Sez. 5, n. 27914 del 10/2/2016, Spicuzza.

 

Vincolo della continuazione e determinazione della pena complessiva

4.2. Una seconda linea interpretativa viene rinvenuta in quelle pronunce per le quali in tema di reato continuato il giudice, nel determinare la pena complessiva, non solo deve individuare il reato piu’ grave, stabilendo la pena-base applicabile per tale reato, ma deve anche calcolare l’aumento di pena per la continuazione in modo distinto per i singoli reati satellite anziche’ unitariamente: segnatamente, Sez. 3, n. 1446 del 13/09/2017, dep. 2018, S., Rv. 271830; Sez. 6, n. 48009 del 28/09/2016, Cocomazzi, Rv. 268131; Sez. 5, n. 16015 del 18/2/2015, Nuzzo, Rv. 263591; Sez. 1, n. 27198 del 28/5/2013, Margherito, Rv. 256616; Sez. 3, n. 4209 del 16/12/2008, dep. 2009, Pandolfi, Rv. 242873.
L’ordinanza di rimessione rammenta che le Sezioni Unite, con la sentenza n. 7930 del 21/4/1995, Zouine, Rv. 201549, affermarono che ricorre la nullita’ della sentenza ove la pena complessiva sia determinata senza alcuna indicazione di quella stabilita per ciascun reato, di quella per il reato piu’ grave come di quella determinata in aumento per la ritenuta continuazione, e che su tale linea si collocano alcune pronunce successive del giudice di legittimita’ (Sez. 4, n. 28139 del 23/6/2015, Puggillo, Rv. 264101; Sez. 2, n. 51731 del 19/11/2013, Foria, Rv. 258108; Sez. 6, n. 7777 del 29/1/2013, Bardeggia, Rv. 255052), le quali sembrano richiedere un obbligo di motivazione piu’ stringente al giudice in relazione alla quantificazione di ciascuna porzione di aumento per il reato continuato.
Taluna decisione pone in rilievo la necessita’ che la motivazione debba dare conto delle decisioni assunte su ogni aspetto dell’esercizio del suo potere discrezionale, ivi compresa la determinazione dell’aumento di pena per i singoli reati satellite (Sez. 4, n. 28139/2015, Puggillo, cit.); altra che, in ragione della possibilita’ astratta che la pena in aumento raggiunga il triplo della pena massima e della previsione dell’articolo 533 c.p.p., comma 2, secondo cui “… se la condanna riguarda piu’ reati, il giudice stabilisce la pena per ciascuno di essi e quindi determina la pena che deve essere applicata in osservanza delle norme sul concorso dei reati o sulla continuazione”, e’ necessaria la motivazione sulla determinazione dell’aumento di pena per la continuazione al fine di permettere il controllo sull’uso del potere discrezionale, la cui omissione integra il vizio di motivazione (Sez. 2, n. 51731/2013, Foria, cit.; similmente Sez. 4, n. 6853 del 27/1/2009, Maciocco, Rv. 24286). Viene rammentata anche Sez. 1, n. 21641 del 08/01/2016, Lendano, Rv. 266885, secondo cui, in tema di quantificazione della pena a seguito di riconoscimento della continuazione tra diversi reati, il giudice e’ tenuto a fornire una congrua motivazione, non solo in ordine alla individuazione della pena-base, ma anche all’entita’ dell’aumento ex articolo 81 c.p., comma 2, specie quando questo, pur contenuto nel limite massimo stabilito dalla legge, determini una “sperequazione nel trattamento sanzionatorio” per le medesime fattispecie di reato.

 

Vincolo della continuazione e determinazione della pena complessiva

La Sezione rimettente ha anche considerato che, per quanto con affermazioni che non rappresentano la ratio decidendi, la giurisprudenza piu’ recente delle Sezioni Unite depone per questa seconda ricostruzione. Secondo Sez. U, n. 25939 del 28/02/2013, Ciabotti, Rv. 255347 e’ necessario che sia individuabile la pena stabilita dal giudice in aumento per ciascun reato-satellite, sia per la verifica dell’osservanza del limite di cui all’articolo 81 c.p., comma 3, sia perche’ a taluni effetti il cumulo giuridico si scioglie. Gia’ in precedenza Sez. U, n. 25956 del 26/3/2009, Vitale, Rv. 243589 hanno affermato la rilevanza dell’individuazione degli aumenti per i reati satellite ai fini del calcolo dei termini di durata massima della custodia cautelare, applicata solo per essi o alcuni di essi. Mentre in un tempo successivo Sez. U, n. 22471 del 26/2/2015, Sebbar, Rv. 263717 hanno ribadito che la pena per il reato continuato e’ frutto di una operazione unitaria ma hanno anche rimarcato che il giudice deve necessariamente rendere conoscibile la pena individuata, in aumento, per ciascun reato satellite, al fine di garantire le finalita’ diverse pure espressamente previste dalla legge e collegate ad una valutazione autonoma dei singoli reati parte della continuazione. Conferma di tali assunti e’ venuta anche da Sez. U, n. 40983 del 21/6/2018, Giglia, Rv. 273750, per le quali l’aumento per la continuazione va operato non in modo onnicomprensivo, bensi’ specificando “l’entita’ dei singoli aumenti per i reati satellite, evitando quantificazioni forfettarie, in quanto tale specificazione rileva non solo allorche’ debba procedersi alla scissione delle pene per applicare soltanto ad alcuni dei reati fittiziamente unificati taluni istituti giuridici, ma soprattutto per consentire il controllo dell’esercizio della discrezionalita’ del giudice nella determinazione della pena e quindi il rispetto del principio di proporzionalita’ di essa, dovendo i singoli aumenti corrispondere alla valutazione della gravita’ degli episodi in continuazione”.

 

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Infine l’ordinanza segnala che sulla medesima posizione appare attestata anche la giurisprudenza di legittimita’ prodottasi in tema di rideterminazione della pena attraverso l’applicazione della continuazione in sede di esecutiva, la quale ha riaffermato l’onere da parte del giudice di specificare in motivazione anche i singoli aumenti operati (tra le altre, Sez. 1, n. 29941 del 11/11/2015, dep. 2016, Tomassetti, non mass.; Sez. 1, n. 29939 del 29/10/2015, dep. 2016, Afeltra, non mass.; Sez. 1, n. 32870 del 10/06/2013, Sardo, Rv. 257000; Sez. 1, n. 23041 del 14/05/2009, De Risio, Rv. 244115; Sez. 1, n. 16691 del 22/01/2009, Santaiti, Rv. 243168), anche precisando che il giudice dell’esecuzione e’ tenuto a fornire specifica motivazione sulle ragioni dell’entita’ dell’aumento per la continuazione, atteso che il riconoscimento del medesimo disegno criminoso implica, di per se’, una minore offensivita’ della condotta illecita aggiuntiva (Sez. 1, n. 23352 del 14/09/2017, dep. 2018, Manganaro, Rv. 273050) e che al fine di rendere possibile un controllo effettivo del percorso logico e giuridico seguito nella determinazione della pena, non e’ sufficiente il semplice rispetto del limite legale del triplo della pena-base (Sez. 1, n. 17209 del 25/05/2020, Trisciuoglio, Rv. 279316, e Sez. 1, n. 800 del 07/10/2020, dep. 2021, Bruzzaniti, Rv. 280216).
4.3. Tutto cio’ premesso, la Terza Sezione ha rimesso alle Sezioni Unite la questione in ordine ai doveri del giudice che abbia ritenuto la continuazione tra reati. In specie, se egli, nel determinare la pena complessiva, oltre ad individuare il reato piu’ grave e stabilire la pena base per tale reato, debba anche calcolare l’aumento di pena in modo distinto per i singoli reati satellite o possa semplicemente determinarlo unitariamente per il complesso dei reati satellite.
5. Con decreto del 26.3.2021 il Presidente Aggiunto ha assegnato il ricorso alle Sezioni Unite, fissando per la trattazione la data odierna.
6. Il Procuratore Generale e (OMISSIS) hanno chiesto che il ricorso venisse trattato oralmente in presenza delle parti; il primo ha comunque depositato note di udienza, con le quali ha argomentato la richiesta di annullamento con rinvio della sentenza impugnata nei confronti di entrambi i ricorrenti, ritenendone fondate le censure.
7. Il difensore del (OMISSIS) ha fatto pervenire conclusioni scritte, con le quali ha insistito per l’accoglimento del ricorso.

 

Vincolo della continuazione e determinazione della pena complessiva

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. La questione sottoposta a queste Sezioni Unite e’ stata cosi’ formulata:
“Se, in tema di reato continuato, il giudice, nel determinare la pena complessiva, oltre ad individuare il reato piu’ grave e stabilire la pena base per tale reato, debba anche calcolare e motivare l’aumento di pena in modo distinto per ognuno dei reati satellite o possa determinarlo unitariamente”.
2. La censura proposta dal ricorrente (OMISSIS) richiede la preliminare soluzione del quesito interpretativo posto alle Sezioni Unite; infatti, egli si e’ doluto che non sia stata resa motivazione in merito ai singoli aumenti della pena base conseguenti al riconoscimento della continuazione tra i reati. I temi della modalita’ di definizione dell’aumento per la continuazione e quello della motivazione che deve rendere il giudice sulla pena del reato continuato non sono coincidenti ma – lo rileva la stessa sezione remittente – sono tra loro connessi.
Infatti, si tratta di definire l’oggetto dell’obbligo motivazionale, che a seconda delle opzioni risulta essere, oltre alla pena stabilita per il reato piu’ grave tra quelli in continuazione, la pena unitariamente stabilita per tutti i reati satellite o, piuttosto, le pene partitamente stabilite per ciascuno di questi.
Pertanto, giova alla maggiore chiarezza della presente decisione riformulare il quesito proposto, nel senso che occorre dare risposta ai seguenti interrogativi:
a) se in caso di reato continuato il giudice debba stabilire (e quindi evidenziare), oltre che la pena per il reato piu’ grave, quelle relative ai singoli reati-satellite o se possa stabilire ed indicare un unitario; b) se, nel primo caso, l’obbligo di motivazione richieda di giustificare l’entita’ di ciascun aumento.
3. A riguardo del primo interrogativo si registrano due orientamenti contrapposti.
Secondo un primo, nel caso di reato continuato non vi e’ necessita’ di determinare i singoli aumenti di pena, potendo essere operato un solo complessivo aumento della pena base. Si tratta di un indirizzo che ha radici risalenti, atteso che gia’ Sez. 5, n. 2590 del 14/12/1978, dep. 1979, Massa, Rv. 141415 affermava che “mentre nel cumulo materiale la pena unica da applicare ai sensi dell’articolo 73 c.p. e’ costituita dalla somma aritmetica delle pene che si dovrebbero infliggere per i singoli reati, nella continuazione l’aumento di pena si riferisce complessivamente a tutti i reati cosiddetti satelliti, sicche’ detto aumento non deve analiticamente essere determinato per ciascuno di essi”.

