Violazione dell’obbligo di chiusura domenicale

Corte di Cassazione, civile, Sentenza|13 giugno 2022| n. 19030.

Violazione dell’obbligo di chiusura domenicale

Le sanzioni amministrative irrogate per violazione dell’obbligo di chiusura domenicale e festiva degli esercizi commerciali ai sensi dell’art. 18 l.r. Puglia n. 11 del 2003, non hanno natura sostanzialmente penale, in quanto non sono dirette a tutelare beni tipicamente protetti dalle norme penali, né presentano quel grado di afflittività assimilabile a quello proprio delle sanzioni penali, con conseguente inapplicabilità del principio della retroattività della legge più favorevole; fermo restando che il principio della “lex mitior” non ha carattere assoluto, potendo il legislatore derogarlo ovvero prevedere limitazioni alla sua operatività, in presenza di valide giustificazioni.

Sentenza|13 giugno 2022| n. 19030. Violazione dell’obbligo di chiusura domenicale

Data udienza 5 maggio 2022

Integrale

Tag/parola chiave Sanzioni amministrative – Violazione dell’obbligo di chiusura domenicale e festiva degli esercizi commerciali – Art. 18 l. r. Puglia 11/2003 – Irretroattività dell’art. 31, co. 1 d.l. 201/2011, entrato in vigore il 6 dicembre 2011

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere

Dott. PAPA Patrizia – Consigliere

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere

Dott. CAPONI Remo – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 2012/2016 proposto da:
(OMISSIS) s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avv. (OMISSIS), che la rappresenta e difende in virtu’ di procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
COMUNE di BARI, in persona del sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avv. (OMISSIS), rappresentato e difeso dagli avv. (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) dell’Avvocatura comunale;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2689/2015 del TRIBUNALE DI BARI, pubblicata il 12/06/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 05/05/2022 dal Consigliere Dott. REMO CAPONI;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FRESA Mario, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
letta la memoria di (OMISSIS).