 

Vincolo della continuazione e determinazione della pena complessiva

Pur riconoscendo che il giudice ha l’obbligo di specificare la pena base inflitta per il reato piu’ grave e il conseguente aumento per la continuazione (Sez. 2, n. 3603 del 13/01/1981, Bertocchi, Rv. 148465; Sez. 2, n. 5930 del 06/03/1984, Di Carlo, Rv. 164954), si sosteneva in talune decisioni che il giudice non ha eguale dovere a riguardo dell’aumento apportato alla pena base per ciascuna violazione e cio’ in quanto “la continuazione costituisce una unita’ reale e non fittizia dei singoli reati; la pena, quindi, va determinata globalmente con un inasprimento unico” (Sez. 2, n. 8748 del 24/05/1984, Rv. 166178). Si riteneva, altresi’, che “la distinta indicazione dei singoli aumenti di pena per i reati satelliti non e’ prevista ne’ richiesta dalla legge, sicche’ l’indicazione, in maniera unitaria e complessiva, dell’aumento di pena per i reati satelliti non cagiona irregolarita’ ne’ nullita’ di alcun genere” (Sez. 1, n. 8073 del 16/10/1986, dep. 1987, Albesano, Rv. 176330).
In seno al medesimo orientamento altri poneva l’accento sulla modalita’ di determinazione della pena del reato continuato, ritenendo che, avendo la stessa “carattere unitario,… il giudice di merito non e’ tenuto ad indicare gli aumenti ritenuti per ciascun reato, essendo sufficiente, stabilita la pena base, determinare su di essa l’aumento, nei limiti fissati dallo stesso articolo 81 c.p.” (Sez. 1, n. 1731 del 22/12/1981, dep. 1982, Masala, Rv. 152353).
La perdita di autonoma evidenza delle pene per i reati satellite costituiva un principio tanto recepito da rendere necessaria la puntualizzazione che “anche se e’ esatto che, in ogni caso di continuazione sia tra reati omogenei che tra reati eterogenei, il giudice deve procedere ad un aumento unitario della pena fissata per la violazione piu’ grave, non puo’ tuttavia avere effetti invalidanti sulla decisione il fatto che il giudice proceda ad aumenti di pena separati per ciascuno dei reati satelliti, uniti in continuazione con quello piu’ grave, senza naturalmente superare, nel complesso, il triplo della pena base”. Infatti, si rimarcava, il procedimento frazionato dell’aumento di pena che in tal modo si segue non conduce a risultati diversi da quelli che si sarebbero avuti, con un aumento unitario, ma anzi meglio evidenzia, attraverso l’indicazione delle singole frazioni di pena per i vari reati satellite, le ragioni che hanno determinato l’aumento complessivo di pena (Sez. 1, n. 9692 del 09/04/1980, Frater, Rv. 146024; conformi Sez. 3, n. 3 del 12/06/1981, dep. 1982, Papa, Rv. 151445; Sez. 5, n. 1768 del 08/02/1983, dep. 1984, Dorio, Rv. 162864; Sez. 3, n. 1913 del 28/01/1986, Bertolone, Rv. 172047; Sez. 3, n. 3051 del 27/10/1987, dep. 1988, Di Toma, Rv. 177830; Sez. 6, n. 9609 del 27/06/1988, Araniti, Rv. 179286).
Simili argomentazioni sono giunte sino a tempi piu’ recenti. Si legge in Sez. 5, n. 7164 del 13/01/2011, De Felice, Rv. 249710 che “l’aumento per continuazione operato sul reato piu’ grave (e quindi sulla pena base) puo’ anche essere determinato in maniera cumulativa, vale a dire, senza la necessita’ di indicare il quantum di pena per ciascun reato satellite”. Il principio e’ stato ribadito da Sez. 5, n. 29829 del 13/03/2015, Pedercini, Rv. 265141, la quale ha puntualizzato che non da’ luogo a nullita’ l’aumento di pena per i reati satellite determinato in termini unitari e complessivi, e non distintamente, in relazione a ciascuna delle violazioni. Precisazione gia’ operata da Sez. 2, n. 4984 del 21/01/2015, Giannone, Rv. 262290, in consonanza con Sez. 5, n. 17081 del 26/11/2014, dep. 2015, Bruni, Rv. 263700; Sez. 2, n. 32586 del 03/06/2010, Ben Ali’, Rv. 247978; Sez. 1, n. 3100 del 27/11/2009, dep. 2010, Amatrice, Rv. 245958.

 

Vincolo della continuazione e determinazione della pena complessiva

In particolare, la sentenza n. 4984/2015 prende atto che sul punto erano intervenute le Sezioni Unite affermando il principio per il quale “e’ nulla “in parte qua”, perche’ non consente il controllo sul buon uso fatto dal giudice del suo potere discrezionale, la sentenza con cui il giudice di merito, nel pronunciare condanna per piu’ reati, determini la pena complessiva senza alcuna indicazione della pena stabilita per ciascun reato, di quello ritenuto piu’ grave e dell’aumento per la continuazione” (Sez. U, n. 7930 del 21/04/1995, Zouine, Rv. 201549). Ma, ad avviso della Seconda Sezione, tale principio e’ strettamente correlato al caso esaminato dal massimo consesso, nel quale il Giudice aveva determinato la pena complessiva senza alcuna indicazione della pena stabilita per ciascun reato, di quello ritenuto piu’ grave e dell’aumento per la continuazione.
4. Quanto all’opposto orientamento, a stretto rigore ad esso non possono essere ricondotte quelle decisioni nelle quali si sostiene che il giudice ha la facolta’ di apportare distinti aumenti di pena a quella stabilita per il reato piu’ grave; per quanto vi si sottolinei che un simile metodo di computo “lungi dall’essere contrario alla legge penale, e’ ad essa perfettamente aderente” (Sez. 3, n. 1913/1986, cit.; similmente Sez. 1, n. 6204 del 11/03/1991, Controsceri, Rv. 188024), non si giunge a rinvenire un qualche vizio della decisione quando l’aumento venga fatto unitariamente.
Occorre quindi guardare alle pronunce nelle quali viene sostenuto che nel determinare la pena complessiva per il reato continuato il giudice non solo deve individuare il reato piu’ grave, stabilendo la pena base applicabile per tale reato, ma ha anche il dovere di calcolare l’aumento di pena per la continuazione in modo distinto per i singoli reati satellite anziche’ unitariamente. Di esse l’ordinanza di rimessione ha operato una ricognizione, ponendo correttamente in evidenza come il convergente orientamento formatosi riguardo ai doveri del giudice dell’esecuzione, pur presupponendo il peculiare vincolo allo stesso imposto di attenersi alla valutazione del giudice della cognizione in merito alla quantificazione della pena base onde individuare il reato base, rappresenti una pertinente presa di posizione almeno quando, come nel caso che occupa, il giudice della cognizione debba operare l’aumento per la continuazione âEuroËœesterna’, prendendo come pena base quella gia’ fissata in altra sentenza di condanna divenuta irrevocabile.

 

Vincolo della continuazione e determinazione della pena complessiva

Gli argomenti valorizzati dalle decisioni che danno vita all’indirizzo in esame si incentrano sulla necessita’ di permettere il controllo sull’uso del potere discrezionale attribuito al giudice e la rideterminazione della sanzione negli ulteriori gradi di giudizio (cosi’ Sez. 5, n. 16015 del 18/2/2015, Nuzzo, Rv. 263591 e Sez. 1, n. 27198 del 28/5/2013, Margherito, Rv. 256616); oppure sulla necessita’ di garantire le altre specifiche finalita’ espressamente previste dalla legge e collegate ad una valutazione autonoma dei singoli reati che compongono l’unicita’ del disegno criminoso (Sez. 3, n. 1446 del 13/09/2017, dep. 2018, S., Rv. 271830). Altre si richiamano essenzialmente all’insegnamento delle Sezioni Unite che ravvisa una causa di nullita’ nella mancata indicazione delle pene stabilite per ciascun reato (cosi’ Sez. 6, n. 48009 del 28/09/2016, Cocomazzi, Rv. 268131).
5. Ritengono queste Sezioni Unite che, diversamente da quanto e’ stato sostenuto in alcune pronunce che militano per la tesi dell’aumento unitario, il dato normativo impone al giudice di individuare in modo distinto e specifico le pene che ritiene congrue per ciascuno dei reati avvinti dal nesso di continuazione. L’articolo 533 c.p.p., comma 2, e’ al riguardo di piana lettura. Dapprima il giudice stabilisce la pena che infliggerebbe per ciascun reato; quindi, determina la pena complessiva secondo le regole descritte all’articolo 81 c.p., (si puo’ tralasciare, in questa sede, il riferimento alle norme sul concorso di reati e di pene).
Per quanto l’osservanza della prescrizione non sia sorvegliata da una qualche sanzione processuale e la prassi giudiziaria sia quella di omettere l’indicazione della pena “stabilita”, pure non c’e’ dubbio che lo schema legale scomponga in due distinte operazioni il procedimento di determinazione della pena per il reato continuato.

 

Vincolo della continuazione e determinazione della pena complessiva

L’articolo 483 c.p.p. del 1930, comma 2, prevedeva che nel caso di condanna pronunciata per piu’ reati il giudice dovesse stabilire, anche nelle ipotesi di concorso di reati o di pene, la pena che sarebbe i stata applicabile per ciascuna delle violazioni. Sez. U, n. 1 del 23/01/1971, Urbinati, Rv. 118011 ritennero la nullita’ della sentenza che, nel pronunciare condanna per piu’ reati, infligga una pena unica, senza stabilire, appunto in violazione dell’articolo 483 c.p.p., la pena per ciascuno dei reati stessi. Ad avviso della Suprema Corte in tal modo risulta rimossa la autonomia giuridica di ciascun reato e si rende impossibile il controllo sulla corretta applicazione delle regole relative al cumulo delle pene e al buon uso del potere discrezionale del giudice in ordine alla irrogazione della pena.
La necessita’ che il giudice osservasse la menzionata previsione anche nello specifico caso di reati riuniti dalla continuazione venne rimarcata da Sez. U, n. 6300 del 26/05/1984, Falato, Rv. 165179. Ritenendo che “il principio di favore nei confronti dell’autore di piu’ reati in concorso formale o avvinti nella continuazione si esprime normativamente nella scelta del trattamento ispirato al cumulo giuridico; e se ne verifica il rispetto mediante il raffronto con il risultato sanzionatorio cui si sarebbe pervenuti con il sistema del cumulo materiale, come e’ prescritto dalla disposizione di sbarramento dell’articolo 81, u.c.”, il Supremo Collegio scandi’ che cio’ “postula il dovere del giudice del merito, del resto imposto in termini generali dall’articolo 483 c.p.p., comma 2, per ogni condanna pronunciata per piu’ reati, di stabilire anche nelle ipotesi di concorso formale o in continuazione, specie se eterogeneo, la pena che sarebbe stata applicabile per ciascuna delle violazioni, al fine di procedere alla comparazione in concreto tra i risultati del cumulo giuridico e di quello materiale”. Questa operazione, aggiunsero le Sezioni Unite, e’ pero’ dovuta anche in vista della necessaria individuazione della violazione piu’ grave “e consentira’ altresi’ il recupero dell’autonomia dei singoli reati quante volte si porra’ il problema dello scioglimento del cumulo per l’applicazione di disposizioni (ad esempio in materia di cause estintive, di misure di sicurezza, o di pene accessorie) che siano riferibili a pene e reati singolarmente considerati”.

 

Vincolo della continuazione e determinazione della pena complessiva

Mutato il diritto processuale la prescrizione dell’articolo 483, comma 2 del codice Rocco ha trovato una rimodulazione nell’articolo 533, comma 2 del codice Vassalli, ed il principio formulato dalle Sez. U. Urbinati e’ stato ribadito da Sez. U, n. 7930 del 21/04/1995, Zouine, Rv. 201549, che in un caso nel quale, nel pronunciare condanna per piu’ reati, il giudice di merito aveva determinato la pena complessiva senza alcuna indicazione della pena stabilita per ciascun reato, di quello ritenuto piu’ grave e dell’aumento per la continuazione, ritenne nulla “in parte qua” la sentenza, per l’impossibilita’ di operare il controllo sul buon uso fatto dal giudice del suo potere discrezionale.
La successiva giurisprudenza ha progressivamente accentuato l’indicazione di un vizio della motivazione (cfr. Sez. 4, n. 13075 del 18/1/1994, Mascolo, Rv. 200738; Sez. 3, n. 15098 del 11/03/2010, P., Rv. 246615, secondo la quale e’ affetta da vizio di motivazione, e quindi annullabile all’esito del giudizio di legittimita’, la sentenza di condanna per piu’ reati che non indichi la pena base stabilita per il reato piu’ grave nonche’ quella irrogata a titolo di aumento per la continuazione; Sez. 3, n. 16200 del 12/3/2013, Gentile, non mass.). Soprattutto, e’ stato ancora ripetuto dalle Sezioni Unite (Sez. U, n. 25939 del 28/02/2013, Ciabotti, Rv. 255347, sul punto non massimata) che, se anche la pena del reato continuato deve essere il risultato di una operazione unitaria, “occorre tuttavia che sia individuabile la pena stabilita dal giudice in aumento per ciascun reato-satellite”. In tal ultima pronuncia e’ stato evidenziato che la ripartita indicazione dei diversi aumenti di pena permette di verificare l’osservanza del limite posto dall’articolo 81 c.p., comma 3, e di tener conto della circostanza che a taluni effetti il cumulo giuridico si scioglie, si’ che ai fini dell’applicazione di istituti quali la prescrizione, l’indulto, l’estinzione delle misure cautelari personali, la sostituzione delle pene detentive brevi, e’ necessario far riferimento alle pene inflitte per ciascuno dei reati unificati dalla continuazione.
Successivamente Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263717 hanno considerato che “la realta’ normativa costituita dall’istituto della continuazione e’ di carattere duttile, che puo’ prestarsi, a seconda delle esigenze, a una lettura unitaria, ovvero ad una analisi frammentata, a seconda delle prospettive che si intendono perseguire. In sintesi: in vista del perseguimento dell’obiettivo del favor rei, coesistono nella figura del reato continuato profili giuridici, tanto di unitarieta’, quanto di pluralita’”.

 

Vincolo della continuazione e determinazione della pena complessiva

L’unificazione delle pene voluta dal legislatore importa che “una volta identificato il reato piu’ grave, i reati-satellite assumono il ruolo di semplici elementi dell’incremento sanzionatorio ed in cio’ consiste la perdita della loro individualita’”. Ma “una cosa e’ la perdita dell’autonomia sanzionatoria del reato-satellite, altro e’ la conservazione (o se si vuole, la mancata perdita) dell’incidenza ponderale del singolo reato-satellite nel momento (necessariamente antecedente rispetto a quello della determinazione della “pena complessiva”) in cui il giudice si pone a valutare la misura dell’incremento da apportare – in relazione a ciascun reato “minore” – alla pena-base”.
Su tali premesse, rafforzate dalla evocazione del disposto dell’articolo 533 c.p.p., comma 2, anche la sentenza Sebbar e’ giunta alla conclusione che deve essere individuabile la pena stabilita dal giudice, in aumento, per ciascun reato-satellite.
La “visione multifocale” descritta dalle Sezioni Unite e’ stata poi richiamata da Sez. U, n. 40983 del 21/06/2018, Giglia, Rv. 273750, che una volta ancora hanno rimarcato la necessita’ della individuazione delle pene per i singoli reati satellite.
Ponendosi in linea di continuita’ con i precedenti qui citati, la sentenza Giglia ha nuovamente ribadito come “la perdita della autonomia sanzionatoria dei reati-satellite nell’ambito del reato continuato non comporti affatto la irrilevanza della valutazione della gravita’ dei predetti reati singolarmente considerati, come confermato dalla lettera dell’articolo 533, comma 2, del codice di rito, che impone la procedura bifasica per la quale il giudicante, prima, “stabilisce” la pena per ciascun reato, poi, “determina” la pena da applicare per il reato unitariamente considerato, cosi’ ridefinendo, in vista della unitaria risposta repressiva, la pena “complessiva” da applicare. Pena di cui il giudice dovrebbe pure specificare, per quanto la mancanza non sia causa di nullita’, l’entita’ dei singoli aumenti per i reati satellite, evitando quantificazioni forfettarie, in quanto tale specificazione rileva non solo allorche’ debba procedersi alla scissione delle pene per applicare soltanto ad alcuni dei reati fittiziamente unificati taluni istituti giuridici, ma soprattutto per consentire il controllo dell’esercizio della discrezionalita’ del giudice nella determinazione della pena, e quindi il rispetto del principio di proporzionalita’ di essa, dovendo i singoli aumenti corrispondere alla valutazione della gravita’ degli episodi in continuazione”.
6. Come gia’ accennato, anche queste Sezioni Unite ritengono che le previsioni normative depongano per l’obbligo del giudice di dare specifica indicazione delle pene che vanno a costituire quella unitaria del reato continuato.

 

Vincolo della continuazione e determinazione della pena complessiva

6.1. Viene in rilievo l’articolo 533 c.p.p., comma 2, che chiaramente indica al giudice le distinte tappe del percorso richiesto per la determinazione della pena da infliggere a colui che venga condannato per piu’ reati: a) “il giudice stabilisce la pena per ciascuno di essi”; b) “quindi determina la pena che deve essere applicata in osservanza delle norme… sulla continuazione”. Che non si tratti di un relitto storico – status che comunque non sottrarrebbe cogenza alla prescrizione – e’ dimostrato dal recente intervento operato con la L. 23 giugno 2017, n. 103, sul corpo dell’articolo 546 c.p.p., al fine di “costruire,…, il modello legale della motivazione “in fatto” della decisione, nella quale risulti esplicito il ragionamento probatorio sull’intero spettro dell’oggetto della prova”, come si legge nei lavori preparatori.
L’articolo 1, comma 52, della legge, nel sostituire l’articolo 546 c.p.p., lettera e), ha tra l’altro previsto che la sentenza contiene “la concisa esposizione dei motivi di fatto e di diritto su cui la decisione e’ fondata, con l’indicazione dei risultati acquisiti e dei criteri di valutazione della prova adottati e con l’enunciazione delle ragioni per le quali il giudice ritiene non attendibili le prove contrarie, con riguardo:
2) alla punibilita’ e alla determinazione della pena, secondo le modalita’ stabilite dall’articolo 533, comma 2, e della misura di sicurezza”.
Pertanto, il legislatore del 2017 ha ribadito la necessita’ che il giudice dia conto degli elementi considerati per determinare la pena; una pena che va definita attraverso il percorso tratteggiato dall’articolo 533 c.p.p., comma 2.
6.2. Come gia’ osservato dalla sentenza Ciabotti, si tratta di una sequenza che assicura il controllo del rispetto del limite posto dall’articolo 81 c.p., comma 3, secondo il quale la pena complessiva non puo’ essere superiore a quella che sarebbe applicabile in caso di cumulo materiale delle pene. Una finalita’ che non va confusa con quelle soddisfatte dall’obbligo di motivazione, delle quali si scrivera’ a breve; e che percio’ non puo’ essere negata concependo un dovere motivazionale correlato alla sola pena base. All’inverso, proprio la necessita’ di consentire il controllo dell’esercizio di quella discrezionalita’ che l’articolo 132 c.p., comma 1, e articolo 133 c.p., attribuiscono al giudice nella determinazione della pena implica la distinta indicazione delle pene che concorrono alla individuazione della pena complessiva, secondo le modalita’ definite da ultimo dalla sentenza Giglia. Non vi e’ solo una utilita’ riflessa alla base della determinazione bifasica delle singole pene; si coglie in essa la diretta correlazione con il controllo della legalita’, della congruita’ e quindi della efficacia rieducativa della pena.

 