Violazione dell’obbligo di chiusura domenicale

FATTI DI CAUSA SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Nel 2009 la Polizia municipale del Comune di Bari contesta a (OMISSIS) s.p.a., titolare di un’autorizzazione amministrativa per la vendita al minuto di generi non alimentari nella zona industriale di Bari, odierna ricorrente in cassazione, violazione dell’obbligo di chiusura domenicale e festiva degli esercizi commerciali. La relativa ordinanza ingiunzione (441/2011) e’ emessa il 25/11/2011 e impugnata da Tata con ricorso L. n. 689 del 1981, ex articolo 22, davanti al Giudice di Pace di Bari. La ricorrente ritiene che nelle localita’ turistiche e nelle citta’ d’arte, quale la citta’ di Bari, gli esercizi commerciali abbiano facolta’ di derogare all’obbligo di chiusura festiva, specie in virtu’ del Decreto Legislativo n. 114 del 1998, articolo 12. Si costituisce in giudizio il Comune di Bari chiedendo il rigetto dell’opposizione poiche’ provvedimento sanzionatorio e’ stato validamente emesso sulla base della Legge Regionale Puglia n. 11 del 2003, articolo 18, come modificato dalla Legge Regionale Puglia n. 5 del 2008.
Con sentenza del 28/03/2013 il Giudice di Pace di Bari rigetta l’opposizione. La pronuncia in primo grado e’ confermata in appello con la sentenza in epigrafe, avverso la quale Tata propone ricorso per cassazione sorretto da tre motivi. Il Comune di Bari resiste con controricorso. Con ordinanza interlocutoria 11808/2020 questa Corte rigetta i primi due motivi di ricorso, mentre una diversa sorte e’ riservata al terzo motivo, con cui il ricorrente censura come omissione di esame circa un fatto decisivo la mancata pronuncia del Tribunale sulla questione di legittimita’ costituzionale da lui sollevata ed avente ad oggetto la Legge Regionale Puglia n. 11 del 2003, articolo 18, commi 4, 5, e 6, come modificato dalla Legge Regionale Puglia n. 5 del 2008, per contrasto con gli articoli 3 e 41 Cost., e articolo 117 Cost., comma 2, lettera e) e m).
Riqualificato il vizio come omissione di pronuncia ex articolo 112 c.p.c., su una eccezione rilevante ai fini della decisione, censurabile ex articolo 360 c.p.c., n. 4, la Corte richiama Corte Cost. 239/2016, sopravvenuta dopo la sentenza impugnata in cassazione, con la quale, tra l’altro, sono stati dichiarati costituzionalmente illegittimi la Legge Regionale Puglia n. 24 del 2015, articolo 9, comma 4, e articolo 13, comma 7, lettera c), che prevedono regolazioni degli orari degli esercizi commerciali, per violazione dell’articolo 117 Cost., comma 2, lettera e), che riserva la materia della tutela della concorrenza alla esclusiva competenza statale. La Corte costituzionale sottolinea che il legislatore statale e’ intervenuto per assicurare la liberalizzazione degli orari degli esercizi commerciali, dapprima con il Decreto Legge n. 223 del 2006, articolo 3, comma 1, lettera d bis), conv. in L. n. 248 del 2006, e poi con il Decreto Legge n. 201 del 2011, articolo 31, comma 1, conv. in L. n. 214 del 2011. Con tali interventi le attivita’ commerciali, come individuate dal Decreto Legislativo n. 114 del 1998, e quelle di somministrazione di alimenti e bevande possono svolgersi senza i limiti concernenti, tra l’altro, “il rispetto degli orari di apertura e di chiusura, l’obbligo della chiusura domenicale e festiva, nonche’ quello della mezza giornata di chiusura infrasettimanale dell’esercizio”.
Di conseguenza questa Corte si determina a sollevare, con ord. 11808/2020, questione di legittimita’ costituzionale, in riferimento all’articolo 117 Cost., comma 2, lettera e), della Legge Regionale Puglia n. 11 del 2003, articolo 18, come modificato dal Legge Regionale Puglia n. 5 del 2008, articolo 12, che disciplina l’obbligo della chiusura domenicale degli esercizi di vendita al dettaglio. Corte Cost. 223/2021 dichiara infondata la questione, poiche’ i parametri interposti evocati – in particolare il predetto Decreto Legge n. 201 del 2011, articolo 31, comma 1, entrato in vigore il 6 dicembre 2011 e privo di retroattiva, non e’ idoneo, ratione temporis, a determinare l’illegittimita’ costituzionale della citata norma regionale per il periodo anteriore. Aggiunge la Corte costituzionale di non poter procedere d’ufficio a considerare il periodo successivo all’entrata in vigore della novella, poiche’, per quest’ultimo, la valutazione di legittimita’ costituzionale della norma non si pone in rapporto di pregiudizialita’ con le questioni sollevate, non potendo l’eventuale pronuncia di illegittimita’ costituzionale rilevare nei giudizi a quibus.