Vincolo della continuazione e determinazione della pena complessiva

6.3. Ma, oltre alle indicazioni che provengono dalle disposizioni di legge e dalla loro proiezione teleologica, va considerata la infondatezza della premessa teorica che si coglie alla base dell’indirizzo che ritiene legittima la determinazione unitaria dell’aumento di pena conseguente al riconoscimento della continuazione tra reati. Come si e’ gia’ rammentato, accanto all’affermazione per la quale “la distinta indicazione dei singoli aumenti di pena per i reati satelliti non e’ prevista ne’ richiesta dalla legge, sicche’ l’indicazione, in maniera unitaria e complessiva, dell’aumento di pena per i reati satelliti non cagiona irregolarita’ ne’ nullita’ di alcun genere” (Sez. 1, n. 8073 del 16/10/1986, dep. 1987, Albesano, Rv. 176330), vi e’ la interpretazione del reato continuato come ente unitario: “la continuazione costituisce una unita’ reale e non fittizia dei singoli reati; la pena, quindi, va determinata globalmente con un inasprimento unico” (Sez. 2, n. 8748 del 24/05/1984, Rv. 166178).
Anche siffatta tesi e’ stata piu’ volte disattesa dalle Sezioni Unite, come peraltro gia’ dovrebbe risultare evidente dai riferimenti sopra operati alle sentenze n. 25939/2013, n. 22471/2015 e n. 40983/2018.
Ancor prima, intervenendo sul tema della applicabilita’ delle attenuanti di cui ai nn. 4 e 6 dell’articolo 62 c.p., nell’ipotesi di reato continuato, Sez. U, n. 3286 del 27/11/2008, dep. 2009, Chiodi, Rv. 241755 hanno evidenziato che il contrasto interpretativo all’esame metteva radici nell’opposizione tra la tesi della unitarieta’ del reato continuato e quella dell’autonomia giuridica delle violazioni in questo confluenti. Infatti, mentre un indirizzo riteneva che per il principio della unitarieta’ il danno da considerare dovesse essere quello complessivo cagionato dalla somma delle violazioni, per l’opposto orientamento l’unificazione e’ operata dal legislatore solo quoad poenam e quindi, dovendo considerarsi i diversi reati nelle loro caratteristiche e particolarita’ in relazione a qualsiasi altro istituto giuridico, il danno deve essere valutato con riferimento a ciascuno dei reati concorrenti.
Le Sezioni Unite hanno rilevato che tale opposizione aveva tratto alimento dalla originaria disciplina dettata dall’articolo 81 c.p., (poi modificata dal Decreto Legge n. 99 del 1974, convertito dalla L. n. 220 del 1974), giacche’ non solo per il legislatore del 1930 la disciplina del reato continuato trovava applicazione solo nell’ipotesi che le violazioni risultassero tra loro omogenee, oltre che sorrette dalla identita’ del disegno criminoso, ma il testo dell’articolo 81 c.p., comma 3, espressamente prevedeva che ricorrendo le condizioni della continuazione “… le diverse violazioni si considerano come un solo reato”.
Rinvenendo conferme della propria ricostruzione in una pluralita’ di pronunce dalla Corte costituzionale (sentenze n. 115/1987, n. 316/1994 e n. 324/2008) e delle stesse Sezioni Unite (Sez. U, n. 14 del 30/06/1999, Ronga, Rv. 214355 e Sez. U, n. 1 del 26/02/1997, Mammoliti, Rv. 207940), il Supremo Collegio ha escluso l’esistenza di “una struttura unitaria da assumere come punto di partenza di rilievo generale”, rilevando, al contrario, che, ove la considerazione unitaria del reato continuato non sia espressamente prevista da apposita disposizione o comunque garantisca un risultato favorevole al reo, “vige e opera la considerazione della pluralita’ dei reati nella loro autonomia e distinzione che, pertanto, costituisce la regola”.

 

Vincolo della continuazione e determinazione della pena complessiva

Successivamente le Sezioni Unite si sono confrontate con la disposizione dell’articolo 81 c.p., comma 1, che impone di determinare la pena per il reato continuato aumentando la pena per il reato piu’ grave.
Tale regola ha prodotto interpretazioni contrastanti per il caso che a venire in considerazione siano reati puniti con pene eterogenee.
La prima questione ha avuto ad oggetto il criterio di individuazione della violazione piu’ grave sulla cui pena apportare l’aumento previsto per il reato continuato. Questione risolta dalla menzionata sentenza Ciabotti affermando il principio secondo il quale l’individuazione della violazione piu’ grave va operata avendo riguardo alla valutazione compiuta in astratto dal legislatore. Conclusione alla quale le Sezioni Unite sono pervenute a partire dall’assunto secondo il quale “e’ possibile ritenere ormai superata la concezione unitaria del reato continuato in favore dell’autonomia giuridica delle singole violazioni che confluiscono nel reato continuato, tranne che per gli effetti espressamente previsti dalla legge”, come quelli relativi alla determinazione della pena, e sempre che garantisca un risultato favorevole al reo.
Cio’ non confligge con il fatto che la pena per il reato continuato e’ il risultato di una operazione unitaria; espressione il cui senso e’ che “una volta ritenuta la continuazione tra piu’ reati, il trattamento sanzionatorio originariamente previsto per i reati-satellite perde la sua specificita’, proprio per la ragione che, individuata la violazione piu’ grave, essi vanno a comporre una sostanziale unita’, disciplinata e sanzionata diversamente mediante le regole dettate all’uopo dal legislatore”. Non potrebbe essere diversamente, hanno aggiunto le Sezioni Unite, perche’ se l’aumento della pena per il reato piu’ grave fosse calcolato sulla base della pena qualitativa edittalmente prevista per il reato satellite verrebbe violata la previsione di legge.
Tuttavia, nella medesima pronuncia si rimarca – lo si e’ gia’ rammentato – che e’ comunque necessario che sia individuabile la pena stabilita in aumento per ciascun reato satellite.
Una seconda questione ha riguardato la necessita’ o meno di rivalutazione dell’aumento di pena irrogato a titolo di continuazione per i reati satellite previsti dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, (come modificato dal Decreto Legge n. 272 del 2005, convertito dalla L. n. 49 del 2006) aventi ad oggetto “droghe leggere”, in conseguenza della reviviscenza della precedente disciplina, determinatasi per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 32 del 2014.
Nell’affermare il dovere del giudice di procedere a una nuova valutazione, le Sezioni Unite Sebbar hanno sottolineato – ed anche questo e’ stato riportato in precedenza – che l’unificazione delle pene non va intesa come perdita dell’autonomia del reato-satellite sotto il profilo della sua incidenza ponderale, nel momento in cui il giudice e’ chiamato a valutare la misura dell’incremento da apportare alla pena-base. Proprio per questo le pene dei singoli reati satellite devono essere specificamente individuate dal giudice.
Infine, chiamata a risolvere l’ultimo dei contrasti interpretativi dei quali si e’ sopra fatto cenno, la sentenza Giglia ha nuovamente ribadito che va distinta l’autonomia sanzionatoria dei reati satellite dalla perdurante individualita’ che ad essi va riconosciuta ai fini della valutazione della loro gravita’.

 

Vincolo della continuazione e determinazione della pena complessiva

6.4. Tirando le somme da quanto sin qui esposto, la tesi della legittimita’ di un aumento unitario della pena per il reato piu’ grave – inteso come aumento che non distingue le pene relative a ciascun reato satellite – risulta infondata in entrambi i suoi presupposti.
Il dato normativo milita con sufficiente chiarezza a favore della necessita’ di una specifica indicazione.
La tesi di una unitarieta’ del reato continuato che estenda i propri effetti oltre le modalita’ di calcolo della pena per il reato continuato (ovvero il metodo della progressione per moltiplicazione della pena base) appare ormai affermata in modo tralaticio, senza stabilire un confronto con il percorso delineato dalle Sezioni Unite, che allo stato appare aver conseguito la nitida definizione del limitato perimetro entro il quale puo’ legittimamente parlarsi di unitarieta’ del reato continuato.
7. Con riguardo all’obbligo di motivazione della pena del reato continuato il contrasto interpretativo si registra a proposito dell’oggetto della motivazione; se essa possa limitarsi alla esposizione delle ragioni a base della misura della pena inflitta per il reato piu’ grave, perche’ esse valgono anche per l’aumento inflitto per i reati satellite; o all’inverso, se tali aumenti debbano essere specificamente motivati. Si coglie, in tale opposizione, l’incidenza della posizione assunta a riguardo dell’alternativa âEuroËœaumento unitario/aumenti distinti’.
Le decisioni che optano per la prima soluzione sono in maggior numero.
Si afferma che nel caso in cui il giudice abbia congruamente motivato in ordine alla determinazione della pena, facendo riferimento alla natura dei reati, alla personalita’ dell’imputato e alle concesse attenuanti generiche, egli non ha l’obbligo di autonoma e specifica motivazione in ordine alla quantificazione dell’aumento per la continuazione, posto che i parametri al riguardo sono identici a quelli valevoli per la pena base (Sez. 5, n. 3021 del 17/12/2020, dep. 2021, Morabito, non mass; Sez. 1, n. 39350 del 19/07/2019, Oliveti, Rv. 276870; Sez. 3, n. 44931 del 2/12/2016, dep. 2017, Portulesi, Rv. 271787; Sez. 4, n. 23074 del 22/11/2016, dep. 2017, Paternoster, Rv. 270197; Sez. 2, n. 50987 del 06/10/2016, Aquila, Rv. 268731; Sez. 2, n. 50699 del 04/10/2016, Chierchiello, Rv. 268908; Sez. 2, n. 43605 del 14/09/2016, Ferracane, Rv. 268451; Sez. 2, n. 34662 del 07/07/2016, Felughi, Rv. 267721; Sez. 5, n. 25751 del 05/02/2015, Bornice, Rv. 264993; Sez. 2, n. 4707 del 21/11/2014, dep. 2015, Di Palma, Rv. 262313; Sez. 2, n. 49007 del 16/09/2014, lussi, Rv. 261424; Sez. 5, n. 27382 del 28/04/2011, Franceschin, Rv. 250465; Sez. 5, n. 11945 del 22/09/1999, De Rosa, Rv. 214857; Sez. 3, n. 3034 del 26/09/1997, Coletta, Rv. 209369).

 

Vincolo della continuazione e determinazione della pena complessiva

La tesi e’ imperniata essenzialmente sulla medesimezza dei criteri che il giudice deve adottare ed adotta per la determinazione della pena per il reato piu’ grave e per l’aumento relativo ai reati satellite. Tuttavia, nella sentenza Di Palma si evidenzia ulteriormente che e’ il consolidamento della progressione criminosa che viene effettuato con il riconoscimento del vincolo della continuazione a consentire di ritenere giustificati gli aumenti per i reati satellite con i parametri indicati per la determinazione del reato principale. Mentre nella sentenza Paternoster si osserva, ulteriormente, che “ovviamente la sinteticita’ della motivazione non deve palesare evidente contraddittorieta’ con la complessiva motivazione del trattamento sanzionatorio e la pena in aumento non deve distaccarsi sensibilmente dal minimo edittale”.
Secondo un diverso indirizzo, il giudice deve fornire indicazione e motivazione non solo in ordine alla individuazione della pena base, ma anche all’entita’
dell’aumento determinato ai sensi dell’articolo 81 c.p. (Sez. 3, n. 1446 del 13/09/2017, dep. 2018 S., Rv. 271830; Sez. 6, n. 48009 del 28/09/2016, Cocomazzi, Rv. 268131; Sez. 1, n. 21641 del 08/01/2016, Lendano, Rv. 266885; Sez. 2, n. 51731 del 19/11/2013, Foria, Rv. 258108; Sez. 6, n. 7777 del 29/01/2013, Bardeggia, Rv. 255052).
L’indirizzo in parola fa leva su diverse argomentazioni, non del tutto sovrapponibili.
Da un canto si rimarca che se l’aumento previsto puo’ raggiungere il triplo della pena base, non e’ sufficiente per la legalita’ del calcolo determinare la pena nell’ambito quantitativo previsto dalla legge. Dall’altro, si specifica che la necessita’ di motivare l’aumento e’ “naturale corollario del principio fissato dalle Sezioni Unite in tema di commisurazione della pena per la continuazione, la’ dove hanno dichiarato la nullita’ della sentenza con cui la pena complessiva sia determinata senza alcuna indicazione della pena stabilita per ciascun reato, sia di quella per il reato piu’ grave, sia dell’aumento per la continuazione per ciascun reato-satellite”. Si osserva che “se sussiste un obbligo per il giudice di specificare gli aumenti applicati per ciascuno dei reati in continuazione, esso non… (puo’) non presupporre che il giudice dia conto, sia pure sinteticamente, delle decisioni assunte su ogni aspetto dell’esercizio del suo potere discrezionale, ivi compresa la determinazione dell’aumento di pena per i singoli reati satellite: solo garantendo la conoscibilita’ dei criteri utilizzati e dell’iter seguito dal giudice per determinare gli aumenti per ciascun reato-satellite e’, difatti, possibile rendere effettivi la successiva verifica in merito alla congruita’ della commisurazione della pena da parte del giudice del gravame nonche’ l’eventuale controllo di legittimita’ circa la non arbitrarieta’ o manifesta irragionevolezza della pena inflitta. Onere che diventa ancor piu’ stringente allorquando, in relazione gli aumenti applicati in relazione ai diversi reati in continuazione, si evidenzi – come appunto nella specie – una sperequazione nel trattamento sanzionatorio per medesime fattispecie di reato” (Sez. 6, n. 48009 del 2016, cit.).
Proprio sul profilo della ragionevolezza della dosimetria pone l’accento Sez. 1, n. 21641 del 2016, cit., laddove afferma che “quando riconosce la sussistenza della continuazione fra i diversi reati per i quali afferma la responsabilita’ dell’imputato, il giudice e’ tenuto a fornire una congrua motivazione non solo in ordine alla individuazione della pena base, ma anche all’entita’ dell’aumento ex articolo 81 c.p., comma 2, e, ai fini della razionalita’ intrinseca dell’argomentazione, deve valutare i singoli reati e specificare le ragioni di un aumento a titolo di continuazione che, pur se rispettoso del limite massimo stabilito dalla legge, determini una immotivata sperequazione nel trattamento sanzionatorio per le medesime fattispecie di reato”.

 

Vincolo della continuazione e determinazione della pena complessiva

In altra pronuncia si mette in evidenza il dovere di motivazione che discende dall’articolo 533 c.p.p., comma 2, e dall’esercizio di un potere discrezionale; si afferma, infatti, che deve “il giudice, nella motivazione, dare conto delle decisioni assunte su ogni aspetto dell’esercizio del suo potere discrezionale, ivi compresa la determinazione dell’aumento di pena per la continuazione…. Cio’ in forza della previsione contenuta nell’articolo 533 c.p.p., comma 2 …”. Pertanto, “la mancanza di motivazione sulla determinazione dell’aumento di pena per la continuazione, specie quando si tratta come nel caso di specie di un aumento significativo, non essendo previsto nell’articolo 81 c.p., un aumento minimo di pena, ma solo un massimo quantificato nella misura del triplo della pena base, sottrae all’imputato il controllo sull’uso fatto dal giudice del suo potere discrezionale, integrando, quindi, un vizio di motivazione della sentenza rilevante ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), (Sez. 4 n. 6853 del 27/1/2009, Rv. 242867)” (cosi’, testualmente, Sez. 2, n. 51731 del 2013, Foria, cit.).
Nella sentenza Bardeggia si rimarca che “costituisce un preciso onere del giudicante dare conto delle ragioni delle sue decisioni su ogni aspetto dell’esercizio del suo potere discrezionale”; la discrezionalita’ fonda il dovere motivazionale, tanto che non solo “non e’ sufficiente per la legalita’ del calcolo determinare la pena nell’ambito quantitativo previsto dalla legge, ove, come nella specie, si operi una quantificazione sperequata per le medesime fattispecie di reato, omettendo di indicarne le ragioni”; anche ove tale decisione sia fondata su una diversita’ sostanziale tra gli episodi, e’ “necessario evidenziare le difformi caratteristiche, proprio per giustificare tale sperequazione determinativa”.
Va ricondotta all’orientamento in parola anche Sez. 3, n. 24979 del 22/12/2017, dep. 2018, F., Rv. 273533.
Nel diverso ma associabile ambito della quantificazione della pena a seguito di applicazione della disciplina del reato continuato in sede esecutiva, si afferma che il giudice – in quanto titolare di un potere discrezionale esercitabile secondo i parametri fissati dagli articoli 132 e 133 c.p., – e’ tenuto a motivare, non solo in ordine all’individuazione della pena-base, ma anche in ordine all’entita’ dei singoli aumenti per i reati-satellite ex articolo 81 c.p., comma 2, in modo da rendere possibile un controllo effettivo del percorso logico e giuridico seguito nella determinazione della pena, non essendo all’uopo sufficiente il semplice rispetto del limite legale del triplo della pena-base (Sez. 1, n. 800 del 07/10/2020, dep. 2021, Bruzzaniti, Rv. 280216; conformemente a quanto gia’ espresso da Sez. 1, n. 17209 del 25/05/2020, Trisciuoglio, Rv. 279316, Sez. 1, n. 52531 del 19/09/2018, Mejri, Rv. 274548 e da Sez. 1, n. 32870 del 10/06/2013, Sardo, Rv. 257000).

 

Vincolo della continuazione e determinazione della pena complessiva

In posizione intermedia si colloca Sez. 5, n. 32511 del 14/10/2020, Radosavljevic, Rv. 279770, che ritiene legittima la motivazione della sola pena del reato piu’ grave “quando non e’ possibile dubitare del rispetto del limite legale del triplo della pena base ex articolo 81 c.p., comma 1, in considerazione della misura contenuta degli aumenti di pena irrogati, e i reati posti in continuazione siano integrati da condotte criminose seriali ed omogenee”. Ad essa si e’ richiamato un non piccolo nucleo di pronunce, tra le quali si possono ricordare Sez. 3, n. 36922 del 26/11/2020, Presta, non mass. e Sez. 5, n. 1950, del 4/11/2020, dep. 2021, Favret, non mass. Tal ultima decisione prende atto del formarsi di tale terzo orientamento, ritenendolo “piu’ aderente allo statuto del reato continuato delineato negli ultimi anni da piu’ pronunce emesse dalle Sezioni Unite, tutte incentrate sulla necessita’ – peraltro codificata dall’articolo 533 c.p.p., comma 2, – che la pena per il reato continuato, per quanto frutto di una operazione unitaria, renda sempre riconoscibile la pena individuata dal giudice, in aumento, per ciascun reato satellite al fine di garantire le altre specifiche finalita’ espressamente previste dalla legge e collegate ad una valutazione autonoma dei singoli reati che lo compongono”. Ne trae che se da un verso non e’ sufficiente esporre le ragioni motivazionali collegate all’entita’ della pena base al momento dell’operazione di determinazione della quota di sanzione da infliggere in continuazione, dall’altro “l’obbligo argomentativo autonomo relativo ai reati satellite e’ correttamente assolto con il richiamo ai criteri generali dell’adeguatezza e della congruita’ o ai parametri contemplati dall’articolo 133 c.p., quando la valutazione relativa all’aumento per i reati meno gravi non si discosta sensibilmente o comunque in modo significativo dal minimo applicabile ed e’ comunque contenuta rispetto alla pena determinata dal giudice della cognizione (Sez. 1, n. 8560 del 18/11/2014, dep. 2015, Merenda, Rv. 262552); quando, invece, l’aumento per i reati satellite e’ determinato in misura distante dal minimo fissato dall’articolo 81 c.p., comma 1, e, correlativamente, piu’ prossima a quella del giudice della cognizione, e’ sempre necessario indicare, avuto riguardo ai parametri di cui all’articolo 133 c.p., le specifiche ragioni poste a fondamento della dosimetria (Sez.1, n. 52531 del 19/09/2018, Mejri Mohamed, Rv. 274548; in parte, cfr. anche Sez. 1, n. 23352 del 14/09/2017, dep. 2018, Manganaro, Rv. 273050)”.
A tale indirizzo puo’ essere ricondotta anche Sez. 4, n. 4081 del 15/1/2021, Grama, non mass. per la quale non sussiste l’obbligo di specifica motivazione per ogni singolo aumento, essendo sufficiente indicare le ragioni a sostegno della quantificazione della pena-base, ma poi reputa cogente tale obbligo quando puo’ dubitarsi del rispetto del limite legale del triplo della pena base previsto dall’articolo 81 c.p., comma 1, in considerazione della misura degli aumenti di pena irrogati e del non essere i reati posti in continuazione integrati da condotte criminose seriali ed omogenee.

 

Vincolo della continuazione e determinazione della pena complessiva

8. Per quanto diffuso, il primo orientamento non trova adeguata giustificazione giuridica.
Come si e’ gia’ osservato, richiamando le molteplici affermazioni fatte al riguardo dalle Sezioni Unite, il reato continuato non e’ strutturalmente un reato unico; l’unificazione rappresenta una determinazione legislativa funzionale alla definizione da parte del giudice di un trattamento sanzionatorio piu’ mite di quanto non risulterebbe dall’applicazione del cumulo materiale delle pene. Per tale motivo essa non puo’ spiegare effetto oltre il perimetro espressamente individuato dal legislatore. Ne consegue che dal punto di vista della struttura del reato continuato non vi e’ ragione di ridurre l’obbligo motivazionale ritenendolo cogente unicamente per la pena relativa al reato piu’ grave.
Come correttamente colto da Sez. 5, n. 1950 del 2021, Favret, cit., le Sezioni Unite hanno progressivamente chiarito che le particolari modalita’ di calcolo della pena del reato continuato non alludono ad una âEuroËœunita’ ontologica’ dello stesso; la pena progressiva per moltiplicazione non contraddice la struttura âEuroËœplurale’ del reato continuato, che diviene recessiva solo ove specifiche disposizioni di legge lo richiedano e sempre che cio’ sia funzionale ad un piu’ favorevole trattamento del reo.
L’autonomia dei reati satellite si salda all’obbligo di motivazione, che accede all’esercizio del potere discrezionale attribuito al giudice per la determinazione del trattamento sanzionatorio, si’ che deve essere giustificato ogni risultato di quell’esercizio (articolo 132 c.p., comma 1).
Allo stesso tempo, essa viene a specificare ulteriormente l’oggetto dell’obbligo di motivazione, in ragione dello stretto intreccio che stringe insieme la duplice operazione giudiziale e la discrezionalita’ che ad essa e’ sottesa, perche’ sia nello stabilire la pena che sarebbe da infliggere secondo le norme che precedono l’articolo 81 c.p., che nel determinarla in forza di quest’ultima disposizione, il giudice esercita un potere discrezionale che deve essere giustificato nei suoi fondamenti razionali per la correlazione che deve esistere tra la pena e quella funzione rieducativa che alla stessa e’ assegnata dall’articolo 27 Cost. Finalita’ rieducativa che puo’ essere perseguita solo a condizione che la pena abbia una sua intrinseca razionalita’ e proporzionalita’; carattere questo che consente di assicurarle anche il carattere non discriminatorio e quindi la coerenza al principio di uguaglianza.