Nel febbraio 2022, Tata presenta istanza per la prosecuzione della causa dinanzi a questa Corte. In tale atto invoca l’applicazione retroattiva della lex mitior alla luce di Corte Cost. 63/2019, la quale richiamando i cosiddetti “criteri Engel” della CEDU (sentenze 08/06/1976, Engel e altri contro Paesi Bassi; 27/09/2011, Menarini Diagnostics s.r.l. contro Italia; 04/03/2014, Grande Stevens e altri contro Italia) ha sancito l’applicabilita’ del principio della retroattivita’ della legge piu’ favorevole anche alle sanzioni amministrative che hanno natura e finalita’ punitiva.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. – A sostegno dell’applicabilita’ della lex mitior la ricorrente premette la natura e la finalita’ punitiva della sanzione comminata dalla Legge Regionale Puglia n. 11 del 2003, articolo 18. Tale disposizione avrebbe uno scopo punitivo, deterrente e repressivo in quanto e’ diretta alla generalita’ dei consociati e non al mero risarcimento dei danni patrimoniali. La sanzione pecuniaria varia da un minimo di 2000 Euro a un massimo di 15.000 Euro, cui si aggiunge la sanzione accessoria della sospensione dell’attivita’ di vendita in caso di particolare gravita’ ovvero di recidiva infra annuale.
Su questa premessa, al fine di determinare l’applicazione retroattiva della lex mitior al caso de quo, il ricorrente individua due strumenti. Il primo aspira a conferire carattere retroattivo all’abrogazione della Legge Regionale Puglia n. 11 del 2003, articolo 18, disposta dalla Legge Regionale Puglia n. 24 del 2015, articolo 67. Tale carattere e’ intermediato dall’accogliRite’bto’ di
una questione di legittimita’ costituzionale dell’articolo 11 preleggi, e della L. n. 689 del 1981, articolo 1, per violazione dell’articolo 3 Cost., nonche’ dell’articolo 117 Cost., comma 1, in relazione all’articolo 7 CEDU. Alternativamente, l’applicazione retroattiva della lex mitior conseguirebbe alla dichiarazione di illegittimita’ costituzionale che assuma direttamente ad oggetto la Legge Regionale Puglia n. 11 del 2003, articolo 18, per violazione dell’articolo 117, comma 2, lettera e). Sotto questo profilo, diviene rilevante la relativa questione di legittimita’ costituzionale nel giudizio in corso, quand’anche sollevata con riferimento al periodo successivo all’entrata in vigore della novella statale (profilo lasciato aperto da Corte Cost. 223/2021).
2. – Entrambe le questioni di legittimita’ costituzionale che il ricorrente sollecita questa Corte a promuovere in via alternativa sono accomunate dalla premessa che ritiene la natura sostanzialmente penale della sanzione de qua. Occorre quindi valutare la natura della sanzione in esame alla luce dei “criteri Engel” per verificare se possa qualificarsi come sanzione formalmente amministrativa ma sostanzialmente penale. Tale valutazione da’ esito negativo (nello stesso senso, le conclusioni della Procura generale). In particolare, non e’ una sanzione diretta a tutelare beni tipicamente protetti dalle norme penali. L’effetto preventivo e’ piuttosto tipico della funzione amministrativa. Inoltre, la sanzione medesima non presenta quella connotazione di gravita’ da determinare elementi di afflizione personale o tali da presentare un carattere socialmente riprovevole o da poter influenzare la vita professionale del destinatario. Cosi’ concludendo, la Corte e’ in linea con i propri precedenti in fattispecie analoghe: cfr. Cass. 15927/2022, Cass. 14152/2022, tra le piu’ recenti.
3. – Questa conclusione rende matura la decisione nel senso del rigetto del ricorso, poiche’ consente di predicare la manifesta infondatezza di ciascuna delle due questioni di legittimita’ costituzionale sollevate dal ricorrente nell’istanza di prosecuzione della causa sospesa. Cio’ consente di mettere in disparte la considerazione che, quand’anche si riconoscesse la natura penale della sanzione contestata nel presente giudizio, la stessa Corte Cost. 63/2019 afferma che il principio della lex mitior, anche alla luce del diritto convenzionale, non riveste carattere assoluto, ben potendo il legislatore “introdurre deroghe o limitazioni alla sua operativita’, quando siano sorrette da una valida giustificazione” (n. 6.1).
In dipendenza delle questioni trattate e della necessita’ di investire la Corte costituzionale, sussistono giustificate ragioni per disporre l’integrale compensazione delle spese del presente giudizio. Peraltro, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, si da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dello stesso ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa integralmente tra le parti le spese del presente giudizio.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis, se dovuto.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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