 

Vincolo della continuazione e determinazione della pena complessiva

Invero, in un ordinamento che assegna alla pena una fondamentale funzione rieducativa (cfr. da ultimo, Corte Cost., sent. n. 55 del 2021), la ragionevolezza del concreto trattamento sanzionatorio non puo’ che essere data dalla sua proporzionalita’ rispetto alla meritevolezza e al bisogno di pena del reo. Come scritto dalla Corte costituzionale, “In via di principio, invero, l'”individualizzazione” della pena, in modo da tenere conto dell’effettiva entita’ e delle specifiche esigenze dei singoli casi, si pone come naturale attuazione e sviluppo di principi costituzionali, tanto di ordine generale (principio d’uguaglianza) quanto attinenti direttamente alla materia penale. Lo stesso principio di “legalita’ delle pene”, sancito dall’articolo 25 Cost., comma 2, da’ forma ad un sistema che trae contenuti ed orientamenti da altri principi sostanziali – come quelli indicati dall’articolo 27 Cost., commi 1 e 3 – ed in cui l’attuazione di una riparatrice giustizia distributiva esige la differenziazione piu’ che l’uniformita’ (sentenza n. 104 del 1968). Di qui il ruolo centrale, che nei sistemi penali moderni e’ proprio della discrezionalita’ giudiziale, nell’ambito e secondo i criteri segnati dalla legge (articoli 132 e 133 c.p.; e si veda al riguardo la sentenza n. 118 del 1973).
L’adeguamento delle risposte punitive ai casi concreti – in termini di uguaglianza e/o differenziazione di trattamento – contribuisce da un lato, a rendere quanto piu’ possibile personale la responsabilita’ penale, nella prospettiva segnata dall’articolo 27 Cost., comma 1; e nello stesso tempo e’ strumento per una determinazione della pena quanto piu’ possibile finalizzata, nella prospettiva dell’articolo 27 Cost., comma 3. Il principio d’uguaglianza trova in tal modo dei concreti punti di riferimento, in materia penale, nei presupposti e nei fini (e nel collegamento fra gli uni e gli altri) espressamente assegnati alla pena nello stesso sistema costituzionale. L’uguaglianza di fronte alla pena viene a significare, in definitiva, “proporzione” della pena rispetto alle “personali” responsabilita’ ed alle esigenze di risposta che ne conseguano, svolgendo una funzione che e’ essenzialmente di giustizia e anche di tutela delle posizioni individuali e di limite della potesta’ punitiva statuale)” (Corte Cost., sent. n. 50 del 1980).

 

Vincolo della continuazione e determinazione della pena complessiva

Pertanto, se anche nella Carta costituzionale non ricorre letteralmente una previsione quale si legge nell’articolo 49 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (CDFUE), proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 e adottata a Strasburgo il 12 dicembre 2007, quindi recepita nel Trattato di Lisbona, (“Le pene inflitte non devono essere sproporzionate rispetto al reato”), pure la proporzionalita’ del trattamento sanzionatorio e’ requisito indefettibile per poterlo giudicare conforme a Costituzione.
Ben consapevoli di cio’, Sez. U, n. 33040 del 26/02/2015, Jazouli, Rv. 264205, interrogandosi sul concetto di pena illegale, hanno posto una chiara correlazione tra questo e il principio di proporzione.
La relazione di proporzione risulta ovviamente tributaria della gravita’ di ciascun reato coinvolto nel medesimo disegno criminoso. Con precipuo riferimento all’aumento previsto in caso di reato continuato, le Sez. U. Sebbar hanno significativamente rimarcato che esso e’ si’ obbligatorio nell’an, “ma discrezionale con riferimento al quantum, che va determinato – inevitabilmente – non solo in base al numero dei reati-satellite, ma anche in base alla gravita’ di ciascuno di essi”. Ben si comprende, quindi, la necessita’ di tener conto anche del corredo circostanziale proprio di ciascun reato satellite, come ritiene la pressocche’ unanime giurisprudenza di legittimita’ (Sez. 3, n. 1810 del 02/12/2010, dep. 2011, R., Rv. 249279; Sez. 2, n. 10995 del 13/02/2018, Perez Prado, 272375;
Sez. 5, n. 19366 del 08/06/2020, Finizio, Rv. 279107, nonche’
Sez. 1, n. 20945 del 25/02/2021, Casarano, Rv. 281562, che offre indicazioni non del tutto coincidenti unicamente riguardo alla automaticita’ dell’estensione a tutti i reati satellite del riconoscimento delle attenuanti generiche operato per uno di essi; tema sul quale va anche ricordato il principio formulato da Sez. U, n. 2780 del 24/01/1996, Panigoni, Rv. 203978, per il quale “nel giudizio sulla concedibilita’ delle attenuanti generiche nel caso di reato continuato il giudice ha il piu’ ampio potere discrezionale, nell’esercizio del quale puo’ prendere in considerazione le caratteristiche del singolo fatto-reato isolatamente considerato, se si tratti di circostanze di fatto riguardanti specificatamente ed esclusivamente il singolo fatto, ma, in caso contrario, ben puo’ procedere ad una valutazione globale del complesso dei fatti in continuazione, essendo anzi evidente che e’ tale valutazione globale a consentire di accertare aspetti fondamentali ai fini del menzionato giudizio, come la capacita’ a delinquere, l’intensita’ del dolo, la condotta del reo antecedente, contemporanea e susseguente al singolo fatto, e cosi’ via dicendo: elementi tutti rilevanti nell’individuazione della congrua pena per il “fatto piu’ grave” ex articolo 81 c.p., comma 2, e per i fatti in continuazione”. Principio ribadito, per il caso che il giudice non abbia specificato per quale dei reati in continuazione abbia riconosciuto le attenuanti generiche, dalle gia’ citate Sez. U, n. 25939 del 28/02/2013, Ciabotti, Rv. 255348).
E’ utile anche rammentare nuovamente quanto affermato da Sez. U, n. 3286 del 27/11/2008, dep. 2009, Chiodi, Rv. 241755, circa la necessita’ di valutare ed applicare la circostanza attenuante dell’integrale riparazione del danno in relazione a ogni singolo reato unificato nel medesimo disegno criminoso.
In conclusione, il valore ponderale che il giudice attribuisce a ciascun reato satellite concorre a determinare un razionale trattamento sanzionatorio; e, pertanto, devono essere resi conoscibili gli elementi che hanno condotto alla definizione di quel valore.
9. Cio’ posto va tuttavia chiarito che l’obbligo motivazionale richiede modalita’ di adempimento diverse a seconda dei casi. Si tratta di un principio che emerge chiaramente dall’ampia giurisprudenza formatasi in materia di vizio di motivazione relativo alle statuizioni concernenti il trattamento sanzionatorio.

 

Vincolo della continuazione e determinazione della pena complessiva

Su un piano generale risulta consolidato il principio secondo il quale nel caso in cui venga irrogata una pena di gran lunga piu’ vicina al minimo che al massimo edittale, il mero richiamo ai “criteri di cui all’articolo 133 c.p.”, deve ritenersi motivazione sufficiente per dimostrare l’adeguatezza della pena all’entita’ del fatto; invero, l’obbligo della motivazione, in ordine alla congruita’ della pena inflitta, tanto piu’ si attenua quanto maggiormente la pena, in concreto irrogata, si avvicina al minimo edittale (Sez. 1, n. 6677 del 05/05/1995, Brachet, Rv.201537; Sez. 2, n. 28852 del 08/05/2013, Taurasi, Rv. 256464). E, per converso, quanto piu’ il giudice intenda discostarsi dal minimo edittale, tanto piu’ ha il dovere di dare ragione del corretto esercizio del proprio potere discrezionale, indicando specificamente, fra i criteri oggettivi e soggettivi enunciati dall’articolo 133 c.p., quelli ritenuti rilevanti ai fini di tale giudizio (Sez. 6, n. 35346 del 12/06/2008, Bonarrigo, Rv. 241189; Sez. 5, n. 511 del 26/11/1996, dep. 1997, Curcillo, 207497).
Talune pronunce propendono a definire l’impegno motivazionale adottando quale parametro di riferimento la media edittale; si afferma che, nel caso in cui venga irrogata una pena al di sotto della media edittale, non e’ necessaria una specifica e dettagliata motivazione da parte del giudice, essendo sufficiente il richiamo al criterio di adeguatezza della pena, nel quale sono impliciti gli elementi di cui all’articolo 133 c.p. (Sez. 4, n. 46412 del 05/11/2015, Scaramozzino, Rv. 265283; Sez. 3, n. 29968 del 22/02/2019, Del Papa, Rv. 276288, la quale precisa che la media edittale deve essere calcolata non dimezzando il massimo edittale previsto per il reato, ma dividendo per due il numero di mesi o anni che separano il minimo dal massimo edittale ed aggiungendo il risultato cosi’ ottenuto al minimo). Mentre l’irrogazione di una pena base pari o superiore al medio edittale richiede una specifica motivazione in ordine ai criteri soggettivi ed oggettivi elencati dall’articolo 133 c.p., valutati ed apprezzati tenendo conto della funzione rieducativa, retributiva e preventiva della pena (Sez. 3, n. 10095 del 10/01/2013, Monterosso, Rv. 255153; conforme Sez. 5, n. 35100 del 27/06/2019, Torre, Rv. 276932).
A fortiori, l’irrogazione della pena in una misura prossima al massimo edittale rende necessaria una specifica e dettagliata motivazione in ordine alla quantita’ di pena irrogata, non essendo sufficienti a dare conto dell’impiego dei criteri di cui all’articolo 133 c.p. le espressioni dei tipo: “pena congrua”, “pena equa” o “congruo aumento”, come pure il richiamo alla gravita’ del reato o alla capacita’ a delinquere (Sez. 4, n. 27959 del 18/06/2013, Pasquali, Rv. 258356).

 

Vincolo della continuazione e determinazione della pena complessiva

Anche con riguardo alle pene accessorie per le quali e’ previsto un minimo ed un massimo, ricorre un obbligo di motivazione specifica, dovendo essere esclusa
una necessaria correlazione con quella della pena principale (Sez. 3, n. 41061 del 20/06/2019, Paterno’, Rv. 277972, in relazione alle pene accessorie di cui al Decreto Legislativo 10 marzo 2000, n. 74, articolo 12). Se la durata della pena accessoria e’ determinata in misura superiore alla media edittale e’ necessaria una specifica motivazione in ordine ai criteri soggettivi ed oggettivi di cui all’articolo 133 c.p., tenendo conto della funzione rieducativa, retributiva e preventiva della pena, ed ancor piu’ ove sussista divaricazione nel trattamento sanzionatorio complessivo tra pena principale, irrogata nel minimo, e pene accessorie fissate nel massimo (Sez. 5, n. 1947 del 03/11/2020, dep. 2021, Maddem, Rv. 280668, in tema di pene accessorie fallimentari).
Principi non dissimili sono stati espressi con precipuo riferimento alle pene determinate per i reati satellite. Sez. 3, n. 24979 del 22/12/2017, dep. 2018, F., non massimata sul punto, ha persuasivamente affermato che “se per i reati satellite e’ irrogata una pena notevolmente inferiore al minimo edittale della fattispecie legale di reato, l’obbligo di motivazione si riduce, mentre, qualora la pena coincida con il minimo edittale della fattispecie legale di reato o addirittura lo superi, l’obbligo motivazionale si fa piu’ stringente ed il giudice deve dare conto specificamente del criterio adottato, tanto piu’ quando abbia determinato la pena base per il reato ritenuto piu’ grave applicando il minimo edittale e/o quando abbia applicato una misura di pena in aumento sproporzionata, pur in presenza delle medesime fattispecie di reato”.
Secondo la pronuncia, la associazione di una pena base determinata nella misura minima edittale ed un aumento per la continuazione di entita’ esigua esclude l’abuso del potere discrezionale conferito dall’articolo 132 c.p., e dimostra, per implicito, che e’ stata operata la valutazione degli elementi obiettivi e subiettivi del reato risultanti dal contesto complessivo della decisione. Quando, invece, la pena per il reato piu’ grave e’ quantificata a livelli prossimi o coincidenti con il minimo edittale ma quella fissata in aumento per la continuazione e’ di entita’ tale da configurare, sia pure in astratto, una ipotesi di cumulo materiale dei reati, l’obbligo motivazionale del giudice si fa piu’ stringente, dovendo egli specificare dettagliatamente le ragioni che lo hanno indotto a tale decisione.
Nella analitica motivazione della Terza Sezione si coglie il giudizio di una sospetta irragionevolezza di una decisione che determina le pene, quella del reato piu’ grave e quelle dei reati satellite, senza rispettare il criterio di proporzionalita’ reciproca. Tale sospetto va superato attraverso una motivazione che dia conto delle ragioni per le quali si e’ pervenuti a simili quantificazioni (“nello stabilire l’aumento di pena per la continuazione in ordine al reato meno grave, il giudice non puo’ – almeno che non giustifichi il diverso trattamento – adottare criteri contraddittori rispetto a quelli seguiti nella determinazione della pena base, incorrendo altrimenti nel vizio di motivazione”).
L’attitudine di una tendenziale proporzione tra le componenti della pena complessiva del reato continuato a dare dimostrazione di un corretto uso del potere discrezionale emerge da diverse pronunce. Gia’ Sez. 5, n. 1413 del 05/10/1984, dep. 1985, Ottonello, Rv. 167832, reputava debba esserci un rapporto di proporzionalita’ tra l’entita’ della pena base e l’aumento dovuto alla continuazione. Nell’appena citata sentenza n. 24979/2018 si rimarca il piu’ accentuato obbligo motivazionale ove il giudice abbia applicato una misura di pena in aumento sproporzionata, pur in presenza delle medesime fattispecie di reato.
Le pronunce che danno corpo a quello che in questa sede si e’ indicato come terzo orientamento esprimono anch’esse l’idea della necessita’ di un graduale accrescimento dell’impegno motivazionale, in definitiva rapportato all’obiettivo di determinare una pena che sia ragionevole e rispettosa dei limiti legali. Stabilire relazioni traducibili in formule matematiche non e’ possibile. Al riguardo, puo’ essere condiviso il realistico giudizio espresso da Sez. 6, n. 8156 del 12/01/1996, Moscato, Rv. 205540: nella determinazione della pena base per il calcolo del trattamento sanzionatorio il grado di scostamento dal minimo edittale, che progressivamente accentua il dovere per il giudice di specifica motivazione, non puo’ essere fissato in una soglia precisa, ancorche’ sia ragionevole reputare non bisognevoli di una motivazione particolarmente specifica e dettagliata le pene all’interno dell’intervallo compreso tra il minimo e il medio edittale. Analogamente, nel caso del reato continuato, individuare i valori che indiziano di sproporzione le pene inflitte non risulta possibile; ma e’ praticabile la via della indicazione di cio’ che attraverso la motivazione deve essere assicurato: che risultino rispettati i limiti previsti dall’articolo 81 c.p.; che non si sia operato surrettiziamente un cumulo materiale di pene; che sia stato rispettato, ove ravvisabile, il rapporto di proporzione tra le pene, riflesso anche della relazione interna agli illeciti accertati.

 

Vincolo della continuazione e determinazione della pena complessiva

Di una pena non si puo’ affermare o negare l’esattezza; ma si puo’ riconoscere o criticare la ragionevolezza, intesa come relazione di coerenza tra la specie (si pensi alle pene alternative) e la misura della sanzione individuate e gli elementi che devono essere presi in considerazione per la determinazione della pena.
10. Prima di formulare il principio di diritto, sintesi di quanto sin qui ritenuto, occorre ancora dare conto di quel rivo giurisprudenziale secondo il quale e’ ammissibile il ricorso per cassazione contro la sentenza che non abbia specificato il “quantum” dei singoli aumenti inflitti a titolo di continuazione in relazione a ciascun reato satellite, a condizione che venga dedotto un interesse concreto ed attuale a sostegno della doglianza (Sez. 2, n. 26011 del 11/04/2019, Cuocci, Rv. 276117). Si e’ al proposito sostenuto che se il principio devolutivo dell’appello impone al giudice di esaminare e decidere sulle richieste dell’impugnazione, con la quale nella specie si lamentava la mancata motivazione in ordine alla misura dei singoli aumenti di pena applicati a titolo di continuazione, occorre pero’ che l’impugnante vi abbia interesse (Sez. 3, n. 550 del 11/09/2019, dep. 2020, Pette’, Rv 278279).
Una simile interpretazione e’ condivisibile quando la censura si concreti nella sola doglianza della mancata indicazione dei singoli aumenti di pena, venendo tuttavia fatta implicita o esplicita acquiescenza alla pena come determinata nel suo complesso (come nel caso della sentenza Pette’). Ma quando, all’inverso, il rilievo e’ strumentale alla contestazione della assenza della motivazione posta a sostegno del giudizio di congruita’ della pena, o della sua contraddittorieta’ o manifesta illogicita’, non e’ possibile sostenere che occorre l’esplicitazione da parte dell’impugnante di uno specifico interesse perche’ all’evidenza quest’interesse ricorre e si concreta nella determinazione di un piu’ favorevole trattamento sanzionatorio.

 

Vincolo della continuazione e determinazione della pena complessiva

11. La soluzione del contrasto interpretativo sottoposto alle Sezioni Unite va quindi rinvenuta nel principio di diritto cosi’ formulato: “ove riconosca la continuazione tra reati, ai sensi dell’articolo 81 c.p., il giudice, nel determinare la pena complessiva, oltre ad individuare il reato piu’ grave e stabilire la pena base per tale reato, deve anche calcolare e motivare l’aumento di pena in modo distinto per ognuno dei reati satellite”.
12. Calando le premesse nel caso che occupa, va rilevato come, nei confronti del (OMISSIS), la Corte di appello abbia ritenuto la continuazione tra i fatti ascritti nel presente procedimento (capo 2: cessioni di alcune dosi di cocaina a (OMISSIS), il 7.1.2017; capo 3: cessione a (OMISSIS) di tre dosi di cocaina, l’11.9.2016; capo 5: concorso nel trasporto in luogo pubblico e detenzione di un’arma comune da sparo, accertati il 12.1.2017; capo 7: concorso nella detenzione di 1,335 kg. di cocaina sino al 12.1.2017; capo 12: concorso nella cessione a (OMISSIS) di alcune dosi di cocaina, in data anteriore e prossima al 3.1.2017) e quelli oggetto della sentenza n. 12991/18, divenuta irrevocabile, emessa il 15.11.2018 dalla Corte di appello di Roma.
Si tratta di reati che nella pronuncia qui impugnata vengono indicati come “reati dello stesso tipo di quelli per i quali vi e’ il presente giudizio”, per i quali il (OMISSIS) riporto’ la pena di anni sei di reclusione.
La Corte di appello non ha indicato quale tra i piu’ reati gia’ giudicati fosse il piu’ grave e si e’ limitata a indicare l’aumento per i reati ascritti nel presente giudizio, che all’esito dell’applicazione della riduzione prevista per il rito abbreviato, facendo riferimento al “numero e alla gravita’ dei reati nonche’ alle condotte poste in essere dal (OMISSIS)”, ha quantificato, ritenendolo “rispondente ai criteri di cui all’articolo 133 c.p.”, in tre anni di reclusione e 15.000,00 Euro di multa, ridotti per il celebrato rito semplificato a due anni di reclusione e 10.000,00 Euro di multa.
Riguardo al criterio di individuazione della violazione piu’ grave allorquando il giudice della cognizione sia chiamato ad applicare la disciplina del reato continuato per reati parte dei quali sono sub judice e parte sono stati definitivamente giudicati si registrano differenti interpretazioni. Alcune pronunce propendono per l’ordinario criterio valevole per il giudizio di cognizione: la violazione piu’ grave va comunque identificata in ragione delle previsioni edittali di ciascun reato. La posizione e’ stata indirettamente tratteggiata esaminando l’ipotesi di reati aventi identiche cornici edittali. Si e’ affermato che in tal caso, non potendosi procedere ad una valutazione in astratto, non si puo’ che procedere ad una valutazione in concreto, individuando quale reato piu’ grave quello per il quale e’ stata inflitta la sanzione piu’ elevata (Sez. 3, n. 43239 del 04/05/2016, G., Rv. 267927; Sez. 4, n. 19561 del 28/01/2021, Dedej, Rv. 281172), ferme le pene gia’ definitivamente stabilite.
Altre decisioni sostengono “che il giudice della cognizione, che sia chiamato a pronunciarsi sulla continuazione tra uno o piu’ fatti sottoposti al suo giudizio ed altri ormai irrevocabili, ove ritenga di esprimersi positivamente sul punto, ben potra’ fare riferimento al criterio della pena – rispettivamente, da irrogarsi e gia’ irrogata – onde apprezzarne e compararne la gravita’” (Sez. 6, n. 29404 del 06/06/2018, Assinnata, Rv. 273447). Secondo Sez. 6, n. 36402 del 04/06/2015, Fragnoli, Rv. 264582, la regola ordinaria non trova applicazione nel caso in cui si tratti di reati gia’ giudicati con sentenza irrevocabile, poiche’ in tale ipotesi va considerata la previsione dell’articolo 187 disp. att. c.p.p., per la quale “si considera violazione piu’ grave quella per la quale e’ stata inflitta la pena piu’ grave anche quando per alcuni dei reati si e’ proceduto con giudizio abbreviato”. Pertanto, ove “si tratti di fatti in parte decisi con pronuncia irrevocabile, in parte sub iudice, ferma la duplice necessita’ di rispettare le valutazioni in punto di determinazione della pena gia’ coperte da giudicato e di confrontare grandezze omogenee, la valutazione circa la maggiore gravita’ delle violazioni dovra’ essere compiuta dal decidente di merito confrontando tra loro, per un verso, la pena irrogata per i fatti gia’ sentenziati in via definitiva, per altro verso, la pena irroganda per i reati sottoposti al proprio vaglio” (conforme Sez. 2, n. 935 del 23/09/2015, dep. 2016, Vella, Rv. 265733).

 

Vincolo della continuazione e determinazione della pena complessiva

Quale che sia l’interpretazione preferibile, in ogni caso ne discende l’obbligo per il giudice della cognizione di indicare esplicitamente le grandezze in considerazione, onde assicurare il controllo sull’osservanza della regola adottata, sul rispetto della definitivita’ delle pene inflitte con la decisione passata in giudicato, sulla corretta applicazione delle prescrizioni dell’articolo 81 c.p., (da quella relativa alla pena complessiva, che non puo’ essere superiore al triplo di quella inflitta per il reato piu’ grave, a quella prevista per il caso di recidiva ex articolo 99 c.p., comma 4, insieme a quella che vieta un surrettizio cumulo materiale di pene), sulla ragionevolezza della valutazione del valore ponderale dei reati satellite.
La Corte di appello ha omesso qualsivoglia indicazione relativa ai singoli reati avvinti nella ritenuta continuazione, limitandosi a formulare il generico avviso di una omogeneita’ tipologica; che, almeno, avrebbe dovuto essere maggiormente esplicato, stante la diversa tipologia di reati oggetto del presente procedimento.
Pertanto, la lettura della sentenza impugnata non permette di comprendere se quella gia’ definitiva abbia indicato i singoli aumenti, quali dati abbia assunto per ritenere piu’ grave uno dei reati gia’ giudicati; neppure espone il valore ponderale attribuito a ciascuno dei reati oggetto del presente giudizio. In assenza di tali dati, la motivazione non risulta rispondere alle finalita’ per le quali e’ previsto il relativo obbligo. Del che specificamente si e’ doluto il ricorrente, lamentando di non essere stato posto nella condizione di controllare il corretto uso del potere discrezionale attribuito al giudice per la determinazione della pena e quindi la ragionevolezza della pena.
13. Il ricorrente (OMISSIS) ha anche segnalato l’errore nel quale sarebbe incorsa la Corte di appello nell’indicare in sei anni di reclusione la pena inflitta con la sentenza passata in giudicato; infatti, tale pena sarebbe stata rideterminata dal Tribunale di Roma, quale Giudice dell’esecuzione, con provvedimento del 3.12.2019, in cinque anni e due mesi di reclusione.
Il principio della immodificabilita’ del giudicato impone al giudice della cognizione chiamato ad applicare la disciplina del reato continuato tra reati giudicabili e reati gia’ giudicati di tener conto di quanto irrevocabilmente statuito. Nel vigente sistema processuale il giudicato pero’ non e’ identificabile tout court con il portato dispositivo della sentenza perche’ sono previsti limitati interventi del giudice dell’esecuzione che incidono sulle statuizioni pur definitive. Viene in considerazione, in primo luogo, la previsione dell’articolo 187 disp. att. c.p.p., e conseguentemente l’intervento che il giudice dell’esecuzione puo’ spiegare per applicare la disciplina del concorso formale di reati e della continuazione in sede esecutiva. Vi sono poi le ipotesi di revoca della condanna per sopraggiunta abolitio criminis, l’applicazione dell’amnistia e dell’indulto (articolo 672 c.p.p.), il controllo del rispetto del divieto di bis in idem (articolo 669 c.p.p.) e, da ultimo, l’eliminazione della illegalita’ convenzionale della pena (cfr. Sez. U, n. 42858 del 29/05/2014, Gatto, Rv. 260696). E’ ormai emerso nell’ordinamento nazionale che il giudicato e’ limitatamente cedevole; sul punto e’ sufficiente rinviare a quanto rammentato da Sez. U, n. 37107 del 26/02/2015, Marcon, Rv. 264858.
Nel caso che occupa la prospettazione difensiva evoca un intervento operato dal giudice dell’esecuzione per dare applicazione alla declaratoria di illegittimita’ costituzionale del Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 73, comma 1, nella parte in cui prevedeva la pena minima edittale della reclusione nella misura di anni otto anziche’ di anni sei (Corte costituzionale, sent. n. 40 del 2019).
Effettivamente, la giurisprudenza di legittimita’ che si e’ occupata delle ricadute sul giudicato di tale pronuncia appare orientata nel senso che, in caso di condanna irrevocabile per piu’ reati unificati sotto il vincolo della continuazione, il piu’ grave dei quali sia quello previsto dal citato articolo 73, comma 1, il giudice dell’esecuzione e’ chiamato a rideterminare la pena inflitta in relazione a detto reato; peraltro, nel compiere tale operazione egli e’ tenuto a rideterminare anche gli aumenti di pena inflitti per i reati-satellite, sebbene non incisi dalla decisione di incostituzionalita’, in quanto, ai sensi dell’articolo 81 c.p., comma 2, la porzione di pena relativa a detti reati e’ commisurata alla violazione piu’ grave, non rilevando piu’ i limiti di pena di cui alle rispettive norme incriminatrici, bensi’ quelli stabiliti in via generale per il reato continuato, del triplo della pena-base o, se piu’ favorevole, della pena che sarebbe applicabile in ipotesi di cumulo (Sez. 1, n. 23588 del 09/07/2020, Carniti, Rv. 279522).
Non vi e’ dubbio, quindi, sul fatto che nel rideterminare la pena a seguito del riconoscimento del vincolo della continuazione tra reati gia’ giudicati e reati giudicabili la Corte di appello avrebbe dovuto avere riguardo alle pene che per i primi risultavano ormai stabilite in forza del provvedimento del giudice dell’esecuzione, diversamente infliggendo una pena illegale.
Nel caso che occupa risulta dalle annotazioni relative alla posizione giuridica del (OMISSIS) che il Giudice dell’esecuzione, con ordinanza n. 201/2019, ebbe a rideterminare la pena applicata, per i reati aventi ad oggetto le cd. “droghe leggere”, ai sensi dell’articolo 444 c.p.p., con sentenza n. 15291/17 del 14.12.2017, riformata in parte con la sentenza n. 12991/18 del 15.11.2018 della Corte di appello di Roma, irrevocabile dal 31.12.2018, per ripristinarne la legalita’ alla stregua della menzionata declaratoria di incostituzionalita’ del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, pronunciata dalla Corte costituzionale con sentenza n. 40/2019. In forza di quel provvedimento la pena di sei anni di reclusione e’ stata ridotta a cinque anni e due mesi di reclusione, ferma la multa di ventimila Euro. Tuttavia la Corte di appello di Roma ha assunto quale pena base sulla quale apportare l’aumento a titolo di continuazione per i reati oggetto del suo giudizio la pena di sei anni di reclusione.
14. In conclusione, relativamente alla posizione di (OMISSIS) la sentenza impugnata deve essere annullata limitatamente al trattamento sanzionatorio, con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Roma per nuovo giudizio.
Ai sensi dell’articolo 624 c.p.p., va formulata la dichiarazione di irrevocabilita’ dell’affermazione di responsabilita’ del (OMISSIS) per i reati ascrittigli.
15. Il ricorso dello (OMISSIS) e’ fondato, nei termini di seguito precisati.
Con l’atto di appello l’imputato aveva censurato la sentenza di primo grado per aver ritenuto accertato che egli avesse ceduto duecento grammi di sostanza stupefacente del tipo cocaina; infatti, osservava l’appellante, lo stupefacente in questione non era stato rinvenuto; non erano stati acquisiti riscontri nonostante si trattasse di “droga parlata” non potevano essere valorizzati i rapporti di frequentazione con il De Witt perche’ lo (OMISSIS) aveva una stabile relazione sentimentale con la figliastra dello stesso, dalla quale erano nati dei figli; perche’ il 12.1.2017 allo (OMISSIS) erano stati sequestrate 1135 gr. di cocaina e 68 grammi di hashish.
La Corte di appello ha affermato, in replica, che dall’intercettazione dell’11.1.2017 intercorsa tra lo (OMISSIS) e (OMISSIS) si evince chiaramente che il primo aveva ceduto a tale (OMISSIS) due etti di cocaina. In via di premessa generale la Corte di appello ha rimarcato che il linguaggio utilizzato dai conversanti (non solo lo (OMISSIS) ed il (OMISSIS)) nelle intercettazioni operate dagli investigatori non era criptico ed era di facile comprensione. Inoltre, che il giorno successivo a quello della comunicazione pertinente una perquisizione a casa dello (OMISSIS) aveva fatto rinvenire la pistola e 1135 gr. di cocaina.
Orbene, siffatta motivazione e’ manifestamente illogica perche’ nessuno degli elementi valorizzati dalla Corte di appello esprime attitudine dimostrativa della specifica tipologia dello stupefacente oggetto della conversazione captata. Va ribadito anche in questa sede il principio secondo il quale la sussistenza del reato di cessione di sostanze stupefacenti puo’ essere desunta anche dal contenuto delle conversazioni intercettate qualora il loro tenore sia sintomatico dell’organizzazione di una attivita’ illecita e, nel caso in cui ai dialoghi captati non abbia fatto seguito alcun sequestro, l’identificazione degli acquirenti finali, l’accertamento di trasferimenti in denaro o altra indagine di riscontro e controllo, il giudice di merito, al fine di affermare la responsabilita’ degli imputati, e’ gravato da un onere di rigorosa motivazione, in particolare con riferimento alle modalita’ con le quali e’ risalito alle diverse qualita’ e tipologie della droga movimentata (Sez. 4, n. 20129 del 25/06/2020, De Simone, Rv. 279251; Sez. 3, n. 11655 del 11/02/2015, Nava, Rv. 262981).
In termini piu’ generali, ogni qualvolta siano prospettate piu’ ipotesi ricostruttive del fatto, la scelta che conduce alla condanna dell’imputato deve essere fondata in ogni caso su un dato probatorio “al di la’ di ogni ragionevole dubbio”, caratterizzato da un alto grado di credibilita’ razionale, con esclusione soltanto delle eventualita’ piu’ remote (Sez. 6, Sentenza n. 27434 del 14/02/2017, Albano, Rv. 270299).
16. Il secondo motivo risulta assorbito, giacche’ la rinnovazione dell’accertamento in ordine alla tipologia della sostanza stupefacente oggetto materiale del reato attribuibile allo (OMISSIS) potra’ imporre di rinnovare il profilo sanzionatorio alla luce del sopraggiunto apprezzamento della gravita’ del reato.
17. In conclusione, la sentenza impugnata deve essere annullata nei confronti di (OMISSIS), con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Roma per nuovo giudizio.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) limitatamente al trattamento sanzionatorio con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Roma per nuovo giudizio sul punto. Dichiara irrevocabile l’affermazione di responsabilita’.
Annulla la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Roma per nuovo giudizio.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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